GPII 1985 Insegnamenti - Ai cardinali e alla Curia romana - Città del Vaticano (Roma)

Ai cardinali e alla Curia romana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Con i giovani sull'esempio dei santi Cirillo e Metodio

Signori cardinali, venerati fratelli.


1. "Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio" (Is 40,5 Lc 3,6). Queste parole vengono ripetute nel salmo responsoriale della Messa di oggi 20 dicembre, e, come tutta la liturgia di questi giorni prossimi al Natale, vibrano di attesa per l'imminente venuta del Signore, facendo trepidare, come ogni anno, il nostro cuore, nella gioia sempre rinnovantesi di questa venuta, che ha trasformato il mondo. E' la certezza della salvezza, apportata all'uomo dal Figlio di Dio e Figlio di Maria Vergine; è la consolazione della visita che il Verbo del Padre fa all'umanità, finalmente vicina alla liberazione dal peccato e dalla schiavitù del maligno; è la letizia che scaturisce dal sapere che "si sono manifestati la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini" (Tt 3,4).

"Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio". Questa atmosfera respiriamo oggi anche noi, come sempre, qui riuniti per scambiarci vicendevolmente gli auguri per il santo Natale e il nuovo Anno. Ringrazio il venerando cardinale decano per le sue sempre care ed elette parole, che hanno interpretato i vostri sentimenti in quest'ora di intimità familiare, in questa pausa di serenità tra i comuni impegni quotidiani; e, attraverso lui, ringrazio tutti voi, comprendendo in un solo atto di riconoscenza, di affetto, di considerazione, come in un abbraccio, gli officiali e collaboratori dei vari dicasteri della Curia Romana, del Vicariato di Roma, del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. E ringrazio di qui i rappresentanti pontifici e il personale del servizio diplomatico, sparsi nel mondo.

Sono spiritualmente vicino a tutti voi, alle vostre famiglie, specie ove vi sia qualche prova e sofferenza palese o nascosta; vicino al lavoro che prestate a questa cattedra di Pietro, ciascuno secondo le proprie competenze e i propri incarichi. Gesù che nasce vi ricolmi dei suoi doni di grazia e di bontà e vi ricompensi per il servizio che date alla sua Chiesa. Portate questi miei sentimenti a tutti i sacerdoti, religiosi e laici che collaborano con voi.


2. L'inconfondibile caratteristica del momento, propizia alla riflessione sotto la spinta del tempo che incalza verso la fine di un altr'anno, in questa distensione spirituale che l'attesa del Natale rende più facile e familiare, permette di solito di gettare lo sguardo, come in un consuntivo, all'attività svolta nell'anno che sta per chiudersi. Ciò facilita una verifica, e fa riprendere slancio e incoraggiamento per quanto ci attende in futuro. Le occasioni di incontro con voi, signori cardinali, che quest'anno si sono moltiplicate dalle ultime settimane di novembre fino alla solennità della Vergine Immacolata, prima per l'adunanza del collegio cardinalizio, quindi per la celebrazione della seconda assemblea straordinaria del Sinodo dei vescovi, non richiedono un'analisi dettagliata dei vari avvenimenti svoltisi dall'ultimo Natale o dall'esame di qualche problema specifico.

Ciò che balza ai miei occhi con maggiore vivezza, in questo riandare con la memoria all'anno che volge al termine, sono tre fatti, che vorrei puntualizzare insieme con voi: la celebrazione dell'Anno internazionale della Gioventù; la commemorazione dell'XI centenario della morte di san Metodio con le varie manifestazioni indette per l'Anno cirillo-metodiano, e infine il XX anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II, ricordata con la recente convocazione del Sinodo dei vescovi.

La gioventù e i fermenti che essa porta con sé: l'opera evangelizzatrice dei santi fratelli di Salonicco, con la grande lezione che essa offre oggi all'azione catechetica, pastorale e missionaria della Chiesa nel mondo, per affrontare i grandi problemi del dialogo con le culture autoctone mediante l'inculturazione del Vangelo in ciascuna di esse; e il costante approfondimento del Vaticano II per la sua irradiazione sempre più matura e vasta all'interno della Chiesa e nei rapporti col mondo contemporaneo: ecco il grande valore di questi tre singoli avvenimenti, che hanno avuto uno spicco particolare nel decorso dell'anno.

Se intendo fermarmi in modo speciale su di essi non è solo per coglierne ancora una volta, e sotto una luce riassuntiva, il suggestivo significato, ma prima di tutto e soprattutto per ringraziare la Santissima Trinità che, con la sua grazia, ci ha permesso di celebrare questi eventi, e di viverli in tutta la loro pienezza spirituale. E' Dio che guida la storia, la storia dell'uomo e del mondo: storia che, come sappiamo, è solo e unicamente "storia della salvezza", con un disegno di amore redentivo che culmina con l'Incarnazione del Verbo. E' lui che guida la sua Chiesa, e la fa strumento privilegiato del suo piano di redenzione.

Inseriti in questa luce, i tre eventi acquistano tutto il loro pieno significato.

L'Anno della Gioventù.


3. Il 1985 è stato proclamato l'Anno internazionale della Gioventù per iniziativa dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. Come è scritto nella Lettera apostolica "Ai giovani e alle giovani del mondo", del 31 marzo scorso, "ciò riveste un molteplice significato prima di tutto per (loro) stessi, e anche per tutte le generazioni, per le singole persone, per le comunità e per l'intera società.

Ciò riveste un particolare significato anche per la Chiesa, quale custode di fondamentali verità e valori e insieme ministra degli eterni destini che l'uomo e la grande famiglia umana hanno in Dio stesso". Questo significato è stato messo in luce e sviscerato in molteplici occasioni in tutta la Chiesa. E anzitutto da questa Sede di Pietro; infatti il tema scelto per la XVIII Giornata mondiale della pace è stato, com'è noto, "La pace e i giovani camminano insieme";, nel messaggio che rivolgo ogni anno per tale occasione, ne ho illustrato la ricchezza dei contenuti, la portata, la responsabilità che hanno per tutti gli uomini, e principalmente per i giovani e per le giovani. E' stata poi a questi indirizzata la lettera già ricordata, nella Domenica del le Palme 1985, che cadeva il 31 marzo; e propio per quella domenica sono venuti a Roma i rappresentanti della Gioventù, dai cinque continenti: ho ancora negli occhi le immagini dell'incontro di quella assemblea di giovani di tutte le razze e provenienze nella piazza di San Giovanni in Laterano, durante la quale abbiamo pregato e riflettuto insieme, con intima partecipazione di tutti i presenti, resi come un cuor solo e un'anima sola, finché le ombre della sera avvolsero quella folla, raccolta davanti la cattedrale di Roma. La commozione ritorna intatta nel ripensare alla processione e alla Messa della domenica seguente, a cui quella assemblea di giovani - non massa anonima, non numero, ma presenza viva e personale! - prese parte con gioia travolgente e composta, in un atto comunitario di amore e di fede a Cristo Signore nella vigilia della commemorazione della sua passione. Ricordo con quale entusiasmo quei giovani han fatto eco alle mie parole: "Vi penetri profondamente questa testimonianza, che Gesù di Nazaret rende alla verità! In lui è contenuta la causa dell'uomo: la causa eterna e insieme ultima! Gesù Cristo è: ieri, oggi e in eterno. E la causa dell'uomo è in lui: ieri, oggi e in eterno...

Perciò a questo mondo - il mondo del secondo millennio che volge alla fine - è necessario continuamente e sempre di più colui che si è fatto obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Al mondo è indispensabile Cristo" (Omelia, nn. 7, 9).

Il Signore ha benedetto quell'incontro in modo straordinario, tanto che, per gli anni che verranno, è stata istituita la Giornata mondiale della Gioventù, da celebrare la Domenica delle Palme, con la valida collaborazione del Consiglio per i laici.

Vorrei sottolineare inoltre l'attenzione rivolta ai giovani, quest'anno in modo particolare, a cura degli episcopati di tutte le Nazioni del mondo: impossibile citare incontri e iniziative nei vari Paesi, tanto numerosi essi sono stati. E la stessa risposta dei giovani agli inviti a loro rivolti da Roma non avrebbe potuto essere tanto larga e corale, se non avesse trovato l'incoraggiamento e il supporto nelle varie diocesi, a opera dei miei fratelli vescovi e dei sacerdoti che li coadiuvano con dedizione e con sacrificio. A questi cari confratelli nel sacerdozio desidero dire pubblicamente il mio grazie commosso per aver risposto con tanta generosità all'invito che Loro facevo, con la tradizionale Lettera per il giovedi santo, a dedicare le cure precipue del loro apostolato al ministero in favore della gioventù, agli incontri personali, alla catechesi di Cristo e della sua parola di vita e di verità, con moltiplicato zelo, ispirato all'esempio del Salvatore.

La Chiesa deve guardare ai giovani come alla sua speranza: anzitutto perché da essi provengono le vocazioni, che sono la garanzia della fecondità della Chiesa stessa nel terzo millennio. Si curino le vocazioni sacerdotali e religiose con amore di predilezione, con l'amore stesso di Dio: "Dio, infatti, come ha scritto Tommaso d'Aquino, ama in modo speciale coloro che lo servono fin dalla giovinezza" ("Super Ioannem", XXI, V, 2639).

Ma tutti i giovani devono sentirsi seguiti dalla Chiesa: perciò che tutta la Chiesa, in unione con il successore di Pietro, si senta sempre maggiormente impegnata, a livello mondiale, in favore della gioventù, delle sue ansie e sollecitudini, delle sue aperture e speranze, per corrispondere alle sue attese, comunicando la certezza che è Cristo, la Verità che è Cristo, l'amore che è Cristo, mediante un'appropriata formazione, che è forma necessaria e aggiornata di evangelizzazione. I giovani attendono; sono delusi da troppe inadempienze sul piano civile, sociale e politico; giudicano con occhio di chiarezza e di critica; sul finire di quest'anno vi son qua e là sintomi di un'aspettativa più grande, che non deve essere disattesa dalla Chiesa, che guarda ai giovani con speranza e amore.

Cristo è in cerca dei giovani, oggi come nel giorno in cui, fissatolo, amo quel giovane (cfr. Mc 10,21), che lo interpellava sulla vita eterna. La Chiesa continui e irradi a dimensioni planetarie la sollecitudine e l'amore del Cuore di Cristo! Nessuno si tragga indietro! Occorre aiutare quella "crescita" che ho indicato ai giovani e alle giovani come il mezzo per cui "la giovinezza è proprio la giovinezza": crescita in età, in sapienza, in grazia! Giubileo cirillo-metodiano.


4. L'Anno cirillo-metodiano ha racchiuso anch'esso in sé un profondo e ricchissimo contenuto, che è stato ben avvertito a tutti i livelli, nella Chiesa non solo d'Europa ma anche degli altri continenti, come pure nella società civile e nel mondo della cultura.

Le celebrazioni per l'XI secolo dalla morte di san Metodio hanno avuto come il loro prologo nella Lettera apostolica "Egregiae Virtutis" del 31 dicembre 1980, con la quale proclamavo i due santi fratelli compatroni d'Europa con san Benedetto. Già Leone XIII, che estese il loro culto a tutta la Chiesa, Giovanni XXIII e Paolo VI, che a diverso titolo vollero venerarli nella basilica romana di San Clemente ove è sepolto Costantino Filosofo, morto nell'Urbe, nell'869, avevano posto i fondamenti di tale decisione che interessa tutta la Chiesa, ma specialmente l'Europa e le regioni slave.

Già all'inizio di quest'anno, il 1° gennaio, preannunciavo il centenario. Come non ricordare ora la Messa celebrata nella basilica di San Clemente, il 15 febbraio, con la presenza degli studenti dei collegi ecclesiastici di Roma? E l'epistola enciclica "Slavorum Apostoli", pubblicata il 7 giugno solennità della Santissima Trinità? In questa luce sono da vedere anche le commemorazioni, tenute a Djakovo in Jugoslavia il 5 luglio, e a Velehrad, il 7 luglio, presso la tomba di san Metodio, con la presenza del cardinale segretario di Stato con carattere di legato pontificio; e, sempre in questa irradiazione di impulso evangelico-missionario per la Chiesa di Europa, si collocano sia il Simposio ecumenico europeo sia il VI Simposio del Consiglio delle Conferenze episcopali di Europa, tenutisi a Roma nello scorso ottobre, e culminati con la concelebrazione del 13 di quello stesso mese per il giubileo di Cirillo e Metodio.

L'evangelizzazione dei popoli slavi da parte dei due fratelli di Tessalonica ha un'importanza che investe la vita e la missione di tutta la Chiesa.

Della Chiesa intera. Della Chiesa del nono secolo come della Chiesa del mondo contemporaneo. Infatti, sono ancora sempre attuali le finalità che ispirarono l'azione evangelizzatrice dei due fratelli: "La proclamazione della Parola; la diffusione e la conservazione della fede; l'unità di tutti i credenti in Cristo; la fiducia nell'opera della grazia divina; l'impegno pastorale, fino al dono di sé".

Da queste molteplici componenti dell'azione pastorale svolta dai due santi, emergono come punti primari del loro "attualissimo messaggio" due indicazioni prioritarie. La prima è la validità e la costanza dell'impegno ecumenico, che proprio dal loro esempio trae motivo di particolare incoraggiamento: infatti, per citare ancora Ia "Slavorum Apostoli" (n. 26), "caratteristico fu il loro amore alla comunione della Chiesa universale sia in Oriente che in Occidente... Da essi anche per i cristiani e gli uomini del nostro tempo deriva l'invito a costruire insieme la comunione".

La seconda è lo sforzo per l'attività missionaria sotto l'aspetto dell'inculturazione del Vangelo, a cui ho già accennato. La Chiesa oggi si trova di fronte a sfide simili a quelle che la società e gli uomini presentarono a Cirillo e Metodio; essi vi seppero rispondere con una forza di fede e una chiarezza che devono rimanere di modello e di sprone per tutti noi. Problemi molteplici, sul piano delle idee, recrudescenze di laicismi pseudo-culturali, paure dell'uomo di oggi di perdere la propria autonomia e identità di fronte a Dio; valutazioni non sempre serene del patrimonio etnico-culturale da salvaguardare nell'opera missionaria: tutto ciò può talora portare allo scoraggiamento coloro che Cristo ha inviato a evangelizzare, a predicare a tutte le genti (cfr. Mt 28,19-20).

Ebbene, la figura e l'opera dei santi Cirillo e Metodio ci dicono che - come è scritto nella citata epistola enciclica - "il Vangelo non porta all'impoverimento o allo spegnimento di ciò che ogni uomo, popolo o nazione, ogni cultura durante la storia riconoscono e attuano come bene, verità e bellezza.

Piuttosto, esso spinge ad assimilare e a sviluppare tutti questi valori: a viverli con magnanimità e gioia e a completarli con la misteriosa ed esaltante luce della Rivelazione".

E' un richiamo fortissimo alla speranza che non delude (cfr. Rm 5,5), ma anche al coraggio intrepido di annunciare il Cristo agli uomini di tutti i tempi, secondo le linee indicate dal Concilio Vaticano II, ed esplicate da ben due sessioni del "Synodus Episcoporum" (del 1974 e 1977), a cui han fatto seguito le due esortazioni apostoliche "Evangelii Nuntiandi" e "Catechesi Tradendae". Sono consegne ben precise, affidate alla Chiesa dal supremo magistero del Vaticano II e della Sede di Pietro.

Il sinodo interpella la Chiesa


5. Il Concilio Vaticano II! Abbiamo appena rivissuto insieme quella esperienza di una nuova Pentecoste, come l'aveva voluta Giovanni XXIII nell'indire il Concilio del XX secolo; e abbiamo ancora nel cuore le brevi ma intense tappe della seconda assemblea generale straordinaria del Sinodo dei vescovi, appena conclusa: la concelebrazione di domenica 24 novembre; le giornate delle adunanze generali e dei "circuli minores"; il messaggio dei Padri sinodali al popolo di Dio; la concelebrazione conclusiva a San Pietro nella solennità dell'Immacolata e il canto dei Vespri, con l'affidamento a Maria, nella Basilica Liberiana; e la Relazione finale dell'assemblea.

Non è perciò necessario ripetere qui l'importanza di questa iniziativa, che, riprendendo i temi basilari del Concilio Vaticano II, ne ha voluto essere celebrazione, verifica e promozione. Basti solo rilevare che l'iniziativa è stata presa come un servizio che la Chiesa di Roma, conforme alla sua vocazione, ha voluto rendere nuovamente al mondo sul solco tracciato vent'anni fa dai documenti conciliari; summa della riflessione della Chiesa sulla sua essenziale missione di rivelare Dio uno e trino e l'incarnazione del Verbo all'umanità.

E' inoltre da sottolineare che questo Sinodo è stato seguito da tutte le componenti della Chiesa e dall'opinione pubblica del mondo intero con interesse superiore a quello dedicato agli altri sinodi. Volendo in sintesi riassumere il profondo significato di questa commemorazione-verifica del Vaticano II, si può dire che essa - come risalta evidente dalla Relazione finale - ha voluto puntare sullo scopo primario del Concilio: la Chiesa, "sacramento universale di salvezza" voluta da Cristo "luce delle genti", si sente ognor più interpellata dalla volontà del suo fondatore, nell'amore dello Spirito Santo, a rivelare il Padre al mondo; in una parola, si impegna a fondo nella sua missione evangelizzatrice, affidata a Pietro e ai suoi successori, e, "cum Petro et sub Petro", ai vescovi dell'intero mondo, coadiuvati dai sacerdoti, per chiamare tutti i laici cristiani a maggiore coscienza della loro responsabilità nella vocazione all'apostolato.

Le tappe salienti di quest'anno che si chiude e sulle quali vi ho intrattenuti stamani, sono altrettante linee direttrici, sono una maturazione e un approfondimento di questa missione: i giovani, chiamati "a testimoniare dinamicamente nella vita la nuova realtà,... a partecipare nella comunità della Chiesa, alla missione salvifica di Cristo" (Allocuzione del 30 marzo, n. 7); le vetuste Chiese di Europa, come quelle degli altri continenti in specie del Terzo Mondo, impegnate a raccogliere dai metodi pastorali dei santi Cirillo e Metodio l'esempio che le spinga a un rinnovato impegno nel dovere precipuo della evangelizzazione a tutti i livelli, nell'annunzio della Parola, nella degna celebrazione del culto divino, nello sforzo di penetrazione del Vangelo nelle antiche e nuove culture; la Chiesa intera, a raggio direi cosmico, proiettata verso una nuova evangelizzazione missionaria secondo l'impulso conferitole, "ad intra" e "ad extra", dalle consegne del Concilio Vaticano II, riprese e irradiate dal Sinodo dei vescovi.

Fedeltà alla missione.


6. Venerati fratelli, Figli carissimi. Ormai vicini al Natale, a quel tempo santo in cui mediteremo ogni giorno con gioia rinnovata il mistero di colui che, come dice sant'Agostino, "deos facturus qui homines erant, homo factus est qui Deus erat" - "colui, cioè, che essendo Dio, si è fatto uomo per rendere dèi coloro che erano uomini" ("Serm. 192", 1: PL 83, 1012) -, ci infonde una più grande certezza di fede nel vedere la Chiesa sempre più fortemente consapevole della sua missione.

L'anno che si conclude ne ha dato, fra tante altre, una mirabile testimonianza nelle celebrazioni che ho rievocato oggi con voi. L'anno nuovo ci trovi impegnati a continuare con fede, con speranza, con amore, questa missione che il Padre ci affida in Cristo, con la virtù dello Spirito, e che ha preso la sua corsa inarrestabile in quella notte, in cui il cielo si è unito alla terra, e l'annuncio di un nuovo tempo è risonato nella volta stellata di Betlemme, col coro degli angeli sulla grotta: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli, e pace in terra agli uomini che egli ama" (Lc 2,14).

Dio e uomo, terra e cielo; nel mistero di Cristo e della Chiesa. "Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio".

Rinnovando gli auguri più affettuosi a tutti imparto la mia benedizione.

Data: 1985-12-20 Data estesa: Venerdi 20 Dicembre 1985





All'Istituto Dermopatico dell'Immacolata - Roma

Titolo: Nella sofferenza il Natale si fa più concreta realtà salvifica

Carissimi fratelli e sorelle nel Signore!


1. In prossimità della solennità del Santo Natale ho desiderato vivamente di venire a visitarvi, per porgervi i miei auguri più cordiali e per assicurare la mia preghiera nella Notte radiosa che ricorda la nascita di Gesù su questa terra.

Ringrazio i responsabili dell'Ospedale per la loro accoglienza, ed esprimo il mio apprezzamento al padre Giampetruzzi, superiore generale dei "Figli dell'Immacolata Concezione" e al dottor Sandro Staccioli, presidente dell'Unità sanitaria locale, per le nobili parole che mi hanno rivolto. Rivolgo poi il mio deferente saluto al cardinale vicario, all'arcivescovo mons. Angelini, pro-presidente della Pontificia commissione per la pastorale degli operatori sanitari, al padre Carazza, presidente di questo Istituto Dermopatico e al prof. Cavalieri, direttore del Dipartimento dermatologico, ai religiosi, ai medici, alle caposala, agli infermieri, alle infermiere, al personale amministrativo, a quanti collaborano per il buon andamento del nosocomio. Ma soprattutto con grande affetto saluto voi, cari malati, fanciulli e giovani, adulti e anziani, degenti in questo grande Istituto Dermopatico dell'Immacolata, specializzato per la diagnosi e la terapia delle malattie dermatologiche: per voi principalmente sono venuto.


2. Esprimo il mio apprezzamento per l'alta professionalità che caratterizza questo Ospedale, strutturato in sei divisioni specialistiche; per la competenza, l'esperienza e l'impegno dei religiosi e dei medici; per il senso di umanità che alimenta l'intera comunità; per il rilevante servizio ambulatoriale prestato.

Voi ben sapete che questo Centro di cura è nato spiritualmente dalla fede e dalla carità di padre Luigi Maria Monti, fondatore nel 1857, nell'Ospedale Santo Spirito di Roma, dei "Figli dell'Immacolata Concezione", tanto stimati da Pio IX; padre Monti voleva che fossero dediti a un servizio infermieristico animato e plasmato da due nobili valori: la carità e la competenza. Fu poi nel 1925 che sorse materialmente l'edificio, ancora modesto, con il contributo di Benedetto XV e la solerzia di Pio XI, dopo l'opera infaticabile di padre Antonio Sala nella cura dei poveri, presso la "Vigna dell'Immacolata", qui ai Monti di Creta, nell'Agro Romano, e con la lungimiranza e la tenacia del fratello dottor Emanuele Stablum. Da allora l'Istituto si è ingrandito e perfezionato, fino a divenire di fama nazionale ed europea.

Ringrazio insieme il Signore e la Vergine Immacolata, che suscitano in ogni tempo anime grandi e intrepide, le quali con la forza della fede e nel nome della fraternità, si dedicano all'esercizio della carità, anche nel campo specifico della medicina.


3. Voi, cari malati, siete qui per curare le vostre infermità, e io, in occasione del Natale, sono venuto per augurarvi la guarigione con tutto il cuore, per chiederla con voi al Divin Salvatore Gesù, e nello stesso tempo sono venuto anche per confortarvi, per esortarvi alla pazienza, alla fiducia, alla confidenza.

Mi rendo conto della vostra sofferenza, dei momenti di avvilimento e di frustrazione che vi turbano e vi tentano, del disagio che provate per tanti motivi. La vostra malattia è indubbiamente una prova ben dolorosa e misteriosa. Ma proprio a Natale, vicino al presepio, si trova il coraggio della fede, si contempla la luce divina che ci libera dalle tenebre dell'angoscia e si confida totalmente nella bontà dell'Altissimo, che ha voluto farsi uomo per esprimere visibilmente il suo amore per tutti e specialmente per i malati e i sofferenti: "Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorero" (Mt 11,28). Come suonano consolanti e commoventi queste parole dette da Cristo stesso, che, nato per noi a Betlemme e sempre presente nell'Eucaristia, non abbandona nessuno e stringe ognuno al suo cuore, specialmente se si trova nella tribolazione e nella solitudine!


4. La commozione della nascita di Gesù Bambino porti pace e serenità a voi tutti! Sappiamo che purtroppo molti non conoscono la realtà del santo Natale, altri la conoscono male, altri ancora addirittura non la vogliono conoscere! Eppure il Natale è prima di tutto un avvenimento storico, inoppugnabile, che fa parte della narrazione delle vicende umane ed è documentato dai Vangeli, libri storici, autentici, veridici. A Betlemme, in Palestina, nella terra di Giuda, al tempo di Cesare Augusto nacque veramente un Bambino, al quale fu posto nome "Gesù". Egli ha dato origine a una civiltà giustamente detta "cristiana", che interpella le singole coscienze e l'intera storia umana. Commemorando il Natale non si può rimanere soltanto nell'ambito della dolcezza dei sentimenti o dei soavi racconti legati all'infanzia. "Natale" significa che Dio si è fatto uomo, si è incarnato, si è inserito nella nostra storia, ha preso su di sé e in sé le gioie e i tormenti dell'umanità: "In principio era il Verbo - scrive l'apostolo ed evangelista Giovanni - e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui... E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Jn 11,14). Perché Dio, puro Spirito, onnisciente e onnipotente, ha voluto farsi uomo, senza con questo cambiare né le leggi che governano il cosmo né le forze che guidano la storia nel suo sviluppo? Gesù stesso ci ha dato la risposta: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Jn 3,16). Il Natale è dunque la festa dell'amore di Dio per noi. Egli infatti è venuto per essere luce, via, vita, redenzione.

La realtà storica del Natale acquista allora il suo vero significato soprannaturale e salvifico, e diventa di conseguenza la festa della gioia: una gioia spirituale, interiore, misteriosa, divina, che può sussistere anche con le lacrime e le sofferenze, perché nasce dalla grazia portata da Cristo, dalla vita intima con Dio, dalla fiducia nel suo amore, dall'impegno nella bontà e nella carità.


5. In questo Istituto Dermopatico, mi è caro ricordare quanto Padre Luigi Maria Monti scriveva in una lettera del 1896, quattro anni prima della morte, rievocando un periodo di grande sofferenza interiore, patita verso i trent'anni, quando era ancora in ansia circa la realizzazione della sua vita di consacrazione: "Combattuto da gagliarde tentazioni - così scriveva - ero caduto in un estremo avvilimento. Passavo delle ore davanti a Gesù in Sacramento, ma erano tutte ore senza una stilla di rugiada celeste, il mio cuore rimaneva arido, freddo, insensibile".

Era proprio sul punto di abbandonare tutto, quando nel coretto della Chiesa ebbe - così egli afferma - la visione di Gesù e di Maria, che gli dissero a voce alta: "Luigi, molto avrai ancora da soffrire; altre lotte maggiori e varie avrai da incontrare. Sta' forte; di tutte ne uscirai vincitore; il nostro potente aiuto non ti verrà mai meno. Prosegui la via che incominciasti!".

Furono parole profetiche! E infatti noi oggi siamo qui a ricordare con ammirazione la persona e l'opera caritativa; e sono parole che ripeto anche a voi, religiosi, medici, collaboratori, malati: "Siate forti nella fede, nella fiducia, nella carità! Proseguite la via della confidenza in Dio, della santificazione compiendo il vostro dovere, della devozione a Maria Immacolata e a san Giuseppe!".

E la pace e la gioia del Natale siano sempre presenti nei vostri animi e nei vostri ideali! Con gli auguri più sentiti di buon Natale e di sereno anno nuovo, vi imparto ora con grande affetto l'apostolica benedizione.

Data: 1985-12-21 Data estesa: Sabato 21 Dicembre 1985





Ai religiosi Concezionisti dell'Ospedale Dermopatico - Roma

Titolo: Il mondo ha nostalgia della verità cristiana

Carissimi sacerdoti e fratelli! Venendo in questo grandioso Istituto Dermopatico dell'Immacolata, dove fin dai suoi inizi la vostra Congregazione svolge la sua specifica missione medica e spirituale, è per me una grande gioia incontrarmi singolarmente con voi, ed esprimervi il mio compiacimento per l'opera assidua e altamente qualificata, che qui prestate con tanta perizia e dedizione. Vi porgo i miei auguri più cordiali di santo Natale, nella letizia che recano la fede e l'intimità divina.

In prossimità della grande Solennità, che commemora la nascita del Verbo Divino su questa terra, è di grande conforto spirituale pensare al vostro venerato fondatore, padre Luigi Maria Monti e al suo "carisma" di accoglienza e di carità.

Si può dire che il suo programma di vita furono le parole dell'apostolo san Giovanni: "Dio è amore e noi abbiamo creduto all'amore che Dio ha per noi" (cfr. 1Jn 4,16); e il suo ideale fu Maria Santissima, amata e venerata nel suo sublime e unico privilegio di "Immacolata Concezione". Egli infatti, ricco di intuizione e di intelligenza, sensibile alla sofferenza umana e illuminato circa i disegni salvifici della Provvidenza, non volle altro che amare Dio e i propri fratelli, convinto delle parole dell'apostolo prediletto: "Chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui".

Sia così sempre anche per voi! Credete nell'Amore eterno e infinito, che si è incarnato per la nostra salvezza, e apritevi ogni giorno all'amore, in nome di colei che, amando teneramente il suo Divin Figlio, è Madre dell'intera umanità, a lei personalmente affidata.

Quando padre Monti mori a Saronno, quasi cieco, a settantacinque anni nel 1900, l'Istituto da lui fondato non aveva avuto ancora l'approvazione ecclesiastica. Fu san Pio X ad approvare la vostra comunità, nel 1906; e da allora i "Figli dell'Immacolata" hanno raggiunto varie località d'Italia, l'Argentina, il Cameroun, l'India, il Canada, portando in ogni luogo lo stesso spirito di accoglienza, di fraternità, di compartecipazione. L'amore è il segreto della santità: mirate decisamente alla santità, mediante la carità, seguendo le orme del vostro fondatore! La società moderna sente profondamente, nonostante le apparenze, la nostalgia della verità cristiana, che dà senso alla vita e alla storia. Voi ne siete testimoni ogni giorno avvicinando tanti malati, i quali, pur nell'ansia della guarigione, sentono impellenti i supremi interrogativi e sono sospinti a guardare a Cristo, come unica possibilità di certezza e di salvezza. "Nessuno è escluso da questa felicità - diceva già san Leone Magno ("Omelia" 22) -. La causa della gioia è comune a tutti perché il nostro Salvatore è venuto per la liberazione di tutti". Nel nome dell'Immacolata, continuate a vivere in pienezza di fede e di carità, dando speranza e fiducia, testimoniando l'amore di Dio, che per noi si è incarnato a Betlemme.

Assicurando il ricordo nella preghiera, vi imparto ora con particolare affetto la benedizione apostolica, che estendo volentieri a tutti i vostri confratelli.

Data: 1985-12-21 Data estesa: Sabato 21 Dicembre 1985





Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Cristo luce delle genti




1. "O Sapienza che esci dall'Altissimo, e tutto disponi con forza e dolcezza! O chiave di Davide, che apri le porte del regno dei cieli! O Emmanuele, attesa dei popoli e loro liberatore! Vieni!


2. Tra queste invocazioni di Avvento, con le quali prega la Chiesa, nell'ultima settimana prima di Natale, si trova pure la seguente; "O Re delle genti e pietra angolare della Chiesa: vieni, e salva l'uomo che hai tratto dalla terra".

Si, il Signore è il Re crocifisso e risorto per tutte le genti, e la pietra angolare della salvezza. Come tale lo ha riconosciuto il popolo cristiano attraverso i secoli. Il recente Sinodo straordinario dei vescovi, richiamandosi al Vaticano II, ha riaffermato che "Cristo è la luce delle genti"; e pertanto "la Chiesa deve far si che questa luce risplenda chiaramente sul proprio volto", perché essa "si rende più credibile se parla meno di se stessa e predica sempre più Cristo crocifisso, e dà testimonianza con la propria vita" (cfr. "Relatio finalis", II, B, 2).


3. In questa domenica, che precede immediatamente il Natale, i bambini delle parrocchie di Roma sono venuti in Piazza San Pietro per far benedire i loro presepi. Cari bambini, sono lieto di vedervi e di esprimervi i più fervidi auguri di un gioioso e santo Natale. Benedico volentieri le statuine del Bambino Gesù che recate in mano. Guardando al presepio, al mistero della grotta di Betlemme, in cui il Figlio di Dio si è fatto Bambino come voi, potrete comprendere quanto sia grande la bontà da parte di Dio e quanto perciò dovete amarlo e farvi apostoli del suo amore presso i vostri compagni e amici, soprattutto presso quelli che soffrono per la malattia, la povertà e la solitudine.

Vi esorto a prepararvi al Natale con impegno e a irradiare nel mondo di oggi il messaggio di pace che proviene dalla grotta di Betlemme.


4. In modo particolare ci uniamo oggi con Colei che è la stella mattutina dell'Avvento. Maria porta sotto il suo cuore il Figlio di Dio. Si avvicina il giorno del compimento, quando lo dà al mondo. Maria è piena di santa attesa.

Recitando l'"Angelus" siamo particolarmente vicini alla Vergine di Nazaret. Vicino alla santa attesa, che riempie il suo cuore.

Data: 1985-12-22 Data estesa: Domenica 22 Dicembre 1985






GPII 1985 Insegnamenti - Ai cardinali e alla Curia romana - Città del Vaticano (Roma)