GPII 1985 Insegnamenti - Recita del Regina coeli

Recita del Regina coeli

Titolo: La Chiesa prega perché lo Spirito rinnovi tutta la terra




1. Scenda il tuo Spirito e rinnovi la faccia della terra! Nel pieno della solennità di Pentecoste la Chiesa grida a Dio Padre, Figlio e Spirito Santo: Chiede che scenda lo Spirito. Chiede "nel nome di Cristo". Chiede confidando nella potenza della croce e della risurrezione di Cristo. Chiede fedele alle promesse di Cristo, ricevute nel cenacolo il Giovedi santo e ribadite nella prospettiva dell'Ascensione.

La Chiesa prega. La Chiesa primitiva, riunita in preghiera con Maria, Madre del Signore, e così pure la Chiesa contemporanea in quest'anno del Signore 1985. Prega per ottenere lo Spirito di verità, il Paraclito. Prega in modo particolarmente ardente in questo giorno, che ricorda la discesa dello Spirito Santo: la Pentecoste.


2. Scenda il tuo Spirito e rinnovi la faccia della terra, cantiamo nella liturgia: "la terra è piena delle tue creature" (o Signore)... Tu "mandi il tuo spirito, sono creati" (cfr. Ps 103,2 Ps 4 Ps 103,30).

E nello stesso tempo sappiamo - lo testimonia san Paolo - "che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto... essa infatti è stata sottomessa alla caducità... e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione": si tratta della corruzione a causa del peccato! E perciò, "la creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio... per entrare nella libertà della loro gloria" (cfr. Rm 8,18-22).




3. Questa immagine del mondo, che Paolo apostolo ha delineato nella Lettera ai Romani, quanto corrisponde alla nostra situazione contemporanea! E perciò la Chiesa grida: venga lo Spirito di verità; ci convinca del peccato dell'uomo nella nostra epoca. Rinnovi la faccia della terra: la terra si può rinnovare solo nell'uomo, nei cuori umani, nelle coscienze degli uomini.

Dunque preghiamo: "Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, raddrizza ciò ch'è sviato" (Sequenza).


4. La Chiesa prega insieme con Maria. Come nel cenacolo della Pentecoste. Colei che ha "concepito per opera dello Spirito Santo": sposa e madre, è la speranza dell'uomo e del mondo. In lei si è manifestato il preannunzio che Dio rinnoverà la terra. E questo preannunzio perdura.

Visita pastorale a Salerno nel pomeriggio Questo pomeriggio mi rechero a Salerno, dove compiro una visita pastorale nel ricordo del IX centenario della morte di san Gregorio VII, grande pontefice riformatore, uno dei maestri del rinnovamento morale e spirituale che, ispirato in gran parte dalla tradizione benedettina, seppe dare all'Europa medievale un volto unitario e un nuovo periodo di pace e di progresso civile. fu un grande difensore della fede e della verità, della giustizia e della libertà.

Egli amo intensamente la Chiesa, che volle libera dal potere civile, e per amore della Chiesa seppe affrontare anche la prova dell'esilio.

Data: 1985-05-26 Data estesa: Domenica 26 Maggio 1985





Saluto alla popolazione in piazza Cavour - Salerno

Titolo: Gregorio VII ha voluto una Chiesa santa, unita e libera

Signor ministro, signor sindaco, fratelli e sorelle della città e arcidiocesi di Salerno.


1. Vi ringrazio di cuore per la vostra manifestazione di affetto, che riporta spontaneamente col pensiero a quella lontana di novecento anni or sono, quando i vostri antenati scesero nelle piazze e nelle strade ad accogliere quale ospite di eccezione papa Gregorio VII.

Ringrazio in particolare il signor ministro e il signor sindaco per i deferenti indirizzi di omaggio che mi hanno rivolto. Saluto con viva cordialità le autorità religiose e civili, e ciascuno di voi che siete venuti in gran numero a questo nostro primo incontro.


2. E' per me motivo di viva gioia trovarmi qui, a Salerno, città che, oltre allo scenario delle sue bellezze naturali e alla vivacità dell'impegno nei vari campi del lavoro umano, offre dappertutto i segni della sua antica e sana tradizione cristiana.

Una città ricca di storia e, già alla svolta del primo millennio, la più importante metropoli del meridione, capitale d'un vasto Stato, fiorente di una scuola di diritto e di medicina, che ancor oggi è ricordata nel mondo della cultura per la saggezza delle norme di vita. Una città sviluppatasi attorno al centro artistico e religioso del suo duomo, monumento insigne di architettura, dove è onorevolmente conservato il corpo dell'apostolo, che nel suo Vangelo ha raccolto la promessa divina a Pietro sulla Chiesa: "Le porte degli inferi non prevarranno" (Mt 16,18).


3. Cari fratelli e sorelle, nel vostro capoluogo, illustre per il costante attaccamento ai valori religiosi e per la fedeltà alla Chiesa di Roma, io sono venuto a venerare, insieme con voi, i resti mortali, che avete il privilegio di custodire, del mio grande e santo predecessore Gregorio VII, in occasione della ricorrenza dei nove secoli dalla sua morte.

Vengo per confermarvi nella fede, come è dovere del mio ufficio, ricordando la promessa divina, fedelmente trascritta dall'apostolo san Matteo, che, nel corso travagliato della storia umana, la Chiesa non potrà mai soccombere di fronte a nessuna tempesta sollevata dalle potenze delle tenebre. Rimanete, dunque, ancorati a tale roccia, senza timore, senza lasciarvi scuotere dalle ondate minacciose di ideologie secolarizzanti.

Vengo soprattutto alla tomba del grande san Gregorio papa per raccoglierne a nome di tutta la Chiesa il messaggio, che risuona ancora, dal profondo Medioevo, nella nostra società tecnologica, distratta e indifferente, ma così bisognosa di Vangelo.


4. Dopo quasi un millennio, infatti, la voce di san Gregorio non si è affievolita, perché il suo programma di rinnovamento ecclesiale e religioso permane valido nelle sue linee portanti. Egli voleva la sposa di Cristo santa, unita e libera, nell'adempimento della sua missione salvifica: santa nella purezza dei costumi del clero e dei fedeli; libera dai condizionamenti del potere politico, che si adoprava ad asservirla per strumentalizzarla; unita sotto la guida dell'unico pastore.

Nel periodo del suo soggiorno a Salerno egli consacro la nuova cattedrale, tenne un Concilio e scrisse a tutta la Chiesa una lettera, che fu anche il suo Testamento. In essa esortava i lontani, assorbiti dall'amore delle cose terrene, mossi dal vento dell'ambizione, a ravvedersi; e raccomandava ai fedeli di perseverare nella fede fino alla morte, di accogliere Pietro come padre di tutti e la Chiesa romana come madre e maestra.

Fu questo il grande ideale, a cui san Gregorio dedico la vita, con antiveggenza e coraggio. Perciò, agli occhi di avversari e di amici, divenne segno di contraddizione, fino alla prova amara dell'esilio. Le sue memorabili battaglie furono combattute - in quel secolo di ferro - non con la spada, ma con la forza del prestigio morale e l'efficacia dei mezzi dello spirito. Fini apparentemente come uno sconfitto; in realtà giganteggia, sullo sfondo dei secoli, modello di santità e di azione pastorale.

A voi, cari fratelli di Salerno che in questi mesi vi siete preparati a conoscerlo meglio, per onorarlo, io auguro di saperne emulare l'esempio, impegnandovi in ogni vostra scelta ad "amare la giustizia e ad odiare l'iniquità", per essere nel mondo di oggi costruttori di un avvenire migliore.

Data: 1985-05-26 Data estesa: Domenica 26 Maggio 1985





Ai sacerdoti e ai religiosi, nel Duomo - Salerno

Titolo: Rendere credibile la Chiesa, aiutarla nel confronto col mondo

Carissimi sacerdoti religiosi, religiose e persone consacrate.


1. Sono lieto di trovarmi in mezzo a voi durante questo mio breve pellegrinaggio alla tomba del mio grande predecessore san Gregorio VII, nel IX centenario della sua morte. Saluto di cuore il vostro amato arcivescovo monsignor Guerino Grimaldi, e con lui monsignor Gaetano Pollio, già pastore di questa Chiesa, e tutti i venerati presuli della Campania, impegnati nella crescita delle comunità cristiane di questa regione. Esprimo un riconoscente pensiero per tutta l'opera, la laboriosità e il governo dei grandi e illustri vescovi che si sono succeduti su questa cattedra episcopale. In particolare, per i tempi a noi più vicini, come non ricordare a comune gaudio ed edificazione il nome di monsignor Nicola Monterisi, che si prodigo per elevare il tono della vita del popolo e fu pioniere della ancora aperta e complessa questione meridionale? Egli incise in modo determinante nella tensione pastorale dei sacerdoti, infondendo nei loro cuori un vero zelo per la catechesi, l'amministrazione dei sacramenti, l'apostolato dei laici e per l'assistenza ai poveri. Un pensiero particolarmente affettuoso va alle suore di clausura che, con la loro vita di continua preghiera e contemplazione, attirano elette grazie sulle vostre comunità cristiane: le Carmelitane di Fisciano, le Benedettine di Eboli, le Clarisse di Santa Lucia di Serino e le Visitandine di Ciorani.


2. Questo incontro con una parte eletta dei primi collaboratori nell'apostolato avviene in cattedrale, cuore della diocesi. Qui riposano le sacre spoglie del papa Gregorio VII, che qui chiuse la sua lunga e laboriosa giornata terrena. Mi è perciò particolarmente caro attingere al suo patrimonio spirituale per una riflessione che tutti ci sproni a un sempre maggiore impegno nel servizio della Chiesa e dei fratelli.

In una delle sue ultime lettere da questa città di Salerno, quasi presagendo la sua prossima fine e facendo un bilancio del suo servizio apostolico, egli scriveva: "Summopere procuravi ut sancta Ecclesia sponsa Dei domina et mater nostra ad proprium rediens decus, libera et casta et catholica permaneret" (PL 148, 709D). In questa espressione c'è tutto lo spirito con cui Gregorio VII ha amato la Chiesa, lottando perché fosse libera ed evangelica, "ut sponsa Christi, quae maculam nescit aut rugam" ("Registrum" XI,67).

Un amore alla nobile causa che lo impegno per tutta la vita, prima di essere chiamato al sommo ministero apostolico, non solo per tutelare i diritti della Chiesa, ma per vivere una riforma interiore, che giustamente è ricordata come "riforma gregoriana". L'idea della Chiesa come madre fa da sfondo a tutta la sua visione ecclesiologica, perciò invita i fedeli all'amore e all'affetto verso di essa come nel rapporto di figli devoti verso la madre. Il magistero di Gregorio VII è tutto incentrato sulla Chiesa come "sposa di Cristo" e "madre nostra": al suo tempo erano in gioco e la libertà della Chiesa stessa, fortemente ostacolata dal potere imperiale, e la sua credibilità nel debellare il male della simonia e gli abusi nella vita del clero.

Le accorate parole di san Gregorio VII nel presentare la Chiesa perché sia aiutata nel suo sforzo di testimonianza alla società, rivelano un animo che vibra di un grande amore, intriso di sofferenza, e si augura che la Chiesa riprenda presso il clero e i fedeli la sua grandezza morale.

Che cosa dice a ciascuno di noi, oggi, questo amore filiale di papa Gregorio VII verso la Chiesa? Senza dubbio deve far riflettere, e deve costituire un forte e vigoroso richiamo alla nostra testimonianza quotidiana. Egli non ha lasciato nulla di intentato per difendere la Chiesa e dimostrare nei suoi confronti l'amore filiale: ha scritto numerose lettere; ha richiamato i vescovi, egli "servus Petri", esortandoli alla riforma dei costumi; ha compiuto tanti viaggi, è persino morto in esilio per la causa della Chiesa. Il suo dinamismo, le sue parole severe verso chi attentava alla "libertas sanctae Ecclesiae" ("Registrum" I,12) sono la testimonianza di una donazione completa alla Chiesa.

Oggi il santo pontefice così parla a ciascuno: "Videbitis enim quod in maligno iam totus mundus est positus, et communis nostra mater ecclesia tanto ardentius contra antiquum hostem nos invitat surgere" ("Registrum" II,1). Il suo invito vuole scuotere tutti dall'indifferenza e dal torpore e portare a un impegno diretto, cosciente, per il bene della Chiesa, anteposto a ogni interesse e guadagno terreno. Oggi, pertanto, la Chiesa, nostra madre, vi sprona con la voce del successore di Pietro a una sempre più coerente testimonianza di vita, che è determinante presso il popolo di Dio e il mondo. Il vostro comportamento porta con sé un giudizio, che coinvolge tutti e diventa metro per giudicare l'efficacia morale della Chiesa.

Il vostro ministero e tutta l'attività pastorale, che svolgete con abnegazione e spesso nel nascondimento, abbiano sempre di mira lo zelo e l'amore per la Chiesa. Non allineatevi mai con quanti, dubbiosi essi stessi, denigrano la Chiesa e l'azione della gerarchia con pretestuose motivazioni: il vostro amore alla Chiesa sia il metro dell'apostolato e la misura della crescita del popolo di Dio. Sia il vostro amore alla Chiesa totale: più la si ama e maggiormente essa fa risplendere il suo ruolo e rende a ciascuno più facile la testimonianza sacerdotale e religiosa.

San Gregorio VII, veramente amante della Chiesa - per essa ha dato la vita! - chiede oggi a tutti noi di crescere nella Chiesa e di servirla gioiosamente perché nostra madre, aiutandola nel confronto col mondo e rendendola credibile con la propria vita. Il sacerdote e il religioso, testimoni dell'amore, devono incarnare nel contatto quotidiano con i fratelli l'amore della Chiesa per quanti soffrono, sono emarginati, poveri, deboli, piccoli, dubbiosi. Costoro interpellano la Chiesa e aspettano una soluzione chiara alle loro istanze e ai loro problemi. Come san Gregorio VII, e insieme con i vostri vescovi, sappiate essere intermediari credibili in mezzo a un popolo assetato di Dio e pieno di fiducia in voi. Non allontanate mai nessuno, ma prendete a cuore i loro problemi come fossero vostri: è la Chiesa che vi invita a questa scelta. In tal modo vi sarà più luminosa la strada percorsa dal grande Papa in favore e al servizio della Chiesa.


3. Un punto qualificante del vivo magistero di san Gregorio VII fu la riforma del clero, allora in balia di un certo rilassamento. Fu merito di questo insigne riformatore, affiancato da validi collaboratori - si pensi a san Pier Damiani - di aver proposto con forza l'ideale ascetico e il rinnovamento interiore. Nel compiere tale riforma, egli fece leva sulla vita liturgica, sulla preghiera, sulla conversione e sulla povertà, rinverdendo così gli ideali monastici, propri dei movimenti religiosi.

Ritengo che questi valori abbiano tuttora validità e aiutino al ritorno a Dio. Il sacerdote, il religioso o la persona consacrata sentono la necessità della preghiera, della vita liturgica, fonte del proprio apostolato. Sappiate accrescere in voi la stima di questi valori, e con questi vivere la vostra consacrazione a Dio e alla Chiesa. Il popolo desidera da voi coerenza e testimonianza e rimane edificato dal vostro atteggiamento di uomini di preghiera, che attingono forza e gioia dalla vita interiore. Oggi che, soprattutto nel mondo dei giovani, cresce ovunque la richiesta di partecipazione attiva alla vita ecclesiale e liturgica, sappiate essere guide sicure per i fratelli nella vita dello spirito, comunicando loro la vostra esperienza di Dio e favorendo in essi il ritorno alla grazia e al perdono. Il primato di Dio risplenda in ogni vostra azione: siate consapevoli della grande responsabilità che la Chiesa vi ha affidato. Liberati da affanni terreni, cercate di arricchire del dono di Dio i fratelli, in quella osmosi reciproca che non ci priva di quanto gioiosamente diamo al fratello.


4. Concludendo questa riflessione, scaturita dal messaggio di amore e di libertà del santo pontefice, mi rivolgo alla sua intercessione e vi affido a lui, sicuro che vi farà partecipi del suo spirito.

"O san Gregorio, che per l'amore alla Chiesa hai sofferto l'esilio e hai chiuso la tua vita in questa città di Salerno, guarda ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose, alle persone consacrate di questa Chiesa, custode vigile delle tue venerate reliquie: accresci il loro amore filiale per la Chiesa nostra madre; comunica loro i tuoi sentimenti di dedizione, di impegno, di lealtà alla Chiesa stessa nel servizio dei fratelli, fa' loro apprezzare sempre più la liberazione dagli affanni terreni per godere della libertà interiore e vivere al servizio degli altri. Amen".

Data: 1985-05-26 Data estesa: Domenica 26 Maggio 1985





Omelia alla Messa in piazza della Concordia - Salerno

Titolo: L'opera di Gregorio VII per purificare e liberare la Chiesa




1. "Ho amato la giustizia e odiato l'iniquità, perciò muoio in esilio".

Ricorrevano ieri 900 anni dalla morte del papa san Gregorio VII, avvenuta qui, a Salerno, il 25 maggio 108 5. Secondo la testimonianza dei cronisti del tempo, Gregorio VII, sofferente, abbandonato da molti e apparentemente sconfitto, avrebbe pronunciato le parole sopra riportate: senza entrare in merito alla loro autenticità, esse hanno una profonda verità storica, perché compendiano il senso di tutta l'opera del grande papa e corrispondono esattamente a quello che fu l'ideale supremo e costante della sua intera vita.

A tali parole - che si leggono ora anche nel nuovo sepolcro del santo papa nella vostra cattedrale - volle accennare il mio predecessore Pio XII nel messaggio radiofonico, indirizzato proprio a voi, fedeli di Salerno, l'11 luglio 1954 in occasione della ricognizione canonica del corpo di san Gregorio VII. Nel suo messaggio, definiva Gregorio VII un "gigante del papato, sicché di lui si può dire con tranquilla verità, essere uno dei più grandi pontefici, non solo del Medioevo, ma di tutte le età".

La grandiosa sintesi, essenzialmente teocentrica e religiosa del santo papa medievale, si riallaccia a una concezione densa e ardente della "iustitia".

Questa virtù non deve solo intendersi con l'"unicuique suum tribuere" del diritto romano, ma risale direttamente dalle sue origini bibliche, al concetto paolino della "dicaiosune", la giustificazione: è la realizzazione del progetto eterno e misericordioso di Dio, che si attua nella Chiesa e mediante la Chiesa, a cui si contrappone la "iniquitas", la negazione e il rifiuto di quel progetto, cioè il peccato. Tale concezione non giuridica, ma essenzialmente teologica, anima e riempie tutto l'epistolario di san Gregorio VII, nelle preziose testimonianze del suo "Registrum", ove il santo papa si apre con tutta spontaneità, svelandoci i motivi ispiratori della sua azione. La giustizia è per lui l'ordine di Dio nel mondo; essa comporta che tutte le cose umane, dalle più piccole alle più grandi, siano ordinate secondo la volontà e la legge di Dio, che l'uomo non sia deformato dal peccato ma plasmato a immagine di Dio.

Compito primario e tremendo del Papa - secondo il pensiero di san Gregorio VII - è di vegliare perché la "iustitia Dei" si realizzi, e la "iniquitas" sia con ogni mezzo ostacolata. In una lettera, indirizzata ai vescovi delle Gallie per il Sinodo del 1083, egli descrive le tribolazioni, le persecuzioni, i pericoli in cui si trova la santa madre Chiesa. Il suo dolore è accresciuto per non aver trovato compassione e aiuto; constata, con una certa tristezza, che non vi è nessuno, o sono pochissimi, i "fautori della giustizia", disposti a patire e a sopportare fatiche per aiutare la madre Chiesa. Quanto a noi - proclama san Gregorio VII - sia benedetto Iddio, che "finora ha difeso nella nostra mano la giustizia, secondo la testimonianza della nostra coscienza, e, rafforzando la debolezza dell'umana infermità col vigore della sua potenza, non permette che nessuna lusinga di promesse e nessuna paura di violenze ci faccia volgere all'iniquità" ("Registrum" IX,11).

E scriveva ancora: "Se vogliamo, con la grazia di Dio, vincere e sconfiggere l'antico nemico e disprezzare le sue astuzie, studiamoci, non solo di sfuggire, per la giustizia, le persecuzioni e le ingiurie che ci arreca, e la stessa morte, ma anche, per amor di Dio e per la difesa della religione cristiana, desiderarla" (cfr. "Epistolae collectae", 23). E aggiunge: "Saremo pronti ad affrontare la morte piuttosto che abbandonare la giustizia ("Registrum" IX,21).

Non sorprende pertanto che quando la sua vita si sarà consumata nel sofferto esilio di Salerno, gli intimi lo potranno ricordare così: "Fermissimo, fino alla morte, nella difesa della giustizia" (Bernoldo, "Chronicon", ad a. 1085), e scorgeranno nella sua morte, culmine e sintesi delle sue sofferenze per la purezza e la libertà della Chiesa, quasi i connotati del martirio.

2. Celebriamo il nono centenario della morte di papa Gregorio VII, Ildebrando, nella solennità della Pentecoste. Il brano del Vangelo secondo san Giovanni, che abbiamo ascoltato, descrive l'apparizione di Gesù risorto agli apostoli riuniti nel cenacolo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi...

Ricevete lo Spirito Santo" (Jn 20,21-22). Sono parole, queste, di straordinario significato, perché proclamano e configurano la missione degli apostoli e del successore di Pietro nel corso della storia, dalla risurrezione di Gesù alla sua seconda venuta nella gloria, come sovrano e definitivo giudice dell'umanità.

Nel corso dei secoli le parole, pronunciate quella sera da Cristo risorto a Pietro e agli apostoli, sono giunte al collegio episcopale unito al successore di Pietro, e sono giunte anche a Ildebrando che, eletto Vescovo di Roma il 22 aprile 1073, col nome di Gregorio VII, fu per dodici anni l'ardente e instancabile protagonista di quella grandiosa opera di purificazione e di liberazione della Chiesa, che da lui prese il nome di "riforma gregoriana".


3. I gravi e complessi problemi, cui si trova di fronte Gregorio VII nel suo tempo, all'inizio del secondo millennio della diffusione del Vangelo, sono quelli posti dalla crisi della cristianità medievale, di quell'incarnazione storica del messaggio cristiano, che caratterizza l'alto Medioevo e si configura come "Societas christiana", connotata da una forte compenetrazione di spirituale e di temporale. Il "Regnum" (il Sacro impero), inserito nella "Ecclesia", segnato di sacralità, esercita un ruolo che non è solo di protezione; la Chiesa, a sua volta, è chiamata a compiti anche temporali e fortemente inserita nelle strutture stesse del "Regnum". Una particolare esperienza, questa, che offri non pochi vantaggi, consentendo alla Chiesa contributi per quanto concerne l'evangelizzazione e l'esplicazione di un ruolo di civilizzazione: fondazione dell'Europa su basi cristiane. Ma, a lungo andare, tale esperienza ha avuto anche visibili conseguenze di mondanizzazione, specie al secolo decimo. Tra di esse, le più appariscenti erano la simonia e il decadimento morale del clero. Il moto della riforma, che si sviluppa con vivacità nel secolo XI, punta sulla lotta per la libertà della Chiesa, in particolare nella questione delle nomine riguardanti i benefici ecclesiastici e sulla necessità di un clero adeguatamente e spiritualmente preparato ai suoi ruoli ecclesiali, e ciò mediante, tra l'altro, la riaffermazione e il ristabilimento del celibato.

E' merito di san Gregorio VII avere avvertito più lucidamente tali problemi e, soprattutto, averli affrontati con quell'energia e quell'estrema coerenza, che sono le caratteristiche della sua forte personalità.

L'atteggiamento di san Gregorio VII, le sue decisioni e le sue prese di posizione in quella che è denominata la "lotta per le investiture" cozzavano contro situazioni di interessi terreni; perciò le resistenze furono fortissime, non solo da parte dei Regni, e in particolare dell'Impero, ma anche da parte degli stessi ecclesiastici. Sennonché san Gregorio VII agiva così perché amava immensamente la Chiesa, sposa di Cristo, che egli voleva pura, casta, santa, libera; e per la Chiesa egli immensamente soffri: a un certo momento, alla fine del suo pontificato, fu abbandonato persino da numerosi suoi primi collaboratori.

Egli ha pagato di persona il suo servizio di amore alla Chiesa. Ma il seme, da lui gettato nei solchi irrorati dalle sue lacrime, era destinato a fruttificare e la sua impronta avrebbe a lungo segnato la Chiesa dopo di lui.


4. La Chiesa, fondata da Cristo, è pellegrina in questa terra; composta da uomini, essa si sente realmente e intimamente solidale con tutto il genere umano e con la sua storia. Nel corso dei secoli il rapporto tra la Chiesa e le realtà temporali è stato concepito e vissuto in maniera complessa, varia e diversamente articolata in una dialettica di continua tensione.

Sono passati ben nove secoli dagli eventi, spesso drammatici e dolorosi dell'epoca gregoriana. Anche oggi la Chiesa, sempre attenta ai segni dei tempi, ha approfondito questo compito fondamentale della propria esistenza nel mondo, e lo ha fatto in maniera particolare nel corso del Concilio Vaticano II, presentando nella costituzione pastorale "Gaudium et Spes" il modo con cui essa intende la propria presenza e la propria azione nel mondo contemporaneo. Essa vuole continuare l'opera del Cristo, il quale è venuto nel mondo a rendere testimonianza alla verità (Jn 18,37), a salvare e a non condannare, a servire e non ad essere servito (Jn 3,17 Mt 20,28 Mc 10,45).

L'autocomprensione della Chiesa è quella del suo fondatore e capo: servire l'uomo alla luce di Dio, rivelatosi in Cristo. La missione propria che Gesù ha affidato alla sua Chiesa non è di ordine politico, economico e sociale, ma esclusivamente religioso. Tuttavia, da tale missione religiosa scaturisce l'impegno per contribuire a costruire e consolidare la comunità degli uomini secondo la legge divina. La Chiesa pertanto collabora nel promuovere le varie istituzioni dell'uomo, perché niente le sta più a cuore che servire al bene di tutti (cfr. GS 42).

Comunità politica e Chiesa sono indipendenti e autonome nei rispettivi campi. La Chiesa, da parte sua, predicando il messaggio evangelico e illuminando tutti i settori dell'attività umana con la sua dottrina e con la testimonianza dei cristiani, rispetta e promuove anche la libertà politica e la responsabilità dei cittadini. Essa non pone la sua speranza nei privilegi offerti a lei dall'autorità civile. Essa chiede - e lo fa anche oggi, qui a Salerno nel ricordo di san Gregorio VII, per bocca del suo successore - di poter avere sempre e dappertutto e con piena libertà il diritto di predicare la fede, di esercitare la sua missione, di dare il proprio giudizio morale anche su realtà che riguardano l'ordine politico, allorquando lo esigano i diritti fondamentali della persona o la salvezza delle anime (cfr. GS 76).


5. Illuminata dallo Spirito Santo, ricevuto nel giorno della Pentecoste, la Chiesa prosegue il suo cammino verso la città futura, in piena fedeltà al suo sposo, Gesù Cristo. E' lo Spirito Santo che anima tutto il suo apostolato "da Gerusalemme fino agli estremi confini della terra" (Ac 1,8); è lui che assicura la mirabile espansione della parola di Dio; è lui che conforta e anima gli apostoli e i discepoli ad annunciare la salvezza nel nome di Cristo; è lui che insegnerà agli apostoli e ai discepoli e ricorderà tutto quello che ha detto loro Gesù (Jn 14,26); è lui che sarà sempre con loro (Jn 14,16). Il tempo della Chiesa è il tempo della missione, della testimonianza, dell'evangelizzazione. Tutti e quattro i Vangeli si concludono con l'invio degli apostoli nel mondo. Quale rilievo, quale forza, quale commozione suscitano queste riflessioni proprio qui, a Salerno, la cui storica cattedrale custodisce i resti mortali dell'apostolo ed evangelista Matteo! La sua misteriosa presenza è come il segno eloquente e vivo della continuità dell'assistenza dello Spirito alla sua Chiesa! Anche noi, in questo giorno di Pentecoste, "assidui e concordi nella preghiera... con Maria, la Madre di Gesù" (Ac 1,14), come gli apostoli, invochiamo lo Spirito Santo, qui nella città di Salerno, presso le reliquie di san Matteo; qui a Salerno, che, mediante l'intrepido papa san Gregorio VII, si è legata strettamente alla Sede romana di san Pietro. Per questo sono venuto con particolare gioia a Salerno e saluto con intensità di sentimento questa illustre città e questa benemerita arcidiocesi.

Nel giorno della Pentecoste gli apostoli, in seguito al soffio potente dello Spirito Santo, uscirono dal Cenacolo e si dimostrarono, fino all'effusione del sangue, intrepidi testimoni di Gesù di Nazaret, Messia, Signore, Figlio di Dio, incarnato, morto e risorto per la nostra salvezza.

Che san Gregorio VII implori per la Chiesa, per tutti i cristiani dei nostri tempi, lo Spirito intrepido di fede! Amen!

Data: 1985-05-26 Data estesa: Domenica 26 Maggio 1985





Ai giovani - Salerno

Titolo: "Siate testimoni di verità e di giustizia"




1. Al termine della mia visita a Salerno, vorrei rivolgere una breve parola ai giovani, che con tanto entusiasmo hanno preso parte a questa celebrazione.

Carissimi giovani, sono stato colpito dall'interesse col quale vi siete avvicinati alla figura e all'opera del papa Gregorio VII, attratti dal fascino che promana dalla grandezza della sua santità e dallo splendore del suo insegnamento.

Testimonianza eloquente di questo interesse sono state le ricerche storiche e gli elaborati artistici che, con la guida dei vostri docenti, avete voluto realizzare ed esporre in una speciale mostra, nell'atrio della cattedrale.

Voi giovani avete un gusto innato per l'autentico e possedete una sorta di sesto senso per riconoscerne la presenza nelle persone, nelle loro parole e nei loro gesti. Se papa Gregorio VII ha suscitato in voi un entusiasmo così spontaneo e profondo, è perché avete avvertito in lui, nella sua vicenda di uomo e di pontefice, il marchio dell'autenticità. E ne siete restati conquistati. Come si potrebbe, infatti, non sentirsi personalmente interpellati dal messaggio di un uomo che ai propri ideali si è consacrato con dedizione assoluta, non arretrando neppure di fronte alla prospettiva del martirio? 2. E gli ideali di Gregorio VII furono nobilissimi: la riforma dei costumi e l'affermazione dei valori morali; la libertà della Chiesa da ogni contaminazione mondana e da ogni soggezione laica; il trionfo della giustizia nel riconoscimento dei diritti di Cristo e della sua Chiesa.

Furono ideali che papa Gregorio VII affermo innanzitutto con la testimonianza della vita. Uno scrittore del suo tempo, Guglielmo Apulo, nel tesserne le lodi, dice con lapidaria efficacia: "Vitaque doctrinae non discordare solebat": "la vita abitualmente non discordava dalla dottrina" ("Gesta di Roberto il Guiscardo", in "Monum. Ger. Hist." pp. 295ss.). Difficilmente si potrebbe rendere ad un uomo un elogio più alto. La grande lezione di coerenza morale, che papa Ildebrando lascio alla Chiesa in un periodo oscuro e tormentato, costituisce la riprova più convincente della tempra del suo carattere e resta nella storia come luminoso punto di riferimento per le generazioni cristiane di ogni tempo.

Essa parla anche a voi, giovani di oggi e vi invita a essere forti e leali per testimoniare nel mondo i valori della verità e costruire una società più giusta e fraterna.


3. San Gregorio VII fu l'assertore della libertà dell'uomo e della Chiesa. Egli intendeva, pero, la libertà prima di tutto come liberazione dal male e dal peccato. Giovani, a voi appartiene il futuro nella misura in cui saprete sottrarvi ai mille tentacoli del vizio e affermare, di fronte alle spinte massificanti dell'ambiente, la vostra creatività nell'adesione al bene.

San Gregorio lotto per la giustizia, e per essa seppe anche morire in esilio. Parlando di giustizia, egli intendeva - come ho già detto - quella giustizia più alta che viene da Cristo come dono di grazia e di salvezza. Per lui la giustizia vera era Cristo stesso. Giovani, papa Gregorio VII vi insegna che cercare la giustizia è cercare Cristo, vivere la giustizia è vivere con Cristo.

A voi il compito di accogliere il messaggio del grande pontefice per essere nel mondo di oggi testimoni della vera libertà e della vera giustizia. Per far ciò, sappiate seguirlo nella via della coerenza, del coraggio, della speranza che fioriscono dalle promesse di Cristo. Questa consegna papa Gregorio vi lascia; questa consegna a voi conferma il suo presente successore. Sappiate essere all'altezza della fiducia che la Chiesa ripone in voi. Il futuro è vostro, ma voi siete di Cristo. Non dimenticatelo!

Data: 1985-05-26 Data estesa: Domenica 26 Maggio 1985






GPII 1985 Insegnamenti - Recita del Regina coeli