GPII 1986 Insegnamenti - All'Assemblea straordinaria CEI - Città del Vaticano (Roma)

All'Assemblea straordinaria CEI - Città del Vaticano (Roma)

Insegnamento della religione e sostentamento del clero


Signori cardinali e venerati fratelli della Conferenza episcopale italiana.


1. Porgo a tutti il mio cordiale saluto: "Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo" (Ph 1,2). Sono lieto dell'opportunità che la vostra assemblea straordinaria mi offre di incontrarvi e di vivere un significativo momento di comunione con voi, pastori di questa amata terra d'Italia, ai quali va il mio affettuoso apprezzamento per lo zelo generoso con cui vi spendete ogni giorno nella cura del gregge a voi affidato. Ringrazio il signor cardinale Ugo Poletti per le parole con cui ha interpretato i sentimenti di voi tutti e gli rinnovo, in questa occasione ufficiale, la espressione della mia riconoscenza per la pronta disponibilità con la quale ha accettato di assumere i nuovi, gravosi compiti connessi con l'ufficio di presidenza. Un particolare saluto desidero altresi rivolgere al signor cardinale Anastasio Ballestrero, che per lunghi anni ha guidato la vostra conferenza, dando sempre prova di grande equilibrio pastorale e di vivo senso del dovere.

Ho preso visione con interesse di quanto il cardinale presidente, nella sua prolusione, ha detto circa l'anno internazionale della pace e circa la preparazione alla prossima giornata mondiale della gioventù. Apprezzo le opportune indicazioni offerte al riguardo e, in particolare, le riflessioni sulla pace, la quale deve essere, come è stato giustamente detto, non "rumore", ma vera pace, nel rispetto quindi dei diritti dei popoli inclusa la doverosa difesa della loro indipendenza e libertà.


2. Lo scopo per il quale siete riuniti è quello di esaminare, nel contesto delle secolari tradizioni religiose e civili del popolo italiano, alla luce degli accordi intercorsi tra la Santa Sede e l'Italia, e dell'Intesa tra la CEI e il Ministero della pubblica istruzione, il problema dell'insegnamento della religione nelle scuole statali e quello della nuova organizzazione amministrativa per il congruo e dignitoso sostentamento del clero. Sono vicino con fraterno senso di partecipazione alle vostre sollecitudini e invoco sui vostri lavori la speciale intercessione della vergine Maria, al cui nome s'intitola questa casa che ospita le vostre riunioni.

Posso ben immaginare quale preoccupazione vi guida nell'affrontare il tema dell'insegnamento della religione cattolica nelle scuole statali. Voi desiderate che alle nuove generazioni non sia preclusa la possibilità di avvicinare anche in tali sedi qualificate, con mente serena e con animo libero, il messaggio di Cristo, tanto presente nella vita e nella storia dell'Italia.

Intendete perciò studiare le vie concrete per dare attuazione ai nuovi accordi bilaterali, la cui finalità è sia di offrire a tutti i ragazzi e giovani la possibilità di un incontro con i valori culturali ed educativi di cui è così ricca la fede cristiana, sia di tutelare il diritto dei genitori cattolici di trasmettere ai loro figli i valori in cui credono, avvalendosi delle strutture educative messe a disposizione dallo stato. Si tratta di un diritto "originario primario e inalienabile" ("Carta dei diritti della famiglia", art. 5), che risulterebbe violato in misura non trascurabile se, nel contesto dell'itinerario formativo, mancasse l'insegnamento della religione e, con esso, la conoscenza delle risposte che la fede dà alle domande di fondo che l'uomo, specie nella giovinezza, inevitabilmente si pone.

Doveri gravi e impegnativi attendono, pertanto, la vostra attività pastorale e quella degli insegnanti di religione che voi destinerete alla scuola.

Per assolverli occorrerà anzitutto una sana cooperazione all'interno di ogni comunità scolastica. La lealtà, la chiarezza, il rispetto dovranno caratterizzare il comportamento e lo stile dell'insegnante di religione. Egli infatti si trova come al centro di un interrogativo costante dei giovani, ma anche di un dialogo amichevole e costruttivo sia con loro che con i colleghi di insegnamento.

Occorrerà poi il sostegno da parte delle famiglie e di tutta la comunità ecclesiale: se i cattolici sapranno agire uniti, circondando di stima e di fiducia l'insegnamento della religione, perché convinti dei gravi motivi che ne giustificano l'esposizione nel contesto delle materie di scuola, un benefico influsso ne deriverà sulle nuove generazioni, a tutto vantaggio della stessa civile convivenza.

Sarà infine necessario un coraggioso aggiornamento degli strumenti che servono alla preparazione degli insegnanti, facendo si che coloro ai quali viene affidato un compito tanto delicato possiedano una conoscenza seria e approfondita della parola di Dio, e vivano in fedele aderenza al senso della fede vissuto nella chiesa, e in costante e docile adesione all'insegnamento del magistero.

Confido che le decisioni che prenderete nel corso della vostra assemblea, venerati fratelli, contribuiranno efficacemente al raggiungimento di tali obiettivi.


3. La seconda questione, sulla quale si appunta la vostra sollecitudine, è il sostentamento del clero. Gli istituti previsti a tal fine dal diritto canonico e dagli accordi con lo stato italiano si propongono di realizzare un'adeguata forma di fraterna e generosa condivisione. Tutta la famiglia sacerdotale è invitata a testimoniare, con spirito profetico, la fraternità evangelica e la carità, preoccupandosi che l'abbondanza degli uni supplisca all'eventuale indipendenza degli altri (cfr 2Co 8,14 Ex 16,18

Auspico che nell'attuazione concreta di tali nuovi organismi tutto proceda con armonia, nella più schietta trasparenza, così che si possa offrire un ulteriore segno della concordia che regna fra i componenti del presbiterio. E auspico altresi che dalle nuove strutture possa essere offerto a ogni sacerdote il necessario, così che non debba cercare in altre attività il proprio sostentamento.

La dedizione a tempo pieno al ministero è oggi particolarmente urgente, non solo per il mutato rapporto numerico tra sacerdoti e comunità, ma anche per le moltiplicate esigenze pastorali che emergono con urgenza sempre maggiore dall'odierna configurazione della società. Auspico che le comunità cristiane sappiano offrire la loro responsabile solidarietà e la loro fattiva collaborazione, così da consentire ai ministri sacri quelle condizioni di libertà spirituale, psicologica ed economica necessarie per lo svolgimento di un sereno e proficuo apostolato.


4. Venerati fratelli, nel corso di quest'anno avro la gioia di incontrarmi ancora con voi in occasione delle visite "ad limina", alle quali annetto grande importanza. Adempimento voluto da una veneranda tradizione che la legge della chiesa avvalora (cfr CIC 400 § 1), esse costituiscono un'occasione privilegiata di comunione pastorale: il dialogo pastorale con ciascuno di voi mi consente di partecipare alle ansie e alle speranze che si vivono nelle chiese da voi guidate in atteggiamento di ascolto per i suggerimenti dello Spirito. Il successivo incontro collegiale con l'episcopato dell'intera regione è momento altrettanto significativo per l'opportunità che offre di affrontare insieme i problemi pastorali emergenti e di scegliere le opportune linee di azione.

Desidero informarvi fin d'ora che in tali incontri è mia intenzione toccare, oltre agli eventuali aspetti salienti della vita della chiesa nelle varie regioni, le grandi tematiche che formano l'oggetto dell'attività delle varie commissioni costituite in seno a codesta conferenza episcopale. Un indice della grande importanza di questi organismi è riconoscibile già nel fatto che essi sono comparsi fin dal primo sorgere della vostra conferenza e ne hanno accompagnato via via gli sviluppi, adeguandosi progressivamente alle esigenze pastorali del paese.

E' apparso infatti subito chiaro che non sarebbe stato possibile perseguire efficacemente le finalità proprie della conferenza episcopale senza l'ausilio di specifiche strutture destinate allo studio dei diversi problemi pastorali, alla proposta di ponderate soluzioni, alla messa in opera delle iniziative decise dall'assemblea generale.

Queste commissioni, pur essendo sorte senza che uno schema in qualche modo le precedesse o preordinasse, sono state costituite a mano a mano che lo richiedevano esigenze concrete. Anche di recente sono state apportate modificazioni alla loro composizione; sembra pero che l'invito che viene dal recente sinodo straordinario dei vescovi a un rinnovato impegno nell'attuazione del concilio esiga particolare attenzione sia all'insostituibile funzione che tali commissioni sono chiamate a svolgere sia alla loro sempre più adeguata strutturazione.


5. Non mi sembra pertanto inutile soffermarmi a sottolineare in questo incontro l'importante ruolo che tali commissioni devono svolgere per il buon funzionamento dell'intera conferenza episcopale, ai fini della promozione dell'azione pastorale nel paese.

Le commissioni sono al servizio dei vescovi diocesani, i quali si trovano ad affrontare problemi pastorali le cui dimensioni oltrepassano i confini della singola chiesa locale e interessano spesso la popolazione dell'intera nazione. Il vescovo, d'altra parte, assorbito com'è dalla sollecitudine del ministero, non ha sempre il tempo necessario per studiare ogni problema e per vagliarne con sufficiente profondità e documentazione le possibili soluzioni.

Certo, anch'egli può e deve costituire, all'interno della diocesi, specifici gruppi di studio e appositi organismi, che tuttavia non hanno a disposizione quell'apporto di uomini, quella possibilità di mezzi, quell'ampiezza di orizzonti dei quali godono gli organismi operanti al centro.

Compito delle commissioni centrali sarà dunque quello di studiare a fondo i problemi, svolgendo un lavoro sistematico, per quanto concerne gli aspetti sia dottrinali sia pastorali. Il campo di lavoro è immenso; la problematica è articolata e complessa. L'eredità del concilio Vaticano II, alla luce anche di quanto è emerso dalle riflessioni del recente sinodo straordinario dei vescovi, propone una ricchissima messe di insegnamenti, di indicazioni e di orientamenti, che attendono di essere incarnati nella vita concreta. Spetterà alle commissioni di aiutare i vescovi in questo impegno di applicazione alla realtà italiana delle grandi intuizioni che lo Spirito ha suscitato nella chiesa mediante lo storico evento del concilio. Il Vaticano II ha aperto nuove vie all'azione pastorale, stimolando a più deciso impegno in determinati settori, che l'evolvere del costume sociale ha reso particolarmente nevralgici. Basti ricordare, tra gli altri, il vasto settore della pastorale del matrimonio e della famiglia con le promettenti prospettive, ma anche con le gravi piaghe che vi si manifestano. Si aggiunga poi il settore dell'educazione della gioventù e, in esso, quello della pastorale vocazionale, con i connessi problemi della formazione teologica e spirituale degli aspiranti al sacerdozio. Né posso dimenticare il settore della dottrina della fede e della catechesi, che nell'odierno contesto pluralistico e secolarizzato sollecita dai pastori un'assidua premura, con occhio particolarmente attento alle esigenze proprie dei centri universitari e di cultura superiore. E l'elenco potrebbe continuare.

Bastino, pero, questi rapidi accenni per porre in evidenza gli ampi campi di indagine e di proposta che si aprono all'impegno delle commissioni, le quali svolgeranno un'opera tanto più incisiva quanto maggiore sarà la competenza e la dedizione dei membri chiamati a farne parte. Nell'adempimento di tale compito si avrà cura di un costante raccordo con gli specifici organismi della Santa Sede, al fine di assicurare la piena armonia delle iniziative decise sul piano nazionale con gli orientamenti pastorali della chiesa cattolica nel suo insieme.


6. Venerati fratelli nell'episcopato! Le molteplici difficoltà dell'ora presente possono suscitare nel vostro animo un comprensibile senso di preoccupazione e talvolta anche di amarezza. "Non sia turbato il vostro cuore" (Jn 14,1)! Occorre avere fiducia. "Il cuore umano - come ebbi già occasione di dirvi - in diversi modi può essere turbato: può essere turbato dal timore, che paralizza le forze interiori; ma può esserlo anche da quel timore proveniente dalla sollecitudine per un grande bene, per una grande causa, dal timore creativo, direi, che si manifesta come profondo senso di responsabilità ("Insegnamenti" II [1979], p. 1130). Il compito che ci attende è davvero tale da poter generare un simile responsabile senso del timore. Ma sappiamo di perseguire una causa importante per il bene del popolo di Dio, una causa giusta. Siamo consapevoli di servire questo popolo, di amarlo, di desiderare il suo vero bene. Abbiamo, perciò, fiducia in Cristo; confidiamo nella sua protezione e nell'intercessione della vergine Maria.

Confidiamo, altresi, nella costante e fervida tradizione di fede delle nostre popolazioni italiane, nella loro saggezza, nella sapienza della loro cultura cristiana.

Vi sia di conforto, cari confratelli, la benedizione apostolica che, in auspicio della protezione divina, di cuore imparto a voi, ai vostri sacerdoti, ai laici impegnati con voi nei compiti pastorali e a tutti i fedeli delle vostre chiese particolari.

Data: 1986-02-26 Mercoledi 26 Febbraio 1986




All'Ordine dei Frati minori conventuali

Sull'esempio dei santi Francesco, Bonaventura e Massimiliano per servire la Chiesa



1. E' per me motivo di grande soddisfazione incontrare oggi e parlare alla vostra qualificata comunità di superiori, professori e alunni dell'Ordine francescano dei minori conventuali, convenuti in questa nuova sede della facoltà teologica "Seraphicum".

Saluto cordialmente il ministro generale, padre Lanfranco Serrini, con il rettore-guardiano, padre Fanin e i docenti della facoltà. Rivolgo un pensiero alla memoria del rev.do preside, padre Francesco Saverio Pancheri, che il Signore ha chiamato improvvisamente a sé in questi giorni, mentre preparava il presente incontro. Saluto con intenso sentimento tutta la comunità degli studenti e saluto altresi i padri riuniti per il capitolo generale straordinario. Vi ringrazio tutti per avere desiderato questo incontro: so quanto vi unisce alla Sede di Pietro l'esempio e l'insegnamento di san Francesco.

Come non ricordare, in questa circostanza, le sue parole, spesso riferite dai biografi: "Andiamo dunque dalla nostra madre, la santa Chiesa Romana, e comunichiamo al sommo pontefice ciò che il Signore ha cominciato a fare per mezzo di noi, al fine di continuare la nostra missione secondo il suo volere e le sue disposizioni" (cfr "Leggenda dei tre compagni"). Ecco, io desidero, con questa visita, confortare e incoraggiare le opere da voi intraprese, questa facoltà e questo seminario serafico, la commemorazione dei due pontefici Sisto IV e Sisto V nei rispettivi centenari della morte e dell'inizio del pontificato, e lo studio del vostro capitolo sull'eredità che il martire Massimiliano Kolbe ha lasciato al vostro Ordine: un risveglio della spiritualità francescana, la vostra missione in ordine alla devozione dell'Immacolata, l'aggiornamento di ogni forma di apostolato che interessa i Frati minori conventuali.


2. Anzitutto il Seraphicum. Come è ben noto, la vostra famiglia religiosa ha voluto costituire in Roma questo istituto per tre finalità fondamentali: dare agli alunni un'istruzione teologica a livello universitario, introducendoli all'uso delle fonti e del lavoro scientifico; preparare i docenti degli altri collegi teologici dell'Ordine; conservare e rinnovare l'illustre tradizione scientifica, che vi è propria. Tutto questo nel contesto primario della formazione religiosa, sacerdotale, intellettuale e apostolica degli alunni; infatti la nuova sede vi era necessaria per l'accresciuto numero degli studenti e per lo sviluppo delle esigenze moderne dello studio. Io mi compiaccio con voi per questa opera così insigne e funzionale. Anche san Francesco "voleva che i ministri della parola di Dio attendessero agli studi sacri e non fossero impediti da nessun altro impegno.

Diceva infatti che erano stati scelti dal gran re per bandire ai popoli gli editti che ascoltano dalla sua bocca" ("Vita seconda" di Tommaso da Celano, "Fonti Francescane", n. 747).

Giustamente, perciò, la facoltà si ispira a san Bonaventura, il dottore serafico, strenuo difensore del dovere allo studio per i frati minori e, altresi, modello insigne nel realizzare l'ideale francescano dello studioso. Il suo esempio, infatti, rifulge per due eminenti caratteristiche: fu un contemplativo nello studio della teologia e consumo se stesso nel servizio della Chiesa. Egli fu detto, appunto, dottore serafico poiché la sua eccezionale potenza speculativa seppe ispirarsi costantemente all'affettuosa e fervida considerazione del mistero di Cristo. La sua opera di geniale pensatore e di acuto metafisico, la sua profonda analisi dei temi teologici non potrebbero essere disgiunte dalla sua dottrina mistica.

Il suo esempio ci insegna che il fondamentale principio della scienza teologica è la pietà, che sgorga dall'esperienza di Dio. Ricordate bene che lo studente delle facoltà teologiche "non si misura con una verità impersonale e fredda, ma con l'Io stesso di Dio, che nella rivelazione s'è fatto "Tu" per l'uomo e ha aperto con lui un dialogo, nel quale gli manifesta qualche aspetto dell'insondabile ricchezza del suo essere" (cfr "Insegnamenti di Giovanni Paolo II", II/2, p. 758). San Bonaventura inoltre servi la Chiesa fino a consumarsi per essa compiendo, come è noto, il suo laborioso servizio nella preparazione del secondo Concilio di Lione indetto da Gregorio X. Vi auguro che la vostra vita nel Seraphicum sia totalmente aperta all'ideale e al monito francescano, che vi invita ad attingere prima nel segreto della preghiera ciò che poi si riversa nella predicazione, per non proferire all'esterno parole fredde (cfr "Fonti Francescane", n. 747).


3. La presente tornata accademica intende soprattutto commemorare due papi vostri confratelli: Sisto IV, del quale si ricorda il quinto centenario della morte; Sisto V, nel IV centenario della elezione al sommo pontificato, ambedue devoti figli di san Francesco nell'Ordine dei Frati minori conventuali. Lo studio del pontificato di questi miei predecessori servirà certo a mettere in luce come essi siano stati benemeriti non solo dell'Ordine, ma della Chiesa intera e della cultura, come, in particolare, della città di Roma.

Sisto IV, fra Francesco della Rovere da Savona, fu uomo di carattere schietto, di personale bontà e religiosità, noto per la sua viva devozione mariana. Celebro l'anno santo del 1475, intervenne a favore del culto dell'Immacolata, costrui in Roma le chiese di Santa Maria del Popolo e di Santa Maria della Pace. Il suo ricordo è particolarmente legato all'intuizione che egli ebbe della svolta culturale del suo tempo. Per questo egli promosse gli studi, protesse umanisti, scienziati, artisti. Si può dire che fu il vero ed effettivo fondatore della Biblioteca Vaticana. Dono al popolo di Roma il primo nucleo delle opere d'arte, che dettero inizio ai musei capitolini. La Cappella Sistina fu da lui costruita per le celebrazioni papali. Fu inoltre uomo di carità e di imprese sociali. Si adopero con grande impegno ed energia per la liberazione della città di Otranto dall'occupazione turca; riedifico l'Ospedale di Santo Spirito per i poveri, i pellegrini, gli infermi; costrui il ponte Sisto e trasformo il piano regolatore di Roma dandole un volto più moderno, da città medievale a città rinascimentale. Sisto V, Felice Peretti, nel suo quinquennio di pontificato si rese celebre per la forte tempra morale e per la sua austerità di vita e il rigore amministrativo della città e degli stati pontifici. Anch'egli è riconosciuto quale insigne promotore delle arti e della cultura; progetto per Roma un vero piano regolatore di sorprendente modernità. Non possiamo dimenticare alcuni suoi provvedimenti particolarmente interessanti e utili per la vita della Chiesa.

Dobbiamo ricordare, in primo luogo, che con grande saggezza e lungimiranza diede vita ai dicasteri della Curia Romana, le moderne Congregazioni. Inoltre, nell'intento di realizzare pienamente la riforma cattolica, secondo lo spirito del Concilio di Trento, detto le nuove norme per la visita dei vescovi "ad limina".

Diede disposizioni per la vita degli Ordini e delle Congregazioni religiose. E si deve ricordare la fondazione della Tipografia Vaticana e soprattutto l'impegno che egli mise nella pubblicazione della traduzione Vulgata della Bibbia, fortemente mosso dall'anelito, che fu già di Paolo di Tarso, di informare tutta la sua attività pastorale alla gelosa custodia del "depositum fidei" e alla infaticabile propagazione del messaggio della salvezza. Per voi è particolarmente significativo ricordare che Sisto V fondo il "Romanum S. Bonaventurae Collegium", dal quale ha avuto origine, per una ininterrotta tradizione culturale, il "Seraphicum".


4. Lasciando agli storici un più ampio esame e giudizio sulle figure e sul significato dell'opera nella Chiesa di questi due papi che si sono succeduti a cento anni di distanza, vorrei rilevare l'intenzione pastorale che li guido nel servizio pontificale, sotto la spinta di complessi eventi.

E' da apprezzare l'intuizione che Sisto IV ebbe del rivolgimento culturale della sua epoca. Egli si accorse che una nuova èra si affacciava sull'orizzonte culturale europeo e comprese che l'umanesimo avrebbe interpellato profondamente la Chiesa. perciò fu lungimirante nell'impegnare mezzi e persone affinché la sede romana fosse singolarmente aperta agli studiosi, agli storici, ai letterati, agli artisti, riconoscendo che attraverso questa via si sarebbe potuto instaurare un dialogo con un mondo profondamente rinnovato. perciò il pontificato di Sisto IV si può considerare un momento significativo del disegno divino che guida la Chiesa nel compimento della sua missione. Diversa la figura di Sisto V, che visse il suo breve pontificato nel complesso e urgente impegno della riforma cattolica. Dalla mente lucida e geniale, nel quinquennio del suo pontificato s'impose all'attenzione dei suoi contemporanei e fu universalmente ammirato per la sua schietta religiosità e per il rigore amministrativo e di governo. Fu uno dei papi più zelanti della riforma post-tridentina, che uni alla rara energia e al grande coraggio una visione chiara dei problemi che si imponevano alla Sede apostolica e uno spirito sommamente pratico.

Noi sappiamo che solo Dio, creatore dell'universo, modera e dirige la storia, operando sugli eventi umani, lungo il trascorrere dei tempi, un disegno di salvezza a lui solo noto. Ebbene, se da una parte la storia della Chiesa di quei tempi impone un esame di coscienza, ciò nonostante possiamo con verità asserire che ambedue questi pontefici contribuirono, nella storia visibile della Chiesa, all'invisibile disegno della provvidenza divina.


5. Da ultimo voglio manifestare il mio vivo compiacimento per l'argomento che impegna i vostri padri capitolari: l'eredità lasciata da padre Massimiliano Kolbe alla famiglia francescana dei Conventuali. Il sacerdote che offre la propria vita per i fratelli, e che segue per amore l'esempio di Gesù Cristo fino a fare l'oblazione totale e piena della propria esistenza per un atto di suprema carità, è un dono di Dio, un impegnativo esempio offerto alla vostra meditazione dalla Provvidenza del Signore.

E' chiaro che al centro della vita spirituale di san Massimiliano Kolbe c'è la devozione alla Madonna Immacolata. Voi ricorderete come proprio nella vostra comunità, in san Teodoro, nacque il movimento della Milizia dell'Immacolata; e conoscete bene come egli, da Cavaliere dell'Immacolata, ha perseverato fino alla fine della sua vita, nel campo di concentramento, e ha perseverato in modo stupendo nella fedeltà alla sua Signora. In questa fede profonda egli è divenuto un segno per la nostra epoca, poiché il suo sacrificio è stato offerto in testimonianza del valore sublime della vita dell'uomo. Alla base della sua santità - come ho detto in occasione della sua canonizzazione - si trova la grande, profondamente dolorosa causa umana (cfr. "Insegnamenti", V/3, p. 794).

In questo senso Massimiliano Kolbe è un segno offerto ai nostri tempi, un monito e un esempio che può generare efficaci spunti per il vostro apostolato.

Opportunamente, quindi, voi vi chiedete quale sia il suo retaggio e quale incidenza possa avere oggi la sua vita nel vostro Ordine, quale risposta pastorale vi sia richiesta, nel nostro tempo, alla luce del suo esempio e della sua devozione alla Vergine Immacolata.

Vi auguro che tale riflessione possa contribuire a dare un vivo incremento alle molteplici forme di apostolato che interessano il vostro servizio ecclesiale.


6. Con questi sentimenti, carissimi, formulo i migliori voti per il capitolo straordinario, per le celebrazioni centenarie e per la prosperità del Seraphicum, mentre di cuore imparto la mia benedizione apostolica a voi, ai confratelli delle comunità da cui provenite e a tutte le opere apostoliche dell'Ordine dei Frati minori conventuali.

Data: 1986-02-27 Giovedi 27 Febbraio 1986




Alla Pontificia Commissione per le Comunicazioni sociali - Città del Vaticano (Roma)

I chiari obiettivi per le comunicazioni sociali


Miei cari fratelli nell'episcopato, cari amici in Cristo.


1. E' veramente per me un vero piacere essere con voi in occasione del vostro incontro per discutere le modalità con cui le comunicazioni di massa possono essere usate per diffondere il messaggio d'amore di Dio, per far conoscere meglio la "buona novella" di Cristo.

Quindici anni fa alla direzione del Concilio Vaticano II (IM 23) la vostra commissione pubblico l'istruzione pastorale "Communio et Progressio" sulle comunicazioni di massa, sull'opinione pubblica e sul progresso umano. Quest'anno, il tema per la giornata mondiale delle Comunicazioni che si tiene in adempienza alle direttive del Concilio Vaticano II è "Comunicazioni sociali e formazione cristiana dell'opinione pubblica".


2. Questo tema sembra anche riassumere abbastanza bene gli scopi della Commissione pontificia: promuovere e sostenere attraverso i vari mezzi di comunicazione sociale l'attività della Chiesa nel mondo, in modo da educare e formare i fedeli e tutti gli uomini di buona volontà agli autentici valori umani e cristiani.

In questo compito delicato e importante, la Commissione pontificia è chiamata a privilegiare in primo luogo le iniziative che mirano a diffondere il messaggio di Cristo e il vero insegnamento della Chiesa. In particolare, assisterà e sosterrà gli sforzi fatti nel campo delle comunicazioni sociali dalle speciali commissioni costituite dalle singole Conferenze episcopali. Dovrà inoltre assistere in questo campo il lavoro delle Organizzazioni cattoliche internazionali.


3. Nel documento redatto quindici anni fa, la vostra Commissione affermava: "Ora più che mai, il modo in cui la gente vive e pensa è profondamente intaccato dai mezzi di comunicazione" ("Communio et Progressio", 1). Quali sono gli atteggiamenti e i valori che la gente trae dalle comunicazioni di massa? Quanto è così profondamente influenzato il modo in cui vive e pensa? Un metodo è costituito dai cosiddetti "modelli di ruolo"; le comunicazioni di massa rendono alcune persone particolarmente famose. Tale popolarità e notorietà porta con sé una certa credibilità o al limite un potere di influenza.

Le figure dominanti nelle comunicazioni di massa dovrebbero rendersi conto dell'influenza che essi hanno e della responsabilità che tale influenza rappresenta. La gente è spesso portata a imitare o ad accettare il comportamento delle persone famose, e la fama causata dalla comunicazione di massa può essere usata per ispirare bontà e generosità o a dare approvazione a ciò che è egoista e corrotto. La Chiesa ha una speciale responsabilità ad incoraggiare coloro che esercitano una tale influenza sugli altri a richiamare la loro dignità data da Dio e la loro particolare vocazione a dare buoni esempi, non solo nei ruoli che essi scelgono o nelle espressioni pubbliche, ma specialmente nella loro vita privata che molti considerano come modelli o come giustificazione della loro attività.


4. Un ministero oltre alle comunicazioni di massa dovrebbe includere un'apertura a procurare le informazioni necessarie e i consigli tecnici ma soprattutto sensibilità alle intense pressioni cui gli operatori delle comunicazioni sono sottoposti a speciali bisogni di sostegno morale e spirituale e di incoraggiamento che sono loro necessari.

Un altro modo in cui l'opinione pubblica viene profondamente influenzata è la selezione del materiale da trattare o la scelta dell'approccio da prendere.

Perché per esempio nei lodevoli reportage sulla violazione dei diritti umani raccontati nei giornali o ripresi alla televisione o nei programmi radiofonici, il diritto degli individui a proclamare la propria fede religiosa è così spesso trascurato? Perché il diritto dei genitori non solo di avere bambini ma anche di educarli secondo la propria coscienza è così spesso ignorato? In molti casi la determinazione degli argomenti da affrontare nella società moderna è fortemente influenzata dai giornali e dai mezzi di intrattenimento, coloro che scelgono gli argomenti dovrebbero comprendere che a loro spetta il compito non solo di contribuire al progresso materiale, ma specialmente a quello morale e spirituale in vista del bene della famiglia umana.


5. Scegliendo i modelli da imitare, i temi da trattare, gli approcci da prendere i lavoratori delle comunicazioni di massa dovrebbero essere desiderosi di lavorare per un consenso pubblico morale, per la costruzione di ciò che alcuni pensatori hanno chiamato "filosofia pubblica".

Una simile filosofia pubblica dovrebbe certamente includere un riconoscimento dei bisogni di personale integrità, per una vita familiare stabile e sana, per una gestione responsabile dei beni personali e per l'interesse dei membri più deboli della società, gli ammalati, gli handicappati, gli anziani, i poveri e in questi tempi soprattutto i non-nati, che sono i membri più deboli e più indifesi della società umana.

E' stato detto che le colonne dei giornali, i microfoni radiofonici, le telecamere della televisione costituiscono un pulpito dal quale la società moderna trae i maggiori orientamenti morali e spirituali. Se ciò è vero è essenziale che la Chiesa non solo debba partecipare alla formulazione della pubblica filosofia, che rappresenterà i diffusi valori della società contemporanea, ma dovrebbe anche essere direttamente presente in questo nuovo pubblico con i suoi giornali e riviste, le sue stazioni radio e programmi televisivi, la sua voce di verità e di amore.


6. Ci sono quelli che pensano che ciò che non è riportato da giornali, radio, televisioni non è importante. così è indispensabile che la Chiesa non debba lavorare soltanto per ottenere il riconoscimento di sani valori morali e spirituali dalla stampa, cinema, radio e televisione, ma che essa proclami il Vangelo direttamente attraverso i moderni mezzi di comunicazione. Se coloro che cercano di promuovere prodotti commerciali e servizi professionali considerano essenziale portare i loro messaggi all'attenzione del pubblico attraverso le comunicazioni di massa, come può la Chiesa non riuscire a proclamare e a diffondere attraverso le comunicazioni di massa l'inestimabile messaggio del Vangelo? La Chiesa così ha un ministero degli operatori della comunicazione e un ministero della comunicazione. All'interno della Chiesa questo doppio ministero può incoraggiare quella comunione in Cristo enfatizzata dal recente Sinodo dei vescovi. Nel mondo questo ministero può favorire quella comunità che concerne così strettamente all'articolazione di una filosofia pubblica e al raggiungimento della vera pace. Essa può promuovere il riconoscimento dei diritti e delle responsabilità di ogni persona in quanto figlio di Dio, il quale ci ha comunicato la vita stessa e il suo salvifico messaggio attraverso il Verbo fatto carne, nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo.

Sono profondamente grato a tutti voi per la vostra associazione nel Vangelo, e per tutto quello che fate attraverso i mezzi di comunicazione: "che la parola di Dio si diffonda e sia glorificata" (2Th 3,1).

Data: 1986-02-27 Giovedi 27 Febbraio 1986





GPII 1986 Insegnamenti - All'Assemblea straordinaria CEI - Città del Vaticano (Roma)