GPII 1985 Insegnamenti - A gesuiti rettori di università - Città del Vaticano (Roma)


1. Il nostro incontro di oggi ci ricorda quello che ebbe luogo l'8 agosto 1975 con il mio venerato predecessore Paolo VI. L'allocuzione che egli indirizzo allora ai rettori e ai dirigenti dei vostri Centri Accademici mirava ad affermare e intensificare lo sforzo apostolico della Compagnia in un settore della cultura di alto livello e più precisamente nel campo delle Università Cattoliche. La parola di Paolo VI ha fatto sentire più vivamente e più efficacemente alla Compagnia di Gesù, nel corso di questi ultimi anni, l'importanza della sua missione specifica nel seno delle Università Cattoliche.

Si potrebbe dire che questa allocuzione ha rafforzato presso un certo numero di Gesuiti l'amore e la passione per un settore dell'apostolato che si dimostra molto delicato e difficile, ma decisivo per la vitalità della Chiesa.

Bisognerà sempre continuare con questa perseveranza, con coraggio, con entusiasmo contro le difficoltà che si possono incontrare sul cammino.


2. E' certo che la Compagnia di Gesù ha un legame veramente particolare con la cultura. Il suo fondatore le ha assegnato infatti, tra gli altri apostolati, ciò che concerne la cultura e la gioventù studentesca. Fedele a questa missione, la Compagnia di Gesù si è dedicata e si dedica ancora a fare in modo che non solo i suoi Istituti Superiori siano all'altezza del loro compito per la serietà della ricerca e la qualità dell'insegnamento, ma anche e soprattutto che siano caratterizzate dal perseguimento dello scopo specifico per il quale la Compagnia è stata fondata: la difesa e la diffusione della fede.

Le sue Università e i suoi Istituti Superiori sono dunque chiamati a garantire e a promuovere in primo luogo e soprattutto il loro carattere di Centri Accademici Cattolici in quanto partecipi alla missione evangelizzatrice della Chiesa. Tale è lo spirito che anima e che deve principalmente animare le Istituzioni Universitarie affidate alla Compagnia di Gesù, se esse vogliono rispondere con la massima fedeltà alla loro vocazione, al loro carisma.


3. La storia della Chiesa ci insegna quanto sia difficile l'evangelizzazione in periodi di trasformazione culturale come il nostro. Noi siamo consapevoli che le Istituzioni accademiche affidate alla Società di Gesù sono oggi impegnate nella promozione di un coraggioso dialogo tra fede e cultura. Sono particolarmente lodevoli gli sforzi che queste istituzioni stanno compiendo alla luce della dottrina cattolica, per risolvere i problemi connessi con il progresso sociale. Le nuove scoperte scientifiche spesso pongono serie sfide alla fede in campo dottrinario, morale e sociale. Tali sfide esigono un dialogo fra teologi e scienziati, teso a puntualizzare e descrivere i problemi sollevati, e a trovare ad essi una risposta che sia in armonia con la scienza e con la fede. L'Università Cattolica è il luogo adeguato a questo dialogo.


4. Due sono le cose fondamentali che una corretta promozione del dialogo tra fede e cultura esige.

La prima è la necessità di restare fedeli alla parola di Dio, alla sua verità al suo potere salvifico per la gente di tutti i tempi, alla sua intrinseca capacità di purificare, trasformare e nobilitare. La fedeltà alla parola di Dio implica una coraggiosa proclamazione del Vangelo. L'esortazione apostolica "Evangelii Nuntiandi" (cfr. EN 20) giustamente sottolinea il fatto che il dialogo tra Vangelo e cultura non può aver luogo senza che il Vangelo sia proclamato. E' compito delle Università Cattoliche essere annunziatrici impavide della buona novella di salvezza. Ad esse possono anche essere applicate le parole di san Paolo: "Guai a me se non annunziassi il Vangelo!" (1Co 9,16).

Il necessario e costante appello, nell'evangelizzazione, alla fedeltà verso la verità rivelataci da Dio attraverso il suo Figlio incarnato, è stato sentito in ogni epoca, sin dai primi secoli della cristianità. Qui si potrebbe citare uno scrittore ecclesiastico che visse in un periodo di grandi trasformazioni culturali e che tento di promuovere uno stretto dialogo tra il Vangelo e lo sviluppo culturale: Clemente Alessandrino. Egli scrisse: "C'è verità nella geometria, c'è verità nella musica, c'è verità nella filosofia pura... ma l'unica autentica verità è quella che ci è stata insegnata dal Figlio di Dio...

Noi siamo stati ammaestrati da Dio e istruiti da suo Figlio nelle Scritture che sono veramente sacre" (Stromata I, 20: PG VIII, 816). La Parola fatta carne è davvero l'incarnazione della Verità intera.

Fedeltà alla parola di Dio significa studiare quella Parola in profondità, meditarla e metterla in pratica. Significa anche fedeltà al magistero della Chiesa, la Chiesa a cui Cristo ha affidato quella Parola perché sia conservata nella sua purezza e integrità e interpretata in modo autentico. Senza tale fedeltà non può sussistere alcun dialogo efficiente tra fede e cultura.


5. La seconda cosa è la necessità urgente di una riflessione filosofica sulla verità dell'uomo. Oggi è diffusa e prevalente un'idea storicistica dell'uomo e della sua storia. Quest'idea, relativizzando i valori fondamentali, conduce a una infondata supremazia della libertà sulla verità, della pratica sulla teoria, del divenire sull'essere.

Un esame attento delle tendenze culturali di oggi chiarisce l'esigenza di una filosofia antropologica che abbia come scopo quello di chiarire il mistero dell'uomo. Una tale riflessione metafisica sull'uomo, stabilendo un terreno comune per gli uomini di buona volontà, faciliterà il discernimento e la corretta integrazione di ciò che è valido oggi per il progresso dell'uomo. Aiuterà ad evitare le deviazioni di certe correnti ideologiche e di certe forme di condotta morale. Inoltre, essa è essenziale alla preparazione di un'adeguata evangelizzazione della cultura.

Fedeltà alla Parola di Dio e fedeltà alla verità dell'uomo: queste sono le due forme di fedeltà che aiuteranno a garantire che il progresso umano tenga conto del mistero di Dio. Infatti, quanto più si conosce il mistero dell'uomo, tanto più ci si apre al mistero della trascendenza. E quanto più profondamente si penetra il mistero divino, tanto più si scoprono la vera grandezza e la dignità della persona umana.


6. E' pure incarico specifico della Compagnia di Gesù l'attenzione ai giovani che frequentano i suoi centri educativi. E' conosciuto ed è da elogiare il fatto che nelle istituzioni universitarie affidate alla Compagnia di Gesù si impartisce un insegnamento altamente qualificato, che mira a preparare gli studenti a uno sviluppo adeguato per la propria futura professione.

Secondo lo spirito del proprio carisma, dette istituzioni si sforzano anche, attraverso un insegnamento adeguato, di introdurre gli studenti a una conoscenza più profonda del messaggio cristiano. In questo modo si mette in pratica ciò che è detto nella Dichiarazione conciliare "Gravissimum Educationis" sull'educazione cristiana della gioventù riguardo all'incarico delle Università Cattoliche miranti ad abilitare gli studenti in modo che "possano formarsi come uomini di autentico prestigio per la loro dottrina, preparati per disimpegnare le funzioni più importanti nella società e perché siano testimoni della fede nel mondo" (GE 10).


7. In questa occasione, mentre riconosco i vostri generosi sforzi, vi invito a prestare una speciale attenzione alla formazione integrale degli studenti, in cui occupi uno spazio distinto una solida formazione religiosa, teorica e pratica.

Pratica, in quanto la formazione religiosa degli studenti di un'Università Cattolica non può essere solamente teorica mediante l'insegnamento, ma deve far si che costoro nella stessa vita universitaria imparino a vivere concretamente la dottrina cristiana assimilata intellettualmente. Da qui l'urgenza di offrire nel "campus" dell'Università Cattolica un ambiente idoneo per l'integrazione della formazione intellettuale con la pratica. Per questo scopo occorrerà promuovere ogni volta di più la pastorale universitaria, sotto la guida di scrupolosi sacerdoti che assistano spiritualmente gli studenti e fomentino tutte le iniziative adeguate, per aiutare il giovane ad approfondire la conoscenza e la pratica della vita cristiana, in un'armoniosa sintesi di fede e di vita.

In diversi incontri con gli studenti universitari di tutto il mondo ho avuto occasione di percepire personalmente come sorga da loro stessi, in modo significativo, la questione religiosa, soprattutto come una necessità di dare un senso alla vita. Conviene saper leggere nel loro spirito, comprendendo che essi attendono esempi di vita autenticamente cristiana. Più che per le dottrine esposte teoricamente, si sentono attratti da esempi di dottrine realmente vissute.


8. Nella profonda trasformazione che sta attraversando il nostro mondo a voi si affida un'enorme responsabilità. Sono sicuro che anche voi siete convinti di ciò.

Per questo vi invito ad andare avanti nella vostra difficile missione. La Chiesa ha bisogno più che mai di voi, delle vostre Università, qualificate come cattoliche e scientifiche.

Come ben sapete, la Congregazione per l'Educazione Cattolica ha organizzato uno studio per preparare una costituzione apostolica sulle Università Cattoliche, a proposito della missione indispensabile dell'Università Cattolica nel mondo di oggi. Le vostre Università e Istituti Superiori daranno senz'altro a tale studio il loro valido apporto, cosa di cui già da ora vi ringrazio. A nessuno sfugge l'opportunità di detto documento, che è richiesto dalla profonda evoluzione culturale verificatasi in questi ultimi anni, e anche dalla stessa comunità ecclesiale, che desidera che le sue Università siano più efficienti nell'offrire all'uomo il contenuto e il dinamismo del pensiero cattolico.


9. Concludendo queste riflessioni, desidero riferirmi alla vostra lodevole tradizione culturale, che vi vuole presenti, attivi e creatori nei nostri giorni, ma allo stesso tempo vi vuole fedeli: fedeli allo spirito del vostro fondatore, alla Chiesa e al suo Magistero. Che le vostre Università siano sensibili ai segni dei tempi; sensibili alle molteplici istanze culturali attuali, e insieme aperte allo spirito delle Chiese particolari, mediante un fraterno e stretto vincolo con i suoi vescovi, e con lo spirito della Chiesa universale, mediante la vostra sincera adesione alla Santa Sede.

Con questi auspici imparto a voi, ai professori e agli studenti dei vostri centri educativi una speciale benedizione apostolica.

Data: 1985-11-09 Data estesa: Sabato 9 Novembre 1985





Alla Messa per il 40° della FAO - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Aiutare i Paesi poveri è un dovere per tutti

"Il Signore è fedele per sempre, rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati" (Ps 145,6-7)


1. Queste parole del Salmo responsoriale, che abbiamo ascoltato nella liturgia odierna, sono quanto mai significative nel contesto della celebrazione del 40° anniversario dell'istituzione della Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura (FAO), alla quale prendo parte con grande gioia in risposta all'invito fattomi.

Rivolgo un saluto cordiale e rispettoso ai qualificati rappresentanti degli Stati Membri della FAO e agli alti funzionari, esprimendo il mio apprezzamento per la loro opera e per le alte finalità a cui sono diretti i loro sforzi. Saluto tutte le altre personalità e i fedeli che hanno voluto unirsi a questa liturgia eucaristica di ringraziamento.

La vostra presenza, illustri signori e cari fratelli e sorelle, sta a ricordarci gli sforzi compiuti dalla FAO per eliminare gli ostacoli e gli squilibri che impediscono il dinamismo della produzione, quale si richiede per una circolazione adeguata dei beni necessari alla vita. Non occorre dire quanto la Chiesa vi sia vicina in quest'opera di umana solidarietà. Essa, che ha come missione il prolungamento nei secoli degli insegnamenti e delle azioni del Maestro divino, non cessa di riascoltare quella commovente esclamazione strappata al suo cuore alla vista di una moltitudine affamata: "Ho compassione di questa folla perché non ha niente da mangiare. Non voglio rimandarla digiuna, perché non abbia a venir meno lungo la strada" (cfr. Mt 15,32).

Non vi è dubbio che l'attuale situazione mondiale va confermando la primaria e insostituibile funzione della FAO. Si tratta anzitutto del sostegno allo sviluppo continuativo verso l'autosufficienza alimentare di ciascun popolo, aumentando specialmente la produzione e attuando una più equa ripartizione delle risorse disponibili.

A tale fondamentale azione si aggiungono le operazioni eccezionali per gli aiuti di emergenza. Purtroppo, vi sono attualmente sempre maggiori richieste di interventi di urgenza in particolari zone e continenti, come quella di tanti Paesi dell'Africa colpiti dalla siccità e carestia. Le crisi alimentari si moltiplicano a seguito non solo delle avverse condizioni climatiche e delle catastrofi naturali, ma anche dei conflitti di politiche economiche non sempre adeguate e dei trasferimenti forzosi di popolazioni. Si aggiungono così impegni che si ampliano sempre maggiormente al fine di affrontare in modo adeguato i bisogni evidenti delle popolazioni, anche per quelle avvenire, venendo incontro alle richieste dei governi e stabilendo anche linee di un'azione comune e concorde fra gli Stati membri della Organizzazione.


2. Questa solenne celebrazione richiama al mio pensiero anche il quarantennio dell'organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), attorno a cui vediamo operare in sintonia tutto il sistema delle Organizzazioni Intergovernative specializzate. La Santa Sede ben volentieri si è associata alla commemorazione di questa ricorrenza, che ricorda l'entrata in vigore della Carta delle Nazioni Unite. Per il tramite del cardinale Segretario di Stato, ho fatto pervenire al Signor Jaime De Piniés, presidente della XL assemblea Generale dell'ONU, un messaggio per riaffermare il sostegno morale che la Santa Sede non ha fatto mancare a questo Organismo fin dal suo sorgere incoraggiando una specifica cooperazione diretta alla promozione della vera pace e di una feconda intesa tra le persone e le comunità nazionali.

In diverse circostanze la Chiesa ha espresso la propria stima e il proprio consenso per questo supremo "forum" delle famiglie dei popoli e non cessa di appoggiare le sue funzioni e iniziative miranti a favorire la sincera collaborazione fra le Nazioni. In occasione di questa ricorrenza quarantennale, desidero rinnovare ancora la mia gratitudine per l'invito che mi fu rivolto nell'ottobre del 1979, a prendere la parola davanti ai rappresentanti di quell'Assemblea generale. Tale invito è stato per me quanto mai significativo, perché "comprova - come dissi in quella solenne assise - che l'Organizzazione delle Nazioni Unite accetta e rispetta la dimensione religioso-morale di quei problemi umani, dei quali la Chiesa, per il messaggio di verità e di amore che deve portare al mondo, si occupa". Da qui prende luce lo sforzo che in questi 40 anni ha visto la Chiesa e l'Organizzazione delle Nazioni Unite in sempre crescente cooperazione e solidarietà a difesa "dell'uomo inteso nella sua integrità, in tutta la pienezza e multiforme ricchezza della sua esistenza spirituale e materiale". In un momento in cui la tecnica veniva diretta a scopi di guerra, di egemonie e di conquiste e in cui l'uomo uccideva l'uomo, le nazioni distruggevano le nazioni, la nascita di tale Organismo fu salutata dagli uomini pensosi delle sorti dell'umanità come nuovo palladio di pace e di speranza, e come la via reale destinata a condurre al riconoscimento e al rispetto dei diritti inalienabili delle persone e delle comunità dei popoli. Voglio sperare che questo anniversario valga a rinsaldare tale convincimento e in particolare - come ho detto nel Messaggio del 14 ottobre scorso - a rafforzare l'autorità morale e giuridica di questo Organismo per la salvaguardia della pace e per la cooperazione internazionale in favore dello sviluppo e della libertà di tutti i popoli.

Le Nazioni Unite adempiranno tanto più efficacemente la loro alta missione se in tutti gli Stati membri si accrescerà la convinzione che governare gli uomini vuol dire servire un disegno di giustizia superiore. La visione coraggiosa e aperta alla speranza che ispiro i redattori della "Carta" del 1945 non dovrà mai essere smentita, nonostante le difficoltà e gli ostacoli che essa ha incontrato in questi 40 anni. Essa resterà l'ideale punto di riferimento fino a che tali ostacoli non siano stati superati. E' questo il voto ardente che desidero rinnovare in questa celebrazione liturgica, invocando dal Signore ogni buon esito agli sforzi per la causa della pace.


3. La scena, che il Vangelo odierno ci presenta, sottolinea il rapporto fra ricchi e poveri con riferimento al diverso comportamento degli scribi e della vedova. Nel mondo attuale tale contrasto si ripete storicamente nella differenza fra le condizioni di sviluppo nei diversi Paesi, correntemente classificato come rapporto tra Nord e Sud.

Il Messia dà una valutazione negativa nei confronti di chi vive nel lusso e nella ricchezza, disprezzando i poveri; nei confronti dei ricchi che non danno ai poveri quanto potrebbero o che, anche se contribuiscono, lo fanno in forme di ostentazione che dimostrano la ricerca della propria gloria: "Guardatevi dagli scribi che amano ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti" (Mc 12,38-39). All'affermazione del Salmo responsoriale: "Il Signore sostiene l'orfano e la vedova" (Ps 145,9), si contrappone quanto detto dal Vangelo circa gli scribi, sconfessandone la religiosità esteriore in contrasto con gli arbitri e le ingiustizie che praticano: "Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere" (Mc 12,40).

Una lode, invece, di grande rilievo viene fatta da Gesù nei riguardi del gesto nascosto della povera vedova, la quale dona con generosità anche il proprio necessario; confrontandolo con le offerte di tanti ricchi che danno "molte monete", ma con ostentazione.


4. Il richiamo di Gesù ci invita a fare oggi una verifica: a domandarci, cioè, se l'arrivo del Regno ha dato luogo effettivamente a un capovolgimento delle situazioni di dominio e di lusso esistenti nel mondo. Ciò avrebbe potuto realizzarsi se ognuno avesse vissuto la propria fede con la coerenza delle opere, specialmente di quelle in favore dei più poveri, emarginati e disprezzati.

Il giudizio finale della storia sarà fatto nei confronti dei singoli e dei popoli in relazione a come saranno stati concretamente attuati i doveri di contribuire al bene dei fratelli, in proporzione alla propria prosperità in una concreta corresponsabilità mondiale secondo giustizia.

Ci si augura che tutti - singoli, gruppi e imprese private, iniziative pubbliche - sappiano provvedere adeguatamente ai più bisognosi, cominciando dal diritto primordiale di saziare la propria fame. Ciascuno si dovrebbe preparare operando nel tempo in modo tale da esser pronto ad accogliere il Messia quando apparirà la seconda volta per dire: "Venite benedetti dal Padre mio, ricevete il regno preparato per voi fino dall'origine del mondo" (Mt 25,34).


5. Viene proposto un esame di coscienza che prende avvio certamente dalla vita personale di ciascuno circa la consapevolezza che ognuno ha della ricchezza e della povertà.

Siete chiamati oggi a riconoscere il privilegio di collaborare attivamente e lealmente nelle strutture della comunità internazionale. Il vivo senso di responsabilità nel buon uso della ricchezza messa a disposizione della FAO impone anzitutto che ciascuno possieda e perfezioni la propria professionalità e ne compia una seria e precisa applicazione secondo i propri doveri quotidiani.

Ma l'esame di coscienza si porta anche a livello delle responsabilità degli Stati membri della FAO perché concorrano alle scelte di politica interna e internazionale con proposte concrete che portino a decisioni tempestive e a realizzazioni adeguate. E' assai importante che si realizzino rapporti secondo giustizia internazionale fra i popoli di tutto il mondo e i loro Stati. Ma è urgente che si attui con maggiore intensità la solidarietà dei Paesi più prosperi, scegliendo più largamente la via multilaterale.

La riflessione sul proprio impegno come Membri nella FAO e più ampiamente nel sistema delle Nazioni Unite, dovrebbe portare ad affermare il dovere di ciascun popolo di dare un contributo in rapporto rispettivamente alle proprie condizioni di prosperità e alle necessità altrui.

Si vorrebbe che un "Patto mondiale di sicurezza alimentare" - come quello che verrà proposto all'approvazione della Conferenza della FAO - fosse pensato e riconosciuto con il valore non solo di richiamo etico, ma altresi di forza giuridica. E' auspicabile che all'Atto, che l'assemblea approverà, si dia tale efficacia almeno nei confronti degli Stati membri, adottando le forme che si riterranno opportune secondo il contemporaneo diritto internazionale.


6. Si deve invece costatare che vi sono ricorrenti differenze e una frequente mancanza di volontà di assumersi veri e precisi impegni, adeguati alle necessità e in seguito effettivamente mantenuti.

Troppo spesso nazionalismi e protezionismi di vario tipo ostacolano sia la disponibiltà degli alimenti vitali per tutti senza discriminazione sia il trasferimento dei generi dai Paesi altamente produttori a quelli scarsamente provvisti. Tali ostacoli e tali linee di condotta sono in aperto contrasto con i principi di una effettiva giustizia nella solidarietà e con l'attuazione della proclamata volontà di cooperare alla potenza provvidenziale di Dio.

La liturgia eucaristica ci ricorda che il Cristo, sacerdote e vittima, si offre anche oggi senza limiti. "Una volta sola, alla pienezza dei tempi, è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso" (He 9,26). Egli si è immolato sulla croce per tutti gli uomini "allo scopo di togliere i peccati di molti" (He 9,28). Egli si è donato per vincere il peccato dell'egoismo, che spesso si afferma nella storia della società umana.

L'Eucaristia, che rinnova la suprema donazione di Cristo e la sua immolazione per la salvezza dei fratelli, esige e dona la purificazione del cuore dall'egoismo, così da aprirsi agli altri con spirito di solidarietà e di effettivo amore fraterno.

E' necessario andare al di là della stretta giustizia, secondo l'esemplare condotta della vedova che ci insegna a dare con generosità anche quello che risponde alle proprie necessità.

Soprattutto si deve tenere presente che Dio non misura gli atti umani con un metro che si fermi alle apparenze del "quanto" viene dato. Dio misura secondo il metro dei valori interiori del "come" ci si mette a disposizione del prossimo: misura secondo il grado di amore con cui ci si dedica liberamente al servizio dei fratelli.


7. La Chiesa continuatrice del Cristo nella sua missione religiosa, offre la forza necessaria per operare costantemente secondo giustizia nella solidarietà. Mediante il Cristo che assume pienamente la natura umana e la congiunge con la ricchezza divina è possibile la comunione vitale con Dio Amore. Tale intima forza di Dio può sostenere gli sforzi umani, affinché si realizzi la legge fondamentale della vita e della convivenza umana secondo il principio congiunto dell'amore di Dio e dell'amore del prossimo.

Come il profeta Elia non teme di chiedere alla vedova ciò che le rimane per il suo sostentamento, il Papa non teme di chiedere oggi ai Responsabili della FAO che si continui a sostenere e sviluppare le attività ordinarie e le operazioni che sono da attuare concretamente in favore dei poveri del mondo.

La Chiesa offre le iniziative delle proprie istituzioni e delle sue forme associative che operano nei vari Popoli e Continenti.

Volontariato al di là di ogni spirito di parte Soprattutto essa rivendica come suo dovere e diritto inalienabile le opere di misericordia materiale e spirituale, specialmente quelle caritative di mutuo aiuto destinate ad alleviare ogni umano bisogno (cfr. AA 8).

Essa incoraggia altresi ogni attività delle Organizzazioni Non-Governative. In quest'ultimo periodo queste stanno affermandosi per la loro crescente vigoria e appaiono elemento efficiente nel concorso all'azione che tutta l'umanità deve svolgere a vantaggio dei più poveri. La Chiesa auspica pero che tali attività volontaristiche si svolgano veramente in maniera disinteressata e al di là di ogni spirito di parte.

La Chiesa infine vuole concorrere alla conoscenza aggiornata dell'azione svolta dalla FAO alla formazione di un'opinione pubblica che sospinga i pubblici poteri e i privati di ciascun Paese a prendere sempre più ampiamente iniziative a sostegno dello sviluppo alimentare e agricolo, e che ottenga una partecipazione attiva e costante di tutti all'azione mondiale.

Con questa celebrazione vogliamo ringraziare il Signore per il bene compiuto e per l'apporto generoso attuato sin qui. Auspico che sia anche occasione per un rinnovato impegno di ciscuno verso un'azione futura sempre più efficiente e tempestiva, secondo i doveri e i gradi di responsabilità che ciascuno ha nella Società contemporanea.

Al termine dell'omelia il Papa pronuncia le seguenti parole.

- Fiat panis, che è il motto della FAO, diventi felice realtà per il mondo intero.

- Che i popoli che soffrono la fame trovino la solidarietà operante dei popoli maggiormente favoriti.

- Da una migliore distribuzione dei beni della terra sia rafforzata la pace nel mondo.

Data: 1985-11-10 Data estesa: Domenica 10 Novembre 1985





Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Solidarietà ecclesiale con la causa dell'uomo




1. "Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore" (GS 1).

In sintonia con questa impegnativa enunciazione del Concilio, ho voluto ricordare stamane, nell'omelia della santa Messa, il 40° anniversario dell'istituzione della FAO, e insieme il 40° dell'entrata in vigore della Carta delle Nazioni Unite. La Chiesa è e si sente profondamente solidale con il genere umano, al quale è stata inviata e del quale essa stessa fa parte. Essa perciò ha a cuore il progresso dell'umanità anche in ordine alla vita temporale, con attenzione preferenziale e più sollecita verso quei settori dove sono maggiori i problemi e più acuti i bisogni.


2. Gli aspetti umanistici della missione ecclesiale, e i compiti che ne derivano, hanno assorbito una parte notevole dei lavori del Vaticano II. Il profondo significato di questa dimensione delle riflessioni conciliari è stato illustrato da Paolo VI nel memorabile discorso tenuto a conclusione dell'ultima sessione. La Chiesa, proclamo l'indimenticabile Pontefice, "sull'uomo e sulla terra si piega, ma al regno di Dio si solleva... La religione cattolica e la vita umana riaffermano così la loro alleanza, la loro convergenza in una sola umana realtà: la religione cattolica è per l'umanità, in un certo senso, essa è la vita dell'umanità ("Insegnamenti di Paolo VI", III [1965], p. 731).

I concetti e l'ansia pastorale qui enucleati costellano il magistero di quel mio amato predecessore, e particolarmente l'enciclica "Populorum Progressio", in cui le istanze del Concilio sono orientate alla formulazione dell'"umanesimo plenario": sviluppo dell'uomo, di tutto l'uomo, di tutti gli uomini.


3. Come ho scritto nella enciclica "Redemptor Hominis" (RH 15), "la Chiesa considera la sollecitudine per l'uomo, per la sua umanità, per il futuro degli uomini sulla terra e, quindi, anche per l'orientamento di tutto lo sviluppo e del progresso, come un elemento essenziale della sua missione, indissolubilmente congiunto con essa".

Nel perseguire i grandi obiettivi dell'elevazione umana, nessun interesse ci muove, nessuna ambizione ci seduce, che non sia il servizio del bene dell'uomo stesso, inteso nella verità del suo essere e del suo destino temporale ed eterno. Né si eclissa in qualche modo la trascendenza delle nostre concezioni religiose, la quale anzi è fattore corroborante e stimolante, oltre che specifico, della solidarietà ecclesiale con la causa dell'uomo.

Nelle prossime riunioni del Sinodo Straordinario, animate dalla carità pastorale, ritorneranno indubbiamente gli accenti del magistero conciliare e i riflessi delle sue applicazioni su questa importante tematica. E l'intero Popolo di Dio ne riceverà - così ci auguriamo - rinnovato impulso per la fedeltà che tutti ci vincola al grande avvenimento.

La Vergine benedetta, Madre spirituale dell'umanità, interceda perché il Sinodo sia apportatore di nuovi benefici alla missione della Chiesa tra gli uomini del nostro tempo.

Per la giornata del ringraziamento Rivolgo ora il mio saluto a tutti i lavoratori della terra che celebrano oggi la loro giornata del ringraziamento, seguendo una iniziativa tradizionale della Confederazione Nazionale Italiana dei Coltivatori Diretti. Desidero essere vicino ai singoli agricoltori per esprimere insieme con essi un sincero atto di riconoscenza a Dio, il quale dispone, nella sua provvidenza, che il frutto della terra conforti il faticoso lavoro dei campi. Ai lavoratori dell'agricoltura si unisca ogni uomo, sapendo che senza il prodotto delle campagne non sarebbe possibile la vita. Dalla terra, se sono rispettate le diverse potenzialità del suolo e se sono difesi i giusti equilibri per le destinazioni delle aree, si possono trarre frutti indispensabili e copiosi per la vita di ogni uomo.

A tutti gli agricoltori e alle loro organizzazioni imparto di cuore la mia benedizione apostolica.

Data: 1985-11-10 Data estesa: Domenica 10 Novembre 1985





Alla Pontificia commissione "Iustitia et Pax" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Sviluppo, giustizia e diritti dell'uomo fra i vostri impegni

Eminentissimo cardinale, cari fratelli dell'Episcopato, cari fratelli e sorelle,.


1. "Le gioie e le speranze, le tristezze e le agonie degli uomini di questo tempo", voi, membri della Commissione pontificia "Iustitia et Pax", siete particolarmente coscienti che sono questi "discepoli di Cristo" e che "non c'è niente di veramente umano che non trovi eco nel loro cuore" (GS 1). So che dopo l'istituzione della vostra Commissione, diciotto anni fa, la vostra ambizione è stata quella che il Concilio assegnava alla Chiesa: "Continuare, sotto l'impulso dello Spirito consolatore, l'opera stessa di Cristo, venuto nel mondo per rendere testimonianza della verità, verità per salvare, non per condannare, per servire, non per essere serviti". Si, lavorare per la pace, "promuovere lo sforzo delle regioni povere e la giustizia sociale", tale è il vostro scopo a partire dall'inizio dell'attività di questo Organismo della Curia romana. Conosco gli sforzi compiuti, e vi ringrazio per tutta la devozione con la quale voi vi consacrate. Per la vostra XLII assemblea plenaria - la seconda del gruppo che compone attualmente la Commissione -, avete scelto a giusto titolo di fare una nuova lettura approfondita della costituzione pastorale "Gaudium et Spes" vent'anni dopo la sua adozione dal Concilio Vaticano II e la sua promulgazione da parte del mio venerato predecessore Papa Paolo VI. "Gaudium et Spes" è un documento di estrema importanza - uno dei più importanti - per il lavoro della vostra Commissione. E ciò, non solamente perché i Padri conciliari hanno manifestato il desiderio della creazione di un organismo quale la vostra Commissione ha dato forma concreta, ma soprattutto perché la concezione della persona umana presentata da questa costituzione è alla base di tutto il vostro lavoro per la Chiesa; e il modo in cui questa pone la presenza e la missione della Chiesa nel mondo è una guida indispensabile per la vostra attività. Per questi motivi, la riflessione che avete intrapreso sul testo conciliare vi permetterà di mettere in luce, a partire dai suoi differenti capitoli, gli orientamenti fondamentali della Chiesa per superare alcuni problemi sociali contemporanei in tutta la loro complessità, tenendo conto della loro importanza reale.


2. L'anno scorso, ho avuto occasione di parlarvi degli stretti contatti che la Commissione deve avere con le Conferenze episcopali. So che il vostro dicastero ha organizzato degli incontri con i vescovi durante le loro visite "ad limina". E' per voi un'occasione privilegiata di intrattenervi con i pastori delle Chiese particolari di tutto il mondo ed essere a conoscenza dei numerosi problemi ai quali essi devono far fronte nel dominio sociale, economico, politico. Questi scambi vi arricchiranno alla fine del vostro lavoro. Nello stesso tempo vi permettono di presentare ai pastori i risultati dei vostri studi concernenti la dottrina sociale della Chiesa. Il magistero si è espresso nel dominio sociale a partire dalle origini. Ciò costituisce una ricca eredità.

Nel nostro secolo, il suo insegnamento ha sviluppato i principi che dovrebbero essere applicati a tutte le situazioni sociali, dove il valore della persona umana e la sua dignità così come il rispetto di tutte le persone devono essere i criteri ultimi di discernimento concreto e di programmi socio-economici decisi. Lo sviluppo strutturale della sua dottrina sociale permette alla Chiesa di rispondere alle diverse situazioni delle nazioni, dei continenti. Senza divenire un quadro rigido e precostituito per la società, la dottrina sociale rimane una voce validissima per tutti i cristiani nel loro contributo alla società in cui vivono. Le Conferenze episcopali hanno bisogno della vostra competenza. Voi stessi avete bisogno dell'esperienza e della saggezza dei vescovi, così come delle diverse istituzioni che lavorano nello stesso dominio nel mondo. Spero che in futuro una collaborazione sempre più stretta permetterà alla Commissione, ai vescovi, agli altri responsabili di far meglio conoscere e capire la voce della Chiesa. così, nel campo sociale, la missione pastorale della Chiesa universale potrà presentarsi come un servizio reso alle Chiese particolari, e la Chiesa particolare potrà mettere in opera i frutti di questa collaborazione, "una collaborazione sincera della Chiesa per l'instaurazione di una fraternità universale che risponde a questa vocazione" (GS 3).


3. I rapporti delle Chiese locali con la Commissione non costituiscono il suo unico campo d'azione. In questo anno nel quale si celebra il 40° anniversario dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, è importante rilevare che, a partire dai primi anni della sua esistenza, la Commissione ha sempre seguito con attenzione i lavori dell'Onu e degli altri organi internazionali. Voi non avete dimenticato di presentare gli insegnamenti della Chiesa e le sue preoccupazioni a questi organismi, per il bene della persona umana e delle nazioni. Inoltre, la vostra collaborazione con la Segreteria di Stato e con gli altri dicasteri della Curia romana hanno reso più efficace la presenza attiva della Santa Sede nelle conferenze internazionali, dove la comunità delle nazioni cerca di sviluppare le norme e le strutture che proteggono i diritti delle persone e dei popoli, e dove essa sostiene i progetti che tendono ad assicurare il bene comune e l'avvenire di tutti, particolarmente dei più poveri. Lo sforzo della cooperazione internazionale per lo sviluppo, la giustizia economica e finanziaria, i diritti dell'uomo, la protezione della libertà, deve restare al centro del vostro lavoro e orientare la vostra attività in maniera primaria.


4. Vorrei raccomandarvi particolarmente il lavoro in favore della pace. In questo anno internazionale della pace, sono felice che la Santa Sede partecipi attivamente a diverse iniziative. Inoltre per la Chiesa, la Giornata mondiale per la pace resta uno degli avvenimenti più significativi per mostrare il suo impegno fermo e costante in favore della pace. Come sapete, il tema della prossima Giornata è: "La pace è un valore senza frontiere". Vorrei lanciare un appello alla collaborazione di tutti al fine di pervenire ad "una sola pace" in tutto il mondo.

In passato, la comunità internazionale ha sempre dato una grande importanza alla Giornata mondiale per la pace. Lo scopo di questa iniziativa vi è stata confidata; spero che potrete approfondire e meglio far conoscere l'attività della Chiesa per la grande causa di una pace senza frontiere. Noi non dobbiamo fermarci mai, la voce della Chiesa deve alzarsi in tutti i luoghi nei quali bisogna ricordare i veri valori della pace. La nostra concezione e quella di un mondo in cui la guerra non è più uno strumento di regolazione delle relazioni internazionali; un mondo in cui le comunicazioni franche e le negoziazioni sincere tra le nazioni sono i mezzi normali per ridurre le tensioni e stabilire le strutture adatte. In questo modo cercheremo di favorire uno spirito che porti alla fine della corsa agli armamenti e allo sfruttamento inadeguato delle risorse. Inoltre cercheremo di proteggere la libertà e la sicurezza di tutte le nazioni, e nello stesso tempo, a consacrare più mezzi per lo sviluppo integrale dei popoli e delle nazioni del mondo. La Commissione "Iustitia et Pax" si rafforza con l'intelligenza e la devozione di realizzare questi obiettivi che sono stati ben definiti in "Gaudium et Spes".


5. Nel corso di questo incontro con voi, membri della Commissione pontificia "Iustitia et Pax" venuti da tutte le parti del mondo, vorrei sottolineare ancora un'osservazione. Tra di voi vi sono vescovi e preti, religiosi e laici, donne e uomini. In un solo senso, costituite un microcosmo della Chiesa impegnata in questo aspetto pastorale. La composizione del vostro gruppo ricorda a tutti noi che, se i principi devono essere proclamati dai pastori, spetta a tutto il popolo di Dio portare nella società, in modo responsabile, il contributo specifico della Chiesa. Il laicato ha un suo ruolo ben definito. E' opportuno che la Commissione, insieme ai vescovi, incoraggi la conoscenza e la messa in pratica concreta della dottrina sociale della Chiesa attraverso i laici, al servizio della comunità umana.


6. Sono queste le mie riflessioni e il senso della mia preghiera per tutti voi, mentre voi dovete proseguire il vostro studio nel corso di questa assemblea plenaria. Vi dico di nuovo che ho apprezzato il vostro lavoro. E vi esorto ad approfondire il vostro impegno con tutti i mezzi di cui disponete. Prego perché i vostri sforzi contribuiscano alla grande missione di portare il messaggio di Cristo a ogni persona e ad ogni nazione, in modo tale che si realizzino le parole che concludono "Gaudium et Spes": "in virtù che le è propria, di rischiarare l'universo intero con il messaggio evangelico e di riunire in un solo spirito tutti gli uomini, a qualsiasi razza, cultura essi appartengono, la Chiesa appare come il segno di questa fraternità che rende possibile un dialogo leale e lo rafforza". Che il Signore vi colmi della sua luce e della sua grazia e che vi benedica!

Data: 1985-11-10 Data estesa: Domenica 10 Novembre 1985






GPII 1985 Insegnamenti - A gesuiti rettori di università - Città del Vaticano (Roma)