GPII 1985 Insegnamenti - Al Movimento per la vita italiana - Città del Vaticano (Roma)

Al Movimento per la vita italiana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La vita umana è sacra e intoccabile

Illustri signori! Cari fratelli e sorelle!


1. Sono lieto di incontrarmi quest'oggi con voi, al termine del "Convegno internazionale medico" promosso dal "Movimento per la vita italiano" e svoltosi a Fiuggi Terme in collaborazione con qualificati rappresentanti del Secondo istituto di clinica ostetrica e ginecologica dell'università "La Sapienza" di Roma e dell'Istituto di clinica ostetrica e ginecologica dell'università del "Sacro Cuore".

Vi ringrazio per questa gradita visita e vi esprimo il mio compiacimento per la scelta del tema, su cui si sono incentrati gli interventi e i dibattiti di codesto vostro importante convegno: "Tutela della salute della gestante e del concepito".

Vi sono grato anche per l'occasione che mi offrite di rivolgervi, senza entrare nel merito specifico delle questioni da voi affrontate, una parola su un argomento che è al centro delle attenzioni e preoccupazioni della Chiesa, qual è quello della difesa della vita umana. Ho preso conoscenza con interesse del dettagliato programma che mi è stato fatto pervenire dagli organizzatori con gentile premura. Avete toccato aspetti della vita della donna e del nascituro che meritano ogni considerazione, anche perché, al di là della ricerca scientifica, la vicenda di una gravidanza, o meglio la storia di una vita che si accende, trova la sua ragion d'essere nel misterioso progetto di Dio, il "Vivente" per eccellenza (cfr. Dt 5,23 1R 17,1).


2. E' di buon auspicio vedere riuniti nella promozione dei sacrosanti diritti della madre e del bambino non solo professionisti che si ispirano agli ideali proclamati dalla rivelazione divina e da sempre propugnati dalla Chiesa, ma anche quelli di diverso orientamento culturale e ideologico. Questo dice quanto sia alto, anzi unico e irripetibile, il valore della vita. Tutti gli uomini infatti, a qualunque estrazione culturale appartengano, sentono che questo valore è fondamentale, e che nessuno vi può rinunciare, senza tradire la causa stessa dell'uomo.

Ma questa riflessione diventa ancor più esigente e impegnativa per l'uomo biblico, per colui cioè che accoglie la parola di Dio come norma di vita, alla luce del Magistero della Chiesa. Secondo la rivelazione cristiana, infatti, l'uomo non è padrone della propria vita, ma la riceve in usufrutto; non ne è proprietario, ma amministratore, perché Dio solo è il Signore della vita. A questo proposito l'Antico Testamento si esprime in termini perentori: "Del vostro sangue, ossia della vostra vita, io domandero conto" dice il Signore. "Domandero conto della vita dell'uomo alla mano dell'uomo, alla mano di ogni suo fratello. Se uno sparge sangue di un uomo, il suo sangue sarà sparso dall'uomo. Infatti a sua immagine Dio ha fatto l'uomo" (Gn 9,5-6). Una conseguenza diretta della provenienza divina della vita è la sua indisponibilità, la sua intoccabilità, cioè la sua "sacertà": "Io, io solo sono Dio e nessun altro è Dio come me. Sono io che faccio morire e risuscito, sono io che ferisco e risano e non c'è chi possa liberare dal mio potere" (Dt 32,39 Gb Dt 12,10 Dt 34,14). L'uomo tutto intero, anima e corpo, appartiene a Dio; per questo egli si erge a vindice di ogni vita innocente stroncata: "Non far morire l'innocente e il giusto, poiché io non assolvero il malvagio" (Ex 20,13).

Tale sacertà della vita umana viene chiaramente riproposta, sempre con accenti diversi, nel Nuovo Testamento. Al giovane ricco che chiede quali siano i principali comandamenti per "entrare nella vita", Gesù risponde indicando come primo dovere: "Non ucciderai" (Mt 19,18). La tradizione apostolica, in ossequio a questa norma perentoria, propone il divieto dell'omicidio nel più ampio contesto del comandamento dell'amore: "Non siate debitori di nulla con nessuno, se non di amore vicendevole, perché chi ama il prossimo ha adempiuto la legge. Infatti il non commetterai adulterio, non ucciderai, non ruberai, non desidererai e qualsiasi altro precetto si riassume in questa parola: "Amerai il prossimo tuo come te stesso. L'amore non fa alcun male al prossimo" (Rm 13,8 Rm 13,10).


3. La Chiesa, fedele a questa tradizione biblica, non ha cessato attraverso i secoli di adoperarsi con tutti i mezzi a sua disposizione per difendere la vita umana, in qualunque momento dell'esistenza di un uomo e di una donna, in qualunque situazione essi siano venuti a trovarsi. Il Concilio Vaticano II, a questo proposito, si è pronunciato con particolare vigore: "Dio, Signore della vita, ha affidato agli uomini l'altissima missione di proteggere la vita: missione che deve essere adempiuta in modo umano. Perciò la vita umana dal momento del concepimento deve essere protetta con la massima cura" (GS 51).


4. Cari fratelli e sorelle, nel ribadire questi principi cristiani, mi è di conforto sapere che l'opera di voi medici e studiosi di problemi morali, connessi con la vostra professione, si svolge in questo contesto ideale. Ne è prova anche il convegno che avete appena concluso diretto a portare un contributo qualificato alla causa di un sempre migliore servizio umano e cristiano alle donne e ai nascituri in un momento così delicato della loro esistenza. Mi auguro che i vostri incontri siano anche serviti per aggiornare gli aspetti più qualificanti della vostra professione medica e per illuminare sempre meglio le vostre responsabilità di fronte al mistero della vita, che siete chiamati a difendere da qualunque minaccia e a promuovere nella sua qualità. Voglio sperare che il convegno vi sia giovato anche per reagire a certe correnti di opinione che cercano di influenzare le coscienze dei medici "per indurli - come dicevo in altra circostanza - a prestare la loro opera in pratiche contrarie all'etica non solo cristiana, ma anche semplicemente naturale, in aperta contraddizione con la deontologia professionale, espressa nel celeberrimo giuramento dell'antico medico pagano".


5. Non vi scoraggino in questo vostro impegno le difficoltà che indubbiamente incontrerete in un modo o nell'altro. Trattandosi della causa dell'uomo nessun sacrificio deve essere risparmiato, nulla dev'essere lasciato intentato. Voi che siete gli specialisti della vita, fate si che essa fiorisca o rifiorisca in ogni persona: ridarete così il sorriso a coloro che si affidano alle vostre cure, e darete anche gloria a Dio, perché, come dice sant'Ireneo: "L'uomo vivente è gloria di Dio" ("Adversus Haereses", IV, 20,7).

Vi sia di sostegno in codesto vostro nobile sforzo l'assicurazione della mia preghiera per voi, che volentieri avvaloro con la mia speciale benedizione.

Data: 1985-10-12 Data estesa: Sabato 12 Ottobre 1985





A vescovi filippini in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Proclamare e difendere l'autentico insegnamento della Chiesa

Cari fratelli vescovi, sono molto contento di vedervi radunati qui in compagnia del cardinale Vidal. Dopo gli incontri privati che ho avuto con ognuno di voi durante questi giorni della vostra visita "ad limina", ora abbiamo l'opportunità di radunarci nel nome di colui che ci chiamo e ci invio perché portassimo molto frutto (Jn 15,16), nostro signore e salvatore Gesù Cristo.

Vi saluto con grande soddisfazione personale, e attraverso voi mi sento molto vicino al popolo filippino. Voi siete pastori delle regioni di Mindanao e di Visayas, e presto incontrero i vescovi delle altre regioni delle Filippine. La vostra presenza qui non è solo il compimento di un dovere incombente su tutti i vescovi del mondo; è anche l'espressione dei profondi legami di fiducia e lealtà che uniscono i cattolici filippini alla Sede di Pietro. Desidero assicurarvi che le pene e i dolori, le gioie e le speranze dell'intera nazione sono al centro delle mie preoccupazioni e delle mie preghiere.


1. Le nostre conversazioni e i rapporti che avete preparato per questa visita mostrano quanto profondamente sentiate la responsabilità del compito affidato al vostro ministero episcopale. A volte potete sentirvi gravati dalla missione e dagli ostacoli che si frappongono ai vostri sforzi. Ma c'è una cosa di cui siete certi e che anima la vostra fiducia. E' la risposta di Cristo all'inquietudine dell'apostolo Paolo: "La mia grazia ti basta, poiché la mia potenza è resa perfetta nella debolezza" (2Co 12,9). Con questa convinzione troverete il coraggio di porre interamente le vostre vite al servizio del mistero della salvezza affinché giunga a compimento in mezzo al vostro popolo.

E' giusto che insieme leviamo le nostre voci in gioioso ringraziamento a Dio, il nostro Padre celeste dal quale provengono tutte le cose buone, per la vitalità e i progressi della Chiesa nelle Filippine. Le vostre comunità sono impregnate di energie vitali, un dinamismo che appare evidente dalle numerose istituzioni, attività e iniziative che hanno sempre segnato l'ininterrotto sviluppo della Chiesa. C'è sempre spazio per migliorare e correggersi, ma non dimentichiamo le "grandi cose" che il Signore ha fatto e continua a fare nei cuori della gente filippina. Come Maria, l'intera Chiesa delle Filippine può magnificare il Signore per l'abbondanza della sua grazia (cfr. Lc 1,46-49).


2. Proprio perché siete vicini alla vita quotidiana dei membri delle vostre Chiese locali, alle loro sofferenze e aspirazioni, vi siete preoccupati di offrire una guida e una direzione al vostro popolo nella sua ricerca di una condizione umana più dignitosa e di una maggior partecipazione nelle importanti scelte che riguardano la vita della nazione. Tutta la Chiesa vi è grata per l'esempio che avete dato di condivisione e solidarietà con i bisognosi e per la vostra incoraggiante partecipazione allo sviluppo e al progresso del vostro popolo. Voi siete indubbiamente rafforzati nel vostro ministero pastorale dalla comprensione, dal rispetto e dall'aiuto reciproci che contraddistinguono l'attività della vostra Conferenza episcopale, soprattutto quando vi riunite a discutere i vari problemi che richiedono attenzione e collaborazione da parte di tutto il corpo episcopale.

In queste occasioni vi occupate delle questioni che riguardano le vostre comunità come pastori della Chiesa di Dio: come vescovi il cui compito principale è insegnare l'intera verità del Vangelo, di insegnare la verità intera sull'uomo (cfr. RH 12). La verità piena sulla vita umana e sul destino umano si trova nella rivelazione del Vangelo, nella persona del Figlio di Dio incarnato e attraverso l'evento salvifico della sua morte e risurrezione, reso presente in ogni età e in ogni luogo attraverso il mistero della Chiesa.


3. La comunità di coloro che credono nel Signore Gesù Cristo è unita da un profondo legame di vita e amore. Nel tentativo di servire questo legame, non si può porre il messaggio del Vangelo al servizio di un obiettivo diverso dalla pienezza di vita e di amore che emana dal mistero pasquale. L'amore di cui stiamo parlando è l'eterno, misericordioso amore di Dio che "è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato donato" (Rm 5,5). Tale amore è incompatibile con l'uso della divisione, dell'opposizione, dell'odio o della violenza quale programma di vita cristiana o quale progresso nella giustizia. A questo proposito è illuminante rileggere certe pagine dell'esortazione apostolica di papa Paolo VI "Evangelii Nuntiandi". Qui egli ci ricorda che ogni riduzione del messaggio totale di salvezza predicato dalla Chiesa la priva della sua "originalità" e la espone "a monopolizzazioni e manipolazioni da parte di sistemi ideologici e partiti politici".

Di fronte alle tensioni sociali, economiche e ideologiche che esistono in alcune delle vostre diocesi, dovete essere saggi e coraggiosi per rimanere fedeli a Cristo, Pastore supremo del gregge (cfr. 1P 5,4). In ogni occasione dovete proclamare che nessuna liberazione imminente e puramente temporale può essere l'oggetto della missione evangelizzatrice della Chiesa. Significa forse che la Chiesa non abbia un messaggio di liberazione da proclamare a coloro che desiderano un riscatto da una qualunque forma di oppressione o ingiustizia che diminuisca la dignità loro donata da Dio? O che la Chiesa nelle Filippine non possa portare nessun contributo concreto allo sviluppo, alla pace, al progresso? Di nuovo le parole della "Evangelii Nuntiandi" (EN 38) sono un'affermazione autorevole della reale partecipazione della Chiesa alla causa della vera liberazione. Esse indicano anche i mezzi da usare affinché il risultato finale sia realmente a vantaggio dei popoli e non a loro danno. Infatti la Chiesa "fornisce "liberatori" cristiani con l'ispirazione della fede, la motivazione dell'amore fraterno, un insegnamento sociale che il vero cristiano non può ignorare, ma deve far diventare il fondamento della sua saggezza e della sua esperienza, al fine di tradurlo concretamente in forme di azione, partecipazione e impegno. Tutto ciò deve caratterizzare lo spirito di un cristiano impegnato, senza confusione con atteggiamenti tattici o con il servizio a un sistema politico. La Chiesa si sforza sempre di inserire la lotta cristiana per la liberazione nel piano universale di salvezza che essa stessa proclama".


4. Talvolta un concetto di Chiesa "del popolo" è messo in contrasto con il concetto della Chiesa "istituzionale", come se quest'ultima fosse come fallita nella sua missione e fosse ora un nemico dello sviluppo umano e perfino del messaggio stesso del Vangelo, mentre la prima è interpretata come la vera fonte di speranza e di felicità.

L'errore di tale presentazione è evidente. La Chiesa è il sacramento di salvezza solo se continua ad essere totalmente ciò che il suo divino fondatore voleva fosse. In particolare è dovere incombente dei vescovi, individualmente e collettivamente, penetrare ancor più pienamente il mistero divino e umano della Chiesa. In questo compito abbiamo la guida degli splendidi insegnamenti del Concilio Vaticano II, in particolare la costituzione dogmatica sulla Chiesa "Lumen Gentium".

Come vescovi ci è assegnato il compito di proclamare e difendere la totalità dell'insegnamento della Chiesa in tutta la sua autenticità. Dobbiamo anche essere vigilanti affinché ad altri che predicano e insegnano in nome della Chiesa non sia permesso distorcere tale insegnamento, con conseguenze di confusione e turbamento per le coscienze dei fedeli. Questa questione sarà spesso per voi fonte di sofferenza e di prova. Sarete talvolta un segno di contraddizione. La vostra carità in questi casi, a volte verso i vostri più stretti collaboratori, sarà segnata dal perdono, dalla pazienza, dalla tolleranza e dal coraggio. Il vostro amore non deve divenire una falsa compassione che finisca per insidiare la verità e distruggere proprio quell'armonia che pretende di preservare. L'amore pastorale che avete per le vostre comunità talvolta richiede che non risparmiate le "parole dure" (cfr. Jn 6,60) che colmano la distanza tra la natura umana corrotta e i precetti morali di vita nello Spirito di Cristo.

Possa il Signore Gesù inviarvi i confortanti doni dello Spirito Santo mentre parlate in suo nome e guidate le vostre Chiese locali lungo il sentiero della vita e dell'amore! 5. In molte delle vostre diocesi i fedeli cattolici vivono fianco a fianco con i membri della fede musulmana. Qua e là sono sorte tensioni nel campo delle aspirazioni politiche. Eppure, sulla base del comune legame di fede nel Dio supremo e a partire dal rispetto per una delle più grandi tradizioni religiose del mondo, le vostre Chiese locali stanno attivamente mantenendo buone relazioni con la comunità musulmana e offrono già servizio e fruttuosa collaborazione nelle attività educative e sociali. E' importante compiere ulteriori passi in questo cammino di comprensione reciproca e di armonia.

Vorrei ripetere alla Chiesa delle Filippine ciò che dissi a un raduno di giovani musulmani durante la mia recente visita in Marocco: "Il dialogo tra musulmani e cristiani è oggi più necessario che mai... Credo che noi, cristiani e musulmani, dobbiamo riconoscere con gioia i valori religiosi che abbiamo in comune e ringraziare Dio per questo... Credo che oggi Dio ci inviti a cambiare le nostre vecchie abitudini. Dobbiamo rispettarci a vicenda e dobbiamo anche vicendevolmente stimolarci in buone opere sul sentiero di Dio" (16 settembre 1985).


6. Siete certamente coscienti che il successo del vostro ministero dipende in grande misura dalla fede e dalla vita cristiana dei vostri collaboratori, specialmente dei vostri sacerdoti, i religiosi e le religiose, e i catechisti che lavorano strenuamente al vostro fianco nell'impegno dell'evangelizzazione. A questo riguardo non possiamo dimenticare la generazione di missionari, uomini e donne, che hanno servito la Chiesa nelle Filippine con generosa dedizione.

Desidero assicurare al personale missionario che sta lavorando nelle vostre Chiese locali, che la loro collaborazione pastorale è necessaria e apprezzata.

Sacerdoti e religiosi in particolare dovrebbero essere incoraggiati a "condurre una vita degna del Signore, piacendogli in tutto" (Col 1,10). Essi devono pregare e dovrebbero anche essere visti pregare; in tal modo essi danno la preminenza alla potenza della grazia di Cristo e dello Spirito Santo nelle loro attività pastorali. A questo riguardo, essi trarranno grandi vantaggi dalla recita attenta e ben disposta dell'Ufficio divino, che è la preghiera di Gesù stesso, il quale unisce a sé l'intera comunità umana in questo cantico di lode a Dio (cfr. SC 83). Inoltre l'importanza del sacramento della Penitenza nella loro personale ricerca della santità della vita non può essere trascurata.

In tutto ciò voi dovete assisterli con il vostro esempio e la vostra guida.

Il progresso che la Chiesa nelle Filippine sta facendo nel provvedere a nuovi seminari per il gran numero di vocazioni con cui siete benedetti, e a nuovi centri di formazione per tutti coloro che rispondono all'invito di Cristo a lavorare nella sua vigna, accrescono la necessità di garantire che in tale formazione sia data la priorità alla vera spiritualità e alla fedeltà agli insegnamenti della Chiesa. Per questo compito avete abbondanza di direttive nei documenti del Concilio Vaticano II e nei documenti importanti della Santa Sede.

E dovete presentare ai vostri seminaristi un'immagine del sacerdozio che corrisponda veramente al loro futuro ruolo nella Chiesa, un ruolo che è conseguenza del loro rapporto con Cristo. Bisogna mostrare loro che la vita che hanno scelto non è una semplice professione o una forma di impiego. Devono essere incoraggiati ed educati a vivere la loro vocazione con gioia e nella liberante generosità del totale abbandono in Dio. E un senso della giustizia a loro riguardo ci dice che fin dai primi giorni nel seminario essi devono essere istruiti sul valore del celibato nel servizio a Cristo e al suo regno (cfr. OT 10).

Similmente desidero dirvi che sono pienamente convinto che un vescovo avrà successo come pastore e padre del gregge a lui affidato solo se pone grandissima attenzione ed energia nel coltivare rapporti personali, amichevoli e franchi con i suoi sacerdoti, con i religiosi e con i laici che rendono il loro specifico e insostituibile contributo al bene della Chiesa locale.




7. Fratelli miei vescovi, ci sono molte altre questioni che meritano la nostra attenzione. Di alcune di queste mi occupero quando avro il piacere di incontrare gli altri membri della vostra Conferenza, nello stesso modo fraterno in cui ho cercato di esprimere a voi i miei pensieri. So che le sfide che vi vengono poste non sono di poco rilievo. A questo riguardo desidero ricordare le tragiche morti di padre Tullio Favali del Pime e di padre Alberto Romero. E non posso far altro che condividere con voi la mia profonda personale preoccupazione per la sorte del padre redentorista Rudy a Cebu, l'11 luglio di quest'anno. Ma la vostra fiducia è in Cristo. Voi potete anche confidare nell'intercessione di Maria, Madre della Chiesa, che è profondamente amata e onorata dal popolo filippino. Quest'anno celebrate uno speciale anno mariano, un tempo di grazia e di devozione che manifesta l'anima profonda del vostro popolo e mostra con quale profondità la fede della Chiesa abbia penetrato lo spirito della nazione. Nelle mie preghiere affido alla cura amorosa di Maria la Chiesa tutta delle Filippine, e le chiedo di ottenere per voi e per il vostro popolo i doni della pace e della riconciliazione.

Infine mi servo di questa occasione per rivolgere una parola di apprezzamento all'arcivescovo Mabutas, presidente della vostra Conferenza, avvicinandosi la fine del suo mandato. Mi unisco a voi tutti nel riconoscimento dello zelo e dell'energia con cui ha sostenuto le molte responsabilità di tale ufficio. Possa il Dio della pace ricompensarlo ampiamente! Dal mese di gennaio il cardinale Vidal sarà il prossimo presidente e colgo l'occasione per augurargli ogni successo in questo ufficio. So che gli offrirete piena collaborazione e assistenza.

E possano la grazia e la pace scendere abbondantemente in tutti voi (cfr. 1P 1,2).

Data: 1985-10-12 Data estesa: Sabato 12 Ottobre 1985


Ai novelli sacerdoti del Collegio germanico-ungarico - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Testimoni della verità di Dio e servitori degli uomini

Cari sacerdoti novelli, cari fratelli e sorelle! Nei miei viaggi pastorali l'incontro con i sacerdoti sta sempre al centro dei festeggiamenti e delle manifestazioni religiose. Dove è possibile impartisco anche personalmente il sacramento dell'ordinazione sacerdotale. In tal modo desidero rendere visibile e ancor più stretto il forte legame che unisce intimamente proprio i sacerdoti con la persona e l'ufficio del successore di Pietro.

Perciò è per me fonte di particolare gioia poter oggi ricevere brevemente voi, i sacerdoti novelli del Collegio germanico-ungarico, insieme ai vostri parenti. Con sentita gioia mi congratulo con voi "tutti" per il grande dono di grazia che avete appena ricevuto: con voi, miei giovani confratelli nel sacerdozio, affinché possiate d'ora in poi concretizzare e perpetuare nella Chiesa di Gesù Cristo la missione sacerdotale del sacerdote sommo ed eterno tra gli uomini; ma anche con voi, le famiglie, i genitori e i fratelli dei neoconsacrati.

Non senza motivo il Concilio Vaticano II definisce la famiglia il "primo seminario" (OT 2). Una chiamata al sacerdozio non è mai un dono esclusivamente personale; sorge e si sviluppa nella comunità del popolo di Dio e viene accompagnata e sostenuta dalla preghiera e dalla testimonianza dei fratelli, in particolare dei più vicini. Un'ordinazione sacerdotale è perciò sempre anche una grazia particolare e un segno di elezione per la famiglia e per la comunità parrocchiale del chiamato.

Ricevendo l'ordinazione sacerdotale iniziate il vostro servizio sacerdotale nella Chiesa per annunciare la buona novella di Cristo e per diffondere la sua grazia. In ultima analisi è Cristo stesso che attraverso di voi vuole rendere operante la sua salvezza tra gli uomini. Perciò il vostro servizio sacerdotale resta sempre intimamente legato al compito salvifico della Chiesa e si può compiere e sviluppare fruttuosamente solo in stretta comunione con il vostro vescovo.

Nella preoccupazione comune per la salvezza degli uomini voi condividete la preoccupazione pastorale del successore di Pietro, al quale è affidata dal Signore la responsabilità per la Chiesa tutta. Perciò vi saluto oggi anche come miei nuovi collaboratori nella missione universale di Gesù Cristo. Soprattutto da sacerdoti che come voi hanno ricevuto una formazione qui nel centro della cristianità cattolica, mi aspetto una visione veramente cattolica e mondiale della loro azione e un particolare legame con i più alti uffici dottrinali e pastorali della Chiesa.

Cari giovani confratelli, vivete sempre il vostro sacerdozio a partire da quella grazia che dimora in voi dall'imposizione delle mani! Noi tutti conosciamo le difficoltà e le sfide che il sacerdote deve affrontare nell'odierna società secolarizzata. Esse tuttavia non vi devono scoraggiare, ma piuttosto rafforzare nella convinzione di quanto il mondo di oggi abbia bisogno del sacerdote quale testimone di Dio e del destino eterno dell'uomo. Dovete essere miei testimoni, dice Cristo anche a voi. Come lui dovete d'ora in poi anche voi dare testimonianza alla verità - a proposito e a sproposito. Siate sacerdoti di Gesù Cristo, e siatelo completamente! Tenete fede alla vostra parola, ai vostri compiti, ai vostri doveri, e consideratevi non padroni ma servitori del popolo di Dio e degli uomini; servitori che adempiono con fedeltà il compito che hanno ricevuto in nome di Cristo; servitori che per volontà di Cristo diventano tutto in tutti per guadagnare tutti a Dio e al suo regno.

Raccomando la vostra futura opera sacerdotale in maniera particolare alle preghiere dei vostri parenti e delle vostre comunità. Possa il Signore essere sempre con voi, rafforzarvi e guidarvi! Con i miei migliori auguri personali impartisco di cuore a voi e ai vostri cari qui presenti e nelle vostre località d'origine la mia particolare benedizione apostolica.

Data: 1985-10-12 Data estesa: Sabato 12 Ottobre 1985





Al Simposio ecumenico europeo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Una preziosa eredità per la Chiesa odierna




1. La mia gioia è grande nel vedervi qui riuniti questa sera, slavi o amici degli slavi di tanti Paesi europei, degli Stati Uniti o del Canada, alla veglia della nostra grande celebrazione liturgica in onore degli apostoli slavi Cirillo e Metodio, in quest'anno dell'XI centenario della morte del santo Metodio e dell'opera di evangelizzazione dei due santi.

Io saluto tra di voi i rappresentanti delle Conferenze episcopali d'Europa che hanno appena tenuto il loro simposio sull'evangelizzazione nel contesto attuale dei Paesi europei. Sono felice di salutare al loro fianco i rappresentanti delle altre confessioni cristiane che, con spirito ecumenico, hanno voluto associarsi all'evocazione delle nostre radici comuni. Ringrazio il comitato romano per le celebrazioni dei santi Cirillo e Metodio con il suo presidente, il cardinale Wladyslaw Rubin, sfortunatamente assente per ragioni di salute, il suo vicepresidente, il cardinale Jozef Tomko, e anche coloro che hanno assicurato la segreteria: monsignor Hrusovsky, nella prima fase, e monsignor Jezernik, nella fase attuale. Saluto i partecipanti al congresso, accolgo gli artisti e tutti i pellegrini venuti a festeggiare i nostri due grandi santi, compatroni dell'Europa.


2. Questa celebrazione dell'XI centenario della morte di san Metodio ci stava molto a cuore, a me personalmente, figlio della Polonia, e a voi tutti, cari amici. Essa costituisce un avvenimento significativo e stimolante per i popoli slavi, ma anche per l'intera Europa e per tutta la Chiesa. Per questo abbiamo voluto ricordarla quest'anno con una serie di manifestazioni importanti.

Il 14 febbraio, festa dei due fratelli di Salonicco coincidente con la nascita al cielo di san Cirillo, sono andato a inaugurare le feste giubilari con una concelebrazione liturgica nella basilica San Clemente dove sono deposti i resti di san Cirillo.

Il 2 giugno ho siglato la lettera enciclica "Slavorum Apostoli", nella quale ho voluto descrivere il carisma e l'opera ammirabili dei due grandi evangelizzatori, convinto che tutta la Chiesa, e specialmente coloro che contribuiscono oggi all'evangelizzazione, possano trarre grande profitto dall'esempio della loro vita, del loro senso ecclesiale e del loro metodo d'apostolato.

All'inizio di luglio ho inviato il cardinale Casaroli, segretario di Stato, a presiedere in nome mio due grandi celebrazioni in due Paesi dell'antica Moravia che hanno in modo particolare beneficiato dell'apostolato dei nostri due santi: a Djakovo, in Jugoslavia, poi a Velehrad, in Cecoslovacchia. Mi ha commosso il fervore con il quale le popolazioni locali hanno partecipato a queste due celebrazioni.

Io so che in molti luoghi e in molti Paesi le Chiese hanno preso iniziativa per celebrazioni simili, convinte di tutto ciò che devono ai fondatori e ai loro discepoli, non soltanto queste Chiese ma anche le nazioni e le società attuali del mondo slavo. Ed ecco che, questa settimana, parecchie manifestazioni giungono a coronare quest'anno.

Vi voglio parlare dell'esposizione su Cirillo e Metodio che, nella Biblioteca Vaticana, presenta più di centoventi documenti sulla cultura slava.

Nello stesso tempo, si è appena svolto all'università Urbaniana, con le cure del Comitato romano e del Pontificio istituto orientale, un congresso che ha permesso a relatori eminenti di esporre l'opera dei due grandi evangelizzatori e il suo splendore.

Oggi ricevo con gioia i numerosi partecipanti al pellegrinaggio romano, venuti dai diversi Paesi slavi così come i loro amici. Io li salutero nelle loro lingue. E domani avremo insieme la grande celebrazione eucaristica che ho ricordato.


3. Mi rivolgo in modo particolare ora ai congressisti. Cari amici, il vostro congresso internazionale realizzato per l'XI centenario della morte di san Metodio, sul tema "Il cristianesimo presso gli slavi", ha trovato in modo naturale la sua sede a Roma. In effetti, anche se Metodio ha raggiunto il Signore nell'eternità a Velehrad in Moravia, è a Roma che riposa Costantino-Cirillo, suo fratello e compagno inseparabile, nella missione che Metodio ha compiuto presso gli slavi e nell'onore che gli si rende oggi: "Fratello mio, noi abbiamo diviso la stessa sorte, conducendo l'aratro nello stesso solco", diceva san Cirillo sul letto di morte ("Vita Methodii", VIII, 2). E' qui nella basilica di Santa Maria Maggiore, a Roma, che il mio predecessore, il papa Adriano II, depose sull'altare i Libri santi tradotti da loro in lingua paleoslava, approvando con questo gesto le traduzioni della liturgia in questa lingua. Qui a Roma i primi ecclesiastici slavi ricevettero la loro ordinazione e cantarono la loro prima messa in slavo.

Qui, ancora, Metodio fu consacrato vescovo con il titolo del seggio di Sirmium, e fu messo a capo della prima diocesi per le nazioni slave della Pannonia e della Grande Moravia, con l'autorità molto estesa di delegato della Santa Sede per tutti gli slavi.

Il vostro congresso - con la sua fitta rete di rapporti scientifici, di comunicazioni e di altre attività parallele, come l'esposizione di codici, di incunaboli e di libri rari slavi - è, per la prima volta nella storia, una maniera di illustrare concretamente e di far brillare le figure dei due santi apostoli degli slavi con la loro multiforme ricchezza. Voi rappresentate tutte le nazioni slave, e anche le altre che si associano ad esse nella venerazione e nella stima dei due santi e nell'amore reciproco dei loro eredi.

Si, la vostra presenza è una viva immagine della grandezza e dell'estensione dell'eredità spirituale di Cirillo e Metodio, che è indissolubilmente religiosa e culturale.


4. Una tale iniziativa non ha solamente un interesse storico e scientifico; essa permette di rischiarare la strada che devono intraprendere gli evangelizzatori d'oggi. Questo senso dell'apostolato dei santi Cirillo e Metodio è molto importante per noi, come dicevo nell'enciclica che ho consacrato loro. E' bene per noi ammirare il coraggio missionario di questi pionieri che hanno lasciato la loro patria e la civiltà brillante di Bisanzio per portare il Vangelo in un altro universo culturale, a prezzo di un grande distacco, numerose fatiche e dure incomprensioni e persecuzioni. Essi non avevano altro scopo se non il bene dei popoli slavi, di cui essi rispettavano l'uguale dignità di fratelli in Gesù Cristo, che essi amavano, senza alcun spirito di discriminazione, che essi desideravano aiutare nella difesa della loro identità, e che volevano far beneficiare della salvezza apportata da Cristo.

L'approccio evangelizzatore comportava un profondo rispetto delle persone, delle loro tradizioni, dei loro valori umani, delle loro aspirazioni, con uno spirito di dialogo che escludeva l'imposizione con la forza. E' grazie a questo amore, a questo zelo, a questo realismo, che essi hanno assimilato la cultura dei loro amici, hanno penetrato la loro mentalità, hanno tradotto nella loro lingua il messaggio cristiano, e hanno inventato la scrittura corrispondente.

Ciò che non è meno ammirabile, in quest'opera di adattamento e di inculturazione, è la cura impiegata ai fini di rispettare l'ortodossia del messaggio, affinché la fede e i costumi dei convertiti fossero coerenti con il deposito unico della tradizione.

Essi avevano un senso acuto dell'unità spirituale comune alla Chiesa romana, alla Chiesa di Costantinopoli e alle Chiese slave. Essi sapevano fino a che punto questa unità nella fedeltà, la pace e l'amore erano indispensabili alla Chiesa. Con loro, noi apprezziamo meglio le radici cristiane dell'Europa. Con loro, comprendiamo meglio come la Chiesa debba presentarsi ed esercitare la sua missione nel mondo di oggi, in Europa e nelle giovani Chiese di missione.


5. Desidero ora parlare ai numerosi pellegrini che sono giunti a Roma per queste celebrazioni.

Fu la genuina preoccupazione pastorale e il fervore missionario che spinse i santi Cirillo e Metodio a compiere il loro viaggio a Roma. Essi cercavano consiglio e assistenza nei loro sforzi per evangelizzare e organizzare la vita ecclesiale dei popoli slavi. Allo stesso tempo, essi giunsero come veri pellegrini in questa città, desiderosi di visitare i luoghi resi santi dalla valorosa testimonianza dei santi Pietro e Paolo e dalle vite eroiche di innumerevoli martiri e santi. Essi presero parte alle celebrazioni liturgiche in varie chiese di Roma, nelle basiliche di San Clemente, Santa Maria Maggiore, Sant'Andrea, San Paolo, San Pietro e così via. Essi si unirono attivamente alle processioni e alle pratiche di devozione, e pure alle ordinazioni al diaconato e al sacerdozio.

Essendo uomini con un grande amore per la preghiera e per la sacra liturgia, furono lieti della possibilità di entrare nella ricca vita sacramentale e liturgica della Chiesa romana.

Fin dai primi secoli, Roma è stata costantemente un importante centro di pellegrinaggio. In ogni età i fedeli si sono recati alle tombe degli apostoli e dei martiri in cerca di un rinnovamento spirituale e di un approfondimento della loro fede. I vescovi sono giunti dalle loro Chiese locali per incontrare il successore di Pietro e per rafforzare i loro legami di unità collegiale e di carità fraterna con lui. I giovani vengono alla ricerca di quello zelo e di quell'entusiasmo che accesero la fede dei martiri. Gli infermi e i malati pregano qui per la salute e la guarigione. I peccatori aspirano al perdono dei loro peccati e alla riconciliazione con Dio. Gli intellettuali e gli uomini e le donne di cultura vengono per ammirare i tesori dell'arte e dell'architettura e dare spazio al loro gusto per la bellezza e per la verità. Per tutti coloro che compiono il viaggio, il pellegrinaggio esprime un desiderio e un'aspirazione a Dio, una ricerca interiore di quella pienezza e integrità che può essere trovata solo nel nostro Redentore.

Il viaggio verso Roma di pellegrini provenienti da tutte le parti del mondo riflette in un certo senso il mistero della Chiesa. Come dice la Lettera agli Ebrei: "Non c'è città eterna per noi in questa vita ma ne cerchiamo una nella vita a venire" (He 13,14). Noi siamo pellegrini in viaggio verso il regno celeste, e nei centri particolari di pellegrinaggio, come la città di Roma, troviamo l'incoraggiamento e l'ispirazione di cui abbiamo bisogno per continuare sul nostro cammino.

I molti pellegrini che giungono in questo luogo danno anche espressione dell'universalità della Chiesa. Noi parliamo lingue diverse. Rappresentiamo una ricca varietà di culture. Eppure attraverso il Battesimo e la fede siamo uniti nella speranza e nell'amore. Noi siamo tutti membri dell'unico Corpo di Cristo, la Chiesa.


6. Vorrei ora rivolgere una parola agli artisti che prendono parte a questo raduno e danno dimostrazione delle loro capacità. Il frutto dell'evangelizzazione iniziata dai santi Cirillo e Metodio è stato meravigliosamente abbondante e vario.

Esso riluce nello splendore della liturgia divina dei popoli slavi. Influenzo in grande misura i contorni e lo sviluppo della loro cultura, come è riflesso nella musica, nella letteratura, nell'architettura e in molte altre forme d'arte e di pensiero. Infatti tale influenza è così penetrante che non si può comprendere la cultura degli slavi senza riconoscere il decisivo apporto della fede cristiana.

E' profondamente giusto quindi che, assieme a san Benedetto, Cirillo e Metodio dividano il titolo di patroni d'Europa. Poiché in effetti questi tre grandi santi hanno contribuito in maniera altamente significativa al patrimonio culturale e artistico dell'Europa sia occidentale che orientale.

[Omissis: saluti in varie lingue orientali]

Data: 1985-10-12 Data estesa: Sabato 12 Ottobre 1985






GPII 1985 Insegnamenti - Al Movimento per la vita italiana - Città del Vaticano (Roma)