GPII 1985 Insegnamenti - Ai vescovi del Nicaragua per festa dell'Immacolata - Città del Vaticano (Roma)

Ai vescovi del Nicaragua per festa dell'Immacolata - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La vocazione cristiana comporta sacrificio, rinuncia, rifiuto

Signor cardinale arcivescovo di Managua, amati vescovi del Nicaragua.

Il tempo liturgico dell'Avvento, recentemente iniziato, ci pone in una prospettiva spirituale di attesa del Signore Gesù Cristo che viene al mondo sotto forma di Bambino.


1. Il suo nome, scelto da Dio Padre e fatto conoscere a Maria, "la piena di grazia", dall'arcangelo Gabriele, esprime chiaramente la missione che gli fu affidata di salvare "il suo popolo dai suoi peccati" (Mt 1,21), realizzando la riconciliazione definitiva dell'umanità con Dio.

L'apostolo Paolo descrive questo evento con parole piene di mistero: "Quando fu trascorso il numero di secoli stabiliti, Dio mando suo Figlio, fatto da una donna e nato sotto la Legge, affinché riscattasse quelli che erano soggetti alla Legge, e noi ricevessimo l'adozione di figli" (Ga 4,4-5).

La venuta fra noi del Figlio di Dio ha inoltre un ambiente concreto e un contesto storico, ma soprattutto un realismo - il seno e il cuore di una Madre - che suscita emozioni profonde. E' il mistero che nella Notte di Natale adoriamo in ginocchio dicendo: "Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si incarno nel seno della Vergine Maria".

Perciò sembra naturale che attraverso il breve itinerario liturgico che ci conduce al Portale, la Chiesa si trattenga a meditare sul mistero dell'Immacolata, che "redenta in modo grandioso, in previsione dei meriti di suo Figlio" e "arricchita dal primo istante del suo concepimento, con lo splendore di una santità veramente unica" (LG 53 LG 56), prefigura la nuova creatura nata da Dio in Cristo" (cfr. 2Co 5,17)".


2. La comunità cattolica del Nicaragua da secoli venera e glorifica questa Donna, eccelsa per perfezione, sotto il nome de "la Purissima", e celebra la sua festa con una grande solennità liturgica e popolare, preceduta dalla novena di preparazione. Proprio in questo clima spirituale della celebrazione del mistero de "la Purissima", ho voluto essere presente fra voi con questa lettera per testimoniare il mio affetto ed esprimere la mia simpatia a voi, signor cardinale arcivescovo di Managua, e agli amati fratelli dell'episcopato, sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli cattolici. In verità, so che in occasione della festa de "la Purissima" vi trovo tutti intorno a Maria: nelle chiese delle città e delle campagne, nelle piazze, nelle strade e vicoli, riuniti come figli sotto il suo manto, per esaltare colei che avendo dato al mondo la Vita stessa che rinnova tutte le cose, è stata insignita da Dio con il dono e il privilegio di essere "la Purissima" fin dalla sua nascita (cfr. LG 56). Una festività che è insieme simbolo e realtà che raccoglie tutti i Nicaraguensi in una sola famiglia.

In questo commovente spettacolo di preghiera e di festa - che purtroppo contrasta con la dolorosa realtà in cui da molto tempo ormai vivete quotidianamente: sofferenze e privazioni, dolore e incertezza - vede la realizzazione dell'annuncio dell'apostolo Paolo: "Egli è la nostra pace, colui che ha unito i due in un solo popolo, abbattendo il muro di odio che li teneva separati" (Ep 2,14).

Sapete bene, amatissimi vescovi, che a voi concretamente è stato affidato il ministero e la parola della riconciliazione (cfr. 2Co 5,1 2Co 8 2Co 5,19).

Questo servizio riassume la missione stessa della Chiesa, chiamata a mostrarci e a offrire i mezzi e le vie della riconciliazione, che sono la conversione del cuore e la vittoria sul peccato, che sia questo l'egoismo o l'ingiustizia, la prepotenza o lo sfruttamento degli altri uomini, l'attaccamento ai beni materiali o la ricerca sfrenata del piacere (RP 8).

Voi, amati fratelli, siete particolarmente coscienti di questo dovere, come avete dimostrato, dirigendo ai cattolici del Nicaragua, il 22 aprile 1984, durante la Pasqua di Risurrezione, una Lettera pastorale sulla riconciliazione.

Sono sicuro che continuerete a compiere con fiduciosa perseveranza la missione che Cristo vi ha affidato. Desidero con tutto il cuore che il seme gettato nella terra generosa delle coscienze dei vostri fedeli possa dare, un giorno non lontano, frutti di concordia e di fraternità.

Certamente non ignoro le vostre difficoltà nel momento attuale. Non abbiate paura e non abbattetevi, persuasi che "niente "potrà separarci dall'amore di Dio in Cristo Gesù" (Rm 8,39). Mantenete ferme in voi le supreme certezze della fede, che siete chiamati a difendere e ad accrescere nei vostri fedeli. La vocazione cristiana - e soprattutto l'essere nella comunità, con diversi ruoli, pastori leali e fedeli al gregge - comporta sacrificio, rinuncia e rifiuto.

Imitate l'esempio degli apostoli che attraversavano paesi e città predicando il Vangelo, "per fortificare l'animo dei discepoli, esortandoli a perseverare nella fede e dicendo che attraverso molte tribolazioni ci è necessario entrare nel regno di Dio" (Ac 14,22).


3. Nelle ultime settimane le difficoltà nell'azione pastorale - vostra e dei vostri collaboratori - si sono accresciute. Lo scorso anno, nel mese di luglio, l'arcidiocesi di Managua pati una grave riduzione del proprio personale, da sempre piuttosto insufficiente, per l'espulsione di dieci validi sacerdoti. Questo fatto non ha trovato ancora un rimedio. Ad altri sacerdoti, come conseguenza delle nuove difficoltà, si presenta incerta la possibilità di restare stabilmente nel Paese.

So inoltre che soffrite a causa di ostacoli di ordine diverso che si presentano alla Chiesa, e anche per varie forme di intimidazione e vessazione fatte a ministri del culto e a fedeli cattolici. Sostengo la ferma speranza che i problemi esistenti possano essere prontamente risolti in modo soddisfacente.

Una comunità cattolica, che si vede obbligata a vivere la sua fede nelle condizioni qui esposte, esige da parte dei suoi membri un profondo senso di unione e di adesione nei confronti dei propri Pastori. Tutto ciò l'avevo già scritto nella lettera che vi indirizzai il 29 giugno 1982, solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo: "Cerchino inoltre tutti i figli della Chiesa, in questo momento storico per il Nicaragua e per la Chiesa in questa Nazione, di contribuire a mantenere solida la comunione intorno ai suoi Pastori, evitando qualunque germe di frattura o divisione".

Effettivamente, per ciò che riguarda il destino eterno dell'uomo e ai mezzi soprannaturali per conseguirlo, non è ammissibile che non abbia un profondo "sentire cum Ecclesia", colui che si presenta davanti a una comunità per insegnare la parola di Dio o per amministrare i sacramenti. Lo sottolineava con parole gravi anche il mio predecessore Paolo VI: "Nessuno può [esercitare questa missione], senza essere stato inviato" (EN 59). E aggiunge: "Evangelizzare non è per nessuno un atto individuale e isolato, ma profondamente ecclesiale... Questo suppone che [il predicatore, catechista o pastore] compia ciò, non per una missione che egli si attribuisce o per ispirazione personale, ma in unione con la missione della Chiesa e in nome suo". In un altro punto il Pontefice stesso ricorda come "la forza dell'evangelizzazione sarà estremamente debilitata se coloro che annunciano il Vangelo sono fra loro divisi da tanti tipi di fratture" (EN 77).


4. L'esigenza di unità e di coesione è fondamentale e urgente nella vostra Comunità ecclesiale. Con la speranza e l'aspettativa di allora ripeto a tutti i figli della Chiesa in Nicaragua i voti e le preghiere con cui conclusi l'omelia a Managua, il 4 marzo 1983, in occasione della mia visita apostolica nel vostro Paese: "Che l'intercessione di Maria, la Purissima, come voi la chiamate con così bel nome, di colei che è la Patrona del Nicaragua, vi aiuti a essere sempre costanti in questa vocazione di unità e fedeltà ecclesiale".

Le preoccupazioni che vi ho manifestato - e che sono anche vostre - cari fratelli dell'Episcopato, non possono turbare il sentimento di consolazione e di gioia spirituale che provo pensando a tanti sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli cattolici che danno testimonianza di fedeltà al Vangelo e alla Chiesa. Li esorto a perseverare, con gli occhi e il cuore fissi sui suoi Pastori, seguendo la loro parola e la loro guida.

E voi, amatissimi fratelli, a cui tutta la Comunità cattolica del Nicaragua si rivolge come a un imprescindibile punto di riferimento per la vita della fede, siate sempre "modelli del gregge", che vi fu affidato da Cristo, Pastore supremo delle anime, restando sempre uniti fra di voi. Prendetevene cura con zelo e amore, rendendo la sua fede più fervente, più accesa la sua speranza e più premurosa la sua carità. Ricordatevi le parole dell'apostolo Pietro: "E chi vi potrà fare del male, se sarete zelanti per il bene? Ma, se anche dovete soffrire per la giustizia, beati voi! Non abbiate alcun timore e non siate spaventati, ma trattate santamente nei vostri cuori il Signore che è il Cristo, sempre pronti a rispondere, ma con dolcezza e rispetto, a chiunque vi chiede conto della speranza che è nei vostri cuori. Poiché è meglio soffrire, se questa è la volontà di Dio, facendo il bene, che facendo il male" (1P 3,13ss).


5. Nel momento attuale, in cui si sta celebrando il Sinodo straordinario dei vescovi, insieme alla preghiera e l'affetto del Vescovo di Roma, che vi conforti il ricordo, diventato preghiera, di tanti pastori della Chiesa e dei loro greggi.

Come incitamento e sostegno avete anche l'esempio di altre Chiese sorelle a cui è stato concesso dalla misericordia di Dio non solo credere in Cristo, ma anche soffrire per lui" (Ph 1,29).

Accomiatandomi spiritualmente da voi, voglio indirizzare il mio cordiale saluto a tutto il popolo del Nicaragua: ai fanciulli, giovani, anziani, padri e madri di famiglia. Il mio ricordo si dirige in special modo a coloro che soffrono a causa della malattia o della violenza; a coloro che sono provati da perdite dolorose, dalla solitudine o dalla separazione dai propri cari. Invocando dal Signore che viene, per intercessione della sua purissima Madre, la Vergine Maria, la consolazione e la pace per tutti, vi impartisco la benedizione apostolica.

Data: 1985-12-01 Data estesa: Domenica 1 Dicembre 1985

#2561

Nel XXV di fondazione di "Adveniat"

Titolo: La solidarietà cristiana urgenza del nostro tempo

Venerati confratelli nell'Episcopato, Cari fratelli e sorelle! Venticinque anni della iniziativa "Adveniat", promossa dai vescovi tedeschi: un giubileo ancora giovane, eppure già degno di essere ricordato e celebrato in modo particolare. Ben volentieri prendo lo spunto da questa ricorrenza per rivolgervi una sincera espressione di riconoscenza, di ringraziamento e di incoraggiamento a nome dei cristiani dell'America Latina per l'opera benefica fin qui compiuta a vantaggio di tale continente da questa grande iniziativa di aiuto.

L'istituzione di "Adveniat" da parte dei vescovi forma un anello nella lunga catena di iniziative di aiuto tra le chiese, che risale fino alla comunità cristiana primitiva e ha avuto inizio con la raccolta di denaro nella chiesa di Corinto a favore della comunità bisognosa di Gerusalemme (cfr. 1Co 16,1-4). Il primo campo di azione e di prova della solidarietà cristiana fu sempre anche in passato la comunione ecclesiale stessa, che unisce fraternamente fra di loro anche le più lontane chiese locali e i loro fedeli.

La fondazione di "Adveniat" ebbe luogo in un momento in cui nella maggior parte dei paesi dell'America Latina si innescava un processo di profondo cambiamento sociale. In questa svolta decisiva la chiesa di questi paesi si vide confrontata con richieste e compiti, che da sola non era in grado di fronteggiare.

Si richiedeva soprattutto un impegno pastorale rafforzato e una collaborazione ecclesiale più stretta, che andasse al di là di ogni confine. Poiché mancavano operai per la grande messe e scarseggiavano anche i mezzi materiali, l'aiuto di Adveniat giunse proprio nel momento giusto.

Mentre l'opera "Misereor", già istituita in precedenza dai vescovi tedeschi, sostiene persone di tutto il mondo nella lotta contro la fame e la malattia, "Adveniat" vuole soprattutto essere di aiuto alla chiesa in America Latina, per saziare la fame di Dio che hanno gli uomini; vuol dare a tale chiesa i mezzi necessari per poter annunciare a tutti gli uomini il lieto annuncio della redenzione in Gesù Cristo, che per la prima volta fu accolto dai pastori vigilanti sui campi di Betlemme. Per questo è molto significativo che la raccolta di questa colletta avvenga nella festa di Natale, poiché tale giorno ricorda ai cristiani che Dio si è fatto uomo in Gesù Cristo, per salvare tutti gli uomini e per riconciliarli fra di loro e con il Padre celeste.

La fondazione di "Adveniat" da parte della Conferenza episcopale tedesca è una concretizzazione del dovere missionario delle chiese locali, come fu espressamente richiamato alla memoria poco tempo fa dal Concilio Vaticano II.

L'aiuto assicurato alla chiesa dell'America latina era anzitutto destinato alla costruzione di seminari per i futuri sacerdoti, ma ben presto abbraccio tutti i settori del lavoro pastorale. Dappertutto, nelle città e nel territorio, ci si incontra con le tracce di "Adveniat": mezzi motorizzati per i sacerdoti e i religiosi nelle grandi parrocchie rurali, materiale catechistico ed edizioni della Sacra Scrittura, cappelle e centri comunitari alla periferia delle città o in luoghi remoti di campagna, formazione del personale, case di esercizi e centri di istruzione, seminari per i sacerdoti, lavoro di coordinamento per le Conferenze episcopali e per il CELAM, mezzi di comunicazione sociale e aiuto per i sacetrdoti anziani e ammalati. Come hanno affermato concordi i presidenti stessi delle Conferenze episcopali latinoamericane, l'aiuto di "Adveniat" ha permesso di avviare nella chiesa di quel continente uno straordinario processo di evangelizzazione. Questa efficace opera di aiuto viene accolta dalle chiese locali tanto più volentieri in quanto avviene con rispetto e sensibilità, in spirito di cristiana fraternità, che rafforza la libertà della chiesa.

Con grande generosità nel donare i cattolici tedeschi hanno risposto all'appello dei loro vescovi. Col loro aiuto si sono potuti realizzare o promuovere finora più di 80.000 progetti ecclesiali in tutti i paesi dell'America Latina. Alla colletta natalizia annuale si è aggiunta inoltre l'azione di gemellaggio, per cui singole persone e famiglie danno un importante contributo al mantenimento e alle spese per lo studio di seminaristi in America Latina. L'aiuto assicurato finora da entrambe queste iniziative ha raggiunto la cifra di due miliardi di marchi e fa vedere la grandezza e i meriti dell'opera svolta da "Adveniat" nei primi 25 anni della sua esistenza.

A nome dei fedeli, delle comunità e delle diocesi senza numero dell'America Latina, che sono state beneficate, voglio cordialmente ringraziare i vescovi e i sacerdoti tedeschi, che hanno fatto proprie le intenzioni di "Adveniat", come pure desidero ringraziare i fedeli, che in tutti questi anni hanno dato la possibilità a "Adveniat" di svolgere questa efficace opera di aiuto intraecclesiale. Gli stessi risultati raggiunti vi devono incoraggiare a proseguire in tutto il mondo quest'opera benedetta di cristiana solidarietà, specialmente anche nell'ambito della iniziativa di gemellaggio collegata con "Adveniat", poiché il vostro aiuto è di grande importanza per il futuro della chiesa in America Latina. Possa il Signore della messe premiare con l'abbondanza della sua grazia questa generosa opera di sostegno della vocazione missionaria della chiesa nel mondo. Nello stesso tempo di cuore impartisco ai responsabili, ai collaboratori e a tutti quelli che promuovono "Adveniat", questa meritoria iniziativa dei vescovi, la mia particolare benedizione apostolica.

[Traduzione dal tedesco])

Data: 1985-12-02 Data estesa: Lunedi 2 Dicembre 1985








Ai rappresentanti dei Paesi latinoamericani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Miseria e violenza si vincono con la solidarietà e l'amore

Ogni volta che ritorno con il pensiero alle vaste regioni dell'America Latina, si rinnova nel mio cuore il sentimento che questo giovane e incantevole continente sa risvegliare, come qualcosa che gli appartiene: il sentimento della speranza.

La vostra deferente visita di oggi riporta al mio spirito questo peculiare sentimento e un'intima compiacenza, conoscendo l'ideale che vi ha riunito a Roma: l'ideale di amicizia fra le vostre Nazioni e di unità latinoamericana. Un ideale degno di ogni sforzo e sacrificio, di offerte e rinunce.

Anche la Chiesa lo vive, e molto profondamente, in America Latina.

Durante le Conferenze generali del suo episcopato, celebrate a Medellin e a Puebla de Los Angeles, ho tracciato un piano di azione apostolica e pastorale di vaste e profonde dimensioni, orientato fondamentalmente a rafforzare spiritualmente la fraternità e l'unità di tutti i popoli del vostro continente, che si basa su di un comune sostrato culturale, storico e religioso.

Molte circostanze del momento attuale esigono che si fomentino e rinnovino gli incontri orientati non solo a conservare ciò che è il fondamento dell'unità dell'America Latina, ma a proiettarla più compiutamente nel futuro, in accordo con i principi di reciprocità, solidarietà e collaborazione effettiva. C'è un fatto che ha acquistato particolare rilievo in questi ultimi anni: il ritorno di vari Paesi latinoamericani al regime democratico costituzionale. Permettetemi di esprimere a questo riguardo, il desiderio che questo fatto rivesta nella storia dell'America Latina un significato nuovo e più profondo, nel senso che questa transizione porti a dare vigore e a consolidare i vincoli di unità culturale, politica ed economica fra i vostri Paesi, e che nasca così una cooperazione più efficace per far fronte al grave problema dell'ingiustizia e della miseria allo stesso tempo si favorisca la promozione integrale della persona umana, tutelando i suoi diritti e rispettando sempre la sua dignità.

Un fattore di ordine economico che oggi aggrava la situazione di povertà e di disequilibrio sociale in ampi settori del mondo latinoamericano, è quello dell'indebitamento con l'estero. Su questa preoccupante questione desidero ripetere quello che dissi all'assemblea Generale dell'Onu, riunitasi in occasione del 40° anniversario dell'entrata in vigore della Carta delle Nazioni Unite. La questione del debito con l'estero "è diventata soprattutto un problema di cooperazione politica e di etica economica. Il costo economico, sociale e umano di questa situazione, frequentemente è tale per cui mette Paesi interi sull'orlo della rottura. Per altro né i Paesi creditori, né quelli debitori guadagnano qualcosa, se si producono situazioni di disperazione che sfuggirebbero a qualsiasi controllo. La giustizia e l'interesse di tutti esigono che, a livello mondiale si esamini la situazione nella sua globalità e in tutte le sue dimensioni, non solamente economiche e monetarie, ma anche sociali, politiche e umane".

Perciò per far fronte alla gravità di questo problema, è necessario dar maggiore vigore ed efficacia al principio dell'unità e integrazione latinoamericana. E' questo un nobile ideale che esige lo sforzo concorde di tutti per trovare rimedi ai mali che affliggono tante persone in quel continente. Penso alla famiglia e ai diversi condizionamenti di ordine strutturale e di educazione che impediscono la sua unità e stabilità. Penso a tanti giovani a cui si presenta un futuro oscuro e carente di autentici valori spirituali, se poi non vengono indotti al terribile male della droga. Anche in questo campo si impone la necessità di seguire un piano di leale cooperazione regionale e continentale, affinché i mezzi che si attuano per combattere il traffico di narcotici, abbiano la debita efficacia.

Durante i miei viaggi apostolici nelle vostre Nazioni, mi sono reso conto della profondità della crisi sociale che le affligge e del pericolo che corrono per una politica sociale che cerca di uscire da questa crisi attraverso il camminino della violenza, a cui ricorrono già in alcune regioni certe gruppi e movimenti, lasciando una scia di morte e di dolore dove passano. Ma in questi stessi viaggi mi sono convinto anche che è necessariamente l'America Latina la regione del mondo in sviluppo, che ha una realtà spirituale, sociale e culturale i cui valori rendono possibile il superamento della crisi attraverso il cammino che la Chiesa ispira con la sua dottrina sociale. Voglia il cielo che questa prospettiva di speranza rivolta a una pace frutto della giustizia, trovi spazio nelle intenzioni degli uomini di governo e leaders politici, e li induca a mettere in pratica quei mezzi indispensabili per distruggere all'origine la spirale della violenza.

In questo fine del secondo millennio, quando ci prepariamo a commemorare il V Centenario dall'inizio dell'evangelizzazione dell'America Latina, faccio voti affinché i figli di quell'amato continente della speranza, fedeli alle loro tradizioni più nobili e alle proprie radici cristiane, avanzino sul cammino della riconciliazione e della fraternità, in uno sforzo comune volto al superamento delle divisioni a favore dell'unità attesa tanto ansiosamente.

Eccellenze, ringraziandovi per questa visita, vi esprimo i miei più vivi auguri per una felice riuscita delle opere che state realizzando, mentre invoco su ciascuno di voi, dei vostri collaboratori, famiglie e sulle Nazioni che rappresentate, la benedizione del Signore.

Data: 1985-12-05 Data estesa: Giovedi 5 Dicembre 1985





Il discorso ai padri sinodali a conclusione del Sinodo straordinario sul Concilio

Titolo: Il Sinodo perfeziona le norme del Concilio

Dilettissimi nel Signore,


1. Rendo grazie al Signore per l'avvenuta celebrazione del Sinodo straordinario, venti anni dopo la conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II. E' veramente giusto elevare a Dio gli animi grati ed esultanti, perché ci ha concesso la felicità di questi giorni, per quanto pochi, ma pieni di intensi lavori, verso i quali tutto il mondo ha rivolto la sua attenzione.

Esprimo poi la mia viva gratitudine a voi tutti, che avete preso parte all'adunanza del secondo Sinodo straordinario dei vescovi; a voi, dilettissimi signori cardinali, arcivescovi, vescovi e sacerdoti, che secondo le attuali norme della Chiesa avete preso parte al Sinodo come membri. Avete concluso bene il Sinodo con fraterna cooperazione, aperta e libera comunicazione, intima comunione.

Attraverso voi sono state presentate a questo Sinodo le gioie, le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini del nostro tempo. Il mio pensiero va particolarmente a voi, patriarchi e metropoliti, all'Arcivescovo Maggiore e Metropolita, delle tanto care Chiese orientali. A voi penso, presidenti delle Conferenze Episcopali, che siete venuti da tutti i continenti. Penso a voi Cardinali Prefetti dei dicasteri della Curia Romana, miei collaboratori nel ministero universale di Vescovo di Roma. Penso a voi, Superiori Generali degli Ordini e delle Congregazioni Religiose; e non dimentico il Segretario Generale della Commissione Teologica internazionale, e nemmeno il Segretario della Commissione Biblica. Rendo grazie ai Signori Cardinali Presidenti Delegati, Card.

Krol, Card. Malula, Card. Willebrands, perché lodevolmente e con sollecitudine hanno compiuto il loro ufficio con viva coscienza e secondo la natura dello stesso Sinodo, ma sempre con fermo consiglio e moderazione.

Rendo particolare grazie al Cardinale Goffredo Danneels. Come relatore hai guidato i lavori del Sinodo osservando il lavoro dei membri, fedelmente comprendendo la patente concordia delle opinioni e la progressiva trattazione delle questioni poste a questa adunanza sinodale; unitamente al Segretario Speciale, il Rev.do Prof. Walter Kasper e ai suoi collaborotori, avete preso parte senza risparmio di fatiche con pronta e generosa cooperazione: per servire veramente l'evento sinodale.

Saluto anche i religiosi, le religiose, i laici e le laiche, che sono intervenuti perché per mezzo loro sono state presenti anche in quest'aula tutti gli ordini e le forze vive della Chiesa.


2. E' stata una particolare grazia per tutti la fraterna presenza degli Osservatori-Delegati delle altre Chiese e Comunità di tutto il mondo, con le quali la Chiesa cattolica mantiene un dialogo teologico; e la presenza del Consiglio Mondiale delle Chiese. Avete espresso la vostra opera non solo con la vostra benevola partecipazione attraverso il voto espresso nel Sinodo a nome di tutti, ma specialmente mediante la preghiera. Il rito di preghiera che abbiamo celebrato insieme in quest'aula, è pegno di una continua cooperazione ecumenica.

La vostra presenza richiama alla memoria il provvido atto ecclesiale tra Roma e Costantinopoli, che ebbe luogo venti anni fa dopo la conclusione del Concilio. Con una celebrazione parallela e contemporanea fatta in questa stessa Basilica e nella Chiesa di S. Giorgio al Fanar, fu allora promulgata la dichiarazione comune del pontefice Paolo VI e del patriarca Atenagora I di venerata memoria, con la quale fu decretato che fossero cancellate dalla memoria e dal seno della Chiesa le sentenze di anatemi, inflitti nel 1054, che costituivano un segno di scisma, ed un vero impedimento alla riconciliazione nella carità.

Quello fu un atto di fraternità ecclesiale e di somma sollecitudine pastorale. A poco a poco la mente si ando liberando delle tristi memorie del passato, pugnace e contenzioso, la carità si fece più salda, e venne confermato lo spirito di riconciliazione. Per tutti questi motivi, quell'evento rimane emblematico per quanto riguarda la volontà, che deve ispirare tutta la questione dell'unità di tutti i cristiani: cioè il mutuo perdono, che cresce e si esprime nella fraterna carità. Di là hanno origine tutte le iniziative della ricerca, del dialogo, dell'attività per la restituzione della piena unità. Il ricordo di quell'evento ci spinge a rinnovare lo spirito primitivo perché abbiamo a continuare, amplificare e aumentare il nostro comune sforzo per reintegrare l'unità, per essere fedeli alla volontà del Signore circa la sua Chiesa.


3. Se abbiamo potuto nuovamente ed intensamente riprodurre le condizioni e lo spirito del Concilio Vaticano II, ciò si deve anche alla presenza degli invitati speciali, che a diversi titoli sono stati implicati nel Concilio Vaticano II. La vostra opera nelle discussioni nelle varie sedi e nei diversi modi è stato un visibile vincolo con la stessa natura storica del Concilio. Vi sono grato, perché avete accettato il mio invito ad illustrare la nostra adunanza come "memoria" viva di eventi, ai quali molti non poterono presenziare.

Sono grato in modo speciale al Cardinale Gabriele Maria Garrone per la diligente "relazione storica".

Né posso dimenticare tutti quelli, che, addetti ai vari uffici, prestarono la loro opera perché il lavoro dei membri del Sinodo potesse attuarsi: specialmente il venerabile fratello Giovanni Schotte, e gli addetti alla Segreteria Generale, i sacerdoti, i seminaristi, gli addetti all'indicazione dei luoghi, gli interpreti, i tecnici, gli addetti stampa: vivo e continuo rapporto con gli strumenti della comunicazione sociale, gli addetti all'Aula Paolo VI, il corpo dei Vigili, della Guardia Svizzera, e tutti quelli che non abbiamo mai visto ma che nel nascondimento per molte ore del giorno e della notte prestarono la loro opera a sostegno del Sinodo. Infine mi rivolgo con animo grato al direttore e ai componenti delle "Scholae Cantorum", che ci hanno accompagnato nelle nostre preghiere.


4. A venti anni dalla conclusione del Concilio questa comune adunanza appariva necessaria, anzi assolutamente richiesta dopo la grande e copiosa eredità del Concilio Ecumenico Vaticano II. Era necessario che in questo momento manifestassero il loro giudizio sul Vaticano II quelli che prima di tutti erano stati ad esso chiamati, specialmente perché si evitassero interpretazioni divergenti.

Questa adunanza dopo l'eredità del Concilio Vaticano II è stata breve, ma nello stesso tempo, nell'attuale circostanza, sufficiente. Doveva servire - ed è servita - ad esporre almeno in qualche modo l'esperienza degli anni che intercorsero tra il 1962 ed il 1965, e in modo particolare ad assumersi l'impegno di attuare più ampiamente il Concilio Vaticano II.

Come avviene attraverso il Sinodo anche questa volta è stata estremamente utile la mutua informazione delle esperienze che è connessa ai lavori sinodali. Per questo motivo la riunione sinodale si dimostra necessaria per quell'analisi e per quella sintesi che sono indispensabili alla Chiesa.


5. Lo scopo del primo Sinodo straordinario del 1968 fu quello di "definire le competenze delle Conferenze Episcopali, i loro rapporti con questa Sede Apostolica e tra loro (cfr.: Paolo VI, omelia dell'11 ottobre 1969: AAS 61[1961], p. 718), nonché quello di trattare il problema della collegialità dei Vescovi". Lo scopo invece di questo Sinodo straordinario è stato quello di meditare, approfondire e promuovere l'applicazione degli insegnamenti del Vaticano II a venti anni dalla sua conclusione.

Già fin dall'inizio di questo Sinodo è apparso chiaro che quanti ad esso erano stati convocati condividevano pienamente queste finalità.

Il risultato dei vostri lavori - contenuti nel "Messaggio" e nella "Relazione finale" - è la testimonianza della vostra perspicacia e diligente sollecitudine e del vostro spiccato "sensus Ecclesiae". Mi piace sottolineare altresi un'altra caratteristica di questa assemblea sinodale: la varietà nell'unità. I Padri hanno potuto esprimere liberamente il proprio pensiero.

Meritevoli di apprezzamento sono stati gli interventi fatti sia in aula che nei circoli. Questa libertà non è stata di nessun ostacolo alla sostanziale libertà.

Avete così manifestato in maniera eccellente lo spirito di collegialità.

Accolgo pertanto dalle vostre mani con gioia e vivissima gratitudine il "Messaggio" e la "Relazione finale", che dimostrano questo vostro senso di comunione; con il mio consenso questi documenti potranno essere ufficialmente diffusi. Che il Signore voglia far si che essi arrechino frutti abbondanti.

E' ora vostro compito di far penetrare profondamente nella Chiesa universale, nelle vostre Chiese particolari e nelle varie comunità la grande forza e la consapevolezza dell'importanza del Concilio.

In questa assemblea si è manifestata la cattolicità: sono state infatti qui convocate, per questo nobile compito, persone da ogni continente che seguono diverse culture, ma che professano la stessa fede. La Chiesa intera guardava con grande affetto a questo Sinodo e l'accompagnava con le sue preghiere. Con profonda intima soddisfazione ho potuto costatare che i giovani si sono così comportati; a questo riguardo, merita speciale segnalazione la sede presso la Chiesa di San Lorenzo, qui a Roma. Il Sinodo ha svolto i suoi lavori sotto il segno della Croce, che al termine dell'Anno Giubilare della Redenzione io detti ai giovani e che durante l'anno dedicato alla gioventù veniva portata quasi in sacro pellegrinaggio.

Il Sinodo, infine, convocato nel nome del Signore, con lo sguardo sempre fisso al Signore, è stato docile all'azione dello Spirito Santo, che ne è stato il vero protagonista.


6. In modo particolare in questo Sinodo è stata esaminata la natura della Chiesa, in quanto è mistero e comunione, cioè "Koinonia". Dalle risposte date in occasione della preparazione dell'assemblea è innanzi tutto emerso questo argomento: "La Chiesa che celebra i misteri del Cristo alla luce della parola di Dio per la salvezza degli uomini". In realtà, la Chiesa, Corpo Mistico del Cristo, è al servizio del mondo; non desidera altro che servire, che promuovere la salvezza integrale dell'uomo.

In questo Sinodo è stata di nuovo posta in evidenza la natura collegiale dell'episcopato: i vescovi infatti come dice il Vaticano II, "non soltanto sono stati consacrati per una determinata diocesi, ma per la salvezza del mondo intero" (AGD 38). "così l'ufficio episcopale si estende e in qualche modo partecipa maggiormente al ministero della guida della Chiesa universale, in quanto i Vescovi, convocati dal Papa, più strettamente cooperano con lui nell'esercizio del suo ufficio pastorale" (Paolo VI, allocuzione del 27 ottobre 1972; AAS 64[1972], p. 712). Da qui emerge la somma importanza di queste assemblee. Per quanto riguarda i preziosi suggerimenti dati in questo Sinodo, voglio sottolinearne alcuni: - l'auspicio di preparare un compendio o catechismo di tutta la dottrina cattolica, al quale dovranno far riferimento i catechismi o compendi, di questo argomento, di tutte le chiese particolari; questo auspicio corrisponde alla vera necessità sia della Chiesa universale sia delle chiese particolari; - l'approfondimento inoltre dello studio della natura delle Conferenze Episcopali, le quali, in questi nostri tempi, offrono un prezioso contributo alla vita della Chiesa; - la pubblicazione infine, in tempi brevi, del Codice di Diritto Canonico per le Chiese Orientali secondo la tradizione delle stesse Chiese e le norme del Vaticano II.


7. Non posso non significare ora la mia soddisfazione e la mia partecipazione della sollecitudine pastorale che questo Sinodo manifesta per i fratelli che soffrono.

In modo del tutto particolare sono stati ricordati quelli che soffrono violenza, in primo luogo i fratelli e le sorelle del Libano.

A questi fratelli così provati da tante contrarietà desidero dire che siamo ad essi vicino. La fede sia la loro forza, la speranza e la carità li sostengano, per non lasciare nulla d'intentato allo scopo di ottenere la pace. Dal profondo del cuore manifestiamo la nostra solidarietà alle Venerabili Chiese dell'Oriente.

Come voi sapete, questo Sinodo è stato preceduto dall'Assemblea Generale del Collegio dei Padri Cardinali; si è trattato di un aspetto di grande importanza della vita della Chiesa, cioè la riforma della Curia Romana; in questo lavoro si è avuto presente quanto l'esperienza aveva insegnato, alla luce del Concilio Vaticano II, dopo la promulgazione della Costituzione "Regimini Ecclesiae Universae". Esiste pertanto un nesso tra le due assemblee.

Su questo argomento sono stati consultati anche i Presidenti delle Conferenze Episcopali; poiché la Curia Romana è uno strumento organico del Romano Pontefice nell'esercizio del suo ufficio pastorale, per il bene al servizio della Chiesa cattolica è parso quanto mai opportuno sentire il pensiero e i consigli di coloro che conoscono esaurientemente le necessità e le richieste della Chiesa nelle loro regioni. Tali suggerimenti sono stati soppesati accuratamente nella stessa adunanza dei Padri Cardinali e saranno tenuti in somma considerazione affinché la Curia Romana sia sempre più in grado di adempiere il suo compito ad edificazione della Chiesa.


8. Pertanto sono persuaso che il Sinodo ha svolto un lavoro ben meritevole. A buon diritto si può affermare che il Sinodo ha arrecato grandi benefici al Concilio Vaticano II; perfeziona infatti le norme predisposte da quello. Manifesta l'esperienza acquisita dalla Chiesa universale attraverso i pastori delle Chiese particolari. Esso è anche uno strumento efficace e duttile, tempestivo e pronto per il ministero di tutte le Chiese locali (cfr. Allocuzione di Giovanni Paolo II ai membri della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, 30 aprile 1983: AAS 75[1983], ).

Per questo motivo conviene sommamente che nella Chiesa si celebrino Sinodi ordinari e, all'occorrenza, anche straordinari. Affinché poi essi producano frutti più abbondanti è necessario che questi convegni siano preparati in maniera più impegnata; occorre cioè che nelle Chiese locali si lavori alla loro preparazione con partecipazione di tutti: la fase preparatoria infatti è un tempo particolare per quanto attiene alla pastorale di parrocchie, comunità religiose, diocesi, Sinodo Orientale e Conferenze Episcopali.

Non solo è necessario attuare questa preparazione, ma è altrettanto necessario che i frutti del Sinodo siano portati alle Chiese locali. In tal modo si attuerà un movimento vitale, in grado di servire alla cattolicità e all'unità delle menti e dei cuori.

Si deve sempre provvedere alla revisione anche dei modi e dei metodi di azione per assicurarne una maggiore efficacia. Il che richiede continuo studio e lavoro.

Come si avrà cura di applicare questo Sinodo alla vita concreta della Chiesa? Si chiede a tutti di dedicarsi a questa applicazione con grande amore e senso del dovere, dedicandosi contemporaneamente alla preghiera e alla penitenza, cose insostituibili se vogliamo conseguire veri progressi nello spirito. Spetta poi ai vescovi, in quanto pastori delle anime, affiancati dai loro sacerdoti, di istruire i fedeli sulle cose che il Sinodo ha proposto come salutari e di esortarli ad attingere con rinnovato fervore dai tesori del Concilio incitamento a vivere cristianamente in modo sempre più aderente ai principi della fede.

Come è noto, ognuno dei frutti di questo Sinodo sarà attuato con l'aiuto del Consiglio della Segreteria Generale eletto nel 1983. Sarà compito di questo Consiglio di curare la prossima sessione ordinaria del Sinodo che avverrà nel 1987, e che tratterà dei laici nella Chiesa.


9. Domani 8 dicembre, solennità dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, ricorre il ventesimo anniversario della conclusione del Concilio. Vi invito a concelebrare con me nella Basilica di San Pietro in Vaticano; ai Vespri poi dimostreremo la nostra venerazione alla Vergine Madre di Dio, Madre della Chiesa e Regina degli Apostoli nella Basilica di Santa Maria Maggiore.

Ho detto: Madre della Chiesa; a Lei infatti particolarmente presente al mistero di Cristo vogliamo raccomandare questa epoca della vita e della missione della Chiesa.

La missione della Chiesa si fonda sulla sua stessa natura, o meglio nello stesso mistero della Chiesa. Poiché infatti la Chiesa è "in Cristo quasi sacramento di intima unione con Dio e di unità di tutta la famiglia umana", appaiono quindi evidenti le sue relazioni e i rapporti con tutti gli uomini di buona volontà; con quelli che professano le religioni non cristiane, con quelli specialmente una religione monoteistica (come i musulmani) e in special modo con quelli che sono a noi più strettamente congiunti a motivo della divina rivelazione dell'Antico Testamento.

Crediamo che le ricchezze del mistero della creazione si estendano a tutti. Crediamo che tutti sono redenti ad opera di Cristo e possano essere toccati dagli intimi impulsi dello Spirito.


10. La Chiesa, attraverso il Concilio, non ha voluto affatto rinchiudersi in se stessa, riferirsi a se sola (il cosiddetto "centrismo della Chiesa"), ma, al contrario, ha voluto aprirsi più ampiamente. Facciamo continuamente nostro questo voto, che è anzi un nostro dovere; e per attuarlo approfondiamo maggiormente il mistero della Chiesa (cfr. LG II); è questa infatti la fonte dell'apertura e della missione (nella missione del Figlio e dello Spirito).

Dal cenacolo della feria quinta "in Cena Domini" ritornano a noi le parole di Cristo: "io preghero il Padre ed Egli vi manderà un altro Paraclito...

Spirito di verità... Egli mi renderà testimonianza; ma anche voi mi renderete testimonianza..." (cfr. Jn 14,16-17 Jn 26-27).

Teniamo per certo che il Concilio Vaticano II è stato una testimonianza di tale natura, ben adattato al nostro tempo; una testimonianza dello Spirito Santo insieme con il Collegio Apostolico, il quale vive e opera nei suoi legittimi successori.

E' una testimonianza sul Cristo, Verbo incarnato, crocifisso e risuscitato dai morti; sul Cristo, nel quale il Padre "ha amato" il mondo; sul Cristo che ha rivelato all'uomo l'uomo stesso e la sua altissima vocazione (Gaudium et Spes); fuori del quale non c'è salvezza.

Questa testimonianza confermata e nuovamente annunziata anche noi vogliamo dare continuando l'opera del Concilio Vaticano II tra i popoli e le nazioni alle quali siamo stati inviati.

In ultimo impartisco a voi, con tutto il cuore, la Benedizione Apostolica, testimonianza del mio affetto, e propongo e domando insieme a voi la Benedizione Collegiale alla Chiesa universale e al mondo.

Data: 1985-12-07 Data estesa: Sabato 7 Dicembre 1985






GPII 1985 Insegnamenti - Ai vescovi del Nicaragua per festa dell'Immacolata - Città del Vaticano (Roma)