GPII 1986 Insegnamenti - Al clero romano in cura d'anime - Città del Vaticano (Roma)

Al clero romano in cura d'anime - Città del Vaticano (Roma)

"Coraggio paziente e pazienza coraggiosa" per evangelizzare


Carissimi fratelli.


1. Non è la prima volta che lo dico, ma voglio ripeterlo anche oggi: questo nostro incontro ha per me un'importanza fondamentale. Il cardinale ha detto poco fa che il Papa, andando anche negli altri continenti, si presenta sempre come "Vescovo di Roma". Non si può essere Papa senza essere Vescovo di Roma: questa è una verità dogmatica, ecclesiologica e allora se sono Vescovo di Roma essendo Papa, sono piuttosto Papa essendo Vescovo di Roma. Si capisce dunque perché la riunione del presbiterio di Roma, una riunione di carattere pastorale, ha per me un'importanza fondamentale.


2. Vorrei ringraziare tutti quelli che hanno preso la parola nel corso di questa riunione, di questo dibattito. Il cardinale ha sottolineato all'inizio che si è cambiato lo stile di questi incontri quaresimali con il clero di Roma. Grazie a Dio. E' vero che il Papa deve insegnare la fede, deve essere maestro della fede come tutti gli altri vescovi. Ma voi sapete bene che per insegnare si deve imparare, per parlare si deve ascoltare.

Questo momento allora, della riunione quaresimale pastorale del clero di Roma è molto prezioso per me, per la mia missione di Pastore, di Vescovo, di Vescovo di Roma che deve portare il suo insegnamento a tutta la Chiesa e in primo luogo alla Chiesa di Roma. Vi ringrazio per questa possibilità che mi date di ascoltare, di essere testimone di un dibattito, di un'analisi. La caratteristica di questo incontro è quella di essere un incontro di riflessione comunitaria.

Tutti vogliamo riflettere su questa medesima realtà che è la Chiesa di Roma e tutti vogliamo portare il nostro contributo a questa analisi. La missione apostolica, il lavoro pastorale ha bisogno di analisi simili a quella che abbiamo fatto oggi.


3. Il momento in cui viviamo, l'inizio della Quaresima 1986, è profondamente segnato da vari avvenimenti ecclesiali dello scorso 1985. E questi sono stati avvenimenti pieni di contenuto, pieni di importanza pastorale. Vorrei citare in primo luogo il Simposio dei vescovi europei. Anche in quella sede si è fatta un'analisi che poteva sembrare pessimistica, giacché si è parlato tanto della secolarizzazione dei Paesi europei. Pero è stata fatta anche una proposta veramente positiva, coraggiosa, apostolica: si è detto che l'Europa ha bisogno di una nuova evangelizzazione, e questa è una delle parole chiave.

Poi si è svolto un altro avvenimento di dimensione universale, il Sinodo straordinario. Sappiamo bene quali erano le attese, le previsioni: tutto è stato superato dalla realtà del Sinodo. E il Sinodo ci ha detto che questa nuova evangelizzazione in qualsiasi continente, in qualsiasi diocesi, deve basarsi sul magistero del Vaticano II. Il Vaticano II ci ha dato il contenuto di questa nuova evangelizzazione, conforme alle aspettative, ai bisogni dei nostri tempi.

Una seconda, possiamo dire, parola chiave. Ma io ne aggiungerei ancora una terza. Questa anticipa i due avvenimenti precedenti: penso all'assemblea della Chiesa italiana a Loreto. Direi che quell'assemblea, che ha anticipato sia il Simposio dei vescovi europei sia il Sinodo straordinario dei vescovi, ha proceduto nella stessa direzione spiegando cosa dovrebbe significare la nuova evangelizzazione, basata sugli orientamenti e sui contenuti del Vaticano II, per l'Italia; Roma è in Italia; Roma deve partecipare alle pianificazioni, ai programmi pastorali di tutta l'Italia, abbiamo anche sentito che naturalmente la Chiesa di Roma accetta il piano pastorale della CEI, dell'episcopato Italiano. Con questo riferimento l'assemblea di Loreto è stata molto importante per tracciare il cammino futuro del nostro apostolato.


4. In tale contesto la tematica prevista per la nostra riunione odierna è molto giusta, perché si è voluto parlare, e si è parlato, della parrocchia romana aperta verso le nuove generazioni e specialmente verso quelli che, in questa nuova generazione, sembrano più lontani. Una tematica pastorale, dunque, diocesana, parrocchiale, una tematica missionaria. Ascoltando i diversi interventi ho potuto vedere come veramente i sacerdoti di Roma qui presenti sono impegnati in questa tematica e partecipano alle stesse preoccupazioni, alle stesse esperienze, o almeno ad esperienze simili e anche alle stesse speranze.

La situazione emersa da questa analisi forse non è nuova. Lo sappiamo tutti, lo sappiamo grazie alle esperienze delle diverse parrocchie. Si parla delle nuove generazioni e si aggiunge subito "soprattutto dei lontani". All'inizio il cardinale vicario ha detto che c'è una fascia, soprattutto nell'età giovanile, e anche tra gli anziani, che sembra meno presente dappertutto. Allora si deve parlare piuttosto di "allontanamento". Occorre pensarci, anzi dobbiamo preoccuparci di questo.

Questa fascia coincide con gli anni 18, 35, 40. Si tratta di un'età molto importante perché le persone sono molto più attive, almeno nel senso familiare, perché diventano sposi, genitori; ma anche nel senso pubblico, sociale perché giungono ad esercitare una professione, una funzione sociale nella città e nella società. Questa preoccupazione è giusta, dobbiamo averla, io la condivido.

D'altra parte questa preoccupazione non deve scoraggiarci, come diceva molto giustamente alla fine il cardinale Poletti, non deve scoraggiarci.


5. Dobbiamo forse fare una rapida analisi di cosa vuol dire "lontani", cosa sia questo "allontanamento". Parlando con diversi parroci e viceparroci che mi fanno visita prima che io vada nelle loro parrocchie, molte volte chiedo quali sono i rapporti che voi avete con i vostri parrocchiani. Veramente il tipo di rapporto diciamo liturgico, soprattutto quello che si riferisce alla presenza alla Messa domenicale, è piuttosto insufficiente. Ma d'altra parte tutti i sacerdoti di Roma mi dicono che quando visitano le case sono ben accolti dappertutto, con poche eccezioni. Allora penso che: questi lontani sono solamente persone che non praticano la vita sacramentale, la vita eucaristica; ma nello stesso tempo non sono persone che hanno rotto con la Chiesa. Io penso che quelli che rompono totalmente con la Chiesa sono certamente meno di quelli che non frequentano regolarmente la Chiesa. Ciò non vuol dire che questi non siano lontani; sono diventati lontani.

E' stato interessante quanto ha detto don Vincenzo Paglia nella sua analisi dei gruppi giovanili nelle parrocchie, a riguardo del numero dei giovani di Roma. Si ripete la stessa percentuale. Si può dire così che l'allontanamento comincia già nella fascia precedente a quella dei 18 anni. E' un aspetto delle riflessioni fatte in conclusione.


6. Ma c'è un altro aspetto. Cosa dobbiamo fare? Naturalmente si è parlato nella prospettiva pastorale, per capire cosa dobbiamo fare. Io penso che seguendo questa analisi non si può fare altro che quello che facciamo. Voglio dire che si deve fare tutto il possibile per quella fascia che precede i 18 anni. Quanto più avremo fatto con i giovani prima di tale età critica, nel senso soprattutto qualitativo, ma anche in quello quantitativo, tanto più potremo guardare con speranza fondata anche al periodo posteriore, al periodo critico.

Penso che la conclusione pastorale sia abbastanza ovvia, evidente.

Certamente, pero, si tratta di una conclusione tratta rapidamente, dopo aver seguito il dibattito. Voi avete molte occasioni in più di incontrarvi, e di proseguire nelle vostre analisi e di tirare conclusioni pastorali ancora più adeguate, più pratiche, più concrete nelle diverse dimensioni: quelle della diocesi, di tutta la città, dei diversi settori della diocesi, con i vescovi responsabili, poi nelle dimensioni delle prefetture e infine delle parrocchie.


7. Una parola che si deve aggiungere in questo momento: per fare un lavoro più efficace con la fascia più giovane, e poi naturalmente con quella successiva, ci vogliono chiaramente più agenti pastorali, più sacerdoti o più apostoli laici. Di qui naturalmente l'idea che i giovani devono evangelizzare i giovani; è molto giusto quel che ha detto una volta il famoso padre Cardjn, poi cardinale, che cioè i giovani operai devono essere i primi apostoli dei giovani operai. Questo è sempre valido. Ma con tutto ciò, sebbene possiamo cambiare proporzionalmente le cifre globali, rimane sempre una preoccupazione.

Da dove ci viene la consolazione? Possiamo dire che Gesù ha previsto questa situazione o queste situazioni della Chiesa futura quando ha parlato del piccolo gregge; e Cristo ci ha incoraggiato soprattutto parlando con grande realismo; non ha mai mancato di parlare delle difficoltà, anche delle persecuzioni; non consentiva agli apostoli di avere troppo facili consolazioni.

Ricordiamo quando sono tornati dicendo: "Ecco quali successi abbiamo avuto, anche i demoni ci sono sottomessi...". Ma non bisogna preoccuparsi di questo, ci sono altri criteri importanti.


8. La conclusione che mi sembra dobbiamo trarre oltre a quella già tratta, è questa: dobbiamo essere fedeli alla nostra vocazione e alla nostra missione.

Fedeli ad ogni costo, come diceva san Paolo: "opportune et importune", fedeli ad ogni costo, in ogni situazione. Questa espressione di Gesù e poi di san Paolo, ci indica la strada che dobbiamo seguire dentro di noi per non lasciarci scoraggiare, per essere sicuri dell'esito. In queste ultime settimane ho letto un'intervista di un vescovo che io conosco da anni, non qui in Italia, lo conosco e lo stimo molto.

In questa intervista il giornalista ha posto al vescovo questa questione: "Ma vede, eccellenza, è vero che alcuni si convertono adesso che si identificano più profondamente con la Chiesa, ma sembra che la maggioranza rimane fuori da questo processo". E lui, che è anche molto coraggioso, ha risposto così: "Dobbiamo avere pazienza. Verrà il momento in cui anche loro troveranno la strada".

Avere pazienza. La pazienza può sembrare una virtù passiva: non è così.

San Tommaso lo sapeva molto bene perché ha insegnato che questa pazienza è una parte integrante della virtù della fortezza. Essere paziente vuol dire essere coraggioso; essere coraggioso vuol dire essere paziente. Allora dobbiamo avere questa pazienza coraggiosa e questo coraggio paziente davanti ai fenomeni che molte volte ci preoccupano, e fare il nostro possibile, cercare come fare di più e meglio, come portare avanti questa nostra parrocchia, questa nostra Chiesa di Roma. Questo è il fine ultimo anche di questa nostra adunanza. Ma poi, tornando alla pratica, dobbiamo soprattutto mantenere questo coraggio paziente e questa pazienza coraggiosa. E così cercare di realizzare quello che si può fare, quello che si può ascoltare e quello su cui si può riflettere anche in questa nostra assemblea, nella riunione della nostra comunità sacerdotale della diocesi di Roma.


9. Ho detto all'inizio che si tratta di una rappresentanza, ma è una rappresentanza folta, solida e molto qualificata, che rappresenta qui anche quelli che non sono presenti. Vorrei ringraziare non solo tutti i presenti, ma tutti i miei collaboratori nel presbiterio di Roma, in tutte le diverse parrocchie e nei diversi compiti, nei diversi uffici. Sono sempre profondamente legato a voi, così come ci è stato insegnato a noi vescovi sul come essere legati ai nostri sacerdoti e sul come devono essere legati i sacerdoti al loro vescovo.

Ringrazio anche i miei più stretti collaboratori, i vescovi, il Consiglio episcopale, il cardinale vicario, mons. vicegerente e tutti i vescovi ausiliari di Roma che ci aiutano continuamente nel portare avanti questa Chiesa di Roma nella nuova evangelizzazione, quella che è dovuta ai nostri tempi, che costituisce per noi una sfida continua. Grazie a Dio che possiamo vivere con questa sfida.

Vorrei concludere ripetendo quello che ci ha detto durante gli esercizi spirituali in Vaticano il nostro predicatore, Don Vigano, rettore maggiore dei Salesiani. Ci ha detto: "Dobbiamo ringraziare il Signore che possiamo vivere in questa difficile epoca e che possiamo prendere parte a quella nuova evangelizzazione che si è aperta con il Concilio Vaticano II". Io consegno le stesse parole del nostro predicatore a voi tutti, carissimi miei fratelli; dobbiamo essere veramente molto grati, molto riconoscenti a Dio, alla santissima Trinità, specialmente al buon pastore, all'unico buon pastore, Gesù Cristo, perché ci dà questa possibilità di partecipare a una nuova evangelizzazione, portando avanti la causa del regno di Dio in queste non sempre facili, anzi piuttosto difficili, circostanze.

Data: 1986-03-04 Martedi 4 Marzo 1986









Al presidente della Conferenza episcopale lituana - Città del Vaticano (Roma)

Telegramma per la ricorrenza di san Casimiro


Nella ricorrenza della festività di san Casimiro, desidero farti sapere che con il mio cuore sono vicino alla nobile e a me cara comunità cristiana di Lituania, la quale rende omaggio a lui come al suo patrono. Oggi in modo particolare sono unito a te nella preghiera, a tutti gli altri presuli, sacerdoti, consacrati e a tutti i cattolici, grato a Dio anche per la ferma "testimonianza di fedeltà a Cristo" dimostrata da questa comunità cattolica che è solidamente radicata nella fede, nella vivificante memoria delle virtù umane e cristiane del suo santo patrono. Mentre vi preparate a celebrare il prossimo anno il seicentesimo anniversario dell'evangelizzazione delle vostre genti, prego il Signore perché effonda abbondanti grazie a favore della vostra sollecitudine pastorale, in virtù della quale vi proponete di conoscere e di maturare sempre più profondamente la fede in questo secondo anno di preparazione, affinché questo frutto di rinnovamento spirituale accresca coloro che sono stati scelti.

Con la massima benevolenza imparto su tutti voi la mia più fervida benedizione apostolica come garanzia dei vostri voti.

Data: 1986-03-05 Mercoledi 5 Marzo 1986




Al governatore generale del Canada - Città del Vaticano (Roma)

I Canadesi popolo laborioso, intraprendente e ospitale



1. Sono molto felice di incontrarla e di accoglierla a mia volta in questa Sede pontificia. Simbolicamente, sembra che accolga con lei tutto il caro popolo canadese. Mi ricordo con emozione e gratitudine le parole di benvenuto che sua eccellenza mi ha rivolto in Canada che riflettevano al tempo stesso una grande delicatezza per l'ospite che ero e un'intuizione profonda della mia missione spirituale. Per quanto riguarda i suoi compatrioti, ho ancora davanti agli occhi e nella memoria del cuore le folle che mi accoglievano nelle diverse tappe, con una fede religiosa, una semplicità e una confidenza di rapporti che hanno permesso di fare di questo viaggio pastorale un incontro pieno di interesse e di arricchimento reciproci.

Misurando i limiti della mia esperienza e del mio apostolato a riguardo dei grandi problemi quotidiani che rimangono, ho acquistato una conoscenza nuova del vostro paese, delle sue donne, dei suoi uomini, che mi incoraggia a continuare il dialogo spirituale inerente al mio compito di Pastore.


2. Come non rimanere affascinati dalla bellezza dei molteplici paesaggi canadesi, dalle province marittime alla Colombia britannica, dal Sud al grande Nord: pianure e colline, prateria e cime delle Rocciose, coste ed estuari, laghi e immensità ghiacciate. La natura al ritmo delle stagioni dona agli alberi e ai paesaggi dei colori cangianti che i raggi obliqui del sole riempiono di dolcezza.

Nel mezzo di questi vasti orizzonti dove città popolose sono sorte da un passato recente, incontriamo un popolo laborioso, poiché ha dovuto e deve lavorare spesso con un clima rude per sfruttare il bosco, la terra, il sottosuolo su un territorio molto esteso; un popolo dinamico, intraprendente rivolto verso l'avvenire e fiducioso delle immense possibilità che gli si aprono. Il Canada è diventato in qualche secolo un crogiolo umano prodigioso in cui i popoli più diversi, autoctoni, discendenti dei popoli fondatori e immigrati di cinque continenti hanno trovato il loro posto e le loro responsabilità per costruire insieme un mondo nuovo di cui sono fieri, un mondo rispettoso delle differenze culturali e spirituali, e cosciente del bene comune da promuovere. Qualunque siano stati i tentativi, le difficoltà e le prove, questo rispetto delle religioni e dei popoli come questa necessaria solidarietà sono state facilitate e sono garantite dalle istituzioni, federali e provinciali, che il Canada si è dato. Il popolo canadese rimane attaccato alla libertà e anche alla ricerca di un mondo sempre più giusto e più umano. Apprezziamo la sua ospitalità, il realismo e il buon senso delle sue analisi, la semplicità e la franchezza dei suoi rapporti in cui il cuore ha la sua parte.


3. Un profondo senso religioso ha impregnato il popolo canadese dalle sue origini.

Le diverse comunità cattoliche e protestanti lo manifestano sempre, malgrado il notevole cambiamento culturale degli ultimi decenni. Come potrebbero dimenticare la fede profonda dei grandi fondatori e l'esempio di santi conosciuti o sconosciuti, che hanno stabilito una simbiosi tra le virtù cristiane e l'esaltante impresa umana che forgiava un nuovo paese? La fede attuale ha radici profonde.

Certamente lo choc della modernità, le nuove scoperte ed esperienze in tutti i campi, il pluralismo delle idee, la preoccupazione dell'adattamento necessitano da parte dei cristiani un impegno e uno sforzo nuovi, per ispirare, in un clima di libertà, una civiltà, nella quale siano riespressi i valori morali e spirituali, come ho sottolineato nel Quebec, all'Università Laval.

Sono convinto che il terreno preparato e lavorato dalle generazioni precedenti permetta ciò quanto più si continua a cercare la saggezza. E ciò che ho creduto di osservare quando con i miei fratelli e sorelle cattolici ho avuto la gioia di celebrare insieme la nostra fede. Devo aggiungere che il clima di libertà religiosa, che fa parte della tradizione del vostro paese e che è garantito dalle istituzioni, permette lo sbocciare della vita religiosa delle diverse comunità nel rispetto delle altre. Spetta a ciascuno, con l'aiuto di Dio, far sgorgare la linfa.


4. Naturalmente bisogna essere in grado di comprendere bene. Non dimentico i problemi che i suoi connazionali hanno nel salvaguardare o riacquistare il progresso. Il vostro paese, nonostante le sue molteplici risorse e l'ingegnosità dei suoi abitanti, sperimenta in tempi diversi e in vari settori, spesso come risultato di situazioni internazionali, crisi economiche, disoccupazione e altre difficoltà, per non parlare poi delle tensioni politiche. E' compito dei capi civili cercare di risolvere questi problemi in modo armonico. La Chiesa, da parte sua, è attenta a ciò. Essa è particolarmente sensibile alla dimensione morale e spirituale, sa che molte persone, specialmente tra le generazioni più giovani, non hanno più una chiara comprensione del significato della vita. Alcuni sono portati alla disperazione e un numero sempre più crescente nella stabilità dell'amore umano. Altri temono la generosità che il dono della vita comporta. Alcuni permettono a se stessi di essere dominati dalla mentalità dei consumi. Essi non sono desiderosi di pensare al loro destino eterno, dimenticano Dio anche se egli è sempre vicino a loro. Se a questo popolo non viene offerto alcun mezzo che si basi sui valori morali e religiosi, c'è il vero rischio di vedere, non il progresso, ma la dispersione e la rovina di tutto ciò che ha formato lo spirito di questa civiltà.

La Chiesa è lieta di offrire il proprio contributo, per amore di quegli uomini e quelle donne, di coloro che sono indifesi e di quei giovani le cui buone aspirazioni ho ammirato sia a Montreal che a Vancouver. E' in questo senso che, quando ero con voi ho spesso sottolineato il primato dello spirito sulla materia, il primato della persona sulle cose, il primato dell'amore e del dono di sé sull'egoismo, il primato di Dio sugli idoli moderni e il primato della speranza sul dubbio. So che tra i Canadesi è possibile trovare una sincera sollecitudine alla generosità, alla condivisione per un vero rapporto del popolo con Dio. Mi permetta di dirle, signora, che la sua testimonianza a questo riguardo ha un profondo effetto.


5. Nel proprio paese e nell'apertura agli altri paesi, il popolo canadese si è sempre distinto per le iniziative sociali. Attraverso queste iniziative esso cerca di porre rimedio alle privazioni e alle ingiustizie che affliggono questa o quella categoria di cittadini, per risolvere i problemi che sono la conseguenza dell'indolenza nei confronti delle situazioni a lungo termine o di cambiamenti improvvisi o dello sradicamento. Questa preoccupazione sociale è raccomandabile.

So che da parte loro i vescovi cattolici fanno molto per guidare i cittadini a riflettere sulle loro responsabilità, per incoraggiare i necessari cambiamenti nel modo di vivere, per invitarli a compiere azioni coraggiose.

Tra molti altri lo spirito di apertura e solidarietà ha prodotto risultati mirabili, e io l'ho sottolineato nel mio incontro con i politici ad Ottawa. Penso all'integrazione dei moltissimi immigrati che sono venuti tra voi in cerca di lavoro e di una vita. E penso anche all'aiuto che avete offerto ai rifugiati, aiuti che hanno loro assicurato la sussistenza quotidiana e talvolta la loro sopravvivenza. Molti sono coloro che vi sono grati per aver trovato tra voi un rifugio di pace e una casa. In campo internazionale i suoi concittadini non sono rimasti indifferenti alla piaga di coloro che muoiono di fame, spogliati, maltrattati, vittime di condizioni climatiche, guerre o regimi politici. I Canadesi testimoniano e lavorano per il rispetto dei diritti umani e della libertà. Essi danno un generoso contributo alla causa dello sviluppo promuovendo i vicendevole aiuto. La Santa Sede è soddisfatta di queste solidarietà, che incoraggia di cuore. Il Governo canadese integra questa prospettiva con i suoi progetti, al tempo stesso cerca di rafforzare o instaurare la pace attraverso i suoi consigli di moderazione e attraverso la sua valutata mediazione. Tutti sono a conoscenza dei suoi dubbi riguardo alla corsa agli armamenti e all'enorme spreco che essa comporta. La Santa Sede spera che il Canada dia un contributo maggiore al clima di dialogo, comprensione, pace, giustizia e solidarietà nelle relazioni internazionali. Il Canada si unisca a coloro che sono veramente interessati al futuro delle nazioni sottosviluppate; sostenga le soluzioni che rispettano la dimensione etica che sottolinea i problemi della società umana e promuove i valori morali, senza i quali la felicità umana, la pace e il progresso sono fragili e illusori. Nell'esprimerle questi pensieri, signor governatore generale, non ho voluto solo manifestarle le convinzioni che la mia missione spirituale mi spinge a richiamare al mondo, ma anche confermare la stima che la Santa Sede ha per la sua grande nazione e i miei sentimenti di affetto per tutto il popolo, per ciascun gruppo etnico culturale, religioso che costituisce la ricca eredità canadese. Dio benedica il Canada!

Data: 1986-03-06 Giovedi 6 Marzo 1986




A un gruppo di vescovi brasiliani in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Una pastorale organica e chiara per superare divisioni


Miei carissimi fratelli nell'episcopato.


1. Sia lodato Gesù Cristo, nostro Signore e Salvatore, che ci concede la gioia di questo incontro collettivo, dopo i colloqui privati con ciascuno di voi, arcivescovi e vescovi della zona Leste-2 (Est-2) della CNBB che comprende gli stati di Minas Gerais e di Espirito Santo. Nel salutarvi con affetto penso cordialmente anche alle vostre Comunità diocesane, al generoso popolo delle vostre terre.

Questa vostra visita "ad limina Apostolorum", programmata già da diverso tempo, solamente ora vede la sua realizzazione, e ciò ha richiesto forse notevole sacrificio. Questo incontro rimarrà registrato nel libro della Vita. In questo momento di intensa comunione ecclesiale e collegiale - come è stato ben sottolineato dal vostro rappresentante, dom Serafim Fernandes de Araujo, presidente della zona e nuovo arcivescovo di Belo Horizonte - si manifesta quella stessa unione per la quale prego il nostro Redentore, prima di dirigersi al Padre (cfr Jn 17,11), e allo stesso tempo si realizza, al suo più alto livello, il programmatico motto della vostra zona: "comunione e partecipazione". Un motto felice! E con voi tutti i partecipanti della vocazione celeste, fissando bene lo sguardo in "Gesù, l'apostolo e sommo sacerdote della fede che noi professiamo" (He 3,1), imploro che possiamo uscire da questo incontro più coinvolti nella missione che ci spetta: continuare quest'incontro nel tempo, proseguendo il collegio dei Dodici con Pietro e più "fermamente consolidati nella fede e irremovibili nella speranza del Vangelo" (cfr Col 1,23).


2. E' in questa gioia, in questa unità nel vincolo della carità e della pace e in questa partecipata supplica di mai demeritare l'appellativo di "amici" anziché semplicemente servi (cfr Jn 15,15), che ci apprestiamo a proseguire questo fraterno scambio sulle condizioni e su alcuni problemi della vostra diligente, zelante e dedita condizione di pastori.

La Regione in cui il Signore vi ha costituito pastori abbraccia una grande area del Brasile, zona ricca e generosa. Ricca dal punto di vista naturale, ben nota per le bellezze naturali e per le risorse che offre all'uomo; ma ricca anche dal punto di vista umano e religioso: spontanea e serena bontà del cuore della gente che vi vive, generosità, senso dell'ospitalità e della solidarietà con i più deboli e con i più "pequeninos" (piccolini), ardente entusiasmo verso i nobili ideali e verso la fedeltà ai grandi valori spirituali e cristiani, culto degli autentici valori e sani affetti familiari, e via dicendo.

Sono note le radici profonde della fede cattolica del popolo di Minas Gerais e di Espirito Santo; quelle radici lo hanno segnato, moralmente e culturalmente, sino al punto di essere da alcuni considerato come un fattore di equilibrio umano e religioso per l'intera nazione, grazie alla solidità dei principi, allo spirito di moderatezza e al buon senso che esso dimostra. Non posso non ricordare inoltre la proverbiale devozione e la viva sequela di questo diletto popolo, guidato dai suoi pastori, al successore di Pietro e alla cattedra di Roma.

Di ciò ho avuto prova quando mi è stata concessa la gioia di stare in mezzo ad esso, a Belo Horizonte, un giorno che non dimentichero mai.

Quest'anima "naturalmente cristiana" (Tertulliano), con una lunga tradizione di vita e di testimonianza di adesione a Cristo, non è attualmente esente dai rischi e dalle sfide che gli provengono "dall'esterno" e, per alcuni aspetti, "dall'interno" stesso delle strutture ecclesiali. Mi è stata data la possibilità di comprendere ciò dalle vostre relazioni e dalle vostre confidenze.

Senza poter in questa occasione delineare il quadro completo di tutti questi rischi e di tutte queste sfide, mi sarà sufficiente fare riferimento al solo rapido cambiamento che si sta verificando nell'ambito sociale: da un tipo di vita e cultura rurale ci si sta avviando ad un tipo nuovo di società non ancora ben delineato. Il processo di tale cambiamento a volte avviene in modo imprevedibile. Ciò non può non avere riflessi sull'organizzazione e sulla definizione dei servizi pastorali della vita cristiana. E, ad ogni modo, un cristianesimo generoso ma superficiale, insidiato da sette, ideologie e visioni parziali dell'uomo, aliene, indifferenti o addirittura ostili alla tradizione cristiana, esige una immediata, esatta e chiara presa di posizione.


3. Nel frattempo, miei cari fratelli, "non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore" (Jn 14,27)! Abbiamo sovrabbondanti motivi di speranza e di fiducia, oltre alla certezza della vittoria di Cristo. Innanzitutto è motivo di speranza il carattere prioritario che ha assunto nella vostra regione la catechesi. Essa va sempre considerata come forma di evangelizzazione e va continuamente rispettato il suo contenuto (cfr EN 44). Si tratta cioè di una delle attività ecclesiali in cui ciò che interessa è rispettare integralmente la missione salvifica della Chiesa, in rapporto al mondo, come delineava il recente Sinodo dei vescovi.

Come in altri settori, vista la crescente interdipendenza tra persone e problemi, in ambiti sempre più estesi, e l'interpellanza reciproca tra il Vangelo e la vita concreta, personale e sociale degli uomini, in campo catechetico si rende necessaria una pastorale organicamente pianificata. Con la partecipazione delle entità e delle persone interessate, essa può facilitare la scoperta di sentieri più rapidi per raggiungere determinate mete, per servire meglio il regno di Dio.

Nell'esortazione apostolica "Catechesi Tradendae" e, sicuramente, nei risultati dei giorni di studio sulla catechesi della vostra regione, in due anni consecutivi (1980 e 1981) - cosa che merita encomio - troverete indicazioni e proposte che il vostro zelo e la vostra responsabilità di pastori e maestri nella fede vi porteranno a utilizzare, per formare gli spiriti e per plasmare correttamente la visione della fede, il senso critico cristiano e la coscienza morale dei vostri fedeli, a partire dalla più tenera età.


4. In questo impegno evangelizzatore, tutti coloro che nella Chiesa devono o vogliono essere catechisti non possono non essere opportunamente coscientizzati.

Evidenzio, in questa sede, il ruolo della famiglia e della scuola, soprattutto per quanto concerne la catechesi dell'infanzia e dell'adolescenza. Ma tutti i fedeli cristiani in determinati momenti e ambienti, debbono assumere il nobile compito di aiutare i più giovani a prepararsi alla vita secondo il Vangelo: in un mondo difficile, con la testimonianza della gioia della fede, tutti devono evangelizzare, catechizzando.

Ad ogni modo, saranno sempre i sacerdoti, diretti collaboratori del vescovo che è il "primo responsabile della catechesi" nella sua Chiesa particolare (CTR 63), i principali agenti nella pastorale della catechesi, intervenendo con adeguata sensibilità soprattutto in rapporto alla religiosità popolare, sapendo canalizzarla sulle strade di una fede genuina, e in rapporto alla catechesi permanente a tutti i livelli. E' necessario utilizzare opportunamente i mezzi e le occasioni che si presentano, tenendo sempre presente il triplice obiettivo di condurre ciascun battezzato a questa triplice acquisizione: comprendere il messaggio integrale del Vangelo; fare l'esperienza della fede e, soprattutto, l'esperienza della comunità della fede nella Chiesa, fondata sulla verità, l'unità e la carità.

So che nella vostra regione vi è un vescovo responsabile della pastorale giovanile e dell'insegnamento religioso scolastico: confidiamo tutti - voi che lo avete eletto e il Papa con voi nella sua capacità - nella sua efficacia e nell'assistenza dello Spirito, affinché si possa mettere a frutto questa generosa età e questo momento così propizio della frequenza scolastica per rafforzare ed educare nella fede e nella coerenza morale le generazioni che emergono nella vita, promessa di un nuovo avvenire, illuminato dal riconoscere Dio e il suo disegno di formare tra gli uomini una sola famiglia di buoni fratelli.


5. "Irremovibili nella speranza del Vangelo" e fiduciosi in Colui che realizza in noi il volere e l'operare (cfr Ph 2,13), mi sia permesso di indicare, tra gli altri, tre settori in cui si impone con urgenza l'evangelizzazione, anche attraverso la via della catechesi.

a) La famiglia. Risulta evidente dalle vostre relazioni l'urgenza di un'azione convergente e unitaria delle diverse diocesi, non solamente di una regione ma dell'intero Brasile, per salvaguardare e promuovere i valori della famiglia, tradizionalmente sana e solida, ma minacciata da diverse parti e persino aggredita da certi modelli che gli sono capziosamente imposti. Non ci è possibile in questa sede intrattenerci a conversare su una pastorale organica che cerchi di preparare i giovani al sacramento del matrimonio e alle responsabilità familiari, di aiutare le coppie a svolgere le loro imprescindibili funzioni e a vivere l'ideale cristiano indicato dal Concilio Vaticano II di rendere le famiglie "chiese domestiche", responsabili allo stesso tempo della formazione dell'uomo e del cristiano, poiché "il futuro dell'uomo passa attraverso la famiglia". Quanto esposto presuppone criteri chiari sull'unità e l'indissolubilità del vincolo matrimoniale e sulla fedeltà, fecondità e sacralità della vita e dell'educazione della prole. Presuppone inoltre la coscienza del servizio che la famiglia è chiamata a prestare alla Chiesa e alla società, secondo quanto espresso nella "Familiaris Consortio". Ciascun sacramento, e non soltanto il matrimonio, meriterebbe una parola di incoraggiamento e di preparazione. Ma mi limito all'Eucaristia e alla Riconciliazione o Penitenza, comunemente definita nelle vostre terre Confessione.

b) L'Eucaristia è il momento privilegiato della catechesi e il cuore della vita cristiana. Lode a Dio e fratellanza incontrano nell'Eucaristia il loro apice. So che nelle vostre regioni è profonda la devozione eucaristica e ne sono profondamente felice. Oggi mi limito a condividere la vostra preoccupazione pastorale nell'illuminare le coscienze sulle personali disposizioni alla santa Comunione: fede viva, dignità e purezza d'animo. Già san Paolo indicava queste cose quando predicava ai cristiani del suo tempo: "Chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna" (1Co 11,29).

Come ben sappiamo, non si potrebbe conciliare con l'insegnamento della Chiesa la posizione di chi venisse a sostenere che l'Eucaristia perdona i peccati gravi senza il necessario accostamento al sacramento della Penitenza. E' vero che il sacrificio della Messa è fonte di ogni grazia, in quanto rende presente il sacrificio della croce. Ma ciò non significa che coloro che hanno commesso peccati mortali possano accostarsi alla mensa eucaristica senza essersi riconciliati con Dio, mediante il ministero sacerdotale nel Sacramento.

c) Penitenza o Riconciliazione: è la via ordinaria e necessaria affinché coloro che dopo il Battesimo sono caduti in grave peccato possano recuperare la grazia perduta. Il suo conseguimento non si limita a cancellare i peccati dai cuori contriti, ma è anche manifestazione della bontà misericordiosa di Dio e della sua gloria, secondo la nota espressione di sant'Agostino, registrata nel numero sette del rituale di questo Sacramento: "confessio fidei, confessio vitae, confessio laudis". Ho potuto notare che giustamente vi preoccupa il ministero della Riconciliazione, che non chiudete gli occhi di fronte ai problemi fondamentali e a quelli che sorgono come nuovi sulla celebrazione "ordinaria e necessaria" del Sacramento. Vorrei solo fraternamente esortarvi a fare in modo che venga messo in pratica quanto si trova esposto nell'esortazione apostolica "Reconciliatio et Paenitentia", sulle "convinzioni fondamentali" di vivere e sulle norme da osservare su quanto si riferisce alle forme di celebrazione di questo Sacramento.


6. I Giovani. Ricordo sempre con gratitudine le intense ore di fede, di calore umano e di emozione del mio incontro a Belo Horizonte con i giovani del Brasile, "la maggior ricchezza di un paese immensamente ricco". I giovani guardano alla Chiesa e hanno bisogno di ottenere da essa certezze: e noi abbiamo la grande certezza di Cristo Redentore.

Sono a conoscenza, cari fratelli, che continua ad essere presente in voi l'opzione ai giovani in America Latina, così come è viva l'opzione ai poveri, espressa nella Conferenza di Puebla. Voglio incoraggiarvi a proseguire in questa opzione, insistendo sul "formare nel giovane un senso critico di fronte ai controvalori culturali che vengono trasmessi dalle diverse ideologie" (Puebla, 1197); sul formare il giovane nella verità, sospinta dall'amore, poiché solamente l'amore è capace di costruire, riponendo le speranze negli orizzonti di Dio.

Vi sono altri argomenti e altre componenti della vita ecclesiale oggetto della vostra attenzione pastorale sui quali vorrei dire una parola, come, per esempio: la crisi vocazionale, nonostante essa non sia particolarmente presente nelle vostre regioni; i vostri diretti collaboratori - i vostri cari e benemeriti sacerdoti - che hanno tradizioni da conservare e rispettare; i seminari e le case di formazione per il sacerdozio e la vita consacrata, grazie a Dio, numerosi nelle vostre diocesi; i dediti educatori che cercano in questi luoghi di servire ed edificare responsabilmente la Chiesa; i membri degli istituti di vita consacrata e il loro inserimento nell'unica missione evangelizzatrice della Chiesa; il diaconato permanente, gli altri ministeri e il laicato cattolico dei quali il Concilio continua a sottolineare l'importanza; i mezzi di comunicazione sociale e il servizio del regno di Dio; le università e le facoltà cattoliche, e via dicendo. Dopo questi incompleti accenni, mi rimangono nel cuore come tema di colloquio con Dio, questi e altri problemi.


7. Ancora un'osservazione. La Chiesa ha sempre guardato alle varie forme di espressione artistica con molto rispetto (cfr SC 122).

Numerosi sono stati gli artisti che nella vostra terra, soprattutto nel periodo barocco, hanno tradotto in produzione artistica l'emozione e la profondità religiosa propria o altrui, attraverso la riflessione sulle sacre Scritture e sulle vicissitudini della vita umana. Il risultato di ciò è stato un ricco patrimonio artistico, rimasto a testimoniare alle nuove generazioni la fede di coloro che li hanno preceduti e a risvegliare in esse una domanda e un desiderio di scoperta e approfondimento dei genuini valori cristiani.

Come non preoccuparsi dunque di salvaguardare tali ricchezze dell'ingegno dell'uomo illuminato dalla fede? Come non prodigarsi a far si che il messaggio cristiano, contenuto nelle opere e nei monumenti, possa essere proposto per quanti cercano l'esperienza divina attraverso la bellezza? Con piacere mi sono reso conto di quanto nella vostra missione sia presente tutto ciò, di quanto state facendo per difendere e valorizzare tali beni in collaborazione con le autorità pubbliche. Queste, rispettando quanto è di competenza ecclesiastica, non possono non prestare attenzione a quanto è allo stesso tempo patrimonio religioso e patrimonio culturale della nazione.


8. Vi ringrazio per la visita che mi avete fatto. So che siete persuasi che ha veramente ragione l'Apostolo nel confessare: "tutto posso in colui che mi dà forza" (Ph 4,13). Esulto con voi per il buon andamento della "Regional" e per quanto avete potuto scrivere nella vostra relazione globale: "i nostri vescovi, effettivamente e affettivamente cercano di camminare insieme, mostrandosi sempre segno di unione".

Concludendosi con voi il ciclo di questa visita "ad limina Apostolorum" dei fratelli vescovi brasiliani, il mio pensiero vola sino a Fortaleza, dove ho avuto la gioia di vedere tutti uniti coloro che integravano la vostra Conferenza episcopale, la maggior parte di coloro che ho incontrato durante quest'anno. E ricordando quanto di sempre valido in quella circostanza dicevo loro fraternamente, chiedo all'apostolo e sommo sacerdote della fede che professiamo, Gesù Cristo (cfr He 3,1) per tutti senza eccezione alcuna la fedeltà a Colui che vi costituisce pastori della Chiesa presente in Brasile, estesa porzione di una sola e unica Chiesa di Cristo.

Imploro per tutti voi e per le vostre comunità diocesane la celeste protezione della Vergine, che da quanto mi avete confermato, continua ad avere un posto privilegiato nella devozione del popolo fedele della vostra regione.

Numerosi sono i pellegrinaggi e le feste dedicati a Madonna a cui i fedeli accorrono. Che trovi sempre lo spazio e l'impulso catechetico a ritemprare la propria fede in Cristo, guardando verso Maria santissima. Al suo Cuore Immacolato affido la Chiesa di Minas Gerais, di Espirito Santo e dell'intero Brasile.

Sia pegno della mia comunione e della mia partecipazione ai vostri lavori, alle vostre gioie alle vostre speranze di pastori, la benedizione apostolica che di tutto cuore vi impartisco, estendendola alle vostre comunità diocesane.

Data: 1986-03-08 Sabato 8 Marzo 1986





GPII 1986 Insegnamenti - Al clero romano in cura d'anime - Città del Vaticano (Roma)