GPII 1986 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Dio solo è l'amore che non passa



1. "lo piego le ginocchia davanti al Padre... perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati dal suo Spirito nell'uomo interiore" (Ep 3,14-16). così prega l'apostolo di Cristo con le parole della Lettera agli Efesini. Queste parole dell'apostolo desidero oggi introdurre nella nostra preghiera, mentre siamo qui riuniti per l'Angelus domenicale. Mentre siamo insieme con Maria, Madre di Cristo.


2. Venerdi scorso la Chiesa ha celebrato la solennità del Sacro Cuore di Gesù. Al mistero di questo Cuore divino essa dedica pure tutto il mese di giugno. E chi potrà essere più vicino al Cuore del Figlio, se non la Madre? Quindi insieme con lei "noi pieghiamo le ginocchia davanti al Padre". E insieme con lei preghiamo, affinché la devozione al Cuore del Redentore del mondo realizzi per noi tutti, mediante lo Spirito Santo, il rafforzamento dell'uomo interiore. Si. Mediante lo Spirito Santo.


3. E il significato di quel "potente rafforzamento nell'uomo interiore" - il quale è opera dello Spirito Santo, che agisce nei nostri cuori - ce lo spiega il seguito della Lettera agli Efesini, ove leggiamo: "Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere... e conoscere l'amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio" (Ep 3,17-19).


4. Questo può compiere soltanto lo Spirito Santo nel nostro spirito umano. Solo lo Spirito Santo può aprire dinanzi a noi questa pienezza dell'"uomo interiore", che si trova nel Cuore di Cristo. Solo lui può far si che da questa pienezza attingano forza, gradatamente, anche i nostri cuori umani, il nostro "uomo interiore", che non dev'essere assorbito soltanto da ciò che passa, ma "radicarsi e fondarsi" in quell'"amore" che non passa.


5. Che l'umile Serva del Signore presieda alla nostra preghiera, affinché i nostri cuori umani sappiano "radicarsi e fondarsi" in Dio, il quale, solo, è l'amore che non passa. Quest'amore si rivela nel cuore umano del suo Figlio.

Annuncio della "Giornata Mondiale della gioventù E ora ho la gioia di annunciare che la prossima Giornata Mondiale della Gioventù, sarà celebrata a Buenos Aires, capitale dell'Argentina, nella Domenica delle Palme del prossimo anno, 12 aprile 1987. E' un grande evento che viene a inserirsi nella mia visita pastorale in quella nazione. Saro là per incontrarmi con i giovani che verranno in rappresentanza di Chiese particolari, di associazioni e di movimenti ecclesiali di tutto il mondo.

Il tema della Giornata Mondiale della Gioventù 1987 è tratto dalla Prima Lettera di Giovanni (): "Noi abbiamo riconosciuto e creduto all'amore che Dio ha per noi". Saro con i giovani in quel giorno per raccogliere e testimoniare il dono di questo amore, per vivere un'esperienza forte di comunione, per impegnare le nuove generazioni a divenire costruttrici di una vera civiltà dell'amore.

La prossima Giornata Mondiale della Gioventù si svolgerà in tempi di piena preparazione del Sinodo episcopale sulla vita e missione dei laici nella Chiesa e nella società a vent'anni dalla conclusione del Concilio Vaticano II.

Confido che l'incontro di Buenos Aires stimoli nei giovani rinnovate energie, inducendoli a farsi protagonisti, con la preghiera e con l'impegno cristiano, dell'edificazione della Chiesa e dell'avvenire dell'uomo.

Data: 1986-06-08 Domenica 8 Giugno 1986




Omelia all'Istituto don Orione - Monte Mario (Roma)

Fatevi umili ma forti testimoni della vita in pericolo


"Non sapete che nelle corse allo stadio tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo!" (1Co 9,24).


1. Con queste parole, che abbiamo ascoltato nella seconda lettura di questa celebrazione eucaristica, l'apostolo Paolo, rivolgendosi ai cristiani di Corinto che avevano una certa dimestichezza con i giochi istmici, li esortava a condurre una vita coraggiosa, sobria e temperante come gli atleti, con la differenza pero che questi lo facevano per "una corona corruttibile", i cristiani invece per una "incorruttibile", cioè eterna.

Essere cristiani vuol dire assomigliare agli atleti che corrono per essere primi, per "essere alla testa dei tempi", come diceva don Orione. Essere primi non significa pero mettersi alla ricerca dei primi posti e di onori, ma prendere prima di tutto coscienza della propria responsabilità di credenti davanti al mondo, che attende con ansia "la rivelazione dei figli di Dio" (Rm 8,19).

Questo, infatti, non è in grado di dare da sé un senso alla vicenda della vita umana e aspetta che coloro ai quali "sono stati rivelati i misteri del regno di Dio" (Mt 13,11) lo annuncino con la forza, la gioia e la credibilità donate dallo Spirito. Per questo il cristiano non può rinunciare ad essere uomo di avanguardia, attento a interpretare i "segni dei tempi" (Mt 16,13) e ad offrire le risposte più adeguate. Come abbiamo ascoltato, il cristiano è un uomo che corre per conquistare il premio incorruttibile. In ciò l'impegno dei credenti deve distinguersi per qualità e profondità da una generica azione in favore del progresso sociale. Noi sappiano che la meta ultima della nostra esistenza, resaci possibile dall'iniziativa gratuita di Dio, che si è chinato sulla nostra povertà, è la vita eterna, la pienezza della vita, la pienezza della comunione gioiosa con lui. I cristiani "dimorano sulla terra, ma sono cittadini del cielo" ("Ad Diognetum", V,9). E' questa la certezza che avvalora ogni nostra azione e le conferisce perenne novità, possibilità di redenzione e autentica libertà di spirito. Di questi grandi valori dobbiamo essere testimoni davanti al mondo, in conformità alla nostra vocazione battesimale. Ma questa testimonianza esige - come ci ha ricordato l'apostolo - serietà, spirito di sacrificio, strenuo impegno di annunciare con la vita ciò che indichiamo con le parole, sapendo che tutti "riceveremo un giudizio più severo" (Jc 3,1), se non saremo, ciascuno nella propria forma ministeriale, servitori della parola di Dio.

La pagina di san Paolo può quest'oggi illuminare di riflesso anche il mondo dello sport, al quale sempre mi sono rivolto con grande simpatia. Non è infatti privo di importanza che proprio la vita agonistica sia stata scelta come metafora della vita dei credenti. Essa infatti esige generosità, abnegazione, concordia, coraggio: ideali che vedo espressi in maniera tutta particolare in competizioni di alto valore formativo come i vostri "Campionati italiani sport per handicappati". Questi vi consentono di approfondire i vincoli di solidarietà che vi legano come fratelli, di riscoprire la bellezza del gesto di vera amicizia tra concorrenti, senza che sia d'ostacolo la differenza di nazione, di fede o di cultura. E quando tutto ciò avviene nel segno di Cristo, si offre limpida la possibilità di testimoniare che c'è un modo cristiano di essere atleti e c'è un modo cristiano di essere uomini.


2. Sono venuto molto volentieri tra voi, atleti giunti da molte città italiane, per celebrare l'Eucaristia e per inaugurare ufficialmente la nona edizione dei "Campionati italiani sport per handicappati". Mi dà gioia essere qui in un'occasione tanto importante, che vede un così singolare accordo di solidarietà e di testimonianza da parte di tutti voi. Saluto con voi le autorità presenti, in modo particolare il sindaco di Roma, on. Nicola Signorello, e tutti coloro che hanno organizzato e patrocinato queste Olimpiadi della solidarietà. In maniera speciale saluto la "Polisportiva don Orione", che, nata in questo "Centro don Orione", ha seguito l'insegnamento evangelico del fondatore, inteso a far proprie le esigenze nei giovani e a trasmettere loro, con lo sport, una feconda educazione umana e cristiana.

Insieme con mons. Fiorenzo Angelini, pro-presidente della Pontificia Commissione per la pastorale degli operatori sanitari, cordialmente saluto il direttore generale della Piccola Opera della Divina Provvidenza, don Ignazio Terzi, e tutti i membri di questa benemerita Congregazione, che si ispira all'opera e agli insegnamenti del beato Luigi Orione, apostolo intrepido della gioventù e artefice infaticabile di bene fra i poveri più poveri. Come poc'anzi ha voluto sottolineare il medesimo direttore generale, la famiglia religiosa orionina si caratterizza per uno speciale impegno di fedeltà e di totale disponibilità alla Chiesa e al Sommo Pontefice. Nel sottolineare questo spirito ecclesiale che permea la famiglia di don Orione, mi è gradito notare che questo carisma oggi viene esercitato attraverso le molteplici attività e iniziative di promozione umana e di assistenza ai giovani, ai malati, agli anziani, ai portatori di handicap e a tutti gli ospiti delle vostre istituzioni in Italia e all'estero.

Anche i campionati che oggi si inaugurano, rientrano nel quadro generale delle iniziative promozionali della vostra Congregazione. Siano essi non solo competizione agonistica, ma soprattutto festa dell'amicizia, della lealtà, dell'impegno a superare vittoriosamente ogni situazione di emarginazione. Esprimo anche l'auspicio che la "Polisportiva don Orione", la quale, incoraggiata dal sostegno fattivo di tante persone, intende costruire un "Centro sportivo permanente per handicappati" sia un'Associazione accogliente e aperta a tutti. A questo fine benedico volentieri la prima pietra al termine di questa celebrazione.

Questo centro sportivo, che sorgerà a ricordo della nona edizione di questi campionati, sarà una testimonianza viva di amore gratuito e appassionato e di solidarietà operante e gioiosa di cui don Orione è testimone e maestro.


3. La fiaccola che è stata accesa come segno dell'apertura dei giochi può essere guardata da noi anche come simbolo di Cristo che, risorgendo, ha dato a noi la vita. E' questo il tema del brano del Vangelo di Luca che abbiamo ascoltato. Esso narrando la risurrezione del bambino della vedova di Nain, anticipa a Gesù il titolo post-pasquale di "Kyrios" (Signore) che ha sconfitto la morte e che dona ai credenti lo Spirito perché la loro vita diventi specchio della sua gloria (2Co 3,18). Anche a noi Cristo risorto oggi ripete: "Alzati!". Ecco l'annuncio efficace della risurrezione, la definitiva proclamazione dell'amore di Dio per la vita.

Ecco la stupenda ed esaltante possibilità di lasciarci illuminare dalla luce di Cristo. Ecco il momento in cui gioire di un Dio che - come abbiamo ascoltato - si è commosso per l'uomo (Lc 7,13), ha preparato "la sua salvezza davanti a tutti i popoli" (Lc 2,34) e ha reso la Chiesa responsabile dell'annunzio del regno di Dio.

Alzati! Quante volte e in quante occasioni gli uomini hanno bisogno che sia loro ripetuto questo invito. Alzati tu che sei deluso, alzati tu che non hai più speranza, alzati tu che ti sei abituato al grigiore e non credi più che si possa conseguire qualcosa di nuovo: alzati, perché Dio sta per fare "nuove tutte le cose" (Ap 21,5). Alzati tu che ti sei assuefatto ai doni di Dio, alzati tu che hai dimenticato la capacità di meravigliarti, alzati tu che hai perduto la confidenza di chiamare Dio "abbà", "papà": alzati e torna ad essere pieno di ammirazione per la bontà di Dio.

Alzati tu che soffri, alzati tu, a cui la vita sembra avere negato molto, alzati quando ti senti escluso, abbandonato, emarginato: alzati perché Cristo ti ha manifestato il suo amore e tiene in serbo per te una insperata possibilità di realizzazione e di solidarietà. Alzati! E come il bambino di Nain riprenderai a parlare (Lc 7,14) e la tua voce potrà "cantare senza posa" (Ps 29,13).


4. La vostra presenza, carissimi atleti, è davvero un grande segno di speranza e la testimonianza più credibile che le possibilità della vita sono inesauribili, che niente "ci potrà separare dall'amore di Cristo" (Rm 8,35). Lo dimostra il vostro impegno, il vostro coraggio, la vostra tenacia e la volontà di non rassegnarvi a occupare nella società una posizione subalterna e marginale. Volete che la vostra dignità venga riconosciuta. E sappiate che Dio si è sempre schierato dalla vostra parte: egli è sempre stato con i poveri, i sofferenti, gli afflitti.

Facendosi uomo ne ha proclamato la beatitudine come primo annuncio della nuova logica del regno di Dio. Facendosi uomo ne ha seguito le orme fino in fondo, accettando il più grande scacco dell'umanità: la morte e la morte di croce.

Così egli ci ha mostrato come il dolore, se vissuto alla luce della croce, possa diventare salvifico e fecondare la storia del mondo e della vita di ogni uomo. E' questa la strada attraverso cui, accanto agli interrogativi più essenziali e angosciosi, passano le più inaspettate e meravigliose grazie divine.

Se al cristiano la croce non viene tolta, pero le è dato un senso: associata al mistero della redenzione diventa annunzio di Cristo morto e risorto. E insieme col Crocifisso viene percorsa la strada della sofferenza, insieme con lui sarà anche il cammino della gloria della risurrezione, la cui gioia non è paragonabile alla sofferenza del presente (Rm 8,18). "Alla sera sopraggiunge il pianto, e al mattino, ecco la gioia" (Ps 29,6).


5. Ed è proprio la testimonianza di questa certezza che vorrei affidare a voi, cari giovani. Fatevi portatori di vita nel vostro mondo spesso rassegnato, avvilito e offeso. Fatevi umili, ma forti testimoni della vita, dovunque essa è in pericolo, disprezzata, strumentalizzata, non accolta. Siate appassionati difensori della pace: perché la pace incomincia dove viene riconosciuto un senso all'esistenza umana, dove la persona si apre alla possibilità di un incontro con il fratello e sa riconoscersi compagna nella strada sulla quale i nostri passi sono diretti alla luce del mistero di Cristo (Lc 1,79). Diventate vigili custodi della speranza, pronti a darne le ragioni a chi ve ne chieda ragione (1P 3,15), pronti come Maria ad accogliere la parola di Dio che vi chiama a un'esistenza responsabile, generosa, preziosa, nonostante un qualche impedimento. Siate docili strumenti dell'amore di Dio su questa terra che, sebbene talora non sappia riconoscerlo, è affamata e assetata di Dio. "E la pace di Dio, che supera ogni comprensione, custodisca i vostri cuori e le vostre intelligenze in Cristo Gesù" (Ph 4,7).

Data: 1986-06-08 Domenica 8 Giugno 1986









Alla comunità indiana di Roma - Città del Vaticano (Roma)

Ogni religione deve pregare per la pace nel mondo


Cari amici.

E' veramente un grande piacere per me incontrare tutti voi oggi qui. Voi siete i membri della comunità indiana di Roma, residenti in questa città per ragioni di lavoro o di studio, lontani dalla vostra patria. Voi avete desiderato avere questo incontro con il Papa per rivivere la gioia e il significato spirituale del pellegrinaggio che Dio mi ha permesso di fare nel vostro Paese nei primi giorni di febbraio.


1. Ricordando quel meraviglioso periodo, il primo sentimento che mi riempie il cuore è quello di una profonda gratitudine. Gratitudine prima di tutto al nostro Padre celeste che mi diede l'opportunità di compiere la mia missione apostolica in modo diretto e immediato. Gratitudine anche al popolo indiano con tutta la ricchezza e la varietà delle sue diversità etniche e culturali. Vi assicuro che mi sono avvicinato ai cittadini del vostro Paese con immenso rispetto per i risultati spirituali e umani di una delle più antiche e gloriose civilizzazioni. Inoltre ricevetti in cambio, dovunque andai, un caloroso e ospitale benvenuto dal vostro popolo e dalle autorità nazionali e locali. A tutti sono debitore.


2. In conformità con il suo passato, ma sempre cercando di svilupparsi secondo le richieste del mondo contemporaneo, l'India oggi occupa un posto preminente nel processo e nelle discussioni che cercano di rispondere alla grande sfida che fronteggia l'umanità. In certe occasioni durante la mia visita espressi la convinzione che la visione spirituale dell'uomo in India può costituire un notevole contributo alla manifestazione di un vero umanesimo che concederà all'uomo moderno di dare una forma costruttiva alle trasformazioni che si stanno svolgendo nella società. Come dissi a Nuova Delhi: "la liberazione dell'uomo, e anche l'eliminazione di tutti gli ostacoli contro l'umana dignità, sarà realizzata quando la visione spirituale dell'uomo sarà onorata e cercata" (Allo Stadio Indira Gandhi, 2 febbraio 1986).

Visitando l'India ero interessato a porre l'attenzione sulle basi spirituali di tutto il genuino progresso umano. A Raj Ghat ebbi l'opportunità di onorare la memoria del più eminente interprete dell'anima dell'India, il Mahatma Gandhi. Egli insegno che "se tutti gli uomini e le donne, qualsiasi differenza tra loro ci fosse, aderissero alla verità con il rispetto per l'unica dignità di ogni essere umano, si compirebbe un nuovo ordine nel mondo: una civiltà dell'amore".


3. Un significativo motivo del mio pellegrinaggio in India fu quello di incontrare le grandi tradizioni spirituali che hanno arricchito la vita del vostro Paese per centinaia di anni. Il Concilio Vaticano II lascio in eredità alla Chiesa il compito di entrare in sincero e rispettoso dialogo con i seguaci delle altre religioni. Questo dialogo non significa una superficiale noncuranza delle profonde differenze che esistono tra noi. Anzi proprio perché noi spesso differiamo su certi punti importanti questo dialogo ci dice che il rispetto e la stima reciproca è la più necessaria. Inoltre è consono al messaggio cristiano di unità e amore insistere specialmente su "ciò che gli esseri umani hanno in comune e su ciò che promuove l'amicizia tra loro" (NAE 1). La Chiesa è fortemente convinta che ci sono molte questioni religiose, sociali e pubbliche nelle quali è possibile, anzi necessaria, una collaborazione unita e fruttuosa. In un clima di apertura e amicizia fui in grado di incontrare molti rappresentanti delle tradizioni indu, musulmana, sikh, buddista, giainista e persee. E' mia ardente speranza che questi incontri aiutino a un ulteriore dialogo interreligioso.

Una delle questioni urgenti del nostro tempo, riguardante tutti gli uomini e le donne di buona volontà di tutte le religioni, è la questione della pace nel mondo. A questo riguardo voi sapete che molti capi religiosi hanno risposto al mio appello per un incontro di preghiera per la pace che si terrà ad Assisi il 27 ottobre di quest'anno. Vi chiedo di pregare per questa intenzione.


4. In ogni stadio della mia visita ero profondamente cosciente di essere un pellegrino al tempio del popolo di Dio in India. I miei contatti con le Chiese locali, con i vescovi, sacerdoti, uomini e donne religiosi e laici erano caratterizzati da una genuina gioia spirituale e da un'amicizia nell'amore di nostro Signore Gesù Cristo. Fui in grado di fare esperienza della ricchezza e varietà di vita della Chiesa nel vostro Paese. In ogni area la fede unica, gli stessi sacramenti e la comunione nella stessa vita ecclesiale costituiscono una manifestazione di universalità del corpo di Cristo; nello stesso tempo tutto questo è vissuto secondo le tradizioni di tre comunità: la Chiesa latina, la Chiesa orientale del rito di syro-malabar e quella del rito syro-malankara.

Specialmente in Kerala le ricche tradizioni di ogni rito erano fonte di spirituale devozione e partecipazione liturgica.

Ho avuto numerosi incontri con rappresentanti delle altre Chiese e comunità cristiane presenti nelle varie regioni. Spero che questi incontri daranno nuovo impeto alla causa ecumenica che sta di fronte a tutti i discepoli di Cristo come un urgente imperativo scaturito dalla chiara intenzione dello stesso Signore: che tutti siano un'unica cosa (cfr Jn 17,21). Ho potuto visitare alcuni dei posti legati alla predicazione a al martirio di san Tommaso nel quale la Chiesa in India rintraccia le sue origini. Ho anche visitato la tomba dell'altro grande apostolo dell'India, san Francesco Saverio, a Goa. Uno dei momenti di maggiore intensità spirituale fu la Messa di beatificazione di padre Kuriakose Elias Chavara e di suor Alphonsa a Kottayam l'8 febbraio. Un fratello e una sorella di Kerala e della Chiesa di syro-malabar, entrambi erano colmi di intenso amore per Cristo e per la sua Chiesa. Essi sono testimoni esemplari della lunga tradizione di santità e consacrazione religiosa che caratterizza la Chiesa in India. Con la loro intercessione possano essi continuare a sostenere il lavoro della Chiesa di servizio e di testimonianza del Vangelo nel vostro Paese.


5. E' impossibile riassumere in poche parole l'intera esperienza di questo pellegrinaggio. Deve seguire un periodo di riflessione non solo sugli eventi esteriori connessi alla visita stessa, ma specialmente sulla "grazia che Dio ha mostrato nelle Chiese" (2Co 8,1).

Le sfide che sono di fronte alla comunità ecclesiale in India sono legate intimamente al grande compito che fronteggia l'India stessa. Il cammino della Chiesa non può essere altro che la difesa della dignità umana a tutti i livelli e il servizio umile a ogni persona bisognosa. Ci sono temi sui quali tutte le grandi tradizioni dell'India possono incontrarsi e collaborare. Desidero incoraggiarvi lungo questo sentiero.

Sono contento di sapere che sebbene voi siate lontani dal vostro Paese natio rimanete in contatto tra voi mentre siete a Roma. In questo modo voi cercate di rimanere uniti alla vostra eredita culturale e offrite sostegno e solidarietà reciproca. Possa Dio onnipotente benedirvi e sostenervi in questa fase della vostra vita. Possa egli garantire pace e amore a voi e alle vostre famiglie.

Data: 1986-06-12 Giovedi 12 Giugno 1986




Ai vescovi della Toscana in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Nell'umanesimo toscano un cammino per l'uomo e la verità


Signor cardinale, venerati fratelli, pastori delle diocesi di Toscana.


1. Rivolgo il mio affettuoso benvenuto a ciascuno di voi, che ho già avuto modo di incontrare personalmente e che ho la gioia oggi di rivedere ancora collegialmente nel quadro della visita "ad limina". Ho atteso nel silenzio della preghiera l'odierno incontro con voi, per ringraziare insieme il Signore del dono ineffabile della fede, elargito da secoli con misericordiosa bontà alle popolazioni della privilegiata regione affidata alle vostre cure, e nello stesso tempo per animarci a preparare quel rinnovamento dei cuori e della società che lo Spirito Santo attende da noi nella prospettiva del terzo millennio.

La vostra Regione costituisce un lembo di terra, a cui guardo con crescente attenzione e con fiduciosa speranza. Conosco personalmente alcune delle vostre bellissime città, come Livorno, Siena, e ho ancora vivo il ricordo della più recente visita a Prato. Mi propongo di venire prossimamente a Firenze.

Tutti siamo consapevoli di vivere uno di quei grandi periodi della storia densi di opposti fermenti che, mentre rompono molti ponti del passato, aprono l'avvenire. Senza dubbio il Concilio Vaticano II è stato per tutti un evento da nuova Pentecoste, in grado d'illuminare in senso evangelico le menti dei contemporanei e di stimolare le loro volontà, a condizione pero che il suo messaggio venga colto e diffuso nella forza della sua autenticità.


2. Al riguardo, mi preme richiamare con voi l'importanza primaria della formazione delle intelligenze, consapevole di trovarmi davanti a un gruppo di pastori di anime preposti alla guida di una regione italiana che, nel corso della sua lunga storia, si è distinta in maniera del tutto eccezionale nel campo della cultura.

Senza Firenze e la Toscana il mondo sarebbe stato diverso e oggi apparirebbe umanamente più povero.

La vostra terra è conosciuta dappertutto come una delle grandi matrici di un umanesimo che porta visibili le impronte della fede cristiana. Si conoscono i poeti, gli artisti, i pensatori, gli scienziati fioriti in questa serra d'Italia e le opere che li ricordano non cessano di destare ammirazione, attirando sempre più folle di visitatori da ogni parte del mondo. Sono i prodotti di un fatto unico, reso possibile dalla stretta alleanza tra fede e cultura. E' giusto dire che la civiltà e la cultura umana hanno raggiunto in Toscana vertici ineguagliabili e armonizzati con le più alte espressioni della bellezza e degli ideali dell'uomo, perché altrettanto alta e viva era la fede alla radice dell'ispirazione.


3. In Toscana, già famosa nell'antichità per via dello sviluppo della sua civiltà preromana, l'evangelizzazione arrivo ben presto, fin dal primo secolo della nuova èra cristiana. Nel nostro incontro collegiale del 1981 ricordai quel breve elenco di uomini e donne, che la Chiesa iscrive nell'albo glorioso dei santi, a partire dalla donna straordinaria venerata quale patrona d'Italia e dottore della Chiesa.

Ora mi piace ricordare gli uomini della vostra terra inseriti in quell'albo della storia, che costituisce la serie dei romani Pontefici. E anche all'esame di questo altro settore, la vostra zona si rivela quanto mai ricca e generosa.

Il primo successore di Pietro, san Lino, proveniva infatti dalla Tuscia.

E dalla Tuscia, che una volta aveva confini più ampi della Toscana odierna, vennero san Eutichiano, san Leone Magno, san Giovanni I, Sabiniano, san Gregorio VII. Niccolo II fu vescovo di Firenze, Alessandro II vescovo di Lucca. Erano toscani Alessandro III, Pio III, Leone X, Clemente VII, Marcello II, Leone XI, Urbano VIII, Alessandro VII, Clemente IX e XII. Anche il fanese Clemente VIII era di origine fiorentina.

Ricordo ancora che la prima cattedrale di Firenze ebbe l'onore di essere consacrata da sant'Ambrogio. E già nel secolo VI fiorirono in Toscana, un po' dovunque, cenobi e monasteri, maschili e femminili. Basta il nome di Vallombrosa, che si distinse nei secoli bui col suo contributo alla riforma del clero. Si potrebbe compilare un bell'elenco di ordini religiosi sorti nella vostra regione, che si sono affermati in Italia e in altri Paesi del mondo. Ma non posso qui evitare un cenno alla collaborazione attiva dei vescovi toscani, che diedero un loro determinante apporto al sorgere dei liberi Comuni. Da allora soprattutto, a Firenze e in Toscana prese stanza quel primato della cultura che Dante, il sommo poeta cristiano, celebro in versi famosi: "Considerate la vostra semenza: / fatti non foste a viver come bruti, / ma per seguir virtute e conoscenza" ("Inferno" 26,118-120). E' una terzina che risponde a un programma di rilancio per la promozione umana in ogni tempo.


4. Dopo la stagione dei Comuni fiori l'Umanesimo e il grande periodo del Rinascimento, in cui la vostra regione svolse su scala mondiale il ruolo di protagonista. Il '400 fu un secolo eminentemente toscano. E se poi, nel '500, Firenze fu sostituita da Roma, è da aggiungere che la capitale del cattolicesimo si avvalse di una larga ed eccezionale schiera di artisti toscani.

Ma la cultura della vostra terra, non limitata nei confini della poesia e delle arti belle, si allargo a tutti i campi del sapere e diede il via alla scienza moderna con Galileo Galilei, il quale, se incontro prevedibili difficoltà nell'interpretazione biblica, parti vigorosamente dalla chiara premessa che la vera scienza e l'autentica fede non possono essere in disaccordo, avendo origine dal medesimo Autore. Fu quel principio animatore di seguir virtù e conoscenza a permettere alla Toscana di difendersi dalle avvisaglie di infiltrazioni teologiche eterodosse e di essere uno dei primi Stati d'Europa nell'abolire la tortura e la pena di morte.


5. Cari fratelli nell'episcopato, so che voi non vivete con la mente e col cuore chiusi nelle glorie del tempo che fu, anche se la storia, specie se di gran portata come la vostra, deve costituire uno stimolo ricorrente per ispirare il presente e preparare l'avvenire. La vostra sollecitudine pastorale, preoccupata per la situazione del presente, spinge le generose forze cattoliche a salvaguardare l'unità della famiglia che presso di voi è fortemente radicata per tradizione, a proteggere la vita nascente, oggi così insidiata. A tale riguardo esprimo il mio apprezzamento per l'impegno con cui le forze ecclesiali della Regione, sotto la vostra guida, si prodigano a tutela di tali fondamentali valori e in particolare desidero incoraggiare l'opera del Movimento per la Vita, che in Toscana è molto attivo. Non avrebbe senso parlare di promozione umana e di cultura quando fossero compromessi valori primari quali la famiglia e la vita di ogni essere umano in ogni stadio della sua esistenza.

In Toscana avete un clero diocesano valido, la collaborazione dei religiosi e delle religiose, istituzioni ecclesiali vive, istituti culturali e caritativi efficienti, associazioni, movimenti, comunità che esprimono tutta la gamma della vitalità della Chiesa. Tuttavia anche la vostra Regione non va esente dai pericoli propri dell'epoca moderna, che tendendo a sradicare la religione finiscono col minacciare lo stesso uomo. Nella mia recente enciclica "Dominum et Vivificantem" (DEV 38) ho indicato le ideologie che, determinando un processo di pensiero e di prassi storico-sociologica volto al rifiuto di Dio, alla "morte di Dio", portano alla "morte dell'uomo".

Già nel discorso a voi tenuto nel 1981 feci cenno all'urgenza di una "nuova evangelizzazione". Questo compito, che s'impone alle Chiese di tutte le nazioni cristiane d'Europa, nella vostra Regione deve prevalentemente svilupparsi col rilancio dell'umanesimo cristiano. E' un servizio da rendere, come nel passato, a tutta la Chiesa. Io mi auguro che Firenze, proclamata quest'anno capitale europea della cultura, sappia rinnovare il prodigio della sua grande tradizione.


6. L'impegno di permeare la cultura dell'oggi con la linfa vitale della fede comincia dalla sfera individuale delle persone, per estendersi nell'ambito della famiglia, della scuola, del mondo del lavoro, dell'arte, della vita civica e delle istituzioni pubbliche. A nulla di ciò che è creato, a nessuna forma di attività umana è estraneo il Vangelo, che è "potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede" (Rm 1,16), e in virtù di questa potenza misteriosa e divina risana, purifica, trasforma, eleva tutto ciò che nasce dalla mente e dal cuore dell'uomo.

Riferendomi alla cultura, il mio pensiero va a due luoghi classici in cui essa si forma: la scuola e l'università. L'interesse e l'impegno della Chiesa per la scuola sono dettati dalla sua vocazione a servire l'uomo. Essa sa che non è possibile essere veramente uomini senza acquisire la verità, che la Verità eterna è Dio e che il modello perfetto di ogni uomo è Cristo. Essa combatte l'ignoranza, ostacolo alla conoscenza della verità divina, che dona la vera libertà.

Nella scuola l'uomo si prepara e si costruisce per il futuro, acquistando le cognizioni che formeranno la visione del mondo, e imparando a usare gli strumenti per trasformarlo; qui si allena a confrontarsi con la verità e a rapportarsi ad essa con lo sforzo interiore e la gioia spirituale che ciò comporta. Non si deve, pero, ritenere che sia assolto sufficientemente l'impegno cristiano per la scuola quando è stato assicurato in essa l'insegnamento della religione cattolica. E' necessaria altresi una convergenza di attenzioni e di cure perché l'iniziazione alla storia, alla letteratura, alle scienze, alla vita che ha luogo nella scuola avvenga in armonia con la ricerca di quella verità che Dio ha depositata nel grande campo della creazione, al cui centro sta l'uomo, creato a sua immagine e destinato a lui come fine ultimo e beatificante.


7. Il processo che inizia nelle scuole primarie e secondarie si realizza in modo più alto e specializzato nelle università. La Chiesa è stata sempre solidale con l'università e con la sua vocazione di portare l'uomo ai più alti livelli della conoscenza della verità e del dominio del mondo in ogni suo aspetto. Ogni università che voglia rinnovarsi e riscoprire la sua vera missione deve far luce "sul suo scopo principale, quello dello studio della verità in ogni suo aspetto" (Al Corpo accademico di Padova, 12 settembre 1982). Essa dovrà sviluppare il senso della responsabilità in ogni uomo, perché le singole conoscenze, soprattutto in campo scientifico, siano poste al servizio della verità totale dell'uomo.

Per realizzare questi obiettivi è indispensabile e urgente pensare a una pastorale universitaria che favorisca e promuova la presenza umanizzante del Vangelo in tutte le componenti della vita degli studenti e professori, e in tutte le sue espressioni che vanno dall'insegnamento alla ricerca e alle applicazioni tecniche.


8. La Chiesa ha la grande missione di portare dovunque il Vangelo di Cristo, che non è per lei soltanto il deposito da custodire (1Tm 6,20), ma luce per l'illuminazione delle genti (Lc 2,32), il Vangelo della gloria di Cristo (2Co 4,4), il messaggio della grazia di Dio (Ac 20,24), da far risplendere nelle famiglie, nella cultura, nella scuola, nell'Università, poiché a tutti siamo debitori (Rm 1,14). E' questo il grande e non facile compito che tutti ci attende per realizzare il servizio a noi affidato di avvicinare tutti gli uomini, sia fedeli sia non fedeli, con umiltà e mitezza, ma anche con chiarezza di linguaggio (CD 13). Sono sicuro che voi, vescovi della Toscana, nell'assolvimento di questo pastorale dovere sarete in prima fila. Vi sostenga nella fatica la Madre della Chiesa, e vi accompagni la mia speciale benedizione che di cuore imparto a voi, ai vostri sacerdoti, ai religiosi, ai laici impegnati, a tutte le popolazioni della vostra Regione.

Data: 1986-06-13 Venerdi 13 Giugno 1986





GPII 1986 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)