GPII 1986 Insegnamenti - Ai vescovi dell'Abruzzo e del Molise in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)


1. Trascorsi cinque anni dalla precedente visita "ad limina Apostolorum", con rinnovata gioia vi accolgo oggi in forma comunitaria, dopo aver avuto con voi l'incontro personale. Porgo a ognuno di voi il mio cordiale saluto e con vivo affetto lo estendo ai sacerdoti, ai religiosi e ai fedeli affidati al vostro ministero episcopale. La Provvidenza ha voluto darmi la possibilità di visitare già alcune volte le vostre terre e penso con sentita partecipazione ai bisogni e alle esigenze delle vostre diocesi, che insieme abbiamo potuto esaminare e approfondire. Desidero innanzitutto esprimervi il mio sincero compiacimento per quanto avete compiuto nelle vostre comunità per il bene delle anime, per la salvaguardia della fede e della morale cristiana, per l'incremento del Vangelo in ogni categoria di persone, e anche per la soluzione dei problemi sociali della regione. Siamo tutti convinti che, in questo periodo della vita della Chiesa, è necessario in modo speciale aver fiducia, e non scoraggiarsi di fronte alle molteplici difficoltà, in situazioni che suscitano talvolta perplessità e procurano amarezza. Il Signore guida la sua Chiesa, anche se, per la legge fondamentale del rispetto della libertà dell'uomo, da lui voluta, non la esime da contrasti, avversità, preoccupazioni. L'incontrarsi, discutere, programmare insieme, scambiarsi le esperienze ed esporre i propri metodi, mira a rendere più incisiva ed efficace l'attività pastorale nell'opera della santificazione delle anime e della continua evangelizzazione, sicuri che il significato dell'umana esistenza sta nel messaggio di Cristo e che tutto possiamo in Colui che ci dà la forza (cfr Ph 4,13). Alla folla che chiedeva a Gesù: "Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?", Gesù rispondeva: "Questa è l'opera di Dio: credere in Colui che egli ha mandato" (Jn 6,28-29). E' la direttiva fondamentale che vale per sempre, per tutti i popoli e per tutte le epoche. E valgono anche per noi le ben note parole che san Paolo scriveva al discepolo Timoteo: "Annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina" (2Tm 4,2).


2. In questi quarant'anni dopo la seconda guerra mondiale, la regione Abruzzo e Molise ha subito una profonda trasformazione socio-economica e culturale, tanto da essere definita "Il Nord del Sud".

Il passaggio da una cultura contadina a una cultura industriale che caratterizza la vostra Regione è da attribuirsi alla capacità della gente, all'impegno dei responsabili della vita civile e politica, alle condizioni territoriali tra il Tirreno e l'Adriatico. Indubbiamente il tenore di vita si è elevato, anche a motivo dell'aumentato livello culturale, trovandosi in Abruzzo due università in quattro sedi: L'Aquila, Chieti, Pescara, Teramo e numerosissime scuole medie superiori con nuovi corsi anche di sperimentazione.

La trasformazione socio-economica ha inciso pure sul costume delle genti di Abruzzo e Molise, che hanno cambiato in parte la mentalità tradizionale e molte abitudini anche religiose, conservando pero quelle che hanno radici profonde.

E' consolante che il Concilio Vaticano II sia stato accolto con entusiasmo e che si cerchi gradualmente ma intensamente di viverlo e applicarlo nel senso esatto, innestando, per così dire, un nuovo modo di "essere-Chiesa", nel quale vengono privilegiati la liturgia, l'istruzione religiosa, l'impegno sociale e caritativo e si formano i laici alla responsabilità ecclesiale, alla collaborazione cosciente e attiva, alla testimonianza amorevole e coraggiosa.

Nonostante limiti e carenze, un notevole sforzo di adeguamento alle nuove realtà è stato compiuto in questi anni: i sacerdoti sono sempre più consapevoli della loro missione di evangelizzazione e di formazione di autentiche comunità di credenti e i laici sono animati da un desiderio di coerenza cristiana.

Incoraggio le iniziative per approfondire sempre più il valore, l'importanza e le intrinseche esigenze dei sacramenti del Battesimo, della Cresima e del Matrimonio. Anche i sacramenti della Penitenza e dell'Eucaristia rimangono profondamente inseriti nel tessuto della comunità cristiana, che gusta quanto la Chiesa ha offerto come sussidio in questi ultimi tempi con i vari libri liturgici e i vari documenti, così ricchi di contenuto biblico, teologico, pastorale. I giovani poi, in questa nuova situazione, sentono più urgente il bisogno di impegno e di coerenza. Ringraziamo insieme il Signore per quanto è stato realizzato e per le prospettive che si aprono. Continuate a seminare con abbondanza il buon seme della "parola di Dio" e dell'esempio, sicuri che a suo tempo si raccoglieranno i frutti della grazia. Desidero pure esprimere il mio apprezzamento nei riguardi dei sacerdoti, vostri collaboratori, specialmente verso coloro che svolgono il ministero in luoghi disagiati e difficili. Li assicuro del mio ricordo e del mio affetto.


3. Su di un punto in particolare vorrei attirare la vostra attenzione di Pastori: quello della pietà popolare e del suo rapporto con la vita liturgica.

La costituzione sulla Sacra Liturgia del Concilio Vaticano II ha un esplicito accenno al problema, quando al n. 13 parla dei pii esercizi del popolo cristiano, elogiandoli e raccomandandoli, purché "conformi alle leggi e alle norme della Chiesa" (SC 13). Consegue da ciò che non si possono ignorare, né trattare con indifferenza o disprezzo quelle manifestazioni di pietà e di devozione che sono ancora vive in mezzo al popolo cristiano, ad esempio le feste patronali, i pellegrinaggi a santuari, le varie forme con cui si manifesta la devozione ai santi.

La pietà popolare o religiosità popolare, infatti, come già accennava Paolo VI nell'esortazione apostolica "Evangelii Nuntiandi" (EN 48), è ricca di valori: "Essa manifesta una sete di Dio che solo i semplici e i poveri possono conoscere; rende capaci di generosità e di sacrificio fino all'eroismo, quando si tratta di manifestare la fede; comporta un senso acuto degli attributi profondi di Dio; la paternità, la provvidenza, la presenza amorosa e costante; genera atteggiamenti interiori raramente osservati altrove al medesimo grado: pazienza, senso della croce nella vita quotidiana, distacco, apertura agli altri, devozione".

Non tutto certamente è della medesima elevata qualità in queste manifestazioni religiose. Poiché sono umane, le loro motivazioni possono essere mescolate a sentimenti di impotenza davanti agli avvenimenti della vita, a un semplice desiderio di sicurezza più che a uno slancio di confidenza nella Provvidenza o di gratitudine e di adorazione. Esse inoltre si esprimono in segni, gesti e formule, che talvolta prendono un'importanza eccessiva, fino alla ricerca dello spettacolare. Tuttavia nella loro sostanza sono manifestazioni che esprimono il fondo dell'uomo, e il riconoscimento di una dipendenza fondamentale dello stesso uomo come creatura nei riguardi del suo Creatore.


4. Il fatto che la religiosità popolare sia nello stesso tempo una ricchezza e un rischio, deve stimolare la vigilanza dei Pastori della Chiesa, i quali dovranno tuttavia svolgere la loro azione di orientamento con una grande misura di pazienza, perché, come già sant'Agostino avvertiva al suo tempo dinanzi ad alcune forme nel culto dei santi, "Altro è quello che noi insegniamo, altro quello che noi siamo costretti a tollerare" ("Contra Faustum", 20,21: CSEL 25, 263). Ciò che conta, venerati fratelli, è prendere coscienza della permanenza del bisogno religioso nell'uomo, attraverso la diversità delle sue espressioni, per sforzarsi continuamente di purificarlo e di elevarlo nella evangelizzazione.

Questa metodologia è sempre stata seguita dalla Chiesa in tutti i secoli, sia per i problemi della inculturazione, che per i problemi della religiosità popolare e delle devozioni popolari. così ha fatto la Chiesa quando dovette accogliere una folla di nuovi convertiti dopo l'editto costantiniano; così avvenne nel caso dei popoli barbari dell'Europa; così avvenne ancora con i popoli del nuovo mondo a cui occorreva annunziare l'Evangelo; così avviene anche oggi, nel necessario adattamento all'indole e alle tradizioni dei vari popoli (cfr SC 37-40). Non bisogna mai dimenticare la consegna che papa Gregorio Magno dava all'apostolo dell'Inghilterra, sant'Agostino di Canterbury: non si dovevano distruggere, ma si dovevano purificare e consacrare a Dio i templi pagani, come anche i costumi religiosi con cui i popoli erano abituati a festeggiare le ricorrenze religiose della vita.


5. In un paese di antiche tradizioni cristiane come l'Italia, le manifestazioni religiose popolari hanno un carattere cristiano che non si può negare. Molti costumi di questo Paese sono nati dalle feste della Chiesa e sono ancora legati ad esse. Bisogna avvertire le origini, e nel caso che essi tendessero ad allontanarsene, bisogna impegnarsi nello sforzo di riportarli alle loro origini antiche. E' nostro compito di pastori vegliare perché questi atti di devozione siano rettificati nel caso in cui fosse necessario e perché, comunque, non abbiano a degenerare in una pietà falsa, in superstizione o in pratica magica. così la devozione ai santi - che si esprime nelle feste patronali, nei pellegrinaggi, nelle processioni e in tante altre forme di pietà - non deve ridursi alla sola ricerca di una protezione per i beni materiali o per la salute corporale, ma i santi devono essere presentati anzitutto ai fedeli come modelli di vita e di imitazione del Cristo, come via sicura per arrivare a lui.


6. Il rimedio migliore contro deviazioni sempre possibili è di permeare queste manifestazioni di pietà popolare con la parola del Vangelo, portando coloro che vivono di queste forme di religiosità popolare da un movimento di fede iniziale e qualche volta balbettante ad un atto di fede cristiana autentica.

L'evangelizzazione della pietà popolare la libererà progressivamente dai suoi difetti; purificandola, la consoliderà, facendo si che ciò che è ambiguo acquisti una fisionomia più chiara nei contenuti di fede, speranza e carità. Non bisognerà in nessuna maniera sottovalutare il valore di questa parola di catechesi. Il popolo generalmente è denutrito per ciò che riguarda la dottrina cristiana: bisognerà dargli la parola specialmente in queste occasioni, nelle quali sono presenti anche quelli che abitualmente non partecipano mai o quasi mai alla vita della Chiesa.

Concludendo, si può affermare che nella vita dei fedeli e delle comunità cristiane c'è e ci deve essere un posto per forme di pietà che non si riducano alle sole celebrazioni liturgiche. Ciò implica una esigenza: queste forme di pietà non debbono sovrapporsi ai tempi liturgici, non debbono mettersi in concorrenza con le solennità più significative dell'anno liturgico. Se c'è una devozione che ha un valore superiore a tutte le altre è la devozione della Chiesa, cioè il culto che essa rende a Dio, la sua vita liturgica, nei misteri e nei tempi che si succedono nel corso dell'anno del Signore. Ultima conseguenza di carattere pratico è quella a cui già nel 1958 il Papa Pio XII si riferiva: celebrazioni liturgiche e pii esercizi non debbono mai essere mescolati.

Come si vede, un'autentica pastorale liturgica non potrà mai trascurare le ricchezze della pietà popolare, i valori propri della cultura di un popolo in modo che tali ricchezze siano illuminate, purificate e introdotte nella liturgia come offerta dei popoli.


7. Nell'incoraggiarvi in questo sforzo per far si che la pietà popolare divenga una sorta di pedagogia grazie alla quale il popolo cristiano possa accedere a una partecipazione sempre più cosciente, attiva e fruttuosa alla liturgia della Chiesa, vi confermo il mio affetto più cordiale e vi imparto la mia benedizione, con la quale intendo abbracciare anche i fedeli affidati alle vostre cure pastorali.

Data: 1986-04-24 Giovedi 24 Aprile 1986




Ad un pellegrinaggio svizzero - Città del Vaticano (Roma)

Tutti i battezzati sono chiamati ad evangelizzare


Signor sindaco, cari pellegrini svizzeri.

Molti di voi, lo so e ne sono felice, realizzano un desiderio che stava loro a cuore: venire al centro della Chiesa. La mia felicità è all'unisono con la vostra e raddoppiata dalla gioia di accogliervi nella dimora del Papa. Mi avete accolto così bene, con i vostri compatrioti, quando nel giugno del 1984 ho visitato Friburgo e anche Zurigo, Lugano, Ginevra, Berna, Flüeli, Einsiedeln, Lucerna! Vi ringrazio.

Ho un ricordo particolare della città di Friburgo dove le autorità e il popolo mi avevano riservato un'accoglienza festosa, ravvivata dalle tradizioni del Paese. Sono felice di salutare questa mattina le autorità comunali di questa città, a capo di questo pellegrinaggio e sono sensibile alle amabili parole del signor sindaco. Auguro a ciascuno di voi che questo incontro, del tutto familiare, generi una gioia più grande di credere. E' per questo che i miei incoraggiamenti orientano al tesoro della fede, ricevuto dalla Chiesa attraverso la mediazione delle vostre famiglie e delle vostre parrocchie. Tesoro che bisogna conservare con cura a ogni tappa del vostro itinerario terrestre.

Questa fede che gli apostoli Pietro e Paolo, martirizzati a Roma, professavano nella persona di Gesù, il suo messaggio di verità e di salvezza, voi la vivete già. Tuttavia essa richiede, in ogni epoca e ancor più oggi, sforzi personali e comunitari rinnovati. I discepoli di Cristo sono certamente circondati da fratelli e sorelle nella fede. Essi devono inoltre avvicinare i credenti di altre religioni, gli indifferenti, gli oppositori, senza parlare delle correnti di pensiero o dei costumi in rottura con l'insegnamento evangelico e la tradizione ecclesiale. Per rimanere "saldi nella fede", i cristiani hanno l'obbligo di vegliare sulla sana e rigorosa alimentazione della loro fede.

Cari pellegrini, non è mai troppo tardi per prendere e riprendere la via degli approfondimenti dottrinali. Libri eccellenti, riviste interessanti, gruppi di formazione e di preghiera sono a vostra disposizione nelle diocesi svizzere per chiarire e consolidare il vostro attaccamento alle verità del Credo, ai principi della morale cristiana, alla storia passata e presente della Chiesa! Questo alimento metodico della fede permette di discernere la verità dall'errore, di resistere a delle presentazioni semplicistiche che l'opinione pubblica o i media fanno spesso dei problemi religiosi, degli avvenimenti attuali, dei problemi della società... Sembra di assistere a una ricerca di Dio più esigente presso i cristiani che vogliono essere fedeli e testimoniare. Lo constato a Roma e nel corso dei miei viaggi apostolici, tra i giovani e gli adulti.

E' proprio questa fede trattenuta con ardore, che conduce i battezzati e i cresimati a vivere come membri attivi della Chiesa, a partecipare alla sua missione evangelizzatrice. Voi beneficiate dell'aiuto delle vostre comunità parrocchiali. I vostri responsabili, i vescovi e i sacerdoti aspettano la vostra cooperazione. Tutti voi avete dei talenti e del tempo da dare. Ci sono giovani da catechizzare, adolescenti da guidare verso una maturità cristiana! Molti ammalati e persone sole aspettano il conforto di visitatori animati da rispetto e bontà evangeliche. La stampa cristiana ha bisogno di persone illuminate e perseveranti.

I servizi caritativi richiedono altri collaboratori. La pastorale delle famiglie o dei futuri focolari vorrebbe avvalersi di coppie cristiane sperimentate. La gestione delle finanze parrocchiali o diocesane ha spesso ricorso a persone che hanno lavorato o esercitano ancora la loro attività professionale in questo campo.

Le persone ai margini della fede attendono, più di quanto si pensi, la vostra testimonianza discreta e amichevole. La presenza dei cristiani nelle istanze caricate del bene comune è anch'essa molto importante.

Mi auguro che il vostro pellegrinaggio romano produca nelle vostre vie cristiane una nuova primavera, per la vostra profonda felicità, per la felicità e la vitalità delle comunità umane e cristiane della Svizzera alle quali appartenete. E' con questi sentimenti che dandovi la mia benedizione apostolica, invoco sulle vostre famiglie, sulle vostre parrocchie e sulle vostre diocesi, abbondanti grazie di fede in Gesù Cristo e disponibilità al servizio della sua Chiesa.

Data: 1986-04-25 Venerdi 25 Aprile 1986




Alla VI assemblea dell'ACI - Città del Vaticano (Roma)

Identità ecclesiale e apostolato associato nell'Azione cattolica



1. Carissimi delegati alla VI assemblea nazionale dell'Azione cattolica italiana, rappresentanti delle diocesi e associazioni che sono in Italia, dei settori e dei movimenti in cui si articola il vostro apostolato, vi saluto cordialmente, rivolgendo uno speciale pensiero al caro fratello cardinale Ugo Poletti, presidente della CEI, che con affetto e attenzione segue la vita della vostra associazione. Saluto poi il presidente dell'Azione cattolica e l'assistente ecclesiastico generale.

In voi tutti qui presenti saluto l'intera Azione Cattolica Italiana, esprimendo il mio compiacimento perché essa è una realtà viva, organicamente inserita nel cammino della chiesa che è in Italia e intensamente impegnata nell'opera di apostolato a servizio delle varie diocesi e delle diverse parrocchie. Sono lieto di incontrarvi, quasi all'inizio dei vostri lavori assembleari, per affrontare insieme con voi alcuni temi decisivi per la pastorale della chiesa in Italia e quindi per il cammino dell'Azione cattolica, offrendo così punti di riferimento e orientamenti per la vostra riflessione.

A ciò mi spinge l'affetto che nutro per la vostra associazione, la consapevolezza della sua importanza, la volontà di interpretare le attese e le speranze dei vostri vescovi, tanto legati all'Azione cattolica e spesso formatisi nel suo seno. L'ufficio del successore di Pietro si intreccia infatti con quello di vescovo della prima diocesi italiana: ne consegue per il papa un vincolo particolare con gli altri vescovi italiani e una specifica responsabilità pastorale nei confronti di questa diletta nazione.


2. Per sua natura l'assemblea nazionale è occasione privilegiata di verifica dell'identità e dell'impegno dell'associazione. Quindi della sua corrispondenza effettiva a quel modello che si è venuto formando fin dalle origini della vostra associazione, del quale il concilio ha tracciato i lineamenti essenziali (cfr AA 20), che lo Statuto - approvato "ad experimentum" nel 1969 - ha più dettagliatamente articolato e che il mio predecessore Paolo VI ha illuminato col suo magistero, ispirato sempre da profondo amore.

La vostra assemblea ha luogo mentre è viva l'attesa per il prossimo sinodo sulla vocazione e missione dei laici nella chiesa e nel mondo.

Approfondendo a vent'anni dal concilio la fisionomia del laicato cristiano, esso apporterà un ulteriore contributo anche alla comprensione e valorizzazione dell'apostolato di Azione cattolica.


3. Sotto il profilo storico e spirituale, l'Azione cattolica è scaturita da un bisogno preciso di cristiani laici, desiderosi di raccogliere le sfide del loro tempo, non meno travagliato del nostro e anzi, per certi aspetti, in Italia, forse più carico di preconcetti e di ostilità verso la chiesa. In tale situazione quei pionieri hanno compreso la necessità di un organismo che inserisse i laici, in forma stabile e associata, nel dinamismo apostolico della chiesa in collaborazione col ministero gerarchico.

Il concilio, guardando a questa realtà, ne ha riconosciuto la preziosità e l'ha collocato in una profonda visione ecclesiologica, enucleando alcuni principi, che conviene qui richiamare.

Innanzitutto, ogni cristiano, in forza del battesimo e in quanto appartenente al popolo di Dio, è chiamato ad attuare, secondo la condizione propria di ciascuno, la missione della chiesa che è quella della evangelizzazione e santificazione. La chiesa, per la sua divina costituzione, è gerarchica e quindi vi è un apostolato gerarchico che è proprio dei ministri ordinati; ma vi è anche un apostolato proprio dei laici che si manifesta come presenza di chiesa in quei luoghi e in quelle circostanze in cui essa non può diventare sale della terra, se non per mezzo loro; in particolare l'apostolato dei laici ha il compito specifico dell'animazione cristiana dell'ordine temporale.

Ma i laici possono anche essere chiamati in diversi modi a collaborare più immediatamente coll'apostolato della gerarchia (LG 33). Il caso emblematico di questa chiamata è quello dell'Azione cattolica, la cui identità è ben delineata dalle note caratteristiche descritte nel n. 20 del decreto conciliare "Apostolicam Actuositatem" AA 20. L'insegnamento del concilio mette l'accento sulla missione integrale dei laici, di evangelizzazione e di santificazione, come pure di animazione cristiana delle realtà temporali, all'interno dell'unica missione della comunità ecclesiale (cfr LG 31-33 AA 2-3 AA 5-7). Per questo Paolo VI, in occasione della terza assemblea nazionale (25 aprile 1977), disse che "l'Azione cattolica è chiamata a realizzare una singolare forma di ministerialità laicale, volta alla "plantatio Ecclesiae" e allo sviluppo della comunità cristiana in stretta unione con i ministeri ordinati" ("L'Osservatore romano", 26 aprile 1977).

Questa "identità" sarebbe compromessa se, in nome di discutibili visioni ecclesiologiche, si accettassero improprie estensioni del concetto di "laicità", che indurrebbero a un livellamento di quelle diversità di ministero appartenenti alla divina costituzione della chiesa e che farebbero venir meno la specificità delle vocazioni nella chiesa e, quindi, della stessa vocazione laicale e di quella dell'Azione cattolica. Questa identità può sussistere solo a condizione di una piena fedeltà al magistero sia in ragione dell'essere battezzati, sia in ragione dell'essere chiamati alla collaborazione con l'apostolato proprio della gerarchia e di una sentita concordia con le altre associazioni e movimenti di apostolato dei laici.


4. Impegnativi sono oggi i compiti dell'Azione cattolica e accresciuta è la necessità della sua opera specifica. E' urgente infatti - come ho detto nel discorso di Loreto - por mano anche in Italia quasi a una nuova "implantatio evangelica". Lo esige l'avanzare del processo di secolarizzazione, che si manifesta con particolare acutezza nell'ambito delicatissimo della famiglia, della trasmissione e dell'accettazione della vita, e che assume in maniera sempre più marcata un volto scristianizzato. Consumismo e materialismo tendono a far dimenticare Dio e a escluderlo di fatto dall'orizzonte di vita di molte persone, accorciando così le autentiche dimensioni dell'uomo.

Ma il bisogno di evangelizzazione emerge anche da altri segni, fortunatamente positivi, collegati con il fenomeno del secolarismo e pero indicativi di una radicale insoddisfazione nei suoi confronti. La rapida trasformazione che l'avvento delle nuove tecnologie sta producendo nel nostro paese, sul piano non solo economico ma anche sociale e culturale, aumenta l'urgenza dell'opera di evangelizzazione, cioè dell'annuncio di Cristo che salva e redime.

Occorre dunque proporre con chiarezza, con forte e dolce capacità di persuasione, l'unica risposta autentica e adeguata, che è Cristo, perfetto modello dell'uomo. Occorre inserire questa risposta della fede nella mutevole cultura di oggi, per rigenerarla dal di dentro, liberarla dalle sue molteplici schiavitù e aprirla ai veri valori.


5. Tutto ciò interpella la chiesa che è in Italia. Chiama in causa noi pastori, come voi carissimi laici di Azione cattolica e come ogni forza viva che lo Spirito fa nascere nella comunità cristiana. A noi tutti è chiesto di essere protesi all'impegno di evangelizzazione. Un'evangelizzazione integrale, attenta ai problemi dell'uomo, comprensiva della promozione umana e sollecita dell'inculturazione della fede. Un'evangelizzazione che nasce dalla passione per la verità di Cristo e dall'amore per l'uomo, e che pertanto è ricca di dinamismo e capace di iniziativa. Il segreto della fecondità missionaria è, come ben sapete, la santità di vita: questa rimane dunque la priorità fondamentale negli impegni dell'Azione cattolica. La preghiera, la prontezza al sacrificio, alimentate dalla fiducia filiale in Maria madre della divina grazia, siano il punto di riferimento inderogabile della vostra vita. Lo slancio missionario è proporzionale alla "coscienza di verità", affinché l'Azione cattolica condivida in tutte le sue componenti il senso di responsabilità per la verità cristiana e ne possa essere annunciatrice e testimone competente e qualificata all'interno delle complesse problematiche attuali, le vostre associazioni sono chiamate a divenire autentiche scuole di formazione dottrinale, oltre che spirituale, e non solo per le verità da credere, ma anche per il comportamento da tenere.

Questa dimensione formativa sarebbe evidentemente intesa in modo ristretto ed errato se venisse isolata da quell'attività, di "azione" appunto, come dice il nome stesso della vostra associazione, o peggio se le venisse assurdamente contrapposta. Al contrario, come la formazione è la radice della missionarietà, così la medesima formazione deve essere intrinsecamente missionaria, orientata all'azione apostolica. Da ciò deriva anche l'ampiezza del suo respiro. Un'autentica formazione di laici di Azione cattolica deve abbracciare, accanto alle tematiche spirituali e teologali, la dottrina sociale della chiesa e tutto ciò che rende idonei a immettere la forza redentrice del Vangelo all'interno delle realtà temporali.


6. L'apostolato di Azione cattolica non si esaurisce nell'impegno personale dei singoli, per quanto esso sia sempre indispensabile e prezioso. La sua modalità propria è quella di agire "uniti a guisa di corpo organico, così che sia espressa in modo più adatto la comunità della chiesa e l'apostolato riesca più efficace" (AA 20). Solo operando in questa forma organica e comunitaria la vostra associazione potrà realizzare una presenza visibile nella società e nella cultura italiana, in grado di incidere sui suoi orientamenti complessivi, e contribuire così per la propria parte a trasmettere nel tessuto sociale italiano la ricchezza dei valori e i fermenti di vita propri del messaggio evangelico, in modo che la comunità ecclesiale italiana possa esprimere con efficacia anche la sua vitalità come "forza sociale".

Una realtà di antica tradizione popolare come l'Azione cattolica italiana, da tanto tempo intimamente radicata non solo nella chiesa, ma anche nelle famiglie, nella gioventù, nella vita del paese, può dare qui un contributo essenziale, se saprà conservare e rinvigorire la sua caratteristica di associazione popolare, attraverso l'impegno di una presenza coraggiosa, caratterizzata da programmi chiari e concreti.


7. A questo proposito occorre precisare che l'apostolato dell'Azione cattolica, ecclesiale per sua natura, non deve in alcun modo confondersi con attività di tipo puramente civico, sindacale o politico. Ma estendendosi la sua missione quanto la missione salvifica della chiesa, rivolta all'evangelizzazione e alla promozione integrale dell'uomo, nessun terreno in cui siano in gioco la persona umana, i suoi diritti e doveri, i valori morali e religiosi, può esserle indifferente o estraneo, pur nelle dovute distinzioni degli ambiti di competenza.

Non v'è dubbio che, attenendosi a queste linee maestre, l'Azione cattolica italiana non si lascerà condizionare da quei meccanismi che la mentalità secolaristica mette in atto per bloccare sul nascere le vie dell'evangelizzazione.

Non avrà timore delle accuse di trionfalismo o di proselitismo, che appaiono infondate e pretestuose nell'odierna situazione italiana. Né si lascerà indurre a comportamenti che, nell'illusione di smussare le opposizioni all'annuncio evangelico, finiscono per nascondere l'identità cristiana.

Sarà piuttosto sempre sollecita della trasparenza e coerenza della propria testimonianza, attenta ad esprimere nelle dichiarazioni dei propri esponenti, negli indirizzi della stampa associativa come in ogni altra manifestazione di impegno una fedeltà ecclesiale, evitando di indulgere a forme di dialogo mal inteso, nel quale posizioni ideologiche e politiche incompatibili con la fede cristiana possano apparire in qualche modo avallate dall'Azione cattolica, e così indirettamente dalla stessa chiesa in Italia, di cui l'Azione cattolica è espressione tanto qualificata.


8. Carissimi delegati, vi è ancora un argomento sul quale desidero soffermarmi con voi, perché da esso dipendono l'autenticità cristiana e il dinamismo apostolico della vostra associazione. Mi riferisco all'unità interna, alla comunione che deve regnare nell'Azione cattolica e qualificarla e plasmarla in tutte le sue articolazioni. Un'unità non qualsiasi, ma con un preciso volto ecclesiale. Fondata quindi sulla virtù unitiva dell'amore cristiano e realizzata in conformità a quei contenuti e a quegli obiettivi che sono già indicati nel vostro Statuto e che oggi ho per voi posto in evidenza. Un'unità capace di rispettare e valorizzare tutte le componenti dell'Azione cattolica, di armonizzare in una superiore concordia i loro carismi, le loro peculiari sensibilità ed esperienze associative, sempre all'interno del quadro di fondo che abbiamo tracciato.

Questa VI assemblea nazionale è l'occasione che la provvidenza vi offre per rafforzare le fila di una collaborazione serena e costruttiva. Il consiglio nazionale che emergerà dalla vostra assemblea e la futura presidenza dovranno portare sempre più avanti questo cammino di comunione fraterna. Un ruolo tutto particolare nella promozione dell'unità compete ai sacerdoti assistenti cfr Statuto dell'Azione cattolica italiana, 10). Il servizio dell'unità appartiene infatti alla natura stessa del ministero sacerdotale. Come guide delle coscienze, educatori alla fede e al senso della chiesa, gli assistenti hanno una responsabilità decisiva nella crescita spirituale dell'Azione cattolica e soprattutto nella formazione dei ragazzi e dei giovani. Rispettando nell'associazione le responsabilità dei laici, saranno per tutti uno stimolo quotidiano a vivere fino in fondo l'appartenenza a Cristo e alla chiesa.


9. così unita al proprio interno e spiritualmente alimentata, l'Azione cattolica italiana è chiamata a essere una grande forza di comunione intraecclesiale. Il suo stesso Statuto le assegna "come primo impegno la presenza e il servizio nella chiesa locale" (n. 6), sempre in totale adesione all'unità cattolica della chiesa "universale e primigenia". E' un compito che vi caratterizza e vi qualifica e per il quale già tanto avete operato. Lo svolgerete in maniera sempre più piena, facendovi promotori di comunione e collaborazione con ogni altra presenza ecclesiale, in quello spirito di stima reciproca, disponibilità e amichevole comprensione che consente ai fratelli di costruire insieme la casa comune, sulla base di una genuina e cordiale integrazione nella pastorale del proprio vescovo, "principio visibile e fondamento dell'unità della chiesa particolare" (LG 23). Sviluppando con fedeltà e creatività queste indicazioni, la vostra assemblea potrà segnare un significativo approfondimento e aggiornamento della missione dell'Azione cattolica italiana, nel suo servizio più che secolare che tanto ha contribuito al bene della chiesa e del paese. Potrà stimolare una nuova crescita anche delle adesioni e una più dinamica partecipazione di tutti gli associati.

Maria santissima, stella dell'evangelizzazione, sia guida del vostro cammino. Per parte mia, vi accompagno con gli auguri più cordiali e con l'assicurazione di una speciale preghiera.

Con grande affetto imparto la mia benedizione a voi e a tutta l'Azione cattolica italiana, auspicando ogni migliore successo a questa vostra sesta assemblea.

Data: 1986-04-25 Venerdi 25 Aprile 1986





GPII 1986 Insegnamenti - Ai vescovi dell'Abruzzo e del Molise in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)