GPII 1985 Insegnamenti - Ai vescovi della Thailandia in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Ai vescovi della Thailandia in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Cresca nel mondo l'attenzione per le necessità dei rifugiati

Cari Fratelli Vescovi, "Grazia a voi e pace da Dio, Padre Nostro, e dal Signore Gesù Cristo" (Ph 1,2)! E' per me una grande gioia incontrare voi, Pastori della Chiesa in Thailandia, qui a Roma per la vostra visita ad limina. Il nostro ultimo incontro ebbe luogo nel vostro paese durante la mia visita nel Maggio 1984, un'esperienza di cui serbo un vivido ricordo e per il quale sono grato alla comunità ecclesiastica, al popolo thailandese e ai suoi leaders.


1. "Questo è in effetti il mistero della Chiesa: vivere la vita di Cristo e viverla insieme".

Questo è stato il principale tema della nostra conversazione quando ci siamo incontrati a Bangkok l'undici maggio 1984. E' una riflessione su cui la Chiesa deve continuamente ritornare, al fine di capire sempre più pienamente la sua profonda natura e al fine di adempiere alla sua specifica missione. E' un tema che giace nel profondo della vostra vita e della vostra missione di Vescovi.

Perché in voi, i Vescovi che sono succeduti agli Apostoli come pastori della Chiesa, "è presente in mezzo ai credenti il Signore Gesù Cristo, Pontefice Sommo" (LG 21). Attraverso il vostro ministero, Cristo stesso costruisce la gente del Nuovo Testamento nella fede e nella vita Cristiana.

Testimoni autentici della santità della vita E' una particolare incombenza dei Vescovi, in quanto "ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio" (1Co 4,1), offrire un'autentica testimonianza attraverso una santità di vita centrata sulla persona di Gesù Cristo, il Mediatore che riconduce la famiglia umana a Dio e riconcilia le genti.

La chiamata alla santità, che il Concilio Vaticano Secondo riconosce essere rivolta a tutti nella Chiesa, è diretta "in primo luogo" ai pastori del gregge che "devono, a immagine del sommo ed eterno Sacerdote, Pastore e Vescovo delle anime nostre, compiere con santità, slancio, umiltà e fortezza il proprio ministero" (LG 41). Tutto questo "pregando, santificando e predicando, con ogni forma di cura e sevizio episcopale" (LG 41).

Richiamando queste parole, cerco di descrivere il vostro ministero alle Chiese affidate alle vostre cure quotidiane. So quanto profondamente voi amiate il vostro popolo e quanto abbiate a cuore il benessere dei vostri sacerdoti, e di quei religiosi e di quei laici che condividono il peso dei vostri doveri con una generosa collaborazione. Come vostro fratello nel ministero apostolico, vi incoraggio lungo questo cammino di servizio ecclesiastico. Vi rendete sicuramente conto che l'esempio della vita del Vescovo ha un impatto immediato sulla vita e sull'impegno dei suoi collaboratori e sul progresso del compito di evangelizzazione assegnatogli.

Benevolenza e libertà per la Chiesa in Thailandia 2. La mia visita in Thailandia è stata breve. Tuttavia, nei miei incontri con Sua maestà il Re e con i membri della Famiglia Reale, così come in quelli con i membri del governo, con il Supremo patriarca e con i leaders delle varie tradizioni religiose, ho notato una generale atmosfera di buona volontà e libertà nella quale la Chiesa thailandese, come un piccolo gregge, cerca di vivere il messaggio del Vangelo ed allo stesso tempo di contribuire al bene comune di tutta la nazione.

Nei miei incontri con le diverse comunità ecclesiali ho sperimentato la vivace speranza che anima le vostre chiese locali. La loro vitalità Cristiana rifletterà sempre quanto bene vivano la vita di Cristo in unione spirituale con lui ed in effettiva comunione di vita con il suo Corpo, la Chiesa, poiché da lui "tutto il corpo... riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità" (Ep 4,16).


3. In unione con la Chiesa universale, la Chiesa in Thailandia condivide l'urgente dovere di portare l'opera di salvezza di Cristo nella vita della gente. Il Decreto del Concilio "Ad Gentes" offre molte considerazioni riguardanti questa responsabilità che sono applicabili alla vostra situazione.

Si tratta di entrare nel dialogo di salvezza con il mondo in cui il messaggio del Vangelo è proclamato. Questo dialogo necessita del supporto della testimonianza di un autentico vivere Cristiano, e soprattutto la prova dell'amore Cristiano, sia all'interno della comunità ecclesiastica che in relazione con altre istituzioni civili o religiose.

E' per me fonte di conforto riconoscere come voi e i vostri collaboratori - secondo i termini del Decreto "Ad Gentes" - "con pazienza e prudenza, ed anche con grande fiducia, offriate almeno la testimonianza della carità e della bontà di Cristo, preparando così le vie del Signore e rendendolo in qualche modo presente" (AGD 6).

Questo atteggiamento concreto di carità e solidarietà, reso tangibile dalle numerose opere educative, sociali e previdenziali attuate dalle vostre diocesi, è un'autentica risposta da parte vostra alla fondamentale legge del Vangelo: la legge dell'amore. "Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di lui è perfetto in noi" (1Jn 4,12).

Non è forse un motivo di profonda gioia nello Spirito Santo che la Chiesa Thailandese, piccola com'è, sia chiamata soprattutto a rendere manifesta e visibile la "immensa e misericordiosa benevolenza" del Padre, che "per pura generosità ha effuso e continua ad effondere la sua divina bontà"? (AGD 2).

E poiché l'amore di Dio è universale ed abbraccia tutti, l'apostolato della "carità Cristiana si estende a tutti, senza discriminazioni etniche, sociali o religiose, senza prospettive di guadagno o di gratitudine. Come Dio ci ha amato con amore disinteressato, così anche i fedeli con la loro carità debbono preoccuparsi dell'uomo, amandolo con lo stesso sentimento, con cui Dio ha cercato l'uomo" (AGD 12). L'obbedienza a questa legge fondamentale è condizione per la fecondità del vostro ministero episcopale e per il benessere delle Chiese affidatevi.

Parte importante del vostro compito consiste nel mantenere e promuovere relazioni fraterne con i vostri fratelli Buddisti. Esprimo ancora una volta a questo proposito i miei sentimenti di stima e fraterna buona volontà.


4. Per quel che riguarda la vita interna della Chiesa, desidero riferirmi brevemente ad alcuni problemi e speranze pastorali che condividiamo nella nostra comune responsabilità per il popolo di Dio.

In primo luogo, sono felice di apprendere come le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa che lo Spirito di Verità fa crescere tra di voi siano in numero sempre maggiore. Le vocazioni sono un segno della fede e della vita Cristiana dell'intera comunità. Compaiono soprattutto dove la vita familiare si basa sugli insegnamenti della Chiesa, dove i membri della famiglia sono educati secondo la virtù Cristiana, e dove essi pregano insieme coscienti della loro appartenenza alla più ampia comunità della Chiesa. A questo proposito, i genitori dovrebbero essere i primi promotori delle vocazioni. I sacerdoti e i religiosi hanno un importante ruolo da svolgere, dimostrando la loro felice intimità con Cristo, stando vicino ai giovani, ed esplicitamente invitandoli a riflettere sul ministero sacerdotale e sulla consacrazione religiosa come modo speciale per rispondere alle parole di Cristo: "vieni e seguimi" (Mt 19,21).

Impegno per la formazione dei sacerdoti e dei religiosi Un problema collegato al precedente è quello della formazione dei sacerdoti e dei membri delle Congregazioni Religiose. Sono cosciente dell'attenzione da voi data a questo importante aspetto della vita della Chiesa.

Ogni sacrificio in personale e risorse compiuto per questa causa sarà ampiamente ricompensato. Continuo a pregare per il Lux Mundi National Major Seminary. Invoco i doni dello Spirito Santo sui professori, lo staff e gli studenti, affinché possano condurre una vita degna della chiamata a cui hanno risposto (cfr. Ep 4,1), e affinché possano essere efficaci agenti di evangelizzazione.

Vi chiedo di portare i miei affettuosi saluti a tutti i vostri sacerdoti, ai religiosi, sia thailandesi che provenienti da altre nazioni, che generosamente servono il Signore con la santità delle loro vite e con l'energia del loro apostolato.


5. Un altro aspetto del vostro ministero per il quale voglio incoraggiare i vostri sforzi è la cura e l'attenzione che dovete porre alla vita familiare Cristiana.

Infatti, come indica la "Familiaris Consortio", "Ogni piano di pastorale organica, ad ogni livello, non deve mai prescindere dal prendere in considerazione la pastorale della famiglia" (FC 70). Questo è "un settore veramente prioritario, con la certezza che l'evangelizzazione, in futuro, dipende in gran parte dalla Chiesa domestica" (Ep 65).

L'aspetto essenziale dell'interesse della Chiesa per la vita familiare è la proclamazione del piano di Dio per le coppie Cristiane sposate e per la famiglia. Ogni Chiesa locale, allora, attraverso la parrocchia, attraverso appositi centri, attraverso le molteplici forme di supporto pastorale, deve sforzarsi di difendere questo piano ed assistere i fedeli nella sua attuazione.

Il particolare apprezzamento della vostra gente per l'armonia nelle relazioni umane e il suo spirito di tolleranza e rispetto per gli altri è un magnifico ambiente per lo sviluppo di una forte ed affettuosa vita familiare.

Il loro amore per i bambini e il particolare rispetto per gli anziani sono qualità che devono essere conservate e rafforzate. Di fronte alle forze che tendono a minare la stabilità, la fedeltà e la fertilità del matrimonio, le vostre Chiese locali sono chiamate ad intensificare le attività catechistiche per istruire i giovani e coloro che si preparano al matrimonio alle verità e ai valori che sostengono la santità e l'integrità dell'amore matrimoniale. Anche il ruolo delle donne nella famiglia e nella società deve avere un posto importante in questo insegnamento.

Azione educativa da sostenere ed estendere Riguardo alla vita familiare, il valore della preghiera della famiglia e per la famiglia nel cuore della casa non può essere sottovalutato. La coscienza che la provvidenza divina è all'opera nelle faccende di tutti i giorni sarà sicuramente un'occasione di gioia e di grazia per la vostra gente.


6. La Chiesa in Thailandia serve il benessere dei suoi abitanti in molti modi ed il lavoro delle vostre scuole Cattoliche e centri educativi merita un particolare incoraggiamento e dovrebbe essere sostenuto e diffuso il più possibile.

Promuovendo il pieno sviluppo umano dei propri studenti ed aiutandoli a meglio inserirsi nel loro ambiente sociale e culturale, le scuole Cattoliche offrono un significativo contributo alla vita della nazione, come è stato riconosciuto dalle più alte autorità pubbliche in molte occasioni.

Quando l'educazione si basa sulla verità e sui valori del Vangelo, permette agli studenti di crescere e maturare nella fede e a condividere più responsabilità nella missione della Chiesa. Allo stesso tempo, come il Concilio ha indicato, "la Chiesa ha sommamente a cuore quelle scuole cattoliche che... son pure frequentate da alunni non cattolici" (GE 9).

In queste scuole, gli studenti e gli insegnanti Cattolici hanno un'opportunità particolare per testimoniare la propria fede, pienamente riconoscendo i valori espressi da altre tradizioni. La Chiesa in Thailandia ha molto per cui essere grata e molto da aspettarsi dal lavoro consacrato da coloro che sono impegnati nell'apostolato educativo.


7. Durante il mio breve soggiorno nel vostro paese, quando ho visitato i Rifugiati a Phanat Nikhom sono stato in grado di percepire da solo quale sia l'enorme compito in cui il Governo della Thailandia e altre organizzazioni nazionali ed internazionali si sono impegnati per la cura di migliaia di persone sradicate dalle loro case per i continui conflitti nel Sud Est Asiatico.

Mi rendo conto di come la situazione continui ad offrire cause per cui preoccuparsi. Faccio appello affinché l'attenzione internazionale intensifichi il suo lavoro a favore di questi rifugiati, e desidero allo stesso tempo esprimere il mio incoraggiamento al Catholic Office for Emergency Relief and Refugees (COERR), che si occupa di questa immensa tragedia umana. Questo è veramente un servizio d'amore. Nelle parole dell'Apostolo Giovanni: "tu ti comporti fedelmente in tutto ciò che fai in favore dei fratelli, benché forestieri. Essi hanno reso testimonianza della tua carità davanti alla Chiesa" (3Jn 1,6).

Come non possiamo non essere grati al personale della Chiesa e ai molti volontari che lavorano per alleviare le sofferenze di così tanti innocenti e per ridare loro un senso di dignità e speranza? Non possiamo nemmeno non riservare una parola di ringraziamento alle Organizzazioni ed agli individui che forniscono le derrate alimentari, i medicinali e gli indumenti di cui c'è così tanto bisogno, e che assicurano servizi educativi ed essenziali. Soprattutto, preghiamo perché la pace sia ristabilita in modo che il fondamentale diritto di ogni popolo di vivere in libertà e giustizia nella propria terra sia rispettato.

Cari fratelli nel servizio a nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo: riferite ai sacerdoti, ai religiosi e ai fedeli delle vostre diocesi la certezza della stima sincera del Successore di Pietro. "Ringrazio continuamente il mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù" (1Co 1,4).

[Traduzione dall'inglese]

Data: 1985-11-14 Data estesa: Giovedi 14 Novembre 1985





A corsisti sulle preleucemie - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il ricorso all'eutanasia è abdicazione della scienza

Illustri professori, egregi signori.


1. Sono particolarmente lieto di trovarmi in mezzo a voi, che da varie parti del mondo siete convenuti a Roma per questo corso internazionale di aggiornamento sulle "preleucemie umane", organizzato dall'Università Cattolica del Sacro Cuore.

Vi saluto cordialmente tutti e ciascuno, nella consapevolezza della preziosità del servizio che la vostra opera assidua rende all'uomo e alla società oggi, e più ancora renderà nel prossimo futuro.

Il convegno corrisponde all'obiettivo primario di portare a conoscenza degli studiosi i più recenti risultati della ricerca scientifica sull'argomento, di agevolare lo scambio d'informazioni, d'individuare i Centri specializzati del settore per potervi più facilmente indirizzare i pazienti.


2. I disagi, che gli ammalati affetti da leucemia si trovano ad affrontare, sono molti, di ordine fisico e psichico, soprattutto quando lunghi diventano i periodi di degenza in ospedale, o si rende necessario l'isolamento. I disturbi sono più pesanti se i pazienti sono ragazzi o giovani, costretti a vivere per mesi o per anni sotto trattamento terapeutico, ad abbandonare gli studi, le amicizie, i normali contatti sociali, a vivere nel timore di una ripresa del male e, per le forme più acute, nell'angoscia di non poterlo superare definitivamente.

Certi trattamenti, come quelli che voi chiamate "terapie di supporto", comportano essi stessi un cumulo di sofferenze, un gravame psicologico sia per i pazienti sia per le loro famiglie, che talora si abbandonano alla ricerca affannosa di una speranza, con viaggi e con dispendio di energie morali e finanziarie. Voi, infatti, vi trovate ad affrontare uno dei mali più resistenti del nostro tempo, contro cui spesso le possibilità di successo appaiono estremamente ridotte, anche se la sopravvivenza oggi, rispetto al passato, è notevolmente aumentata.


3. Negli ultimi tempi, infatti, si sono realizzati considerevoli progressi, in particolare nel campo della genetica, che hanno consentito di individuare la causa di molte forme di leucemia e di attuare diagnosi più accurate, talvolta anche precoci, con possibilità d'interventi più tempestivi.

Si sono, così, aperte nuove prospettive valide a facilitare una comprensione più completa dei meccanismi, che sono alla base del processo di trasformazione maligna, a sorvegliare l'andamento della terapia, a mantenere il corretto equilibrio tra i tessuti dell'organismo. Progressi e prospettive inducono a sottolineare i benefici che provengono dallo sviluppo della scienza quando questa, mediante la cura delle malattie, è orientata al bene della persona. Voglio riferirmi a quel tipo di medicina, che per definizione è terapeutica nel senso preciso della parola, e che, mentre respinge i fini distruttivi e manipolatori della vita umana, volge i propri sforzi alla conquista ancora possibile e pressoché inesauribile di nuove vie di guarigione.

Sono sicuro che l'opinione pubblica e le autorità in particolare si sentiranno sempre più solidali con queste conquiste e con questi obiettivi della scienza, incoraggiandola come merita e fornendo i mezzi necessari alla ricerca.


4. L'incontro odierno ci offre l'occasione di sottolineare, oltre a quello scientifico, anche l'alto valore etico dell'impegno assistenziale, che i sanitari, medici e paramedici, profondono a vantaggio di questa categoria di malati. Il paziente leucemico dipende in gran parte da un insieme di interventi che richiedono prevalentemente un sostegno umano, fatto di specifica preparazione, di finezza di modi, di ricchezza interiore.

Voi avete ben raccolto lo spessore morale e spirituale di questo compito nelle vostre riflessioni, durante i lavori congressuali, e avete considerato l'assistenza umana come componente essenziale di sostegno delle terapie mediche più aggiornate, estendendo la vostra attenzione anche alle famiglie dei colpiti dal male. Avete opportunamente sollecitato l'interessamento delle comunità e del volontariato, affinché queste famiglie possano reggere al peso di un'assistenza talvolta molto prolungata e dispendiosa, per non omettere l'adempimento dei doveri quotidiani, che non cessano di mantenere la loro urgenza e il carattere di necessità.

Alle vostre alte riflessioni io voglio qui aggiungere l'apporto incomparabile del dono della fede, che fa scoprire la presenza del "Christus patiens" nel malato e svela il valore salvifico della sofferenza a vantaggio di tutto il corpo ecclesiale, impreziosisce la persona dei sanitari, che esercitano la missione del "Christus medicus", espressa nella figura evangelica del buon samaritano ("Salvifici Doloris", 28).

Il Signore della vita, che ha promesso la ricompensa più grande a chi visita un malato, affermando che tutto quello che si fa ad uno dei più piccoli è fatto a lui stesso (cfr. Mt 25,36-40), non mancherà di contraccambiare, con doni che superano ogni attesa, chi dedica il proprio tempo e la propria vita a esseri umani colpiti da uno dei mali più tenaci della nostra epoca.


5. Vorrei anche accennare ad alcune istanze etiche e ad alcune problematiche che si possono incontrare nella cura e nell'assistenza di questi malati. Occorre innanzitutto richiamare il rispetto della vita e della dignità del morente quando, nonostante le cure prestate, la morte non sembra più evitabile. La presenza della sofferenza anche in fase terminale, mentre dovrà stimolare tutto l'impegno per lenire il dolore e per sostenere lo spirito del morente, non dovrà consentire mai "azioni o omissioni che per natura loro o nelle intenzioni di chi le pone abbiano come scopo quello di abbreviare la vita per risparmiare la sofferenza, al paziente o ai parenti" (Congregazione per la dottrina della fede, "Dichiarazioni sull'eutanasia", 5 maggio 1980).

Il principio della "proporzionalità delle cure", mentre sconsiglia l'impiego di interventi puramente sperimentali o di nessuna efficacia, non dispensa dall'impegno terapeutico valido a sostenere la vita né dall'assistenza con mezzi normali di sostegno vitale. La scienza, anche quando non può guarire, può e deve curare e assistere il malato. Se avesse cessato di lottare per la vita e d'impegnarsi per la cura delle malattie, la scienza medica non avrebbe potuto progredire, né ottenere quei successi che oggi le sono universalmente riconosciuti. Le pratiche di eutanasia, più o meno manifestamente proclamata, segnano un momento di regresso e di abdicazione della scienza, oltreché un'offesa alla dignità del morente e alla sua persona.

Occorre poi grande rispetto del paziente nell'applicazione delle nuove terapie ancora sperimentali, come può ancora verificarsi nel caso delle leucemie con il trapianto di midollo osseo, quando queste terapie presentino ancora un'alta percentuale di rischio. Ricordiamo che "in mancanza di altri rimedi è lecito ricorrere, con il consenso dell'ammalato, ai mezzi messi a disposizione dalla medicina più avanzata, anche se sono ancora allo studio sperimentale e non sono esenti da qualche rischio. Accettandoli, l'ammalato potrà anche dare esempio di generosità per il bene dell'umanità" ("Dichiarazione sull'eutanasia", cit.).

Tuttavia, affinché una terapia, che presenta dei rischi mortali, possa venire generalizzata, dovranno essere prese tutte le garanzie per un'attenuazione del rischio, senza lasciarsi portare dal desiderio di uno sperimentalismo a oltranza.


6. Illustri professori, ben sapendo che l'impegno degli scienziati e dei medici in genere e di voi tutti in particolare, è qualificato per il rigore scientifico e per l'alta consapevolezza morale dei compiti della medicina e del vostro servizio professionale, esprimo la mia compiacenza più viva per i risultati raggiunti, per le ricerche in atto, per l'opera assistenziale portata avanti con assidua ed esemplare presenza.

Mentre formulo gli auspici più fervidi per i programmi futuri, rivolti alla guarigione e alla cura di questi pazienti, al sostegno morale delle loro famiglie, imparto volentieri a voi, all'intera comunità universitaria ai vostri cari e ai vostri allievi, l'apostolica benedizione.

Data: 1985-11-15 Data estesa: Venerdi 15 Novembre 1985


Per tre nuovi beati - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Pio Campidelli, Maria Teresa Gerhardinger, Rebecca Ar-Rayes

"Voi siete il sale della terra" (Mt 5,13).

1. Nell'odierna liturgia la Chiesa ci ricorda queste parole di Cristo Signore, pronunziate nel discorso della montagna. Il sale ha il suo sapore che non può perdere. Grazie a questo sapore esso è necessario alla terra, è necessario all'uomo. Il cibo senza sale è insipido, senza gusto. Proprio per questo il sale deve conservare il suo sapore. Se lo perde, non serve a nulla (cfr. Mt 5,13).

Il Signore Gesù dice queste parole ai discepoli. E le dice servendosi di una parabola: "Voi siete il sale della terra". Voi dovete essere sale. Voi dovete dare sapore - il sapore evangelico - alla vita dell'umanità. Siate il sale! 2. La Chiesa applica queste parole alle tre persone che oggi eleva alla gloria degli altari: Pio Campidelli, passionista; suor Maria Teresa di Gesù Gerhardinger, fondatrice delle Povere suore scolastiche di Nostra Signora; Rafqa (Rebecca) Ar-Rayes de Himlaya, monaca dell'Ordine Libanese Maronita. La santità è "il gusto" specifico della vita cristiana. E in questo senso i santi sono il sale della terra (cfr. LG 33).

Come il buon sale, immersi nell'esperienza multiforme della vita umana e nell'epoca storica alla quale sono inviati, i santi, con l'intenso sapore della loro testimonianza fedele al Vangelo fino all'eroismo, sanno permeare il loro ambiente della dottrina di Cristo, contribuendo alla progressiva attuazione della missione della Chiesa nel mondo.


3. Nell'anno internazionale della gioventù è elevato alla gloria degli altari Pio Campidelli, fratel Pio di san Luigi, un giovane che, come sale saporoso, ha dato la vita per la sua terra, per il suo popolo: offri la vita per la Chiesa, il Papa, la conversione dei peccatori, per la sua Romagna.

Fratel Pio ha trovato il valore fondamentale della sua vita religiosa proprio nel dono di se stesso. Questo tratto essenziale della sua fisionomia interiore apparve ai testimoni specialmente nel momento della morte, quando, "con piena conoscenza della sua prossima consumazione andavasi tuttodi offrendo a compiere perfettamente il suo sacrificio per uniformarsi alla volontà del suo Dio; l'offriva per la Chiesa... e in specie per il bene della sua diletta Romagna" (dal Processo Canonico). Solo in quel momento si espresse la peculiare nota della sua virtù, che rivelo lo stile dell'intera sua esperienza spirituale.

Fin da fanciullo Pio Campidelli aveva percepito l'attrazione alla preghiera, alla liturgia, all'istruzione religiosa e, sostenuto dal buon esempio della famiglia, vi aveva aderito con entusiasmo, manifestandolo con le espressioni tipiche dell'infanzia innocente, come la devozione alla Madonna al Santissimo Sacramento, al Crocifisso. Entrato nella Congregazione dei Passionisti, vi trovo il clima favorevole per sviluppare l'aspirazione dominante di vivere in unione con Dio nell'intimo di sé e per prepararsi a coinvolgere gli altri in questa esperienza appassionante nell'esercizio del ministero sacerdotale. Al sacerdozio, pero, non poté arrivare perché Dio lo chiamo a sé, all'età di ventun anni. Nel voto particolare dei passionisti di fare continua memoria della passione, morte e risurrezione di Gesù, egli seppe coinvolgere totalmente la propria vita, realizzando così la missione della vocazione specifica della sua famiglia religiosa. Proveniva da gente povera, aveva salute fragile, intelligenza normale; ma non ritenne sfortuna né senti come una frustrazione la sua povertà e il suo limite. Realizzo, invece, il massimo di sé perché "ricerco la sapienza nella preghiera... segui dalla giovinezza le sue orme... vi trovo insegnamento abbondante" (cfr. Si 51,13-16). E fu così che fratel Pio fu vero "sale della terra" per quanti lo conobbero da vivo, e "sale" continua ad essere per quanti avvicinano la luminosa testimonianza del suo esempio.


4. "Voi siete la luce del mondo" (Mt 5,14).

Gesù rivolge oggi queste parole del Vangelo in modo particolare anche alla nostra nuova beata Maria Teresa Gerhardinger. La Chiesa esalta la luce che emana dalla sua vita santa e dalla sua opera; proclamandola beata la pone sul candelabro, perché d'ora in avanti la sua luce splenda per tutti gli uomini. La Chiesa onora, in Madre Teresa una qualificata educatrice e insieme una straordinaria opera educativa cristiana, che tuttora continua, in molte regioni e continenti, mediante la congregazione da lei fondata, delle "Povere suore scolastiche di Nostra Signora".

All'età di soli dodici anni, quando ancora si chiamava Carolina Gerhardinger, essa accolse prontamente la chiamata a divenire insegnante; e più tardi fondo la sua congregazione per l'educazione, rispondendo, così, a una grande sfida del suo tempo; sfida che interpreto come una speciale chiamata di Dio nei suoi riguardi. La carenza di educazione e di vita di fede, prodotta dai rivolgimenti politici e sociali, la decadenza morale delle famiglie, soprattutto l'abbandono della gioventù, richiedevano nuove vie per una efficace formazione e un rinnovamento cristiani, specialmente tra le popolazioni rurali e gli strati sociali più umili e poveri. Con la guida spirituale del vescovo Wittman, ben convinto del fatto che le donne e le madri determinano la vita morale delle città e delle nazioni, la beata Maria Teresa di Gesù si consacro, insieme alle consorelle, soprattutto all'educazione cristiana della gioventù femminile, per ottenere il risanamento morale delle famiglie e il miglioramento della società mediante la formazione di buone madri e donne di casa.

Carolina Gerhardinger intese il suo compito educativo come un invito a essere, secondo lo spirito di Cristo, "sale della terra" per gli altri (cfr. Mt 5,13). Il suo impegno sociale è, in fondo, un apostolato cristiano, che trova la sua piena espressione nella persona che nella società secolarizzata del nostro tempo, rimane valido e attuale, oggi come allora.

Chiediamo che la beata Maria Teresa di Gesù Gerhardinger sia, d'ora in avanti, per tutti gli educatori cristiani, e non solo per le consorelle della sua congregazione, un luminoso esempio e una interceditrice.


5. E' ancora una donna la terza figura luminosa elevata agli onori della beatificazione, la beata Rafqa. La sua origine ci fa volgere immediatamente lo sguardo e il cuore verso la terra così cara del Libano di cui la Bibbia ha conservato delle immagini assai suggestive. Oggi questa evocazione si accompagna a una profonda stretta del cuore, a causa delle innumerevoli sofferenze che schiacciano le infelici popolazioni di questo paese. E' il motivo per il quale, e con quanto fervore, sale dal mio cuore una supplica alla nuova beata. La prego d'intercedere presso Dio per la sua nobile patria accasciata dai tormenti. Possano gli abitanti del Libano trovare nell'esempio di questa donna forte, che ha tanto sofferto e non ha mai fatto soffrire, un incoraggiamento ad avanzare sulle vie del perdono, della riconciliazione e della pace! La beata Rafqa de Himlaya fu veramente "sale della terra e luce del mondo": missione che incombe a tutti i discepoli del Cristo. Avendo molto ricevuto dalle ricche tradizioni ecclesiali e monastiche del Libano, la nuova beata ha trasmesso in cambio al suo Paese e alla Chiesa il sapore misterioso di un'esistenza totalmente impregnata dello spirito di Cristo redentore. Essa è veramente come "una luce in cima alla montagna". Le si può anche applicare il bel versetto del Salmo 92: "ll giusto fiorirà come palma, crescerà come cedro del Libano"! Aggregatasi inizialmente alle Suore Marianite col nome di suor Anissa, vale a dire suor Agnese, dopo una breve preparazione fu incaricata dell'insegnamento elementare e dell'educazione religiosa ai suoi piccoli compatrioti. In questi compiti delicati, essa manifesto una diligenza e una dolcezza che impressionarono profondamente i suoi alunni e le loro famiglie. I fanciulli spontaneamente accorrevano a lei. Durante la persecuzione del 1860 ne salvo molti. Si racconta che un bambino di Deir-el-Qamar fuggi alla morte rifugiandosi sotto il mantello della cara suora.

L'anno 1871 segna una svolta nella vita di suor Anissa. La sua cara Congregazione delle Mariamette fu disciolta. Busso allora alla porta dell'Ordine Libanese Maronita, e vi fece la professione solenne il 25 agosto 1873 sotto il nome di suo Rafqa, o Rebecca, che era il nome di sua madre stessa. Giunta alla cinquantina e godendo di buona salute, fu allora che suor Rafqa, spinta misteriosamente dallo Spirito Santo, desidero la grazia di essere visitata dalla malattia. Lungi dall'essere vittima di un gusto morboso per il dolore, provava il fascino mistico della conformità al Cristo sofferente. A partire dal 1885, fino alla sua morte nel 1914, conoscerà quotidianamente dei mal di testa e di occhi che la condussero progressivamente ad uno stato d'impotenza e di cecità complete. La sua preghiera più frequente era questa: "In comunione con la tua sofferenza, o Gesù".

Ammirevole suor Rafqa, imitazione così umile e autentica del Cristo crocifisso, noi ti ringraziamo! Se non hai aggiunto nulla alla redenzione unica e sovrabbondante del Signore Gesù, ci hai lasciato la testimonianza sconvolgente di una cooperazione misteriosa e dolorosa all'applicazione dei frutti di questa redenzione. Che i discepoli di Cristo, dovunque oggi essi siano, e i tuoi compatrioti libanesi così provati da dieci anni di conflitti, possano attingere nella tua vita di sofferenza e di gloria il coraggio evangelico di offrire, di sperare, di perdonare, di amare! [Traduzione dal francese e dal tedesco]

Data: 1985-11-17 Data estesa: Domenica 17 Novembre 1985





Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il Concilio ha presentato ai giovani il volto giovane di Cristo

Carissimi fratelli e sorelle, romani e pellegrini.

Tre nuovi beati si sono aggiunti oggi alle schiere della Chiesa celeste, tre anime consacratesi a Dio nella vita religiosa. Un giovane della terra di Romagna, Luigi Campidelli, che ha raggiunto la perfezione attraverso la normalità quotidiana, nella Congregazione dei passionisti, di cui era chierico professo. Una donna forte, germanica di nazionalità, Maria Teresa Gerhardinger, che effuse il proprio carisma nella fondazione delle Povere suore scolastiche di Nostra Signora.

Un'altra donna forte, Rebecca Ar-Rayes de Himlaya, cittadina del biblico e amatissimo Paese del Libano, giunta alle vette mediante molteplici sofferenze, dalla precoce orfanezza ai lunghi anni di cecità e di paralisi. Tre personalità diverse, che hanno in comune la generosità nell'abbracciare l'ideale dei consigli evangelici di povertà, castità, obbedienza.


GPII 1985 Insegnamenti - Ai vescovi della Thailandia in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)