GPII 1985 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)


2. "l consigli evangelici - proclama il Concilio Vaticano II - sono un dono divino, che la Chiesa ha ricevuto dal suo Signore e che con la sua grazia sempre conserva" (LG 49). Sono un dono che Dio, nella sua bontà, non lascia mancare, ma che tuttavia viene deposto in mani umane, e implica la responsabilità dell'accettazione e della corrispondenza.

Il Concilio ha dedicato profonde riflessioni a questa importante componente del Popolo di Dio, mettendone in luce il valore di "segno", come specifica testimonianza evangelica: "Ognuno che è chiamato alla professione dei consigli, raccomanda la "Lumen Gentium", ponga ogni cura nel perseverare e maggiormente eccellere nella vocazione a cui Dio l'ha chiamato, per la più grande santità della Chiesa e per la maggior gloria della Trinità una e indivisa, la quale in Cristo e per mezzo di Cristo è la fonte e l'origine di ogni santità" (LG 47).


3. Il giovane salito oggi all'onore degli altari ci riporta alle sollecitudini che il Concilio ha espresso in vari documenti verso la gioventù, considerata "speranza della Chiesa" (GE 2). Ai pastori d'anime, particolarmente ai vescovi, il Vaticano II ha domandato attenzioni peculiari per le nuove generazioni, e non ha mancato di indicare i vari aspetti della loro formazione integrale con tratti di simpatia e di fiducia.

I giovani di oggi sono nati negli anni del Concilio. Il cammino della storia li ha immessi nella dinamica della sua eredità. Le imminenti sessioni sinodali, celebrative dell'avvenimento conciliare a vent'anni di distanza, attireranno il loro interesse. E i Padri sinodali guarderanno certo alle fresche energie degli uomini e delle donne di domani e ai compiti che li attendono.

Voglia la Madre celeste ottenere che gli approfondimenti, a cui il Sinodo mira, siano apportatori di rinnovate energie spirituali all'organismo della Chiesa, così che la nostra gioventù possa ravvisarvi con sempre più evidente vivezza il volto giovane del Cristo.

Annuncio di messaggi a Reagan e Gorbaciov Martedi e mercoledi prossimi avrà luogo a Ginevra un incontro tra le più alte Autorità degli Stati Uniti d'America e dell'Unione Sovietica, il Presidente Ronald Reagan e il signor Mickail Gorbaciov, per colloqui che da tempo hanno suscitato commenti, previsioni e speranze in tutto il mondo. In queste settimane l'attesa e l'interesse per le conversazioni di Ginevra si sono fatti ancora più vivi.

In vista dell'incontro, ho inviato un messaggio personale alle due alte personalità, esprimendo l'auspicio che dai loro colloqui siano poste le premesse per lo sviluppo di un dialogo che superi le diffidenze, allontani il rischio della guerra e favorisca la pace, in un contesto di equità e di giustizia.

Nessuno può nascondersi le difficoltà che si frappongono alle desiderate intese sui problemi che verranno presi in esame, soprattutto quello della corsa agli armamenti. Perciò vi invito ad evocare con me l'intercessione di Maria, Regina della pace e Madre del buon consiglio, affinché il Signore sostenga e avvalori tutti gli sforzi diretti alla ricerca di soluzioni che soddisfino le attese dell'umanità.

Cordoglio per la tragica eruzione vulcanica in Colombia Con il cuore e le preghiere siamo particolarmente uniti al tremendo dolore che affligge gli amatissimi figli della Colombia, per la tragica eruzione vulcanica che ha prodotto migliaia di vittime, feriti, persone senza tetto, e ha devastato vasti territori, specialmente ad Armero e Chinchina.

Pregando Dio per l'eterno riposo degli scomparsi e per la pronta guarigione dei feriti, rivolgo anche un appello ai cattolici, così come a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, affinché con la loro generosa solidarietà si possano aiutare tante persone duramente provate da questa catastrofe naturale.

Sostengo quindi qualsiasi iniziativa che le istituzioni private e pubbliche vorranno realizzare per soccorrere urgentemente queste popolazioni tanto provate.

Giornata Nazionale delle Migrazioni Oggi la Chiesa in Italia celebra la Giornata Nazionale delle Migrazioni, invitando tutti a riflettere sul tema "L'altra faccia dell'emigrazione italiana".

L'"altra faccia" è costituita da quelle persone che da varie parti del mondo, sono giunte in Italia in cerca di lavoro. Si calcolano a oltre centomila le presenze nella sola città di Roma, e a più d'un milione nel resto del Paese. Sono esseri umani spesso emarginati, di varie confessioni religiose, per i quali si sollecita una legislazione adeguata e promozionale in grado di proteggere i loro diritti.

La Giornata Nazionale delle Migrazioni 1985 si propone inoltre di sviluppare una pastorale adatta nel settore, a cominciare dalla necessaria sensibilizzazione di tutti i cristiani, fino alle varie forme di sostegno agli operatori nel campo delle migrazioni: sacerdoti, religiosi, suore e laici impegnati. Mentre ad essi rivolgo la mia calda parola d'incoraggiamento, esorto tutti i fedeli ad interessarsi vivamente al problema e ad offrire l'aiuto della preghiera e della collaborazione a quanti spendono le loro energie per una così nobile causa.

Data: 1985-11-17 Data estesa: Domenica 17 Novembre 1985


Ai pellegrini per le beatificazioni - Città del Vaticano (Roma

Titolo: Esemplare testimone della spiritualità dei passionisti

Carissimi fratelli passionisti, e voi tutti, pellegrini di lingua italiana, convenuti qui per la beatificazione di Pio Campidelli, sono lieto d'incontrarvi in questa udienza che ci consente di meditare ancora, dopo le solenni celebrazioni di ieri, sulle singolari virtù del giovane vostro confratello e conterraneo.

La vita di Pio Campidelli, così semplice, conferma un messaggio che il Concilio Vaticano II, con chiara espressione, rivolge a tutta la Chiesa: "Tutti i fedeli, di qualsiasi stato o grado, sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità" (LG 40). La vita di fratel Pio, nella quale non si riscontrano fenomeni straordinari, invita tutti a ritenere possibile il grande dono della santificazione. Essere santi significa vivere nell'amore di Dio: un amore totale, concreto, lucido, esigente, realizzato con libertà e vigore nell'esercizio costante dei doveri del proprio stato di vita "Debbo fare più spesso atti di amore verso Dio", questo il fondamentale proposito di Pio Campidelli.

Dalla vita di questo giovane religioso emergono due aspetti precipui della sua spiritualità; la fedeltà alla vocazione e la contemplazione del mistero della passione di Cristo, secondo il peculiare carisma della sua congregazione religiosa. Luigi Campidelli, poi fratel Pio, conobbe ben presto, fin da fanciullo, la chiamata divina che lo riguardava, e fu costante nel seguirla. Dalla predicazione della Chiesa, specialmente dall'opera dei padri passionisti, assimilo il desiderio di consacrarsi a Cristo, con l'intento di divenire apostolo del Signore nell'annuncio del Vangelo. Con questo invito il Signore lo attrasse, ed egli non abbandono l'ispirazione divina, conservando fedelmente il suo desiderio in tutte le tappe della sua breve esistenza. Non raggiunse la meta del sacerdozio, ma fu testimone di Cristo in modo eccellente tra i campi d'infanzia e i confratelli di religione.

L'assidua meditazione della passione di Cristo secondo il motto paolino di "portare sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo" (cfr. 2Co 4,10) è la seconda peculiare nota della vita di fratel Pio. E' così grande la potenza della croce di Cristo, che, se noi la teniamo costantemente davanti agli occhi, se la nostra mente vive attenta a quel mistero infinito di amore, di immensa donazione, di divina misericordia, se la nostra fede si lascia illuminare da quella luce, allora la carità soprannaturale diviene perfetta in noi e muove l'anima a un pieno amore di Dio.

La testimonianza di questo giovane sia d'incoraggiamento e di conforto per tutti voi, cari padri passionisti. Voi siete spesso a contatto con la gioventù, e io mi compiaccio con voi per le iniziative realizzate anche in questo campo. Sappiate condurre i giovani per le strade forti e impegnative dell'esperienza di Dio. Non abbiate timore a proporre loro la rigorosa opzione fondamentale di Dio che si attua seguendo l'impegnativa via della croce di Cristo.

Opportunamente illuminati sul significato e il valore della croce essi non avranno paura di "riconoscere come proprio il programma di vita che Cristo stesso realizzo sulla terra" (cfr. "Lettera apostolica ai giovani", 8). Vi accompagni la mia benedizione apostolica.

Suor Teresa, donna forte a servizio degli ultimi Nella profonda gioia comune per il giorno di grazia di ieri vi saluto ancora una volta in modo cordiale. Ogni beatificazione e santificazione è un grosso dono di Dio a tutta la Chiesa ma soprattutto a quei credenti particolarmente legati ai nuovi beati o santi.

La nostra nuova beata è Maria Teresa di Gesù. A lei vi unisce la comune patria della Baviera e il suo patrimonio spirituale, che voi ancora oggi custodite e accrescete quali consorelle, allieve, promotrici e amiche della sua istituzione culturale. Con la beatificazione la Chiesa pone davanti ai vostri occhi la vita e l'opera di questa vostra consorella quale esempio da imitare. Impegnatevi perciò a conoscerla sempre meglio e chiedete la sua intercessione e il suo aiuto nel cammino della vostra personale chiamata cristiana.

Nella beata Maria Teresa di Gesù riconosciamo che la santità è qualcosa di forte e di grande, che richiede la persona nella sua totalità. Ciò significa porre Dio al centro della propria vita, lasciare da parte i desideri e i progetti personali e seguire la chiamata di Dio ovunque essa ci conduca. Già da piccola Karolina Gerhardinger si distinse per un grande amore alla preghiera. Nella preghiera cercava di riconoscere il volere di Dio: la preghiera e specialmente l'adorazione eucaristica le dava la forza di compiere la sua missione, che riconosceva dalle circostanze quotidiane come compito datole da Dio, con costanza, dedizione e spirito di sacrificio. Il suo amore e la sua cura erano rivolti soprattutto ai poveri e ai piccoli, ai bambini trascurati, orfani e particolarmente bisognosi di aiuto. Per loro divenne lei stessa povera, per loro fondo la grande opera educativa del suo Ordine dedicato alla scuola. Riconoscendo ciò volontà di Dio sacrifico e oso tutto per questo: i suoi ricchi talenti naturali, la sua salute e tutte le sue forze.

Per la realizzazione di quest'opera sopporto con pazienza dolore e sconfitta, incomprensioni e calunnie. Fu proprio combattendo dolorosamente per il riconoscimento ecclesiale del suo Ordine che mostro la vera grandezza del suo animo, una fede incrollabile e una fiducia speranzosa che viene dalla sua interiore sicurezza nella guida di Dio. Non solo l'autorità ecclesiale ma anche la storia hanno alla fine confermato che era giusta la sua idea di fondare l'Ordine.

La direzione centrale del suo nuovo istituto divenne modello per molte altre Congregazioni femminili nella Chiesa.

Le parole della beata Maria Teresa di Gesù sono per noi oggi applicabili: "Doniamo a Dio tutto il nostro cuore, che gli appartiene". Lei stessa ha fatto ciò in modo eroico e ha trovato la sua realizzazione e il suo compimento nella fiducia alla fedeltà di Dio, nonostante le innumerevoli difficoltà e prove in questa dedizione a Dio senza riserve. Secondo il suo esempio sia anche per noi Dio "scopo e fine in tutte le cose, il nostro bene più alto nel quale noi troviamo tutto ciò che ci soddisfa e ci rende veramente felici".

Tutto questo auguro e domando alle molte sorelle della Congregazione della nuova beata. Continuate nella fedeltà alla volontà della vostra fondatrice il vostro compito di educatrici al servizio della gioventù a voi affidata quali donne dedicate a Dio, affinché anche voi oggi come Maria Teresa possiate essere "luce del mondo" e "sale della terra nel cammino verso la sua vocazione eterna".

Desidererei aggiungere uno speciale saluto in inglese a tutti coloro che sono venuti a Roma per la beatificazione di Madre Teresa di Gesù. So che molte sorelle della scuola di Notre-Dame servono la Chiesa negli Stati Uniti e in altri Paesi di lingua inglese. Sebbene voi viviate in una cultura e in un'età differenti da quelle della nostra amata fondatrice, voi tenete viva la preziosa eredità che lei vi ha tramandato: quello "Spirito di Teresa" per il quale essa era ben conosciuta, il suo forte impegno nell'insegnamento. Come lei, voi date un contributo inestimabile alla vita e alla missione della Chiesa. Spero che tutti coloro che gioiscono della beatificazione di Maria Teresa si rinnoveranno nel loro amore per il Salvatore.

Io prego fermamente che tutte le sorelle della scuola di Notre-Dame trovino fresco coraggio e forza nel testimoniare la verità del Vangelo. Possa Cristo riempire i vostri cuori di pace e di gioia. Di cuore imparto a tutti i presenti e all'intera Congregazione della Nostra Amata Signora e della beata Maria Teresa di Gesù la mia particolare apostolica benedizione.

Suor Rafqa interceda per il ritorno della pace in Libano Beatitudine eminentissima, cari pellegrini del Libano, ieri, con gioia ed emozione, abbiamo tutti partecipato alla beatificazione della vostra compatriota d'Himlaya. Questo grandissimo esempio dell'Ordine Libanese Maronita di Sant'Antonio è ormai un simbolo solennemente riconosciuto dalla cara Chiesa d'Antiochia dei Maroniti e una preziosissima luce per la comunità ecclesiale universale. Oggi, abbiamo la felicità di ritrovarci "in famiglia". Il Vescovo di Roma ha la missione di vegliare sull'unità della fede di tutti i popoli di Dio come all'unità delle Chiese locali. Egli ha anche la missione di amarli soprattutto quando queste ultime attraversano delle dure prove. Ma il Signore, che tutto può, è presente. Io stesso posso confidarvi che la sua grazia quotidiana aiuta anche il Papa a partecipare profondamente agli sforzi, alle sofferenze e alle gioie delle Chiese particolari. E' una realtà, dovrei dire un mistero, che scopro senza fine e che mi conferma nella sempre rinnovata fiducia nel sostegno di Dio. Conosco il grande conforto che provate in questo momento, malgrado o piuttosto a causa del dramma interminabile della vostra patria. Da parte mia, conosco la gioia del padre di famiglia che riceve dai bambini che hanno sofferto molto e che soffrono sempre. Attraverso la vostra delegazione, voglio vedere tutti i vostri fratelli e sorelle del Libano, quelli delle grandi città come Beirut, Tripoli, Saida, della regione costiera, delle montagne, della pianura della Bekaa.

Mi unisco al dolore delle famiglie distrutte o rovinate, alle vittime handicappate per il resto della loro vita, ai bambini e adolescenti rimasti orfani, agli anziani afflitti nel vedere il loro caro Libano così martoriato e sfigurato.

Fino ad oggi non ho potuto visitare la vostra terra e i suoi abitanti.

Nei limiti del possibile, mi sono sforzato, con i miei collaboratori, di manifestarvi la mia costante premura di operare per il conforto delle popolazioni colpite, per il ritorno alla pace. Vi ricorderete che l'anno scorso, nel mese di maggio, ho pubblicato un appello ai vescovi di tutto il mondo affinché aiutassero i loro fedeli ad essere più vicini alla vostra tragica situazione. La seconda parte era destinata a tutti i Libanesi, affinché compiano un leale esame di coscienza e che ad esso ne derivino le concrete conseguenze di ordine morale e religioso. Conseguenze o decisioni suscettibili di far rinascere una comunità nazionale riconciliata; una comunità sempre diversificata ma colma di rispetto, di giustizia, di solidarietà; una comunità nuovamente caratterizzata da un dinamismo socio-economico, e allo stesso tempo religioso e culturale; una comunità infine rianimata dalla speranza. Sarà solo un'utopia, dopo tutte le speranze deluse? Assolutamente no. Alcune vostre situazioni, per la composizione della Nazione, sono molto particolari. Ma non posso dimenticare che molti sforzi sono stati compiuti da parte di persone differenti, se non opposte. Ho sempre la speranza. Il Libano può e deve ritrovare la sua identità attraverso un nuovo equilibrio socio-politico e grazie a una prosperità compresa in ogni senso del termine.

Supplico nuovamente i responsabili civili e religiosi di continuare a seguire - o di riprendere - la voce del dialogo, col fine prioritario del bene generale della nazione libanese, composta da milioni di persone aspiranti fondamentalmente alla pace. Senza questa pace, nessuna istituzione sociale può assumere il suo ruolo nel contribuire a preparare l'avvenire. La violenza, l'odio, sono da bandire assolutamente. Queste sono radicalmente opposte alla volontà di Dio, alla ricerca di soluzioni umane.

Libanesi dell'interno e della diaspora - c'è ancora tempo - aiutatevi reciprocamente. Se possedete molto, date molto. Se possedete poco, portate almeno le vostre risorse morali e spirituali che sono una grande ricchezza. Tutti insieme riprendete la marcia della speranza, la speranza è l'ultima chiave che apre la porta.

Ma noi non possiamo finire questo incontro familiare senza volgere i nostri sguardi verso la nuova beata. La sua vita è ormai luce sulle alture del Libano. Essa può schiarire e scaldare gli spiriti che dubitano nel futuro, e i cuori stanchi di soffrire senza vedere l'aurora certa della riconciliazione generale e profonda. Suor Rafqa ha portato quotidianamente, per una trentina d'anni, il peso delle sofferenze fisiche aggravatesi senza fine, al punto di fare di essa una persona senza occhi e spogliata di tutte le forze. In questo stato, molto coraggiosamente accettato, e molte volte al giorno offerto a Cristo Salvatore, come partecipazione all'applicazione della sua opera salvifica universale, suor Rafqa ha trovato una serenità e una gioia spirituale che ha sconvolto i suoi compagni. Cari figli e fratelli del Libano, la maestosa liturgia di ieri alla Basilica vaticana è stata l'azione di grazia al Signore, "sorgente di tutta la santità", e la glorificazione di una donna come noi, che è stata misticamente ai piedi della croce di Gesù per lunghi anni. Questa cerimonia deve restare per i Libanesi come un'ostensione solenne della sofferenza accettata e offerta, trasformata e redentrice. Supplico Dio con gli altri cristiani e credenti su tutta la terra di suor Rafqa di offrire generosamente tutti questi anni di dure prove e di riprendere il cammino della luce.

"Per crucem ad lucem"! Il venerdi santo è stato sopraffatto dall'alba radiosa della Pasqua. Dio non cessa di portare la sua opera. Ma Dio, per rispetto verso le sue creature, desidera anche che esse compiano la loro.

E' con questi sentimenti che benedico affettuosamente le vostre persone e tutte le popolazioni libanesi, soprattutto le più provate. Benedico in maniera particolare coloro che hanno già operato per il ritorno alla pace, e coloro che stanno per riprendere questo arduo lavoro, così conforme alla profonda fiducia di tutte le nazioni, e alla volontà di Dio misericordioso che tutto può.

Data: 1985-11-18 Data estesa: Lunedi 18 Novembre 1985





Al Capitolo dei redentoristi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Fedeli al carisma di sant'Alfonso

E' con vera gioia che vi accolgo, oggi, carissimi figli di sant'Alfonso, riuniti in Capitolo generale, per rinnovare e fortificare la vostra missione nella Chiesa e nel mondo.


1. Innanzitutto desidero salutare il padre Juan Manuel Sasso de la Vega y Miranda, nuovo superiore generale, e formulo i migliori auguri per il mandato che gli è stato affidato dall'attuale Capitolo e che egli ha generosamente accettato con spirito di fede. Ringrazio ugualmente, a nome della Chiesa, il padre Giuseppe Pfab, che durante i dodici anni del suo generalato ha instancabilmente operato a favore della famiglia Redentorista e della Chiesa, collaborando pure attivamente ed efficacemente come membro della Congregazione per i Religiosi e degli Istituti Secolari.


2. Carissimi, avete celebrato or non è molto il 250° anniversario della fondazione della Congregazione e avete ricevuto dalla Chiesa l'approvazione delle vostre Costituzioni rinnovate, come è richiesto dal Concilio. Inoltre nel maggio del 1982 è stato beatificato uno dei vostri fratelli, il padre Pierre Donders, instancabile e intrepido missionario. Tutto ciò testimonia che la fondazione di sant'Alfonso è uno strumento efficace e attuale per la santificazione dei suoi membri e per l'evangelizzazione del mondo.

Fedeli al carisma di sant'Alfonso, fin dai primi tempi, voi Redentoristi avete sempre cercato di essere particolarmente attenti ai poveri, agli abbandonati, agli oppressi, e il Signore ha benedetto il vostro operato in maniera tale che oggi siete un numero considerevole a servizio della Chiesa, in ben 60 Paesi dei cinque Continenti.

Secondo i desideri emersi nel Capitolo del 1979, voi avete deliberatamente scelto di vivere, sempre più intensamente il progetto del santo fondatore: "Seguire l'esempio di Gesù Cristo predicando la parola di Dio ai poveri". In tal senso vi siete sforzati di intensificare l'annuncio esplicito della parola di Dio per mezzo delle "missioni popolari" tradizionali, così care a sant'Alfonso, della catechesi, del lavoro missionario presso i popoli che ancora non hanno ricevuto il messaggio evangelico, adattando il vostro operato alle particolari situazioni che si presentano. Continuate coraggiosamente e con perseveranza questo apostolato, uniti in stretta e leale collaborazione con le Chiese locali e con i loro Pastori.


3. Voi siete coscienti dell'importanza fondamentale della preghiera personale e comunitaria, come unica sorgente di vita apostolica, testimonianza di fede e di speranza. Avete inoltre piena consapevolezza che una comunità religiosa che non prega non può sussistere: saprete pertanto programmare i mezzi per attivare e consolidare personalmente e comunitariamente questa preghiera, in maniera tale da essere gli uni per gli altri sostegno efficace e aiuto fraterno.

Non è individualmente, infatti, che esercitate il vostro apostolato, ma comunitariamente, con spirito di comunione fraterna, associando preghiera e riflessione, lavoro e sofferenza, senza lasciarvi esaltare dai successi né deprimere dagli insuccessi, ma tutto orientando al servizio del Vangelo. In questa fraternità spirituale, che certo richiede da parte di ciascuno sforzo e sacrificio, ma che costituisce uno degli elementi essenziali della vita religiosa, troverete l'energia indispensabile per il lavoro apostolico, manifestando così al mondo la carità di Cristo. Tutta la vita di sant'Alfonso fu testimonianza di carità pastorale e fraterna per la diffusione del Vangelo.


4. I fratelli laici sono intimamente associati, per numero e qualità, all'opera apostolica dei sacerdoti e, come loro, pienamente religiosi mediante la professione dei consigli evangelici e la testimonianza del loro generoso impegno.

Con le modalità proprie della loro vocazione essi partecipano alla missione pastorale affidata dalla Chiesa all'Istituto; è quindi a buon diritto che si deve provvedere alla loro formazione teologica e spirituale.


5. Membri di una Congregazione che prende il suo nome dal Divin Redentore, impegnatevi sempre più ad attuare, nella vostra vita la vocazione cristiana e religiosa alla luce del Mistero della Redenzione. La pratica fedele e generosa e serena dei consigli evangelici costituisce una testimonianza inesauribile della potenza della croce e della risurrezione di Cristo, unica forza per condurre l'umanità verso il suo totale compimento in Dio, e solo in Dio. ("Redemptionis Donum", 14).

La Vergine Maria, intimamente associata al Divin Figlio nel mistero della redenzione, e particolarmente invocata dai membri della vostra famiglia religiosa, come pure dai fedeli che beneficiano del vostro apostolato, con il titolo di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso, vi sostenga sempre, sia nella vostra vita di consacrati che nel vostro apostolato, e ottenga alla vostra Congregazione numerose vocazioni, generose e ferventi, per la realizzazione della missione che questa è chiamata a svolgere nella Chiesa e nel mondo.

Di cuore vi benedico.

Data: 1985-11-18 Data estesa: Lunedi 18 Novembre 1985





XX anniversario di "Apostolicam Actuositatem" - Fede dei laici: vita, cultura, moralità, missione


1. Questa data, che segna il XX anniversario della promulgazione del decreto conciliare "Apostolicam Actuositatem" sull'apostolato dei laici, non poteva passare inosservata. Il merito di averla ricordata, di aver organizzato questo Colloquio commemorativo, di avervi convocato tante illustri personalità va al Pontificio Consiglio per i Laici del quale saluto il presidente, il cardinale Pironio, e tutti i membri, come saluto pure tutti voi, che partecipate al Colloquio. Ma permettetemi di rivolgere un pensiero speciale agli uditori laici del Concilio Vaticano II - alcuni qui presenti, altri uniti a noi nella preghiera, altri ritornati nella Casa del Padre - la cui presenza in quello straordinario evento ecclesiale costitui già allora un segno significativo di quanto sarebbe stato posto in rilievo e sviluppato nei documenti conciliari sulla vocazione e la missione dei laici nella Chiesa e nel mondo.

Il nostro pensiero e la nostra gratitudine vada a quanti - in quella vasta, complessa e ricca scena di lavori preparatori, di studi e consultazioni, di interventi e redazioni, illuminata dalla guida dello Spirito Santo - contribuirono in modi diversi alla elaborazione e stesura definitiva del decreto "Apostolicam Actuositatem". lo stesso, come padre conciliare, ebbi l'opportunità di offrire la mia collaborazione in quel laborioso processo. Ma come non includere nel nostro grato ricordo tante personalità, associazioni, cristiani che, in momenti diversi della storia, sono stati protagonisti del lungo processo di "promozione del laicato", che acquisi forza speciale già nel secolo scorso e che si è delineato poi come una delle correnti più feconde e vive del rinnovamento della Chiesa nel nostro secolo? Traendo forza dalla ricchezza insondabile del mistero della Chiesa nonché riflettendo sulla realtà della sua comunione e missione nelle condizioni del tempo contemporaneo si sono mobilitate tutte le forze vive della Chiesa e si sono riconosciute pienamente la dignità e la responsabilità dei laici cristiani.

Per questo il decreto "Apostolicam Actuositatem", il primo documento che un Concilio abbia interamente dedicato ai laici, si situa necessariamente e perfettamente nel disegno globale del Concilio, come sviluppo specifico dell'ecclesiologia integrale della costituzione dogmatica "Lumen Gentium" e della Costituzione pastorale "Gaudium et Spes".


2. Il decreto "Apostolicam Actuositatem" trova il suo nerbo nel pieno riconoscimento della dignità e responsabilità dei laici in quanto "Cristifideles", in quanto incorporati a Cristo, ossia in quanto membri vivi del suo corpo, partecipi di questo mistero di comunione, in virtù del sacramento del Battesimo e della Confermazione e del conseguente sacerdozio comune e universale di tutti i cristiani. Essi sono chiamati alla santità di vita e all'apostolato nel tessuto delle condizioni ordinarie della vita familiare e sociale, in tutti gli ambiti della convivenza umana per "animare e perfezionare tutto l'ordine temporale con lo spirito evangelico".

E' importante mirare sempre all'essenziale; e questo, per quanto riguarda i laici, è proprio la fruttificazione della grazia battesimale mediante un incontro sempre più intimo e vitale con Cristo, che chiama alla sua sequela, e vuole stabilire con ciascuno una relazione personale di dono e di reciproca appartenenza, un'alleanza di verità e di vita.

Nella pratica della vita sacramentale e della preghiera, nella obbedienza filiale ai Pastori in comunione con tutti i discepoli di Cristo, nella passione cristiana per il destino dell'uomo, la fede dei laici - in quanto "Christifideles" - deve diventare sempre più intensamente vita, cultura, moralità, missione. Essi sono chiamati a vivere, a testimoniare, a condividere la potenza della redenzione di Cristo - chiave e pienezza di senso per l'esistenza umana - in seno a tutte le comunità ecclesiali e in tutti gli spazi della convivenza umana: nella famiglia, nel lavoro, nella nazione, nell'ordine internazionale. I laici hanno un "diritto" e "dovere" all'apostolato, al quale li destina il Signore stesso e un diritto e dovere che "derivano dalla loro stessa unione con Cristo capo" (AA 3). Il decreto offre preziosi orientamenti su questa essenziale e pressante vocazione all'apostolato e sui suoi fondamenti cristologici, ecclesiologici, spirituali e pastorali; sulla finalità integrale dell'apostolato dei laici, come espressione della missione di servire l'uomo nella verità, nella carità e nella giustizia; sui diversi campi nei quali questo apostolato deve esercitarsi - nulla di quanto è umano può essergli alieno -; sulla base imprescindibile e insostituibile dell'apostolato individuale, nel contesto delle necessarie forme associative di comunione e missione dei "Christifideles".

Molto si potrebbe dire al riguardo della sua applicazione in questi venti anni del postconcilio. Si sono vissute esperienze feconde, come lo sviluppo incoraggiante di nuovi movimenti ecclesiali. Si è acuita l'urgenza prioritaria di una presenza e testimonianza cristiana nel mondo dei giovani, nella vita familiare, nel campo della cultura e della comunicazione sociale, nel mondo del lavoro e nei movimenti dei lavoratori. Sono sorte nuove questioni, come quella dei ministeri non ordinati, della promozione della dignità della donna, dell'impegno e della ricerca di nuove forme di sociabilità alle soglie del duemila... Non posso soffermarmi ora su temi tanto vasti e complessi, alcuni dei quali sono del resto oggetto della vostra riflessione in questi giorni. Il pensiero va spontaneamente, con fiducia e speranza, alla mobilitazione dei laici per la preparazione del Sinodo 1987 sulla "Vocazione e missione dei laici nella vita della Chiesa e della società". Al riguardo spero molto nella collaborazione delle forze vive del laicato, che il Pontificio Consiglio per i Laici vorrà stimolare in tal senso.


3. Non poteva esservi data più felice di oggi per l'inizio dei lavori dell'assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici. A ciascuno dei membri di questo dicastero, venuti da tutti i continenti, il mio saluto affettuoso, l'attestazione della mia stima, la mia cordiale parola di incoraggiamento. Avete scelto il tema della "formazione dei laici", che è prospettiva fondamentale per l'effettiva realizzazione della vocazione cristiana alla santità e all'apostolato. Molto più che di una "informazione", si tratta di una "conformazione" della vita a Cristo, perché crescano continuamente nel Signore e sappiano rileggere e orientare tutta la vita alla luce dell'avvenimento della sua Presenza pasquale. La Chiesa ha bisogno soprattutto di grandi correnti, movimenti e testimonianze di santità fra i "Christifideles" perché è dalla santità che nasce ogni autentico rinnovamento della Chiesa, ogni arricchimento dell'intelligenza della fede e della sequela cristiana, una riattualizzazione vitale e feconda del cristianesimo nell'incontro con i bisogni degli uomini, una rinnovata forma di presenza nel cuore dell'esistenza umana e della cultura delle nazioni.

Auspico che lo Spirito di Dio illumini e renda fecondi i vostri lavori.

So che culmineranno nella vostra partecipazione alla Santa Messa, che celebrero nella basilica di San Pietro, insieme ai vescovi di tutto il mondo, per inaugurare il Sinodo straordinario. Conto sulle vostre preghiere perché, unite a quelle di tutta la Chiesa, impetrino dal Signore il dono dell'unità e della verità; della fortezza e della fedeltà, per i membri del Sinodo, affinché sulla scia del Concilio, il messaggio e la testimonianza di Cristo risplendano sempre più trasparenti e vigorosi nella vita della comunità dei "Christifideles", a gloria del suo nome, a bene della Chiesa, a vantaggio dell'umanità intera.

Vi benedico di cuore.

Data: 1985-11-18 Data estesa: Lunedi 18 Novembre 1985






GPII 1985 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)