GPII 1985 Insegnamenti - Celebrazione del Corpus Domini - Piazza San Giovanni (Roma)

Celebrazione del Corpus Domini - Piazza San Giovanni (Roma)

Titolo: Al di sopra di tutto... la Chiesa alza il calice di salvezza




1. "...Questo è il mio corpo... Questo è il mio sangue, il sangue dell'alleanza" (Mc 14,2 Mc 2 Mc 14,24).

Ecco le parole che hanno posto un nuovo sigillo sul piano divino della salvezza dell'uomo. Ecco le parole che hanno istituito la nuova alleanza. Per pronunciarle - per istituire il sacramento del suo corpo e sangue - Cristo ordino ai discepoli di trovare un luogo adatto: "Dov'è la mia stanza perché io vi possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?" (Mc 14,14).

Quella stanza, il luogo dell'ultima cena, viene chiamata cenacolo. Ogni anno la Chiesa che è in Roma si raduna presso la sua cattedrale, la basilica del Laterano, per celebrarvi il memoriale dell'ultima cena: il giovedi santo. Questo luogo è diventato il cenacolo della Chiesa di Roma.


2. Anche oggi siamo in questo luogo. Veniamo qui tutti, per rinnovare la memoria del sacramento, per il cui tramite Gesù ha dato all'umanità il suo corpo e il suo sangue come cibo e bevanda. Quest'anno rinnoviamo il ricordo dell'istituzione dell'Eucaristia, leggendo il Vangelo secondo Marco.

"Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzo e lo diede loro, dicendo: "Prendete, questo è il mio corpo". Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse: "Questo è il mio sangue, il sangue dell'alleanza, versato per molti"" (Mc 14,22-24).


3. "Il sangue dell'alleanza". Gesù pronuncia queste parole davanti agli apostoli, il cui numero di dodici corrisponde alle dodici tribù di Israele. Davanti a queste dodici stirpi, come leggiamo oggi nel libro dell'Esodo, Mosè "ando a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme... Prese il libro dell'alleanza e lo lesse alla presenza del popolo" (Ex 24,3 Ex 24,7).

Le stirpi d'Israele dichiararono: "Quanto il Signore ha ordinato, noi lo faremo e lo eseguiremo". Allora "Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: "Ecco il sangue dell'alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole"" (Ex 24,7-8).

Il sangue dell'alleanza. L'antica alleanza, stretta nel sangue degli animali da immolare.


4. Nel cenacolo di Gerusalemme Cristo si manifesta mediatore della nuova alleanza, lui "che con il proprio sangue" deve entrare "una volta per sempre nel santuario... dopo averci ottenuto una redenzione eterna" (He 9,12).

Il mediatore della nuova alleanza. Il sommo sacerdote dei beni futuri.

Cristo, "il quale con uno Spirito eterno offri se stesso senza macchia a Dio, purificherà la... coscienza dalle opere morte, per servire il Dio vivente" (He 9,14).

Il sommo sacerdote dei beni futuri: "perché... coloro che sono stati chiamati ricevano l'eredità eterna che è stata promessa" (He 9,15). Cristo, mediatore della nuova ed eterna alleanza nel suo proprio sangue.


5. Questo sangue è il sangue del suo corpo. E il corpo è il tempio del suo sangue.

Quando immolerà il suo corpo sulla croce, verserà il sangue, diventando olocausto totale del sacrificio perfetto. "In verità vi dico che io non berro più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berro nuovo nel regno di Dio" (Mc 14,25).

Attraverso il sacrificio istituito nel cenacolo, sotto le specie del pane e del vino, Cristo - sommo sacerdote dei beni futuri - "entra una volta per sempre nel santuario". E ci introduce in questo luogo.

Il sacramento del corpo e del sangue è il sacramento della via. Di quella via lungo la quale l'uomo procede verso i suoi eterni destini in Dio stesso. Della via che dalla vita immersa nella temporalità, dalla vita che passa ci porta alla vita eterna.


6. Oggi ci siamo riuniti nuovamente qui al Laterano. Come il giovedi santo. Questa volta, pero, non all'interno della basilica, che ricorda il luogo chiuso del cenacolo, ma all'esterno. Pronti per partire. Dobbiamo infatti muoverci in processione per le vie di Roma, per rendere testimonianza che il corpo e il sangue di Cristo, che l'Eucaristia è il sacramento della via: di quella via lungo la quale ci guida il Dio dell'alleanza.

"Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno" (Jn 6,51). Desideriamo testimoniare proprio in mezzo alla nostra comunità. E desideriamo dire a tutti gli uomini: la via dell'uomo è la via della vita eterna. In mezzo a questa città, in mezzo a queste strade, a questi edifici, a questi luoghi della multiforme attività dell'uomo - che è rivolta verso la temporaneità - desideriamo parlare del sacramento della vita eterna nel corpo e nel sangue di Cristo.


7. Desideriamo rendere testimonianza all'alleanza. Iddio, che ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza, è sin dall'inizio il Dio dell'alleanza. Il Dio di Abramo. Il Dio di Mosè. Il Dio di Gesù Cristo.

L'Eucaristia: il sacramento dell'alleanza del corpo e del sangue di Cristo, dell'alleanza, che è eterna. Questa è l'alleanza che tutti comprende.

Questo sangue raggiunge tutti e tutti salva.

In mezzo a coloro che hanno dimenticato, / a coloro che non vedono, / a coloro che sono indifferenti, / a coloro che sono contrari, gridiamo: / che cosa rendero al Signore, io, uomo, / per quanto mi ha dato? Al di sopra di tutti gli intrighi della storia, al di sopra delle minacce dei nostri tempi, al di sopra delle peripezie dei cuori umani, delle menti e delle coscienze, la Chiesa "alza il calice della salvezza" (cfr. Ps 115,13), alza l'Eucaristia.

Data: 1985-06-06 Data estesa: Giovedi 6 Giugno 1985





Lettera al cardinale Baggio - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Inviato speciale al Congresso eucaristico di Aparecida

Al venerabile fratello cardinale Sebastiano Baggio.

Ho spesso avuto modo di sperimentare, a volte anche di persona, quanto siano proficui i Congressi eucaristici al fine di corroborare la vita delle singole Chiese e di dar loro prosperità nel futuro, sia che i Congressi siano di una sola nazione, sia che siano di più nazioni o di tutti i popoli. Per questo dedico grande sollecitudine pastorale alla loro preparazione e celebrazione e con grande zelo vaglio gli argomenti teologici, dai quali, insieme agli altri pastori, prego perché si abbia un rigogliosissimo raccolto di frutti spirituali. Certamente con questi sentimenti attendo il Congresso eucaristico brasiliano che si celebrerà ad Aparecida dal 16 al 21 luglio.

Con grande gioia, infatti, so che in quel luogo si canteranno le lodi del Signore eucaristico con i sentimenti e le parole della stessa Vergine Maria, Madre di Dio, nel canto del "Magnificat" E, sempre in quel luogo, dal devotissimo culto del pane eucaristico gli animi e la volontà di tutti saranno sollecitamente indirizzati alle necessità di tutti coloro che nel mondo soffrono la fame, bisognosi anche del pane terreno.

Sono pienamente consapevole di quanta speranza di esiti eterni e temporali porti con sé il faustissimo evento della Chiesa brasiliana. Seguiro, proprio come se fossi presente di persona, con il ringraziamento e l'esortazione, ciò che si svolgerà in quei fausti giorni e accompagnero con altrettanta attenzione lo svolgimento stesso del Congresso e le sue conseguenze per la devozione, la vita, il rinnovamento della comunità.

Affinché la presenza della mia persona sia percepita più manifestamente e chiaramente tra i pastori e i fedeli, tra tutti i partecipanti al Congresso, desidero che lei, venerabile fratello, mi rappresenti nei giorni di luglio sopra detti e con questa lettera la nomino e designo mio inviato speciale in Brasile al Congresso eucaristico di Aparecida, dove esprimerà la mia gioia e la mia gratitudine, dove saluterà i presenti a mio nome, dove ripeterà le mie preghiere perché questo Congresso a lungo atteso e preparato con ogni sollecitudine, sul mistero dell'Eucaristia, abbia i frutti più copiosi.

Infine impartirà a tutti i partecipanti la benedizione apostolica a testimonianza della mia presenza e, al tempo stesso, auspice degli aiuti celesti, perché ci si accosti più frequentemente e con più devozione a Gesù eucaristico attraverso Maria, sua santissima Madre, e dalla celebrazione eucaristica si tragga motivo di provvedere con più determinazione al nutrimento degli uomini che soffrono la fame.

Dal Vaticano, 6 giugno 1985

Data: 1985-06-06 Data estesa: Giovedi 6 Giugno 1985





A vescovi della Birmania in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Fedeli al Vangelo, uniti alla Chiesa nel dialogo fede-cultura

Cari fratelli vescovi.

E' con grande piacere e con profondo sentimento di gioia nel nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo che vi saluto. La vostra visita "ad limina" vi conduce dalla vostra lontana terra alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo, quegli uomini di fede e zelo, la cui forza e fedeltà nel rispondere alla chiamata di Cristo sono così legate al fondamento stesso della Chiesa e sono il modello della nostra fedeltà ai Signore nel servizio del Vangelo.

Vi saluto con le parole di san Paolo: "Ringrazio il mio Dio ogni volta ch'io mi ricordo di voi, pregando sempre con gioia per voi, a motivo della vostra cooperazione alla diffusione del Vangelo" (Ph 1,3-5). Si, spesso ricordo voi e i vostri collaboratori, sacerdoti, religiosi e laici, che quotidianamente lavorano con voi all'edificazione della Chiesa "nella difesa e nel consolidamento del Vangelo. Infatti Dio mi è testimonio del profondo affetto che ho per tutti voi nell'amore di Cristo Gesù" (Ph 7,8).


1. Quali maestri nella Chiesa di Dio, voi siete profondamente consapevoli che il vostro servizio al Vangelo ha un carattere e una spiegazione squisitamente teologica. Tutto il mistero della redenzione procede da un'iniziativa divina. Ha la sua origine nel piano di Dio Padre. Scaturisce dalla "fonte d'amore, cioè dalla carità di Dio Padre" (AGD 2) che fa nascere la missione del Figlio e dello Spirito Santo.

Come ci ricorda il Concilio Vaticano II, l'intenzione di Dio era di stabilire la pace e la comunione tra gli esseri umani peccatori e se stesso, e di configurare l'umanità in una comunità fraterna e riconciliata. Per fare questo il Figlio di Dio ha percorso le vie di un'autentica incarnazione, per condurre gli uomini a partecipare alla sua vita divina. Egli divenne povero per noi, sebbene fosse ricco, perché la sua povertà potesse arricchirci (cfr. 2Co 8,9).

La Chiesa di Birmania sa di camminare sulle orme di quel Gesù di Nazaret che fu povero e umile, che preferi la compagnia dei semplici e dei bisognosi, e che insegno ai suoi seguaci che "chiunque diventerà piccolo... sarà il più grande nel regno dei cieli" (Mt 18,4).

Comprendo pienamente che il nostro ministero pastorale riflette questo esempio del Maestro. Il vostro è un servizio di amore reso ai vostri fratelli e sorelle nella fede, spesso in povertà e nella privazione. Ma lungi dall'essere uno svantaggio, questo è infatti la vostra gloria e la ragione della fiducia e dell'amore del vostro popolo per voi. Dovete continuare a lottare per adempiere alla raccomandazione del Concilio: "Nell'esercizio del loro ufficio di padri e di pastori, i vescovi in mezzo ai loro fedeli si comportino come coloro che prestano servizio; come buoni pastori che conoscono le loro pecorelle e sono da esse conosciuti; come veri padri che eccellono per il loro spirito di carità e di zelo verso tutti" (CD 16).


2. La vostra volontà di riporre la vostra fiducia soprattutto nella grazia di Dio, con una conseguente fermezza e purezza di cuore nel vostro ministero verso il popolo, rimane per voi e per i vostri collaboratori nel compito dell'evangelizzazione e della catechesi la migliore indicazione che voi state lavorando per il Signore stesso.

Stando vicini alla vita e alla cultura del vostro popolo voi mostrate che il Signore è presente in mezzo a loro, voi li sostenete nella loro professione di fede, li difendete contro lo scoraggiamento e l'attacco di una visione materialistica ed egoistica della vita. Voi li aiutate a diventare sempre più consapevoli della loro dignità di figli e figlie di Dio e di leali cittadini del loro Paese.

E' vero che la vostra attività pastorale è sovente ostacolata dall'assenza di mezzi materiali e umani, per il fatto stesso che i cattolici formano una piccola minoranza in Birmania, e per circostanze inerenti alle attuali condizioni storiche e geografiche del vostro Paese.


3. Ma è anche vero che ci sono molti beni sovrannaturali nelle vostre Chiese locali che provano la dedizione generosa - spesso eroica - di pastori, sacerdoti, religiosi e laici. Siete ricchi di grazia e d'amore: il Signore vi ha fatto crescere (cfr. 1Co 3,7). Voi potete vantare un flusso regolare di vocazioni nei seminari diocesani minori e anche al seminario maggiore di Rangoon che, a causa dell'accresciuto numero di aspiranti, è ora esclusivamente per gli studenti di teologia, mentre gli studenti di filosofia si sono trasferiti a Maymyo e a Mandalay.

C'è stato un costante aumento nel numero di vocazioni alla vita religiosa, e le attività dei religiosi sono ben integrate nei programmi pastorali delle varie Chiese locali. La collaborazione attiva dei laici come catechisti e guide di comunità, con una crescente consapevolezza del loro ruolo specifico nella Chiesa, testimonia che lo Spirito Santo "suscita nei loro cuori l'adesione alla fede" (AGD 15).

Questi sono i doni di Dio alla Chiesa di Birmania per i quali insieme rendiamo grazie nello spirito della comunione ecclesiale che ci unisce; i successori degli apostoli col successore di Pietro. Tra questi doni ce n'è uno che merita una speciale menzione. Mi riferisco ai vostri sacerdoti: i vostri collaboratori e assistenti nel lavoro di evangelizzazione e di catechesi per il vostro popolo. Essi sono una sola cosa con voi nel sacerdozio di nostro Signore Gesù Cristo, e per questa ragione partecipano, a loro modo, alla vostra responsabilità per ogni Chiesa locale e "persino per tutta la Chiesa", come ci ricorda la costituzione dogmatica sulla Chiesa (LG 28).

L'efficacia del vescovo dipende in larga misura dai suoi sacerdoti.

Perciò voi dovete sempre accoglierli con un amore speciale, considerarli vostri fratelli, figli e amici, ascoltarli e dar loro la vostra fiducia. Dovreste essere interessati al loro benessere spirituale, intellettuale e materiale, perché essi possano vivere vite sante e compiere fedelmente e fruttuosamente il loro ministero. Siete chiamati ad avere compassione e ad aiutare quei sacerdoti che sono in qualsiasi tipo di pericolo o che hanno in qualche modo mancato (cfr. CD 16). Nel far questo voi imitate l'amore del cuore di Gesù, e traete abbondanti benedizioni sui vostri sacerdoti, molti dei quali vivono in condizioni di isolamento e persino di pericolo, poiché servono comunità lontane tra di loro e, forse, hanno poche opportunità di sperimentare il calore e la compagnia dei loro fratelli nel sacerdozio.


4. La Chiesa in Birmania può contare sull'impegno e il sostegno generoso di molti laici nell'opera di evangelizzazione e di sviluppo sociale. I vostri catechisti svolgono un ruolo indispensabile nel sostenere la vita cristiana delle vostre comunità e nel portare il messaggio divino di salvezza ai vicini e ai lontani. La validità di questo contributo dei laici alla missione della Chiesa è strettamente legata alla formazione disponibile per gli uomini e le donne che sono ansiosi di essere di efficace aiuto ai loro pastori nell'apostolato del "simile verso il simile" e nel proclamare Cristo nei luoghi in cui per il clero e i religiosi è difficile o impossibile arrivare. Vi incoraggio nei vostri sforzi per fornire questa formazione attraverso speciali centri per questo scopo e in programmi adattati alle possibilità del vostro popolo.

Sono lieto, in modo particolare, di sapere che voi riservate una speciale attenzione ai bisogni e alle possibilità dei giovani. Anch'essi possono avere una straordinaria efficacia nel portare il messaggio di Cristo ai loro coetanei e ai membri più giovani della comunità. Nella mia recente lettera apostolica ai giovani del mondo per l'Anno internazionale della gioventù, ho scritto che "la Chiesa guarda i giovani; anzi, la Chiesa in modo speciale guarda se stessa nei giovani" (n. 15).

Come pastori voi saprete come far diventare realtà viva nelle vostre Chiese locali il ruolo dei giovani. Significa destinare sacerdoti e religiosi capaci al compito della loro formazione, e questo implica uno sforzo da parte di tutti per dare loro un sentimento di appartenenza alla Chiesa, come loro diritto e dignità.


5. C'è un altro punto al quale vorrei riferirmi brevemente e affidarlo alla vostra devota considerazione. E' il problema del necessario e importante dialogo tra fede e cultura che avviene nelle concrete circostanze della presenza della Chiesa in ogni luogo.

La Chiesa, che è la luce di tutte le nazioni, annuncia lo stesso messaggio di salvezza e offre gli stessi mezzi di santità e di giustizia a tutti i popoli. Tuttavia, in ogni Chiesa locale essa cerca un "dialogo" serio e sincero con la cultura e le tradizioni del popolo, al fine di assicurare una genuina "inculturazione" della fede cristiana. Senza permettere alcun indebolimento dell'integrità della sua verità o dell'unità della sua disciplina cattolica, la Chiesa "si serve delle differenti culture, per diffondere e spiegare il messaggio cristiano nella sua predicazione a tutte le genti, per studiarlo e approfondirlo, per meglio esprimerlo nella vita liturgica e nella vita della multiforme comunità dei fedeli" (GS 58). In questo modo la fede arricchisce le qualità spirituali di ogni nazione, e la Chiesa stessa progredisce verso una più piena comprensione del mistero della redenzione.

In questo processo devono essere rispettati due principi: la compatibilità delle varie culture e degli elementi culturali assimilati nella vita della Chiesa col Vangelo, e la salvaguardia della comunione con la Chiesa universale (cfr. FC 10). Questo "dialogo" tra l'autentica fede cattolica della Chiesa e le culture locali è un aspetto importante del vostro ministero episcopale. E' essenziale che i vescovi dello stesso Paese lavorino insieme in questo ambito, in stretto contatto con la Curia romana. Prego perché lo Spirito Santo, signore e datore della vita, vi guidi in questo compito di assicurare che il seme della fede cristiana si radichi sempre più profondamente nella terra di Birmania.


6. Miei fratelli vescovi, abbiamo toccato soltanto alcuni dei molti aspetti del vostro ministero pastorale. Non è possibile parlare di tutto ciò che abbiamo in cuore. Ciò che è particolarmente importante è che abbiamo vissuto questo incontro in piena comunione di fede e nell'amore di nostro Signore Gesù Cristo.

Affido voi e le Chiese che voi presiedete e servite all'intercessione di Maria, Madre della Chiesa. Vi chiedo di portare i miei saluti ai vostri fratelli vescovi che non hanno potuto venire. Prego per tutto il popolo di Birmania, specialmente i giovani, gli anziani e i malati.

Con le parole dell'apostolo Pietro vi dico: "Pace a voi tutti che siete in Cristo" (1P 5,14).

Data: 1985-06-07 Data estesa: Venerdi 7 Giugno 1985





Al conferimento della Cresima - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Testimoni di Cristo e responsabili uomini del Vangelo




1. "Io preghero il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore" (Jn 14,16).

Il Signore Gesù pronuncio queste parole il giorno prima della sua passione e morte sulla croce. Allorquando dovette lasciare i suoi, gli apostoli, promise loro "un altro Consolatore", "perché rimanga con voi per sempre". Questo "altro Consolatore" è lo Spirito Santo, lo Spirito di verità.

Sappiamo che questo annuncio e questa promessa del Signore Gesù nei riguardi degli apostoli si sono adempiuti prima di tutto nel giorno della Pentecoste. Essi ricevettero allora lo Spirito di verità, che non solo li guido personalmente "alla verità tutta intera" (cfr. Jn 16,13), ma anche permise loro di ammaestrare gli altri: di consolidare gli altri nella verità, che ha la sua fonte eterna in Dio stesso.


2. "Io preghero il Padre". Questa preghiera del Signore Gesù nel cenacolo continua. Cristo costantemente domanda al Padre lo Spirito Santo per i suoi discepoli: per coloro che accolgono la testimonianza degli apostoli nelle generazioni sempre nuove.

Oggi Cristo in modo particolare chiede lo Spirito Santo per voi, giovani, che nella presente generazione dei battezzati, cioè dei cristiani, dovete ricevere il sacramento della Confermazione presso la tomba di san Pietro. A questa tomba, sacra a tutti i cristiani, perché ricorda e testimonia il martirio subito per la fede dal capo degli apostoli, siete venuti - per essere confermati nella stessa fede - da tante parti del mondo: Francia, Austria, Germania, Stati Uniti, Nigeria, Zaire, Finlandia; da molte parrocchie di Roma e numerose regioni d'Italia: Veneto, Toscana, Umbria, Lazio, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia.

Tutti desidero salutarvi con sincero affetto, ricordando in particolare i fratelli del Centro di riabilitazione "La nostra scuola" di Roma e gli allievi infermieri dell'ospedale Sant'Eugenio di Roma.


3. Il sacramento della Confermazione ha, in un certo senso, il compito di confermare e completare in ognuno di voi ciò che è stato già iniziato nel sacramento del Battesimo. Deve rafforzarlo. Mediante il santo Battesimo ognuno e ognuna di voi è diventato cristiano e ha ricevuto il segno indelebile di figlio di Dio, che ci rende simili spiritualmente a Cristo, Figlio di Dio. Mediante la Cresima ognuno e ognuna di voi deve diventare cristiano direi in un modo ancor nuovo. Un cristiano maturo nello Spirito Santo, a somiglianza degli apostoli nel giorno di Pentecoste. Essere un cristiano maturo, vuol dire "essere testimone di Cristo": rendergli testimonianza così come hanno fatto gli apostoli agli inizi della Chiesa. così come qui, a Roma, hanno reso testimonianza san Pietro, presso la cui tomba ci troviamo, e san Paolo, il cui luogo del martirio si trova in un'altra parte di questa città.


4. Per diventare cristiani maturi in questo modo, bisogna ricevere e accogliere lo Spirito di verità. Solo lo Spirito di verità, che è lo Spirito di Dio, può consolidarvi nella verità divina. Solo lo Spirito di verità, che è lo Spirito di Gesù Cristo, può rafforzare nella nostra mente e nella nostra volontà la convinzione di quella verità, che Cristo annunziava; di quella verità che egli ha confermato e sigillato con la sua croce e la sua risurrezione. Quella verità si chiama la buona novella: il Vangelo. Solo lo Spirito Santo può far di voi veri "uomini del Vangelo", vale a dire: veri, consapevoli e responsabili cristiani. Il cristiano è "l'uomo del Vangelo".


5. Il cristiano è l'uomo nuovo di quella novità, di quel rinnovamento, che scaturisce da Cristo. Questo rinnovamento inizia dal cuore, dalla coscienza.

Quando ricevete lo Spirito Santo, si adempiono le parole del profeta Ezechiele, udite nell'odierna liturgia: "Vi daro un cuore nuovo mettero dentro di voi uno spirito nuovo... Porro il mio spirito dentro di voi e vi faro vivere secondo i miei precetti e vi faro osservare e mettere in pratica le mie leggi" (Ez 36,26-27).

Credere vuol dire insieme: vivere secondo la fede, agire nel modo che essa ci indica. Rendere testimonianza a Cristo vuol dire mettere in pratica i suoi comandamenti, e soprattutto il comandamento dell'amore. "Se mi amate, osserverete i miei comandamenti" (Jn 14,15).

Il sacramento della Confermazione deve consolidare la fede ricevuta nel santo Battesimo, e far si che essa sia viva: cioè animata dall'amore di Dio e del prossimo.


6. Il sacramento della Confermazione consolida la vocazione cristiana di ognuno di noi, mediante la quale partecipiamo alla comunità della Chiesa. Anzi, edifichiamo questa Chiesa come "pietre vive" (secondo le parole di san Pietro, 1P 2,5).

Edifichiamo la Chiesa che è il corpo di Cristo (secondo le parole di san Paolo) come "membra di questo corpo": "Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo. E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo" (1Co 12,12-13).

E anche in un solo Spirito siamo oggi consolidati dal sacramento della Confermazione.


7. A questo proposito voglio richiamare alla vostra memoria le parole tratte dalla mia Lettera ai giovani e alle giovani del mondo di quest'anno (n. 9): "Bisogna anche che ripensiate - e molto profondamente - al significato del Battesimo e della Cresima. In questi due sacramenti, infatti, è contenuto il deposito fondamentale della vita e della vocazione cristiana. Da essi parte la strada verso l'Eucaristia, che contiene la pienezza della sacramentale elargizione concessa al cristiano: tutta la ricchezza della Chiesa si concentra in questo sacramento di amore".


8. così dunque, giovani amici, davanti a Cristo, che in questa celebrazione eucaristica "prega il Padre per noi", desidero compiere nei vostri riguardi questo servizio sacramentale, che compirono Pietro, Giovanni e altri apostoli, come ci ricordano gli Atti.

Imponendo le mani su tutti voi: su ognuno e ognuna di voi qui presenti, vi ungero la fronte con il santo crisma, pronunciando le parole: "Ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in dono". E ognuno e ognuna di voi - e insieme, i testimoni della vostra Confermazione - risponderete: "Amen". L'"Amen" vuol dire: "accolgo". Accolgo, così come l'hanno accolto gli apostoli. così come lo hanno ricevuto e ricevono intere generazioni di cristiani di diverse nazioni, lingue e razze.

Accetto e desidero, con la mia mente e con il mio cuore, con la mia vita e con il mio agire, rispondere a questo dono. Desidero pensare, operare e vivere secondo lo Spirito di verità.

"...Il mondo non (lo) può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce" (Jn 14,17). Ma io accolgo. Io lo ricevo. Perché "lo conosco" per mezzo del Vangelo di Cristo. Per mezzo della croce e della risurrezione di Cristo. Che dunque si compia su di me, su ognuno, ognuna di voi: su tutti, ciò che Cristo ha annunciato: "Lui, lo Spirito di verità dimora presso di voi e sarà in voi" (cfr. Jn 14,17).

Salve, dolce ospite dell'anima! "Dulcis Hospes animae!". Accolgo. Amen.

Data: 1985-06-09 Data estesa: Domenica 9 Giugno 1985





Messaggio per la Giornata missionaria mondiale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Giovani, siate annunciatori del Vangelo..."

Carissimi fratelli e sorelle! Ogni anno la Chiesa, nella solennità di Pentecoste, rivive con gioia ineffabile gli inizi della propria esistenza e dell'opera evangelizzatrice destinata a tutti i popoli della terra. Pertanto, in questa data tanto significativa mi è gradito rivolgere, come di consueto, il mio messaggio per la Giornata missionaria mondiale, che sarà celebrata nel prossimo mese di ottobre.


1. La Chiesa nasce sotto il soffio dello Spirito Santo nel giorno di Pentecoste.

Gli apostoli, fedeli al comando di Cristo, sono riuniti nel Cenacolo per pregare e riflettere, insieme con Maria. In quegli uomini privilegiati aleggia un sentimento di trepidazione di fronte al mandato che il Maestro ha loro affidato: "Andate... e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo..." (Mt 28,19). Trepidazione per le recenti minacce dei giudei, per l'incomprensione di molte affermazioni del Signore, e soprattutto per l'esperienza della propria insufficienza e dei propri limiti nel corrispondere al mandato divino. Quei primi apostoli, non colti e non audaci, sono stretti intorno a colei che sentono come propria Madre e fonte di speranza e di fiducia.

Ed ecco, improvvisa, avviene la "trasformazione", al soffio possente dello Spirito Santo. Una trasformazione radicale della mente e del cuore: gli apostoli sentono ora come aprirsi la loro intelligenza, sono invasi da un incontenibile fervore dinamico; sono dominati da un unico impulso: annunziare, comunicare agli altri quanto contemplano in una luce nuova, solare. Lo Spirito ricompone in loro, come in un meraviglioso mosaico, ogni parola pronunciata dal Cristo.

Nasce così la Chiesa. Nasce nel giorno di Pentecoste. "Nasce - come ho ricordato nella mia omelia a conclusione del XX Congresso eucaristico nazionale di Milano, il 22 maggio 1983 - sotto il potente soffio dello Spirito Santo, il quale ordina agli apostoli di uscire dal Cenacolo e di intraprendere la loro missione.

Essi vanno in mezzo agli uomini e si mettono in cammino per il mondo per ammaestrare tutte le nazioni".


2. La Chiesa, comunità in perenne stato di missione.

La Chiesa appare quindi, fin dal suo primo costituirsi, come la comunità dei discepoli, la cui ragion d'essere è l'attuazione nel tempo della missione di Cristo stesso, l'evangelizzazione del mondo. Essa è dunque comunità in perenne stato di missione, è comunità missionaria, i cui membri sono uniti in un solo corpo per essere inviati alle genti; se all'interno di questa comunità diversi sono i ruoli, le funzioni e i "carismi" (cfr. 1Co 12,4-5), comune a tutti è pero la vocazione missionaria (cfr. LG 17 AGD 35-36): ai vescovi, ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose e ai laici.

Tutti, indistintamente, sono chiamati a realizzare, pur nella propria vocazione specifica e nelle proprie condizioni e possibilità, la missione del Redentore. Tutti debbono sentirsi impegnati nell'unico mandato missionario: dare spazio nel mondo alla buona novella portataci da Cristo, affinché si adempia la profezia del salmista: "Per tutta la terra si diffonde la loro voce e ai confini del mondo la loro parola" (Ps 19,5).

Non solo, dunque, debbono sentirsi impegnati coloro che specificamente lavorano sugli avamposti dell'evangelizzazione, i "missionari" propriamente detti; ma anche ogni sacerdote o persona consacrata che, nell'ambito della propria attività, deve inculcare nei fedeli il senso del dovere missionario.

Anche ai laici spetta l'arduo compito di evangelizzare in profondità il tessuto sociale e culturale in cui vivono, sia nei Paesi dove non è arrivato ancora l'annuncio della fede, sia anche nei Paesi dove il cristianesimo ha urgente bisogno di essere rivitalizzato, per riacquistare una nuova e più incisiva forza di penetrazione.


3. I giovani, speranza dell'evangelizzazione.

Se questo impegno è, come ho detto, comune a tutte le componenti della Chiesa, esso riguarda in modo particolare i giovani e le giovani. Pertanto, in questo Anno internazionale della gioventù rivolgo il mio appello alle loro energie, alla loro generosità, alla loro intelligente dedizione, che mai viene meno quando si tratta di sostenere una giusta causa.

Nella prospettiva del terzo millennio, che si avvicina, e in questo momento cruciale della storia umana, in cui un'oscura minaccia di distruzione e di annientamento sembra pesare sul nostro mondo, vi chiamo, vi esorto, in nome di Cristo Signore a farvi annunciatori del Vangelo, a diffondere con tutte le vostre forze la parola salvatrice, la verità di Dio; e ciò, sia offrendo con la vostra vita una testimonianza del regno escatologico di verità e di amore, e sia adoperandovi concretamente per la trasformazione, secondo lo spirito evangelico, di tutta la realtà temporale (cfr. Lettera ai giovani, 31 marzo 1985, n. 9), vincendo la tentazione dello scoraggiamento che porta al ripiegamento e al disimpegno.

Non è tempo di avere paura, di delegare ad altri questo compito, difficile si, ma sublime. Ognuno, come membro della Chiesa, deve assumersi la sua parte di responsabilità. Ognuno di voi deve far comprendere a chi gli sta vicino, nella famiglia, nella scuola, nel mondo della cultura, del lavoro, che Cristo è la via, la verità, la vita; che lui soltanto può debellare la disperazione e l'alienazione dell'individuo, dando una spiegazione dell'esistenza dell'uomo, creatura dotta di un'altissima dignità perché fatta a immagine e somiglianza di Dio. Occorre proclamare e far conoscere la verità salvifica ad ogni uomo, perché non è possibile che si resti indifferenti di fronte ai milioni e milioni di persone che ancora non conoscono o conoscono male i tesori inestimabili della redenzione.

Sono trascorsi duemila anni dall'"euntes, docete" di Cristo: ebbene, quell'imperativo sembra aver subito in alcuni luoghi una battuta d'arresto, mentre in altri sembra procedere con molta lentezza. Vi chiamo, pertanto, giovani di tutto il mondo, e vi invio come Cristo invio gli apostoli, con la forza che viene dalla parola di Cristo stesso: il futuro della Chiesa dipende da voi, l'evangelizzazione della terra nei prossimi decenni dipende da voi! Siate Chiesa! Rendete giovane, mantenete giovane la Chiesa, con la vostra entusiastica presenza, imprimendole dappertutto vitalità e vigore profetico.

Cristo ha bisogno di voi per proclamare la verità, per portare l'annuncio di salvezza sulle strade del mondo, ha bisogno del vostro cuore generoso e disponibile per manifestare a tutti gli uomini il suo amore infinito e misericordioso.

Animate, sensibilizzate i vostri coetanei, le vostre comunità, accendete ovunque la fiamma della fede: solo così potrà essere vinto il dèmone della droga, solo così potranno essere sconfitti definitivamente i flagelli della violenza, del secolarismo, dell'edonismo che intorbidano e deviano tante preziose energie giovanili! Solo così potrà aprirsi ad un fecondo e costruttivo dialogo l'animo di tanti fratelli appartenenti a religioni diverse. E in questa impresa esaltante, come gli apostoli dal giorno di Pentecoste, lasciatevi sempre guidare docilmente dallo Spirito, "agente principale dell'evangelizzazione" (EN 75), che tutto sostiene, illumina, conforta, perfeziona.


4. La cooperazione missionaria: impegno grave e urgente di tutto il popolo di Dio.

Tutti i fedeli sono pero vivamente esortati a riflettere con molta attenzione sulle considerazioni sopra esposte. Difatti, tutti i fedeli, tutti i membri della Chiesa, "per sua natura missionaria" (AGD 2), sono degli "inviati", sono corresponsabili della dilatazione del regno di Dio. Del resto, se si passano rapidamente in rassegna le necessità dell'attività missionaria e la situazione allarmante di una così gran parte dell'umanità non ancora raggiunta dall'annuncio evangelico, non si può non provare, nell'intimo della propria coscienza, la perentorietà del comando di Cristo, non si può non avvertire la gravità del dovere che incombe, ad ogni cristiano, di favorire il progresso dell'evangelizzazione. Infatti - dice san Paolo - "come potranno credere senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi? E come lo annunzieranno senza essere prima inviati?" (Rm 10,14-15).

Come comunità, come corpo mistico di Cristo, la Chiesa accompagna e sostiene l'impegno missionario dei suoi membri indicando le modalità più opportune della cooperazione secondo cui il singolo possa prestare il suo contributo. Molteplici sono queste modalità, innumerevoli i mezzi, tuttavia, nell'attuale ricorrenza della Giornata missionaria mondiale, desidero richiamare l'importanza specifica di alcuni di questi mezzi, ben collaudati dall'esperienza, non esclusivi, ma privilegiati, in quanto strettamente collegati alla Sede di Pietro: le Pontificie opere missionarie.


5. Le Pontificie opere missionarie, strumento privilegiato della cooperazione.

Le Pontificie opere missionarie sono, come si legge negli Statuti relativi, "lo strumento ufficiale e principale di tutte le Chiese per la cooperazione missionaria". Ad esse - ribadisce il Concilio - "deve essere riservato il primo posto, perché sono mezzi sia per infondere nei cattolici sin dalla più tenera età uno spirito veramente universale e missionario, sia per favorire un'adeguata raccolta di sussidi a vantaggio di tutte le missioni e secondo le necessità di ciascuno" (AGD 38). In effetti esse sono gli strumenti attivi, moderni, dinamici per sostenere, sotto tutti gli aspetti, l'azione diretta dei missionari che si trovano in prima linea ed assicurare il sostegno indispensabile alle popolazioni affidate alle loro cure pastorali.

Le Pontificie opere missionarie sono lo strumento della carità del popolo di Dio, del miracolo di amore fraterno che ogni anno si rinnova a beneficio di tanti, anche se purtroppo esse non possono arrivare a tutti. Fra esse, l'Unione missionaria dei sacerdoti, religiosi, religiose, è proprio quella delle quattro opere che mantiene viva nei fedeli la coscienza del dovere della cooperazione missionaria, attraverso le guide del popolo di Dio, opportunamente formate ed "educate" alla missionarietà, intrinseca alla loro vocazione, per mezzo del costante lavoro di animazione portato avanti da questa benemerita opera.

Ecco perché desidero ripetere ancora una volta a tutti i sacerdoti, religiosi, religiose, membri di istituti secolari, a coloro che hanno la gioia di vivere una vita consacrata, di lavorare non già isolatamente, ma in stretta unione, sotto il segno del medesimo ideale e del medesimo comune impegno. La Pontificia unione missionaria vi offre questa opportunità, formandovi allo spirito missionario, sorreggendovi, aiutandovi nel vostro cammino.

Ho fiducia che questo Messaggio, portato a tutti i fedeli nelle singole Chiese locali, risveglierà in ciascuno il dovere di sostenere le Pontificie opere missionarie che purtroppo non sono ancora conosciute e impiantate dappertutto.

Sostenendo le Pontificie opere missionarie, ogni cristiano potrà sentirsi parte viva e vitale della Chiesa universale e penetrare il senso più autentico della sua cattolicità: in effetti, le Pontificie opere missionarie sono il mezzo più efficace perché i cristiani tutti, cooperando allo sforzo missionario della Chiesa stessa, si sentano e siano a tutti gli effetti le "pietre vive" (cfr. 1P 2,5) che edificano il corpo mistico.

Facciamo si che coloro i quali in tante parti del mondo ora protendono le mani verso di noi implorando soccorso, possano dire un giorno, con l'apostolo: "Adesso ho il necessario e anche il superfluo; sono ricolmo dei vostri doni... che sono un profumo di soave odore, un sacrificio accetto e gradito a Dio" (Ph 4,18).

Che Maria santissima, Madre di Cristo e Madre della Chiesa, vi assista in questo generoso impegno missionario! A tutti imparto la mia benedizione apostolica, propiziatrice di abbondanti favori celesti.

Data: 1985-06-09 Data estesa: Domenica 9 Giugno 1985






GPII 1985 Insegnamenti - Celebrazione del Corpus Domini - Piazza San Giovanni (Roma)