GPII 1985 Insegnamenti - A corsisti sui metodi naturali - Città del Vaticano (Roma)


1. Con gioia profonda vi accolgo in questa speciale udienza, a voi riservata, e vi porgo il mio saluto più cordiale.

Da varie parti d'Italia siete venuti a Roma per partecipare al "Corso per insegnanti dei metodi naturali di regolazione della fecondità per una procreazione responsabile", organizzato presso la Facoltà di medicina e chirurgia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore e diretto dalla dottoressa Anna Cappella. Desidero esprimervi il mio apprezzamento per la vostra sensibilità a questa problematica così attuale e delicata, che esige soluzioni chiare e concrete; per la vostra piena fiducia nel magistero della Chiesa, che insegna in nome di Dio e unicamente per il bene del singolo, delle famiglie e della società, e che indica il piano divino per una vita coniugale altamente cosciente della sua dignità.


2. Nella serie di incontri formativi che avete frequentato, persone esperte e qualificate vi hanno illuminato sulla conoscenza della corporeità e sui suoi ritmi di fertilità, sulle motivazioni morali e personalistiche della regolazione della natalità, sulle condizioni umane, fisiche e psichiche, necessarie per comprendere e vivere il matrimonio nel disegno della provvidenza divina. Per il senso di responsabilità che vi caratterizza è vostro compito comunicare questi insegnamenti nei vari ambiti ecclesiali e sociali, in cui si deve promuovere un'autentica vita morale. Io vi esorto alla serenità e alla fiducia. Come si legge nella "Familiaris Consortio" (FC 34): "l'ordine morale non può essere qualcosa di mortificante per l'uomo e di impersonale; al contrario rispondendo alle esigenze più profonde dell'uomo creato da Dio, si pone al servizio della sua piena umanità, con l'amore delicato e vincolante con cui Dio stesso ispira, sostiene e guida ogni creatura verso la sua felicità".

Il Signore vi illumini sempre e vi accompagni in questo vostro compito, in modo da formare, nei vari ambienti, coscienze autenticamente cristiane, che sanno comprendere qual è veramente la volontà di Dio circa la vita umana, e il dovere di accoglierla e di proteggerla.


3. Indubbiamente il vostro compito è difficile, perché l'informazione e la conoscenza dei metodi naturali per una paternità e una maternità responsabili devono fondarsi su una corretta antropologia, ed esigono perciò l'educazione all'autocontrollo, e quindi la stima della castità e la valutazione della dimensione spirituale dell'amore, che integra in sé e sublima le pulsioni dell'istinto e l'inclinazione del sentimento. Anche l'impegno nella mortificazione, viene così finalizzato ad esprimere un amore autenticamente personale, capace di una quotidiana ascesi, di mutua comprensione e pazienza.

E' necessario considerare il matrimonio, e quindi l'uso della sessualità, alla luce del mistero pasquale di Cristo, che importa logicamente sofferenza e sacrificio, vittoria e gioia, perché illumina, purifica, eleva e salva. Paolo VI nell'enciclica "Humanae Vitae" (HV 21) così scriveva: "Il dominio dell'istinto, mediante la ragione e la libera volontà, impone indubbiamente un'ascesi, affinché le manifestazioni affettive della vita coniugale siano secondo il retto ordine e in particolare per l'osservanza della continenza periodica. Ma questa disciplina, propria della purezza degli sposi, ben lungi dal nuocere all'amore coniugale, gli conferisce invece un più alto valore umano. Esige un continuo sforzo, ma grazie al suo benefico influsso i coniugi sviluppano integralmente la loro personalità arricchendosi dei valori spirituali".

L'insegnamento circa i metodi naturali non può perciò essere disgiunto da una chiara impostazione di vita interiore nutrita di preghiera e di fiducia in Dio, e anche da una costante educazione al ricorso all'aiuto della grazia, all'uso frequente dei sacramenti dell'Eucaristia e della Riconciliazione, alla responsabilizzazione nel campo della carità.

Infatti non si tratta solo di una questione biologica e psicologica, ma di tutta una concezione e una pratica di vita, radicate nella "Parola di Dio", che illumina sulla natura e sul destino dell'uomo, e perciò impostate nella prospettiva dell'eternità.


4. Nella "Relazione finale" del recente Sinodo straordinario, celebrato a vent'anni dalla conclusione del Concilio Vaticano II, i Padri sinodali hanno scritto tra l'altro: "Dappertutto sulla terra oggi è in pericolo la trasmissione ai giovani della fede e dei valori morali derivanti dal Vangelo. Spesso sono ridotte al minimo la conoscenza della fede e l'accettazione dell'ordine morale. Si richiede pertanto un nuovo sforzo nella evangelizzazione e nella catechesi integrale e sistematica". Accettate anche voi con coraggio la responsabilità di questo sforzo nell'annunzio integro della dottrina morale della Chiesa, per la formazione cristiana dei giovani e delle famiglie.

Avvicinandoci alla solennità del Santo Natale, mentre vi porgo i miei auguri più sentiti, vi assicuro anche il ricordo nella preghiera presso il presepio, affinché il Verbo divino, entrato nella storia umana, vi mantenga sempre nella luce della sua rivelazione e vi sostenga con la grazia della redenzione. E vi accompagni nel vostro compito anche la mia benedizione, che di gran cuore vi imparto e che estendo alle persone care.

Data: 1985-12-13 Data estesa: Venerdi 13 Dicembre 1985





Al Pontificio Consiglio per la Famiglia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Promuovere il bene della persona e della società umana

Signor cardinale, cari fratelli e sorelle.


1. Io sono felice di accogliervi in occasione della vostra Assemblea plenaria che il tempo forte dell'attività del vostro Consiglio pontificio, grazie in particolare all'apporto delle famiglie membri, venuti da tutti gli orizzonti. Noi abbiamo appena terminato il Sinodo straordinario riunito in occasione del Concilio Vaticano II. Noi abbiamo cercato con i presidenti delle Conferenze episcopali e gli altri Padri sinodali, di valutarne i frutti spirituali, rinnovando la nostra volontà di essere docili all'azione dello Spirito Santo che spinge la sua Chiesa a prendere sempre più coscienza del mistero della sua identità, in rapporto a Cristo, e della responsabilità che le compete davanti al mondo e davanti agli uomini di oggi.

Abbiamo commemorato, da un mese, numerosi documenti conciliari approvati e pubblicati proprio vent'anni fa. Uno dei documenti principali era la costituzione pastorale "Gaudium et Spes", adottata il 7 dicembre 1965. Essa rappresenta una visione cristiana dell'uomo e della società, e l'interazione della Chiesa come popolo di Dio, e delle comunità umane. Essa tratta numerosi problemi che sono di importanza cruciale per il mondo di oggi tra i quali, al primo posto, bisogna menzionare la dottrina sul matrimonio e sulla famiglia. Questi due temi sono stati da allora l'oggetto di un'attenzione speciale da parte del magistero della Chiesa. L'enciclica "Humanae Vitae" del mio predecessore Paolo VI, il Sinodo sulla missione della famiglia e l'esortazione apostolica "Familiaris Consortio", così come la catechesi che ho consacrato agli aspetti concreti della dottrina cristiana sul matrimonio, senza contare i molti documenti pastorali dei miei fratelli nell'episcopato, hanno indicato ai fedeli il giusto ordine umano e cristiano dell'unione che fa loro condividere il mistero sacramentale del matrimonio.

Il Comitato della famiglia divenuto il Consiglio pontificio per la famiglia, è stato istituito per meglio contribuire a esporre e a divulgare la dottrina sul matrimonio e la famiglia, e anche per apportare un aiuto diretto e adeguato alla pastorale specifica delle diverse situazioni che intaccano la vita familiare. Voi siete dunque, voi tutti che appartenete a pieno titolo a questo dicastero della Chiesa, cooperatori del Papa nella sua sollecitudine per tutte le Chiese. Io vi ringrazio vivamente per la vostra collaborazione. La vostra missione si riferisce alla fede, alla dottrina e alla pastorale delle famiglie.


2. E' necessario innanzitutto che voi vi riferiate alla verità che la Chiesa espone sul matrimonio. Il magistero della Chiesa non crea la dottrina, insegna le esigenze di ordine morale affinché alla sua luce il giudizio della coscienza possa essere vero. Il fedele ha il diritto di ricevere dal magistero l'insegnamento sulla verità morale.

Non si può dire che il magistero della Chiesa si oppone ai "diritti della coscienza". Se la ragione umana e il magistero fondato sulla rivelazione hanno accesso, seppure in maniera differente, alla verità che è fondata in Dio, la coscienza rischiarata dalla ragione non vedrà in quest'altra luce che gli viene attraverso il magistero una semplice concezione tra le altre, ma il sostegno apportato dalla Provvidenza divina alla nostra natura umana, nella sua condizione debole e limitata.

Il magistero della Chiesa non sostituisce dunque la coscienza morale delle persone; esso l'aiuta a formarsi, a scoprire la verità delle cose, il mistero e la vocazione della persona umana, il senso profondo dei suoi atti e delle sue relazioni. Poiché la coscienza non può mai librarsi all'arbitrario; essa può sbagliarsi orientandosi verso ciò che le sembra ragionevolmente un bene; ma il suo dovere è di orientarsi verso il bene secondo la verità.

Non è sorprendente che il matrimonio e le relazioni coniugali siano uno dei campi in cui il disordine interiore, conseguenza del peccato originale e dei peccati personali di ciascuno, ha largamente diffuso la nebbia del disorientamento e del dubbio. E' precisamente un punto in cui il magistero della Chiesa deve esporre la verità essendo particolarmente attento a promuovere il bene delle persone e della società umana così strettamente dipendente da questa cellula di base che è la famiglia.

Esponendo le leggi morali che circondano la verità del dono dei coniugi, ma essa difende la verità del matrimonio stesso, origine e garanzia della famiglia. E' per questo che la costituzione pastorale GS 51, esponendo i criteri oggettivi "tratti dalla natura stessa della persona e dei suoi atti che determinano la moralità della vita intima dei coniugi li chiamano criteri che rispettano, in contesto d'amore vero, il significato totale di una donazione reciproca e di una procreazione a misura d'uomo". Ma allo stesso tempo, questa mutua donazione totale e la procreazione umana non sono altro, nella vita coniugale, che il fedele riflesso della natura del matrimonio. Logicamente, i legami essenziali tra la natura del matrimonio stesso, il dono mutuo di sé e l'apertura alla vita, determinano la verità degli atti specifici del matrimonio, che condiziona il fatto che essi siano buoni o no.

In questo senso, si può dire che il richiamo della dottrina della Chiesa è un modo profondo di esercitare la carità: un amore che non si limita a promuovere delle soluzioni, forse facili e di effetto immediato, ma che come il buon medico, cerca di curare le cause del disordine, anche quando, talvolta, non si vedono i risultati immediatamente. Ora, là dove abbonda il disordine coniugale, i fondamenti dell'istituto del matrimonio e della stabilità della famiglia sono mutati, e bisogna preparare dei rimedi profondi, proporzionati al male. Ma è importante esporre bene la dottrina, con degli argomenti e degli esempi che siano adatti a toccare e a convincere i nostri contemporanei.

D'altra parte, i problemi della famiglia non si limitano a quelli che io ho ricordato parlando dell'unione degli sposi. Sono molteplici. Non concernono soltanto la procreazione, ma l'educazione e tutto l'ambiente della vita delle famiglie.

Infine il progresso scientifico, particolarmente per quanto concerne l'embrione, sta ponendo questioni nuove e gravi. Bisogna che la Chiesa li affronti. Il vostro Consiglio vi ha la sua parte e deve stare attento, ammettendo che le risposte complesse del magistero saranno il frutto della collaborazione di numerosi dicasteri, utilizzeranno la riflessione di esperti qualificati come anche il giudizio teologico e morale dei diversi teologi e dei loro Pastori. E' un servizio che la Chiesa deve apportare alle coscienze e alla società.


3. L'attività apostolica del vostro Consiglio, appoggiandosi sulla dottrina, deve mirare a una migliore pastorale familiare e permettere ai fedeli di accogliere meglio questa verità e di farla entrare nella propria vita, come nei costumi della società. E' il secondo aspetto della vostra missione inseparabile dal primo. Voi avete riflettuto durante la vostra assemblea sul modo di preparare gli agenti della pastorale familiare. Il vostro contributo resta molto prezioso e particolare. Poiché siete nel seno della Curia, in relazione diretta con il Papa, l'orizzonte della vostra sollecitudine è la Chiesa universale e la composizione stessa del Consiglio, con delle coppie cristiane di diversi paesi che hanno assimilato la dottrina familiare della Chiesa e cercano di viverla predisposti a questo apostolato.

Ma voi siete coscienti dell'immensità dell'opera. L'insieme dei laici viventi la vocazione del matrimonio sono chiamati a questo apostolato aiutati dai propri sacerdoti. Bisogna desiderare che molte iniziative in questo senso siano prese dalle Chiese locali, e che le associazioni familiari, i movimenti, i centri specializzati portino una collaborazione qualificata e generosa ispirata dallo spirito cristiano in fedeltà alla dottrina della Chiesa. Sul posto i vescovi sono direttamente responsabili dell'autenticità cristiana e dell'opportunità di questa azione. Essi contano sulla vostra comprensione sul vostro incoraggiamento.

Un simile apostolato prenderà in considerazione la formazione e le condizioni particolari delle persone per portarle a comprendere meglio le esigenze del matrimonio cristiano e a progredire nell'amore coniugale e dei genitori così come lo vuole il Signore. Se non è permesso parlare di "gradualità della legge", come se la legge fosse più o meno esigente seguendo le situazioni concrete, non è meno necessario tenere conto della "legge della gradualità" (cfr. FC 34), poiché ogni buon pedagogo senza invalidare i principi, è attento alla situazione personale dei suoi interlocutori per permettere loro una migliore accoglienza della verità. Coloro che conformano la propria vita a queste esigenze, o che almeno si sforzano di viverle in modo coerente, sono più in grado di comunicarne i valori. Oltre a questa coerenza cristiana con la verità, tutte le scienze in relazione con la pedagogia, quelle che aiutano a conoscere la persona e che favoriscono la comunicazione, saranno certamente di grande utilità.

E' necessario questo lavoro di formazio.e dottrinale, ma la testimonianza della vita degli sposi cristiani è di un valore unico. Il magistero della Chiesa non presenta delle verità impossibili da vivere. Certo, le esigenze della vita cristiana superano le possibilità dell'uomo se egli non è aiutato dalla grazia. Ma coloro che si lasciano vivificare dallo Spirito di Dio fanno esperienza che il compimento della legge di Cristo è possibile, e che si tratti persino di un "giogo che è dolce" (cfr. Mt 11,30) e che questa fedeltà procuri dei grandi benefici.

La testimonianza di questa esperienza costituisce allora per le altre coppie di buona volontà, spesso disorientate e insoddisfatte, un potente motivo di credibilità e di forza; come il sale di cui parla il Vangelo dà loro il gusto di vivere così. Il sacramento del matrimonio rende gli sposi cristiani capaci di questo carisma (cfr. FC 5). Essi manifestano allora che i valori cristiani coronano e fortificano i valori umani. La verità plenaria di Cristo, lungi dal diminuire il vero amore, lo garantisce e lo protegge; esso è la fonte del bene proprio degli sposi; esso suscita per la società delle famiglie che saranno i fermenti di un'umanità migliore.

Molti responsabili della società civile, prendendo coscienza delle mutazioni profonde e della crisi che affligge così ampiamente la vita familiare, la stabilità delle famiglie, la pienezza degli sposi e dei figli, sono senza dubbio pronti a prendere in considerazione l'importanza di questo contributo specifico, ispirato da principi morali naturali e cristiani, offerto umilmente e lealmente.

Ecco, in ogni caso, ciò che è necessario promuovere nella Chiesa con lucidità e coraggio, in unione con le forze vive che lavorano già per la pastorale familiare.

Il prossimo Sinodo sulla missione dei laici fortificherà sicuramente questa presa di coscienza e questo appello, già arrivato dal precedente Sinodo ordinario, poiché la famiglia è uno dei campi specifici in cui spetta ai laici impregnare la società umana dello Spirito di Cristo.

Io vi ringrazio ancora per il vostro servizio particolare alla Chiesa nel quadro di questo Consiglio pontificio; mi auguro che sia sempre più fruttuoso.

Raccomando a Dio il vostro lavoro, e anche le intenzioni che vi stanno a cuore, particolarmente la felicità e l'irraggiamento delle vostre famiglie, di cui voi conoscete lo sconforto e che contano su di voi.

Vi auguro già la pace e la gioia del Natale e vi imparto la mia benedizione apostolica.

Data: 1985-12-13 Data estesa: Venerdi 13 Dicembre 1985





All'Unione cristiana imprenditori - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Garantire il bene dell'uomo anche nella nuova tecnologia

Illustri e cari signori dell'Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti.


1. Siate i benvenuti a questa udienza, da voi desiderata per celebrare il 40° anniversario di fondazione del vostro sodalizio. Saluto il signor cardinale Giuseppe Siri, il quale fin dall'inizio fu geniale ispiratore e attento, competente animatore dell'UCID; mi piace ricordare anche il cardinale Segretario di Stato, che fu consulente morale del gruppo romano di essa, e che tuttora segue le vostre attività con attenzione e affetto; il mio saluto si rivolge poi al presidente, dottor Vittorio Vaccari, che ha accompagnato la vita dell'Unione sin dagli inizi e continua a dirigerne la prestigiosa rivista "Operare"; saluto infine voi tutti, illustri soci, con vivo sentimento di rispetto e di ammirazione per quello che rappresentate nella società, nelle organizzazioni produttive, nelle imprese, nelle strutture lavorative, commerciali, economiche, civili.

Quarant'anni di vita sottolineano di per sé la notevole forza morale, formativa e animatrice nel campo imprenditoriale e della dirigenza italiana, che la vostra Associazione ha espresso nel tessuto vivo della Nazione. Voi siete - secondo una felice espressione del mio predecessore Paolo VI - "i rappresentanti tipici della vita moderna" e i "trasformatori della società mediante il dispiegamento delle forze operative che la scienza, la tecnica, la struttura industriale e burocratica mettono a disposizione dell'uomo moderno".

Ma la vostra presenza qui attesta in modo molto significativo che voi, nelle importanti responsabilità che vi competono, volete ispirare la vostra azione ai principi cristiani, all'insegnamento che la Chiesa continuamente si sforza di trasmettere al mondo sull'etica dei rapporti sociali nel lavoro, nell'impresa, nelle associazioni civili ed economiche. Ve ne esprimo, con animo grato, sincero apprezzamento.


2. Dopo quarant'anni di vita sorge spontaneo il desiderio di gettare uno sguardo, seppur fugace, sul passato, nel desiderio di comprendere le ragioni che hanno motivato la nascita del vostro Movimento e ne hanno sostenuto il cammino, così da prendere nuovo slancio nella progettazione dei futuri impegni in ordine a una efficace presenza nella comunità imprenditoriale moderna.

L'UCID nacque dopo la triste esperienza della seconda guerra mondiale, in un momento singolarmente critico e delicato, non solo per l'Italia ma per l'intera Europa. Momento e tempo di ricostruzione e di vivace ripresa, in cui comparvero e si radicarono le nuove strutture economiche e politiche. Voi ricordate come allora sulla scena sociale del Paese si presentarono e rapidamente si affermarono modelli di vita e ideologie che avrebbero segnato in modo tanto profondo i tempi successivi. Al centro di tale dinamica sociale e quale struttura portante della rinascita economica si propose allora l'impresa e con essa emerse il ruolo determinante dei responsabili di questa forma di organizzazione del lavoro, il ruolo vostro di imprenditori e di dirigenti, coadiuvati dai necessari collaboratori, i tecnici, gli amministratori, i ricercatori, le équipe di studio e di programmazione. Veniva così attuandosi la pacifica ed organica - per dir così - rivoluzione socio-economica dei nostri tempi, tuttora in rapido sviluppo.

All'interno pero di tale vivace contesto ando ben presto profilandosi il rischio che il mondo dell'impresa si riducesse ad un insieme di strutture poggianti unicamente sui valori tecnici ed economici e perdesse il contatto non soltanto con questa sfera di valori più alti che sono propri dell'essere umano elevato alla dignità di figlio di Dio, ma anche con quei valori che gli appartengono per il semplice fatto di essere uomo. Fu allora che, con idea per quegli anni nuova e audace ma giusta, alcuni di voi, prima nei maggiori centri industriali di Genova e Milano, poi in altre parti d'Italia, si domandarono quale luce potesse venire al complesso mondo dell'impresa dagli insegnamenti del Vangelo, e quale potesse essere, di conseguenza, l'impegno etico che si imponeva alla coscienza cristiana dell'imprenditore e del dirigente di fronte all'appello dell'ora. Essi compresero che su tali interrogativi occorreva riflettere e ricercare, non isolatamente, ma comunitariamente e da un punto di vista specificamente cristiano. Inizio così l'UCID, e con essa un lungo cammino di impegno e di responsabilità, che seppe alimentarsi costantemente a una catechesi appropriata, a cui dettero il loro contributo ecclesiastici particolarmente preparati, tra i quali emergono le figure dei due cardinali poc'anzi menzionati.

Furono anni non facili: in un'epoca di contrasti, nella quale opposte ideologie cercavano di accaparrarsi il mondo del lavoro, i soci dell'UCID si assunsero l'onere di superare i fatalismi e gli irrigidimenti, accettando un discorso sociale ispirato agli insegnamenti del Vangelo. Dopo quarant'anni è possibile comprendere l'utilità di tale sforzo, compiuto nel cuore di una società profondamente segnata dal fenomeno industriale e nella quale gli imprenditori e i dirigenti cattolici hanno occupato un ruolo così eminente di orientamento e di formazione alla luce dei principi cristiani.

Io desidero darvene atto e compiacermi con voi per la missione svolta dall'UCID, ma desidero altresi incoraggiarvi per il futuro. L'avvenire, come sapete, è denso di interrogativi e di problemi acuti per il vostro mondo imprenditoriale.


3. La quarantennale ricorrenza della vostra Associazione cade, infatti, in un momento che prelude a una nuova fase dell'industria, piena di trasformazioni e di innovazioni per tutto il mondo del lavoro. Le teorie economiche di ieri mostrano, sotto vari aspetti, i loro limiti. Nuove proposte vengono avanzate, nel tentativo di meglio impostare i rapporti tra capitale e lavoro, riservando maggiore attenzione alla dignità personale di tutti coloro che partecipano al processo produttivo. Si avverte l'esigenza di coinvolgere anche i lavoratori nel processo di formazione del capitale e nelle decisioni che riguardano l'impresa secondo una concezione "partecipativa" dell'economia, che si apre su prospettive straordinariamente stimolanti per quanti sono interessati al superamento delle varie patologie di cui soffre il mondo in cui vi trovate ad operare.

D'altra parte, lo sviluppo della cosiddetta "informatica", mentre alleggerisce progressivamente il peso del lavoro manuale, offre a ciascuno possibilità sempre maggiori di recare il proprio responsabile contributo al processo di formazione del piano aziendale e alla elaborazione delle scelte nelle quali si articola la vita dell'impresa.

Accanto a questa crescente importanza del singolo componente di quel mondo complesso che è l'impresa, va affermandosi molto significativamente un rinnovato apprezzamento per il ruolo dell'imprenditore e del dirigente. Dopo anni di aperta o sottile contestazione, strati sempre più vasti della popolazione stanno riscoprendo l'indispensabile contributo che il rischio imprenditoriale e la professionalità dirigenziale sono chiamati ad arrecare al progresso sociale. Ci si va cioè accorgendo del fatto che senza di voi, imprenditori e dirigenti, non è pensabile una moderna organizzazione dell'impresa, né è attuabile quel costante adeguamento fra esigenze del mercato, attese dei lavoratori e requisiti di una corretta gestione aziendale, da cui dipende la salute del sistema economico-sociale.


4. Questa situazione ha ridato a voi, imprenditori e dirigenti, spazio e credibilità nell'opinione pubblica, favorendo atteggiamenti di maggiore disponibilità al dialogo nelle altre parti sociali. Spetta a voi corrispondere al mutato clima con rinnovato senso di responsabilità personale e comunitaria, impegnandovi nei rispettivi compiti con quello spirito di servizio, che fin dagli inizi è stato inculcato ai soci dell'Unione. Ciò vi consentirà, anche in questo momento di profonde trasformazioni strutturali, di assumere quella "posizione attiva e di avanguardia nell'ordinare l'aspetto sociale delle imprese secondo le esigenze del pensiero cristiano", che fa parte dei fini istituzionali fissati nello Statuto dell'Unione.

Che il presente momento storico segni una sorta di trapasso di epoca per quanto concerne l'organizzazione del lavoro, è cosa che sta sotto gli occhi di tutti. L'automazione produce strumenti capaci di sostituire la presenza dell'uomo in vasti settori finora coperti dall'attività diretta di operai, tecnici, impiegati. D'altra parte questo processo - che tende ad ampliarsi - mentre offre esperienze esaltanti per lo sviluppo dell'azienda, produce anche situazioni e problemi non ancora risolti. Infatti il fenomeno che oggi turba il progresso dei complessi meglio avviati è proprio quello della crescente disoccupazione. Essa, quando raggiunge certe proporzioni, può divenire una vera calamità sociale, ma anche là dove comincia ad espandersi si rivela un fenomeno che esige costi enormi e rischia di rivolgersi contro le stesse strutture produttive, vanificando il vantaggio realizzato con le nuove tecnologie. Dobbiamo dire sinceramente che su questo punto c'è ancora una lunga strada da percorrere, analogamente a quanto avvenne con la trasformazione del sistema produttivo sul nascere dell'industria.

Ancora una volta la Chiesa domanda a voi di tener presente, in questo contesto, il principio sommo della giustizia sociale, in assenza del quale tutto il sistema economico è esposto al rischio di pericolose degenerazioni. Tale principio, come sapete, afferma che soggetto del lavoro è l'uomo, e fine di tutta l'economica non è il profitto, ma la promozione della persona. Al riguardo ecco quanto dice il Concilio Vaticano II: "Il lavoro umano che viene svolto per produrre e scambiare beni e per mettere a disposizione servizi economici è di valore superiore agli altri elementi della vita economica" perché "procede immediatamente dalla persona, la quale imprime nella natura quasi il suo sigillo... Poiché l'attività economica è realizzata per lo più in gruppi produttivi in cui si uniscono molti uomini, è ingiusto e inumano realizzarla con strutture e ordinamenti che siano a danno di chiunque vi operi" (GS 67). Occorrerà, dunque, provvedere all'uomo, garantire il bene della persona, di ogni persona, anche nella nuova svolta tecnologica. Come ho affermato nell'enciclica "Laborem Exercens" (LE 17), "è il riguardo per i diritti oggettivi dell'uomo del lavoro, di ogni tipo di lavoro - manuale, intellettuale, industriale, agricolo, ecc. -, che deve costituire l'adeguato e fondamentale criterio della formazione di tutta l'economia nella dimensione sia di ogni società e di ogni Stato, sia nell'insieme della politica economica mondiale e dei sistemi e rapporti internazionali".


5. La Chiesa non pretende certo di dettare le tecniche appropriate, per risolvere questi problemi. Tuttavia essa sente di non poter venir meno al dovere di richiamare alla vostra coscienza, come a quella di quanti hanno responsabilità in tali campi, i principi morali che devono presiedere ad ogni decisione in materia.

Tra questi, fondamentale è il principio che i beni dell'universo sono stati creati per tutti gli uomini affinché, attraverso il lavoro, servano allo sviluppo completo di tutti. La proprietà privata riceve da questa destinazione universale dei beni le sue funzioni, i suoi contenuti, i suoi limiti. E' necessario perciò che ciascuno, senza lasciarsi dominare dalla smania di conquistare maggior potere, si apra al dialogo e alla collaborazione, con la partecipazione competente anche degli organi della comunità politica.

Questo della collaborazione, che il vostro Statuto vuole "efficace e giusta tra i soggetti della produzione" (cfr. art. 5c), è tema che si allarga, oggi, su orizzonti internazionali. Nella produzione, come in tutte le attività lavorative, le dipendenze tra gli Stati si fanno di giorno in giorno più multiformi e intense. Spesso tali dipendenze sono state viste o interpretate come forme e occasioni di sfruttamento, specialmente a danno delle popolazioni più povere. Occorre oggi chiedersi se questa reciproca possibilità ed esigenza di rapporti a livello mondiale non possa divenire, invece, con la buona volontà di tutti, un'occasione positiva per trovare le vie di un maggiore impiego delle forze umane del lavoro, in un contesto non di concorrenza, ma di collaborazione tra i popoli. Il compito dell'imprenditoria e della dirigenza dovrà, a tale riguardo, essere anche quello di studiare per illuminare, spiegare, inventare le strategie di azione che salvino l'uomo, orientino le scelte, trovino rimedi alle negatività possibili, per far si che l'essere umano sia sempre l'utente privilegiato dello sviluppo e il suo consapevole artefice.

Come l'evoluzione rapida della tecnica esige urgenti mutazioni e nuovi progetti per le imprese, così l'attenzione all'uomo richiede altrettanta sagacia, inventiva, solerte generosità perché non si inventano i valori profondi sui quali poggia l'ordine morale della cultura del lavoro. La Chiesa ha bisogno di affidarsi alla responsabilità cosciente di laici impegnati come voi per vedere realizzato il suo messaggio, sapendo bene che voi non siete condizionati da concezioni quasi meccanicistiche o fatalistiche dello sviluppo economico. Voi siete, anzi, convinti che, alla fin fine, è sempre la persona umana che dirige le sorti dello sviluppo e ne misura le conseguenze.

Le questioni economiche e sociali dipendono sempre dalle scelte e dalle qualità delle persone che in esse operano, dalla loro buona volontà come dalla loro abilità e perizia nell'affrontare i problemi, in una parola dalla loro "responsabilità". La Chiesa, perciò, è vicina a voi; è ben convinta che, come l'operaio o il tecnico, voi siete una componente necessaria della struttura lavorativa, e confida particolarmente in voi per lo sviluppo e il perfezionamento che voi potete dare alla civiltà del lavoro. Vi auguro che possiate essere veri protagonisti di speranza per i tempi nuovi, operatori di segni positivi, pacifici, confortanti nel mondo imprenditoriale, sotto la guida dell'ispirazione fondamentale di un cristianesimo vivo e generoso.

La mia benedizione apostolica conforti la vostra Unione e sia propiziatrice di prosperità e letizia cristiana per voi e per le persone che vi sono care.

Data: 1985-12-14 Data estesa: Sabato 14 Dicembre 1985





Al Centro italiano femminile - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Promozione della donna nella sua propria specificità




1. Sono lieto per questo incontro con voi, che partecipate al 20° Congresso Nazionale del Centro Italiano Femminile. Saluto la presidente nazionale, il consiglio, le presidenti regionali e provinciali, le delegate e, con voi, tutte le donne che aderiscono al Movimento, insieme a tutti coloro che, a diverso titolo, partecipano alle vostre iniziative e con voi collaborano per realizzarle.

In un vostro precedente Congresso avete meditato sul tema "Quale futuro per una società che cambia?". Ora, quasi continuando su di esso, ma con profondo senso di concretezza, voi volete affrontare ulteriori e nuovi argomenti, che emergono nella prospettiva del futuro e già tendono a divenire progetto. Si tratta sempre del rapporto della donna con la società, il suo impegno di presenza nelle istituzioni pubbliche e dovunque si opera per la costruzione della città umana, per la formazione della persona, e nelle strutture operative del settore pubblico.

Il tema del vostro incontro è ardito; ma è significativo e interessante: "Realtà donna, tra utopia e progetto".

Mi compiaccio di questa vostra scelta, che ancora una volta offre al CIF, secondo una sua gloriosa tradizione, la possibilità di ricercare e di esprimere le vie applicative del pensiero della Chiesa circa il posto della donna nella società, nella famiglia, nella Chiesa, nella promozione umana.


2. La scelta del vostro argomento di studio risponde, in un certo senso, a un invito già presente nel messaggio che il Concilio Vaticano II ha rivolto alle donne. "Viene l'ora - è detto in quell'importante appello -, l'ora è venuta in cui la vocazione della donna si svolge con pienezza l'ora nella quale la donna acquista nella società una influenza, una irradiazione, un potere finora mai raggiunto... le donne, illuminate dallo Spirito evangelico, possono tanto operare per aiutare l'umanità a non decadere" (Concilio Vaticano II, "Messaggio alle donne", 8 dicembre 1965).

Noi possiamo oggi riscontrare quanto sia vera questa affermazione, e sentiamo l'urgenza di trovare le vie giuste per una vera presenza della donna nelle strutture operative e decisionali della società moderna. Il complesso fenomeno della mobilità sociale, come ben sapete, ha portato a una revisione critica dei ruoli tradizionali, non solo dei gruppi sociali, ma altresi delle forme di presenza possibili dell'uomo e della donna nelle strutture. La spinta al riconoscimento organico dell'eguaglianza tra le classi sociali, non può non investire anche il problema femminile. Si tratta di un processo logico, necessario. Tuttavia, non si tratta ovviamente di questioni che si possono risolvere col solo criterio di una presenza quantitativa della donna nelle strutture. Si tratta, piuttosto, del significato che si vorrà dare alla partecipazione della donna stessa nella vita sociale e soprattutto dell'attenzione che si riuscirà a garantire ai valori di cui essa è apportatrice.

Come ben sapete, la promozione della donna è passata da una prima fase che si proponeva di risolvere il problema dell'eguaglianza tra l'uomo e la donna, nella distinzione dei ruoli, a una seconda fase, orientata ad affermare con forza il riconoscimento dei diritti civili e culturali del mondo femminile per garantire l'accesso della donna alle attività del lavoro, alle iniziative e alle responsabilità produttive. Per raggiungere tale grado della promozione femminile sono insorte istanze e metodologie di diverso segno, alcune non conformi al vero bene della donna. In tale contesto la Chiesa non manco di far presente che nella scelta delle proprie attività la donna doveva essere libera, e che il suo lavoro doveva essere strutturato in maniera tale da far si che essa non dovesse pagare la sua promozione con l'abbandono della propria specificità e a danno della famiglia, nella quale essa ha, come madre, un ruolo insostituibile (cfr. LE 19).

Ora si prospetta per voi una terza fase dello sviluppo della questione femminile, quella che concerne la vostra presenza nelle istituzioni pubbliche. Voi giustamente ricercate quale riscontro e quale spazio si debba dare al positivo apporto della donna nello sviluppo dell'intera comunità umana. Non si tratta di un confronto conflittuale di ruoli, ma del riconoscimento di uno specifico e necessario contributo. La donna, quindi, uguale all'uomo in dignità, umanamente libera nelle scelte che concernono lo sviluppo della propria personalità, è capace, altresi, di assumere specifiche responsabilità nell'impegno di ricercare, costruire e garantire il bene comune. Essa è consapevole di avere un peculiare ruolo al riguardo, a motivo dei valori specifici della sua condizione e della sua cultura. All'idea di eguaglianza e di emancipazione succede pertanto oggi un processo che conduce a una più ampia e libera partecipazione della donna alle responsabilità sociali organizzative. Occorrerà mettere bene in luce che la donna ha una sua missione propria in seno alle strutture che regolano la vita pubblica, da una parte riconoscendo che la presenza della donna nella struttura familiare, con tutto il contesto di affetti, di diritti e di valori è un fatto irrinunciabile e insostituibile, dall'altra inserendo in maniera pacifica ed equilibrata la presenza della donna nelle strutture che regolano lo sviluppo di tutta la società.

In tal modo la questione femminile non dovrà essere considerata solo come un aspetto settoriale della ricerca sul futuro della società, ma diventerà uno dei termini essenziali di un processo dal cui esito dipende il destino stesso dell'umanità.


3. Considerate quindi il vostro ruolo in tale processo di sviluppo della nostra epoca. Lo sviluppo, quando assume esclusivamente un significato tecnico ed economico, racchiude in sé un pericolo; rischia, cioè, di divenire negativo, chiuso e alienante rispetto ai valori spirituali e morali della persona. "Nel nostro mondo moderno - diceva già il mio predecessore Paolo VI - così incantato dalle meravigliose conquiste della scienza, è necessario un immenso sforzo per dare la giusta importanza al cuore dell'uomo, per sviluppare la sua capacità di amare, di partecipare, di donare, di ricevere, giacché, se esso manca, lo sviluppo materiale potrà portare ad una società pericolosamente sottosviluppata nella via dello spirito" (cfr. "Insegnamenti", VII [1969], p. 569). Tocca a voi garantire al nostro futuro quel supplemento di umanità, per così dire, senza del quale il mondo sarebbe destinato a slittare verso un destino meno positivo. La presenza della donna nel settore pubblico è, quindi, richiesta dall'ordine naturale delle cose, è soprattutto voluta a motivo dei valori sommi, di cui la donna è apportatrice e garante.


4. Io desidero pertanto incoraggiare vivamente il lavoro che state compiendo, ispirandovi, come sempre, ai principi cristiani e al magistero della Chiesa. Come nacquero da un principio evangelico e cristiano le idee dell'eguaglianza e della parità dei diritti e della dignità della donna, così si possano sempre meglio evidenziare, alla luce del cristianesimo, il valore e il senso della sua presenza nella vita civile.

A tutte voi, alle vostre famiglie, alle persone che vi sono care, alle vostre organizzazioni, ben volentieri concedo la mia benedizione.

Data: 1985-12-14 Data estesa: Sabato 14 Dicembre 1985






GPII 1985 Insegnamenti - A corsisti sui metodi naturali - Città del Vaticano (Roma)