GPII 1985 Insegnamenti - Alla chiusura del Sinodo - Città del Vaticano (Roma)

Alla chiusura del Sinodo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il Sinodo proietta il Concilio verso il terzo millennio




1. "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo" (Lc 1,35). La Chiesa guarda a Maria, la Madre di Dio, come al suo proprio "prototipo". Questa verità è stata espressa dal Concilio nell'ultimo capitolo della costituzione "Lumen Gentium".

Oggi ancora una volta ci rendiamo consapevoli di questa verità: innanzitutto, perché celebriamo la liturgia della Solennità dell'Immacolata Concezione; e poi, perché desideriamo, in un certo senso, coronare i lavori del Sinodo straordinario, che si è riunito a Roma nel 20° anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II.

Vent'anni fa, in questo stesso giorno, 8 dicembre, i Padri del Concilio, sotto la presidenza di Papa Paolo VI, offrivano alla Santissima Trinità, mediante il cuore dell'Immacolata, il frutto del loro lavoro di quattro anni. Il tema centrale del Concilio era stato la Chiesa.

"Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo". Alla luce di queste parole dell'odierno Vangelo, la Madre di Dio non appare forse il modello e la figura della Chiesa? Infatti pure la Chiesa è nata nella storia dell'umanità mediante la venuta dello Spirito Santo! E' nata il giorno della Pentecoste, quando lo Spirito Santo discese sugli apostoli riuniti nel cenacolo insieme con Maria. La Chiesa è nata quando "la potenza dell'Altissimo" si è stesa sugli apostoli per proteggerli dalla loro debolezza, e nello stesso tempo dalla contraddizione che sarebbe stata causata dal messaggio evangelico: dalla verità su Cristo crocifisso e risorto.


2. Oggi, nella Solennità dell'Immacolata Concezione, la liturgia ci induce a ritornare al principio della storia della creazione e della salvezza. Anzi ci ordina di risalire a prima ancora di questo Principio. Nel Vangelo secondo Luca, Maria ascolta: "Ti saluto, o piena di grazia" (Lc 1,28), e queste parole giungono a lei, come indica la lettura dalla Lettera agli Efesini, dall'eterno pensiero di Dio. Esse sono l'espressione dell'eterno amore; l'espressione dell'elezione "nei cieli, in Cristo". "In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto" (Ep 1,4,).

La Vergine di Nazaret sente: "Ti saluto, o piena di grazia", e queste parole parlano della sua particolare elezione in Cristo: in lui, il Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, ti ha scelto, o figlia di Israele, affinché tu sia santa e immacolata, ti ha scelto, "prima della creazione del mondo". Ti ha scelto, affinché tu sia immacolata dal primo momento della tua concezione, per mezzo dei tuoi umani genitori. Ti ha scelto in considerazione di Cristo, affinché, nel mistero dell'Incarnazione, il Figlio di Dio trovasse la Madre del "beneplacito divino" in tutta la sua pienezza: la Madre "della grazia divina". Perciò il messaggero dice "piena di grazia".


3. La liturgia dell'Immacolata Concezione ci conduce nello stesso tempo all'interno di questo mistero, che può essere chiamato il mistero del Principio.

La prima lettura è infatti presa dal Libro della Genesi. Nel contesto del "mistero del Principio" è iscritto il peccato dell'uomo. Vi è iscritto anche il Protovangelo: il primo preannunzio del Redentore.

Dio Jahvè dice a colui che si nasconde sotto la figura del serpente: "Io porro inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno" (Gn 3,15). In questo modo l'Immacolata Concezione viene presentata mediante il suo contrasto. Questo contrasto è il peccato: il peccato originale. L'Immacolata Concezione significa la libertà dall'eredità di questo peccato. La liberazione dagli effetti della disobbedienza del primo Adamo.

La liberazione avviene a prezzo dell'obbedienza del secondo Adamo: Cristo. E' proprio a questo prezzo, in considerazione della sua morte redentrice, che la morte spirituale del peccato non tocca la Madre del Redentore nel primo momento della sua esistenza sulla terra.

Tuttavia, nello stesso tempo, l'Immacolata Concezione non significa soltanto un'elevazione di Maria, quasi un suo trasferimento al di fuori di tutti coloro che hanno ricevuto in eredità il peccato dei primi genitori. Al contrario, significa il suo inserimento nel centro stesso della lotta spirituale, di quest'"inimicizia" che, nel corso della storia dell'uomo, contrappone il "principe delle tenebre" e "padre della menzogna" alla Donna e alla sua stirpe.

Mediante le parole del Libro della Genesi vediamo l'Immacolata in tutto il realismo della sua elezione. La vediamo nel momento culminante di questa "inimicizia": sotto la croce di Cristo sul Calvario. Là "questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno". A prezzo dello spogliamento di se stesso Cristo riporta la vittoria su satana, sul peccato e sulla morte nella storia dell'uomo.

Maria - l'Immacolata - si trova ai piedi della croce: "Col... soffrire col Figlio... coopero in modo tutto speciale all'opera del Salvatore, con l'obbedienza, la fede, la speranza e l'ardente carità, per restaurare la vita soprannaturale delle anime. Per questo fu per noi madre nell'ordine della grazia" (LG 61). così insegna il Concilio.


4. E perciò la Madre di Dio "è pure intimamente congiunta con la Chiesa... è figura della Chiesa, come già insegnava sant'Ambrogio, nell'ordine cioè della fede, della carità e della perfetta unione con Cristo. Infatti nel mistero della Chiesa, la quale pure è giustamente chiamata madre e vergine, la beata Vergine Maria è andata innanzi, presentandosi in modo eminente e singolare, quale vergine e quale madre".


5. La Chiesa guarda quindi verso la sua "figura" verginale e insieme materna.

Guarda anche attraverso il prisma dell'Immacolata Concezione. così hanno guardato i padri del Concilio Vaticano II l'8 dicembre 1965, E così guardiamo anche noi, vent'anni dopo quella data ormai storica. E ascoltando le letture dell'odierna liturgia raggiungiamo di nuovo il mistero della Chiesa, che il Concilio ha proclamato nel primo capitolo della costituzione "Lumen Gentium", primo non soltanto nell'ordine cronologico ma soprattutto nell'importanza. Infatti in questo eterno mistero è contenuta la sorgente dell'essere stesso della Chiesa. Questa non esisterebbe senza l'eterno "amore del Padre", senza "la grazia del Signore nostro Gesù Cristo", senza "la comunione dello Spirito Santo". Senza quella comunione divina, trinitaria, non ci sarebbe qui, sulla terra, la comunione creata, umana, che è la Chiesa. Questa comunione di cui il Concilio parla in molti luoghi.

Ascoltando quindi le parole dell'odierna liturgia alla conclusione dell'assemblea sinodale occorre che noi ci mettiamo in ginocchio e ripetiamo.: "Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo... In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo... predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà. E questo a lode e gloria della sua grazia che ci ha dato nel suo Figlio diletto" (Ep 1,3-6).

Così dunque il saluto: "piena di grazia" pronunziato durante l'annunciazione all'Immacolata, risuona con un'eco incessante anche nell'anima della Chiesa: la grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con tutti noi. La grazia appartiene al mistero della Chiesa, poiché appartiene alla vocazione dell'uomo. In questo senso l'uomo è la via della Chiesa (cfr. RH 14).


6. Tuttavia la storia della Grazia si compenetra, in modo drammatico, nella vita dell'umanità, con la storia del peccato. Molte cose su questo tema ha detto il Concilio, particolarmente nella costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. Subito all'inizio leggiamo: "Il mondo che [il Concilio] ha presente è perciò quello degli uomini, ossia l'intera famiglia umana... il mondo che è teatro della storia del genere umano, e reca i segni dei suoi sforzi, delle sue sconfitte e delle sue vittorie; il mondo che i cristiani credono creato e conservato in esistenza dall'amore del Creatore, mondo certamente posto sotto la schiavitù del peccato, ma dal Cristo crocifisso e risorto con la sconfitta del Maligno liberato, e destinato, secondo il proposito divino, a trasformarsi e a giungere al suo compimento" (GS 2).

Così dunque il Concilio radica il suo insegnamento sulla missione della Chiesa nel mondo (contemporaneo) nel mistero del Principio dell'umanità, come se leggesse il brano del Libro della Genesi dell'odierna liturgia. Contemporaneamente il Concilio professa in tutta la sua pienezza e profondità il mistero della Redenzione - del mondo e dell'uomo nel mondo - compiuta dalla morte e dalla risurrezione di Cristo.

Tutta la Chiesa sorge sul fondamento di questo mistero. E' permeata dalle potenze della Redenzione. Vive di esse. E in esse supera la "potenza del Maligno". Quindi la Chiesa, la Chiesa vera di Cristo subisce quell'"inimicizia" di cui parla il protoevangelo e - per grazia di Dio - non ne ha paura. Appartiene alla vocazione della Chiesa partecipare a questa liberazione fondamentale compiuta da Cristo. Partecipare con umiltà e fiducia. così come vi ha partecipato l'Immacolata: "Colei che ha creduto".


7. Nell'odierno Vangelo, rispondendo all'annuncio dell'angelo, Maria dice di se stessa: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38). Queste espressioni sono profondamente entrate nel vocabolario della Chiesa.

Oggi desideriamo applicare queste parole a noi stessi, cari fratelli nel ministero episcopale, e voi tutti che avete partecipato al Sinodo per il 20° anniversario del Vaticano II. Desideriamo infatti uscire dal Sinodo per servire la causa alla quale esso si è totalmente dedicato. così come vent'anni fa siamo usciti dal Concilio.

Il Sinodo ha raggiunto gli scopi per i quali era stato convocato: celebrare, verificare, promuovere il Concilio. Uscendo dal Sinodo desideriamo intensificare gli sforzi pastorali, perché il Concilio Vaticano II sia più ampiamente e più profondamente conosciuto; perché gli orientamenti e le direttive che esso ci ha lasciato siano assimilate nell'intimo del cuore e tradotte nella condotta di vita da tutti i membri del popolo di Dio, con coerenza e amore.

Usciamo dal Sinodo con l'intenso desiderio di diffondere sempre più nell'organismo ecclesiale il clima di quella nuova Pentecoste che ci animo durante la celebrazione del Concilio e che in queste due settimane abbiamo ancora una volta felicemente sperimentato. Uscendo dal Sinodo desideriamo offrire all'intera umanità, con rinnovata forza di persuasione, l'annuncio di fede, speranza e carità che la Chiesa trae dalla sua perenne giovinezza, nella luce del Cristo vivo, che è "via, verità e vita" per l'uomo del nostro tempo e di tutti i tempi.

Al termine di questa celebrazione eucaristica, sarà proclamato in varie lingue il Messaggio che i Padri sinodali rivolgono alla Chiesa e al mondo. Auspico che esso tocchi i cuori, rafforzando l'impegno di tutti nel dare generosa e coerente attuazione agli insegnamenti e alle direttive del Concilio Vaticano II.


8. Con tali voti e tali intendimenti ci troviamo in questa grande solennità della Chiesa, l'Immacolata Concezione. La Chiesa guarda Maria come suo "modello e sua figura" nello Spirito Santo. "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio" (Lc 1,35): queste parole ascolta Maria durante l'annunciazione.

"Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra" (Ac 1,8): questo ascoltano gli apostoli dal Signore risorto e questo è il preannunzio della nascita della Chiesa nel giorno della Pentecoste.

Alla fine del secondo millennio dopo Cristo, la Chiesa desidera ardentemente una sola cosa: essere la stessa Chiesa che è nata dallo Spirito Santo, quando gli apostoli erano assidui nella preghiera insieme con Maria nel cenacolo di Gerusalemme (cfr. Ac 1,14). Infatti fin dall'inizio essi hanno avuto al centro della loro comunità colei che è "l'Immacolata Concezione". E la guardavano come proprio modello e figura.

Alla fine del secondo millennio la Chiesa desidera vivamente essere "la Chiesa nel mondo contemporaneo", desidera con tutte le forze servire, in modo che la vita umana sulla terra sia sempre più degna dell'uomo. Tuttavia essa, nello stesso tempo, è consapevole, forse come non mai, che può compiere questo ministero solamente nella misura in cui è, in Cristo, sacramento dell'intima unione con Dio, e per questo fatto anche sacramento dell'unità di tutto il genere umano.

In Gesù Cristo. Per opera dello Spirito di Verità.

Data: 1985-12-08 Data estesa: Domenica 8 Dicembre 1985





Incontro di preghiera in Piazza Spagna - Roma

Titolo: La Chiesa che è in Roma si rinnovi incessantemente




1. "Tota pulchra es Maria". Con queste parole la Chiesa saluta la Madre di Cristo nell'odierna solennità.

"Tota pulchra es Maria et macula originalis non est in te". Sei tutta bella della bellezza di Dio. Sei tutta bella della bellezza della Grazia.

L'eredità del peccato originale non è in te. Sei Immacolata.


2. La Chiesa di Roma, la Chiesa della Città Eterna, s'associa a quest'inno di lode. Adora la santissima Trinità per questa particolare elezione di cui l'Immacolata è stata resa partecipe. Con l'adorazione più profonda professa il mistero della redenzione, che in lei si è compiuto in modo peculiare ed eccezionale.

La sede degli apostoli Pietro e Paolo è particolarmente sensibile alla bellezza spirituale dell'Immacolata, congiunta con quella della sua maternità divina. La saluta quale "piena di grazia". La saluta quale "Madre della divina Grazia".

La città di Roma, oggi come ogni anno, rende una speciale testimonianza raccogliendosi in preghiera ai piedi della sua statua posta sulla colonna di Piazza di Spagna. Noi tutti prendiamo parte a questa testimonianza e professiamo con le labbra e col cuore: "Tota pulchra es Maria".


3. Oggi guardiamo con particolare fiducia verso colei che è unita così profondamente con la Chiesa, e che divenne la sua "figura" e il suo "modello" (cfr. LG 63). Ella è la guida "nell'ordine... della fede, della carità e della perfetta unione con Cristo", come insegna il Concilio. Alziamo verso di lei i nostri occhi chiedendo di rivelarci sempre più pienamente il mistero di Cristo e della Chiesa, nel quale ella è eminentemente presente.

Preghiamo anche, perché la Chiesa che è in Roma si rinnovi incessantemente secondo le indicazioni del Concilio Vaticano II. La riunione del Sinodo dei Vescovi, terminata oggi, ne è un nuovo stimolo.

Penetrando nelle inquietudini, sofferenze e aspettative dei nostri contemporanei, ad alta voce e intensamente preghiamo l'Immacolata: "Ave, stella del mare, Madre gloriosa di Dio... spezza i legami agli oppressi, rendi la luce ai ciechi, scaccia da noi ogni male, chiedi per noi ogni bene, dona al mondo la pace! Mostrati Madre per tutti! Amen. Data: 1985-12-08 Data estesa: Domenica 8 Dicembre 1985





Ai Vespri a Santa Maria Maggiore - Roma

Titolo: A Maria affidiamo il dono del Concilio




1. "Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia" (Rm 5,10).

Le parole della Lettera ai Romani si riferiscono, nella liturgia odierna, soprattutto al mistero dell'Immacolata Concezione. In questo mistero, infatti, noi contempliamo i frutti più alti della misericordia divina in una creatura umana. Proprio laddove - nel cuore di una donna, Eva, è abbondato il peccato - nel cuore di una donna, Maria, è sovrabbondata la Grazia. La Grazia che viene all'umanità attraverso Maria è molto più abbondante del danno che proviene dal peccato dei nostri progenitori. In Maria, come in nessun'altra creatura umana, vediamo il trionfo della grazia sul peccato, vediamo il compiersi della profezia genesiaca (cfr. Gn 3,15) della "stirpe della donna" che "schiaccia la testa" al serpente infernale.


2. A 20 anni dal giorno della chiusura del Concilio Vaticano II, noi come partecipanti al Sinodo convocato proprio per questa ricorrenza ventennale, veniamo in pellegrinaggio pomeridiano a questo santuario romano. Vogliamo ripetere e rivivere, oggi, in questa stessa splendida basilica, meravigliosa testimonianza di culto mariano, il gesto che Papa Paolo VI compi l'11 ottobre 1963, nel giorno anniversario dell'inizio del Concilio, per rinnovare la preghiera del suo predecessore, nel momento in cui i Padri si apprestavano a trattare del mistero di Maria, gesto che rinnovo, poi, il pomeriggio del 21 novembre 1964, dopo avere al mattino proclamato la Madonna "Madre della Chiesa".


3. Dopo l'Eucaristia celebrata in mattinata presso la tomba di san Pietro, desideriamo qui, in preghiera vespertina, cantare insieme con Maria il nostro Magnificat: "Ha fatto grandi cose per me...".

Desideriamo ringraziare il Signore, dopo 20 anni, per il dono del Concilio Vaticano II. Desideriamo pure ringraziarlo per tutto il bene che si è realizzato durante i lavori dell'attuale Sinodo. E ringraziamo pure la Vergine santissima per essere stata presente tra noi, durante lo svolgimento del Sinodo, con la sua efficace, anche se invisibile, protezione. La ringraziamo per aver ottenuto, dal Padre e dal Figlio, l'assistenza dello Spirito sui lavori del Sinodo. La ringraziamo per averci fatto vivere l'esperienza esaltante e ineffabile della comunione ecclesiale. "Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!" (Ps 132,1). La ringraziamo per esserci stata modello di ascolto della verità, di dedizione nella carità, di fermezza nella speranza, di pazienza nelle fatiche, di tenacia nelle difficoltà. La ringraziamo per averci guidati all'ascolto del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, per averci fatto comprendere meglio il mistero di quella Chiesa, della quale ella è Madre e membro insuperabilmente eccelso ed esemplare.


4. Come alla protezione della Vergine, congiuntamente a quella di san Giuseppe, Papa Giovanni XXIII affido i lavori, le fatiche e le speranze del Concilio Vaticano II, desidero rinnovare l'affidamento del grande dono del Concilio, guardato dopo vent'anni, con gli occhi del Sinodo, nelle mani dell'Immacolata.

Desidero affidarlo a lei, perché la Chiesa possa, con rinnovata dedizione e zelo, realizzare ciò che costituisce la sua missione essenziale: essere "sacramento dell'unione con Dio... e dell'unione di tutto il genere umano...". Perché con nuovo slancio la Chiesa possa dedicarsi al compito salvifico che le è affidato dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo. Perché possa essere in Cristo "la luce dei popoli" e la "gioia e speranza degli uomini" turbati da paure e da scoramenti molteplici.

Mediante questo atto di affidamento, preghiamo insieme la Madre di Dio perché sia qui presente con noi come Madre della Chiesa, così come lo fu per gli apostoli nel giorno della Pentecoste.

Riuniti, in quest'ora serale, attorno alla venerata Icona della Madonna, insieme con i membri del Sinodo e altri numerosi fratelli e sorelle, chiediamo a Maria di poter rivivere la medesima atmosfera spirituale di comunione, di unità, di gioia e di speranza, che circondava, come raccontano gli Atti degli apostoli, la primitiva comunità cristiana, allietata dalla presenza della Madre di Dio: 5. "Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia". Siamo consapevoli di questo "abbondare del peccato" anche nella nostra epoca, alla fine del secondo millennio dopo Cristo.

Uniti all'Immacolata, osiamo sperare che ancor di più "sovrabbonderà la grazia": che la potenza della Redenzione, la potenza della croce e della risurrezione di Cristo, si dimostrerà più forte di ogni male che è nel mondo e proviene dal mondo e da fuori del mondo.

Abbiamo espresso questa aspirazione già nel corso dell'Anno giubilare della Redenzione - in particolare il 25 marzo di quell'anno - e oggi rinnoviamo questa certezza della fede in unione con la Madre della Chiesa e con il suo Cuore Immacolato.

Vogliamo, come Chiesa, essere sacramento, "strumento" dell'economia salvifica di Dio. Vogliamo servire. Guardiamo dunque all'Ancella del Signore. Da lei vogliamo imparare Cristo più a fondo. Vogliamo conoscere meglio la Chiesa e conoscere l'uomo, per servirlo in modo sempre più maturo.


6. A questo ci invita anche il Sinodo. Esso ha assolto al compito che si era prefisso di celebrare il grande evento del Concilio, di proclamarne e approfondirne gli insegnamenti, di verificarne e promuoverne ulteriormente la realizzazione.

Per questo il Sinodo è tornato a scrutare il mistero della Chiesa, mettendone in luce la realtà di comunione e l'ampiezza di missione. Ne ha rigorosamente sottolineato il collegamento col mistero pasquale, di morte e di risurrezione, riaffermando il valore primario dell'annunzio e della testimonianza della buona novella nel nostro tempo, e perciò dell'imprescindibile impegno di ogni cristiano di rispondere alla chiamata alla santità, di cui è splendido esempio la Vergine Immacolata.

In tal modo la Chiesa si mostra realmente "sacramento", cioè segno e strumento di unità, di pace e di riconciliazione anche tra tutti gli uomini le nazioni le categorie sociali, le culture, ed esplica il suo servizio preferenziale, anche se non esclusivo per i poveri, gli oppressi e gli emarginati secondo lo spirito genuino del Vangelo, che è spirito di amore e di misericordia.

Al cuore materno della Vergine, quasi accogliendo gli impulsi di un suo desiderio, affido tutti coloro che, in ogni parte del mondo, per qualsiasi angustia o sofferenza, hanno particolare bisogno della sua protezione.


7. così dunque con lei, Immacolata Madre della Chiesa, desideriamo lodare "le grandi opere di Dio". "Tu gloria di Gerusalemme, tu letizia di Israele, tu, onore del nuovo popolo".

In questa basilica antica, in cui la Chiesa di Roma ti venera come "Salus populi romani", desideriamo ringraziare "per tutto ciò che Dio ci ha fatto", implorando la sua misericordia di generazione in generazione per la Chiesa e per il mondo.


8. A te, o Madre, affidiamo con immensa fiducia i frutti e i risultati del Sinodo! A te affidiamo tutti noi, le nostre fatiche, i nostri propositi, le nostre speranze. A te affidiamo tutta la Chiesa e l'intera umanità, con speciale pensiero per quegli uomini e per quei popoli che ne hanno particolare bisogno e il cui affidamento e la cui consacrazione tu maggiormente desideri.

Rendi efficace nelle anime, o Madre, mediante la tua intercessione, il messaggio del Sinodo, cosicché possano essere raggiunti i suoi scopi e il rinnovamento conciliare possa essere riscoperto con lealtà, approfondito con fedeltà, realizzato con coraggio, presentato e diffuso con entusiasmo e credibilità! O tu che, adombrata dallo Spirito Santo, hai generato il tuo Figlio divino, ottieni, con le tue preghiere, alla Chiesa una nuova effusione dello Spirito, che porti nelle anime una fede più salda, una speranza più pura e una carità più generosa! O tu che attiri dolcemente i cuori degli uomini sulla via della giustizia e della riconciliazione, richiama all'unità della comunione ecclesiale coloro che se ne sono allontanati o l'hanno spezzata con la ribellione, la disobbedienza e il peccato! Tu che sei stata preservata da ogni macchia fin dal concepimento, difendi i tuoi figli nella lotta contro il potere delle tenebre e contro le insidie dell'errore e della menzogna! Il tuo Cuore immacolato regni nelle coscienze, nelle famiglie, nelle società, nelle nazioni, nell'intera umanità! O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria. Amen. Data: 1985-12-08 Data estesa: Domenica 8 Dicembre 1985





Il messaggio per la XIX Giornata Mondiale della Pace

Titolo: La pace è un valore che non ha frontiere




1. La pace come valore universale All'inizio del Nuovo Anno, traendo ispirazione da Cristo, Principe della Pace, desidero riaffermare il mio impegno e quello di tutta la Chiesa cattolica per questa nobile causa. Al tempo stesso, rivolgo a ciascun individuo ed a tutti i popoli della terra il mio cordiale saluto ed i miei buoni auguri: Pace a voi tutti! Pace a tutti i cuori! La pace è un valore di tale importanza, che deve essere nuovamente proclamata e promossa da tutti. Non c'è essere umano che non tragga beneficio da essa. Non c'è cuore umano che non si senta sollevato, quando essa regna. Tutte le nazioni del mondo possono realizzare pienamente i loro connessi destini solo se, insieme, perseguono la pace come valore universale.

In occasione di questa 19° Giornata Mondiale della Pace, nell'Anno Internazionale della Pace, proclamato dall'organizzione delle Nazioni Unite, io propongo a ciascuno, quale messaggio di speranza, il mio profondo convincimento: "La pace è valore che non ha frontiere". Essa è valore che corrisponde alle speranze ed alle aspirazioni di tutte le persone e di tutte le nazioni, dei giovani e dei vecchi, di tutti gli uomini e donne di buona volontà. Questo è ciò che dichiaro apertamente a ciascuno e, in special modo, ai capi del mondo.

La questione della pace come valore universale richiede di essere affrontata con estrema onestà intellettuale, con lealtà di spirito ed un acuto senso di responsabilità verso se stessi e verso le nazioni della terra. Io vorrei chiedere ai responsabili di quelle decisioni politiche che toccano le relazioni tra nord e sud, tra est ed ovest, di essere convinti che può esserci una pace soltanto. Coloro da cui dipende il futuro di questo mondo, a prescindere dalla loro filosofia politica, dal loro sistema economico o impegno religioso, sono tutti chiamati a contribuire all'edificazione di una unica pace sulla base della giustizia sociale e della dignità e dei diritti di ciascuna persona umana.

Un tal compito esige un'apertura radicale a tutta l'umanità, nella convinzione che tutte le nazioni del mondo sono tra loro collegate. Questo collegamento si esprime in un'interdipendenza, la quale in concreto può rivelarsi profondamente vantaggiosa o profondamene distruttiva. Di qui la solidarietà e la cooperazione su scala mondiale costituiscono degli imperativi etici, che si impongono alle coscienze degli individui ed alla responsabilità di tutte le nazioni. Ed è in questo contesto di imperativi etici che mi rivolgo al mondo intero per il 1° gennaio 1985, proclamando il valore universale della pace.


2. Le minacce alla pace Nel prospettare questa visione di pace all'alba di un nuovo anno, noi siamo profondamente consapevoli che la pace nella presente situazione è anche un valore che poggia su fondamenta assai fragili. A prima vista, il nostro intendimento di fare della pace un imperativo assoluto può apparire utopistico, dal momento che il nostro mondo offre una così ampia dimostrazione di eccessivo interesse egoistico nel contesto di gruppi politici, ideologici ed economici contrapposti. Presi nella morsa di questi sistemi, i capi e i diversi gruppi sono portati a perseguire i loro scopi particolari e le loro ambizioni di potere, di avanzamento e di ricchezza, senza prendere sufficientemente in considerazione la necessità e il dovere della solidarietà e cooperazione internazionale a vantaggio del bene comune di tutti i popoli che compongono la umana famiglia.

In questa situazione si sono formati e si mantengono blocchi che dividono ed oppongono fra loro popoli, gruppi e individui, rendendo precaria la pace ed innalzando gravi ostacoli allo sviluppo. Le posizioni si irrigidiscono, e il desiderio eccessivo di mantenere il proprio vantaggio o di aumentare la propria parte diventa spesso l'effettiva ragione prevalente per l'azione. Questo conduce allo sfruttamento degli altri, mentre si sviluppa la spirale verso una polarizzazione che si nutre dei frutti dell'interesse egoistico e della crescente sfiducia negli altri. In una situazione simile, è il piccolo e il debole, il povero e chi non ha voce a soffrire di più. Ciò può avvenire direttamente, quando un popolo povero e relativamente indifeso è tenuto in soggezione dalla forza del potere. Ciò può avvenire indirettamente, quando il potere economico viene usato per privare le persone della loro legittima parte e per tenerle in soggezione sociale ed economica, suscitando malcontento e violenza. Gli esempi sono oggi, purtroppo, più che numerosi.

A questo riguardo, l'esempio più drammatico e incontestabile rimane lo spettro delle armi nucleari, che ha la sua origine precisamente nel contrasto tra Est ed Ovest. Le armi nucleari sono così potenti nella loro capacità distruttiva e le strategie nucleari sono così ampie ed estese nei loro piani, che l'immaginazione popolare è spesso paralizzata dalla paura. Tale paura non è senza fondamento. L'unica via per far fronte a questa giustificata paura delle conseguenze di una distruzione nucleare consiste nel tenere aperti i negoziati per la riduzione delle armi nucleari e per un reciproco accordo circa le misure, che valgano a diminuire la probabilità di una guerra nucleare. Io vorrei chiedere ancora una volta alle potenze nucleari di riflettere sulla loro gravissima responsabilità morale e politica in questo campo. E' un obbligo che alcuni hanno accettato anche giuridicamente in accordi internazionali; per tutti è un obbligo in ragione di una fondamentale corresponsabilità per la pace e lo sviluppo.

Ma la minaccia delle armi nucleari non è l'unica maniera per cui il conflitto è reso permanente e si è fatto più grave. Il crescente mercato delle armi - convenzionali, ma altamente sofisticate - sta causando risultati disastrosi. Mentre le maggiori potenze hanno evitato il conflitto diretto, le loro rivalità sono state spesso esportate in altre parti del mondo. Problemi locali e differenze regionali sono aggravate e perpetuate mediante gli armamenti messi a disposizione da paesi più ricchi e dall'ideologizzazione di conflitti locali da parte di potenze che cercano vantaggi regionali, sfruttando la condizione dei poveri e degli indifesi.

Il conflitto armato non è l'unica maniera per cui i poveri sopportano un'ingiusta parte del peso del mondo di oggi. I paesi in via di sviluppo devono affrontare formidabili sfide, anche quando sono liberi da un simile flagello.

Nelle sue molteplici dimensioni, il sottosviluppo resta una minaccia ognor crescente per la pace mondiale.

In effetti, tra i paesi che formano il "blocco Nord" e quelli del "blocco Sud" esiste un abisso sociale ed economico che separa i ricchi dai poveri.

Le statistiche degli anni recenti mostrano i segni di un miglioramento in pochi paesi, ma anche la prova di un ampliamento del divario in troppi altri. Oltre a ciò c'è la situazione finanziaria imprevedibile e fluttuante col suo diretto impatto su paesi con forti debiti in lotta per raggiungere un qualche positivo sviluppo.

In questa situazione la pace, come valore universale, è in grande pericolo. Anche se non ci fosse in atto alcun conflitto armato come tale, dove esiste ingiustizia, c'è di fatto una causa ed un fattore potenziale di conflitto.

In ogni caso, una situazione di pace, nel pieno senso del suo valore, non può coesistere con l'ingiustizia. La pace non può essere ridotta alla mera assenza di conflitto: essa è la tranquillità e la pienezza dell'ordine. Essa è perduta a causa dello sfruttamento sociale ed economico da parte di speciali gruppi di interesse, che operano a livello internazionale o agiscono come "élites" all'interno dei paesi in via di sviluppo. Essa è perduta a causa delle divisioni sociali, che aizzano i ricchi contro i poveri tra gli Stati o dentro gli Stati.

Essa è perduta, quando l'uso della forza produce gli amari frutti dell'odio e della divisione. Essa è perduta, quando lo sfruttamento economico e le tensioni interne nel tessuto sociale lasciano il popolo indifeso e disilluso, preda già pronta per le forze distruttive della violenza. Come valore, la pace è messa continuamente in pericolo da interessi consolidati, da divergenti ed opposte interpretazioni e perfino da astute manipolazioni fatte a servizio di ideologie e di sistemi politici, che hanno come ultimo scopo il dominio.


3. Superare la presente situazione Ci sono di quelli che sostengono che la presente situazione sia naturale ed inevitabile. Si afferma che le relazioni tra gli individui e tra gli Stati sono caratterizzate da un conflitto permanente. Questa visione dottrinale e politica viene tradotta in modello di società ed in un sistema di relazioni internazionali che sono dominati dalla competizione e dall'antagonismo, in cui prevale il più forte. La pace derivante da una simile visione può essere soltanto un "compromesso" suggerito dal principio di Realpolitik, ed in quanto "compromesso", essa non cerca tanto di risolvere le questioni attraverso la giustizia e l'equità, quanto di regolare differenze e conflitti, così da mantenere una specie di equilibrio destinato a salvare tutto quanto rientra negli interessi della parte dominante. E' chiaro che una "pace" costruita e mantenuta sulle ingiustizie sociali e sul conflitto ideologico non potrà mai diventare una vera pace per il mondo. Una tale "pace" non può affrontare le cause fondamentali delle tensioni nel mondo o dare a questo il tipo di visione e di valori che possano comporre le divisioni rappresentate dai poli Nord-Sud ed Est-Ovest.

A coloro che pensano che i blocchi siano inevitabili noi rispondiamo che è possibile, anzi necessario, progettare nuovi modelli di società e di relazioni internazionali, che assicurino la giustizia e la pace su fondamenta stabili ed universali. In effetti, un sano realismo suggerisce che simili modelli non possono essere semplicemente imposti dall'alto o dal di fuori, o messi in atto soltanto con metodi e tecniche. E ciò perché le radici più profonde del contrasto e delle tensioni, che mutilano la pace e lo sviluppo, vanno rintracciate nel cuore dell'uomo. Sono soprattutto il cuore e gli atteggiamenti delle persone che devono essere cambiati, e ciò esige un rinnovamento, una conversione degli individui.

Se studiamo l'evoluzione della società negli anni più recenti, possiamo vedere non soltanto delle ferite profonde, ma anche i segni di una determinazione da parte di molti dei nostri contemporanei e di popoli diretta a superare i presenti ostacoli, al fine di porre in essere un nuovo sistema internazionale.

Questo è il cammino che l'umanità deve intraprendere, se vuole entrare in un'era di pace universale e di integrale sviluppo.


4. Il cammino della solidarietà e del dialogo Ogni nuovo sistema internazionale, capace di superare la logica dei blocchi e delle forze in contrasto, deve esser basato sull'impegno personale di ciascuno a fare dei bisogni basilari e primari dell'umanità il primo imperativo della politica internazionale. Oggi innumerevoli esseri umani in tutte le parti del mondo hanno acquisito un vivo senso della loro fondamentale eguaglianza, della loro dignità umana e dei loro diritti inalienabili. Nello stesso tempo, c'è una crescente consapevolezza che l'umanità possiede una profonda unità di interessi, di vocazione e di destino, e che tutti i popoli, nella varietà e ricchezza delle loro differenti caratteristiche nazionali, sono chiamati a formare un'unica famiglia. A ciò si aggiunge la consapevolezza che le risorse non sono illimitate e che i bisogni sono immensi. Pertanto, piuttosto che sprecare le risorse o impiegarle per micidiali armi di distruzione, è necessario usarle innanzitutto per soddisfare i primordiali e basilari bisogni dell'umanità.

E' parimenti importante notare come stia guadagnando terreno la consapevolezza del fatto che la riconciliazione, la giustizia e la pace tra gli individui e tra le nazioni - considerato lo stadio a cui è giunta l'umanità e le gravissime minacce che pesano sul suo futuro - non sono soltanto un nobile appello destinato a pochi idealisti, ma una condizione per la sopravvivenza della vita stessa. Di conseguenza, la instaurazione di un ordine basato sulla giustizia e la pace è oggi vitalmente necessario come chiaro imperativo morale, valido per tutte le persone e i regimi, al di sopra delle ideologie e dei sistemi. Unitamente e al di sopra del particolare bene comune di una nazione, la necessità di considerare il bene comune dell'intera famiglia delle nazioni è in tutta chiarezza un dovere etico e giuridico.

Il retto cammino verso una comunità mondiale, nella quale la giustizia e la pace regneranno senza frontiere tra tutti i popoli ed in tutti i continenti, è il cammino della solidarietà, del dialogo e della fratellanza universale. E' questo l'unico cammino possibile. Le relazioni ed i sistemi politici, economici, sociali e culturali devono essere imbevuti dei valori della solidarietà e del dialogo, i quali, a loro volta, esigono una dimensione istituzionale nella forma di speciali organismi della comunità mondiale, dediti alla cura del bene comune di tutti i popoli.

E' chiaro che, al fine dell'effettiva formazione di una comunità mondiale di questo tipo, le mentalità e le vedute politiche, contaminate dalla brama del potere, dalle ideologie, dalla difesa del proprio privilegio e benessere, devono essere abbandonate e sostituite da una disponibilità alla condivisione ed alla collaborazione con tutti in uno spirito di mutua fiducia.

Quell'appello a riconoscere l'unità della famiglia umana ha ripercussioni realissime nella nostra vita e nel nostro impegno in favore della pace. Esso significa, innanzitutto, che noi rifiutiamo quel modo di pensare che porta alla divisione ed allo sfruttamento. Esso significa che noi c'impegniamo per una nuova solidarietà: la solidarietà della famiglia umana. Esso significa guardare alle tensioni tra Nord e Sud e sostituirle con una nuova forma di relazione: la solidarietà sociale di tutti. Questa solidarietà sociale si pone onestamente di fronte all'abisso che esiste oggi, ma non si rassegna a nessun tipo di determinismo economico. Essa riconosce tutta la complessità di un problema che ci si è lasciati per troppo tempo sfuggire di mano, ma che può ancora essere rettamente inquadrato da uomini e donne che si vedono uniti in fraterna solidarietà con ciascun altro essere su questa terra. E' vero che i mutamenti nei modelli di sviluppo economico hanno interessato tutte le parti del mondo, e non soltanto le più povere. Ma la persona che considera la pace come valore universale, vorrà avvalersi di questa opportunità per ridurre le differenze tra Nord e Sud e favorire un tipo di relazioni che li renderà più vicini tra loro. Io penso ai prezzi delle materie prime, al bisogno di competenza tecnologica, alla preparazione della forza lavoro, alla potenziale produttività di milioni di disoccupati, ai debiti che gravano sulle nazioni povere e ad una migliore e più responsabile utilizzazione dei fondi all'interno dei paesi in via di sviluppo. Io penso al gran numero di fattori che individualmente hanno provocato delle tensioni e che, combinati insieme, hanno polarizzato le relazioni tra Nord e Sud. Tutto ciò può e deve essere cambiato.

Se la giustizia sociale è il mezzo per promuovere una pace per tutti i popoli, allora ciò significa che noi riguardiamo la pace come un frutto indivisibile di relazioni giuste ed oneste ad ogni livello - sociale, economico, culturale ed etico - della vita umana su questa terra. Questa conversione ad un atteggiamento di solidarietà sociale serve, altresi, a mettere in luce le carenze nella presente situazione Est-Ovest. Nel mio messaggio alla II Sessione Speciale dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite sul disarmo, ho analizzato molti degli elementi che sono richiesti per migliorare la situazione tra i due maggiori blocchi di potere dell'Est e dell'Ovest. Tutte le misure allora raccomandate e riaffermate fin da quel tempo si basano sulla solidarietà della famiglia umana, che cammina insieme lungo il sentiero del dialogo. Il dialogo può aprire molte porte chiuse dalle tensioni, che hanno caratterizzato le relazioni tra Est e Ovest. Il dialogo è un mezzo con cui le persone si scoprono l'una l'altra e scoprono le speranze di bene e le aspirazioni di pace, che troppo spesso rimangono nascoste nei loro cuori. Il vero dialogo va oltre le ideologie, e le persone si incontrano nella concretezza del loro vivere umano. Il dialogo rompe le nozioni preconcette e le barriere artificiali. Il dialogo porta gli esseri umani ad entrare in contatto gli uni con gli altri, quali membri di una sola famiglia umana, in tutta la ricchezza delle loro diversità culturali e storiche. La conversione del cuore impegna le persone a promuovere una fratemità universale, ed il dialogo aiuta a raggiungere un tale traguardo.

Oggi questo dialogo è più necessario che mai. Lasciati a se stessi, armamenti e sistemi di armamenti, strategie ed alleanze militari diventano strumenti di intimidazione, di reciproca recriminazione col conseguente terrore che colpisce così gran parte degli uomini oggi. Il dialogo considera questi strumenti nel loro rapporto con la vita umana. lo penso, prima di tutto, ai diversi dialoghi di Ginevra, che cercano di negoziare riduzioni e limitazioni degli armamenti.

Ma ci sono anche i dialoghi che sono condotti nel contesto di quel processo multilaterale, iniziato con l'Atto Finale di Helsinki della Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa, processo questo che sarà riesaminato l'anno prossimo a Vienna e continuato. Riguardo al dialogo e alla cooperazione tra Nord e Sud, si può far riferimento all'importante ruolo affidato a certi organismi, quali l'UNCTAD, ed alle Convenzioni di Lomé, nelle quali è impegnata la Comunità Europea. Io penso, altresi, ai tipi di dialogo che hanno luogo, quando i confini sono aperti e le persone possono viaggiare liberamente. Io penso, ancora, al dialogo che si instaura, quando una cultura si arricchisce nel contatto con un'altra cultura, quando gli studiosi sono liberi di comunicare, quando i lavoratori sono liberi di riunirsi, quando i giovani congiungono le loro forze per il futuro, quando gli anziani sono riuniti con i loro cari. Il cammino del dialogo è un cammino di scoperte, e quanto più noi ci scopriamo l'un l'altro, tanto più possiamo sostituire le tensioni del passato con i vincoli della pace.


5. Nuove relazioni basate sulla solidarietà e sul dialogo Nello spirito di solidarietà e con gli strumenti di dialogo noi impareremo a: - rispettare ciascuna persona umana; - rispettare gli autentici valori e le culture degli altri; - rispettare la legittima autonomia e l'autodeterminazione degli altri; - guardare al di là di noi stessi, al fine di comprendere e di sostenere il bene degli altri; - contribuire con le nostre proprie risorse ad una solidarietà sociale, per lo sviluppo e la crescita che derivino da equità e giustizia; - costruire le strutture che assicurino che la solidarietà sociale e il dialogo sono caratteristiche permanenti del mondo in cui viviamo.

Le tensioni derivanti dai due blocchi saranno felicemente sostituite da più strette relazioni di solidarietà e di dialogo, quando ci abitueremo ad insistere sul primato della persona umana. La dignità della persona e la difesa dei diritti umani sia dell'uomo, sia della donna sono in bilico, perché spesso esse soffrono in un modo o nell'altro a motivo di quelle tensioni e distorsioni dei blocchi, che abbiamo esaminato. Questo può accadere nei paesi in cui molte libertà individuali sono garantite, ma dove l'individualismo ed il consumismo alterano e distorcono i valori della vita. Questo accade nelle società in cui la persona è come affogata nella collettività. Questo può accadere in paesi giovani, che, sono ansiosi di prendere in mano i loro propri destini, ma che spesso sono compressi entro certe politiche da parte dei potenti, o attratti dalla lusinga di un guadagno immediato a spese della popolazione stessa. In tutto questo noi dobbiamo insistere sul primato della persona.


6. Visione cristiana ed impegno I miei fratelli e sorelle nella fede cristiana trovano in Gesù Cristo, nel messaggio del Vangelo e nella vita della Chiesa nobili ragioni e, ancor più, motivi ispiratori per fare ogni sforzo, onde portare un'unica pace nel mondo di oggi. La fede cristiana ha come suo punto focale Gesù Cristo, il quale stende le sue braccia sulla Croce per riunire i figli di Dio che erano dispersi (Jn 11,52), per abbattere i muri di divisione (Ep 2,14) e per riconciliare i popoli nella fraternità e nella pace. La Croce, alzata sul mondo, abbraccia simbolicamente ed ha il potere di riconciliare Nord e Sud, Est ed Ovest.

I cristiani, illuminati dalla fede, sanno che la ragione definitiva per cui il mondo è teatro di divisioni, tensioni, rivalità, blocchi ed ingiuste diseguaglianze, invece di essere un luogo di genuina fraternità, è il peccato, che vuol dire il disordine morale dell'uomo. Ma i cristiani sanno anche che la grazia di Cristo, che può trasformare questa condizione umana, viene continuamente offerta al mondo, poiché "dove abbondo il peccato, sovrabbondo la grazia" (Rm 5,20). La Chiesa, che continua l'opera di Cristo distribuendo la sua grazia redentrice, ha precisamente come suo scopo quello di riconciliare tutti gli individui ed i popoli nell'unità, nella fraternità e nella pace. "La promozione dell'unità" - dice il Concilio Vaticano II - "corrisponde infatti all'intima missione della Chiesa, la quale è appunto "in Cristo come un sacramento, cioè un segno e strumento di intima unione con Dio e di unità di tutto il genere umano"" (Cost. past. GS 42). La Chiesa, la quale è una ed universale nella varietà dei popoli che riunisce, "può costituire un legame strettissimo tra le diverse comunità umane e nazioni, purché queste abbiano fiducia in lei e riconoscano realmente la vera sua libertà in ordine al compimento di questa sua missione".

Questa visione e queste esigenze, che emergono dal cuore stesso della fede, debbono soprattutto indurre tutti i cristiani a divenire sempre più consapevoli delle situazioni che non sono in armonia col Vangelo, al fine di purificarle e correggerle. Nello stesso tempo, i cristiani debbono riconoscere e valutare i segni positivi, i quali indicano gli sforzi che sono compiuti per ovviare a tali situazioni, sforzi che essi devono fattivamente appoggiare, sostenere e consolidare.

Animati da viva speranza, capaci di sperare contro ogni speranza (cfr. Rm 4,18), i cristiani devono superare le barriere delle ideologie e dei sistemi, per poter entrare in dialogo con tutte le persone di buona volontà e creare nuove relazioni e nuove forme di solidarietà. A questo proposito, vorrei dire una parola di apprezzamento e di plauso a tutti coloro che sono impegnati nell'opera del volontariato internazionale e in altre forme di attività, miranti a creare legami di condivisione e di fraternità ad un livello più alto di quello dei vari blocchi.


7. Anno Internazionale della Pace e appello finale Cari amici, fratelli e sorelle tutti: per l'inizio del Nuovo Anno rinnovo il mio appello a tutti voi, affinché mettiate da parte le rivalità, spezzando le catene delle tensioni esistenti nel mondo. Faccio appello a voi, affinché sappiate trasformare quelle tensioni tra Nord e Sud, tra Est ed Ovest in nuove relazioni di solidarietà sociale e di dialogo. L'Organizzazione delle Nazioni Unite ha proclamato il 1986 come l'Anno Internazionale della Pace. Questo nobile sforzo merita il nostro incoraggiamento e il nostro sostegno. Quale migliore modo ci potrebbe essere per promuovere le finalità dell'Anno della Pace che quello di fare delle relazioni tra Nord e Sud, Est ed Ovest la base di una pace che sia universale! A voi, politici e uomini di Stato, io dico: date indicazioni che sollecitino i popoli ad un rinnovato sforzo in questa direzione.

A voi, uomini d'affari, e a voi, che siete responsabili delle organizzazioni finanziarie e commerciali, io dico: esaminate di nuovo le vostre responsabilità nei confronti di tutti i vostri fratelli e sorelle.

A voi, strateghi militari, ufficiali, scienziati e tecnici, io dico: usate la vostra sperimentata abilità in modi che valgano a promuovere il dialogo e la comprensione.

A voi, sofferenti, portatori di handicap, a tutti voi che siete fisicamente menomati, io dico: offrite le vostre preghiere e le vostre vite, perché siano abbattute le barriere che dividono il mondo.

A voi tutti, che credete in Dio, io dico: vivete la vostra esistenza nella consapevolezza di essere una sola famiglia sotto la paternità di Dio.

A tutti voi e a ciascuno di voi, giovani e anziani, deboli e potenti, io, dico: abbracciate la pace come un grande valore che unifica le vostre vite.

Dovunque voi viviate in questo pianeta, io vi esorto ardentemente a perseverare nella solidarietà e nel sincero dialogo.

La pace è valore che non ha frontiere: / da Nord a Sud, da Est a Ovest, / dappertutto c'è un solo popolo, / unito in una unica pace.

Data: 1985-12-08 Data estesa: Domenica 8 Dicembre 1985






GPII 1985 Insegnamenti - Alla chiusura del Sinodo - Città del Vaticano (Roma)