GPII 1986 Insegnamenti - Messaggio per l'incontro dei laici in Oceania - Città del Vaticano (Roma)



Al mio caro e venerabile fratello Denis Browne arcivescovo di Auckland.

Tramite lei voglio estendere il mio cordiale saluto a tutti coloro che si sono riuniti ad Auckland per il quinto della serie di incontri promossi dal Pontificio Concilio per i laici. Quando inizierà il vostro incontro io mi staro preparando a partire per la mia visita pastorale in India e mentre vi chiedo di pregare perché questa visita possa essere benedetta dalla grazia di Dio, vi assicuro che anch'io guardo con amore e con speranza verso voi che vi riunite per discutere il tema "La vocazione dei laici nella vita e nella missione della Chiesa in Oceania" per il prossimo Sinodo del 1987.

Il vostro incontro giunge in un momento provvidenziale nella vita della Chiesa di questo secolo. Vent'anni dopo la chiusura del Concilio ecumenico Vaticano II, rappresentanti del collegio dei vescovi riuniti insieme attorno al successore di Pietro, hanno espresso la loro unanime convinzione che il Concilio Vaticano II fu un dono di Dio alla Chiesa e al mondo. perciò invito voi miei cari fratelli e sorelle in Cristo a rinnovare in questi giorni la vostra adesione al Concilio e a riconoscere in esso un dono offerto dallo Spirito Santo alla Chiesa per il presente e per il futuro.

Dobbiamo essere consapevoli di ciò che il Signore desidera donarci in questo particolare momento. Il Concilio fu un dono e noi siamo chiamati in questo momento della vita della Chiesa a intensificare i nostri orientamenti e le sue direttive e rispondere alla sfida che esso offre. Esso è una sfida per ogni battezzato, uomo o donna, per ogni Chiesa locale, a giocare pienamente il proprio ruolo nella missione affidata all'intera Chiesa di annunciare la buona novella per la salvezza del mondo. Ciò richiede ai giorni nostri una speciale risposta dei laici. Non dobbiamo cadere nella tentazione di identificare la vita cristiana con i costumi generalmente accettati dalla società moderna.

Nelle parole di san Paolo "Non conformatevi alla mentalità del mondo ma lasciatevi trasformare da Dio con un completo mutamento della vostra mente, sarete così capaci di capire qual è la volontà di Dio, vale a dire ciò che è buono a lui gradito e perfetto". Allo stesso modo, ogni Chiesa locale deve cercare di rispondere all'azione dello Spirito Santo sforzandosi di tradurre il Concilio nei modi che rendono Cristo e il suo Vangelo presente nel contesto culturale e sociale di ogni paese e regione.

Il vostro incontro che riunisce vescovi, preti, laici e laiche da tutte le parti dell'Oceania è veramente un'espressione di quella varietà nell'unità che è caratteristica della Chiesa come mistero e come comunione. Ogni cultura, ogni regione porta qualcosa di prezioso e di unico alla famiglia del popolo di Dio, il Corpo di Cristo. Durante questi giorni ad Auckland sarete capaci di imparare l'uno dall'altro, in quel mutuo rispetto e amore che caratterizza i discepoli di Cristo.

Il vostro incontro includerà la riflessione sull'esperienza di quella "diversità di ministero ma unità di missione" di cui parlo il decreto sull'apostolato dei laici vent'anni fa (AA 2). Presterà anche particolare attenzione a ciò che la costituzione sulla Chiesa descrive come carattere secolare proprio e particolare della laicità, la specifica vocazione a dare una testimonianza cristiana al centro delle attività temporali. Particolare interesse sarà riservato a un altro grande rilievo del Concilio, cosiddetto chiamata alla santità e alla formazione cristiana.

Tutti questi temi sono importanti poiché la Chiesa guarda verso il terzo millennio di cristianità e in modo particolare dal momento che indirizziamo il nostro sguardo verso il Sinodo del 1987 dal tema "La vocazione e la missione dei laici nella Chiesa e nel mondo vent'anni dopo il Vaticano II". Questo Sinodo concerne l'intera Chiesa: vescovi, preti, diaconi, religiosi, religiose, laici.

Dovrebbe anche sottolineare uno stadio decisivo verso il recepimento della grazia del Concilio Vaticano II da parte dei laici. Vi invitiamo a prepararvi nelle vostre Chiese particolari. In questo modo noi tutti vivremo la nostra vocazione cristiana e la nostra comune missione in osservanza al dinamismo del Concilio.

Miei cari fratelli e sorelle in Cristo: il vostro incontro è un eccellente esempio del modo in cui questo invito trova una risposta. Nel tempo di preparazione che rimane prima del Sinodo del 1987, vi esorto a intensificare il dialogo tra ministri ordinati e laici uomini e donne, a tutti i livelli, portando ad esso la vostra esperienza sia di ciò che è stato positivo come delle difficoltà incontrate. Questo dialogo è qualcosa che deve implicare tutti i membri della comunità ecclesiale senza eccezione. Possa questo essere un tempo di più intensa collaborazione nella missione della Chiesa, un tempo di riflessione sulla parola di Dio e in particolare sul mistero del Battesimo e della Cresima. Soprattutto possa questo tempo essere un tempo di preghiera e di personale conversione nella quale aprirete maggiormente i vostri cuori all'azione rinnovatrice dello Spirito Santo così da essere portati a una maggiore unione con Cristo. La Chiesa richiama con profonda convinzione il Concilio insegnando che "il successo dell'apostolato dei laici dipende dalla vivente unione dei laici con Cristo" (AA 4).

Vi ringrazio per tutto ciò che state facendo per la Chiesa e poiché guardo con gioia alla mia visita pastorale in Oceania l'ultimo mese di quest'anno raccomando voi e tutti i partecipanti alla Beata Vergine Maria, Madre della Chiesa. Come gli apostoli riuniti nella stanza superiore voi siete chiamati a pregare insieme con Maria per il dono dello Spirito Santo. Tramite la sua intercessione possa il vostro incontro essere occasione di abbondanti grazie per la Chiesa e per l'intero popolo del vasto continente dell'Oceania. Su tutti i presenti invoco la grazie e la pace di nostro Signore Gesù Cristo e con profondo affetto imparto la mia benedizione apostolica.

Data: 1986-01-30 Giovedi 30 Gennaio 1986









Al Consiglio comunale di Roma - Città del Vaticano (Roma)

Città ricca di energie e valori da recuperare e promuovere


Signor sindaco, signori della Giunta e del Consiglio comunale di Roma.


1. Vi saluto con particolare cordialità in questa vostra prima visita al Vescovo di Roma, a pochi mesi dall'inizio del vostro mandato. Il nostro incontro per lo scambio degli auguri all'inizio dell'anno, va al di là della formalità dell'appuntamento previsto dalla tradizione, per trasformarsi in occasione di utili, reciproche riflessioni, rivolte all'obiettivo di un comune servizio.

Vi sono grato per la vostra presenza e rivolgo un vivo ringraziamento al signor sindaco per le nobili espressioni indirizzate alla mia persona a nome del Consiglio comunale e dell'intera Città, e per la bontà dei propositi manifestati, i quali si ispirano a quei valori di fondo, che in duemila anni hanno fatto di Roma una città al contempo unica e universale.

Il mio sincero e fervido augurio a tutti voi, che da pochi mesi siete stati eletti alla guida della Città, è di operare, con volontà costante e coerente, per il bene comune visto nella sua concretezza e nella sua globalità.


2. Amministrare una città come Roma richiede grande impegno: virtù non ordinarie e superiore equilibrio, e ciò già per le difficoltà insite nel governo di una metropoli moderna, capitale di uno Stato ad alta evoluzione culturale e civile.

Roma poi, ricchissima di storia antica e moderna, presenta esigenze sue proprie.

Essa infatti ha una configurazione peculiare che la rende - come ella stessa signor sindaco ha voluto definirla - "città allo specchio", immagine della vitalità e della civiltà del Paese e punto di riferimento per moltissime persone che vivono al di là dei confini nazionali.

Capitale politica dello Stato italiano unificato uscito dal Risorgimento, Roma è altresi diocesi del Papa, sede centrale della cattolicità, verso la quale si volgono gli occhi e i cuori dei credenti nel Salvatore dell'uomo, diffusi nei cinque continenti. Per la sua ricchezza culturale, per i suoi ineguagliabili tesori d'arte, ma soprattutto per il suo altissimo significato spirituale, Roma può dirsi patrimonio dell'intera umanità. Per questa sua insostituibile funzione, essa continuerà ad essere sentita da innumerevoli persone come una seconda patria, una sorta di ideale approdo dell'anima.

Roma, perciò, non appartiene soltanto ai cittadini iscritti alla sua anagrafe o che hanno la fortuna di vivere in questa terra benedetta da Dio, chiamata Italia. Essa appartiene ad ogni persona civile, che riconosce i valori della giustizia e del diritto; appartiene in particolare a coloro che condividono la fede di quanti ne bagnarono le zolle col sangue versato per Cristo.


3. Tuttavia Roma ha pure una sua vita a sé, come città degli uomini che qui sono alle prese col quotidiano, al centro, nelle borgate, nel vasto anello che la circonda e che ad essa confluisce con tutta la gamma dei problemi, gravi e complessi, propri delle grandi aree metropolitane. Problemi che richiedono di essere lucidamente individuati, coraggiosamente affrontati e in tempi ragionevoli positivamente risolti.

I problemi di Roma sono molti, anche se, per la più parte, non esclusivi della Città. Enormi e crescenti appaiono le difficoltà che un'amministrazione efficiente e organica deve oggi, in ogni città del mondo, quotidianamente affrontare per venire incontro alle esigenze dell'uomo. Non si tratta solo di difficoltà attribuibili a ritardi rispetto al ritmo vertiginoso del progresso moderno, ma anche di esigenze nuove che accompagnano lo stesso sviluppo. Quanto più elevato è il livello di vita sociale raggiunto, tanto più grandi si presentano le difficoltà che occorre ogni giorno affrontare e risolvere.

In questo quadro così dinamico, non si deve perdere mai di vista la finalità primaria del buon governo, che ne è insieme il criterio di misura: il servizio all'uomo. E' bene sottolinearlo: come ogni buon cittadino rende più vivibile la città, così una città più vivibile rende l'uomo più umano. Per raggiungere tale obiettivo tutti gli uomini di buona volontà, in prima fila gli eletti dal popolo, sono chiamati a mobilitarsi con prontezza e generosità.

Ci si può chiedere se siano città dell'uomo le metropoli moderne, e talora gli stessi agglomerati urbani di media grandezza, specie se capitali, dove i problemi diventano più acuti con l'intrecciarsi della rete dei rapporti nazionali e internazionali. Il fenomeno dell'espansione urbanistica incontrollata crea giganteschi alveari, con poco spazio per un vero respiro umano. Il problema della viabilità mette il cittadino nella condizione di un continuo logoramento fisico-psichico. La crisi edilizia costringe varie categorie di persone a vivere in alloggi di fortuna e ostacola i giovani che vogliono costruirsi una famiglia.

Il dissesto ecologico, col crescente inquinamento dell'aria e dell'acqua e con l'assordante rumore del traffico, mette a repentaglio la salute, distruggendo la quiete.

Negli ultimi anni sembrano essersi inoltre accentuati fenomeni quali il terrorismo e la violenza di ogni tipo - Roma ne ha fatto ancor di recente una ben triste esperienza -, la criminalità comune, l'uso della droga specie nel mondo giovanile e nelle diffuse aree dell'emarginazione: e tutto ciò sia per effetto di oscure trame anche internazionali, sia per il persistere di situazioni irrisolte di ingiustizia e di bisogno, sia infine per la caduta dei grandi, fondamentali valori.

Nell'esame di questo panorama dolorosamente negativo, un dato costante appare evidente: la città diventa meno umana là dove si attenua o degrada il senso morale e religioso.


4. Signor sindaco, egregi signori, noi tutti siamo convinti che Roma, pur partecipando, in misura diversa ai vari aspetti dei mali comuni, è una città ricca di energie positive e di inesauribili potenzialità di bene. In essa sono presenti con particolare vivacità numerose forze di ispirazione cristiana che, facendo capo alle parrocchie, agli Istituti religiosi, alla Caritas e ai vari Movimenti cattolici, recano un proprio fattivo contributo, in appoggio all'azione pubblica, per il ricupero dei drogati e per l'assistenza agli anziani, agli emarginati, ai profughi, ai diseredati. E' da auspicare che tale collaborazione si sviluppi e si rafforzi, in vista di una sempre più efficace e tempestiva risposta alle esigenze emergenti dalla Comunità.

Nella vostra esperienza di amministratori, voi avete già individuato i nodi più intricati delle vecchie e nuove difficoltà di Roma e coltivate il fermo proposito di recare un deciso contributo al loro scioglimento. Disoccupazione giovanile, casa, assistenza, nuove povertà: sono voci che nascondono drammi. Siano dunque in cima alle vostre preoccupazioni. Vi incoraggio, in modo speciale a dare la precedenza ai problemi riguardanti la famiglia e, in particolare, la famiglia giovane. Nel vostro programma attribuite indubbiamente la dovuta importanza al non trascurabile problema della moralità dell'amministrazione pubblica: eliminare gli abusi, evitare gli sperperi, far giungere il flusso delle provvidenze verso i bisogni primari, correggere il lassismo e il permissivismo: ecco altrettanti capisaldi di una feconda azione di governo della Città. La comunità non mancherà certo di comprendervi e di seguirvi in questa sempre ardua impresa, da cui dipende l'attuazione di ogni altra parte del programma. Roma continuerà a mostrare al mondo moderno il suo vero volto di capitale dei valori dello spirito se, con la saggezza e il coraggio del vostro impegno amministrativo, saprà muovere passi decisi sulla strada di una convivenza più umana.

E', questo, un campo di attività in cui tutte le forze sane e le organizzazioni impegnate, a cominciare dalle associazioni ecclesiali, non mancheranno di offrire la loro generosa collaborazione.

Accompagno il mio augurio di buon lavoro e il mio sincero incoraggiamento con un benedicente saluto a voi tutti, alle vostre famiglie, ai vostri collaboratori e all'intera cittadinanza romana.

Data: 1986-01-24 Venerdi 24 Gennaio 1986




Alla Plenaria della Congregazione per religiosi e secolari - Città del Vaticano (Roma)

La vita religiosa laicale espressione di consacrazione per il Regno



1. Con grande gioia vi saluto, carissimi membri della Plenaria della Congregazione per i Religiosi e gli Istituti secolari, che avete studiato in questi giorni un tema che mi sta particolarmente a cuore ed è oggi tanto importante per la vita religiosa nel suo insieme: "L'identità e missione dei fratelli negli Istituti laicali e negli Istituti clericali".

Il Concilio Vaticano II ha infatti voluto confermare i religiosi laici nel valore della loro vocazione religiosa con queste parole: "La vita religiosa laicale, tanto maschile quanto femminile, costituisce uno stato in sé completo di professione dei consigli evangelici" (PC 10). A vent'anni da quell'evento ecclesiale, avete voluto prendere in esame la situazione della vita religiosa laicale maschile per verificare i progressi, le difficoltà, le nuove prospettive, che questo genere di vita ha oggi nella Chiesa.

Sono convinto che questo stile di vita religiosa, che ha reso tanti servizi alla Chiesa nel corso della sua storia, rimane anche oggi quanto mai adatto alle nuove sfide apostoliche che la proclamazione del messaggio evangelico deve affrontare. Giustamente quindi voi desiderate mettere in evidenza le grandi possibilità che il Codice di diritto canonico contiene per lo sviluppo di questa vocazione nella Chiesa, e volete far si che il popolo di Dio sappia comprendere la dignità e l'utilità della vocazione religiosa laicale.


2. La vita religiosa è nata con una configurazione tipicamente laicale. E' sorta dal desiderio di alcuni fedeli cristiani di raccogliere più copiosi frutti della grazia battesimale e di liberarsi - mediante la professione dei consigli evangelici - dagli impedimenti che avrebbero potuto distoglierli dal fervore della carità e dalla perfezione del culto divino.

Alcuni chierici desiderarono partecipare a questa vita, che "più fedelmente imita e continuamente rappresenta nella Chiesa la forma di vita che il Figlio di Dio abbraccio", sia per dedicarsi meglio alla propria santificazione, sia per esercitare più proficuamente il loro apostolato. Gli Istituti clericali accettarono tuttavia religiosi laici, i quali lavorando in aiuto dei sacerdoti partecipavano al carisma dell'Istituto.

Alcuni fondatori si sentirono ispirati a creare congregazioni di soli laici per meglio esercitare "l'attività pastorale della Chiesa nell'educazione della gioventù, nell'assistenza agli infermi e in altri ministeri" (PC 10), che scaturiscono dalla consacrazione battesimale. Altri fondatori pensarono di creare Istituti, in cui i religiosi sacerdoti e i religiosi laici, in unione senza confusione, lavorassero uniti per il regno di Dio.

Così la vita religiosa laicale nella Chiesa, come espressione di totale consacrazione per il Regno, è espressione della santità della sposa di Cristo e contribuisce in maniera efficace e originale allo svolgimento della missione della Chiesa nell'evangelizzazione e nella molteplice ministerialità dell'apostolato.

Non si può pensare alla vita religiosa nella Chiesa senza la presenza di questa particolare vocazione laicale, aperta ancora oggi a tanti cristiani che possono in essa consacrarsi alla sequela di Cristo e al servizio dell'umanità


3. Il Concilio Vaticano II autorizzo gli Istituti religiosi laicali che lo desiderassero a ordinare sacerdoti alcuni loro membri, senza con ciò perdere il proprio carattere. Il medesimo Concilio parla di Istituti "non mere laicalia".

Tutto questo ci dimostra come lo Spirito Santo, che è sempre attivo nella Chiesa, fa germogliare dalla radice sempre giovane del battesimo e dall'antico tronco dei consigli evangelici, nuove strutture, nuovi Istituti, nuovi ministeri laicali.

Affermando che "lo stato di vita consacrata, per natura sua, non è né clericale ne laicale (CIC 588 § 1), il Codice di diritto canonico ha voluto riconoscere questa realtà, lasciando spazio alle possibilità che lo Spirito di Dio suggerisce per far fronte alle nuove necessità dell'apostolato.

Tuttavia, è sempre necessario che gli Istituti osservino la norma del CIC 578 di fedeltà al pensiero dei fondatori e al loro progetto, ufficialmente riconosciuto dalla Chiesa. La Congregazione per i Religiosi e gli Istituti secolari ha il compito di vigilare alla realizzazione di queste disposizioni così importanti.


4. Cari membri di questa Plenaria, dite ai fratelli - uso questo termine consacrato dall'uso, nonostante che in un medesimo Istituto i religiosi sacerdoti e i religiosi laici siano tutti "fratelli" nella comune vocazione - dite ai fratelli che approfondiscano sempre più la radice battesimale della loro consacrazione religiosa. Ricevendo, nel 1980, i religiosi laici di Roma, dicevo loro: "La vostra professione religiosa si pone, innanzitutto nella linea della consacrazione battesimale, ed esprime la bipolarità del sacerdozio universale, che in tale consacrazione si fonda.

Nella vita religiosa laicale, infatti, si attua l'offerta del sacrificio spirituale, l'esercizio del culto in spirito e verità, a cui ogni cristiano è chiamato; al tempo stesso, in essa risuona davanti al mondo la proclamazione chiarissima delle meraviglie della salvezza. Una duplice direzione, dunque, verso Dio e verso gli uomini, caratterizza la vostra vita; e alla base dell'una e dell'altra vi è lo stesso unico sacerdozio battesimale, nell'una e nell'altra si esprime il medesimo amore diffuso nel cuore dallo Spirito (cfr. Rm 5,5), in ambedue è vissuto in pienezza l'identico carisma del "laicato" conferito dalla grazia dei sacramenti dell'iniziazione cristiana" ("Insegnamenti", III/1 [1980], pp. 105-106).

E' necessario che i religiosi laici prendano coscienza del fatto di essere responsabili, accanto ai loro fratelli sacerdoti, di tutto ciò che può favorire la vitalità del proprio Istituto. Il Codice di diritto canonico apre ad essi molte possibilità di partecipazione alla vita e missione della propria famiglia religiosa, accentuando ovviamente quegli aspetti che dipendono strettamente dal carattere sacerdotale. Sarà compito dei capitoli generali lo studio più preciso e l'applicazione di tali possibilità, alla luce delle norme del diritto universale, e in un rinnovato impegno di fedeltà al carisma di fondazione, alla missione specifica di ciascun Istituto nelle attuali necessità della Chiesa.


5. Voglio ricordare a tutti i religiosi - laici e sacerdoti - la complementarietà del loro rispettivo cammino all'interno della stessa vita religiosa. Al religioso sacerdote, impegnato in molteplici attività pastorali, il confratello laico ricorda che la vita religiosa ha una dimensione comunitaria che non deve dimenticare. Al fratello, impegnato in umili lavori domestici o in compiti di servizio secolare, il sacerdote ricorda la dimensione apostolica di ciò che realizza. Inoltre, gli uni e gli altri, completandosi nei rispettivi servizi che rendono alla persona umana, sono una testimonianza viva che "la missione salvifica della Chiesa in rapporto al mondo deve essere presa nella sua integralità", come ha sottolineato il Sinodo straordinario ("Relatio finalis", 11, D, 6).

Desidero inoltre esprimere la mia gratitudine insieme a quella dell'intero popolo di Dio, per il lavoro dei fratelli in quei settori dell'apostolato tanto radicati nella tradizione della Chiesa e per i quali lo Spirito ha suscitato particolari carismi sempre attuali. Mi riferisco all'educazione della gioventù, alla cura degli infermi, alla molteplice presenza missionaria. Carismi e servizi insostituibili ancora oggi per una efficace presenza del Vangelo e una testimonianza incisiva dello spirito delle Beatitudini.


6. Davanti alla bellezza di questa vocazione dei fratelli nella Chiesa, alla completezza della loro identità religiosa e alle rinnovate possibilità di presenza, non mi resta che fare un duplice augurio. Il primo è che tutti i Pastori della Chiesa sappiano promuovere questa specifica vocazione di consacrazione religiosa, senza la quale mancherebbe qualcosa alla vitalità delle Chiese particolari, specialmente di quelle più giovani.

Il secondo augurio è per un'adeguata formazione teologica che vada di pari passo con le conoscenze professionali e tecniche, di cui i fratelli oggi hanno bisogno per adempiere adeguatamente il loro compito apostolico.


7. Ai fratelli religiosi dico specialmente che la Chiesa e il mondo attendono da essi la testimonianza di una vita santa e di quella perfezione nella carità alla quale conducono i consigli evangelici. Tale carità è stata spesso quel "profumo di Cristo", che misteriosamente hanno sparso nella vita della Chiesa tanti fratelli laici.

Una delle più grandi soddisfazioni del mio pontificato è stata quella di innalzare agli onori degli altari un gran numero di religiosi laici, tutti eminenti per la qualità dei servizi e per l'eroicità delle loro virtù. San Miguel Febres Cordero, professore e membro dell'Accademia della Lingua dell'Ecuador, sua patria; i beati Riccardo Pampuri, medico; André Bessette, taumaturgo; Alberto Chmielowski, pittore, ingegnere e fondatore; Geremia da Valachia, infermiere; Isidoro de Loor, ortolano e cuoco; Francisco Garate, il "perfetto portinaio".

Questo semplice elenco dimostra chiaramente che tutte le attività umane, dalle più semplici alle più elevate all'occhio del mondo, possono prendere la dimensione di autentici "ministeri laicali"; i quali, radicati nel battesimo e nella consacrazione religiosa, cantano la gloria di Dio e contribuiscono "all'attuazione di quella civiltà dell'amore che è il disegno di Dio per l'umanità, in attesa della venuta del Signore" (Messaggio del Sinodo straordinario al popolo di Dio, IV).

Maria, l'umile Vergine di Nazaret, modello di servizio e di consacrazione, alla cui protezione si richiamano le famiglie religiose, sia per tutti i fratelli Madre e Maestra di fedeltà evangelica. A lei affido i lavori della vostra Plenaria, affinché vi ottenga l'aiuto e la luce per trovare i mezzi più adatti per confermare, rinnovare e promuovere nel popolo di Dio le vocazioni religiose laicali, tanto necessarie per il presente e per il futuro della vita della Chiesa.

Data: 1986-01-24 Venerdi 24 Gennaio 1986




Messaggio per la Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali - L'opinione pubblica conformata alla verità alimenta il bene dell'umanità nel nostro tempo


Cari fratelli e sorelle, Il recente Sinodo straordinario dei vescovi, in occasione del ventesimo anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II, non ha inteso soltanto commemorare solennemente quell'evento destinato a segnare così profondamente la vita della Chiesa in questo secolo, ma ne ha fatto soprattutto rivivere lo spirito e ne ha ricordato gli insegnamenti e le decisioni. In tal modo, il Sinodo è stato una ripresa e un rilancio del Concilio Vaticano II nella vita della Chiesa.

Fra le iniziative suscitate dalle direttive conciliari merita senza dubbio particolare rilievo l'istituzione della "Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali" al fine di "rafforzare più efficacemente il multiforme apostolato della Chiesa circa gli strumenti della comunicazione sociale, in tutte le diocesi del mondo" (IM 18). Questa decisione - che manifesta il grande peso che i Padri conciliari attribuivano alle comunicazioni sociali - appare ancora più importante oggi, in cui esse registrano un influsso sempre crescente.

Fedele al desiderio del Concilio Vaticano II, la Chiesa in questi venti anni non ha mai tralasciato di celebrare la "Giornata delle Comunicazioni Sociali", assegnandole volta per volta un tema particolare. Quest'anno la "Giornata" sarà dedicata a considerare e ad approfondire il contributo che le Comunicazioni sociali possono dare alla formazione cristiana della pubblica opinione. Non è la prima volta che la Chiesa s'interessa di questo tema. "Il dialogo della Chiesa - ricordava nel 1971 l'Istituzione pastorale "Communio et Progressio" - non riguarda soltanto i fedeli, ma si estende a tutto il mondo.

Tanto il diritto all'informazione, riconosciuto a tutti gli uomini di cui essa condivide le sorti, quanto l'esplicito mandato divino (cfr. Mt 28,19) esigono che essa manifesti la sua dottrina e le sue opere" (Communio et Progressio, 122).

Paolo VI, a sua volta, aggiungeva nell'Esortazione apostolica "Evangelii Nuntiandi": "Nel nostro secolo, contrassegnato dai mass media o strumenti della comunicazione sociale, il primo annunzio, la catechesi o l'approfondimento ulteriore della fede non possono fare a meno di questi mezzi. Posti al servizio del Vangelo, essi sono capaci di estendere all'infinito il campo di ascolto della parola di Dio e fanno giungere la Buona Novella a milioni di persone. La Chiesa si sentirebbe colpevole dinanzi al suo Signore se non adoperasse questi potenti mezzi che l'intelligenza umana rende ogni giorno più perfezionati; servendosi di essi la Chiesa "predica sui tetti" il messaggio di cui è depositaria; in loro essa trova una versione moderna ed efficace del pulpito. Grazie ad essi riesce a parlare alle moltitudini" (EN 45).


2. La "pubblica opinione" consiste nel modo comune e collettivo di pensare e di sentire d'un gruppo sociale più o meno vasto in determinate circostanze di luogo e di tempo. Essa indica quello che la gente comunemente pensa su un argomento, un fatto, un problema d'un certo rilievo. La pubblica opinione si forma per il fatto che un gran numero di persone fa proprio, ritenendolo vero e giusto, quanto alcune persone o alcuni gruppi che godono d'una particolare autorità culturale, scientifica o morale pensano e dicono. Ciò mostra la grave responsabilità di coloro che per la loro cultura e il loro prestigio formano l'opinione pubblica o influiscono in qualche misura sulla sua formazione. Le persone, infatti, hanno diritto a pensare e a sentire in conformità con ciò che è vero e giusto, perché dal modo di pensare e di sentire dipende l'agire morale. Questo sarà retto se il modo di pensare sarà conforme alla verità.

Si deve rilevare, a questo proposito, che l'opinione pubblica ha un grande influsso sul modo di pensare, di sentire e di agire di quanti - o per la giovane età o per mancanza di cultura - sono incapaci di un giudizio critico. così sono molti coloro che pensano e agiscono secondo l'opinione comune, senza che siano in grado di sottrarsi alla sua pressione. Si deve anche rilevare che l'opinione pubblica influisce fortemente sulla formazione delle leggi. Non c'è dubbio, infatti, che l'introduzione in alcuni Paesi di leggi ingiuste, come ad esempio quella che legalizza l'aborto, è da attribuire alla pressione esercitata da una pubblica opinione a questo favorevole.


3. Da ciò appare l'importanze della formazione d'una opinione pubblica moralmente sana sui problemi che più da vicino toccano il bene dell'umanità nel nostro tempo.

Tra questi beni poniamo i valori della vita, della famiglia, della pace, della giustizia e della solidarietà tra i popoli.

E' necessario che si formi un'opinione pubblica sensibile al valore assoluto della vita umana, in modo che sia riconosciuto come tale in tutti gli stadi, dal concepimento alla morte, e in tutte le sue forme, anche quelle segnate dalla malattia e dagli handicap fisici e spirituali. Si va, infatti, diffondendo una mentalità materialistica ed edonistica, secondo la quale la vita è degna di essere vissuta solo quando è sana, giovane e bella.

E' necessario che sulla famiglia si formi una pubblica opinione retta che aiuti a superare alcuni modi di pensare e di sentire non conformi al disegno di Dio, che l'ha stabilita indissolubile e feconda. Purtroppo, va diffondendosi un'opinione pubblica favorevole alle unioni libere, al divorzio e alla drastica riduzione della natalità con qualsiasi mezzo; essa va rettificata perché nociva al vero bene dell'umanità, la quale sarà tanto più felice quanto più la famiglia sarà sana e unita.

Bisogna poi creare un'opinione pubblica sempre più forte in favore della pace e di ciò che la costruisce e la mantiene, come il reciproco apprezzamento e la mutua concordia tra i popoli; il rifiuto di ogni forma di discriminazione razziale e di nazionalismo esasperato; il riconoscimento dei diritti e delle giuste aspirazioni dei popoli, il disarmo, prima degli spiriti e poi degli strumenti di distruzione; lo sforzo di risolvere pacificamente i conflitti. E' chiaro che solo una forte opinione pubblica favorevole alla pace può fermare coloro che fossero tentati di vedere nella guerra la via per risolvere tensioni e conflitti. "I reggitori dei popoli - afferma la Costituzione pastorale "Gaudium et Spes" - dipendono in massima parte dalle opinioni e dai sentimenti delle moltitudini. E' inutile, infatti, che essi si adoperino con tenacia a costruire la pace, finché sentimenti di ostilità, di disprezzo e di diffidenza, odi razziali e ostinate ideologie dividono gli uomini, ponendoli gli uni contro gli altri. Di qui l'estrema urgente necessità di una rinnovata educazione degli animi e di un nuovo orientamento dell'opinione pubblica" (GS 82).

Infine, è necessaria la formazione d'una forte opinione pubblica a favore della soluzione degli angosciosi problemi della giustizia sociale, della fame e del sottosviluppo. Occorre, cioè, che questi problemi siano oggi meglio conosciuti nella loro tremenda realtà e gravità, che si crei una forte e vasta opinione pubblica a loro favore, perché solo sotto la vigorosa pressione di questa i responsabili politici ed economici dei Paesi ricchi saranno indotti ad aiutare i Paesi in via di sviluppo.


4. Particolarmente urgente è la formazione d'una sana opinione pubblica in campo morale e religioso. Al fine di porre un argine alla diffusione di una mentalità favorevole al permissivismo morale e all'indifferenza religiosa, occorre formare un'opinione pubblica che rispetti ed apprezzi i valori morali e religiosi, in quanto essi rendono l'uomo pienamente "umano" e danno pienezza di senso alla vita.

Il pericolo del nichilismo, cioè della perdita dei valori più propriamente umani morali e religiosi, incombe come grave minaccia sull'umanità di oggi.

Una corretta opinione pubblica deve essere formata poi circa la natura, la missione e l'opera della Chiesa, da molti vista oggi come una struttura semplicemente umana e non, qual'essa realmente è, come realtà misteriosa che incarna nella storia l'amore di Dio e porta agli uomini la parola e la grazia di Cristo.


5. Nel mondo attuale gli strumenti della comunicazione sociale nella loro molteplice varietà - stampa, cinema, radio, televisione - sono i principali fattori della pubblica opinione. E' grande, perciò, la responsabilità morale di tutti coloro che si servono di tali strumenti o ne sono gli ispiratori. Essi devono essere posti al servizio dell'uomo, e quindi della verità e del bene, che dell'uomo sono i valori più importanti e necessari. Quelli, perciò, che lavorano professionalmente nel campo della comunicazione sociale devono sentirsi impegnati a formare e diffondere opinioni pubbliche conformi alla verità e al bene.

In tale impegno devono distinguersi i cristiani, ben consapevoli che, contribuendo a formare opinioni pubbliche favorevoli alla giustizia, alla pace, alla fraternità, ai valori religiosi e morali, contribuiscono non poco alla diffusione del Regno di Dio, che è regno di giustizia, di verità e di pace. Dal messaggio cristiano, che è diretto al bene e alla salvezza dell'uomo, essi possono trarre ispirazione per aiutare i loro fratelli a formarsi opinioni corrette e giuste, perché conformi al piano di amore e di salvezza per l'uomo che Dio ha rivelato e attuato in Gesù Cristo. Infatti, la fede cristiana e l'insegnamento della Chiesa, proprio perché fondati in Cristo, via, verità e vita, sono luce e forza per gli uomini nel loro cammino storico.

Concludo questo messaggio con una speciale Benedizione per tutti coloro che lavorano nel campo della Comunicazione sociale con spirito cristiano di servizio alla verità e di promozione dei valori morali e religiosi. Assicurandoli della mia preghiera, desidero incoraggiarli in questo lavoro, che richiede coraggio e coerenza e che è un servizio alla verità e alla libertà. E', infatti, la verità che fa liberi gli uomini (cfr. Jn 8,32). perciò, lavorare per la formazione d'una pubblica opinione conforme alla verità è lavorare per la crescita della libertà.

Data: 1986-01-24 Venerdi 24 Gennaio 1986





GPII 1986 Insegnamenti - Messaggio per l'incontro dei laici in Oceania - Città del Vaticano (Roma)