GPII 1986 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Solo nella verità l'uomo si incontra con Dio



1. "Miserere mei Deus secundum magnam misericordiam tuam".

Dal Mercoledi delle ceneri, la Chiesa è entrata del periodo di Quaresima: un periodo di penitenza e di riconciliazione con Dio mediante la croce di Cristo. Questa riconciliazione costituisce il frutto della grazia della redenzione, che viene offerta sovrabbondantemente all'uomo di tutte le generazioni ed epoche, di tutte le nazioni e razze. Viene offerta a ciascuno di noi dallo Spirito Santo, che "ci è stato dato".


2. Meditiamo dunque il Salmo 50, nel quale l'uomo eternamente si incontra con la grazia di Cristo. Questa grazia raggiunge lo spazio dell'uomo interiore, tocca le coscienze.

Ecco, l'uomo del Salmo 50 dice: "Riconosco la mia colpa, / il mio peccato mi sta sempre dinanzi. / Contro di te, contro te solo ho peccato, / quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto" (Ps 50,5-6).

L'uomo si presenta davanti a Dio in tutta la sua verità interiore.

Questa è la verità della coscienza. Si rispecchia in essa la legge morale, che è conosciuta dall'uomo: essa infatti non solo è confermata dalla rivelazione, ma è anche scritta nel cuore di ognuno. Questa legge culmina nel comandamento dell'amore. Alla luce di questa legge - e ancor più alla luce dell'amore rivelato nella croce di Cristo - l'uomo vede la sua propria vita e il suo proprio comportamento, i propri pensieri, le parole e le opere. Vede nella verità. E attraverso questa verità si incontra con Dio. Non può incontrarsi con lui se non nella verità. In questo consiste l'insostituibile grandezza della coscienza. La Quaresima interpella ed esorta con particolare vigore le nostre coscienze.

La Chiesa dice a ciascuno di noi: bisogna che tu, alla luce della Pasqua di Cristo, trovi la verità su te stesso. Bisogna che tu intraprenda la fatica interiore che vi è connessa. Questa è una fatica salvifica. Senza di essa non è possibile vivere da cristiano, anzi, neppure da uomo. Non avere paura della fatica della verità. Essa infatti "libera". Ecco il tempo dell'esame di coscienza.

Chiediamo alla Genitrice di Dio che questo invito della Quaresima trovi la risposta delle coscienze umane.

[Dopo l'Angelus:] Una particolare parola di ringraziamento desidero rivolgere a tutti coloro che hanno accompagnato con la loro preghiera la mia visita pastorale in India. In special modo sono grato agli ammalati che mi sono stati vicini con l'offerta delle loro sofferenze. Questo valido sostegno spirituale mi è stato di conforto. Confido che, grazie all'assidua implorazione di tante anime buone, il pellegrinaggio compiuto in quella grande nazione, possa dare frutti di bene. Oggi pomeriggio, come di consuetudine, iniziero, insieme con i miei collaboratori della Curia Romana, gli esercizi spirituali, che occuperanno la prima settimana di Quaresima. Chiedo il soccorso delle vostre preghiere, affinché questo periodo di riflessione e di preghiera sia confortato dalla luce dello Spirito Santo e sia guidato è sorretto dalla protezione di Maria Santissima.

Data: 1986-02-16 Domenica 16 Febbraio 1986




Omelia nella parrocchia di Sant'Agostino - Roma

Dalla notte dell'esodo alla notte pasquale



1. "Il Signore ci fece uscire dall'Egitto" (Dt 26,8).

Entriamo nei grandi temi biblici della Quaresima. Il primo di essi è la liberazione dalla schiavitù dell'Egitto, come abbiamo ascoltato dalla liturgia della Parola. Questo tema è al centro della Pasqua dell'antica alleanza. In pari tempo esso ci conduce in un certo senso nel cuore stesso del mistero pasquale della nuova alleanza. Con l'espressione "Arameo errante", che abbiamo ascoltato nella prima lettura, l'autore sacro intende riferirsi alla storia di Israele. Il termine errante richiama l'idea di chi è in cerca di una strada che conduca a un sicuro approdo, a una terra dove non si senta più straniero e pellegrino, ma viva in pienezza la sospirata libertà. Dio esaudisce tale aspirazione: riscatta il popolo di Israele dalla schiavitù d'Egitto, lo guida nella Terra promessa, lo introduce nell'alleanza e ne fa il suo popolo.

Nello smarrimento, a causa delle numerose trasgressioni dell'alleanza, Dio promette al popolo eletto una nuova alleanza, che sarà sancita col sangue del proprio figlio Gesù sulla croce. La Chiesa, espressione della nuova alleanza, rappresenta la continuità d'Israele, che errava in cerca della salvezza. Essa è il nuovo Israele che presuppone e supera l'antico, in quanto ha la forza necessaria per vivere in corrispondenza alle esigenze dell'alleanza divina, non mediante l'obbedienza alla legge antica che dava la conoscenza, ma non la salvezza di Dio, bensi mediante la fede in Cristo Salvatore, nostra Pasqua, perché ci libera dalla schiavitù del peccato e ci introduce alla gioia della familiarità col Padre.


2. Il Salmo responsoriale è come un'eco clamorosa dell'esperienza descritta nella prima lettura dall'Esodo. Esso risuona nella liturgia pasquale quasi tutti i giorni. E' il canto di un affidamento assoluto a Dio, che libera e dà sicurezza a colui che si mette sotto la sua protezione: "Tu che abiti al riparo dell'Altissimo / e dimori all'ombra dell'Onnipotente, / di' al Signore: "Mio rifugio e mia fortezza / mio Dio, in cui confido"" (Ps 90,1-2).

In cammino verso Dio, ogni credente, come l'Arameo errante, è un pellegrino che avanza tra rischi e pericoli ("camminerai su aspidi e vipere", v.


11), ma il Signore lo libera da essi e lo conduce verso la salvezza, verso l'intimità con lui, meta di ogni pellegrino quaggiù sulla terra.


3. Il Vangelo (Lc 4,1-13) dimostra chiaramente che la Chiesa, insieme con Gesù di Nazaret, inizia la via messianica: la via che conduce alla liberazione messianica della nuova alleanza. E' la liberazione dal male radicale: dalla morte e dal peccato, attuata nel mistero pasquale. La via a tale liberazione inizia con la triplice vittoria sul tentatore. La tentazione conduce al peccato. Vincere la tentazione vuol dire vincere il peccato, per così dire, "alla radice". Gesù vince il tentatore proprio così. E lo insegna a tutti noi.

Si, alla radice! E la radice alla quale bisogna mettere la scure è il proprio io: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso" (Lc 9,23).

Finché non si mette la scure al proprio egoismo, sempre rinascente, non si può avanzare nel cammino segreto della nuova alleanza, le cui esigenze sono state così drammaticamente disegnate nelle tentazioni di Gesù nel deserto, dove egli ha respinto le seduzioni delle affermazioni egoistiche umane per aderire pienamente al piano divino. Rinunciando alle ambizioni del proprio io, egli è in grado di uniformarsi alla "Parola" (sta scritto!), quale espressione della volontà del Padre. In virtù di questa "Parola" Gesù ha superato le tentazioni dell'autonomia da Dio: "non di solo pane vivrà l'uomo"; del miracolismo: "Se sei figlio di Dio buttati giù" e dell'idolatria del potere: "Ti daro tutta questa potenza" (Lc 4,4 Lc 4,6 Lc 4,6). Superando queste tre tentazioni, in cui era caduto nel deserto il popolo d'Israele, Gesù ci ha dato un esempio di come dobbiamo comportarci davanti alle seduzioni del mondo. Il tempo di Quaresima è tempo quanto mai utile per l'ascolto della Parola e soprattutto per la realizzazione delle sue esigenze per trasformare il nostro vecchio "io" in una nuova creatura che vive in conformità non alla propria volontà, ma a quella divina, per impiantare realmente dentro di sé il regno di Dio. Solo così si potrà vincere, sull'esempio di Gesù, la sempre risorgente tentazione in un cristianesimo facile e accomodante.


4. Il testo della seconda lettura ci dice che la causa della nostra salvezza è l'evento pasquale realizzatosi in Cristo (vv. 8-9), e ci invita a non ripetere il peccato commesso dagli Israeliti nel rifiutare Gesù, ma a sperare nella giustizia che proviene da lui. Israele guardava verso la notte dell'Esodo e con questo ricordo si stimolava all'affidamento a Dio che salva. La Chiesa insieme con l'Apostolo guarda verso la notte pasquale e vi trova stimolo alla fede salvifica, la cui sorgente è il mistero pasquale di Cristo: "se confesserai... che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo" (Rm 10,9).

Con queste parole san Paolo ci esorta a prendere sempre maggiore coscienza che abbiamo bisogno di essere salvati e di invocare insistentemente questa liberazione, che passa attraverso il mistero della morte e risurrezione di Cristo: "Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato" (Rm 10,13).


5. Ecco le linee principali dell'argomento quaresimale, che appaiono già nella liturgia di questa prima domenica. Una speciale spiegazione e "attualizzazione" meritano le parole: "Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio" (Mt 4,4). Queste parole si sintonizzano con la domanda: "Dacci oggi il nostro pane quotidiano".

Sono le parole chiave per quanto riguarda il programma ascetico della Quaresima. Contemporaneamente sono parole di grande risonanza e di grande portata nel campo della giustizia sociale e anche nell'ambito della civiltà e della cultura: esse infatti indicano una giusta gerarchia dei valori. Infatti se è vero che l'uomo non vive di solo pane, è pure vero che egli vive anche di pane.

Qui si apre il discorso sulle necessità materiali e sulle esigenze sociali che travagliano l'uomo di oggi e sulla difesa dei giusti diritti dei deboli, dei poveri, degli handicappati e di quanti vivono ai margini della società. Ma il discorso si allarga e si estende pure alle questioni che toccano la promozione umana, culturale e spirituale di ogni uomo e di ogni donna, avendo i diritti dello spirito il primato nella gerarchia dei valori.


6. Alla luce di questi pensieri, che ci vengono suggeriti dalla liturgia di questa prima domenica di Quaresima, desidero salutare, insieme al cardinale vicario Ugo Poletti e al vescovo ausiliare, monsignor Filippo Giannini, tutti voi, cardinali, arcivescovi, vescovi, autorità civili e voi carissimi fedeli della parrocchia di Sant'Agostino in Campo Marzio.

Questa mia visita pastorale avviene in occasione delle celebrazioni del XVI centenario della conversione di sant'Agostino e del suo battesimo (386 e 387), come pure della morte della sua pia madre, santa Monica, le cui spoglie mortali sono venerate in questa Chiesa. Saluto in questo particolare clima spirituale i padri Agostiniani, a cui è affidata la cura pastorale di questo centro storico di Roma che esige tanta dedizione, esprimendo loro l'augurio che le celebrazioni del fondatore del loro Ordine religioso e patrono della parrocchia servano a rafforzare in tutti i componenti della comunità quello struggente desiderio di una insaziabile conoscenza di Cristo e quell'amore per la sua Chiesa che contrassegno tutta la vita di quel grande uomo, teologo e pastore, dottore della Chiesa, che ha lasciato un'orma indelebile nella storia del cristianesimo.

Saluto anche i membri delle varie Congregazioni religiose maschili e femminili, che hanno sede nell'ambito della parrocchia, come pure gli appartenenti alle Associazioni, ai Movimenti e ai Gruppi che si adoperano per animare cristianamente l'ambiente dei giovani e degli adulti, provvedendo alla loro sempre più profonda e matura formazione cristiana interiore. Tra questi ricordo, in particolare, il Consiglio pastorale, le Dame di san Vincenzo, che svolgono un'assidua opera benefica mediante le visite a domicilio agli infermi, agli anziani e alle persone afflitte dalla solitudine; ricordo pure il Gruppo madri e spose cristiane, il Gruppo giovanile del "dopo-Cresima" e il Gruppo sportivo di calcio. Ringrazio tutti questi per la testimonianza cristiana che, sotto la guida del parroco e dei suoi confratelli, sanno dare a favore dell'edificazione di una comunità sempre più fervorosa ed esemplare.

Una parola di saluto vorrei far giungere anche a tutti coloro i quali si sentissero lontani o estranei alla vita della parrocchia per indifferenza o per un certo individualismo. Sappiano essi che non sono lontani o estranei al cuore della Chiesa, che li ama ugualmente e che desidera aprire anche con loro un dialogo fraterno che valga a migliorare la conoscenza reciproca e ad iniziare una riflessione su Gesù e sul suo Vangelo.


7. Da Mercoledi delle ceneri risuonano nei nostri cuori queste parole concise della liturgia: "Ricordati che sei polvere, e in polvere tornerai". Sono le parole del Libro della Genesi (3,19). così come le altre del Vangelo di san Marco (1,15): "Convertitevi, e credete al Vangelo".

Che queste parole ci accompagnino in tutti i giorni della Quaresima.

Accompagnino il nostro modo di pensare. Formino il nostro comportamento.

Favoriscano l'aspirazione ad una preghiera abbondante e all'intimità con Cristo nella "piccola stanza" interiore della nostra coscienza. Ci facciano comprendere anche il bisogno della mortificazione e del digiuno. Che queste parole "del giorno delle Ceneri" siano per noi esigenti, ma anche ricche di aiuto. Dirigano la nostra attenzione verso i bisogni degli altri. Vicini e lontani. Obblighino tutti noi alle opere della carità e della misericordia.

Ancora una Quaresima. Ancora un "periodo favorevole". Ancora un "tempo della salvezza". Molto dipende da come lo utilizzeremo. Ciascuno e tutti.

[Ai giovani e giovanissimi:] Per dare una risposta alla bambina che ha parlato per prima, vorrei fare riferimento a una parola che ho ascoltato arrivando qui tra voi e ho cominciato a salutarvi, ad abbracciare i più piccoli. Avete continuato a ripetere l'espressione "dammi la mano... dammi la mano... la mano".

Si tratta di una bella espressione. Un'espressione che non si applica solamente alle nostre relazioni umane, ma si applica anche alle nostre relazioni con Gesù.

Voi dovrete molto ripetere a Gesù "dammi la mano", così come faceva Pietro, soprattutto quando stava per affogare nel lago di Genesaret. Non dimenticate mai di rivolgere questa richiesta a Gesù: dammi la mano. Ma dobbiamo essere generosi perché Gesù chiede sempre a tutti noi "dammi la mano". Ecco, direi che si tratta di una cosa reciproca: se noi chiediamo a Gesù di darci la mano pure noi dobbiamo dare a Gesù la nostra mano. E' un appello che si ripete con una grande insistenza come grido della Chiesa proprio in questo inizio di Quaresima: Gesù dice a tutti noi "dammi la mano, cammina con me, camminiamo insieme". Lo scorso anno io ho scritto una Lettera a tutti i giovani del mondo e io direi che il fulcro di questa lettera si potrebbe ridurre proprio a questa espressione: Dammi la mano, così come Gesù dice ai giovani "dammi la tua mano" ascoltando il loro grido.

La vostra collega studentessa si è riferita a quei giovani che non sono qui tra noi, sono andati altrove, nei locali e che forse abusano della loro vita giovanile usando la droga per farsi un'illusione molto transitoria ma soprattutto facendo molto male a se stessi. Ecco, forse non hanno ascoltato la parola di Gesù, quel "dammi la tua mano", e forse non hanno neanche offerto a Gesù la loro mano e non hanno ricevuto la sua mano perché li guidasse. Volevo dirvi queste cose sia per rispondere alle vostre domande sia per lasciarvi una consegna per questa Quaresima. In questo periodo un simile grido della Chiesa diventa molto più urgente. Gesù in questo periodo attraverso la sua Chiesa continua a ripetere questo grido "Dammi la tua mano", e noi dobbiamo rispondere con la stessa parola e se le due domande si incontrano allora si comincia a camminare insieme. A tutti voi giovani auguro di dare la vostra mano a Gesù, di incontrare la sua mano e così camminare insieme a lui.

[Ai parrocchiani:] Desidero manifestare la mia soddisfazione per questa visita pastorale alla chiesa di Sant'Agostino, in questa parrocchia del centro storico. Sono diversi i motivi di questa soddisfazione, e anzitutto quello, fondamentale, della visita a un'altra porzione di quella grande comunità affidata ai successori di Pietro. C'è poi un motivo più particolare: ed è che compio questa visita la prima domenica di Quaresima tempo di conversione qui in questo giorno in questo tempo, per incontrare nella vostra parrocchia un grande convertito, sant'Agostino. Questa sua conversione, come quella di Saulo di Tarso, è ancora viva, presente nei secoli. Ne celebriamo il XVI centenario, una grande ricorrenza, una grande occasione per il nostro incontro d'oggi: per la parrocchia e per me, Vescovo di Roma.

[Ai vari gruppi:] Vorrei dire adesso una parola particolare al gruppo qui presente, un gruppo, anzi diversi gruppi, dell'apostolato dei laici. Nella vita, nella storia della Chiesa, era già così nei tempi apostolici, anche ai tempi di sant'Agostino: e così è anche ai nostri tempi. Grazie al Concilio Vaticano II abbiamo preso più coscienza di questa realtà fondamentale per la Chiesa che è l'apostolato dei laici. E' un apostolato che nasce insieme con i sacramenti del Battesimo e della Cresima e costituisce la dimensione connaturale dell'esistenza cristiana. La Chiesa, come dice il Concilio Vaticano II, è chiamata tutta all'apostolato. Forse in passato c'era, si era formata una certa lacuna su questo punto, si pensava soprattutto all'apostolato del clero, dei vescovi, dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose. Il Concilio Vaticano II ci ha reso di nuovo coscienti di questa verità fondamentale, che tutta la Chiesa è apostolica, che tutto il popolo di Dio è chiamato all'apostolato. Ed ecco, carissimi fratelli e sorelle, io vedo nella vostra presenza l'espressione, nella parrocchia di Sant'Agostino, di un apostolato diversificato secondo i diversi bisogni, secondo i diversi compiti e anche secondo i diversi carismi. Il vostro apostolato insieme a quello dei pastori, dei sacerdoti della vostra parrocchia, è il proseguimento di quello degli apostoli. Gli apostoli intorno a Cristo... Ecco io vorrei ringraziarvi tutti per questo vostro apostolato, per questa partecipazione attiva, consapevole alla vita della vostra parrocchia, per il contributo alla crescita di questa vostra comunità come parte integrante della Chiesa universale e in particolare della Chiesa di Roma: parte integrante perché siamo nello stesso tempo un popolo e siamo un corpo, il corpo di Cristo. Di tutto questo vi ringrazio e vorrei anche incoraggiare le vostre iniziative, la vostra presenza e la vostra collaborazione intorno al parroco e agli altri sacerdoti. Vorrei anche approfittare della circostanza per rivolgere a ciascuno di voi qui presente, e alle vostre famiglie, uno speciale augurio. Di buona Quaresima, potrei dire, ma già nel concetto di buona Quaresima è compreso quello di buona Pasqua. così auguro a voi di approfittare di questo tempo benedetto da Dio che è la Quaresima, per vivere più pienamente il mistero pasquale di Gesù Cristo. Auguro tutto il bene alle vostre famiglie, a tutte le generazioni che sono qui rappresentate: i più anziani, i genitori, i giovani, fino ai piccoli, ai piccoli appena nati.

Data: 1986-02-16 Domenica 16 Febbraio 1986




Messaggio per l'Incontro nazionale ecclesiale cubano - Città del Vaticano (Roma)

Rinnovate l'entusiasmo apostolico


Cari fratelli nell'episcopato, sacerdoti, religiosi e religiose, amatissimi figli e figlie. L'Incontro nazionale ecclesiale cubano, che dal 17 al 23 di questo mese di febbraio, raccoglierà insieme ai suoi pastori, una rappresentanza di sacerdoti, religiosi, religiose e secolari della Chiesa cattolica di Cuba con la presenza come invitati di alcuni arcivescovi e vescovi di altri Paesi mi offre una gradita occasione per dirigere a tutti voi e a tutta la comunità di Cuba il mio più sentito e cordiale saluto. Mi rallegra profondamente che il signor cardinal Eduardo Pironio, presidente del Consiglio Pontificio per i laici, vi rechi questo messaggio, assicurandovi il mio costante ricordo e la mia preghiera per voi. Giunge così, con questo Incontro, alla sua conclusione quella riflessione ecclesiale che, iniziata nell'ambito parrocchiale e a livello diocesano, ha prodotto già un consolante rinnovamento spirituale.

I risultati dell'inchiesta e delle consultazioni portate a termine, riportati nel "Documento di lavoro" che ho esaminato con attenzione attendono di ricevere in queste giornate un nuovo approfondimento e un meritato riconoscimento, che diano alla Chiesa a Cuba un rinnovato entusiasmo apostolico, grazie alla fedeltà personale dei membri del popolo di Dio e al loro comune sforzo di evangelizzazione.

Vedo in questo Incontro un frutto significativo e concreto del Concilio Ecumenico Vaticano II, che come dichiarava Paolo VI nella lettera apostolica "In Spiritu Sancto", dell'8 dicembre 1965, deve essere considerato come uno dei maggiori avvenimenti della Chiesa, giacché, avendo tenuto presente le necessità dell'epoca moderna, ha voluto, in primo luogo, rispondere alle necessità pastorali e, alimentando la fiamma della carità, si è sforzato di andare incontro non solo ai cristiani separati dalla comunione della Sede apostolica, ma anche a tutta la famiglia umana (AAS, 57 [1965], 19). Il recente Sinodo straordinario dei vescovi, ha voluto confermare queste stesse prospettive, dando un impulso nuovo alla missione pastorale della Chiesa in tutte le sue dimensioni e a tutti i suoi livelli. Cari vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e secolari cattolici: nel raggiungimento degli obiettivi specifici di questo Incontro nazionale Incontro ecclesiale cubano, vi sosterranno la luce e la forza dello Spirito Santo; sarete anche stimolati interiormente dall'esperienza della grazia, maturata in anni difficili attraverso la preghiera e il sacrificio e dal totale impegno nella vita cristiana di numerosi cattolici cubani, testimoni generosi della parola di Cristo e della carità del Padre. Sono convinto che nel loro esempio di fede, di servizio alla carità e di edificante comunione ecclesiale, troverete l'ispirazione per il vostro cammino. La presenza spirituale di Maria santissima che il popolo cubano onora con il nome di "Nostra Signora della Carità del Rame" sarà per tutti voi una testimonianza eloquente dell'amore speciale con cui vi ama il Signore. Affido questo Incontro alla sua protezione materna e le raccomando, nella mia fervente preghiera, la perseveranza di ciascuno di voi nell'amore a suo Figlio. Affinché giungano a gioioso compimento le speranze che abbiamo riposto in questo Incontro, e come prova dell'affetto che sento per voi, imparto di cuore a tutti i partecipanti e all'amata Chiesa cubana la mia benedizione apostolica.

Data: 1986-02-19 Mercoledi 19 Febbraio 1986




A conclusione degli Esercizi spirituali - Città del Vaticano (Roma)

Abbiamo rivissuto il Concilio come luce per i nostri spiriti


Carissimi fratelli.


1. Questa vuole essere una breve parola di ringraziamento. Un ringraziamento innanzitutto per questa particolare giornata festiva dedicata alla Cattedra di Pietro: provvidenzialmente la conclusione dei nostri esercizi spirituali cade nella luce di questo mistero liturgico che oggi celebriamo.

Ringraziamo poi il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo per il grande dono costituito dagli Esercizi spirituali, con i quali abbiamo potuto riempire la prima settimana della Quaresima e iniziare così il nostro cammino quaresimale verso la Pasqua del 1986.

Quando parlo di "ringraziamento" penso soprattutto a quanti ci hanno accompagnato con la loro preghiera; sono tanti, tantissimi che lo fanno continuamente, così come faceva la Chiesa sin dai suoi primissimi tempi, accompagnando il ministero petrino con la preghiera e con i sacrifici. così si ripete nella Chiesa dei nostri tempi, anche per i nostri Esercizi spirituali che sono una parte importante del ministero petrino nella Chiesa.

Ringraziamo poi per quanto, in questi giorni, ha costituito la nostra intima comunità, la comunione degli spiriti, nell'ascolto orante, come ci diceva il nostro Predicatore, cioè nell'ascolto pieno di carità della Parola di Dio.

E ringraziamo per la Parola di Dio che ci è stata donata durante questi giorni; ringraziamo per la carità con la quale abbiamo potuto ascoltare e accettare il seme di questa Parola. Ringraziamo il nostro carissimo predicatore; ringraziamo lui, ma soprattutto ringraziamo il Signore per il suo ministero quaresimale che il predicatore ha compiuto per noi. Il nostro ringraziamento è del tutto particolare perché appunto lui è stato il seminatore della parola di Dio e ci ha tanto facilitato quell'ascolto orante, quell'ascolto pieno di amore verso la divina sorgente della Parola. Siamo molto grati per tutto quello che ci ha detto durante questa settimana in modo articolato, molto chiaro e molto sistematico.

Egli ha scelto un tema quanto mai attuale; e possiamo dire che è stata una scelta provvidenziale. Infatti dopo vent'anni dalla chiusura del Vaticano II, ritornare sulle tracce di quel Concilio, tanto più nella luce dell'ultimo Sinodo straordinario dei vescovi è stata certamente una scelta provvidenziale per noi tutti. In questo modo tutti abbiamo potuto meditare sulle indicazioni offerte dall'ultimo Sinodo straordinario, a tutta la Chiesa, Santa Sede inclusa.

Ringraziamo ancora per la scelta, fatta dal predicatore, per questa sua metodologia, perché non solo ci ha fatto rivivere il Concilio, ma lo ha fatto proprio nel modo in cui questo Concilio dovrebbe essere rivissuto, a vent'anni dalla conclusione, vale a dire nella comunione degli Esercizi spirituali, cioè come una luce, come un nutrimento per i nostri spiriti, specialmente per lo spirito del Papa, dei suoi più vicini collaboratori, di noi tutti che durante questa settimana abbiamo costituito la comunità orante, in ascolto, in meditazione.


2. Sono tanti i motivi di questo ringraziamento che io voglio indirizzare al nostro predicatore: ma vorrei aggiungere che, nel modo in cui ci ha presentato una così importante tematica, egli ha rivelato non solo il carisma proprio del predicatore, ma la sua fedeltà al carisma del fondatore, del fondatore della sua Società, la benemerita Società Salesiana; e come penso, è giusto che il rettore maggiore della Società di san Giovanni Bosco, sia un portatore precipuo del carisma di un simile fondatore. Per questo siamo grati al Signore, allo Spirito Santo e anche al nostro carissimo predicatore. Ci sarebbero sicuramente tanti altri motivi per esprimere la nostra gratitudine, ma lasciamo spazio all'iniziativa personale di ciascuno dei presenti che vorranno esprimere la propria gratitudine nella preghiera davanti al Signore.

Ora voglio invitare tutti i presenti all'atto solenne di questo ringraziamento quaresimale, ringraziamento specifico di ogni giorno della vita liturgica della Chiesa ma specialmente di questo momento. Per ciò che dobbiamo ora esprimere non possiamo quasi trovare un'altra parola più adatta e più accorata se non quella del "Magnificat". Concludiamo allora il nostro incontro con il "Magnificat".

Data: 1986-02-22 Sabato 22 Febbraio 1986




Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

"Il mio peccato è contro di me", ma Dio non è contro di me



1. "Riconosco la mia colpa, il mio peccato mi sta sempre dinanzi"! (Ps 50,5).

Tante generazioni hanno camminato sulle tracce segnate dalle parole di questo Salmo. Tante persone sono state aiutate da questo meraviglioso scritto della interiore verità della coscienza, per penetrare il proprio intimo. Sono state aiutate a chiamare col suo vero nome il male, che è nell'uomo e la cui causa è l'uomo. L'esame di coscienza è sempre una rilettura della verità più profonda su di sé, che mai deve essere cancellata. La grandezza dell'uomo è in questa verità.

La dignità della persona richiede che l'uomo sappia chiamarla per nome, che non la falsifichi.


2. E quando l'uomo - insieme con il salmista - confessa: "Il mio peccato mi sta sempre dinanzi", riconosce, in pari tempo, che la forza stessa della verità interiore gli ordina di andare avanti, e di dire: "Contro di te ho peccato".

Il peccato è contro Dio. E' contro la sua volontà e la sua santità. Non è conforme ad essa e offende Dio. E in pari tempo è un dramma che si svolge tra Dio e l'uomo. Il peccato non è indifferente a Dio. Se ne convinse già il primo uomo come attesta la narrazione del libro della Genesi. E se ne convincono sempre le nuove generazioni dei figli e delle figlie di Adamo.

L'uomo può tentare di diventare "indifferente" nei confronti del peccato. può cercare di "neutralizzare" il peccato come spesso constatiamo che accade nel mondo contemporaneo. Tuttavia il peccato non diventerà mai "indifferente" a Dio. Dio è "sensibile" al peccato, fino alla croce del proprio Figlio, sul Golgota. Occorre dunque, che ognuno di noi ritorni spesso a queste parole del salmista: "Contro di te ho peccato". Proprio allora si manifesterà l'intera verità sul peccato. Il peccato non finisce nei limiti della coscienza umana, non ne è racchiuso. Esso per intrinseca definizione implica un riferimento: il riferimento a Dio.


3. Questo riferimento è tuttavia salvifico! Esso significa che io - uomo - non rimango solo con la mia colpa! E Dio che è in un certo senso testimone "oculare" del mio peccato (oculare anche se invisibile!), è presso di me non solo per giudicare. Certo, mi giudica! Mi giudica con lo stesso giudizio interiore della mia coscienza (se essa non è stata resa sorda e deformata).

Tuttavia il giudizio stesso è ormai salvifico. Mediante il fatto di chiamare il male col suo vero nome, rompo in un certo senso con esso, lo tengo a una certa distanza da me, anche se in pari tempo so che questo male, il peccato, non cessa di essere il mio peccato.


4. Ma anche se il mio peccato è contro Dio, Dio non è contro di me! Nel momento della tensione interiore della coscienza umana, Dio non proclama la sua sentenza.

Non condanna. Dio aspetta perché io mi rivolga a lui come alla Giustizia amorosa, come al Padre, nel modo che insegna la parabola del figlio prodigo. Perché "riveli" a lui il peccato. E mi affidi a lui. In questo modo, dall'esame di coscienza passiamo a ciò che costituisce la sostanza stessa della conversione e della riconciliazione con Dio.

Recitando l'Angelus, preghiamo Maria, che è il rifugio dei peccatori, affinché ottenga a ciascuno di noi quel salvifico atto di dolore per i peccati. In particolare ora, nel periodo di Quaresima, che è il tempo forte della conversione e della riconciliazione con Dio.

[Dopo la preghiera:] Desidero oggi ricordare il viaggio apostolico che lo scorso anno, in questi giorni ho compiuto in Venezuela, in Ecuador, in Perù e in Trinidad Tobago. Ho ancora impresso nella mente il lungo itinerario e ricordo con sempre viva commozione i numerosi e calorosi incontri con le popolazioni di quelle amate terre. Ricordo in particolare le fervorose liturgie eucaristiche e la partecipazione devota della gente. A un anno di distanza, rivolgo il mio pensiero, pieno di affetto, a quelle nobili nazioni, invocando su di esse la benedizione del Signore e l'intercessione di madre Mercedes de Jesus Molina e di suor Ana de Los Angeles Monteaigudo, colà beatificate. A tutti rinnovo l'invito alla coraggiosa testimonianza della fede e della carità cristiana, con sempre speciale attenzione ai più poveri, che attendono con ansia giustizia e amore.

Il mio pensiero è sempre rivolto alle Filippine e a quel caro popolo che vive ore tanto difficili. E prego il Signore di voler ispirare tutti per una soluzione pacifica e giusta, senza violenze e senza spargimento di sangue, avente solo presente il bene supremo della nazione.

Data: 1986-02-23Domenica 23 Febbraio 1986




Alla parrocchia di San Filippo Neri in Eurosia - Roma

Nella crocifissione di Cristo deve realizzarsi la trasfigurazione cui siamo chiamati da Dio



1. "Il Signore concluse... un'alleanza con Abramo" (Gn 15,18).

Mediante il tempo della Quaresima siamo chiamati in modo particolare a un'intimità col Dio dell'alleanza. Il Dio della nostra fede è Creatore e Signore dell'universo, è il Dio di infinita maestà e contemporaneamente è il Dio dell'alleanza. "Molte volte hai offerto agli uomini la tua alleanza", noi proclamiamo con le parole della Preghiera eucaristica IV, risalendo alte medesime origini: ai progenitori, a Noè.

L'alleanza con Abramo, di cui parla l'odierna liturgia, è nello stesso tempo un nuovo inizio per la storia del popolo di Dio: "Guarda in cielo e conta le stelle... Tale sarà la tua discendenza" (Gn 15,5). Davvero essa è molta numerosa, forse una metà dell'umanità, se non di più (ebrei, musulmani, cristiani) si richiama alla discendenza spirituale di Abramo, chiamato da san Paolo padre della nostra fede (cfr Rm 4,11).


2. Nel corso della Quaresima noi siamo chiamati a rinnovare con Dio l'alleanza, che ha avuto il suo inizio nella fede di Abramo. Questa alleanza giunge al compimento definitivo in Cristo. Il Vangelo dell'odierna domenica ne rende testimonianza in modo particolarmente eloquente. Ogni anno, in questa domenica della Quaresima, la Chiesa ci conduce sul monte Tabor. Li, davanti agli occhi dei tre apostoli prescelti, appare tutto l'itinerario dell'alleanza che conduce da Abramo a Gesù di Nazaret, al Messia. Su questa via si trovano Mosè ed Elia, come pietre miliari dell'alleanza di Dio con la discendenza di Abramo; esse portano a colui di cui il Padre dice: "Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo" (Lc 9,35).

Egli è la pienezza: in lui Dio pronunzia definitivamente la Parola della sua rivelazione. In lui stipulerà la nuova ed eterna alleanza con l'uomo e con l'umanità.


3. Il compimento dell'alleanza, tuttavia, non avverrà sul monte Tabor, benché gli apostoli desiderassero rimanervi e costruire tre tende: una per Cristo, una per Mosè e una per Elia (cfr Lc 9,33). Il monte Tabor è soltanto il luogo del preannunzio. Il luogo dell'alleanza sarà invece un altro monte. Su di esso Cristo non sarà "glorificato" nella trasfigurazione, ma sarà "glorificato" nel massimo abbassamento.

E allora Dio, che conclude l'alleanza con Abramo, rivela se stesso fino in fondo. La discendenza di Abramo, nata mediante la fede, verrà accolta dalla parola e dalla potenza dell'alleanza nel sangue dell'Agnello di Dio: tale alleanza durerà fino alla fine del mondo.


4. Nel tempo di Quaresima la Chiesa, guidandoci al monte della Trasfigurazione, ci prepara al monte della Crocifissione. Infatti nella Crocifissione di Cristo deve realizzarsi la Trasfigurazione, alla quale tutti siamo chiamati dalla parola e dall'amore del Dio dell'alleanza.

Questa chiamata risale ai tempi di Abramo; tuttavia si chiarisce gradualmente, gradualmente si attua nella storia della salvezza. Nella croce di Cristo essa ottiene la sua piena luce e la sua realizzazione definitiva. Infatti Cristo è risorto nello stesso luogo in cui era stato crocifisso. Ciò che gli apostoli avevano visto di sfuggita sul monte Tabor, è diventato una realtà permanente della nuova ed eterna alleanza di Dio con l'umanità.


5. Questa è la realtà pasquale. Nel tempo di Quaresima siamo chiamati in modo particolare ad entrare nella realtà pasquale. Essa è tutta in Cristo. Nello stesso tempo è tutta per noi. Deve abbracciarci così come la nube avvolse Pietro, Giacomo e Giovanni sul monte della Trasfigurazione (cfr Lc 9,34). La parola definitiva del Dio dell'alleanza è proprio questa luce: la realtà pasquale che è destinata e offerta totalmente all'uomo.


6. In essa è contenuta la realizzazione definitiva della verità circa la terra promessa ad Abramo e alla sua discendenza. Questa terra divenne, per molte generazioni, patria del popolo dell'antica alleanza.

Tuttavia il Dio dell'alleanza non racchiude la sua promessa in nessuna singola patria terrestre. In nessun'abitazione temporale. E nessuna condizione temporale dell'esistenza umana può realizzare la promessa di Dio nei riguardi di coloro che, insieme con Cristo sono stati avvolti dal mistero pasquale.

Ecco, che cosa scrive Paolo: "[Fratelli,] la nostra patria... è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che ha di sottomettere a sé tutte le cose" (Ph 3,20-21).


7. Siamo dunque chiamati all'intimità col Dio dell'alleanza secondo tutta l'ampiezza della sua promessa: fino in fondo, fino al compimento definitivo. Siamo chiamati a vivere nella prospettiva di questa fede che, forse, Abramo non conosceva ancora, ma che si è pienamente dischiusa a noi in Cristo crocifisso e risorto. Forse nessuna delle domeniche di Quaresima quanto quella odierna ci svela così a fondo questa prospettiva. Essa esige anche da noi, per così dire, una particolare tensione a vedere con gli occhi della fede: "credo la remissione dei peccati, credo la risurrezione della carne, credo la vita eterna". Solo così trovano piena e definitiva realizzazione le parole pronunziate sul monte Tabor: "Maestro, è bello per noi stare qui" (Lc 9,33).

Tuttavia il monte Tabor costituisce soltanto un lontano preannunzio.

Bisogna scendere di là e passare attraverso un altro monte, il monte della croce e della risurrezione. Su questo monte comincerà a realizzarsi definitivamente la "terra promessa". Infatti il salmista dice: "Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi" (Ps 26,13).


8. Oggi mi è dato, come Vescovo di Roma, di meditare queste prospettive definitive della nostra fede, iscritte nelle parole della liturgia quaresimale, insieme con voi, cari fratelli e sorelle della parrocchia di San Filippo Neri.

Desidero salutare cordialmente, a questo punto, tutti i presenti: il cardinale vicario, il vescovo del settore, i religiosi dediti alla cura di questa parrocchia, le religiose che lavorano nel medesimo territorio, il Consiglio pastorale, i catechisti, i vari gruppi, le famiglie, i giovani, gli anziani, i malati, i lavoratori, tutti i credenti e tutti i cittadini romani che abitano nel territorio della parrocchia. Salute e gioia a voi tutti da Dio nostro Padre, da quel Dio di misericordia che sempre è disposto a rinnovare con noi la sua alleanza, sempre che noi l'accogliamo con cuore sincero e contrito! La vostra parrocchia, cari fratelli e sorelle, è da tanti anni curata da alcuni generosi sacerdoti figli di quel grande santo, così simpatico e umano, che fu san Filippo Neri, la cui vita fu totalmente dedicata all'educazione della gioventù, sopratutto quella più bisognosa ed esposta ai pericoli.

E quanto bisogno c'è ancor oggi, anche nella nostra Roma di seguire - seppure aggiornandolo - l'esempio di questo apostolo della gioventù! I vostri sacerdoti sono tanto benemeriti nell'aver profuso lunghi anni di lavoro e di fatiche al servizio della gioventù. Ma anche per questa parrocchia, dobbiamo ripetere le parole di Gesù: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi".

Preghiamo, dunque, perché il Signore mandi sempre nuovi operai anche nella "messe" di questa parrocchia!


9. Desidero esprimere in modo speciale il mio compiacimento per il lavoro svolto dagli Istituti di formazione cattolica presenti in questo territorio: oltre all'Oratorio dei Padri di san Filippo, all'Istituto "Maria Adelaide", al "Cesare Baronio" e alla Scuola delle Suore Giapponesi, vera speranza, queste ultime, per la loro dedizione e il loro slancio giovanile, coi quali hanno accettato di lasciare la loro patria lontana per venire a servire la Chiesa romana.

Anche in questa circostanza vi ricordo la grande importanza di un impegno serio e generoso nella scuola cattolica e in generale nell'assistenza amorosa alla gioventù, oggi talvolta trascurata dalle stesse famiglie. Il fenomeno della devianza minorile, purtroppo presente anche qui nonostante gli sforzi per impedirlo, ci deve far ricordare anche la permanente necessità di un intenso impegno di promozione dei valori morali della famiglia e di una sana concezione dell'amore tra l'uomo e la donna.

Ora, voglio rivolgermi a voi presenti qui, in chiesa. Prima ho incontrato i ragazzi nell'oratorio. Ora incontro questa fascia della comunità parrocchiale più anziana. Vi saluto cordialmente. Esprimo la mia stima, il mio amore per ciascuno di voi, per le persone che sono a voi care, per le vostre famiglie. Devo congratularmi con voi per questa bella chiesa che avete qui, nella parrocchia di San Filippo Neri. Devo ringraziare le generazioni precedenti che hanno tanto ben curato la consistenza non solamente interna ma anche esterna di questa comunità parrocchiale.


10. Siamo il popolo di Dio della nuova alleanza: "Il Signore è mia luce e mia salvezza", proclama il salmista (Ps 26,1). Il Signore è nostra luce e nostra salvezza. Siamo chiamati all'intimità con il Dio dell'alleanza. Proprio di lui dice il nostro cuore: "Cercate il suo volto" (Ps 26,8). Proprio lui è la mia luce e la mia salvezza. Lui, il Dio dell'alleanza, e raccoglie sempre di nuovo nel cuore del mistero pasquale di Gesù Cristo: "di chi avro paura?" chiede il salmista. Ebbene, in questo mistero salvifico, il Signore si rivela come "difesa della mia vita", della vita che non può esserci tolta da nessuno. Quindi: "di chi avro timore?" (Ps 26,1). Di chi? L'Apostolo scrive: "molti... si comportano da nemici della croce di Cristo" (Ph 3,18). Ecco l'unico motivo di timore: ci si può separare dalla croce di Cristo, si può perfino diventare suoi nemici.

La Quaresima è quindi anche una chiamata a liberarsi da questa ostilità.

Vi può essere ostilità, vi può essere indifferenza, vi può essere estraneità.

Bisogna superare tutto questo, liberarsene. Al fondo di tutte le vicende umane e di tutte le esperienze della nostra esistenza, ci aspetta la croce di Cristo quale segno salvifico: è il segno di quel Dio che è il Dio dell'alleanza.

Vorrei richiamare tutti, in questa seconda domenica di Quaresima, ad avere grande fiducia in quel segno nel quale Cristo ha vinto la morte e ha restituito la vita a tutti noi: la vita eterna.

Saluto alla parrocchia e ai vari gruppi [Primo saluto alla parrocchia:] Sia lodato Gesù Cristo. Saluto tutti molto cordialmente. Vi ringrazio per la vostra presenza e vi ringrazio anche per quella presenza spirituale durante la mia assenza da Roma, anche se, essendo Vescovo di Roma, devo essere sempre presente. Anche durante la mia visita in India non sono stato altro che il Vescovo di Roma: ho portato Roma in quel grande Paese, in quel subcontinente asiatico. Vi ringrazio per le preghiere. Saluto cordialmente tutti i parrocchiani presenti e anche assenti. Auguro a tutti di essere presenti, perché non si può non essere presenti davanti a Gesù. Gesù è sempre presente. Gesù ci segue. Dio è sempre presente dappertutto ed egli ci segue. Allora abbraccio tutti. Ho abbracciato i piccoli, ma abbraccio tutti cordialmente, presenti e assenti, e i più anziani che sono tanto fedeli a questa chiesa. E vi auguro un sacerdote giovane. Se fossi più giovane, potrei venire io.

[Ai gruppi dell'apostolato:] La vostra è una vera amicizia, perché fondata su valori fondamentali, tra i quali, soprattutto, la preghiera, la carità, la parola di Dio, cioè la catechesi, e poi la liturgia che vuol dire anche canto.

Sono molto contento di aver incontrato una parrocchia che tutta intera canta. E voglio ringraziarvi per essere così buoni amici del vostro parroco e buoni amici fra voi. Il vostro parroco è certamente un uomo felice in quanto, come egli stesso afferma, qui si fanno poche critiche e si lavora tanto. Presentando i gruppi avete detto che sono quasi l'anima di questa parrocchia. E' necessaria questa animazione. Si dice che l'anima della Chiesa è lo Spirito Santo; la Chiesa è corpo di Cristo e la sua anima è lo Spirito Santo. Allora coloro che sono animatori nella Chiesa sono, in un certo senso, legati allo Spirito Santo, sono al suo servizio, a sua disposizione. Vi auguro di essere sempre disponibili allo Spirito Santo in questa parrocchia, nelle vostre case, nei vostri luoghi di lavoro, dappertutto. E' questo il mio augurio quaresimale e pasquale.

[Alle suore:] Voi siete Chiesa, siete Chiesa in un senso molto specifico, direi eccellente, poiché avete abbracciato il Vangelo, il suo capitolo più esigente, più radicale. Sono consigli evangelici: allora ciò che non è obbligatorio è invece più necessario per seguire Cristo. Voi avete scelto Cristo ponendovi alla sua sequela nel senso più evangelico possibile. Con questo si costruisce la Chiesa, si diffonde la Chiesa che è corpo di Cristo animato dallo Spirito Santo; una realtà soprannaturale, una realtà spirituale, una realtà divina che vive nelle dimensioni umane, nella storia umana, vive nelle persone umane, nelle debolezze, nella miseria umana, dappertutto, ma è realtà divina. così ha voluto Dio Padre, Figlio e Spirito Santo: farsi vicino al genere umano. Voi avete capito in modo particolarmente pertinente questa volontà divina e date una risposta. Tale risposta è anche un dono dello Spirito Santo per ciascuna di voi, ma è anche un dono di ciascuna di voi per la Chiesa, per il mondo. Vi auguro di continuare nella vostra vocazione, nella vostra consacrazione e negli impegni che avete scelto come missione specifica, come vostro apostolato. Ringrazio il Signore per la vostra presenza nella Chiesa e, specialmente in questa parrocchia, per tutto il bene che avete fatto, che fate e continuerete a fare con la grazia di Dio in questa comunità di san Filippo Neri, un santo gioioso. Allora vi auguro la gioia.

[Ai giovani:] Mi aspettavo un canto che si inizia con le parole: "Noi non abbiamo molte ricchezze". Questo non vuol dire che i canti che ho ascoltato non erano belli. Anzi lo erano molto, ma ho pensato a quel canto, che a me piace particolarmente non solo per la sua armonia, ma per il suo contenuto. E' vero, voi non avete molta ricchezza, siete poveri, povera gente, ma voi siete la ricchezza.

Questo è importante. Si possono avere, infatti, molte ricchezze, ma si può essere un uomo misero, infelice che non sa come colmare la propria vita. Allora, il problema non è tanto il non avere le ricchezze, ma trovare la ricchezza che è insita in ciascuno di noi. Questo è il vero problema, questa l'impostazione della problematica umana, della visione antropologica del Vangelo. Con ciò non voglio dire che i beni temporali, materiali, non valgono nulla. Anzi possono essere utili, necessari, si deve anche cercare il modo per ottenerli, ma non si può misurare tutto con queste ricchezze. Si deve misurare soprattutto con la ricchezza che ciascuno di noi è; questa ricchezza rappresenta l'uomo come tale, come persona, come creatura di Dio, come immagine e somiglianza di Dio stesso, come creato e redento da Cristo. Questa è la vera ricchezza, e questa ricchezza la possediamo tutti.

C'è ancora un aspetto che vorrei sottolineare riguardo al problema di avere o non avere le ricchezze. Un grande segreto di san Filippo Neri, di san Francesco e di tanti altri, soprattutto di Cristo, Cristo che si è fatto povero, ma ha dato tanto e non solamente una volta, ma continuamente tanto, tanto a tutti.

E' questo il problema di fondo: per essere ricco io devo saper dare, devo essere disponibile, devo essere generoso: questo vuol dire essere ricco. Vi auguro questa ricchezza. Penso che il problema di essere utili agli altri, il poter servire, tocca da vicino un problema molto importante per la Chiesa e per la società: quello della vocazione, vocazione sacerdotale, religiosa, ma anche della vocazione cristiana. Tutte queste vocazioni vanno insieme. Allora un uomo chiamato, una donna, un sacerdote e una religiosa, sono persone che hanno tanto da dare agli altri e gli altri hanno bisogno di loro.

Si è parlato della Confessione, perché la gente si confessa poco. Molti sono i motivi. Non è possibile fare adesso un'analisi socio-psicologica o altro in merito al problema, ma penso che al centro sta il problema della fede e anche quello dei confessori. Devono saper fare la confessione, perché questa è una grande arte: "Ars artium, regina animarum" diceva il santo Papa Gregorio Magno. E' questo il segreto dei santi. Qui in Italia ricordo padre Pio. Una volta come sacerdote sono andato a san Giovanni Rotondo e ho visto una grande folla circondare il suo confessionale. Quest'anno si celebrano i due secoli dalla nascita di san Giovanni Maria Vianney, in Francia: un povero prete che non aveva grandi talenti ma con la sua santità sapeva attirare a sé la gente e moltissimi erano i suoi penitenti. Restava in confessionale dieci, quindici ore al giorno.

Naturalmente, questi sono, possiamo dire, casi estremi. Ma questi casi estremi sono indicativi anche per la normalità. Si deve ritrovare quella fede sia da parte dei sacerdoti che confessano, che amano le anime, sia da parte dei fedeli. Molte volte la fede di un confessore deve attirare. Quando ero seminarista si diceva che il sacerdote deve attendere le anime in confessionale, cioè deve esprimere la sua disponibilità, deve pregare per i peccatori. così faceva il curato d'Ars, certamente san Filippo Neri e tanti altri. Quello della Confessione è un grande problema per la Chiesa intera, per la Chiesa in Italia, a Roma, dappertutto, perché è vero - e mi piace il fatto che voi abbiate la stessa preoccupazione - che il numero delle confessioni è diminuito. Questo non è un buon segno. Si deve trovare una fede ancora maggiore, ancora più coraggiosa per vincere questa situazione.

Alla prima domanda ho già dato una risposta, perché i giovani possono compensare la mancanza di un sacerdote - problema che si avverte in diverse parrocchie e in diversi paesi - trovando anche loro la vocazione sacerdotale e poi seguendo la strada delle vocazioni laicali che ci ha mostrato il Vaticano II.

L'apostolato dei laici in molti luoghi del mondo compensa, completa l'opera dei sacerdoti in tutto ciò che il laico cristiano impegnato può fare. Questi sono i miei pensieri. "Noi non abbiamo molte ricchezze", ma, carissimi, abbiamo una grande ricchezza. Questa grande ricchezza si chiama Gesù Cristo, Figlio di Dio che ci ha portato il senso supremo dell'essere uomo, della nostra umanità, della nostra vocazione umana. Ha dato significato soprannaturale e pieno alla vita di ciascuno di noi e poi, egli, che è la vera pienezza della grazia e della verità, è sempre disponibile. Noi tutti, la Chiesa, l'umanità, viviamo delle sue ricchezze, della ricchezza della sua divina umanità o della sua umana divinità, della sua figliolanza divina. Abbiamo questa grandissima ricchezza che è Gesù Cristo. Egli ci ha dato se stesso soprattutto per mezzo dello Spirito Santo. In un certo modo ci ha dato se stesso anche in sua Madre. E poi ci dà sempre se stesso nella sua Chiesa. Allora, anche se non abbiamo molte ricchezze abbiamo grandi ricchezze.

Dobbiamo essere ricchi, comportarci da ricchi.

Questa è la consegna per voi giovani di questa carissima parrocchia di San Filippo Neri che oggi ho il privilegio di visitare. Vi auguro di riflettere su questi pensieri e di cercare in queste parole un seme della verità che potrebbe essere assorbito dalle vostre coscienze, dalle vostre anime, dai vostri cuori.

Questo è il mio augurio.

Data: 1986-02-23 Domenica 23 Febbraio 1986










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