GPII 1985 Insegnamenti - All'Angelus dinanzi al santuario di Bonaria - Cagliari

All'Angelus dinanzi al santuario di Bonaria - Cagliari

Titolo: La Vergine sia guida dei vescovi radunati nel Sinodo

Cari fratelli e sorelle!


1. Sono particolarmente lieto di poter innalzare oggi la consueta preghiera dell'Angelus nel luogo più caro e più sacro per tutti i figli della Sardegna: il santuario della Madonna di Bonaria, ovverossia della "buona aria", pura e non inquinata, che dà vita e vigore al nostro corpo, oppure - secondo un'altra interpretazione - del "buon vento", che guida i naviganti alla meta prefissa.

La Vergine santissima, con la sua potente intercessione, ottiene che il Padre e il Figlio spirino su di noi l'aura vitale e ristoratrice dello Spirito Santo, che ci guida con certezza al porto della salvezza eterna, fra le tempeste della vita mortale. Anzi, Maria stessa, in certo senso, donandoci il Figlio, ci dona con lui lo Spirito Santo che, mediante il Figlio, ci conduce al Padre.


2. Nel 1970, in occasione del VI centenario dell'arrivo miracoloso del simulacro mariano nella vostra isola, e del I centenario della sua incoronazione, il mio predecessore Paolo VI, venendo qui pellegrino, volle ricordare la funzione essenziale della Madonna nel piano della salvezza: il consenso che essa dette alla volontà del Padre - disse - "fa parte essenziale del mistero della salvezza". Da lei abbiamo ricevuto Cristo e mediante lei possiamo più facilmente andare a Cristo. E' il pensiero che anch'io voglio lasciarvi, come ricordo di questo mio pellegrinaggio: la devozione alla Madonna fa parte essenziale dei doveri di un cristiano.

Intensificate la vostra devozione a Maria; essa vi condurrà al porto della salvezza eterna: ci condurrà a Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, 3. L'odierna Giornata missionaria ci porta a pensare al ruolo che il vostro bel santuario ha svolto nell'annuncio e nel sostegno della fede. Al di là dello svolgersi degli eventi, spesso drammatici e dolorosi, e al di sopra degli interessi e delle fortune delle potenze terrene che si sono succedute sulla vostra terra, il santuario della Madonna di Bonaria è sempre stato, per le nazioni e le genti più diverse, un'attrattiva universale, un faro di certezze, al di là dei contrasti e delle divisioni. E' stato un centro di unità e di concordia. La sua storia secolare e gloriosa testimonianza che tale opera è andata ben al di là dei confini della vostra isola, e si è estesa in varie parti del mondo, soprattutto nell'America Latina e nell'America Centrale, dove molti luoghi - pensiamo alla stessa capitale dell'Argentina, Buenos Aires - traggono il loro nome dalla Vergine della "buona aria": Buenos Aires.


4. Continua, o Vergine santissima, a custodire questo popolo al quale lungo i secoli hai mostrato tanti segni della tua materna protezione! In questa tappa non facile dell'attuale cammino della storia non fargli mancare il sostegno della tua presenza e della tua intercessione.

A te affido, o Vergine, la Chiesa che è in Sardegna e la sua popolazione, buona e laboriosa: a te affido le sue sofferenze e le sue speranze, le sue angosce e le sue aspirazioni. Assisti o Maria la gente di quest'isola, che a te ricorre fiduciosa presso il tuo santuario di Bonaria chiedendo soccorso nelle lotte tra il bene e il male che agitano il nostro mondo odierno. Rivela ancora una volta che sei madre di bontà e di misericordia.

Una particolare intenzione voglio ancora a te affidare, o Vergine santa, che ti sei manifestata in questo luogo tanto caro alle genti di Sardegna: effondi anche da qui la tua materna protezione sui pastori della Chiesa che presto si raduneranno nel Sinodo straordinario per verificare i risultati del Concilio e svilupparne l'efficacia a bene della Chiesa. Il lavoro che li attende è difficile e complesso: occorrerà loro spirito di sacrificio, discernimento nelle valutazioni, prudenza e coraggio nelle decisioni, ascolto attento della Verità, fedeltà allo spirito del Concilio, attenzione ai bisogni degli uomini d'oggi.

Sii tu, Nostra Signora di Bonaria, loro guida e loro sostegno, perché il lavoro, a cui stanno per accingersi, susciti nel popolo cristiano rinnovato impegno nell'attuazione di ciò che, nel Concilio, "lo Spirito ha detto alla Chiesa".

[Dopo l'Angelus:] Un'ondata di commozione si è levata nel mondo per l'esecuzione capitale del poeta sudafricano Benjamin Moloise, in favore del quale erano stati rivolti numerosi e pressanti appelli alla clemenza. La morte inflitta come condanna provoca sempre turbamento e inquietudine nel comune sentire. In questo caso si aggiunge l'angoscia per una persistente situazione di obiettiva ingiustizia, che continua a provocare lutti, violenze e sofferenze senza fine. Vi invito a pregare il Signore per tutte le vittime dell'odio e della discriminazione razziale, implorando al tempo stesso consolazione e conforto per quanti ne piangono la scomparsa. L'amarezza e il dolore di questi giorni non soffochino la pietà, non spengano la speranza. Invochiamo Maria santissima, nostra madre, affinché ottenga per tutti luce e coraggio così che si schiuda finalmente in quel tormentato Paese africano a me tanto caro la via della giustizia e del rispetto dell'uomo in un rinnovato contesto di pace e di sicurezza.

Carissimi fratelli e sorelle di Cagliari e della Sardegna, abbiamo gioito oggi della materna presenza della Madonna di Bonaria in questo luogo privilegiato in cui si realizza una sintesi di tutto il mio pellegrinaggio nella vostra isola. A tutti voglio esprimere di nuovo il mio ringraziamento per la buona accoglienza e per l'ospitalità. Mi sento tanto vicino a tutti voi, alle vostre diocesi, alle vostre province ecclesiastiche, che ho potuto visitare: Oristano, Sassari e Cagliari. Mi sento tanto vicino ai vostri vescovi, al vostro arcivescovo che ho ben conosciuto nel corso di tanti anni a Roma, al suo predecessore che oggi ha potuto concelebrare con noi; mi sento vicino a tutti i sacerdoti, religiosi, religiose, missionari della Sardegna. Ringrazio il Signore che mi è stato dato di rivolgere questo messaggio della Giornata missionaria di tutta la Chiesa da questa città così aperta verso tutto il Mediterraneo ma anche verso tutto il mondo.

Missionarietà vuol dire infatti apertura, apertura della Chiesa, apertura dei cuori umani: di quelli che portano il messaggio del Vangelo, e di quelli che lo ricevono. Tutto questo sotto lo sguardo materno della vostra Madonna di Bonaria.

Sia lodato Gesù Cristo.

Data: 1985-10-20 Data estesa: Domenica 20 Ottobre 1985





A sacerdoti e religiosi nella cattedrale - Cagliari

Titolo: La storia religiosa del passato sia stimolo per l'avvenire

Amati fratelli nell'episcopato, carissimi sacerdoti, religiosi, religiose, seminaristi.


1. Gioisco profondamente per questo incontro con voi, nell'antica e splendida cattedrale di Cagliari, centro liturgico e magisteriale della città e della diocesi. A tutti rivolgo il mio saluto più cordiale e il mio ringraziamento per la vostra presenza affettuosa.

Nell'intenso itinerario di questi tre giorni attraverso la vostra isola, così ricca e illustre di avvenimenti religiosi e politici, sono giunto alla vostra cattedrale consacrata a Maria Santissima "Regina Sardorum" nella domenica dedicata alla Giornata missionaria mondiale. In tale occasione esprimo anzitutto il mio vivo compiacimento per il bene che avete compiuto e state compiendo in nome di Cristo e della Chiesa tra la popolazione a voi affidata; e vi incoraggio, inoltre, ad essere sempre maggiormente impegnati nell'annunzio e nella testimonianza del Vangelo nella vostra diocesi, in quest'isola e nel mondo intero. Nel "piano pastorale diocesano" emerge, appunto, in modo particolare la catechesi nella prospettiva delle vocazioni sacerdotali e religiose, per chiarificare e approfondire la convinzione circa il comando di Cristo di evangelizzare tutte le genti e per stimolare alla preghiera e alla confidenza. Voglia il Signore suscitare in voi e nei vostri fedeli sempre più ardente entusiasmo per l'opera missionaria della Chiesa! 2. Non è ora possibile ricordare qui la storia del cristianesimo in Sardegna: voi ben ne conoscete le origini, lo sviluppo, le vicende, i mutamenti, le personalità, le caratteristiche. Tuttavia, si può almeno dire, in sintesi, che anche per la vostra isola nei secoli passati è stato tempo di fatica e di sofferenza e tempo di fede e di santità. Qui, in Sardegna, nel 235 con l'editto di persecuzione contro i cristiani, furono esiliati e condannati "ad metalla" dall'imperatore Massimino il Trace i capi delle Chiese locali, e vi morirono rappacificati papa Ponziano e il presbitero Ippolito; qui il vescovo Brumasio nel 508 accolse i circa duecento vescovi mandati in esilio dal re africano Trasamondo, vandalo e ariano, che portarono con sé le reliquie di sant'Agostino; qui, fin dai primi tempi della Chiesa, operarono eminenti figure di pastori, come Quintasio, che partecipo al Concilio di Arles (314); Lucifero I e Lucifero II; Gianuario, al quale il papa san Gregorio Magno indirizzo ben venti lettere riguardanti la Sardegna; Citonato, che prese parte al Terzo concilio ecumenico di Costantinopoli (680-684); san Giorgio di Suelli, nel secolo X, eletto e consacrato vescovo giovanissimo, infaticabile missionario dell'Ogliastra. Vicende drammatiche e dolorose hanno segnato la storia dell'isola, dalle insidie degli arabi al dominio delle Repubbliche marinare, degli aragonesi e degli spagnoli; ma pur tra le vicissitudini belliche si dilato incessantemente la fede cristiana, con i suoi riti e le sue tradizioni, con i suoi impegni di vita morale e le sue strutture giuridiche, anche per merito dei monaci e delle varie congregazioni maschili e femminili, che, a cominciare dai benedettini, dai camaldolesi, dai vallombrosani, dai cistercensi francesi inviati da san Bernardo e dai frati minori conventuali mandati dallo stesso san Francesco nel 1220, hanno percorso l'isola di secolo in secolo con assiduo ministero, predicando il Vangelo, convertendo le popolazioni, costruendo chiese e conventi, formando sacerdoti e missionari, purificando ed elevando i costumi, santificando le famiglie.

Tra la numerosa schiera di figure e personalità benemerite della Sardegna, ricordiamo almeno, a nostro esempio e incitamento, il cappuccino sant'Ignazio da Laconi; il vescovo Ernesto Maria Piovella; il famoso padre Giovanni Battista Manzella, detto l'"apostolo della Sardegna", che per quasi quarant'anni la percorse infaticabilmente; suor Maria Gabriella Sagheddu di Dorgali, morta nel 1939 nella Trappa di Grottaferrata a Roma, offertasi vittima per l'unità dei cristiani, che ebbi l'onore e la gioia di dichiarare "beata"; madre Maria Giovanna Dore, fondatrice delle benedettine "Mater unitatis". E' un breve elenco, purtroppo incompleto; ma è sufficiente per sottolineare la presenza continua della grazia divina, che tra gioie e dolori, contrasti e conquiste, ha permeato il popolo sardo, facendolo cristiano e devoto. La celebre scrittrice vostra conterranea Grazia Deledda - premio Nobel 1926 - nei suoi romanzi così intrisi di dolore e di angoscia, fa emergere la profonda religiosità dei sardi, specialmente mediante i "pellegrinaggi", e indica nella redenzione e nella fiducia in Dio la soluzione del dramma dell'esistenza umana.

La riflessione sulla storia del passato diventa un monito e uno stimolo per il presente e per il futuro: tutto ciò che è avvenuto ci spinge ad aver fiducia, a non perderci d'animo, a rimanere forti nella fede, senza timore e senza tentennamenti, anche se i tempi sono non senza difficoltà e i venti della critica e della contestazione soffiano violenti attorno alla Chiesa e al messaggio di Cristo. Il mondo di oggi ha più che mai bisogno di voi, cari sacerdoti, e della vostra opera di evangelizzazione. Ed ha più che mai bisogno della vostra preziosa testimonianza, cari religiosi e religiose.


3. L'esortazione e il ricordo che desidero lasciarvi è un invito a lavorare con fiducia: la fiducia è il vertice della speranza fondata sulla parola di Cristo, che ha promesso la sua presenza e il suo aiuto.

- Abbiate fiducia prima di tutto nell'opera della "grazia", che agisce nel segreto delle coscienze, perché realizza un dialogo personale tra Dio e la singola anima. L'importante è essere strumenti docili e adatti della "grazia" anche se gli effetti del nostro impegno ascetico e del nostro apostolato non sono sempre visibili. La storia umana non è un caos di avvenimenti senza senso e crudeli; talvolta può apparirci un labirinto inestricabile; ma la fede cristiana ci insegna che esiste, segreto e reale, il "dialogo" di Dio con il "singolo", per cui bisogna avere estrema fiducia nel lavoro misterioso della grazia nelle coscienze.

- Abbiate poi fiducia nella preghiera. Il monito di Gesù: "Bisogna sempre pregare e mai stancarsi" è per tutti valido e attuale. Per quanto dolorosa sia la nostra fragilità, possiamo almeno pregare e amare! La storia della Chiesa è in ogni tempo tempestosa, perché è lotta del Bene contro il Male e anche la vita del cristiano è ansiosa e difficile, perché egli cammina in salita, portando ogni giorno la sua croce. La forza interiore viene dalla preghiera compiuta in Cristo e con Cristo, e cioè con umiltà e con spirito di obbedienza e di dedizione. Anche riguardo alle vocazioni sacerdotali e religiose, Gesù insiste soprattutto sulla necessità della preghiera: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate il padrone della messe che mandi operai nella sua messe" (Mt 9,38).

- Infine, abbiate fiducia nella vostra stessa dignità di sacerdoti, di religiosi. Bisogna naturalmente tener lontano ogni sentimento di vano orgoglio, ma bisogna anche non intimorirci del rumore e delle pretese del mondo con i suoi errori e le sue pressioni. E' necessaria un'illuminata cultura ecclesiastica, una profonda competenza teologica e pastorale, un'accorta sensibilità verso la società attuale, e nello stesso tempo un'assoluta confidenza in colui che ci ha scelti per testimoniare la verità rivelata e per donare la grazia.


4. Carissimi! Mi piace concludere questo nostro incontro ricordando le parole che vi rivolse Paolo VI, nella sua visita a Cagliari nel 1970: "Sappiate distinguere, tra il rumore delle voci ingannevoli, la voce per eccellenza, l'unica vera voce che può rispondere alle vostre sante aspirazioni; sappiate tenere l'orecchio sempre attento a colui che un giorno, in modo misterioso ma inconfondibile, vi fece sentire l'invito: "Veni, sequere me!"". E' la voce che chiama alla continua riforma e purificazione della Chiesa, mediante l'impegno della propria santificazione personale: "Santità - soggiungeva Paolo VI - che è fondamentalmente una sola, quella di Cristo, e che, oggi come ieri, è fatta di amore di Dio, di preghiera, di dono di sé al servizio del prossimo, di lotta contro le passioni, di ubbidienza, di amore alla croce" ("Insegnamenti di Paolo VI", VIII [1970], 37 8.379).

E' un programma di vita, che anch'io lascio a voi tutti, in questa Giornata missionaria mondiale, e in prossimità del Sinodo straordinario in occasione dei venti anni dalla conclusione del Concilio; un programma di vita che è per voi di intima consolazione e per la Sardegna di immenso vantaggio spirituale. Rivolgetevi a Maria santissima, la nostra Madre celeste; pregatela con fervore, specialmente col rosario; invocatela ogni giorno, per essere autentici imitatori di Cristo, in questa nostra epoca, tra i fedeli della vostra diocesi e della vostra amatissima Sardegna.

Con questi voti, di gran cuore vi imparto ora la mia benedizione che estendo con affetto ai confratelli, alle consorelle che non hanno potuto essere presenti e alle vostre singole famiglie.

Data: 1985-10-20 Data estesa: Domenica 20 Ottobre 1985





Ai carcerati del "Buoncammino" - Cagliari

Titolo: Gesù vi offre la possibilità di redimervi

Cari fratelli, ospiti di questo istituto.


1. Vi saluto con sentimenti di sincera amicizia. Vengo a voi come fratello in Cristo e come persona che intimamente partecipa alle vostre sofferenze. Nel salutarvi, il mio pensiero va anche a tutti coloro che condividono la vostra situazione, in special modo ai detenuti del carcere di Nuoro, che non ho potuto visitare nonostante il loro invito, ma ai quali mi sento in questo momento particolarmente vicino.

Questo appuntamento non poteva mancare nella visita pastorale che sto compiendo in Sardegna. Ho desiderato incontrarmi con voi, seguendo un comando ben preciso che mi viene dalle parole del Signore: "Ero carcerato, e siete venuti a visitarmi... In verità vi dico, ogni volta che avete fatto queste cose ad uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (cfr. Mt 25,3 Mt 6 Mt 25,40). Gesù ha dichiarato in questo modo di volersi identificare con voi, come con ogni uomo sofferente e con tutti coloro che, nella comunità degli uomini, subiscono privazioni e dolorose umiliazioni.

Ringrazio per le parole molto belle, che mi sono state rivolte a nome di tutti voi; ringrazio per l'accoglienza, così calorosa che mi avete riservato e soprattutto per quel grande sentimento di fiducia e di speranza, che traspare dai vostri volti e che il vostro rappresentante ha così bene interpretato.


2. Nella Sacra Scrittura si parla del carcere con una certa frequenza. Sembra anzi che tutta la storia della salvezza ne sia segnata, come se si trattasse di un'esperienza dolorosa ma necessaria per il faticoso procedere della parola di Dio tra gli uomini. Sono stati incarcerati i profeti e gli apostoli. La Chiesa delle origini ha provato questa esperienza in modo particolare nel suo capo, Pietro. E' detto, nel libro degli Atti degli apostoli, che durante la prigionia di Pietro "una preghiera saliva incessante a Dio dalla Chiesa per lui" (Ac 12,5). Anche Gesù Cristo in un certo senso fu in carcere, prima di essere condotto al supplizio della croce.

Ciascuno di voi, nella sua tristezza, potrà dire perciò: anche Gesù Cristo, innocente e giusto, ha provato questa pena, questa angoscia, questo dolore che al presente mi fa soffrire. Gesù lo ha provato, egli che annuncio la sua missione dicendo di essere venuto "per proclamare ai prigionieri la liberazione... per rimettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di grazia del Signore" (cfr. Lc 4,18-19). E' essenziale per tutti noi tenere lo sguardo fisso sul Signore Gesù. Qualunque sia il nostro passato egli ci ama e offre a tutti la possibilità di redimersi e di salvarsi.


3. Negli Atti degli apostoli c'è un episodio molto significativo, che vorrei qui ricordare perché ricco di spunti per la nostra riflessione. E' detto dunque che Paolo e Sila, accusati di aver portato il disordine nella città di Tiatira, furono gettati in prigione. Il carceriere, avuto l'ordine di fare loro buona guardia, li mise nella cella più interna del carcere e strinse loro i piedi nei ceppi. "Verso mezzanotte Paolo e Sila, in preghiera, cantavano a Dio, mentre i carcerieri stavano ad ascoltarli. D'improvviso venne un terremoto così forte che furono scosse le fondamenta della prigione; subito tutte le porte si aprirono e si sciolsero le catene di tutti. Il carceriere si sveglio e vedendo aperte le porte della prigione, tiro fuori la spada per uccidersi, pensando che i prigionieri fossero fuggiti. Ma Paolo grido forte: non farti del male, siamo tutti qui" (Ac 16,25-28).

Il racconto degli Atti prosegue descrivendo la conversione del carceriere, il suo battesimo, il suo primo atto di fraterna carità e la gioiosa festa che ne segui: "A quella medesima ora della notte ne lavo le piaghe e subito si fece battezzare con tutti i suoi; poi li fece salire in casa, apparecchio la tavola e fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per avere creduto in Dio" (Ac 16,33-34).

"Nella cella più interna... strinse i loro piedi nei ceppi". Immagine, questa, ben espressiva della profonda tristezza di chi è carcerato: la solitudine, l'angosciosa paura per il giudizio degli uomini e per quanto ad esso potrà seguire, la logorante attesa di un processo, che non di rado è dilazionato troppo nel tempo, altrettanti stati d'animo che possono vedersi plasticamente raffigurati in quel trovarsi con i piedi "stretti nei ceppi".

Voi sapete che l'uomo non dispone sempre di mezzi sicuri per far luce sulle vicende umane; l'esperienza vi dice quanto sia difficile conoscere nella sua profondità la vostra storia e apprezzare il vostro sentimento più vero, il desiderio cioè di superare la situazione pensosa nella quale vi siete venuti a trovare.

Io vi incoraggio in questo proposito e vi invito a sperare confidando in una provvidenza divina che è generosa oltre che equanime, vicina al vostro cuore oltre che giusta. Vi esorto a rivolgervi a Dio con animo aperto. Non lasciate che l'animo vostro, nel momento della più dura prova, ceda alla tentazione del dubbio circa l'amore di Dio, circa la sua vicinanza e la sua possibilità di aiuto. E se talvolta vi fossero passate per la mente parole come queste, che pur sono scritte nella Bibbia: "La mia sorte è nascosta al Signore, e il mio diritto è trascurato dal mio Dio?" (Is 40,27), sappiate che il Signore non le lascia senza risposta, e vi rassicura: "Non temere, perché io sono con te; non smarrirti, perché io sono il tuo Dio" (Is 41,10).


4. "Non farti del male, siamo tutti qui".

Le parole che Paolo grida al suo carceriere sono un'espressione di fraterna carità cristiana. Voi sentite che qui c'è un invito a volervi bene anche nelle circostanze più difficili e amare.

La Chiesa invita tutti gli uomini a comprendere il vostro desiderio di una vita migliore, diversa, profondamente maturata grazie all'esperienza stessa del dolore. La società deve disporsi a capire che siete pronti a rientrare nel civile consorzio, per portare ancora un messaggio di pace, di civiltà, di fraternità, improntata al dialogo e all'amicizia sincera. Sull'esempio di Cristo la Chiesa proclama l'urgente necessità di carità, che permetta ad ogni uomo di uscire da tutti quei condizionamenti che lo hanno indotto a delle scelte sfortunate.

Pero la Chiesa vi dice anche che dovete amarvi tra di voi, che dovete rendere la vostra vita meno dura proprio perché sapete essere amici. Voi potete ben capire quanto sia importante trovare in qualcuno una parola che sostiene, un gesto di cortesia, di rispetto, di bontà nel momento sconfortante della carcerazione. La comune sofferenza può costruire una maggiore ricchezza di fraternità e di sensibilità umana. Non fatevi, quindi, del male, ma siate tutti insieme costruttori di un'umanità più ricca di amore.


5. "A quella medesima ora della notte ne curo le piaghe": sono ancora parole del libro degli Atti. La carità di Paolo ha prodotto una radicale trasformazione nell'animo del carceriere, che gli diventa amico, e si china sulle piaghe del fratello carcerato. così facendo, egli mostra di aver compreso il valore della persona umana che gli sta accanto. Ecco un bell'esempio del rispetto dovuto all'uomo anche nel caso in cui, per qualsiasi motivo, egli possa essere ritenuto meritevole di pena. Anche se costretto a scontarla, l'uomo rimane immagine di Dio, segno della presenza divina nell'opera della creazione.

E' su questa dignità dell'uomo che si può costruire un'efficace speranza. Il cuore chiuso e indurito rende la vita più oscura e disperata; curare a vicenda le proprie piaghe è invece un impegno comunitario che moltiplica la fraternità proprio nel momento in cui se ne ha maggior bisogno.


6. "Fu pieno di gioia insieme a tutti": con questa annotazione si conclude il brano degli Atti sul quale abbiamo riflettuto.

Il risultato dell'amore fraterno è la gioia. E anch'io vorrei che questa mia visita fosse per tutti voi un motivo di gaudio e ulteriore incentivo per i vostri giusti desideri.

Mi avete fatto un dono che ha un grande valore simbolico: una nave. Essa vuole ricordare la barca di Pietro; ma è anche la nave del buon viaggio, la scialuppa della speranza. Vi ringrazio. Terro con me questo vostro dono, pensero a voi e preghero per voi affinché la vostra speranza non venga mai meno: la speranza che - come avete detto - è fiducia nell'aiuto di Dio e nella comprensione degli uomini.

Formulo l'augurio sincero e vivo che possiate raggiungere il porto dove le vostre speranze diverranno una meravigliosa realtà. Per questo volentieri imparto a voi la benedizione apostolica, come avete chiesto, e desidero estenderla anche a tutte le persone che vi sono care.

Data: 1985-10-20 Data estesa: Domenica 20 Ottobre 1985





Ai giovani in Largo Carlo Felice - Cagliari

Titolo: Urgono le decisioni: tocca a voi muovervi e camminare insieme

Carissimi giovani di Cagliari e dell'intera Sardegna!


1. Ritrovarmi stasera in mezzo a voi, mentre sta per concludersi la mia visita-pellegrinaggio nella vostra nobilissima terra, è per me motivo di grande gioia, perché contiene - direi - una sorta di presentimento. Con voi, vicino a voi a me sembra non si possa parlare di conclusione, quanto piuttosto di continuazione della mia permanenza nell'isola, perché son sicuro che conserverete a lungo il ricordo di questo nostro incontro, lo rievocherete anche con i vostri coetanei e amici, e soprattutto ripenserete alle mie parole ed esortazioni, studiandovi di approfondirle e di farne tesoro. Sono parole ed esortazioni che sgorgano dal profondo del mio cuore e che vi rivolgo con tanta fiducia - come ho già fatto in passato con altri gruppi di giovani come voi, in Italia e in altre nazioni - perché conto sulla vostra generosità e sulla serietà del vostro impegno di vita.


2. C'è una parola specifica per voi, giovani figli di Sardegna? Si, certamente in rapporto ai particolari problemi della società in cui vivete. Ma io vorrei, prima di tutto, riprendere idealmente il discorso che tenni circa un mese fa ai giovani di Genova e della Liguria.

Come le navi-traghetto che solcano nei due sensi l'azzurro Tirreno per collegare Genova e Cagliari, quasi per esprimere visivamente i vincoli storici che le collegavano pure in passato, così la mia parola intenzionalmente si rifà a quanto già dissi nel capoluogo ligure per sviluppare coerentemente altri concetti.

Dissi ai giovani in quell'occasione di "non appiattirsi nella mediocrità", di "non vivere solo a metà", ma di "prendere nelle loro mani la propria vita", per "farne un autentico e personale capolavoro". Ciò naturalmente vale anche per voi, e ne ho avvertito l'eco nelle parole dei due vostri amici e interpreti, quando, accennando alle difficoltà e ai disagi dell'odierna realtà sociale, hanno denunciato il pericolo di adagiarsi nella provvisorietà come stile di vita, di cedere allo scoraggiamento e di cadere nell'emarginazione. Per questo anche a voi io ripeto: giovani di Sardegna, a nessuno è lecito "abbandonarsi"; oggi è più che mai necessario, proprio per superare le difficoltà, che "prendiate in mano" la vostra vita! 3. Ma in concreto - voi potete chiedere - che cosa significa e cosa comporta tutto questo? Ecco, intendo dire che ciascuno di voi deve essere pienamente se stesso, sviluppando al meglio tutte le sue potenzialità, cercando di costruirsi compiutamente come persona. Sapete bene che nella formazione giovanile, quando si tratta di impostarla e soprattutto quando urge decidere, non sono possibili né evasioni né deleghe. Senza presunzione, certo, senza iattanza, ciascuno di voi deve fare appello coraggiosamente a quelle interiori risorse, deve avvalersi di quelle personali energie, che Dio creatore e provvidente ha posto in lui come altrettanti suoi doni. Il giovane che diventa uomo, pur se può usufruire dell'assistenza e dell'aiuto di altri - a cominciare dall'opera insostituibile dei genitori - dovrà in definitiva costruirsi con le sue forze. Non si tratta di sollecitudine e di chiusura egoistica in se stessi. Si tratta unicamente di fedeltà della propria verità di essere umani, portatori di un proprio irripetibile destino.

Sappiate, dunque, carissimi giovani, "prendere in mano" la vostra vita.

Fatelo in nome di quel nucleo interno indistruttibile, che è la vostra libertà personale: un grande e prezioso dono, che Dio vi ha fatto e che Dio stesso rispetta. Quando si tratta delle scelte di fondo, quando - vi ripeto - urgono le decisioni, allora l'iniziativa spetta a voi: tocca a voi muovervi e camminare! La vostra affollata presenza stasera mi conferma che la giusta direzione l'avete già presa: voi non sareste qui, se non ci fosse già stata una personale, libera e decisa presa di posizione. La vostra vita e la vostra libertà, tutto quanto voi avete - la salute, la giovinezza, la forza, l'apertura verso l'avvenire - tutto voi intendete utilizzare in vista di una vostra formazione completa: fisica e morale, civile e religiosa, umana e cristiana.

Senza smentire né rinnegare, senza sciupare né distruggere quello che vi è stato dato e vi è tuttora dato dai vostri genitori, dai vostri insegnanti, dai vostri sacerdoti - rappresentanti tutti e collaboratori di Dio - voi volete tracciare un vostro personale progetto di vita, che vi consenta di sentirvi pienamente voi stessi davanti ai coetanei e agli adulti, davanti a Cristo e alla sua Chiesa.


4. Qual è il contenuto di tale progetto? Giovani figli di Sardegna, se la sintesi finale è e resta fondamentalmente vostra, secondo l'impegno e la volontà di ciascuno, io non posso non richiamare quei valori fondamentali della vita, che debbono rientrarvi come componenti. Sono valori tuttora intatti e nobilmente presenti nelle tradizioni della vostra terra. Ma badate bene che non basta averli ricevuti: bisogna assumerli in proprio, bisogna assimilarli e incarnarli nel quotidiano. Di questi valori voi dovete essere portatori per costruire la nuova società.

Uno l'ho già nominato, quando ho parlato dei vostri genitori: come potrei tacere questo primario rapporto, che vi inserisce nella tipica dimensione della famiglia sarda? E' un centro vitale di affetti, un nido geloso che al calore del sentimento unisce la probità, la laboriosità e la tenacia spinte non di raro fino al sacrificio e all'eroismo. Quante madri, quanti padri potrebbero parlare al mio posto! Custodite, cari giovani, questa antica e sacra eredità! Non la rinnegate mai! Abbiate il senso, anzi il culto e, direi, l'orgoglio di essere nati nelle vostre famiglie! E impegnatevi a maturare in voi stessi degli uomini e delle donne a cui un giorno i vostri figli possano a loro volta guardare con orgoglio.

Nel vostro progetto deve poi rientrare il valore di una vostra seria formazione intellettuale, E' un valore fondamentale per il vostro futuro e per quello del vostro popolo: l'ignoranza è un freno, una molla del progresso. La qualità del vostro domani dipenderà dalla qualità della vostra preparazione culturale di oggi. Come non riconoscere, da questo punto di vista, l'importanza di quell'insieme di persone, di strutture, di attività, che va sotto il nome di scuola? Capitemi: io parlo della scuola non già come realtà separata e distinta, da accettare o subire nei suoi orari e programmi, ma come palestra che è "vostra" e vi appartiene, a voi e ai vostri insegnanti, in tutti i suoi ordini e gradi. Se così voi la concepite e in questa prospettiva ad essa partecipate, la scuola si rivelerà strumento validissimo per la vostra crescita umana e, di riflesso, strumento di crescita per la città e per l'isola.

Un altro valore non può mancare nel vostro progetto. Non può mancare, perché da esso traggono senso e vigore tutti gli altri; il valore di una fede, sincera e profonda, divenuta sostanza della vostra vita. Una fede di questa tempra suppone l'inserimento vivo e partecipe nella comunità cristiana concreta. Il mio pensiero va in questo momento alle vostre parrocchie, sparse non soltanto nei centri maggiori, ma nei piccoli paesi e nelle zone più remote. E ho presenti, altresi, tanti sacerdoti generosi e sensibili, abituati da sempre a condividere con i propri fedeli, a cominciare dai più poveri, i disagi, i problemi, i pericoli. Con i sacerdoti sono i vescovi delle diocesi sarde. So delle loro esortazioni anche a livello di Conferenza regionale; so degli orientamenti pastorali indicati dal vostro arcivescovo.

Ma che cosa c'è alla base di tutto questo? C'è l'ansia di contribuire efficacemente, con l'aiuto del Signore, a irrobustire la tradizionale religiosità dei sardi, ma come sottinteso c'è l'intenzione di far leva innanzitutto su voi giovani, per portarvi al contatto personale con Cristo. A voi giovani, dunque, la responsabilità di corrispondere alle sollecitudini dei vostri pastori, Essi vi richiamano alla conversione del cuore, come condizione primaria per alimentare "dall'interno" la fede. Ebbene, a questa fondamentale via di crescita cristiana vi richiamo anch'io, ricordando che conversione significa anche riconciliazione e preghiera.

I vostri pastori vi hanno indicato pure, come particolare impegno, la catechesi, da intendere non soltanto come sforzo per approfondire personalmente la dottrina del Vangelo, ma anche e simultaneamente come opportunità di testimonianza nei confronti degli altri. E io vi dico: siate i catechisti di voi stessi e dei vostri amici in tutti gli ambienti in cui operate. Vi è stata anche indicata la dimensione della carità, che va ben oltre - come sapete - il soccorso pur necessario per i poveri e gli emarginati: la carità, in effetti, ha un'estensione e un'applicazione molto più ampia, ed è la misura dell'autenticità del nostro essere cristiani. E anch'io insisto: vivete la carità in ogni sua dimensione e sarete veri seguaci di Cristo, testimoni credibili del suo Vangelo.

I vostri pastori, infine, hanno posto il problema della vocazione come appello personale a cui ciascuno deve rispondere, perché le scelte decisive non si possono eludere. Anch'io dico che, come il cittadino ha un suo ruolo nella società, così ogni cristiano ha la sua vocazione nel corpo di Cristo che è la Chiesa. Ma, dicendo vocazione, intendo anche qualcosa di più: alla vocazione generale si può affiancare non di raro una vocazione speciale alla consacrazione sacerdotale o religiosa. All'una e all'altra bisogna rispondere! Comprendete bene, cari giovani, come tutto ciò esiga un attento lavoro di discernimento, così che dalla famiglia alla scuola, dalla parrocchia alla pastorale diocesana e interdiocesana il progetto di vita abbia concretezza e attuazione. E' possibile questo? Sta avvenendo nella vostra vita? Perché sia possibile e avvenga, vi è necessaria la luce dall'alto: la luce di Cristo, personalmente incontrato e personalmente presente. Se è lui che chiama, è a lui che bisogna rispondere.


5. Nella mia Lettera ai giovani e alle giovani per l'Anno internazionale della gioventù ho parlato a lungo dello sguardo rivolto da Cristo a quel giovane del Vangelo: "Gesù, fissatolo, lo amo" (Mc 10,21). E' uno sguardo misterioso e pieno d'amore, segno di personale incontro, anzi di contatto con lui; uno sguardo che vi auguro di scoprire e di sperimentare nella sua efficacia trascinatrice. Da Gesù Cristo, infatti, viene l'orientamento esistenziale; da lui l'alimento vitale: egli è la via, la verità e la vita (cfr. Jn 14,6).

Non ignoro, carissimi, le difficolta e le incertezze che, purtroppo, la realtà quotidiana può riservarvi. Non parlero dei tanti pericoli e tentazioni che presenta oggi la vita; non posso, pero, dimenticare la piaga della disoccupazione.

So che al riguardo la vostra regione detiene un ben triste primato, avendo la percentuale più alta di giovani disoccupati. E' un problema, questo, che mi addolora profondamente, per una serie di motivi, a cominciare dal fatto che esso può frustrare sul nascere ogni serio impegno e far naufragare lo stesso progetto di vita. E anche l'esodo da questa terra è un dissanguamento di tante fresche energie; non è solo perdita in termini economici, ma psicologicamente è uno sradicamento dall'ambiente, i cui danni morali, prima che sociali, son difficili da calcolare. Per questo rivolgo un caldo e pressante appello a tutte le autorità, a ogni livello, proprio in rapporto al diritto-dovere dei giovani a "prendere in mano" la propria vita. Penso infatti che, coordinandosi i vostri sforzi personali, cari giovani, con le iniziative che spettano ai pubblici poteri, sarà possibile dare all'annoso e dannoso problema l'auspicata e soddisfacente soluzione. A questo fine il mio augurio, la mia solidarietà, la mia preghiera.


6. Io invoco su di voi e per voi, a sostegno dei vostri progetti e a superamento delle presenti difficoltà, una speciale effusione della grazia di nostro Signore.

Per voi e su di voi invoco la materna protezione di santa Maria di Bonaria. La vostra crescita - è questo il mio voto supremo - avvenga nella fedeltà a questi ideali e valori, che fin dalle origini del cristianesimo hanno impresso un inconfondibile profilo alle generazioni che si sono succedute in quest'isola. La Sardegna cristiana oggi dev'essere rappresentata e impersonata, deve essere "fatta" dai giovani cristiani! Vorrei con Maria ripetere a ciascuno di voi: "Fate quello che egli vi dirà" (Jn 2,5). Cristo vi parla; Cristo vi chiama. Sappiate rispondere!

Data: 1985-10-20 Data estesa: Domenica 20 Ottobre 1985






GPII 1985 Insegnamenti - All'Angelus dinanzi al santuario di Bonaria - Cagliari