GPII 1985 Insegnamenti - A vescovi brasiliani in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

A vescovi brasiliani in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Liberare totalmente l'uomo diffondendo il Vangelo di Cristo

Signori cardinali, e venerabili e amati fratelli nell'episcopato.


1. Benvenuti a quest'incontro, momento culminante della vostra visita "ad limina apostolorum", che avete preparato con impegno e che state realizzando con spirito di fede e di comunione ecclesiale, come ho potuto constatare dai colloqui individuali. Riuniti nel nome del Signore e fiduciosi che egli è in mezzo a noi (cfr. Mt 18,20), io vi accolgo oggi collegialmente con viva benevolenza, vedendo in voi, più che rappresentate, realmente presenti le amate popolazioni delle vostre diocesi, delle "regioni" Nordest-1 e Nordest-4 della CNBB, che comprendono gli Stati del Ceara del Piaui e del Maranhao. Si tratta delle regioni tra le più povere dell'immenso Brasile. Perciò in questo gruppo di fratelli vescovi, vedo pastori sacrificati che assumono nel quotidiano le angustie e le speranze del loro popolo, le cui condizioni di vita, già ben note, dopo il nostro contatto personale, hanno ravvivato nel mio animo sentimenti di invocazioni, espliciti quando ebbi la gioia di incontrarmi con questo popolo a Teresina e a Fortaleza nel 1980.

Ebbi il desiderio allora di portare all'uomo del Nordest una parola affettuosa di conforto e di speranza, nello spirito delle beatitudini: in suo favore lanciavo un appello di aiuto, a tutto il Brasile e a tutti gli uomini di buona volontà, in nome del Signore Gesù Cristo; egli, mentre proclamava le "beatitudini per i poveri di spirito" (Mt 5,3), diceva pure: "Voi siete tutti fratelli" (Mt 23,8 cfr. Discorso Teresina, Mt 5 luglio Mt 1980). Da quella visita pastorale ho riportato più chiaro nel cuore il motivo dell'amore divino, presente nella parola dello stesso Cristo, quando si volle identificare con i "più piccoli", colpiti dalla fame, dalla sete, dalla necessità di peregrinare, dalla nudità, dalla malattia e dal carcere (cfr. Mt 25,35-40).


2. Vengono da lontano, si potrebbero quasi definire endemici, i problemi e le sfide che si presentano all'attività pastorale del nordest brasiliano, ponendo ai pastori della Chiesa l'inquietante interrogativo: come evangelizzare così immense e povere popolazioni e condividere le angustie nate dalla loro povertà che riveste, nella vita reale, aspetti concretissimi, nei quali dovremmo riconoscere le sembianze sofferenti di Cristo? Come edificare la Chiesa, con la caratteristica che la distingue di "segnale e salvaguardia della dimensione trascendente della persona umana" e promotrice della sua dignità integrale, con queste "pietre vive", quando la loro povertà non è, molte volte, solamente una tappa casuale di situazioni ineluttabili di fattori naturali, ma anche prodotto di determinate strutture economiche, sociali e politiche? 3. Non si può non ricordare con gratitudine in questa circostanza, per lo meno globalmente le pleiadi di missionari e pastori abnegati, virtuosi e devoti che vi hanno preceduto e che debbono essere considerati come i fondatori della Chiesa di Dio (cfr. Ep 2,20) nelle vostre attuali diocesi, o, per usare l'espressione patristica, "hanno li generato" Chiese e non senza sofferenza. A loro tempo, essi si saranno sicuramente chiesti quale fosse il piano di Dio sulla vocazione di ciascun uomo nella costruzione della società, per renderla sempre più umana, giusta e fraterna, e come si potesse attuare la priorità delle priorità nell'evangelizzazione: cercare innanzitutto il regno di Dio e la sua giustizia.

Avete ricevuto l'eredità di questa problematica, resa acuta dalla vertiginosa corrente di mutamenti culturali, sociali, economici, politici e tecnici del vostro tempo che si ripercuotono anche nel vostro Paese-continente; resa acuta anche dal fatto che, insieme alla libertà della persona, è cresciuto il suo senso critico che non considera più sacro - nella famiglia, nella scuola, in vari ambienti - ciò che viene comunicato in Chiesa, a titolo di insegnamento religioso. Una volta il peso di una certa tradizione, nonostante tutto, aiutava l'annuncio del Vangelo.

Per dimostrarvi l'attenzione affettuosa e la presenza spirituale con la quale accompagno la vostra non facile attività pastorale, mi permetto di far mia la parola dell'apostolo, dicendovi "Ringrazio sempre Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere, continuamente memori davanti a Dio e Padre nostro del vostro impegno nella fede, della vostra operosità nella carità e della vostra costante speranza nel Signore nostro Gesù Cristo (2Th 1,2-3).


4. Non è mia intenzione e non sarebbe possibile presentare qui un quadro completo delle situazioni che interrogano il vostro zelo pastorale, né soffermarmi a specificare i compiti che vi spettano. La vostra esperienza e la vostra chiarezza di vedute, che condividete in ciclici incontri regionali, già fanno tutto ciò e mi esonerano dal correre il rischio di interferire. Un unico desiderio mi pervade: contribuire affinché "la vostra carità si arricchisca sempre più in conoscenza e in ogni genere di discernimento, affinché possiate distinguere sempre il meglio... ricolmi di quei frutti di giustizia che si ottengono per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio" (cfr. Ph 1,9-11).

Mi limitero quindi ad alcuni topici che mi sono stati suggeriti dalle relazioni e dal dialogo con voi, nella condivisione al vostro impegno nel "portare ai poveri" il Dio di nostro Signore Gesù Cristo. Si tratta di un lavoro sempre più ripreso, approfondito e rinnovato, perché "i poveri li avremo sempre con noi" (cfr. Jn 12,8), secondo la parola del buon pastore e maestro, che inquadra, in certo qual modo, la priorità delle priorità pastorali: "Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia" (Mt 6,33).


5. I popoli e i gruppi umani, in generale, per poter progredire, gradualmente ed efficacemente e non solo soddisfare le immediate necessità vitali, hanno bisogno di solidarietà, per giungere all'indispensabile e permanente trasformazione delle strutture della vita economica. Ma non si presenta facile procedere lungo lo scosceso sentiero di questa trasformazione, se non interviene una vera conversione delle menti, della volontà e dei cuori, che faccia scomparire la confusione della libertà con l'istinto dell'interesse individuale e collettivo, o ancora con l'istinto di lotta e di predominio, qualunque siano i colori ideologici di cui essi si rivestono (cfr. RH 16).

Se vogliamo contribuire a migliorare la convivenza umana, suscitando tra gli uomini questa solidarietà, dobbiamo indicar loro l'amore con serenità e pazienza, misericordia e compassione, come fonte di questa solidarietà, alla luce della paternità di Dio, o meglio, dell'Amore che è Dio, rivelato nel nostro Signore Gesù Cristo.


6. Dalle vostre relazioni ho potuto rendermi conto di come i vostri diocesani vi cercano per qualsiasi motivo, per trovare una soluzione ai problemi più vari: aiuto materiale ed economico, lavoro, trasferimenti, miglioramenti di situazione e di salario, ricoveri in ospedale, iscrizione nelle scuole, figli disorientati, persone anziane che diventano di peso, richiesta di interventi, problemi burocratici pendenti, eccetera. Vogliono sopravvivere a livello personale, familiare e sociale. Nel leggere e nell'ascoltare tutto ciò mi viene in mente la compassione di Cristo per il popolo, riferita da Marco (Mc 6,31).

Nell'accogliere il povero, per servirlo, nel limite delle possibilità, facciamo ciò che Cristo ci ha insegnato, quando è diventato nostro fratello: il servizio al povero è misura privilegiata, nonostante non sia esclusiva, della nostra sequela a Cristo. Nel frattempo, il miglior servizio da rendere ai poveri è sempre l'evangelizzazione: "Testimoniare in maniera semplice e diretta, Dio rivelato da Gesù Cristo, nello Spirito Santo" (EN 26). Ciò predispone il povero a realizzarsi come figlio di Dio e lo promuove integralmente.

Chi vive immerso nel mistero pasquale di Cristo sa che solo il Vangelo testimoniato e proclamato, come egli lo fece, porta l'autentica e totale liberazione dell'umanità: "E in nessun altro c'è la salvezza, non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati" (Ac 4,12 cfr. Puebla, 1309).

Si, con immense diocesi e piccoli presbiteri, comprendo ciò che sentirete quando vi domina la compassione per le moltitudini, poiché si tratta di gente che cerca strade di salvezza, che ha fiducia nella "vera religione", pura e senza macchia davanti a Dio" (Jc 1,27) e che spera di incontrare nel pastore l'autentica "sapienza che viene dall'alto", anch'essa pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, senza parzialità, senza ipocrisia" (Jc 3,17); gente, dunque, che desidera incontrarsi con qualcuno che vive e che "cerca soprattutto il regno di Dio e la sua giustizia" e che lo testimonia e lo indica agli altri, con semplicità.


7. In quella porzione di mondo segnata dallo sforzo, dalle sconfitte e dalle vittorie dell'uomo del Nordest del Brasile, parte del grande mondo "creato e conservato dall'amore di Dio che, caduto nella schiavitù del peccato, venne liberato dal potere del maligno per mezzo di Cristo crocifisso e risuscitato, affinché, trasformato secondo i disegni divini, raggiungesse il suo fine" (cfr. GS 2), vive la moltitudine delle persone che costituiscono le vostre comunità ecclesiali. La ricchezza di cui dispone il vostro impegno con Cristo, buon pastore, è ciò che voi volete soddisfare con generosità e totale dedizione. Ed è soprattutto una moltitudine di poveri: poveri, perché realmente in condizioni bisognose che suscitano spontanea compassione (cfr. Mc 6,34]; poveri, perché non sono ascoltati da nessuno e si vedono costretti ad ascoltare sempre gli altri (cfr. Qo 9,16 Dt 1,17); poveri, perché soli, senza nessuno che li aiuti ad incontrare la salvezza per la paralisi (cfr. Jn 5,7ss); poveri, perché giovani, senza esperienza e carenti di orientamento e di prospettive per il loro desiderio forte e generoso di affermarsi nella vita, di vincere e servire (cfr. Mt 19,16ss); poveri, perché dominati dalla mancanza d'amore e dall'odio, e non c'è dominatore che schiavizzi ed umili maggiormente (cfr. 1Jn 3,7ss); poveri, infine, perché lontani da Dio che è Amore (cfr. 1Jn 4,8), lontani dalla Verità che li rende liberi (Jn 8,32).

Tutti questi sono i poveri da evangelizzare, da aiutare a divenire i poveri delle beatitudini, anche per loro il Signore ha tracciato un cammino di felicità, di fraternità e di pace: "Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia". Spetta a noi aiutarli a proseguire in questa ricerca, anche quando ci fanno soffrire, diventano ingiusti nei nostri confronti, ci offendono e ci interpretano male, sollevando contro di noi l'"odio del mondo", conducendoci al Calvario, alla ricerca del balsamo e del coraggio per pregare con Cristo: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno" (Lc 23,24).

Sulla fedeltà a Dio si poggiano le basi del Regno, la vostra credibilità nell'annuncio e la ricerca principale della sua giustizia. I poveri vogliono la certezza della speranza che non disilluda. Non si può mai lasciare loro il dubbio sul fatto che Dio è l'unico bene assoluto. E' qui il fondamento della solidarietà che i poveri sperano da noi e, allo stesso tempo, della differenza che il mondo che essi attendono di vedere in noi.


8. In questo contesto e dato l'ambiente concreto delle vostre ragioni pastorali, viene spontanea la domanda: Cristo facendo sempre ciò che a Dio piaceva, ha moltiplicato i pani miracolosamente e ha annientato la fame della folla che lo circondava... Ma le vostre opere assistenziali e caritatevoli non sono che una goccia nell'oceano delle necessità e, inoltre, oggi vengono messe in discussione.

Cosa fare? Nel mondo d'oggi, come sempre, le organizzazioni caritatevoli della Chiesa, sorte da iniziative generose e autonome, continuano ad avere un ampio spazio e un posto insostituibile, come sussidio e coordinamento con le opere di assistenza ufficiali. Il popolo cristiano sarebbe infedele all'esempio e alla dottrina di Cristo se non cercasse di offrire tutto l'aiuto possibile a coloro che soffrono di ogni genere di povertà. Il capitolo 25 di Matteo, sempre inquietante, continua a essere attuale per quanti ne fanno una lettura obiettiva. La stessa Chiesa rinnegherebbe qualcosa della sua storia e spezzerebbe una tradizione ininterrotta, se smettesse di esercitare la carità e l'assistenza in modo concreto: disdirebbe la gloria di molte delle sue istituzioni e l'eroicità di molti suoi santi.

Queste opere della Chiesa, inoltre, se espressione di genuina carità, come la descrive san Paolo nella Lettera ai Corinzi (cap. 13), non cesseranno mai di mostrarsi adatte e di contribuire efficacemente alla promozione e all'educazione delle sensibilità degli uomini sempre più interdipendenti gli uni dagli altri (cfr. GS 25): possono servire a riconciliarli e a convergere gli uomini di buona volontà nella partecipazione e nella comunione per l'impegno a ristabilire la giustizia per tutti, la dignità di tutti e la fraternità fra tutti, come una sola famiglia umana.

Ciò sarà raggiunto tanto più facilmente, quanto più in queste opere della Chiesa - un tempo nella vostra patria rappresentate dalle "misericordie" - si cerchi innanzitutto il regno di Dio, che "non è giustizia di cibo o di bevande, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo: chi serve il Cristo in queste cose, è ben accetto da Dio e dagli uomini" (Rm 14,17-18).

E' con queste prospettive - ne sono certo - nell'unità della fede e della carità nello "stesso Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano" (Rm 10,12) e nella comunione della dottrina e disciplina della Chiesa universale che si palesa il nostro impegno nell'evangelizzazione dei poveri dominato dalla comune e condivisa preoccupazione di avere "persone da inviare " (cfr. Rm 10,14ss): mancano sacerdoti, in numero e all'altezza del momento e della crescente popolazione. Coraggio, amati fratelli! Il compito è arduo, ma non impossibile. Vi sono vicino nella comune implorazione "al Signore della messe".

Il nostro lavoro di pastori, come "collaboratori di Dio" nel suo "campo" e nel suo "edificio" (cfr. Co 3,9), deve verificare l'apologia del servo del Vangelo: in tutte le vostre iniziative per il regno di Dio e per la sua giustizia, che trascende le dimensioni temporali e terrene dell'uguaglianza tra gli uomini, "una volta fatto ciò che ci è stato ordinato "consci della fedeltà totale al Signore Gesù Cristo e all'uomo da lui redento, sappiamo riposarci nel "porto" della pace con Dio, con noi stessi e con i nostri fratelli: "Abbiamo fatto quanto dovevamo fare" (cfr. Lc 17,7ss).

Centrato sulla beatitudine dei "poveri" e degli "operatori di pace" il lavoro pastorale saprà incontrare e suscitare ampie espressioni di servizio ai fratelli, all'interno di "quell'opzione preferenziale per i poveri" sigillata a Puebla con un "impegno" dei pastori nell'America Latina, senza celare le esigenze del corpo mistico: "Chi nella sua evangelizzazione escludesse un solo uomo dal suo cuore, non possiede lo Spirito di Cristo" (Puebla, 205).

Concludo con l'espressione di voti e fiducia: che l'unione della Chiesa che vive nel Nordest del Brasile continui a risplendere nell'unità della Chiesa universale, oggi qui da noi celebrata. Di ciò faccio preghiera nel salutare, attraverso voi, i vostri presbiteri, le comunità religiose, le altre comunità cristiane, le famiglie i giovani e i fanciulli, gli anziani, quanti soffrono e tutti i vostri diocesani. Portate loro la certezza del mio affetto e del mio incoraggiamento a vivere la loro vocazione cristiana nell'edificazione della Chiesa, cercando innanzitutto il regno di Dio e la sua giustizia, con l'ampia benedizione apostolica, che vi impartisco di tutto cuore.

Data: 1985-09-17 Data estesa: Martedi 17 Settembre 1985











Al movimento Schönstatt - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Senza rinnovamento religioso non si difende la dignità umana

Carissimi fratelli nell'episcopato, cari membri del movimento apostolico di Schönstatt.


1. Vi saluto cordialmente con le parole dell'apostolo Paolo: "Il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e pace nella fede, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo" (Rm 15,13). Con questo pellegrinaggio al centro della cristianità cattolica e alla casa del Padre comune volete raggiungere il culmine delle celebrazioni del centenario della nascita del vostro fondatore, padre Giuseppe Kentenich. Mi rallegro che siate venuti qui e vi ringrazio profondamente per le parole del presidente del presidio generale come pure per la rappresentazione di singoli aspetti della storia e del messaggio del vostro movimento e per la vostra testimonianza vivente in fotografie e canzoni.


2. Siete venuti qui da molte nazioni per rendere grazie del dono che Dio vi ha fatto nella persona di padre Kentenich. Attraverso il ricordo vivo della sua persona e del suo messaggio avete voluto rinnovare il vostro spirito per approfondire e annunciare la sua eredità spirituale; per diventare sempre di più una famiglia spirituale che vive per la forza del carisma della fondazione e che mediante ciò realizza la sua missione al servizio della Chiesa e del mondo.

Nella preghiera di questo centenario avete invocato "la grazia di una fedeltà creativa alla missione profetica" del vostro padre e fondatore.

L'esperienza centenaria della Chiesa ci insegna che il legame interiore e spirituale con la persona del fondatore e la fedeltà alla sua missione - una fedeltà che sia attenta ai segni dei tempi - sono fonte di vita per la propria fondazione e per l'intero popolo di Dio. Perciò vi ricordo le parole che il mio predecessore Paolo VI ha rivolto alle comunità consacrate: "Siate fedeli allo spirito dei fondatori e delle fondatrici, ai loro obiettivi evangelici e all'esempio della loro santità... Proprio da ciò proviene la dinamica propria di ogni ordine religioso" ("Evangelica Testificatio", 11-12). Voi siete chiamati a partecipare alla grazia che il vostro fondatore ha ricevuto e ad offrirla all'intera Chiesa. Il carisma del fondatore si rivela come un'esperienza che scaturisce dallo Spirito e che viene trasmessa ai propri discepoli perché la vivano, la custodiscano, la approfondiscano e la sviluppino costantemente, e tutto ciò nella comunità e per il bene della Chiesa, che vive e cresce per la sua sempre nuova fedeltà al suo divino fondatore.


3. All'interno di questa esperienza dettata dallo Spirito, da cui è sorto il vostro movimento, assume un'importanza determinante l'alleanza d'amore conclusa dal fondatore e dalla prima generazione con la Madre di Dio nel santuario di Schönstatt il 18 ottobre 191 4. Se voi impronterete la vostra vita a questa alleanza, raggiungerete la pienezza della vostra vocazione cristiana.

Sperimenterete quanto è vera la dichiarazione del Concilio Vaticano II: "Maria infatti, per la sua intima partecipazione alla storia della salvezza, riunisce per così dire e riverbera i massimi dati della fede, mentre viene predicata e onorata chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all'amore del Padre" (LG 65). In pratica, Maria ha ricevuto da Dio il compito di essere modello e materna educatrice "dell'uomo nuovo" in Gesù Cristo (Col 3,9-10). L'amore per lei vi dovrebbe portare a imitare il modello della sua vita. Fate vostri gli atteggiamenti di Maria: la sua donazione fiduciosa alla volontà del Padre, la sequela incondizionata di Cristo fino alla croce, la sua pronta disponibilità alle proposte dello Spirito Santo, il suo amore servizievole verso gli uomini, particolarmente i poveri e bisognosi, la sua cooperazione creativa come ausiliatrice per la redenzione del mondo. La preghiera del vostro fondatore nel campo di concentramento di Dachau dovrebbe essere anche la vostra preghiera a Maria: "Fa' che somigliamo alla tua immagine, che camminiamo nella vita come te: che forti e dignitosi, semplici e miti diffondiamo amore, pace e gioia. Penetra per mezzo di noi nel nostro tempo, rendilo pronto per Cristo".


4. Un'autentica religiosità mariana sviluppa un profondo e fruttuoso amore per la Chiesa. La vita del vostro fondatore testimonia questa verità. E' proprio questo amore per la Chiesa che oggi vi ha portato qui a questo incontro con il successore di Pietro per rinnovare le promesse che egli ha fatto ai miei predecessori Pio XII e Paolo VI. Con ciò esprimete la vostra disponibilità a realizzare nella santità della vita quotidiana le richieste del Vangelo, vi impegnate a cooperare alla costruzione di un nuovo ordine sociale che corrisponda allo Spirito di Cristo. Vi dichiarate anche disposti a contribuire alla realizzazione del Concilio Vaticano II. Infine volete anche cooperare con tutte le vostre forze perché ogni autorità voluta da Dio nella Chiesa sia riconosciuta e stimata come paternità spirituale.

Con gioia e gratitudine accetto il rinnovamento di queste promesse e vi prego di impegnarvi con tutte le vostre forze, perché questi elevati obiettivi diventino sempre più reali! Insieme con la vostra preghiera invoco anch'io la grazia necessaria. Siete certamente consapevoli dell'attualità e dell'importanza di questi obiettivi per la vita della Chiesa. Uno sguardo ai temi dei due sinodi futuri rivela questa importanza chiaramente e inequivocabilmente. Nella mia ultima enciclica ricordavo "che il Concilio Vaticano II vent'anni fa aveva il compito particolare di ridestare la comprensione che la Chiesa ha di sé e di conferirle attraverso un rinnovamento interiore un nuovo impulso missionario per l'annuncio dell'eterno messaggio di salvezza, di pace e di mutua armonia tra popoli e nazioni, che supera ogni confine che ancora divide il nostro pianeta che, per volontà di Dio, suo Creatore e Redentore, è destinato ad essere una dimora comune per l'intera famiglia umana ("Slavorum Apostoli", 16). Papa Paolo VI ha mostrato chiaramente il mezzo più importante per questo rinnovamento agognato e così necessario. "Per l'attualizzazione della Chiesa oggi non bastano più direttive chiare o grandi quantità di documenti; ciò che manca sono personalità e comunità che incarnino e trasmettano lo spirito del Concilio in modo consapevole" (Paolo VI, Discorso per il venticinquennale della "Provida Mater Ecclesia", 2 febbraio 1972). Uniti a tutte le forze apostoliche della Chiesa e lealmente integrati nelle vostre Chiese locali voi potete provvedere a diventare questi uomini e comunità che rappresentano e annunciano lo spirito del Vaticano II! 5. La fedeltà allo spirito del Vaticano II ci spinge ad indirizzare lo sguardo al vostro compito di evangelizzazione del mondo della cultura. Ci troviamo ad una svolta e all'inizio di una nuova tappa della storia. Nella vostra preghiera del centenario avete pregato Maria: "Regina, donaci speranza e coraggio per farti conoscere e amare dai nostri fratelli, cosicché, insieme a tutto il popolo di Dio, possiamo contribuire a formare, in Gesù Cristo, le culture del terzo millennio".

Le difficili domande della società odierna necessitano risposte adeguate: la povertà di milioni di nostri fratelli, la corsa agli armamenti, l'estraniamento religioso e culturale di moltissime persone, la discriminazione per motivi razziali o religiosi, la fame e la disoccupazione, il disprezzo della vita - anche di chi non è ancora nato - il disprezzo della dignità e dei diritti umani, lo sfruttamento della donna, i problemi ecologici. E' necessario creare strutture sociali che corrispondano alla dignità umana. Ma ciò non è possibile senza un profondo rinnovamento religioso e morale. Questa sfida della storia ci esorta a concentrare le nostre forze perché l'uomo - e mediante lui le culture - faccia propria in libertà la totalità dei legami religiosi e umani, con cui Dio lo lega a sé, alla famiglia umana e al mondo, così da vivere e agire secondo la sua vocazione e dignità da figlio di Dio, da fratello dell'uomo e da signore della creazione. In questo organismo di legami, il vostro fondatore ha posto l'accento sul significato dell'esperienza del legame paterno-filiale e della cura dello spirito della famiglia come mezzo privilegiato per vivere il messaggio rivelato: Dio è Padre, Dio non è solitudine, ma famiglia.

Questa fedeltà vi porterà perciò ad accettare pieni di rispetto i veri valori umani e rivalutarli in ogni luogo e situazione dove si manifestino. Poiché, come ho detto recentemente: "Ogni essere umano, ogni nazione, ogni cultura e civiltà ha una sua funzione da sviluppare e un suo posto nel misterioso piano di Dio e nella storia universale della redenzione" ("Slavorum Apostoli", 19). Il carattere federativo e pluralistico, come pure la diffusione internazionale del vostro movimento vi sarà d'aiuto a comprendere come costruire unità nella molteplicità, un valore fondamentale per la cattolicità della Chiesa, un profondo legame tra le confessioni cristiane e la solidarietà del genere umano.

Vi esorto a raddoppiare i vostri sforzi là dove la Provvidenza vi ha posto, per essere strumenti di Dio per l'evangelizzazione dei vostri diversi popoli. La realizzazione di questo compito vi chiederà di perseverare nella lotta giornaliera per personificare l'uomo nuovo e la forza per vivere sempre in dialogo filiale con il Dio della storia, attenti ai segni dei tempi, come avete invocato nella vostra preparazione a questa celebrazione giubilare.

Impartendovi ora di cuore la mia benedizione apostolica desidero includere in essa tutti i membri del movimento e anche tutte le vostre opere di apostolato. Possa il Dio della Trinità accompagnarvi con la sua protezione e benedirvi nel suo amore misericordioso e fedele.

Data: 1985-09-20 Data estesa: Venerdi 20 Settembre 1985


Ai missionari Claretiani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Fedeltà al carisma del fondatore e servizio alla Chiesa

Cari missionari Claretiani, Figli del Cuore immacolato di Maria E' per me motivo di particolare soddisfazione avere questo incontro con voi, padri capitolari, che rappresentate le province, le delegazioni e le case generalizie del vostro istituto e che avete manifestato il desiderio di poter esprimere al Papa la vostra riconoscente adesione, vicinanza e obbedienza in occasione del XX capitolo generale. Ringrazio sinceramente questo gesto filiale ed eloquente che dà testimonianza della lealtà della famiglia claretiana alla Sede apostolica e, nello stesso tempo, vi rivolgo i miei più cordiali saluti che desidero estendere a tutti i figli di sant'Antonio Maria Claret.

Diciott'anni dopo il capitolo speciale, celebrato per mandato del Concilio Vaticano II, che coincise col vostro XVII capitolo generale ordinario, vi siete nuovamente riuniti per eleggere il governo generale dell'Istituto e realizzare tutte quelle importanti funzioni che il capitolo è stato chiamato a compiere negli istituti religiosi. Vadano fin d'ora le mie felicitazioni e i miei migliori auguri al reverendo padre Gustavo Alonso che avete eletto superiore generale per il prossimo sessennio e che ringrazio per le amabili parole che ha voluto rivolgermi. Esprimo inoltre i miei fervidi auguri ai membri del nuovo governo generale.

Nel presente capitolo non eravate spinti dalla necessità di definire il vostro carisma né dalla redazione di un testo costituzionale, cosa che avevate già fatto nei due capitoli precedenti. Ma, insieme al compito di adattare al nuovo Codice di diritto canonico le costituzioni già approvate e il direttorio, avete affrontato altre urgenze: quella di raccogliere, a partire dalla vostra vocazione di missionari, le sfide del momento presente e quella di adottare un ordine di priorità apostoliche che renda efficace la vostra azione ecclesiale oggi, quando le necessità sono aumentate enormemente senza che si sia incrementato proporzionalmente il numero dei missionari. Sarete obbligati a rivedere posizioni e dovrete farlo senza rinunciare allo spirito universale del santo fondatore, anzi partendo proprio da questo spirito e promuovendolo. Non dovrà cambiare la forza immensa dello zelo per la gloria di Dio e la salvezza delle anime che ha caratterizzato sant'Antonio Maria Claret e i suoi missionari. Questo zelo apostolico centrava e unificava tutti gli interessi personali del missionario nella sua missione di salvezza al servizio esclusivo del Vangelo e della Chiesa.

Un'altra caratteristica irrinunciabile del vostro essere missionari claretiani, intimamente unita a questo zelo ardente, è la forza della fede insieme all'ampiezza e alla sicurezza della dottrina. Per più di un secolo, i missionari Figli del Cuore di Maria hanno saputo essere evangelizzatori, grazie a una sapiente armonia tra predicazione e studio. La formazione permanente, della quale oggi si parla con insistenza, era una realtà quotidiana per i vostri missionari già dai primi anni di fondazione; questo ha reso la loro dottrina non soltanto abbondante ma anche sicura e costruttiva. In questo modo la funzione del missionario "forte collaboratore dei vescovi", come vi ha definiti il vostro santo fondatore, si traduce in una cooperazione attiva ed esemplare nella missione del vescovo come maestro del popolo di Dio e testimone del Vangelo, con sentimento di responsabilità ecclesiale e di fedeltà a Cristo Signore.

D'altra parte, zelo apostolico e dottrina vanno unite ad uno spirito che si potrebbe descrivere come missionario di avanguardia, disposto ad assumere con priorità quei ministeri che le circostanze hanno messo in pericolo o fatto scomparire in determinate regioni; o quei mezzi che rendono più efficace l'evangelizzazione o preparano più efficacemente nuovi evangelizzatori, a cominciare dai sacerdoti diocesani.

Sono questi alcuni temi che avete esaminato a fondo e che vi possono dare i criteri fondamentali in ordine a realizzare le opzioni necessarie in perfetta fedeltà alla vostra missione e allo spirito della famiglia religiosa.

Cari fratelli, siate sempre fedeli al carisma claretiano e leali continuatori dei genuini valori della vostra congregazione. Con fiducia posta in Dio, guardate con speranza verso il futuro. Con san Paolo vi esorto a volgere i vostri occhi non nelle cose temporali ma in quelle eterne (cfr. 2Co 4,18). Amate la vita di preghiera, il raccoglimento interiore, la penitenza volontaria, la sottomissione serena ai superiori che sono segni indicativi della volontà di Dio.

Vivendo il mistero di Cristo nella sua dimensione ecclesiale incontrerete il significato autentico della vita comunitaria e la vostra azione apostolica e missionaria diverrà generosamente feconda nella costruzione del regno di Dio.

Non voglio terminare questo incontro senza ricordare un'altra peculiarità del vostro spirito, che nel vostro santo fondatore appare costantemente con forza singolare e che deve continuare anche in voi ad essere un modo di vivere e di sentire: mi riferisco alla chiara coscienza di essere Figlio del Cuore di Maria e di essere nelle sue mani uno strumento di salvezza. Sapete perfettamente fino a che punto questa coscienza di filiazione mariana sta alla base, non soltanto dell'attività apostolica del santo fondatore, ma anche, e in modo specifico, come cemento dell'edificio stesso del vostro Istituto. Lungo la vostra storia, questo carattere di filiazione mariana è rimasto sempre come un elemento importante della vostra spiritualità e della vostra azione evangelizzatrice. Non permettete che si indebolisca. Nella dottrina del Concilio Vaticano II su Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa, avete un fondamento dottrinale di questo spirito mariano che i vostri teologi e maestri spirituali dovranno approfondire e svolgere sempre più.

All'intercessione del vostro santo fondatore affido i lavori di questo capitolo, mentre di cuore imparto la benedizione apostolica, implorando la costante assistenza divina per tutta l'amata famiglia claretiana.

Data: 1985-09-21 Data estesa: Sabato 21 Settembre 1985





Ai lavoratori dell'Italsider - Cornigliano (Genova)

Titolo: Possiamo assicurare al mondo la pace nella giustizia

Carissimi lavoratori e amici della città e della provincia di Genova!


GPII 1985 Insegnamenti - A vescovi brasiliani in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)