GPII 1985 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Conoscere il Concilio per tradurlo nella vita




1. Vent'anni orsono, in questo periodo, era in corso l'ultima sessione del Concilio Vaticano II. Tra due mesi, nella solennità di Cristo Re, avro la gioia di dare inizio al sinodo straordinario dei vescovi, che - come sapete - ho convocato nel ventesimo anniversario della conclusione di quel grande avvenimento ecclesiale.

Tale iniziativa ha lo scopo di stimolare tutti i membri del popolo di Dio a una sempre più approfondita conoscenza degli insegnamenti conciliari e a una sempre più fedele applicazione dei criteri e delle direttive che dall'imponente assemblea sono scaturiti.

Nelle nove domeniche che ci separano dall'evento sinodale, desidero orientare sul Concilio la riflessione e soprattutto la preghiera di questi incontri meridiani per la recita dell'Angelus.


2. La provvidenza dispose che, quando scocco l'ora del Concilio, io stessi vivendo le mie primizie di vescovo, avendo ricevuto l'ordinazione episcopale il 28 settembre del 195 8.

Ho avuto perciò la singolare grazia di partecipare alla grande opera e di dare il mio contributo ai suoi lavori. In tal modo, fin dai primi passi preparatori, successivamente nelle varie tappe dello svolgimento, e poi nella fase degli impegni applicativi, il Vaticano II costitui lo sfondo, il clima, il centro ispiratore dei miei pensieri e della mia attività di pastore dell'amata Chiesa particolare, a cui la bontà del Signore mi aveva chiamato.


3. Come dichiarai nel radiomessaggio dalla Cappella Sistina all'indomani dell'assunzione del servizio di pastore universale, il Concilio è e rimane "una pietra miliare nella storia bimillenaria della Chiesa e, di riflesso, nella storia religiosa e anche culturale del mondo".

Con questa profonda convinzione ho fatto mio il programma pontificale delineato dal mio amatissimo predecessore Giovanni Paolo I, la cui enunciazione primaria conserva tutto il suo vigore anche oggi: "Vogliamo continuare nella prosecuzione dell'eredità del Concilio Vaticano II, le cui norme sapienti devono tuttora essere guidate a compimento, vegliando a che una spinta, generosa forse ma improvvida, non ne travisi i contenuti e i significati, e altrettanto che forze frenanti e timide non ne rallentino il magnifico impulso di rinnovamento e di vita" ("Insegnamenti di Giovanni Paolo I", p. 15).

Perché il prossimo sinodo illumini ulteriormente contenuti e significati del Concilio e ne incoraggi l'impulso di rinnovamento e di vita, invochiamo con fervido cuore la protezione di Maria, madre della Chiesa, ausilio del popolo cristiano.

Oggi ricorre anche la festa degli arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele, principi della milizia celeste, i quali sono ricordati in alcuni episodi della Sacra Scrittura: Michele, che significa: "Chi è come Dio?", è presentato dall'Apocalisse (12,7) in atto di combattere le potenze infernali; Gabriele, che significa: "Fortezza di Dio", è inviato alla vergine Maria per annunciare la sua vocazione a diventare madre del redentore; Raffaele, che significa: "Medicina di Dio", è mandato dal Signore a Tobia - secondo il racconto biblico - per guarirlo dalla sua cecità. La liturgia ci invita a sentire vicini, come amici e protettori presso Dio, questi tre arcangeli e il nostro angelo custode. Essi ci proteggano e ci guidino nel cammino della vita cristiana.

Desidero rinnovare il mio saluto alle "scholae cantorum", che con la loro presenza hanno dato particolare solennità e decoro alla santa messa celebrata questa mattina, nel quadro dell'anno europeo della musica. Vi ringrazio della vostra partecipazione, carissimi membri delle "scholae cantorum", mentre auspico che il vostro servizio sia sempre una preghiera, la quale permetta alle labbra di lodare Dio in unità di mente e di cuore, esprimendo in modo armonioso i sentimenti religiosi dell'uomo, che sono quelli più intimi e più profondi. Vi benedico di tutto cuore.

Seguo con viva apprensione le notizie che continuano a giungere da El Salvador, ove la figlia del presidente della repubblica, Ines Guadalupe Duarte, e la segretaria di questa, Ana Cecilia Villeda, sono state rapite da qualche tempo da un gruppo di uomini armati. Altre persone inoltre della medesima nazione - tra i quali alcuni sindaci di comunità locali - sono state sequestrate. Nell'esprimere profonda deplorazione per questi fatti di violenza, non infrequenti anche in altri Paesi centroamericani, rivolgo a Dio la mia accorata preghiera, perché allevi col conforto della sua grazia le sofferenze delle vittime e delle rispettive famiglie e perché tocchi il cuore dei rapitori, convincendoli a recedere dai loro propositi e a restituire prontamente le persone sequestrate all'affetto dei loro cari.

Data: 1985-09-29 Data estesa: Domenica 29 Settembre 1985





A un gruppo interconfessionale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Traduzione della Bibbia importante momento ecumenico

Diletti fratelli!


1. E' con viva gioia che accolgo oggi tutti voi, responsabili e rappresentanti dell'Alleanza biblica universale e della World catholic federation biblical apostolate, insieme agli illustri biblisti di diversa confessione, traduttori del testo sacro, con i suoi editori, in occasione della prima pubblicazione dell'Antico Testamento e della ristampa revisionata del Nuovo Testamento, in traduzione interconfessionale in lingua corrente. Già avemmo insieme l'opportunità di un incontro, quando l'edizione del Nuovo Testamento raggiunse provvidenzialmente la milionesima copia. Ma ora, rendendo grazie a Dio, anche l'Antico Testamento viene finalmente messo a disposizione di credenti e non credenti in una versione appositamente studiata per rendere maggiormente accessibili tanto le bellezze quanto le asprezze delle antiche scritture di Israele.


2. So che l'odierna pubblicazione è frutto di un'opera faticosa, che ha impegnato cinque gruppi di lavoro durante sette anni di attività. Ma sono certo che alla fatica si è accompagnata la gioia tipica, proveniente da un diuturno contatto in profondità con la divina parola, che a ragione il salmista proclama lampada per i nostri passi e luce sul nostro cammino (cfr. Ps 118,105).

Abbiate perciò l'espressione più sentita del mio grato apprezzamento per il risultato del vostro impegno. Esso si fa altresi paterno incitamento a proseguire con zelo e con intelligenza nelle traduzioni interconfessionali della Bibbia, che so tuttora in corso in ben 160 lingue, affinché davvero si realizzi l'augurio dell'apostolo: "Ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre" (Ph 2,11).


3. L'impresa, alla quale vi siete accinti, è pure un importante momento di collaborazione e quindi di incontro ecumenico. E da parte mia, desidero ardentemente che esso non trascorra invano, ma produca realmente una feconda riscoperta della nostra comune piattaforma di origine, tornando alla quale la Chiesa intera non può che avvantaggiarsene in ringiovanimento, in mutua coesione, e in efficace testimonianza al mondo. Questo infatti è importante: che la parola, paragonata dal profeta alla pioggia e alla neve scese dal cielo per irrigare e fecondare la terra e fornire così cibo agli uomini, operi ciò che il Signore desidera e non ritorni a lui senza aver compiuto ciò per cui egli l'ha mandata (cfr. Is 55,10-11). E certamente è volontà del Signore Gesù non la dispersione o magari l'avversione dei suoi fedeli, ma la loro comunione vicendevole, affinché secondo i termini della sua preghiera suprema, "il mondo creda che tu mi hai mandato" (Jn 17,21).


4. Oggi la Chiesa celebra la memoria liturgica di san Girolamo, che nella tradizione cristiana resta maestro e modello di incondizionata dedizione alle Sacre Scritture. Anche il vostro lavoro è da lui lodato e anzi richiesto, come quando scrive con la sua solita arguzia che la "ecclesiastica interpretatio" della parola di Dio dev'essere comprensibile a tutti, perché parli non solo alle scuole dei filosofi e a pochi discepoli, ma a tutto il genere umano; "ut non otiosis philosophorum scholis paucisque discipulis, sed universo loquatur hominum generi" ("Epist. XLVIII, Ad Pamm.", in fine). Chiediamo dunque anche la sua speciale protezione, perché sempre "la parola del Signore si diffonda e sia glorificata" (2Th 3,1).

Con questo augurio, invoco su tutti voi e sul vostro lavoro la benedizione del Signore; estendo il mio pensiero a quanti in vario modo collaborano alle vostre preziose iniziative.

Data: 1985-09-30 Data estesa: Lunedi 30 Settembre 1985


Nella cappella del Palazzo apostolico - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Omelia ai vescovi brasiliani del Nordest

Miei amati fratelli, siamo qui riuniti in chiesa come successori del Corpo degli apostoli: è eucaristia e comunione questo nostro incontro con Dio. Ringraziamento e carità ci uniscono attorno alla mensa della Parola e del Pane di vita, al celebrare il sacrificio della croce, l'universalità del popolo di Dio e la collegialità dei suoi pastori.

Rendiamo grazie a Cristo, buono e unico pastore, che ci vuole segni e testimoni della misericordia e dell'amore divini, nello Spirito della Verità, per la consacrazione a pastori con la quale siamo entrati nel collegio episcopale, e per i nostri incontri fraterni di vescovi, successori degli apostoli, che sostengono la Chiesa di Dio che vive nel Nordest del Brasile, con il successore di Pietro. E, allo stesso tempo, supplichiamo il Padre per la Chiesa universale e per le comunità affidate alle vostre attenzioni pastorali: per i sacerdoti e le persone consacrate, impegnate al servizio di Dio; per l'aumento e la buona formazione delle vocazioni; per i laici chiamati alla costruzione di una società più conforme ai piani divini d'amore e di salvezza; per il rinvigorimento dei legami e della fraternità nelle famiglie e nelle comunità: per coloro che soffrono, vittime delle intemperie e dei disequilibri sociali, per i senza tetto, i senza lavoro e i senza terra (senza tetto, disoccupati ed esiliati); per l'attuazione delle riforme che si presentano necessarie e affinché l'amore prevalga su qualsiasi forma di divisione e di odio e di violenza, poiché solo l'amore costruisce.

Preghiamo infine affinché nel Nordest e in ogni parte del mondo, Dio sia sempre più glorificato, nell'uomo, nella Chiesa e in Gesù Cristo, unico nome attraverso il quale possiamo essere salvati.

E per celebrare degnamente questa santa Messa, riconosciamo e chiediamo umilmente perdono per i nostri peccati e omissioni verso Dio, verso la Chiesa e verso la famiglia umana.

Data: 1985-09-30 Data estesa: Lunedi 30 Settembre 1985





A vescovi del Nordest brasiliano in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Per vincere povertà e miseria promovete l'alfabetizzazione

Signori cardinali, carissimi fratelli nell'episcopato!


1. L'incontro personale realizzato con ciascuno di voi, se è per voi stessi un gesto altamente significativo di comunione sacramentale e gerarchica con il successore di Pietro e pertanto di autentica collegialità, se è per i fedeli delle vostre Chiese motivo di edificazione e di maturità nella fede, per il Papa è occasione privilegiata per conoscervi meglio e per conoscere le vostre diocesi, attraverso voi, pastori devoti che con zelo e semplicità e non senza sacrifici, vi inserite nella vita e nei problemi delle vostre popolazioni. Ciò che ho potuto cogliere dalla rapida lettura delle relazioni quinquennali si completa così e si arricchisce prodigiosamente dei colloqui, purtroppo molto brevi, che ho il piacere di tenere con voi.

Per tutto ciò vi sono molto grato. E che, nella misura del possibile, tutto quanto mi è dato ascoltare, custodito nel tesoro della memoria e del cuore, entri a far parte della "instantia mea quotidiana, sollicitudo omnium ecclesiarum" (2Co 11,28), divenendo oggetto della mia costante preghiera per tutti coloro che, come voi, sono per me fratelli carissimi nel pascolo del gregge.


2. In questo incontro collettivo i vescovi delle regioni Nordest-2 e Nordest-3 della Conferenza dei vescovi del Brasile - il cui significato è stato così amabilmente ed eloquentemente messo in evidenza dal cardinal Brandao Vilela - e impossibile non ricordare insieme a voi quella porzione del Nordest del popolo brasiliano, il cui volto ho potuto per lo meno intuire (se non conoscere), nelle innumerevoli folle che mi è stato dato di contemplare, cinque anni fa, a Salvador e a Recife.

Come ho avuto occasione di esprimere in quei memorabili giorni, e come da allora ho ripetuto tante volte, dal contatto con il Brasile ho riportato l'impressione di aver convissuto con un popolo dotato di un'anima profondamente religiosa, affamato e assetato di Dio e aperto ai valori spirituali.

So bene che "quest'anima naturalmente cristiana" (Tertulliano) è, nel caso del Brasile, nonostante lo sforzo missionario di ieri e di oggi, severamente minacciata, da fattori esterni e interni. Esterni: la permanente mancanza di sacerdoti, che lascia come pecore senza pastore innumerevoli fedeli; il proselitismo insidioso e sleale di sette e gruppi religiosi acattolici; il procedere asservitore del secolarismo, con le sue varie sfaccettature; la crisi dei valori morali. Fattori interni: un certo clima di incertezza e di ambiguità nell'annuncio della fede e delle verità da credere; il conseguente germinare di dubbi e perplessità nello spirito di molti cattolici, soprattutto dei più semplici, quanto al contenuto e alle esigenze della fede; le divisioni tra fratelli nella stessa fede su questioni fondamentali; il pericolo di veder profilarsi immagini di Chiesa, che né nella teoria né nella pratica corrispondono a quella che il Verbo di Dio fatto uomo volle e fondo.

E di fronte a questo quadro, con le sue luci che suscitano gioia e speranza, e con le sue ombre che non è giusto né prudente dissimulare o ignorare, la responsabilità appare in tutta la sua ampiezza e profondità.

Ispirandoci all'immagine del vescovo fornita vent'anni fa dai documenti del Concilio, possiamo dire che a voi, come a tutti i pastori della Chiesa, urge l'invito del "Supremo Pastore" (1P 5,4) ad essere: edificatori della comunità ecclesiale, sia chiamando i dispersi, aggregandoli nella fede, nella carità e nel culto del Dio vivo, sia mostrandosi per i fedeli segni efficaci di unità soprattutto in mezzo al sorgere delle divisioni, sia tutelando questa unità quando è minacciata e in pericolo; annunciatori della Parola e, di conseguenza, pieni di zelo e luminosi maestri e dottori della verità rivelata, verità su Dio e su Cristo, sulla Chiesa e sull'uomo; padri spirituali, capaci di generare innumerevoli figli di Dio in Cristo tramite il Vangelo (1Co 1,15) e di educarli nella fede facendoli crescere sino allo stato dell'Uomo perfetto, Gesù Cristo (cfr. Ep 4,13); pastori e guide prudenti, coraggiosi, mansueti, devoti, compassivi, che vogliono e sanno orientare verso le strade del Vangelo tutti coloro che sono dispersi, fuorviati, illusi; maestri nella preghiera dediti a insegnare ai fedeli le strade della preghiera e della lode, dell'adorazione e - perché no? - della contemplazione; santificatori del popolo di Dio che, con la parola e i sacramenti, non disdegnano di rivelare agli altri ciò che regna al di là degli orizzonti di questo mondo e di questa vita e che a questo mondo e a questa vita dà pieno senso.

La parola di Dio nelle Scritture, il magistero della Chiesa, la coscienza di ciascun pastore e la voce - più o meno eclatante, ma sempre chiara e altisonante - dei propri fedeli ribadiscono continuamente che un vescovo non realizza la pienezza della sua vocazione e della sua missione, se non compie con sollecitudine ciascuna di queste dimensioni della sua funzione episcopale.


3. Nella scrupolosa fedeltà alla sua missione, innanzitutto spirituale e religiosa (cfr. GS 42), la Chiesa non può non prestare attenzione al suo dovere di fronte ai problemi che affliggono l'uomo e, soprattutto, alle situazioni che lo offendono nella sua condizione di persona umana e di figlio di Dio. Nelle regioni in cui siete stati posti come pastori, immense folle umane soffrono - e in esse Cristo rivive in certo qual modo la sua passione - il dramma del sottosviluppo e dell'emarginazione nei suoi vari squallidi aspetti: denutrizione quando non addirittura lo spettro della fame vero e proprio, infermità, mortalità infantile, e via dicendo. Davanti alla tentazione non ipotetica né rara, di rifugiarsi nel fatalismo, ho sentito il dovere di dirigere tra i poveri, gli "alagados" di Salvador, un forte appello: Dio non vi vuole vilipendiati, sottomessi a una vita infraumana, immersi nella miseria. Dio vi vuole creature umane e figli suoi, rivestiti della dignità che esso comporta.


4. Con il pensiero rivolto a quei nostri fratelli e coinvolto dal clima di fiducia di questo nostro incontro, signor cardinale e signori arcivescovi e vescovi, non posso non proporvi una riflessione che considero della maggior rilevanza. Mi riferisco a concetti, che più di una volta ho espresso, recentemente, in occasione della Giornata mondiale dell'alfabetizzazione; non esiste possibilità né scelta di sviluppo, di integrazione sociale (e pertanto di vittoria sull'emarginazione) né di autentica liberazione, se non si inizia ad eliminare l'analfabetismo, a dare istruzione, educazione di base, cultura. La storia antica e recente di molti popoli conferma la verità di questa convinzione. Non si opera una vera riforma delle strutture, non si crea un nuovo ordine sociale, non si realizza la genuina liberazione con gli analfabeti.

Facilitare l'alfabetizzazione e l'educazione di base è un servizio fondamentale da prestare a una moltitudine di emarginati. Un uomo che apprende a leggere e a scrivere comprende meglio la necessità dell'igiene, ha più possibilità di curare la propria salute, conosce meglio i propri diritti e doveri, sente il desiderio di partecipare, comincia a sollevarsi in piedi, comincia a realizzare la propria liberazione, non quelle che altri gli vogliono imporre ma quella che a lui conviene.

Affinché ciò accada, il processo di alfabetizzazione deve rispettare alcune leggi interne. Nell'impossibilità di annoverarle tutte, ne ricordo una delle più impellenti: l'alfabetizzazione deve avere come unico fine la cultura e lo sviluppo integrale dell'uomo da alfabetizzare. Questo principio dovrebbe essere sufficiente a scongiurare qualsiasi processo di alfabetizzazione che, per i suoi metodi e i suoi obiettivi più o meno velati, tendesse a "coscientizzare" ("rendere cosciente", "sensibilizzare") la persona da alfabetizzare, se a questo termine si dà il senso di condizionarlo ad una determinata ideologia o schema mentale di tipo socio-politico, diminuendo la sua libertà di discernimento e di opzioni personali.

Un'altra cosa è il "coscientizzare" inteso come "il risveglio della coscienza della propria dignità di persona umana con i suoi diritti e i suoi doveri".

Un'alfabetizzazione che venisse a condurre in modo ingannevole l'alfabetizzando a un assoggettamento ideologico non sarebbe un processo di liberazione, ma di una nuova schiavitù, tanto più grande quanto vestita delle sembianze di liberazione.


5. Come non sottolineare a questo punto la connaturalità che esiste tra la missione della Chiesa e lo sforzo di istruire e di educare? Il titolo che ella ha ricevuto dalle origini di "madre e maestra" è la migliore espressione della sua principale vocazione a insegnare ed educare. Nel corso di tutta la sua storia ella è stata fedele alla funzione educatrice: basta pensare alla determinante attività dei monasteri e delle abbazie, nell'antichità; alla creazione delle prime università, nel Medioevo; alla fondazione degli ordini e delle congregazioni religiose con il carisma preponderante dell'insegnamento e dell'istruzione; al gran numero di istituzioni educative create e mantenute dalla Chiesa in tutte le zone del mondo. Il contributo della Chiesa nel campo educativo e culturale può essere paragonato solamente a ciò che ella stessa svolge e ha svolto nel campo della salute e dell'assistenza ai più bisognosi.

Questa verifica costituisce, senza dubbio, un'interpellanza alla Chiesa affinché, in contesti come quelli in cui voi siete chiamati ad agire, ella accetti la sfida di assumere anche il ruolo di protagonista, insieme agli altri organismi governativi o privati, dell'opera di alfabetizzazione. Ella già sta facendo ciò in molti Paesi e potrebbe farlo in molti altri, con la viva coscienza, basata nell'amore del Redentore, di lavorare affinché fioriscano la giustizia e la carità (cfr. GS 76) e stare così fornendo un contributo valido per lo sviluppo integrale delle immense masse emarginate. Al loro servizio ella si lancia nell'unica rivoluzione che sa e può fare: la rivoluzione dell'amore. In questo caso, mediante la pacifica, costruttiva, feconda, efficace e liberatrice rivoluzione del libro e della penna.


6. L'importanza vitale di questo tema diminuirà forse la sorpresa che potrebbe sorgere di fronte alla sua scelta in un discorso come questo. Sono sicuro inoltre che saprete comprendere nei suoi giusti limiti, cogliere con generoso impegno e tradurre in opere il grave appello contenuto in queste considerazioni con le quali ho desiderato scandire questo nostro incontro.

E' un appello che si dirige ai vescovi del Nordest ma anche - perché no? - ai vescovi brasiliani in generale: appello a una forma concreta del "misereor super turbam" (Mc 8,2). Nell'affanno di partecipare al progresso materiale, morale e spirituale del Paese, non spetta a voi proporre soluzioni tecniche o alternative politico-partitiche, ma è vostro diritto-dovere offrire un contributo profondamente umano come quello dell'alfabetizzazione. Contributo di somma importanza - ripeto - perché genera valide conseguenze, nella linea dello sviluppo e dell'evangelizzazione.

Vi affido dunque il compito di studiare e di dare suggerimenti e la migliore collaborazione alle altre istanze interessate, con un piano di aiuto efficace all'alfabetizzazione e all'educazione di base delle popolazioni analfabete. Nessuno pretende che la collaborazione della Chiesa, da voi orientata, dia una soluzione definitiva al problema, che come voi stessi mi informate, è ancora grave nel Paese.

Ma tale collaborazione sarà sicuramente fruttuosa nel risolvere una parte del problema e per incentivare altri sforzi. Milioni di famiglie vi saranno grate per questo. Dio vi benedirà. E può essere che un giorno lo stesso Cristo vi dica sulla soglia del Regno: "Io ero analfabeta e mi avete insegnato a leggere, a scrivere e a contare".


7. Non voglio concludere senza osservare che domani inizia il mese di ottobre, da secoli celebrato dalla pietà popolare come il mese del rosario. So che il rosario è stato fino a poco tempo fa la devozione tradizionale del popolo brasiliano.

Nelle città e nei paesi dell'interno era abituale il rosario in famiglia o nelle cappelle di campagna, veri semi di comunità ecclesiali di base. Il rosario è stato per secoli strumento di catechesi per i poveri e per gli illetterati, espressione di culto popolare, manifestazione di affetto filiale alla Vergine.

Che buono sarebbe se, in un modo o nell'altro, questa espressione di pietà popolare tornasse a rifiorire. Voi stessi mi avete detto che nella devozione alla Madre di Dio, così radicata nell'anima della gente, si incontra un mezzo di catechesi e uno strumento per frenare il sorgere delle sette tra le popolazioni più umili.

Alla Vergine Maria, che veglia su Bahia con il titolo di "Conceiçao da Praia", su Pernambuco con l'invocazione di Nostra Signora del Carmine, su Paraiba col nome di Vergine delle Nevi, e con altri titoli sulle altre regioni, voglio raccomandare voi e il vostro ministero episcopale, le vostre preoccupazioni pastorali; i presbiteri, vostri fratelli nel sacerdozio e cooperatori nelle stanchezze e nelle gioie del pascolo; i religiosi e le religiose, elementi particolarmente importanti nella vita delle diocesi, i vari agenti pastorali; le famiglie che compongono le vostre Chiese, in particolar modo i giovani, tutti coloro che il Signore Gesù ha inviato come pastori.

Voglia la "Stella dell'evangelizzazione" (EN 82) rifulgere all'orizzonte delle vostre fatiche pastorali, come Venere, segnale di nuova aurora e pegno di rinascente speranza per la missione dei pastori.

Ricordatemi a Dio, soprattutto durante l'Eucaristia. La benedizione apostolica che vi impartisco è il segnale e la promessa che anch'io prego per voi.

Data: 1985-09-30 Data estesa: Lunedi 30 Settembre 1985





Ai pellegrini siciliani- Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'originalità evangelica dell'ideale francescano




1. Sono sinceramente lieto di questo mio incontro con voi, carissimi siciliani, per un duplice motivo: anzitutto perché il vostro è un pellegrinaggio regionale alla tomba del patrono d'Italia, san Francesco d'Assisi; inoltre perché la vostra presenza mi riporta alle indimenticabili giornate della mia visita pastorale nella valle del Belice e a Palermo, nel novembre del 1982.

Esprimo il mio apprezzamento a monsignor Salvatore Cassisa, arcivescovo di Monreale, e al signor presidente della Regione che ringrazio per le loro amabili parole; porgo il mio saluto ai vescovi della Sicilia, al sindaco di Palermo e ai sindaci degli altri comuni siciliani, e a tutti i presenti, con particolare pensiero al Movimento francescano.

Quest'anno la Sicilia ha l'onore di offrire, a nome di tutti i comuni d'Italia, l'olio per la lampada che arde davanti alla tomba di san Francesco. Il gesto che voi siete stati incaricati di compiere, a nome di tutti gli italiani, ha un ricco significato spirituale e sociale: quella lampada ininterrottamente accesa esprime non solo la venerazione e la devozione del popolo italiano per il suo celeste protettore, ma anche e soprattutto il valore sempre attuale, luminoso e ardente, della sua vita e del suo insegnamento, che apparvero ai suoi contemporanei un'autentica imitazione di nostro Signore Gesù Cristo.

Fin dalla sua giovinezza Francesco cerco di dare un senso esaltante alla sua vita; e comprese, non senza divina ispirazione, che non doveva lasciare il Signore per il servo; Dio, così ricco, per l'uomo così povero (cfr. san Bonaventura, "Legenda Maior", I,3), cioè che sarebbe stato più bello servire Dio anziché i potenti del mondo. Per questo, contemplando l'estrema degradazione di Cristo sulla croce, egli penso di "sposare" madonna Povertà, che egli chiamava "la donna più nobile e bella", che i suoi amici avessero fino allora potuto vedere. La "mirabile vita" di Francesco fu un crescendo straordinario di spoliazione fisica e materiale e, in contraccambio, di arricchimento interiore e soprannaturale. Il suo messaggio, che ripeteva ai singoli e alle folle, più con la vita che con le parole, era apparentemente semplicissimo, ma coinvolgeva tutte le energie degli ascoltatori: "Pace e bene!".

Anche oggi questo ideale francescano si insinua e penetra nelle intelligenze e nei cuori dell'uomo contemporaneo con la forza della sua origine evangelica.

Non si possono leggere senza emozione i particolari del pio transito di Francesco, come ci sono riferiti da san Bonaventura: "Disteso sulla terra... dopo aver deposta la veste di sacco sollevo la faccia al cielo... mentre con la mano sinistra copriva la ferita del fianco destro, che non si vedesse... E disse ai frati: Io ho fatto la mia parte; la vostra, Cristo ve la insegni" ("Legenda Maior", XIV,3).

Anche a noi Francesco d'Assisi rivolge tali parole di ammonimento! 2. Questo nostro incontro mi riporta alla memoria la visita compiuta al Belice e a Palermo, quando ho potuto incontrare e parlare a tante categorie di persone dei grandi e gravi problemi della vostra isola, problemi che ancora permangono e che potranno essere risolti con un profondo rinnovamento delle coscienze e con l'impegno comunitario che faccia argine a un certo malcostume e alla vile violenza senza volto, che sa seminare solo morte, sangue e lutti.

Il mio affettuoso pensiero va a voi qui presenti, ai vostri cari, ai siciliani tutti, e in particolare ai giovani, per ribadire il mio invito al coraggio e alla speranza cristiana, per costruire un futuro e una società nuovi, in cui ci sia giustizia, lavoro e serenità per tutti. Per questo occorre essere capaci di testimoniare con la vita quelle certezze che provengono dall'adesione a Cristo e alla Chiesa.

E vorrei concludere questo breve incontro con le ultime parole che rivolsi proprio ai giovani in piazza Politeama, a conclusione del mio viaggio pastorale: "Grazie! Arrivederci! Sia lodato Gesù Cristo!".

Con la mia benedizione apostolica.

Data: 1985-09-30 Data estesa: Lunedi 30 Settembre 1985


Ad vigili del fuoco volontari - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il volontariato, coefficiente di civiltà e di fraternità

Cari signori!


1. Sono lieto di questo incontro, che avete desiderato alla conclusione della Terza conferenza regionale Europa-Africa dei cinquantasei Paesi aderenti alla Federazione mondiale vigili del fuoco volontari. Ringrazio vivamente il signor ministro degli Interni d'Italia, onorevole Oscar Luigi Scalfaro, per le elevate e cordiali parole che mi ha rivolto, facendosi autorevole interprete anche dei sentimenti di tutti voi.

La vostra Federazione, istituita a Tokyo nel dicembre 1982, attribuisce particolare importanza a questi incontri annuali, che consentono di intensificare la vitalità delle associazioni aderenti in rapporto al duplice fine del servizio anti-incendi: quello di prevenire i rischi e quello di prestare urgenti soccorsi nei casi di calamità. Me ne rallegro di cuore, nella certezza che lo scambio di informazioni e di esperienze contribuirà a rendere sempre più efficiente la benemerita istituzione.


2. L'aspetto che mi è grato mettere particolarmente in risalto è il carattere volontario che distingue le vostre associazioni. In una società percorsa da numerosi fenomeni di egoismo e di crudeltà a danno dell'uomo, il volontariato a servizio del prossimo costituisce una forza di prim'ordine, un autentico valore.

E' uno dei segni positivi del nostro tempo, il segno che l'apertura della volontà e del cuore al bene comune è accuratamente coltivata e vissuta. Proprio per questo il volontariato è un valido coefficiente di civiltà e di fraternità.

Questo intendere la spontaneità come vincolo associativo assume poi una peculiare importanza nella dimensione internazionale e mondiale che è propria della vostra Federazione. Si instaura in tal modo una catena di solidarietà e sostegno di un ideale umanitario, la quale assurge a simbolo eloquente e concreto di quella solidarietà più piena tra tutti i popoli e tutti gli uomini, di cui si avverte oggi acutamente il bisogno.

Una tale estensione internazionale si addice pienamente ai compiti delicati e ardui dei vigili del fuoco, impegnati non solo a garantire previamente quelle condizioni di sicurezza che diano garanzia di tranquillità alla vita civile, ma anche a intervenire in circostanze di emergenza, quando si tratta di porre i fratelli al riparo da calamità e pericoli, che anche oggi colpiscono nonostante le sofisticate tecnologie moderne.

Non saranno mai abbastanza elogiati il senso di dedizione, la prontezza, l'altruismo, l'audacia, la disponibilità al sacrificio che la vostra "missione" richiede, non di rado, in situazioni di grave pericolo personale e di rischio talvolta per la stessa vita.


3. Ho usato la parola "missione". Essa è valida anche, anzi maggiormente, in caso di scelta individuale. E' infatti un servizio all'uomo, alla sua vita e alla sua incolumità; un compito che Dio ha affidato a tutti verso i propri simili, specialmente quando essi sono nel bisogno.

Nella prospettiva divina, il dovere che voi avete abbracciato con spontanea generosità, trova commovente riscontro nella parabola del buon samaritano, il quale seppe farsi carico del malcapitato incontrato "per caso" lungo la strada (cfr. Lc 10,33-35).

Mi è caro concludere con un pensiero che Paolo VI rivolse agli allievi delle scuole anti-incendi italiane, in una delle numerose udienze loro accordate.

"Non si può avere la forza d'animo necessaria a tanta generosità, senza una profonda comprensione, senza una retta stima, senza una realistica valutazione del fattore determinante e insostituibile, che è la religione nella vita dell'uomo" ("Insegnamenti di Paolo VI", XI, 1973, p. 516).

Con queste riflessioni auguro un crescente incremento alle associazioni federate, e accompagno l'augurio con l'invocazione di ogni benedizione e grazia celeste.


4. Desidero aggiungere una parola speciale a quelli di voi che sono di lingua inglese. Il vostro servizio volontario è segno della vostra dedizione al benessere e alla sicurezza dei vostri vicini.

Voi cercate di offrire protezione ai vostri concittadini dalla minaccia e dalla distruzione degli incendi. Nello stesso tempo la vostra partecipazione a questa Federazione mondiale dimostra che la vostra carità fraterna si estende oltre i confini nazionali per abbracciare la comunità internazionale. Questa attitudine all'interesse e alla fratellanza universale è veramente lodevole, poiché essa è di vitale importanza in un'epoca tristemente segnata dalla tensione e dalle controversie e, in alcuni luoghi, persino dal conflitto aperto.

So anche che questa collaborazione internazionale favorisce lo scambio di informazioni e tecnologie nel campo della lotta e della prevenzione contro gli incendi. così il contributo che voi siete in grado di portare nei vostri rispettivi Paesi viene ampliato e migliorato. La vostra generosità è inoltre resa più efficace dal vostro desiderio di trovare i mezzi migliori per compiere il vostro servizio.

Gesù Cristo, che noi cristiani professiamo Signore e Salvatore, una volta disse ai suoi discepoli: "Se uno vuol essere il primo, sarà l'ultimo di tutti e il servo di tutti" (Mc 9,35). Il vostro servizio volontario è invero un servizio a tutti.

Possiate trovare molta gioia nell'offrire il vostro tempo e i vostri talenti per proteggere i vostri concittadini. E Dio benedica voi e le vostre famiglie con la sua pace.

Data: 1985-10-01 Data estesa: Martedi 1 Ottobre 1985











GPII 1985 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)