GPII 1986 Insegnamenti - Alla Chiesa malankarese giacobita - Cochin (India)

Alla Chiesa malankarese giacobita - Cochin (India)

Impegno a rimuovere gli ostacoli alla piena comunione


Vostra beatitudine, cari fratelli in Cristo.

"Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo" (Ep 1,3).


1. Oggi faccio mie queste parole che san Paolo indirizzava ai cristiani di Efeso.

Lo faccio perché considero il nostro incontro di oggi una benedizione fatta discendere da Dio sulle nostre Chiese e in particolare sui cattolici e i siro-ortodossi dell'India. La gioia e la speranza che provo in questo momento non sono commisurati all'inevitabile brevità del nostro incontro, brevità dovuta unicamente al programma molto intenso della mia visita pastorale al vostro grande Paese.

E' una gioia per me rivedere vostra beatitudine e salutare lei, i suoi vescovi e tutti coloro che la accompagnano. Né ho dimenticato la sua presenza accanto a sua santità Ignatius Zakka Iwas I, patriarca della Chiesa siro-ortodossa di Antiochia, nel corso della visita che egli mi fece a Roma due anni or sono. La dichiarazione comune che ho firmato con lui in quell'occasione nelle sue implicazioni dottrinali e pastorali ha segnato un passo decisivo nei rapporti tra le nostre due Chiese sul nostro cammino verso l'unità. So che questa dichiarazione ha avuto molta risonanza qui, sia nella vostra Chiesa che tra i fedeli cattolici.

So anche che vostra beatitudine desidera sottolinearne l'importanza e che ha avanzato proposte per metterla in pratica. Queste proposte hanno trovato favorevole accoglienza presso molti cattolici. E' mia speranza che ben presto le nostre Chiese trovino nuovi ed efficaci modi di procedere insieme nel dialogo teologico e nella collaborazione pastorale.


2. Sua santità Zakka Iwas e io abbiamo affermato nella nostra dichiarazione comune: "Non dimentichiamo certo che è nostro dovere fare ancora tutto ciò che è nelle nostre capacità per realizzare la piena comunione visibile tra la Chiesa cattolica e la Chiesa siro-ortodossa di Antiochia, e imploriamo incessantemente il nostro Signore di accordarci quell'unità che è la sola a permetterci di dare al mondo una testimonianza del Vangelo concorde e unanime". E abbiamo proseguito col dire: "Ci impegniamo solennemente a fare tutto ciò che ci sarà possibile per rimuovere gli ultimi ostacoli che si frappongono ancora alla piena comunione tra la Chiesa cattolica e la Chiesa siro-ortodossa di Antiochia" (Roma, 23 giugno 1984).


3. Vostra beatitudine: è una benedizione di Dio il fatto che abbiamo qui la possibilità di confermare il nostro impegno e di invitare tutti i nostri fratelli nell'Episcopato e tutti i fedeli a farlo proprio. Poiché siamo chiamati ad essere una fonte di unità e di riconciliazione in seno alle nostre Chiese, tra le nostre Chiese e nel mondo, dobbiamo dare la debita importanza alla ricerca dell'unità a livello locale, dato che ogni divisione è un ostacolo alla diffusione del Vangelo e dunque all'adempimento della sua chiamata da parte della Chiesa. Insieme in questa Chiesa, dinanzi all'altare di Dio, possiamo noi udire di nuovo la sua chiamata a fare tutto quanto sta in noi per affrettare quel giorno benedetto in cui potremo celebrare insieme l'Eucaristia.

Questo incontro, per mezzo suo e dei vescovi e degli altri che la accompagnano, è per me un incontro con tutta la vostra Chiesa. Con fraterno amore per il mio fratello sua santità patriarca Zakka Iwas I, imploro l'abbondante benedizione di Dio su di lui, su vostra beatitudine, sul vostro clero e sul vostro popolo.

Data: 1986-02-07 Venerdi 7 Febbraio 1986




Alla Chiesa malankarese siro-ortodossa - Kottayam (India)

S'avvicini il giorno in cui celebreremo insieme l'Eucaristia


Vostra santità, cari amici e fratelli nel Signore.

"La grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi" (2Co 13,13).


1. E' per me una gioia salutarvi con queste parole di fede e speranza che furono indirizzate da san Paolo ai cristiani di Corinto. Benedetto sia lo Spirito di Dio che ci ha colmati d'amore e che ci guida nella pienezza della verità. E' questo stesso Spirito che instilla nei cuori dei battezzati in tutto il mondo il desiderio di riunirsi in perfetta unità per adempiere la volontà di Gesù.


2. La visita che vostra santità mi ha reso tre anni fa ha segnato una fase importante del nostro cammino verso una maggiore unità tra noi e con Cristo. E' con gratitudine che ricordo sia il nostro incontro sia il suo pellegrinaggio alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo.

Mi ha allora indirizzato parole che erano colme di speranza e di amore fraterno: "E' nostro compito", lei ha detto, "pentirci e ricreare la storia in sintonia con la volontà di Dio". Noi ora stiamo adempiendo la volontà del Signore, in un processo di cui il nostro incontro odierno, per quanto breve, è un segno certo. Non possiamo indugiare sul nostro cammino verso l'unità; ciò che ci divide - come ogni divisione tra coloro che credono in Cristo - è un ostacolo alla diffusione del Vangelo e all'adempimento della nostra chiamata.

So che vostra santità ha espresso in svariate occasioni il desiderio di vedere dei progressi nei fraterni rapporti tra cattolici e siro-ortodossi in India. Come le ho detto quando ha compiuto la sua storica visita alla Chiesa di Roma: "L'ecumenismo a livello locale ha importanza decisiva per la generale promozione dell'unità di tutti i cristiani. L'unità è una nota distintiva della comunità cristiana. La divisione nelle sue varie espressioni la offusca, talvolta la compromette".


3. Insieme a lei desidero che le nostre Chiese possano trovare presto modi efficaci per risolvere gli urgenti problemi pastorali che ci stanno di fronte, e che possiamo progredire insieme in amore fraterno e nel nostro dialogo teologico, poiché è attraverso questi mezzi che può concretizzarsi la riconciliazione tra i cristiani e la riconciliazione nel mondo. Posso assicurarle che la Chiesa cattolica, con l'impegno assunto nel Concilio Vaticano II, è pronta a partecipare appieno a questa impresa.

La gioia di salutare lei e la sua delegazione in questo luogo sacro, vostra santità, nutre le nostre speranze e la nostra preghiera. Possa il Signore affrettare il giorno in cui, superate le differenze che si frappongono tra noi, possiamo celebrare insieme l'Eucaristia, al suo santo altare.

La ringrazio per questo incontro, e imploro la benedizione di Dio onnipotente su vostra santità e sul clero e il popolo della vostra Chiesa. Siate certi del mio amore in Cristo Gesù nostro Signore.

Data: 1986-02-07 Venerdi 7 Febbraio 1986




Omelia allo Stadio per due nuovi beati - Kottayam (India)

Padre Kuriakose e suor Alfonsa testimoni di vita religiosa


"Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra" (Mt 11,25).

Cari fratelli e sorelle.


1. Queste sono le parole di Gesù di Nazaret, ed egli si rallegrava nello Spirito Santo quando le pronuncio. Quanto sono piene di significato per noi oggi! "Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli". Quali cose ha tenuto nascoste il Signore? Quali misteri ha rivelato? Davvero i più profondi, della sua vita divina, quelli noti qui sulla terra solo a lui, solo a Cristo stesso. Dice egli infatti: "Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare" (Mt 11,27).

E osservate, il Figlio rivela effettivamente queste cose. Allo stesso tempo egli rivela il Padre. Il Padre è rivelato attraverso il Figlio. E a chi rivela il Figlio queste cose? Le rivela a coloro che sceglie: "Perché così è piaciuto a te", dice Gesù al Padre. Egli rivela queste cose ai piccoli.


2. Oggi, in questa sacra liturgia, desideriamo unirci in modo particolare a Cristo Signore. Insieme a lui desideriamo benedire il Padre per il particolare amore che ha dimostrato a un figlio e a una figlia della Chiesa in India. Rendiamo lode a Dio per le sue innumerevoli benedizioni nel corso della bimillenaria esistenza della Chiesa sul suolo indiano. Con Cristo glorifichiamo il Padre per l'amore che ha dimostrato ai piccoli del Kerala e di tutta l'India.

La Chiesa in tutto il mondo si rallegra con la Chiesa in India nel momento in cui padre Kuriakose Elias Chavara e suor Alfonsa dell'Immacolata Concezione vengono innalzati al rango di beati nella grande comunione dei santi.

Quest'uomo e questa donna, entrambi membri della Chiesa siro-malabarese qui nel Kerala, hanno raggiunto grandi vette di santità attraverso la loro generosa cooperazione con la grazia di Dio. Ciascuno di essi possedeva un ardente amore di Dio, e tuttavia ciascuno ha seguito un cammino spirituale diverso.


3. Padre Kuriakose Elias Chavara nacque qui nel Kerala, e per quasi tutti i 65 anni della sua vita terrena opero generosamente per il rinnovamento e l'arricchimento della vita cristiana. Il suo profondo amore per Cristo lo colmo di zelo apostolico e lo rese particolarmente attento a promuovere l'unità della Chiesa. Con grande generosità collaboro con altri, in particolare fratelli sacerdoti e religiosi, nell'opera di salvezza.

Le numerose e fertili iniziative apostoliche in cooperazione coi padri Thomas Palackal e Thomas Porukara, padre Kuriakose fondo una Congregazione religiosa indiana maschile, ora nota col nome di Carmelitani di Maria Immacolata.

Successivamente, con l'aiuto di un missionario italiano, padre Leopoldo Beccaro, fondo una Congregazione religiosa indiana femminile, la Congregazione della Madre del Carmelo. Queste Congregazioni crebbero e fiorirono, e le vocazioni religiose vennero meglio capite e apprezzate. Grazie agli sforzi comuni dei membri di nuove famiglie religiose, le sue speranze e opere vennero moltiplicate molte e molte volte.

La vita di padre Kuriakose, così come le vite di questi nuovi religiosi, furono dedicate al servizio della Chiesa siro-malabarese. Sotto la sua guida o ispirazione, vennero intraprese numerose iniziative apostoliche: istituzione di seminari per l'educazione e la formazione del clero, introduzione di ritiri annuali, una casa editrice di opere cattoliche, una casa di ricovero per gli indigenti e gli incurabili, scuole di istruzione generale e programmi per la formazione dei catecumeni. Egli diede un contributo alla liturgia siro-malabarese e diffuse la devozione alla santa Eucaristia e alla sacra Famiglia. In particolare, si dedico all'incoraggiamento e al sostegno delle famiglie cristiane, convinto com'era del ruolo fondamentale della famiglia nella vita della società e della Chiesa.

Ma nessuna causa apostolica era più cara al cuore di questo grande uomo di fede che quella dell'unità e armonia in seno alla Chiesa. Era come se avesse sempre a mente la preghiera di Gesù, la sera prima del sacrificio sulla croce: "Perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola" (Jn 17,21). Oggi la Chiesa ricorda solennemente con amore e gratitudine tutti i suoi sforzi per resistere alle minacce di disunione e per incoraggiare clero e fedeli a mantenere l'unità con la Sede di Pietro e la Chiesa universale. La sua riuscita in questo, come in tutte le sue molte iniziative, era indubbiamente dovuta all'intensa carità e preghiera che caratterizzarono la sua vita quotidiana, alla sua intima comunione con Cristo e al suo amore per la Chiesa quale corpo visibile di Cristo sulla terra.


4. Suor Alfonsa dell'Immacolata Concezione, nata un secolo dopo padre Elias Kuriakose, avrebbe servito con gioia il Signore con progetti apostolici simili. Ed effettivamente aveva una devozione personale per padre Kuriakose sin dagli inizi della sua vita religiosa. Ma per suor Alfonsa il cammino della santità fu chiaramente diverso. Fu la via della croce, la via della malattia e della sofferenza. Già in giovanissima età, suor Alfonsa desidero servire il Signore come religiosa, ma non fu senza dure prove che riusci alla fine a perseguire questo obiettivo. Quando ciò divenne possibile, si uni alla Congregazione delle Clarisse francescane. Per tutta la sua breve vita, di soli 36 anni, rese continuamente grazie a Dio per la gioia e il privilegio della propria vocazione religiosa, per la grazia dei voti di castità, povertà e obbedienza.

Sin dagli inizi della propria vita, suor Alfonsa conobbe grandi sofferenze. Col passare degli anni, il Padre celeste le diede una ancor più piena partecipazione alla passione del suo amato Figlio. Ricordiamo come essa provo non solo dolore fisico di grande intensità ma anche la sofferenza spirituale dell'essere incompresa ed erroneamente giudicata dagli altri. Tuttavia accetto costantemente tutte le sue sofferenze con serenità e fiducia in Dio, fermamente convinta che esse avrebbero purificato i suoi intenti, la avrebbero aiutata a vincere ogni egoismo, e l'avrebbero unita più intimamente al suo diletto sposo divino. Al suo direttore spirituale scriveva: "Caro padre, poiché il mio buon Signore Gesù mi ama tanto, desidero sinceramente rimanere su questo letto di malattia e soffrire non solo questo, ma anche qualsiasi altra cosa, anche sino alla fine del mondo. Capisco ora che Dio ha voluto che la mia vita fosse un'oblazione, un sacrificio di sofferenza" (20 novembre 1944). Giunse ad amare la sofferenza perché amava il Cristo sofferente. Imparo ad amare la croce attraverso il proprio amore per il Signore crocifisso.


5. Suor Alfonsa sapeva che attraverso le sue sofferenze partecipava all'apostolato della Chiesa; trovo gioia in esse offrendole tutte a Cristo. In questo modo, sembro aver fatte proprie le parole di san Paolo: "perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa" (Col 1,24).

Era stata dotata da Dio di un carattere affettuoso e allegro, con una capacità di gioire delle cose comuni e semplici. Il fardello della sofferenza umana, nemmeno l'incomprensione o l'altrui gelosia, non potevano estinguere la gioia del Signore che le colmava il cuore. In una lettera scritta poco prima di morire, in un momento d'intensa sofferenza fisica e mentale, diceva: "Mi sono data completamente a Gesù. Si compiaccia egli di curarsi di me. Il mio solo desiderio in questo mondo è di soffrire per amore di Dio e di rallegrarmi nel farlo" (febbraio 1946).

Sia padre Kuriakose che suor Alfonsa danno testimonianza della bellezza e della grandezza della vocazione religiosa. E vorrei cogliere quest'occasione per rivolgere in particolare i miei pensieri ai religiosi e alle religiose che sono qui presenti, nonché a tutti i religiosi dell'India.

Ognuno di coloro che sono stati battezzati in Cristo ha scoperto una "perla di grande valore" e un "tesoro" che vale tutti gli averi che si hanno (cfr Mt 13,44-45). Poiché tutti i battezzati partecipano alla vita stessa della santissima Trinità e sono chiamati ad essere la "luce" e il "sale" del mondo (cfr Mt 5,13-16). Tuttavia all'interno della grande famiglia della Chiesa, Dio nostro Padre chiama alcuni di voi a seguire Cristo più da vicino e a dedicare le vostre vite con una speciale consacrazione mediante la professione di castità, povertà e obbedienza. Voi, religiosi della Chiesa, date pubblica testimonianza del Vangelo e del primato dell'amore di Dio. Attraverso l'impegno permanente e la fedeltà perpetua ai vostri voti, cercate di crescere in unione con Cristo e di contribuire in modo peculiare alla vita e alla missione della Chiesa. E quale contributo vitale è il vostro! In una ricca varietà di forme, vivete appieno la vostra consacrazione evangelica. Alcuni di voi hanno ascoltato la chiamata personale del Signore alla vita contemplativa, nella quale, benché nascosti agli occhi del mondo, offrite le vostre vite e preghiere, per il bene di tutta l'umanità. Altri sono stati chiamati a una vita apostolica attiva, nella quale servite nell'insegnamento, nel campo della salute, nel lavoro parrocchiale, nei ritiri, nelle opere di carità e in molte forme di attività pastorale.

In qualunque modo servite, cari fratelli e sorelle in Cristo, non dubitate mai del valore della vostra vita consacrata. Che il vostro servizio assomigli alle grandi iniziative apostoliche di padre Kuriakose, o che assuma la forma di sofferenza segreta come per suor Alfonsa, qualunque esso sia, è importante nella vita della Chiesa. Ricordate le parole di san Paolo, nella seconda lettura di oggi: "Noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio" (Rm 8,28). Anche quando vi sentite scoraggiati o prostrati da mancanze o peccati personali, abbiate ancor più fiducia nell'amore di Dio per voi.

Rivolgetevi a lui per averne misericordia, perdono e amore. Poiché, come dice san Paolo nella stessa lettera, "lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza" (Rm 8,26). E' in lui che troviamo la nostra forza, il nostro coraggio e la nostra gioia.

Senza il vitale contributo dei religiosi e delle religiose, la carità della Chiesa sarebbe sminuita, il suo dar frutti sarebbe di minore portata.

Così, prego perché la beatificazione di questi due religiosi esemplari dell'India vi dia rinnovato zelo nella vostra preziosa vocazione. Nel vostro amore per Cristo possiate essere ispirati dal loro fervore. E come loro possiate mantenere la semplicità dei "piccoli" del Vangelo. Siate puri di cuore e colmi di compassione. Siate sempre desiderosi di piacere al Signore. Poiché è ai piccoli che i misteri di Dio sono rivelati (cfr Mt 11,25).


6. E ora, desidero salutare tutti coloro che sono venuti a Kottayam per questa celebrazione. Con rispetto e stima ringrazio tutti gli altri cristiani oltre che i nostri fratelli indù e musulmani e i seguaci delle altre religioni che oggi mi onorano con l'essere qui. Sono grato della presenza delle autorità civili e invoco su tutti benedizioni di gioia e di pace. Davvero straordinaria è questa giornata nella storia della Chiesa e della cristianità in terra indiana. Essa è anche importante nella storia del ministero pastorale del Vescovo di Roma, il successore di san Pietro. E' la prima volta che egli ha avuto la gioia di innalzare alla gloria degli altari un figlio e una figlia della Chiesa in India, nella loro terra natia.

Pertanto cantiamo insieme al salmista nella liturgia di oggi.

Insieme rendiamo grazie: "E' bello dar lode al Signore / e cantare al tuo nome, o Altissimo. / Poiché mi rallegri, Signore, con le tue meraviglie, / esulto per l'opera delle tue mani. / Come sono grandi le tue opere, Signore!" (Ps 91,2-6a


7. Davvero straordinario questo giorno! Dice il profeta Isaia: "Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri" (Is 55,9).

Oggi ci è dato penetrare ancor più a fondo in questi pensieri divini. Ci è dato conoscere meglio le vie del Signore. E osservate, quali vie! Quali vie! Scrive l'Apostolo: "Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinati li ha anche chiamati; quelli che ha chiamati li ha anche giustificati, quelli che ha giustificati li ha anche glorificati" (Rm 29-30).

Sono questi i pensieri divini. Sono queste le vie del Signore. Oggi ci è dato vedere come questi pensieri si adempiono nel beato Elias Kuriakose e nella beata suor Alfonsa. Oggi vediamo come queste vie di Dio conducono attraverso i loro cuori, attraverso il loro pellegrinaggio terreno alla gloria degli altari.


8. "Si, o Padre", dice Gesù, "perché così è piaciuto a te" (Mt 11,26). E prosegue: "Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorero.

Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero" (Mt 11,28-30).

Così parla Gesù. E parla a ciascuno. Siamo chiamati alla santità. Siamo chiamati alla comunione con lui; col suo cuore, con la sua croce, con la sua gloria. così parla Gesù. E insieme a Gesù il beato Kuriakose e la beata Alfonsa. I loro cuori sono uniti al Cuore del Divino Redentore e sono colmi d'amore per tutti i figli e le figlie della vostra terra benedetta. Amen.

Data: 1986-02-08 Sabato 8 Febbraio 1986




Incontro di preghiera all'aeroporto - Trivandrum (India)

Sviluppo economico e strumenti tecnici a servizio dell'uomo


Amatissimi in Cristo.


1. Il mio pellegrinaggio mi ha portato a Trivandrum! A voi, miei fratelli e sorelle di questa parte del Kerala, ripeto il saluto dell'apostolo Paolo: "Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo" (Ph 1,2). Grazia e pace: grandi doni dell'amore di Dio che soddisfano aspirazioni profonde dei nostri cuori umani! Venendo dall'aeroporto ho avuto modo di visitare la cattedrale di san Giuseppe e la cattedrale di Santa Maria. Queste visite hanno un simbolismo particolare. Esse esprimono la pienezza della comunione ecclesiale e della pace tra noi: tra il successore di Pietro e le vostre Chiese locali, le diocesi latine di Trivandrum, Quilong e Punalur, e la Sede Metropolitana siro-malankarese di Trivandrum.

In questo spirito di unità nel Corpo mistico di Cristo saluto cordialmente i miei fratelli vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, nonché i fedeli di tutte le diocesi qui rappresentate. Mentre innalziamo i nostri cuori e le nostre menti a Dio onnipotente - Padre, Figlio e Spirito Santo - possiamo noi provare una gioia profonda nella nostra solidarietà di discepoli del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo! Alle illustri autorità civili e ai rappresentanti delle varie Chiese cristiane e ai nostri fratelli e sorelle di altre tradizioni religiose esprimo i miei calorosi sentimenti di rispetto e di stima.


2. In questa fase del mio pellegrinaggio attraverso l'India desidero approfittare di questa visita a Trivandrum per indirizzare una particolare parola d'affetto alla Chiesa siro-malankarese della quale Trivandrum è la Sede Metropolitana, sotto la guida dell'arcivescovo Mar Gregorios.

La vostra Chiesa, amati fratelli e sorelle, risale nelle sue origini all'apostolo san Tommaso. Voi avete una tradizione liturgica antichissima, che ebbe origine ad Antiochia, dove i seguaci di Gesù vennero per la prima volta chiamati "cristiani" (Ac 11,26). Per oltre sedici secoli la vostra comunità rimase in ininterrotta comunione con la Sede di Pietro. Poi vi furono una serie di difficoltà che interruppero questa comunione.

Ma questo secolo è stato contrassegnato in modo indelebile dalla luminosa figura dell'arcivescovo Mar Ivanios, che trovo saggezza e sensibilità alla causa dell'unità cristiana nel mio predecessore Pio XI, al quale rese una storica visita nel 1932.

Sono molto lieto di sapere che l'ultimo periodo della storia della vostra Chiesa è stato un tempo di crescita e di rigogliosa vita cristiana. La fondazione del Seminario Maggiore dedicato a Maria, Madre della Chiesa, è un segno della vostra vitalità. Esso dà grandi speranze di ulteriore forza e consolidamento nel futuro.

Nel 1980 ho avuto il grande piacere di inviare il cardinale Rubin quale mio rappresentante personale alle celebrazioni del Giubileo. E oggi mi è stata concessa la grazia di farvi visita di persona. Oggi desidero incoraggiarvi nella vostra fede, nella fedeltà alle vostre antiche tradizioni, nei sinceri sforzi per promuovere fraterni rapporti coi vostri fratelli e sorelle delle Chiese Giacobita e Ortodossa e di altre Comunioni ecclesiali. Possa essere vostra aspirazione costante che giunga presto il tempo in cui si realizzi la preghiera di nostro Signore per una perfetta unità tra tutti i suoi discepoli (cfr Jn 17,21), di modo che in ogni luogo e in ogni epoca la Chiesa possa brillare come "un popolo adunato dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" (cfr san Cipriano, "De oratione Dom.", 23: PL 4,536 LG 4).


3. Al vescovo Jacob e a tutti i sacerdoti, religiosi e laici della diocesi latina di Trivandrum esprimo fraterno amore in nostro Signore Gesù Cristo. Affido all'amorevole intercessione della nostra Beata Madre la vita delle vostre parrocchie, scuole e collegi, nonché le organizzazioni di carità e pastorali che grandemente contribuiscono alla vostra vita diocesana. Quale umile serva del Signore (cfr Lc 1,48), Maria è di fronte a voi quale perfetto modello del vostro quotidiano servizio alle comunità ecclesiali e civili nelle quali proclamate il messaggio di vita del Vangelo (cfr Jn 10,10) e siete efficaci testimoni del comandamento evangelico dell'amore (cfr Jn 13,34). Oggi il successore di Pietro è molto felice di essere in mezzo a voi. Prego che la mia visita vi sia di conforto e d'incoraggiamento.


4. Fratelli e sorelle in Cristo: in quanto cristiani siamo mandati per servire.

Cristo stesso disse: "Io sto in mezzo a voi come colui che serve" (Lc 22,27). Il servizio è un cammino che ha l'esemplificazione più chiara nella vita e nel ministero di Gesù. Anche noi dobbiamo camminare lungo questa via. L'infante nella mangiatoia di Betlemme, il bambino perdutosi nel tempio, il falegname di Nazaret, colui che insegna seduto presso il pozzo di Sicar (cfr Jn 4,6), il maestro che lava i piedi dei suoi discepoli (cfr Jn 13,5), il Figlio dell'uomo che dà la vita per i propri amici (cfr Jn 15,13): sono queste alcune delle immagini dell'amore di Dio per l'uomo all'opera attraverso Gesù nelle vicende della storia umana.

Nelle solenni parole di san Paolo, Gesù "pur essendo di natura divina, non considero un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spoglio se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini" (Ph 2,6-7).

Anche la Chiesa è chiamata a seguire nella sua vita e nel suo ministero il modello del servizio di Gesù. Come lui la Chiesa deve agire in spirito di servizio verso la famiglia umana. Per essa, servire la famiglia umana è servire Cristo suo Signore. In questo senso alcune espressioni del Concilio Vaticano II sono una sfida costante per noi: "La Chiesa circonda di affettuosa cura quanti sono afflitti dalla umana debolezza, anzi riconosce nei poveri e nei sofferenti l'immagine del suo fondatore povero e sofferente, si premura di sollevarne l'indigenza, e in loro intende di servire a Cristo" (LG 8).

Non è stata forse questa l'esperienza dei santi in ogni epoca e luogo? Non è forse questo l'esempio lasciatovi da una moltitudine di uomini e donne che sono stati testimoni di Cristo in questa regione del Kerala? Non è forse questa l'opera delle vostre parrocchie e delle vostre istituzioni oggi? Non sono forse molti di voi personalmente impegnati in molteplici forme di servizio ai vostri fratelli e sorelle bisognosi, senza discriminazione e senza ricerca di profitto o vantaggi terreni?


5. La Chiesa qui, e in tutta l'India, è una Chiesa di servizio. Essa riconosce il proprio fondatore povero e sofferente sul volto di tutti coloro, vecchi e giovani, che sono vittime della povertà in qualsiasi sua forma.

Nel regno messianico di Cristo i poveri e i sofferenti hanno un posto particolare. A loro infatti appartiene il regno: "Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio" (Lc 6,20). I segni della presenza del regno di Dio sono la predicazione della buona novella ai poveri, la proclamazione della liberazione ai prigionieri, il ridare la vista ai ciechi, il rimettere in libertà gli oppressi, la proclamazione di un anno di grazia del Signore (cfr. Lc 4,18-19). Tutto ciò significa che il servizio della Chiesa a favore del regno di Dio si adempie nel suo servizio verso i poveri e i sofferenti.

La Chiesa non esclude dalla propria compassione e amorevole servizio.

Come una buona madre, essa ama tutti: bambini, giovani, anziani, operai, senza tetto, affamati, handicappati, coloro che soffrono nello spirito, e coloro che riconoscono i propri peccati e così provano attraverso di essa il contatto risanatore di Cristo. A ciascuno, ma ai poveri in particolare, la Chiesa offre la buona novella della dignità umana e soprannaturale dell'uomo.

In Cristo, l'uomo è stato innalzato allo stato di figlio di Dio. Egli è un figlio di Dio, chiamato a vivere in dignità in questo mondo e destinato alla vita eterna. La Chiesa è la casa sia del povero che del ricco, perché "Dio non bada a persona alcuna" (Ga 2,6). Tuttavia ciascuna comunità nella Chiesa deve compiere uno sforzo particolare affinché in essa i poveri si sentano pienamente a casa propria. Per questa ragione la Chiesa stessa, "con umiltà e abnegazione" (LG 8), deve essere pronta a seguire le vie dei diseredati e di coloro che invocano giustizia. In questo modo essa cammina sulle orme del suo Signore, il quale "spoglio se stesso, assumendo la condizione di servo" (Ph 2,7).


6. Vent'anni fa il Concilio Vaticano II riconobbe chiaramente che noi siamo "in un tempo in cui lo sviluppo della vita economica, purché orientata e coordinata in una maniera razionale e umana, potrebbe attenuare le disparità sociali" (GS 63). Ma allo stesso tempo il Concilio previde - e in modo giusto - che il progresso materiale troppo spesso serve solo a intensificare tali disparità.

Ciò che è necessario per una maggiore giustizia sociale è questo: che lo sviluppo economico e gli strumenti tecnici che esso genera siano posti al servizio dell'uomo: al servizio di tutto l'uomo, e di ciascun uomo - ciascun uomo, donna e bambino - senza intollerabili forme di discriminazione.

Nella sua enciclica sociale "Mater et Magistra" (MM 73), Papa Giovanni XXIII rivendico un principio che è interamente valido anche oggi: "Allo sviluppo economico si accompagni e si adegui il processo sociale, cosicché degli incrementi produttivi abbiano a partecipare tutte le categorie di cittadini".

Inoltre, il progresso economico e sociale deve essere diretto al benessere integrale della persona umana. Ciò significa che la persona non deve essere considerata mero strumento di produzione. Essa deve essere trattata conformemente alla sua dignità umana e in accordo coi suoi bisogni che non sono solo materiali, ma anche culturali e spirituali.

L'India capisce la natura spirituale della persona umana. La vostra cultura fa si che voi siate sensibili ai valori trascendenti che sono parte imprescindibile dell'attività umana e di tutti i rapporti. Il mondo si trova di fronte a questa sfida: lo sviluppo deve essere effettivamente armonizzato con la promozione della dignità spirituale della persona e dei suoi inalienabili diritti.

Voi possedete un'antica saggezza, che afferma che non è solo il progresso materiale che giova a un popolo e a una nazione, quanto piuttosto la pace sociale e la libertà che ne risultano, ivi compresa la libertà di coscienza e di religione.


7. Fratelli e sorelle della Chiesa cattolica: in quanto cittadini del vostro Paese avete il diritto e il dovere di contribuire al progresso della società civile alla quale appartenete. Vi incoraggio a farlo in spirito di servizio, nello spirito di Cristo che ci ha insegnato il significato più pieno dell'amore. Come dice san Giovanni: "Da questo abbiamo conosciuto l'amore: egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli. Ma se uno ha ricchezze di questo mondo e vedendo il suo fratello in necessità, gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui l'amore di Dio? Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità" (1Jn 3,16-18).

In cooperazione con tutti gli uomini di buona volontà, le Chiese locali hanno un ruolo vitale da svolgere nell'alleviare disagi e sofferenze. Molto si può fare, come dice il Concilio, "per aiutare tutti gli uomini... affinché scoprendo più chiaramente le esigenze della loro vocazione totale, rendano il mondo più conforme all'eminente dignità dell'uomo" aspirino a una fratellanza universale e superiore, e possano rispondere, sotto l'impulso dell'amore, con uno sforzo generoso e congiunto, agli appelli più pressanti della nostra epoca" (GS 91). Per quanto possibile, vanno intensificate le attività formative in modo da permettere alla generazione più giovane di far fronte alle realtà della vita con coraggio, e di assumere un ruolo responsabile nello sforzo di migliorarle. La Chiesa ha anche il compito particolare di sostenere la santità della vita familiare essenziale per il benessere dei singoli e della società.

Operando per il bene comune, che comprende il benessere sia materiale sia spirituale di tutti i settori della popolazione, la Chiesa adempie al proprio ruolo di servizio. In tutti i vostri sforzi vi affido alla Beata Vergine Maria e a san Giuseppe, ai quali sono dedicate le cattedrali di Trivandrum. Maria e Giuseppe hanno incoraggiato Gesù a servire. Attraverso le loro preghiere e il loro esempio lo fanno per noi anche oggi.

Fratelli e sorelle: "E tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù" (Col 3,16).

Data: 1986-02-08 Sabato 8 Febbraio 1986





GPII 1986 Insegnamenti - Alla Chiesa malankarese giacobita - Cochin (India)