GPII 1985 Insegnamenti - Incontro col mondo accademico all'Università - Sassari

Incontro col mondo accademico all'Università - Sassari

Titolo: Ravvivare i valori umani alla luce della scienza e della fede

Illustrissimo signor magnifico rettore, chiarissimi professori, cari studenti.


1. Un cordialissimo saluto a voi tutti che fate parte di questa insigne università di Sassari. Insieme con il Centro di Cagliari essa sta al vertice della cultura nella vostra isola. Un ringraziamento particolare al rettore per il cortese e gradito invito e per le nobili parole pronunziate. Un pensiero deferente e cordiale va anche al presidente della Repubblica italiana, vostro conterraneo e per lunghi anni illustre docente presso questa università.

Trovarmi in questa università è per me rivivere i non pochi anni dedicati all'insegnamento accademico, nel contesto di quotidiani contatti con colleghi e studenti che hanno segnato profondamente la mia vita.

Con voi e con la vostra università saluto la vostra antichissima e umanissima cultura. La Sardegna ha radici culturali lontane nel tempo, che attingono a fonti puniche, greche e romane, alla civiltà spagnola come a quella che precedette l'unità d'Italia. E radici culturali antiche e profonde ha pure la provincia turritana, che in questa università ha da secoli il suo massimo centro di attività intellettuale, fonte di luminoso irraggiamento umanistico per il Logudoro e per l'intera isola. Voi potete ben comprendere la mia ammirazione per una così impegnativa storia dello sforzo culturale che si è sviluppata in questa terra. Di tale impegno voi siete i legittimi eredi e rappresentanti.

Tale ammirazione per me si arricchisce di un più interessante motivo quando riscontro che l'origine dell'università di Sassari è singolarmente legata a un'iniziativa della Chiesa; precisamente al genio dei gesuiti, che si impegnarono a dare all'isola una sua peculiare dignità e promozione culturale. Infatti è dal Collegio dei gesuiti della provincia di Sardegna, risalente al 1562, che nasce, con diploma regio del 1617, la prima università di questa terra. Alle iniziali due facoltà di filosofia e teologia se ne aggiunsero altre, fino a costituire, nel corso del tempo, l'attuale moderno ateneo.


2. Tutto questo insieme di eventi mi facilita la parola che vorrei dire in questa felice circostanza. E' naturale che io vi parli dell'università e della Chiesa, che in questo momento, qui s'incontrano. E poiché la vostra stessa cultura vi ha reso particolarmente sensibili ai valori umani e alla dignità della persona, sarà questo il tema principale di quanto verro dicendo.

Vi è in quest'isola una singolare ricchezza di umanità, che è il vostro patrimonio più bello e prezioso. Ecco perché certi fenomeni - come quello tanto deplorevole dei sequestri che turbano, in questi tempi, la vostra società - vi feriscono e vi offendono profondamente. Questi fatti non sono prodotti né dalla vostra cultura né dalla vostra gente. Voi li sentite del tutto estranei ai vostri sentimenti umani e cristiani. Sono la zizzania che l'"inimicus homo" ha seminato nel campo del buon grano della vostra antica civiltà e sono perciò fatti che suonano in contrasto stridente con la singolare ricchezza di umanità che vi distingue.


3. E' qui dove la Chiesa e l'università possono e debbono continuare a collaborare e compiere insieme, anche nel nostro tempo, un inestimabile lavoro, perché nessun fenomeno di recessione e di emarginazione abbia più a turbare la vostra serena regione.

Gli studi universitari per la loro stessa natura aiutano l'uomo a realizzarsi. Il sapere di qualsiasi settore delle scienze umanistiche, naturali e sociali realizza intellettualmente l'uomo. Quanto più l'uomo, lo studente, avanza nella conquista del vero, nella rispettiva disciplina, tanto più la sua mente si sviluppa. La ricerca è il primo e fondamentale compito dell'università. Nessuna presenza culturale può incidere durevolmente nell'esperienza di un popolo, se non affonda le sue radici nel rigoroso impegno di ampliare sempre più gli orizzonti della conoscenza nei vari ambiti del sapere. Ma l'uomo non è soltanto intelligenza. E' anche volontà. Nella vita pratica la volontà ha sempre il primato su tutto l'agire umano, specialmente sull'agire morale.

Al progresso scientifico perciò non contribuisce soltanto l'intelligenza, ma anche la volontà. Nella mia prima enciclica "Redemptor Hominis" diretta a tutti gli uomini di buona volontà, ho richiamato l'attenzione sulla minaccia e sui pericoli gravissimi che la scienza e la tecnica possono recare all'umanità, se manca la buona volontà di coloro che hanno in mano le sorti del mondo. Di qui la paura che i risultati dell'intelligenza e i prodotti delle sue stesse mani e del suo genio si rivoltino contro l'uomo. Lo scopo degli studi universitari non è certamente quello di condurre a tali conseguenze. Tutto in questo mondo dev'essere al servizio dell'uomo. Di qui l'imprescindibile compito pedagogico e costruttivo dell'università nell'edificazione dell'uomo integrale, non solo intellettualmente bravo, ma più ancora saggio e addestrato nel retto uso della volontà. Non basta che gli studenti escano di qui con l'intelletto ricco di nozioni. Essi devono uscire uomini con la volontà autoguidata da salde convinzioni morali e da ferme e operanti buone intenzioni.

Indispensabile quindi la ricerca scientifica in quel contesto di interdisciplinarietà per il quale l'università si caratterizza in rapporto ad altri centri culturali. Indispensabile l'impegno didattico, mediante il quale le acquisizioni scientifiche vengono partecipate alle nuove generazioni, avide di sapere. Ma ancor più indispensabile è l'attenta considerazione dei valori fondanti che stanno alla base di ogni edificio culturale autenticamente umano. E' perciò necessario che l'informazione sia guidata dalla sapienza, la quale, con vivo senso di responsabilità, sappia rispettare la scala dei valori morali, spirituali e religiosi, tutti incentrati nell'uomo, che nel mondo costituisce il valore supremo. Tutto il resto - scienza, tecnica, cultura, società - è posto al servizio della persona. Questo è l'ordine delle cose voluto da Dio.


4. Capovolgere quest'ordine è ricadere nella barbarie. Il Figlio di Dio ha sintetizzato le leggi morali nell'unica norma dell'amore di Dio e del prossimo.

Ama il tuo prossimo come te stesso. Chi non rispetta gli altri, non rispetta, di fatto, nemmeno se stesso come uomo. Non ama il proprio vero bene chi non ama gli altri come se stesso. Qui c'è tutto il vangelo e insieme tutta la morale umana scritta nel cuore dell'uomo. L'uomo deve prendere l'amore che egli ha di per se stesso. come misura dell'amore che deve avere verso gli altri. L'uomo si realizza come uomo soprattutto quando acquista la capacità di usare rettamente la propria volontà.

L'università non può esimersi da questa finalità altamente pedagogica di rendere l'uomo capace di volere e di amare. Per assolvere pienamente la sua importante missione deve mirare a questo scopo, che coincide con quello della Chiesa. Nella Chiesa, infatti, tutto è posto al servizio dell'uomo. Tutto ha significato in quanto aiuta l'uomo a realizzarsi: la dottrina, i sacramenti, il ministero pastorale, ogni altra istituzione tende a servire l'uomo. Il credo cattolico riassume questa finalità in due parole: "Propter nos homines et propter nostram salutem": per noi uomini e per la nostra salvezza. Il perché del cristianesimo sta tutto qui. Basti dire che il suo divino fondatore ha detto: "Non sono venuto per essere servito, ma per servire" (Mt 20,28). Tutto ciò che egli ha detto e fatto, anche la morte in croce, aveva questo scopo. E' questo l'insegnamento perenne della Chiesa, depositaria della dottrina e dei doni che Gesù Cristo le ha conferito per il bene dell'umanità.


5. La dottrina della sacra inviolabilità della persona e della sua dignità non è di oggi, ma di sempre. E' nella natura stessa della verità fondamentale del cristianesimo. I padri e i teologi della Chiesa hanno elaborato una grande antropologia cristiana, a partire dalle verità della fede. Un'antropologia in cui essi gareggiano nell'esaltazione del capolavoro di Dio, che è appunto l'uomo. Un'antropologia che non teme confronto con qualsiasi altra e non ha alcun complesso di inferiorità dinanzi a qualsiasi ideologia.

Lo stesso san Tommaso, commentando il trattato aristotelico sull'anima, afferma nettamente: "L'uomo è la totalità dell'essere" ("De anima", III, 13), racchiude in sé un'infinita profondità d'essere, immagine dell'infinito per essenza, che è Dio stesso. Vorrei imprimere profondamente nell'anima e nel cuore di tutti voi che mi ascoltate questa grandiosa concezione dell'uomo, pensando alla quale fin dal primo giorno del mio ministero pontificale, ho esclamato, parlando alla folla presente in piazza San Pietro: "Con quale venerazione dobbiamo pronunciare questa parola: "uomo""! Chi non vede l'immagine di Dio nell'uomo e non vede ogni volto umano aureolato dal volto stesso di Cristo, a cui ognuno attualmente o virtualmente appartiene, non ha più nulla di cristiano.

Ho fatto questi rapidi cenni alla dottrina della Chiesa sull'uomo perché questo è il grande vincolo che la unisce radicalmente all'università, ed esso è anche uno dei temi e dei motivi dominanti del mio ministero pastorale e lo scopo finale della missione universitaria.

Possa questa comunità universitaria raccogliere l'invito ad operare sempre più a favore dei grandi valori dell'uomo, alla luce della scienza e della fede, affinché il suo cammino sia illuminato da profonda e vera sapienza. L'invito è anche un augurio che affido alla premurosa e provvidente grazia di Dio, mentre invoco su tutti voi, su questo centro universitario, su quanti vi operano, impegnando studi ed energie, l'assistenza divina.

Data: 1985-10-19 Data estesa: Sabato 19 Ottobre 1985





Celebrazione eucaristica allo stadio Torres - Sassari

Titolo: Dalla mistero pasquale la forza della missionarietà




1. "Gesù Cristo è venuto per servire e dare la sua vita per la salvezza di molti" (cfr. Mc 10,45).

La Chiesa pronunzia oggi queste parole nel canto al Vangelo della liturgia di questa messa prefestiva, aggiungendo: "alleluia". Queste parole sintetizzano la verità su Gesù Cristo, Figlio dell'uomo; sul servo di Jahvè; sul redentore del mondo. Queste parole svelano il profilo pasquale del Vangelo in cui si svolge l'intera vita della comunità dei credenti. In particolare il giorno del Signore, vale a dire la domenica, serve ad accentuare questo profilo. Nelle ore della sera del sabato celebriamo già la liturgia del giorno del Signore.

Il salmo responsoriale manifesta i nostri pensieri e sentimenti, quando proclama: "L'anima nostra attende il Signore, / egli è nostro aiuto e nostro scudo... / Signore, sia su di noi la tua grazia, / perché in te speriamo" (Ps 32,20 Ps 32,22).


2. Nella comunione di questa speranza che abbiamo in Cristo, saluto la Chiesa di Dio che è in Sassari: la Chiesa metropolitana e tutte le Chiese suffraganee, unite ad essa e qui rappresentate dai rispettivi vescovi e da numerosi fedeli. Saluto con speciale pensiero l'arcivescovo, monsignor Salvatore Isgro.

Saluto voi, sacerdoti di Sassari, Ampurias e Tempio, Bosa, Alghero e Ozieri, i quali, configurati a Cristo per mezzo della sacra ordinazione, avete il compito di viverne il mistero di morte e risurrezione, per iniziare ad esso il popolo che vi è stato affidato, affinché viva un'intensa comunione missionaria.

Saluto con affetto tutti e ognuno di voi, giovani e anziani, augurando che in tutti sia presente Gesù, come è presente in questo sacrificio della messa, nel quale egli, nostro agnello pasquale immolato per l'uomo (cfr. 1Co 5,7), rinnova l'opera della redenzione e produce l'unità di tutti i credenti, chiamati ad osservare il comandamento della carità con generoso impegno.

Saluto con deferente pensiero le autorità civili, auspicando che i loro sforzi a favore del bene comune consentano di raggiungere le mete a cui questa popolazione aspira.


3. Verso questo mistero lo Spirito Santo dirigeva lo sguardo del popolo di Dio nel periodo dell'antica alleanza. Ne sono testimonianza - forse nel modo più spiccato - le parole del profeta Isaia, che abbiamo ascoltato nella prima lettura della messa. Sono parole che ai tempi di Isaia potevano essere difficilmente comprese.

Dopo gli avvenimenti del venerdi santo e della mattina di Pasqua sono diventate chiare e comprensibili.

Ecco, il profeta parla dell'uomo dei dolori disprezzato e reietto dagli uomini, che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia (cfr. Is 53,3). Infatti, al Signore è piaciuto provare con atroci dolori il suo servo (cfr. Is 53,10), il suo Figlio. In questo spogliamento - prosegue Isaia - "offrirà se stesso in espiazione" e "si compirà per mezzo suo la volontà del Signore". Ed ecco, "dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto, mio servo, giustificherà molti" (53,11).

Così, dagli avvenimenti del venerdi santo, il profeta ci guida alla risurrezione. Lui, Isaia, giustamente chiamato "il quinto evangelista" (l'Evangelista dell'Antico Testamento).


4. Noi tutti che ci riuniamo qui - e in tutto il mondo - per partecipare al sacrificio eucaristico, sappiamo e professiamo con la fede, che "abbiamo un grande e sommo pontefice", Gesù, Figlio di Dio; abbiamo un sommo sacerdote "provato in ogni cosa", come noi, escluso il peccato"; abbiamo un sommo sacerdote che sa "compatire le nostre infermità". "Accostiamoci dunque con piena fiducia" all'altare del suo sacrificio, "al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno" (He 4,14-16). così ci insegna nell'odierna liturgia l'autore della Lettera agli Ebrei.


5. Come cristiani siamo chiamati ad affrontare tutte le vicende della nostra vita alla luce del mistero pasquale di Gesù Cristo. Il Vangelo ci ricorda come Gesù Cristo stesso abbia indicato la via a questo mistero ai figli di Zebedeo: Giacomo e Giovanni. Alla loro domanda: "Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra" (Mc 10,37), Gesù rispose che la pienezza della vita si raggiunge bevendo il suo calice, cioè partecipando al suo amore che non esita, proprio perché è vero amore, ad offrirsi totalmente, accettando che il proprio sangue sia versato in favore dell'umanità intera. La vita, infatti, raggiunge il suo vertice quando si conforma a quella di Cristo, partecipando su questa terra alla sua passione, alla sua agonia, per voi vivere nella sua gloriosa risurrezione.


6. Nei nostri tempi il Concilio Vaticano II ha chiamato, di nuovo, tutti noi cristiani a concepire e a realizzare tutta la nostra vita alla luce del mistero pasquale di Gesù Cristo. La costituzione della sacra liturgia insegna che "l'opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio, che ha il suo preludio nelle mirabili gesta divine operate nel popolo del Vecchio Testamento, è stata compiuta da Cristo Signore, specialmente per mezzo del mistero pasquale della sua beata passione, risurrezione da morte e gloriosa ascensione, mistero col quale "morendo ha distrutto la morte e risorgendo ci ha ridonato la vita" ("Messale Romano", Prefazio pasquale). Infatti dal costato di Cristo morto (dormiente) sulla Croce è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa" (SC 5).


7. Dalla partecipazione al mistero pasquale nasce lo spirito di servizio, la disponibilità a servire. Proprio questo insegnava Cristo ai suoi discepoli con la parola e con l'esempio del comportamento. Ricordiamo come prima di consumare con essi l'ultima cena ha lavato loro i piedi.

E oggi ascoltiamo nel Vangelo le sue parole molto eloquenti: "Chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore... Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti" (Mc 10,4 Mc 3 Mc 10,45).

La disponibilità a servire ci apre verso Dio e verso gli uomini, verso il creatore e verso le creature. Il Concilio ci insegna proprio questo, nello spirito del Vangelo e insieme nella dimensione dei tempi in cui viviamo.


8. La Chiesa, che è realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia (cfr. GS 1 GS 40), lo serve, come ho ricordato nella mia allocuzione rivolta ai rappresentanti di tutta la Chiesa italiana riuniti a Loreto (11 aprile 1985) per il Convegno sulla riconciliazione cristiana e la comunità degli uomini, manifestandogli il mistero di Dio, il quale è il suo ultimo e personale fine, e promuovendo i valori morali. Essa dà, così, un basilare apporto all'autentico sviluppo della società e non perché tocca un ambito che non le compete, ma perché agisce in forza della fede in Cristo e della sua carità, per cui è chiamata ad essere l'anima e il cuore del mondo.

Perché questo accada sempre di più, è necessario che la frattura tra il Vangelo e la cultura sia superata. "Occorre por mano a un'opera di inculturazione della fede che raggiunga e trasformi, mediante la forza del Vangelo, i criteri di giudizio, i valori determinanti, le linee di pensiero e i modelli di vita, in modo che il cristianesimo continui a offrire, anche all'uomo della società industrializzata, il senso e l'orientamento dell'esistenza".

Conseguentemente, vi esorto a far si che la Chiesa in Sardegna serva all'edificazione dell'umana convivenza con opere e iniziative sociali, che siano "espressione originaria e creativa della fecondità dell'amore cristiano", e con una particolare attenzione alla famiglia e ai giovani, affinché trovino nella comunità dei credenti quel sicuro sostegno e quell'autentica proposta di vita nella pace e nell'amore, a cui aspira chi si apre all'esistenza.

Non venga mai meno lo spirito missionario che ha animato i testimoni di Cristo in questa città. E' a tutti noto che la Giornata missionaria mondiale è stata suggerita in una riunione del Circolo missionario del seminario provinciale di Sassari nel 1926, allora retto dai padri vincenziani, tra i quali spiccava per zelo apostolico il padre Giovanni Battista Manzella.


9. Cari fratelli e sorelle! In questa sera di sabato "l'anima nostra attende il Signore", poiché è già iniziato il Giorno del Signore e insieme con esso è entrata nel ritmo della settimana una particolare presenza del mistero pasquale.

Avendo dinanzi agli occhi la ricchezza di questo mistero di Cristo e tutta la molteplicità dei compiti che esso apre davanti a noi nella vita umana e cristiana, chiediamo ancora una volta con umiltà e con amore allo Spirito di verità che il Signore ci manda: "Signore, sia su di noi la tua grazia, perché in te speriamo".

Amen. Data: 1985-10-19 Data estesa: Sabato 19 Ottobre 1985





All'incontro con la cittadinanza - Cagliari

Titolo: La droga e la violenza, due mali da sconfiggere

Signor sindaco, fratelli e sorelle di Cagliari.


1. Nel primo incontro ufficiale con questa nobile città, capoluogo della Sardegna, desidero rivolgere la mia parola di sincero saluto e di vivo ringraziamento a quanti siete qui per esprimere la gioia di questo avvenimento. Porgo il mio affettuoso saluto al vostro zelante pastore, monsignor Giovanni Canestri, a tutte le autorità qui presenti. Ringrazio il signor sindaco per le amabili parole, che mi ha rivolto interpretando i sentimenti, le attese, le ansie di tutti voi abitanti di Cagliari.

Il mio pensiero si rivolge in questo momento a tutte le categorie di persone: ai bambini, ai giovani, ai padri, alle madri, agli anziani, agli ammalati e specialmente a tutti coloro che stanno subendo le conseguenze e i contraccolpi della crisi del settore industriale. A tutti il mio saluto e il mio augurio di ogni bene.


2. Da tanto tempo, nel quadro dei miei viaggi pastorali in Italia, desideravo venire in Sardegna, e specialmente a Cagliari, in questa città che per il numero dei suoi abitanti, per la sua antichissima storia, per il suo mare, il suo porto, ma specialmente per la sua secolare tradizione cristiana è come una splendida perla incastonata nella vostra bellissima isola.

La tradizionale religiosità di Cagliari è testimoniata dagli stretti vincoli che questa città ha sempre avuto con la Sede romana; è come incisa nelle chiese, nelle istituzioni; è espressa dalle figure di eminenti vescovi, che hanno guidato con zelo e saggezza il popolo di Dio; di santi sacerdoti e di laici generosi, che in piena adesione al messaggio di Cristo e in leale fedeltà alla cattedra di Pietro hanno lasciato una vera impronta nella vita religiosa, sociale e civile. La fede cattolica dei cagliaritani è magnificamente testimoniata dall'ardente devozione a Maria santissima, venerata nel santuario di Bonaria, dove anch'io domani mi rechero in devoto pellegrinaggio, insieme con voi.


3. Nel suo sforzo di moderna trasformazione e di civile progresso, Cagliari, come molte altre città, si trova di fronte a un insieme di problemi, la cui soluzione richiede tutto l'impegno dei settori responsabili e la collaborazione di tutte le forze sane della regione, Si tratta di problemi che sono comuni alle società di moderno sviluppo tecnologico e, come tali, esigono interventi coordinati a più vasto raggio. Problemi pero che spesso, nella vostra isola e nella vostra città, assumono aspetti del tutto particolari, che richiedono soprattutto l'azione e l'iniziativa di tutti i cagliaritani. Mi riferisco all'insufficienza o all'inadeguatezza delle abitazioni; occorre incoraggiare gli sforzi per risolvere il problema della casa. Mi riferisco ancora all'insufficienza dei servizi, specie nei settori portanti dei trasporti, della sanità e della scuola. Ma voglio anche fare riferimento in particolare alla piaga della disoccupazione specialmente giovanile, perché questa registra percentuali notevoli in tutta l'area del meridione italiano, ma in Sardegna supera la media generale e nella vostra provincia raggiunge il tasso più elevato dell'isola. Sono constatazioni, queste, che fanno riflettere chi ha a cuore la promozione di una società a misura d'uomo.

Quasi come rovescio della medaglia, si verificano contemporaneamente anche da voi quei fenomeni tipici della cosiddetta società del benessere, che insidiano la gioventù più indifesa: droga e violenza, sintomi assai significativi di una società, che ha creduto di diventare autonoma fino a tagliare i ponti con i grandi valori morali, e si è trovata con un vuoto immenso nella mente e nel cuore.


4. Carissimi cagliaritani! Mentre sono convinto che voi, col vostro spirito d'iniziativa, con l'utilizzazione delle risorse disponibili e la collaborazione delle forze costruttive, vi avviate a risolvere adeguatamente i problemi di ordine economico e sociale, vi auguro sinceramente di rimanere tenacemente ancorati al fondamento saldo e sicuro dei principi della fede.

Sono venuto in mezzo a voi per confortare e confermare la vostra secolare religiosità cristiana e per incoraggiarvi ad un sempre crescente impegno nel cammino del Vangelo, sotto la guida del vostro vescovo. Nei secoli passati i vostri padri hanno saputo unire e vivere il binomio "fede-civiltà", lasciandovi in eredità dei ricchi tesori di valori religiosi e culturali. Basterà ricordare la fondazione dell'università di Cagliari nel 1602 ad opera di papa Paolo V. Che questo antico, felice e fecondo connubio non venga spezzato e nemmeno allentato! Sappiate costruire il vostro presente e il vostro futuro sul fondamento del Vangelo, che arricchisce ed eleva l'uomo in tutte le sue dimensioni, personalistiche e comunitarie! Con questi auspici inizio la mia visita alla vostra città.

Data: 1985-10-19 Data estesa: Sabato 19 Ottobre 1985





Agli ammalati dell'ospedale "Brozzu" - Cagliari

Titolo: Dignità assoluta della vita umana in ogni istante

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Ho molto apprezzato le nobili parole e i profondi sentimenti di fede che uno di voi, a nome di tutti, ha voluto esprimere in occasione di questa mia presenza tra voi. Si, io sono qui per portarvi la parola di Cristo, la sua testimonianza, il suo affetto, il suo conforto.

Queste parole che avete voluto dirmi vanno al di là della mia persona e si rivolgono con fiducia a Gesù redentore e salvatore. Egli stesso scenda nei vostri cuori, vi mandi il suo Spirito, vi dia le sue consolazioni! 2. Saluto cordialmente tutti i presenti: oltre a voi, carissimi malati, saluto il personale dirigente, medico e paramedico, i cappellani e le religiose, che sono fra voi un segno dell'amore di Cristo e della maternità della beata Vergine Maria, Madre di Dio.

Anche la Sardegna, come ogni regione di questa terra, va soggetta a certe malattie caratteristiche, che ancora resistono agli sforzi condotti contro di esse dalla scienza medica, una di queste, la più grave e diffusa, è l'anemia mediterranea, che colpisce la vita al suo primo sbocciare e tende crudelmente a stroncarla, dopo un lungo e penoso deperimento, nel fiore dell'età o quando la vita dovrebbe essere nel suo massimo rigoglio.

La Sardegna ha trionfato su un morbo antichissimo, così preoccupante, che scoraggiava molti dall'abitare nelle vostre terre e che sembrava aver fatto della vostra bella isola quasi un luogo di esilio e di pena: la malaria! Sconfitto questo terribile nemico, ora si para innanzi quello già accennato. Ma la scienza non desiste dalla sua nobile lotta in favore della vita: presto o tardi anche questo nemico sarà sconfitto. E' l'augurio che sorge, forte e spontaneo, dal mio e dal vostro cuore, 3. La scienza trionfa sulla malattia e sulla morte se conduce la sua lotta con coerenza, promovendo, difendendo e curando la vita in tutte le sue forme e a tutti i livelli, rinunciando a concezioni edonistiche o materialistiche, che tendono a sottovalutare la dignità assoluta della vita umana, in ogni istante del suo processo evolutivo, dal suo concepimento fino all'estremo palpito della vecchiaia.

La scienza trionfa nella sua lotta per la vita e per la salvezza dell'uomo, nella misura in cui essa è aperta alla luce e all'energia di fede e di carità che vengono dal Dio della vita, quel Dio che Gesù chiama il "Dio dei vivi, e non dei morti" (cfr. Mt 22,32).

E questa apertura alla luce e alla forza benefica che vengono da Dio si ottiene, in modo decisivo e incancellabile, nel momento del dolore. La ragione umana non sa spiegare il perché di questo fatto, ma l'esperienza di fede ci dice che è così. Spesso il dolore è il luogo profondamente misterioso e misteriosamente profondo dell'incontro di Dio con l'uomo. E' il luogo del riscatto e del perdono.

E' il momento nel quale la giustizia divina si congiunge con la sua misericordia.

Il pentimento fiorisce allora nella speranza. E dall'intimo dell'animo sorge una pace ineffabile e invincibile. E' la pace di Cristo. La pace che viene dalla sua croce.


4. Esorto tutti voi, cari fratelli e sorelle, malati e sani, ad approfondire questo mistero della croce, mistero di luce e di pace, che non s'arrende alla morte, ma che, sia pure dopo pericoli e peripezie, trionfa definitivamente su di essa con la vita eterna.

E voi, cari cappellani e care sorelle religiose, voi, in forza del dono ricevuto con la vostra vocazione, siete chiamati in modo speciale a insegnare ai fratelli il mistero della croce. Sarà questo il vostro modo di essere missionari, secondo l'appello che ci viene dalla giornata odierna.

Io vi sono vicino in modo particolare nella preghiera perché il Signore vi assista. Come pure sono vicino a tutti voi qui presenti, malati, personale curante, parenti e amici, invocando su tutti la luce e l'assistenza divina.

Sant'Ignazio da Laconi, da voi tanto venerato e invocato soprattutto in occasione della malattia, continui ad assistervi con la sua dolce e potente presenza e vi conduca tutti alla piena accettazione della volontà di Dio, con la fiducia del fanciullo che si abbandona alla guida del padre che ama. Niente dà serenità come il rimettersi al volere di Dio.

E la mia affettuosa benedizione sia con tutti voi.

Data: 1985-10-20 Data estesa: Domenica 20 Ottobre 1985





Celebrazione eucaristica al santuario di Bonaria - Cagliari

Titolo: Impegno della Chiesa, annunciare la salvezza di Cristo

"Gesù disse loro: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura"" (Mc 16,15).


1. Queste parole risuonano oggi, terza domenica di ottobre, in tutta la Chiesa, cari fratelli e sorelle, convenuti qui presso il santuario della Madonna di Bonaria. Questa domenica è infatti dedicata in modo particolare alle missioni: è la Giornata missionaria mondiale, alla cui origine è legato il nome di una città della vostra isola, Sassari. Nel 1926, si teneva in quella città un convegno del Circolo missionario locale, nel corso del quale fu deciso di suggerire al Papa l'istituzione di una tale giornata. Pio XI, quando ne fu informato, esclamo: "Questa è un'idea che viene dal cielo". Nasceva così la giornata che oggi celebriamo.

In questo giorno l'intera Chiesa è interpellata al nuovo con la potenza delle medesime parole che il Signore Gesù rivolse agli apostoli alla fine della sua missione terrena: prima di essere assunto in cielo e di essersi assiso alla destra di Dio (cfr. Mc 16,19). E' interpellata giorno dopo giorno, anno dopo anno, generazione dopo generazione. Nell'odierna domenica la Chiesa si rende conto in modo particolare della portata di questa verità, di tutta la sua profondità e della sua eloquenza salvifica. La Chiesa se ne rende conto, al fine di identificarsi di nuovo con questa chiamata apostolica: l'intera Chiesa rimane sempre "in statu missionis".


2. Rimane "in statu missionis", in virtù della missione, la cui sorgente è in Dio stesso: nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo. La Chiesa rimane "in statu missionis" nel prolungamento di quella missione che l'eterno Figlio Gesù Cristo ha compiuto nella storia del mondo. Nell'ambito della missione che compie costantemente lo Spirito Santo, il consolatore.

La missione della Chiesa ha la sua sorgente inesauribile e il suo inizio incessante in Dio stesso. Mediante la Chiesa, Dio rinnova continuamente all'umanità la chiamata proclamata dal profeta Isaia (2,3): "Venite, saliamo sul monte del Signore, / al tempio del Dio di Giacobbe, / perché ci indichi le sue vie / e possiamo camminare per i suoi sentieri".


3. Da questa missione la Chiesa non può mai desistere, deve compierla costantemente. Deve essere sempre "missionaria". Benché infatti il Concilio Vaticano II abbia espresso un profondo rispetto per le religioni non cristiane, tuttavia rimane in tutto il suo vigore quell'invito pressante che ha la sorgente immediata nell'amore di Cristo: "L'amore del Cristo ci spinge", disse san Paolo. E disse ancora: "Guai a me se non predicassi il Vangelo" (1Co 9,16).

E' lo stesso apostolo che nella Lettera ai Romani, nel brano udito oggi nella seconda lettura, scrive: "Se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo amore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo... Lui stesso è ricco verso tutti quelli che lo invocano" (Rm 10,9,12).

La Chiesa dunque - così come l'Apostolo - non può arrestarsi nel servizio che ha appunto come scopo la distribuzione di queste ricchezze salvifiche da Dio offerte a tutti gli uomini in Gesù Cristo, suo Figlio. La Chiesa non può rinunciare alla missione ricevuta da Cristo. Non può cessare di tenersi costantemente pronta a tale missione: "in statu missionis". La Chiesa intera e dappertutto.


4. Come successore di Pietro e Vescovo di Roma, io vivo oggi, insieme con voi, cari fratelli e sorelle, la Giornata missionaria. A Cagliari, in Sardegna. Vivo questa giornata qui accanto al santuario di Nostra Signora di Bonaria, centro principale della devozione mariana di tutti i sardi, centro di irradiazione missionaria, che è andato e va ben al di là dei confini della nostra isola.

A tutti voi rivolgo il mio caldo saluto: all'arcivescovo metropolita monsignor Giovanni Canestri, ai confratelli vescovi della Sardegna, al clero secolare e regolare, alle religiose, alle autorità civili, a tutto il popolo di Dio qui convenuto non solo dalla diocesi, ma dall'intera isola.


5. La Giornata missionaria ci induce a pensare a tutta la storia dell'evangelizzazione nelle vostre terre, dagli inizi fino ad oggi. Questi inizi, antichissimi, ci forniscono purtroppo poche notizie, ma assai significative; i primi evangelizzatori dell'isola furono molto probabilmente dei cristiani li inviati in esilio a causa della loro fede. Dunque, dei veri testimoni, disposti a pagare un alto prezzo pur di restare fedeli a Cristo e annunciare la sua parola.

Sappiamo che tra questi testimoni ci furono i santi pontefici Callisto e Ponziano.

Come avviene per ogni popolo chiamato alla salvezza, anche il popolo sardo, dapprima evangelizzato, divenne poi a sua volta, nel corso dei secoli, evangelizzatore. Anch'esso comincio ad inviare missionari e missionarie fino agli estremi confini della terra. Anch'esso avverti il mandato del Signore di predicare il Vangelo a tutte le genti. Ripensare a questa storia, che risale ai primissimi secoli dell'èra cristiana, è motivo di gratitudine a Dio per l'abbondanza della sua misericordia, è ragione di santa fierezza per le imprese compiute, è sorgente di conforto per il presente e di speranza per il futuro.

Anche da voi l'evangelizzazione ha sofferto qualche crisi negli anni recenti; ma so che attualmente ci si è messi sulla strada di un'autentica realizzazione delle direttive conciliari, dando grande spazio all'iniziativa dei laici e potenziando in modo particolare la funzione che, in questo campo, deve svolgere la famiglia. E' inoltre in atto un dialogo più maturo e serio tra le varie formazioni spontanee e i responsabili, la gerarchia, diretta responsabile dell'opera pastorale ed evangelizzatrice. Vi è inoltre una maggiore attenzione all'importanza della formazione teologica, incarnata nei valori propri della cultura sarda.


6. L'opera missionaria non si dirige soltanto ai popoli lontani, ma anche il nostro prossimo ha sempre bisogno della nostra testimonianza. E ciò vale anche in Paesi di antica fede cristiana, nei quali pero oggi si nota un assopimento di tale fede. Ecco che allora bisogna ricominciare! Anche Cagliari abbisogna di evangelizzazione! Insieme con il vostro arcivescovo avete elaborato un piano pastorale: impegnatevi a tradurlo in pratica con spirito missionario! Questo piano pastorale parla della conversione: fate di essa lo strumento più efficace della vostra opera missionaria. Tutti infatti dobbiamo esser convinti - come dice il decreto "Ad Gentes" (AGD 36) del Concilio - che il nostro primo e principale dovere, "in ordine alla diffusione della fede, è quello di vivere una vita profondamente cristiana".

ln secondo luogo, il piano insiste sulla necessità, per gli operatori di pastorale - specialmente laici - di approfondire il messaggio cristiano mediante lo studio della teologia. Non è possibile rendere convincente il messaggio cristiano all'uomo d'oggi, sollecitato da numerosi problemi e pressato dai più diversi e contrastanti influssi ideologici, se non si è in grado di rispondere alle sue spesso difficili domande. E per far ciò, occorre preparazione.

In terzo luogo, il vostro piano sollecita le iniziative della carità. E anche ciò è importantissimo. Verità e carità sono infatti componenti inscindibili di ogni attività evangelizzatrice della Chiesa. Non è necessario che tali iniziative siano sempre inserite in strutture preesistenti, soprattutto se esse partono dai laici: esse devono poter godere di una loro giusta libertà, intesa come esercizio di responsabilità, assistita dalla presenza discreta e prudente del sacerdote.

Occorre infine associare l'opera missionaria a quella della promozione delle vocazioni; chi scopre veramente Cristo, non può nel contempo non scoprire il senso della propria vita, e vederlo - se ciò è volontà del Dio - nella luce di una totale consacrazione o nella pratica dei consigli evangelici. Il problema delle vocazioni di speciale consacrazione deve coinvolgere tutta la comunità. Il "vieni e seguimi" è frutto della preghiera e dell'operosità di tutti i cristiani.

Ricordatevi che lo Spirito Santo ha chiamato Paolo e Barnaba mentre la comunità cristiana era in preghiera e digiunava (cfr. Ac 13,2).

Quanto più la Chiesa a Cagliari e in Sardegna sarà "missionaria" ("in statu missionis"), tanto più sarà se stessa, come Chiesa. Tanto più sarà la "Chiesa di Sardegna". Tale è la legge fondamentale della Chiesa. Questa è la legge della "comunione" che ha la sua prima sorgente in Dio stesso, il Padre il Figlio e lo Spirito sono uno nella più perfetta comunione, 7. Nella stessa Lettera ai Romani l'apostolo scrive: "Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Ora, come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui? E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi? E como lo annunzieranno senza essere prima inviati? Come sta scritto: Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annunzio di bene!" (Rm 10,13-15).

Questo susseguirsi delle domande di Paolo nella Lettera ai Romani, deve costantemente rivivere nella coscienza della Chiesa. Particolarmente nell'odierna domenica. "La fede dipende... dalla predicazione e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo" (Rm 10,17), 8. In questa Giornata missionaria, mentre, sotto lo sguardo benedicente della Madonna di Bonaria, mi accingo a iniziare l'ottavo anno del mio servizio di Pastore universale, con stima, con tenerezza e con gioia, lancio ancora un appello a te, Chiesa di Cagliari, a voi chiese della Sardegna. Siate missionari della Chiesa e nella Chiesa, sempre e dovunque. Chiesa, che è in Sardegna, uguale a Chiesa missionaria; Chiesa missionaria significa Chiesa amata da Cristo, Chiesa viva, Chiesa madre, Chiesa amica dell'uomo, Chiesa giovane, Chiesa coraggiosa, Chiesa martire, Chiesa bisognosa della misericordia di Dio, Chiesa interprete autentica della misericordia di Dio, Chiesa luce del mondo, Chiesa sale della terra, Chiesa comunione di amore.

Carissimi fratelli e sorelle della Sardegna, questa misteriosa realtà che è la Chiesa, bisogna conoscerla e diffonderla specialmente, amarla, per la salvezza integrale dell'uomo, con l'aiuto della Madonna. Amen. Data: 1985-10-20 Data estesa: Domenica 20 Ottobre 1985






GPII 1985 Insegnamenti - Incontro col mondo accademico all'Università - Sassari