GPII 1985 Insegnamenti - A due gruppi di scienziati - Città del Vaticano (Roma)

A due gruppi di scienziati - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Eutanasia, crimine cui non si può cooperare né consentire

Signore e signori.


1. Esprimo il mio più cordiale benvenuto a tutti voi. E mi rallegro con la Pontificia accademia delle scienze e con il suo illustrissimo presidente, professor Carlo Chagas, per essere riuscito a portare insieme due gruppi di distinti scienziati a riflettere sui temi: "La prolungazione artificiale della vita e la determinazione dell'esatto momento della morte", e "L'azione reciproca delle malattie parassitarie e della nutrizione".

Nei campi di specializzazione racchiusi in questi temi, gli uomini e le donne di scienza e di medicina danno ancora un'altra prova del loro desiderio di lavorare per il bene dell'umanità. La Chiesa è unita a voi in questo compito, poiché anch'essa cerca di essere la serva dell'umanità. Come dissi nella mia prima enciclica, "Redemptor Hominis" (RH 14): "La Chiesa non può abbandonare l'uomo, poiché il suo destino, cioè la sua elezione, chiamata, nascita e morte, salvezza o perdizione, è strettamente e inseparabilmente legato a Cristo".


2. La vostra presenza mi ricorda la parabola del Vangelo del buon samaritano, colui che si prese cura di una persona anonima che era stata spogliata di ogni cosa dai ladri e lasciata ferita sul ciglio della strada. La figura di quel buon samaritano io vedo riflessa in ognuno di voi, che per mezzo della scienza e della medicina offrite le vostre cure a sofferenti anonimi, sia tra gente in pieno sviluppo, sia tra le folle di quegli individui afflitti da malattie causate dalla malnutrizione.

Per i cristiani, vita e morte, salute e malattia, hanno un nuovo significato per le parole di san Paolo: "Nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso. Se noi viviamo, viviamo per il Signore, e se noi moriamo, moriamo per il Signore; così dunque, sia che viviamo sia che moriamo, noi siamo di Dio" (Rm 14,7-8). Queste parole offrono grande significato e speranza a noi che crediamo in Cristo; anche i non-cristiani che la Chiesa stima e con i quali desidera collaborare capiscono che all'interno del mistero della vita e della morte ci sono valori che trascendono tutti i tesori terreni.


3. Quando ci avviciniamo al tema che avete trattato nel vostro primo gruppo, "La prolungazione artificiale della vita e la determinazione dell'esatto momento della morte", abbiamo a che fare con due convinzioni fondamentali: la vita è un tesoro; la morte è un evento naturale. Poiché la vita è veramente un tesoro, è opportuno che gli scienziati promuovano ricerche che possano migliorare e prolungare la vita umana e che i fisici siano ben informati circa i mezzi scientifici più avanzati a loro accessibili nel campo della medicina.

Scienziati e fisici sono chiamati a porre la loro capacità ed energia al servizio della vita. Essi non possono mai, per nessuna ragione e in nessun caso, sopprimerla. Per tutti coloro che hanno un vivo senso del valore supremo della vita umana, credenti e non-credenti, l'eutanasia è un crimine al quale non si deve cooperare in alcun modo, né si deve accettare. Scienziati e medici non devono considerarsi i padroni della vita, bensi i suoi esperti e generosi servitori. Solo Dio che creo la persona umana con un'anima immortale e salvo il corpo umano con il dono della risurrezione è il Signore della vita.


4. E' compito dei dottori e degli operatori medici dare al malato il trattamento necessario a curarlo e che lo aiuterà a sopportare le sue sofferenze con dignità.

Persino quando il malato è incurabile, egli non è mai intrattabile: qualsiasi sia la sua situazione deve essere fornita per lui un'appropriata cura.

Tra le forme utili e lecite di terapia c'è l'uso di sostanze analgesiche. Sebbene alcune persone siano in grado di accettare la sofferenza senza alleviazione, per la maggioranza della gente il dolore diminuisce la forza morale. Tuttavia, se consideriamo l'uso di queste, è necessario osservare l'insegnamento contenuto nella Dichiarazione emessa il 4 giugno 1980 dalla Congregazione per la dottrina della fede: "Le sostanze analgesiche che causano uno stato di incoscienza necessitano di una speciale considerazione. Poiché una persona non solo deve essere in grado di soddisfare i suoi doveri morali e i suoi obblighi familiari, ma deve anche prepararsi con piena coscienza all'incontro con Cristo".


5. Il medico non è né il signore della vita, né il conquistatore della morte. La morte è un'inevitabile fatto della vita umana, e l'uso di mezzi per evitarla deve prendere in considerazione la condizione umana. Riguardo l'uso di mezzi ordinari e straordinari la Chiesa si espresse nei seguenti termini nella Dichiarazione che ha già menzionato: "Se non ci sono altri rimedi sufficienti è permesso, con il consenso del paziente, ricorrere a mezzi forniti dalle tecniche mediche più avanzate, anche se questi mezzi sono ancora in sperimentazione e non privi di rischi... E' anche permesso, con il consenso del paziente, interrompere questi trattamenti dove non si riescano ad ottenere i risultati sperati. Per una tale decisione occorre pero prendere in considerazione i desideri ragionevoli del paziente e della sua famiglia, così come i consigli dei medici competenti in materia... E' anche lecito accontentarsi dei normali metodi che la medicina può offrire. Quindi nessuno può imporre ad un altro l'obbligo di ricorrere a una tecnica che è già in uso ma che porta rischi o è gravosa... Quando la morte inevitabile è imminente, invece dei mezzi usati è permesso in coscienza prendere la decisione di rifiutare forme di trattamento che assicurerebbero solo un precario e pesante prolungamento della vita.


6. Noi siamo grati a voi, signore e signori, per aver studiato nei dettagli i problemi scientifici connessi al tentativo di definire il momento della morte. Una conoscenza di questi problemi è essenziale per decidere con una coscienza morale sincera la scelta di forme di trattamento ordinarie e straordinarie, e nel trattamento di importanti aspetti morali e legali. Ci aiuta anche nell'ulteriore considerazione se la casa o l'ospedale sia il luogo più adeguato per il trattamento del malato e specialmente dell'incurabile.

Il diritto di ricevere un buon trattamento e il diritto di poter morire con dignità richiede risorse umane e materiali, a casa e in ospedale, che garantiscano il conforto e la dignità del malato. Coloro che sono malati e soprattutto i morenti non devono mancare dell'affetto dei loro familiari, della cura dei dottori e infermieri, del sostegno dei loro amici. Sopra e al di sopra di tutti i conforti umani, nessuno può trascurare di vedere l'aiuto enorme dato ai morenti e alle loro famiglie dalla fede in Dio e dalla speranza in una vita eterna. Vorrei quindi chiedere agli ospedali, ai dottori e soprattutto ai parenti, specialmente nel presente clima di secolarizzazione, di rendere facile al malato il venire a Dio, poiché nella sua malattia fa esperienza di nuove domande e ansie alle quali solo Dio può dare risposta.


7. In molte parti del mondo l'argomento che avete iniziato a studiare nel vostro secondo gruppo di lavoro ha un'immensa importanza, chiamata la questione della malnutrizione. Qui il problema non è solo quello della scarsità di cibo, ma anche della qualità di cibo, se esso è adeguato o meno allo sviluppo sano dell'intera persona. La malnutrizione incrementa le malattie che impediscono lo sviluppo del corpo e la crescita e la maturazione dell'intelletto e del volere.

La ricerca che è stata così tanto sviluppata e che ora voi state esaminando nei dettagli in questo colloquio, aiuta all'identificazione e al trattamento delle malattie associate alla malnutrizione. Nello stesso tempo, essa puntualizza il bisogno di adattare e incrementare metodi di coltivazione, che siano capaci di produrre cibo con tutti gli elementi che possano assicurare un'esperienza propriamente umana e il pieno sviluppo fisico e mentale della persona.

E' mia fervente speranza e preghiera che le vostre deliberazioni incoraggino i governi e i popoli dei Paesi economicamente più avanzati ad aiutare le popolazioni maggiormente affette dalla malnutrizione.


8. Signore e signori, la Chiesa cattolica, che nel prossimo Sinodo mondiale dei vescovi celebrerà il ventesimo anniversario del Concilio vaticano II, riconferma le parole che i padri del Concilio rivolsero agli uomini e alle donne di pensiero e di scienza: "I nostri passi non smarriscano la via. Le vostre strade siano le nostre. I vostri sentieri non siano mai estranei ai nostri. Noi siamo gli amici della vostra vocazione di ricercatori, compagni nei vostri lavori, ammiratori dei vostri successi, e, se necessario, consolatori nei vostri scoraggiamenti e fallimenti".

E' con questi sentimenti che invoco la benedizione di Dio, il Signore della vita, sulla Pontificia accademia delle scienze, su tutti i membri dei due presenti gruppi di lavoro e sulle vostre famiglie.

Data: 1985-10-21 Data estesa: Lunedi 21 Ottobre 1985





Agli studenti del Seminario maggiore - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Approfondire la vocazione vivendo nel culto della verità

"Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese!". Signor cardinale, carissimi superiori, docenti e alunni del Seminario romano maggiore!


1. L'esortazione di Gesù ai discepoli, riportata dal Vangelo dell'odierna liturgia, suona come un programma per il nuovo anno scolastico, appena iniziato, e come una suprema e chiara direttiva per tutta la vostra vita. Sono lieto di iniziare questa giornata, tanto significativa per me, insieme con voi attorno all'altare del Signore, per offrire con voi e per voi il santo sacrificio della messa e per meditare insieme brevemente sulla parola di Dio.


2. "Siate pronti - dice il Signore - con la cintura ai fianchi e le lucerne accese". Pronti occorre essere prima di tutto per accogliere la verità. Noi sappiamo che la verità è Cristo, il Verbo divino incarnatosi per la nostra salvezza: egli è la luce del mondo; egli è il pane della vita, è "l'immagine del Dio invisibile... Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui" (Col 1,15-16). Nella Lettera ai Romani, san Paolo mette in evidenza in modo chiaro e definitivo che il centro della storia è la redenzione, che si collega strettamente e logicamente alla creazione e alla caduta dei progenitori, e che consiste nel dono della vita divina all'umanità mediante la morte in croce del Cristo e infine nel dono della grazia alle singole anime per mezzo della Chiesa: "Come per la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l'opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che dà vita" (Rm 5,18-19).

Questa è la verità che Gesù ci ha rivelato e che la Chiesa, madre e maestra, custodisce nel tempo, tramanda, difende e sviluppa; questa è la verità che illumina sul significato autentico dell'esistenza dell'uomo sulla terra e dell'intera storia umana; questa è la verità che dobbiamo conoscere, comprendere, amare, vivere, testimoniare.

Sentite perciò sempre profondamente, cari seminaristi, il culto per la verità! Bisogna avere una cintura ai fianchi" e cioè bisogna sempre essere in cammino, in ricerca, in attesa; talvolta è faticoso e costa sacrificio piegare l'intelligenza alla luce della verità e accettarne tutte le esigenze morali e ascetiche. Bisogna avere le "lucerne accese", come le vergini prudenti, e aprire subito, non appena la verità bussa alla porta dell'anima! "Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre!" - ammonisce l'autore della Lettera agli Ebrei (13,8) - "Non lasciatevi sviare da dottrine varie e peregrine". Anche oggi, come al tempo di san Paolo, "molti si comportano da nemici della croce di Cristo" (Ph 3,18). Siate perciò sempre vigilanti! Studiate con amore e con passione: lo studio della filosofia, della teologia, della Sacra Scrittura sia per voi una gioiosa meditazione della verità, accompagnata dalla preghiera e dalla carità.


3. Occorre poi essere vigilanti e pronti nell'accogliere la chiamata del Signore alla sua sequela: "Siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito appena arriva e bussa". La vocazione non è un'imposizione; è una proposta: il Signore bussa alla tua porta! "Se vuoi venire dietro a me...". Questo è certo: tra migliaia e milioni di giovani, qualcuno è chiamato a diventare suo ministro, perché Dio vuole che gli uomini conoscano la verità e siano salvi, e il mezzo ordinario per tale scopo è l'opera della Chiesa, realizzata in modo primo e principale dai ministri ordinati, i sacerdoti. "La messa è molta e gli operai sono pochi" fa notare Gesù ed esorta a pregare il padrone della messe affinché mandi molti operai nella sua messe (cfr. Mt 9,37-38).

Dunque, è espressa volontà di Dio che i ministri della verità e della grazia siano molti e attivi, per ammaestrare tutte le nazioni, battezzandole e insegnando loro il messaggio di Cristo (cfr. Mt 28,19-20).

Siate dunque pronti e generosi nel rispondere alla chiamata; "Ecco, io vengo, o Signore, per fare la tua volontà... Mio Dio, questo io desidero, la tua legge è nel profondo del mio cuore!" (Ps 39,8-9). Questi anni di studio e di preghiera siano perciò un periodo di ulteriore chiarificazione circa la vostra chiamata, e, soprattutto, di vera formazione interiore. Infatti, la vocazione al sacerdozio non cambia la natura umana e non elimina il fascino del mondo. Bisogna perciò formarsi all'autocontrollo, alla disciplina personale, alla mortificazione, al senso dell'umiltà e dell'obbedienza, convinti che le anime si salvano solo mediante la croce; tali virtù vi saranno indispensabili nella vita pastorale, a contatto diretto e responsabile delle persone da istruire, amare, salvare.

Ma soprattutto dovete essere pronti e generosi nell'impegno della vostra santificazione, perché vi attende la celebrazione dell'eucaristia e l'amministrazione del perdono delle colpe "in persona Christi". Alessandro Manzoni, il grande scrittore italiano, di cui - come sapete - ricorre quest'anno il secondo centenario della nascita, nel suo libro "Osservazioni sulla morale cattolica" ha una pagina di profondo elogio della sublime missione del sacerdote, "ministro di un'autorità divina", "dispensatore del sangue dell'alleanza, stupito ogni volta di proferire le parole che danno la vita"; ma soggiunge poi che deve essere un uomo "nutrito di preghiera" e che "avvezzo alla contemplazione delle cose del cielo e al sacrificio di se stesso, deve sapere in particolare maniera stimar le cose col peso del santuario" (cap. XVIII). Parole sempre valide di un genio, che convertitosi alla fede cristiana, seppe totalmente apprezzarla e impegnarsi a viverla radicalmente.


4. Infine, accogliendo il monito alla vigilanza, proprio del contesto evangelico riportato da san Luca, occorre essere pronti sempre per l'incontro ultimo e definitivo col Signore: "Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli... E se giungendo nel mezzo della notte o prima dell'alba, li troverà così, beati loro!". La vita è un cammino verso l'eternità; dobbiamo trafficare intensamente tutti i talenti, senza mai dimenticare che "non abbiamo qui la città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura" (He 13,14). Ogni attimo diventa prezioso proprio per questa prospettiva. Bisogna vivere e operare nel tempo portando in cuore la nostalgia del cielo. Dio ci ha creati per renderci partecipi della sua eterna e assoluta felicità. Noi non riusciamo a comprendere in che cosa consista questa gioia suprema e totale; ma Gesù ce lo fa in certo modo intuire, dicendo che la situazione allora si capovolgerà, e Dio stesso si metterà a nostro servizio: "In verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli". Il pensiero del paradiso deve farci esultare di letizia e deve stimolare ciascuno all'impegno costante per la propria santificazione.

Attingiamo ora con fervore la grazia al sacrificio di Cristo, che si immola misticamente sull'altare, rinnovando il sacrificio redentore della croce, e chiediamo con fiducia a Maria santissima la sua materna protezione, per essere sempre pronti e vigilanti, con la lampada accesa della fede e della carità.

Data: 1985-10-22 Data estesa: Martedi 22 Ottobre 1985











Ai sacerdoti assistenti dell'ACR - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il sacerdote modello concreto per i giovani

Carissimi fratelli in Cristo!


1. Sono sinceramente lieto di incontrarmi oggi con voi, sacerdoti assistenti diocesani e parrocchiali dell'Azione cattolica dei ragazzi, che siete venuti a Roma per pregare e riflettere insieme sui vari problemi e aspetti del vostro apostolato in un settore tra i più vivi e vitali della benemerita associazione.

Il tema di studio a voi proposto è di fondamentale importanza, perché concerne la dimensione religiosa nella vita dei ragazzi e quindi l'esigenza di una loro educazione alla spiritualità. Leggendo il programma del vostro convegno ho notato, con particolare compiacimento, come sia sottolineata l'esigenza della formazione religiosa e spirituale dei ragazzi, che si trovano nel periodo più delicato della maturazione della personalità, e come anche si insiste sulla necessità che il sacerdote assistente sia autentico "educatore di vita cristiana".

Una delle attività pastorali da me svolte con vero entusiasmo, come sacerdote, come vescovo e come Papa, è stata ed è quella dell'incontro con i giovani. Proprio quest'anno internazionale della gioventù ho avuto la gioia di rivolgere una Lettera apostolica ai giovani e alle giovani del mondo, per parlare della ricchezza singolare che rappresenta, per loro e per gli altri, la loro giovinezza, se vissuta e realizzata secondo il progetto di Dio.

Ma perché i ragazzi e i giovani possano vivere e realizzare tale loro progetto, è necessario che siano aiutati e guidati con delicatezza, con amore, con rispetto, a saper scegliere tra le varie proposte.


2. In questo contesto emerge l'insostituibile presenza del sacerdote, che sappia capire, illuminare, confortare, dirigere i ragazzi e i giovani; è questo un apostolato spesso difficile, ma esaltante. La vostra esperienza di assistenti spirituali, impegnati e dediti in modo particolare alla pastorale giovanile, conferma indubbiamente tale mia notazione.

In concomitanza con la menzionata lettera, ne ho inviata una anche a tutti i sacerdoti della Chiesa, in occasione del giovedi santo di quest'anno: in essa trattavo semplicemente il tema della gioventù nel lavoro pastorale dei sacerdoti e, in generale, nell'apostolato proprio della nostra comune vocazione.

Vorrei, in questo nostro fraterno e cordiale incontro, ricordare quanto ho espresso in quello scritto: ogni sacerdote deve distinguersi per un'accessibilità simile a quella di Cristo. I ragazzi e i giovani debbono trovare nell'assistente la massima apertura, benevolenza, disponibilità nei confronti dei loro problemi. Essi hanno i loro ideali, le loro esigenze, i loro sogni; ma anche le loro prove, le loro sofferenze, le loro delusioni, le loro crisi, le loro inquietudini: "Bisogna aiutarli in queste inquietudini a scoprire la propria vocazione. Bisogna... sostenerli e confermarli nel desiderio di trasformare il mondo, di renderlo più umano e più fraterno" (Lettera ai sacerdoti, 7).

Tuttavia i ragazzi e i giovani, più che della presentazione teorica di un progetto di vita, hanno bisogno di un modello concreto, per scoprire in sé la possibilità e la capacità di realizzare, con l'aiuto della grazia divina, gli ideali del messaggio cristiano, con tutte le sue esigenze. Tale modello concreto può e deve essere il sacerdote: per questo occorre vivere intensamente ed evangelicamente il proprio carisma presbiterale con gioia, con impegno, con dedizione.

Tutti noi sacerdoti, nella nostra vita di ragazzi e di giovani, abbiamo avuto la fortuna di incontrare tanti bravi sacerdoti, ma ne abbiamo, ad un certo momento incontrato uno, dinanzi al quale ci siamo detti nell'intimo della nostra coscienza: voglio diventare come lui! Cari fratelli! Il tempo e il ministero dedicati alla pastorale dei ragazzi e dei giovani sono preziosi e fecondi di bene. Bisognerà avere sempre pazienza, costanza, metodo. Il rifiorire dell'Azione cattolica dei ragazzi in tutte le diocesi d'Italia è segno che voi lavorate con molto impegno. Continuate con lo stesso spirito e con lo stesso entusiasmo! Affido questi miei e vostri voti al cuore materno di Maria santissima, mentre invoco da Cristo, sommo ed eterno sacerdote, l'abbondanza delle sue grazie sul vostro ministero. La mia benedizione apostolica vi accompagna sempre!

Data: 1985-10-24 Data estesa: Giovedi 24 Ottobre 1985


Messa per i giovani delle OIC - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Siete non solo l'avvenire, ma anche il presente della Chiesa

Gesù ci ha detto: "Là dove due o tre si trovano riuniti in nome mio, io sono là in mezzo a loro" (Mt 18,20). Eccovi riuniti, cari amici, di Paesi diversi, di differenti organizzazioni cattoliche internazionali della gioventù, in quest'Anno internazionale della gioventù, al fine di riflettere insieme, di pregare insieme, di agire insieme per lo sviluppo, la giustizia e la pace che sono delle questioni di vita e di morte per l'umanità. Avete desiderato tenere questa riunione a Roma, in un dialogo fiducioso con la Santa Sede, collaborando con il Consiglio per i laici e, questa mattina, pregando con il successore di Pietro, servitore, a titolo speciale, dell'unità del popolo di Dio, della solidarietà universale, cattolica.

Vi incoraggio ad associarvi in questo modo: non soltanto per sentirvi più forti davanti agli immensi problemi di questo mondo, non soltanto per avere più idee in comune, non soltanto per essere più efficaci di fronte all'opinione pubblica, di fronte alla gioventù o agli organismi internazionali, ma perché la comunione è il marchio dei discepoli di Cristo, il segno della Chiesa, che è il corpo di Cristo, le cui membra vivono dello stesso Spirito Santo, ricevono la stessa vita del Cristo, si rivolgono insieme allo stesso Padre, si preparano a diffondere nel mondo lo stesso fuoco che Gesù è venuto ad accendere - come dice il Vangelo di oggi -, quello dell'amore.

Questo amore prenderà un aspetto molto concreto. Non resterà sentimento o sogno. Esso si tradurrà in azione concertata nell'immenso cantiere del mondo.

Rifiuterà il fatalismo, la fuga, la disperazione, così come le vie della violenza.

Esso vorrà rilevare le carenze, come voi ben dite affinché tutti gli uomini abbiano la loro possibilità di sviluppo, affinché la giustizia progredisca, affinché la pace si affermi; affinché gli uomini abbiano il loro pane quotidiano che nutre il loro corpo, l'amicizia e la considerazione che rasserenano il loro cuore e l'accesso alla santità che sboccia nella vita eterna. Il vostro impegno si situerà, certo, nella linea di ciascuna delle vostre organizzazioni, in équipe, ma voi vi sentirete solidali con gli altri movimenti cristiani; realizzerete le vostre analisi e le vostre iniziative secondo l'originalità cristiana, liberi di fronte ai gruppi di pressione o ai partiti politici, ispirandovi al Vangelo, e, come dice san Paolo, sottomettendovi a Dio, di cui voi seguirete la volontà con umiltà e nella preghiera. Abbiate sufficiente personalità cristiana per non conformarvi a questo mondo quando si allontana da Dio; potrà essere forse l'incomprensione di cui parla Gesù, e che fa soffrire. Abbiate il coraggio di amare come Gesù lo domanda, con l'ardore del suo fuoco.

Informatevi. Formatevi. Prendete il vostro posto nel mondo, prendendo interamente il vostro posto nella Chiesa. Siete non solo l'avvenire della Chiesa, siete il suo presente. Camminate in collaborazione con gli adulti, con i vostri preti, con i vostri vescovi, che contano su di voi. Con loro avete una responsabilità, una missione, per lo sviluppo dei giovani e la loro santità; meglio ancora, contribuite alla gioventù della Chiesa.

Che lo Spirito Santo vi ispiri e vi guidi! Noi andiamo ad unire tutti i nostri sforzi a colui che ha dato la sua vita affinché il mondo abbia vita in abbondanza.

Data: 1985-10-24 Data estesa: Giovedi 24 Ottobre 1985





Ai vescovi filippini in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Vescovi e religiosi collaborino per il bene della Chiesa

Cari fratelli vescovi, oggi ho il piacere di incontrare i vescovi delle regioni del Luzon del nord e di Bikol, nelle Filippine. Io vi accolgo con stima e affetto fraterni, nell'amore di nostro Signore Gesù Cristo.


1. Il tema fondamentale dei discorsi che ho tenuto ai gruppi di vescovi filippini durante le loro visite "ad limina", è stato - come è da aspettarsi - la missione pastorale dei vescovi verso la Chiesa affidata alle loro cure. Forse una delle migliori sintesi di tale missione è espressa nelle parole del Concilio: "Nell'esercizio del suo ufficio di padre e pastore, un vescovo dovrebbe stare fra il suo popolo come un servo. Sia egli un buon pastore... un padre amoroso...

Raduni e plasmi l'intera famiglia del suo gregge in modo tale che ognuno, conscio dei propri doveri, possa vivere e operare in comunione d'amore" (CD 16).

In questo modo il Concilio ha presentato a noi vescovi un programma di vita e di attività pastorale completamente incentrato sulla persona e sull'opera di nostro Signore Gesù Cristo, il "gran pastore delle pecore" (He 13,20). E' Gesù stesso il nostro modello e la misura dell'impegno e della sollecitudine pastorale.

A causa della nostra conformazione sacramentale a lui, egli è il nostro esempio in modo intimamente personale e profondo. Nelle molteplici attività del nostro ministero di insegnamento, santificazione e governo del popolo di Dio, Cristo stesso è presente e operativo. "Se non è il Signore che costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori" (Ps 127,1). Invero, attraverso il ministero del vescovo, come afferma il Concilio, il Signore stesso "dirige e guida il popolo del Nuovo Testamento nel suo pellegrinaggio verso la felicità eterna" (LG 21).

Una tale considerazione ci richiama al fatto che il successo dell'apostolato non può essere misurato in termini di organizzazione burocratica o di dati statistici. Piuttosto, il criterio ultimo del valore del nostro ministero, sta nella realizzazione di ciò che noi chiediamo umilmente nella preghiera del Signore: "Venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà in terra" (Mt 6,10).

Il compito del pastore è affrettare l'avvento del regno di Dio col condurre il suo popolo "a vivere ed operare in comunione d'amore" (CD 16). Nella condivisione dei doni di Cristo alla Chiesa e al mondo attraverso la professione della fede, l'economia sacramentale e la partecipazione alla vita ordinata della comunità sotto la guida dei pastori legittimi, là nasce quella profonda unità che necessariamente caratterizza "l'intera assemblea della carità" (cfr. sant'Ignazio di Antiochia, "Ad romanos", Pref.). In ogni Chiesa locale, la realizzazione di quella comunione di amore e di unità cristiana è conseguita primariamente dallo Spirito Santo "che è il principio del nostro radunarci e permanere uniti nell'insegnamento degli apostoli e in amicizia, nello spezzare del pane e nelle preghiere" (LG 13). Perciò desidero invitare sia voi che i vostri fratelli vescovi delle Filippine a non cessare di pregare ardentemente per la chiesa del vostro Paese, perché possa essere ogni giorno di più una vera comunione di amore e unità, in forza dello Spirito Santo e per la testimonianza concreta di fratellanza e solidarietà ad ogni livello.


2. Una conseguenza pratica della natura della Chiesa come comunione di fede e amore è l'esigenza di scoprire, incoraggiare e coordinare con pastorale efficacia i vari ministeri e carismi che lo Spirito Santo distribuisce fra il popolo di Dio.

Un fondamentale sostegno in questo compito di coordinamento e unità di propositi è lo sviluppato senso di responsabilità collegiale e di lavoro di gruppo che voi, vescovi, esercitate con gli incontri e le attività della vostra Conferenza episcopale. Infatti, quando parlerete con una sola voce in obbedienza al Vangelo e quando alla sua luce leggerete "i segni dei tempi" e sarete visti sostenervi l'un l'altro con efficaci forme di cooperazione ecclesiale, allora la società riceverà il messaggio di pace e di riconciliazione che la Chiesa delle Filippine continua a proclamare, nonostante le difficoltà e le opposizioni.


3. Un aspetto in particolare merita considerazione. Mi riferisco al compito di incoraggiare e coordinare, per il bene di tutta la Chiesa delle Filippine, la fruttuosa cooperazione fra vescovi e religiosi, a livello sia diocesano che nazionale.

Il contributo di religiosi e religiose alla vita della Chiesa nel vostro Paese, corrisponde a una storia gloriosa di servizio illuminato e dedizione all'evangelizzazione. Oggi i religiosi, uomini e donne, giocano un ruolo molto significativo all'interno della vita globale della Chiesa filippina. Coloro che si donano solo a Dio nella solitudine della preghiera e nel silenzio della vita contemplativa, sono degni di speciale merito. Essi sono "la gloria della Chiesa e un'inestinguibile fonte di grazie celesti" (PC 7).

Ancora, le attività degli istituti impegnati nell'apostolato attivo rispondono a una missione specifica che è loro propria, nella Chiesa. Usando le parole del decreto del Concilio sull'appropriato rinnovamento della vita religiosa, "la Chiesa ha consegnato loro un ministero sacro e un'opera speciale di carità, che devono essere conseguiti nel suo nome" (PC 8).

Come conseguenza i religiosi, e similmente i membri delle società di vita apostolica per parte loro, si rendono conto che le loro attività pastorali sono inseparabili dalla missione evangelizzatrice e santificatrice della Chiesa. Il carisma e il carattere particolari di ogni comunità, arricchiscono la vita delle Chiese locali in cui operano di un dinamismo e di un'abilità organizzativa che permette alla Chiesa di rispondere alle sfide e ai bisogni di ogni luogo.

Pienamente coscienti della visione ecclesiologica che il Concilio propone, i religiosi dovrebbero sempre vedere il loro lavoro come organicamente collegato alla vita e alla missione della Chiesa locale in cui il vescovo è "il principio visibile e il fondamento dell'unità" (LG 23). così, il rapporto fra vescovi, membri di istituti religiosi e società di vita apostolica, dovrebbe essere caratterizzato da comprensione cordiale, unità organica e volontà di lavorare assieme in modo programmatico per il bene dell'intera comunità. Lo stesso Spirito Santo che sostiene la Chiesa sul fondamento degli apostoli, introduce nel corpo della Chiesa il carisma del consiglio evangelico e dello zelo missionario, perché essa sia un valido segno della santità a cui il popolo di Dio è chiamato e testimone profetica dei valori del regno. Quindi non può esservi alcuna separazione o parallelismo contraddittorio fra religiosi e vescovi.

Piuttosto, dovrebbe esservi complementarietà che non sia un semplice accomodamento, ma un'esemplificazione vivente di ciò che san Paolo insegna riguardo alle parti del corpo in riferimento alla Chiesa: "L'occhio non può dire alla mano "Non ho bisogno di te", né la testa può dire ai piedi "Non ho bisogno di voi"" (1Co 12,21). Tutti devono lavorare insieme obbedendo all'unico Signore.


4. In qualità di vescovi, voi troverete alcune indicazioni essenziali per il compimento delle vostre responsabilità verso i religiosi, uomini e donne, presenti nelle vostre diocesi, nel documento "Mutuae relationes" (cap. VII): li leggerete che il compito specifico del vescovo è quello di "difendere la vita consacrata, incoraggiare e animare la fedeltà e autenticità dei religiosi, aiutandoli a diventare parte della comunione e dell'azione evangelizzante della Chiesa, secondo la loro diversa natura". Tutto ciò richiede contatti regolari fra vescovi e superiori religiosi, in modo da mantenere uno spirito di apertura e comprensione riguardo agli obiettivi pastorali. Gli uomini e le donne religiosi, dovrebbero essere adeguatamente rappresentati nei vari consigli diocesani, specialmente nei consigli pastorali. Essi potranno anche ultimamente costituire delle associazioni di religiosi che serviranno come "organismi di discussione di problemi misti fra vescovi e superiori, così come coordinamento delle attività delle famiglie religiose con l'azione pastorale della diocesi, sotto la direzione del vescovo".

So che state già seguendo questa via e vi incoraggio a proseguire con fiducia.

Anche a livello nazionale la Chiesa delle Filippine potrà trarre beneficio solo dal consolidarsi di procedure di dialogo e collaborazione fra i vescovi e i maggiori superiori religiosi. Da questo punto di vista è sempre importante che la diversità degli istituti venga rispettata sia dai vescovi che dai responsabili stessi di queste associazioni. E' altrettanto importante che le associazioni regionali e nazionali di religiosi diano il giusto peso alla inalienabile responsabilità del vescovo a controllare lo sviluppo delle attività pastorali nella propria diocesi, in corrispondenza allo spirito evangelico di servizio, che i religiosi e le religiose cercano di incarnare ed esemplificare.


5. Un'area particolare di collaborazione fra vescovi e religiosi, che richiede, nelle attuali circostanze, molto discernimento spirituale, concerne il ruolo di sacerdoti e religiosi nel processo di sviluppo sociale. A questo proposito accennero a due aspetti del servizio che la Chiesa rende al vostro popolo, un servizio che implica una predilezione preferenziale, sebbene non esclusiva o restrittiva, per gli ultimi tra i fratelli e le sorelle in Cristo, i poveri, gli indifesi, i deboli e coloro che vengono esclusi dai benefici del progresso, specialmente dall'educazione, dall'occupazione e dal pieno raggiungimento dei diritti umani e civili.

Innanzitutto questo servizio è una risposta alla parola di Dio. Nei poveri e nei sofferenti la Chiesa cerca di servire Cristo (cfr. LG 8). Essa si rapporta a ogni bambino, uomo o donna, con il vivido senso della dignità personale unica di ognuno. Seguendo l'esempio del suo fondatore, essa si rifiuta di considerare qualsiasi gruppo di esseri umani - tantomeno i poveri - come pure categorie o fattori economici e sociopolitici all'interno di una teoria dello sviluppo sociale. La Chiesa è al servizio degli uomini in quanto persone, nel pieno rispetto della loro dignità e nel sostegno della ricerca dell'individuo nel suo totale destino umano ed eterno. Questa è la missione della Chiesa ed essa non può essere subordinata o rinviata a favore di altre finalità economiche, sociali o politiche.

Un secondo aspetto, che trattero brevemente, concerne il ruolo di guida di sacerdoti e religiosi nello sviluppo. E chiaro che questo ruolo non consiste nell'esporre particolari programmi politici o ideologici. Certamente, sacerdoti e religiosi proclamano il messaggio evangelico di liberazione e accompagnano il loro popolo nella ricerca della dignità e della giustizia; ma devono stare attenti a non stravolgere il messaggio attraverso un'interpretazione riduttiva, o ponendolo al servizio di una particolare forma di coinvolgimento politico, oppure prendendo parte ad attività che non appaiono in sintonia con la loro posizione ecclesiale.

Colgo questa occasione per esprimere la mia vicinanza spirituale ai sacerdoti e ai religiosi filippini così come a tutto il personale missionario che condivide il fardello del suo popolo in povertà e semplicità, ricercando la giustizia e la verità senza violenza, dando testimonianza a Cristo che "compi l'opera di redenzione nella povertà e nell'oppressione" (LG 8), 6. Vorrei incoraggiarvi, cari fratelli vescovi, anche in un'altra iniziativa, cioè i programmi di catechesi e formazione teologica del laicato che stanno per essere intrapresi secondo le direttive del vostro direttore catechistico nazionale.

Ciascuna Chiesa locale nasce dalla proclamazione della buona novella di salvezza in Cristo Gesù, e cresce e si sviluppa nella misura in cui quel messaggio è accolto con amore e praticato con opere efficaci di santità, giustizia e carità.

La forza di ogni Chiesa locale è strettamente connessa al grado in cui la fede viene nutrita e illuminata da un adeguato programma di catechesi, il cui scopo è "creare dei discepoli; aiutare la gente a credere che Gesù è il Figlio di Dio, così che, credendo, essi possano aver vita nel suo nome; educarli e istruirli in tale vita per edificare il corpo di Cristo" (CTR 1).

Semplicemente io desidero richiamare l'importanza di questo compito per la vita cristiana del vostro popolo. Mentre affrontate l'immensa sfida di rispondere al bisogno e alla sete della parola di Dio e dell'insegnamento della Chiesa che il vostro popolo nutre, io prego che continuiate con rinnovata energia e coraggio a dare priorità alla catechesi. Non è esagerato affermare che l'intero futuro della Chiesa nel vostro Paese dipende dal vostro successo nell'istruzione catechistica del fedele. Lo Spirito di verità doni a voi e ai vostri collaboratori un entusiasmo sempre più grande per quest'opera! 7. Infine, collegato al tema della catechesi, faccio menzione all'enorme valore che l'apostolato di educazione cattolica ha per la Chiesa e per la nazione filippina. Scopo sublime dell'educazione cattolica ad ogni livello è rendere il fedele capace di "unire le attività e le questioni umane coi valori religiosi in un'unica sintesi vivente" ("Sapientia christiana", 1). Perciò sento la necessità di richiamare la vostra attenzione, e quella di tutta la Chiesa, sui meriti speciali di quei vescovi e sacerdoti, sugli insegnanti e in modo particolarissimo sui religiosi, uomini e donne, che sono stati e continuano ad essere i responsabili dell'educazione cattolica delle Filippine, in numerose scuole di ogni grado, incluso un gran numero di università cattoliche. Nessuno dubiti della rilevanza di tale opera. Anzi, essa dovrebbe essere promossa ed estesa. I problemi finanziari e di personale sono certo molto gravi, specialmente in considerazione dell'esigenza di estendere le scuole cattoliche ad aree dove ciò non è ancora stato possibile. Ma, con l'aiuto di Dio e con un senso di responsabilità e collaborazione da parte delle autorità ecclesiastiche e civili coinvolte, i diritti dei genitori, affermati dal Codice di diritto canonico, "di servirsi di quegli aiuti che la società civile deve fornire, necessari per ottenere un'educazione cattolica per i loro figli" (CIC 793 § 2), saranno assicurati.


8. Nel corso della visita "ad limina" dell'episcopato filippino, noi abbiamo toccato molti punti di grande importanza per la vita delle vostre Chiese. E' resa, così, evidente la vastità dei vostri doveri pastorali, A conclusione di questa serie di visite, desidero assicurarvi ancora una volta che, insieme al vostro popolo, siete molto vicini al mio cuore e sempre presenti nelle mie preghiere. Le vostre gioie, i vostri dolori e le aspirazioni e ansietà del popolo filippino sono anche i miei.

Raccomando voi tutti alle cure materne di Maria, madre della Chiesa, e all'intercessione degli uomini e delle donne che hanno santificato la vostra terra, specialmente il beato Lorenzo Ruiz, che fu beatificato durante la mia visita a Manila nel 1981.

"Il Signore stesso della pace vi doni la pace sempre e in tutti i modi" (2Th 3,16).

Data: 1985-10-25 Data estesa: Venerdi 25 Ottobre 1985






GPII 1985 Insegnamenti - A due gruppi di scienziati - Città del Vaticano (Roma)