GPII 1986 Insegnamenti - Saluto alla popolazione - Imola (Bologna)

Saluto alla popolazione - Imola (Bologna)

Riconoscere sempre la vera dignità dell'uomo


Cari Imolesi.


1. Ringrazio anzitutto per le cortesi parole di benvenuto, che mi sono state rivolte in questo mio primo incontro con la cittadinanza di Imola.

Saluto tutte le autorità civili, militari e religiose, nonché i qualificati rappresentanti del mondo dell'industria e del lavoro. Saluto voi, cari cittadini di Imola, che vi siete preparati a questo incontro con grande partecipazione spirituale, ben degna delle tradizioni religiose della vostra terra, che accolse la fede fin dai primi secoli del cristianesimo. Si ha memoria infatti di un vescovo "ad Forum Cornelii" (tale era il nome romano della vostra illustre città) in una lettera di sant'Ambrogio, risalente al marzo del 379, in cui il vescovo di Milano esortava il vescovo viciniore Costanzo a prendersi cura "della Chiesa che è in forum Cornelii", in quel momento priva di un proprio pastore. Egli si preoccupa infatti che i fedeli non vengano avvicinati e insidiati da coloro che diffondevano nella regione l'eresia ariana, vuole invece che siano in pace e seguano la vera fede" ("Ep." II, 27-28: PL 16, 924-925). E' un monito pastorale, che viene da quel grande vescovo e maestro della Chiesa, che desidero ripetere oggi a voi, fedeli di Imola, perché è sempre attuale e necessario.

Da allora una fulgida schiera di santi è fiorita in questa porzione della Chiesa di Dio; tra questi risplendono particolarmente san Cassiano, che subi il martirio durante la persecuzione di Diocleziano, e san Pier Crisologo, definito l'"uomo dalla parola d'oro" per essere autore di stupendi sermoni, ricchi di dottrina, che gli valsero anche il titolo di Dottore della Chiesa. Ma la vostra comunità diocesana va anche giustamente orgogliosa per aver avuto l'onore di vedere due dei suoi figli e tre suoi vescovi elevati al soglio di Pietro e che hanno così egregiamente illustrato la Chiesa. I loro nomi sono stati ricordati poc'anzi nelle parole del vostro primo cittadino.


2. La mia visita oggi a Imola si colloca nel solco di questa tradizione religiosa che non si è mai interrotta, nonostante l'insorgere di difficili vicende storiche che hanno inciso sullo sviluppo sociale e culturale di questo territorio. Essa vuol essere un riconoscimento di questo patrimonio spirituale, che Imola ha saputo sempre difendere attraverso i secoli, non temendo di affrontare lotte e sacrifici per salvaguardare la propria identità; vuol essere un atto di omaggio a ogni uomo e a ogni donna che si trovano inseriti in queste concrete condizioni sociali e che vivono oggi e qui i loro problemi esistenziali. In questo contesto desidero annunziare il messaggio evangelico della fiducia e della speranza, della solidarietà e dell'amicizia umana. In pari tempo desidero esprimervi il mio incoraggiamento di fronte alle difficoltà che non mancano anche qui da voi. E' vero che l'intraprendenza dei lavoratori e operatori economici ha fatto superare spesso motivi di crisi per lo sviluppo sociale, ma rimane il rischio sempre latente di fenomeni di emarginazione della persona umana, il quale tende le sue insidie ogniqualvolta lo sviluppo tecnologico ed economico non tiene nel debito conto le esigenze inalienabili dello spirito e dei valori umani. Sono pericoli, questi, che, come tanti altri, preoccupano quanti sono pensosi del vero bene della società e della vera promozione della dignità umana.


3. così questo mio itinerario di fede, si fa anche pellegrinaggio verso l'uomo e la donna che vivono a Imola nell'impegno sociale e culturale, ma pure nella testimonianza dei valori spiccatamente evangelici i quali hanno segnato il volto di questa città, ricca di numerosi e stupendi monumenti sacri, e quanto mai sensibile alle necessità dei poveri, dei sofferenti e dei meno favoriti; ma accanto a questa consolante constatazione non vanno taciuti, purtroppo, fenomeni preoccupanti che hanno la loro matrice in un umanesimo cosiddetto orizzontale, privo di un più alto confronto con i valori trascendenti.

A voi, Imolesi, che siete in grado di svolgere un ruolo significativo nell'ambito regionale, io dico di non venir meno nello sforzo - che pure si riscontra in gran parte di voi - di sviluppare una coscienza sempre più matura del fatto che l'uomo e la donna sono stati posti da Dio al vertice della creazione e della conseguente necessità di scoprire quelle risposte ai problemi cruciali dell'esistenza che vengono a noi in pienezza dalla rivelazione, perché la scienza e la tecnica da sole non bastano a darcene le ragioni ultime. Solo in questo modo resterete fedeli alla vostra tradizione cristiana e alla realtà dell'uomo, aperta alla trascendenza. Nella realizzazione di questo progetto umano e sociale, oltre che spirituale, spetta un ruolo importante anche ai responsabili della cosa pubblica, i quali non possono mancare di quella sensibilità per le esigenze più profonde della persona umana.

Con questi pensieri, elevo la mia preghiera e invoco dal Signore, per intercessione della Vergine santissima, invocata sotto il titolo di "Madonna del Piratello", abbondanti grazie celesti, che sostengano ogni sforzo compiuto per il bene di questa cara Città.

Data: 1986-05-09 Venerdi 9 Maggio 1986




Agli ammalati e suore di clausura in cattedrale - Imola (Bologna)

Alla luce di Cristo il senso della sofferenza e della testimonianza radicale e assoluta


Cari fratelli e sorelle.


1. Questo incontro con voi, ammalati e handicappati, in questa vetusta cattedrale, ideale punto di riferimento della vostra fede e della vostra storia, è per me uno dei momenti più importanti di questa mia visita pastorale a Imola. Voi infatti richiamate alla mia mente e al mio cuore le pagine del Vangelo, in cui il Signore Gesù è attorniato da numerosi infermi, che domandano la guarigione e il conforto della sua parola. Ascoltiamo un brano di Matteo: "Gesù giunse presso il mare di Galilea e, salito sul monte, si fermo là. Attorno a lui si raduno molta folla, recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati, li deposero ai suoi piedi, ed egli li guari. E la folla era piena di stupore nel vedere i muti che parlavano, gli storpi raddrizzati, gli zoppi che camminavano e i ciechi che vedevano. E glorificava il Dio di Israele" (Mt 15,29-31).

Anche voi, come gli infermi al tempo di Gesù, accostatevi a lui per avere sollievo e per dare un senso alle vostre prove. Guardate a lui, che non ha rifiutato il dolore per la redenzione dell'umanità; elevate le vostre sofferenze su un piano soprannaturale; darete così ad esse un valore salvifico, perché diventeranno atti espiatori e impetratori davanti alla divina misericordia per tutta l'umanità.


2. So che voi qui presenti non siete tutti gli ammalati della zona, ma solo una rappresentanza. In voi saluto tutti quelli che soffrono: sia coloro che sono ricoverati negli ospedali e nelle case di cura, sia quelli che sono nelle proprie famiglie: a letto o su una sedia a rotelle. In questo momento vorrei stringere ognuna delle vostre mani e partecipare direttamente alle vostre ansie e alle vostre sofferenze, alle vostre pene e alle vostre angosce; lasciarvi una parola di incoraggiamento e stringervi al mio cuore in un fraterno abbraccio. Anche voi che vedete per televisione o mi ascoltate per radio sentitemi così accanto a ciascuno di voi.

Mentre parlo a voi ammalati il pensiero va anche ai vostri familiari, che vi circondano delle loro premure e del loro affetto; ai medici, agli infermieri e a tutte le persone che si dedicano alla vostra assistenza sanitaria.

Ad essi va il mio grato apprezzamento per lo spirito di dedizione col quale svolgono la loro delicata missione e per la sensibilità umana e spirituale con la quale vengono incontro alle esigenze e alle attese di chi soffre.


3. Sono presenti a questo incontro anche le suore di vita contemplativa: clarisse e domenicane. E' con grande gioia che vi saluto e vi ringrazio per questa vostra partecipazione, che è viva testimonianza della vostra scelta di Dio, in maniera radicale e assoluta. Le vostre comunità claustrali qui a Imola sono motivo di fiducia e di speranza, perché la preghiera che voi elevate a Dio non è destinata solo alla lode divina, ma anche all'impetrazione di grazie e di assistenza continua per tutti gli appartenenti a questa comunità diocesana.

Vi ringrazio per questa testimonianza di vita contemplativa, perché di essa oggi c'è grande bisogno per ridare agli uomini, presi troppo spesso dal fascino del provvisorio, la consapevolezza delle realtà divine che formano l'anelito supremo di ogni cuore. Siate sempre più vivente espressione della preghiera continua, come si conviene a persone consacrate, che sanno bene che essa è il sospiro della Chiesa verso lo Sposo, è l'espressione della sua carità verso il mondo, è l'attestazione del suo ardente desiderio del definitivo incontro con lui, il Signore dei nostri cuori, morto e risorto per la nostra salvezza.

Nel suo nome vi benedico con grande effusione di affetto.

Data: 1986-05-09 Venerdi 9 Maggio 1986




Omelia per l'amministrazione della cresima - Imola (Bologna)

Tornate con disponibilità alle ragioni profonde della fede



1. Prego "per quelli che per la loro parola crederanno in me" (Jn 17,20).

Il Vangelo che è stato or ora letto, cari fratelli e sorelle di Imola, ci riporta alla preghiera che Cristo pronunzio nel cenacolo il giorno precedente la sua passione e morte. E' la preghiera "sacerdotale". Cristo prega per coloro che sono con lui: per gli apostoli. Tuttavia abbraccia con la sua invocazione tutte le generazioni della Chiesa, tutti i cristiani fino alla fine del mondo. E abbraccia anche noi. Noi qui riuniti.

Noi siamo la generazione contemporanea dei cristiani. Abbiamo creduto in Cristo "per la parola" (cfr Jn 17,20) degli apostoli e dei loro successori e collaboratori, che quasi da venti secoli svolgono la loro missione in questa terra. Direttamente dobbiamo questa fede ai nostri genitori, ai pastori d'anime, agli educatori, alle persone e agli ambienti, a tutti coloro che, in vario modo, ci hanno trasmesso la buona novella, ci hanno condotto a Cristo e costantemente ci avvicinano a lui.


2. La Chiesa che oggi ho la gioia di visitare, la Chiesa di Imola, s'iscrive nella storia del cristianesimo in Italia fin dal IV secolo. Il suo consolidarsi su radici tanto profonde è attestato - nella ricchezza dei monumenti artistici - dall'antico duomo di San Cassiano e dalla residenza vescovile, che risalgono alla fine del 1100. Ma il monumento più eloquente è la cospicua eredità di fede, di cui è espressione non secondaria la devozione alla Madonna, patrona della diocesi, venerata sotto il familiare titolo di "Madonna del Piratello". Era infatti appesa ad un piccolo pero l'immagine dalla quale, prodigiosamente, gli Imolesi furono invitati a erigere un santuario a tre miglia dalla città.

Correva allora il 1483. Il santuario fu eretto, e ogni anno, nella settimana delle Rogazioni che precede la solennità dell'Ascensione, voi accogliete in cattedrale la venerata immagine. Io sono particolarmente lieto che la mia visita pastorale coincida con questa solenne celebrazione, che appartiene al patrimonio della vostra religiosità. così vedo segnata la traiettoria del cammino della vostra Chiesa locale e le tappe della sua incessante crescita, che hanno come obiettivo di fondo una sempre più solida saldatura tra la fede professata e la vita vissuta.

Con tale prospettiva nel cuore e dinanzi agli occhi, io saluto voi qui presenti e tutti i membri di questa amata porzione del popolo di Dio. Saluto il venerato fratello vescovo mons. Luigi Dardani e il suo presbiterio, i religiosi e le religiose, i cari seminaristi, i fedeli laici, particolarmente quelli impegnati nelle associazioni e nei movimenti di preghiera, di apostolato, di carità.


3. Prego "per quelli che per la loro parola crederanno in me".

Queste parole si riferiscono a voi, cari fratelli e sorelle, che mediante la parola di Dio e i sacramenti, uniti col vostro vescovo, costituite la Chiesa di Dio che è a Imola. La preghiera sacerdotale di Cristo si riferisce a voi giovani, che avete ancora fresca nell'anima la forza del sacramento della Confermazione; e a voi che tra poco riceverete questo Sacramento dalle mie mani.

La parola di Dio dell'odierna Liturgia ci conduce quindi a Gerusalemme per il giorno della Pentecoste. Poiché li occorre cercare l'origine di questo sacramento, quasi la sorgente dalla quale esso scaturi. Ecco, sotto il soffio dello Spirito di Verità, prende la parola Pietro con gli altri Undici e dice: "Accade... quello che predisse il profeta Gioele: Negli ultimi giorni, dice il Signore, io effondero il mio Spirito sopra ogni persona; i vostri figli e le vostre figlie profeteranno" (Ac 2,16-17).

Oggi alcuni figli e figlie di questa Terra s'aggiungono a quei primi, che sono stati testimoni e partecipi dell'"effusione dello Spirito Santo" nel giorno della Pentecoste. Ricevono il sacramento della Confermazione, che dona loro l'"investitura" di testimoni di Cristo. Dona loro un nuovo titolo e una nuova energia per partecipare alla missione profetica del Salvatore del mondo.


4. La venuta dello Spirito Santo costituisce un avvenimento di grande importanza.

Accadono certo, nella vita, incontri decisivi e irripetibili. Ma l'incontro con lo Spirito di sapienza, di fortezza, di amore è decisivo e irripetibile in modo del tutto singolare. Decisivo, perché depone nell'anima i germi di una ricchezza spirituale nuova - i sette doni - la quale si aggiunge alla grazia ricevuta nel Battesimo e conferma in essa. Irripetibile, perché imprime un sigillo che, per natura sua, è duraturo. Come il soffio vitale che soltanto la morte può spegnere.

La Cresima, carissimi adolescenti, vi introduce nella stagione della maturità cristiana, vi abilità ad essere "testimoni della risurrezione e della vita del Signore Gesù e segno del Dio Vivo" (LG 38).

Ricevete un dono e, nello stesso tempo, assumete un impegno. La volontà di coerenza e l'entusiasmo, che oggi vi animano, saranno avvalorati continuamente dalla grazia sacramentale che vi accompagnerà e che voi terrete sempre viva con la resistenza al peccato, la preghiera, la frequente confessione, la partecipazione all'Eucaristia, la pratica della carità, la devozione alla Vergine. E le vostre famiglie, che oggi godono per questa grande tappa della loro storia, sentiranno non soltanto come un dovere, ma anche come un privilegio, quello di aiutarvi a ravvivare costantemente la fedele e operosa consapevolezza del significato del vostro incontro con lo Spirito Santo.


5. La sera che precede la passione, Cristo nel cenacolo prega il Padre per la sua Chiesa. Chiede che "tutti siano una cosa sola". Ne indica il modo e il fine: "Come tu, Padre, sei in me e io in te... Perché il mondo creda". Vuole che i suoi formino un'unità perfetta, priva di qualsiasi oscillazione, paragonabile solamente a quella che intercorre tra lui e il Padre, affinché il mondo conosca "che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me" (Jn 17,21-23).

Il Sinodo straordinario dei vescovi, celebrato recentemente a vent'anni dal Concilio, ha ricordato che una delle idee madri del magistero conciliare è la comunione. La Chiesa è una comunione. Comunione è un concetto molto ricco.

Fondamentalmente significa l'unione con Dio attraverso Cristo nello Spirito Santo.

E' dunque, la Chiesa, una comunità di fede, che si costruisce sulla parola di Dio e sui Sacramenti (cfr. Relazione finale del Sinodo straordinario). E' un edificio, per vari aspetti, sempre in costruzione, e i costruttori sono tutti i componenti, nessuno escluso, chiamati a cooperare unitariamente alla meravigliosa impresa.

Una delle più notevoli acquisizioni ecclesiali del nostro tempo è proprio questa: l'universalità del compito costruttivo. Essa non è dovuta a calcoli di strategie contingenti. Essa risale alla fisionomia originaria e tipica del seguace di Cristo. I cristiani, incorporati alla Chiesa attraverso il Battesimo, vengono vincolati più perfettamente ad essa con il sacramento della Confermazione, mediante il quale "sono arricchiti di una speciale forza dallo Spirito Santo e in questo modo sono più strettamente obbligati a diffondere e difendere, con la parola e l'opera, la fede" (LG 11).


6. In questa visione si collocano anche le prospettive della vostra amata Chiesa particolare: le sue risorse, le difficoltà, i traguardi, i programmi pastorali. Io vi esorto a valorizzare al massimo i contenuti della religiosità trasmessavi dalle generazioni passate, e a tradurli nella "religione pura e senza macchia" (Jc 1,27), la quale trae necessario alimento dalla catechesi e dalla pratica sacramentale e preserva dalle contaminazioni del male.

Bisogna vincere quell'equivoco pregiudiziale secondo cui la fede sarebbe semplicemente un affare intimo dell'individuo. La fede, si, ha il suo nido nella coscienza. Ma proprio per questo ispira - deve ispirare - coerentemente la pratica e i comportamenti. Tra fede e vita corre un rapporto indissolubile.

Non per nulla fin dai primordi della storia Dio ha dato al suo popolo i dieci Comandamenti. Questi, perfezionati da Cristo, formano tuttora le basi del vivere individuale e sociale del cristiano.

Una delle tendenze che si è andata intrecciando con l'incremento del benessere materiale nei nostri giorni, è l'indifferenza religiosa. Questo fenomeno si accompagna all'abbassamento del livello di moralità e al senso del vuoto. Ne portano il peso maggiore le vite giovanili, spogliate spesso del loro slancio e avviate a effimeri e negativi surrogati della felicità. Occorre tornare continuamente, con disponibilità, alle ragioni profonde della fede. Allora si comprende che esse coincidono pienamente con le ragioni dell'uomo, poiché vi è nell'uomo "un abisso infinito, che non può essere colmato che da un oggetto infinito e immutabile, cioè da Dio stesso" (Pascal, "Pensées"). Allora si ricollocano in onore i grandi valori: la vita, innanzitutto, dal suo primo sbocciare nel grembo materno fino all'ultimo respiro; l'amore umano, riflesso di Dio-Amore; la dignità del matrimonio: la santità e la stabilità del vincolo coniugale.


7. La promozione di questi valori incontra ostacoli nella mentalità contemporanea e talvolta nella stessa organizzazione della società. Lungi dal lasciarsi abbattere, occorre impegnarsi con cristiana coerenza, con coraggio e con fiducia nella grazia di Dio, che accompagna gli operai della buona novella e ne feconda le fatiche. Il mio pensiero corre a voi, carissimi sacerdoti, incoraggiandovi a rinvigorire ogni giorno, sull'altare, la speranza che anche il più piccolo frammento della vostra operosità pastorale è calcolato da Dio e può dare frutti per il suo regno. E desidero stimolare tutti voi, fratelli e sorelle della Chiesa imolese, ad essere generosi collaboratori del Vangelo.

La consegna è chiara: i fedeli "inseriti nel Corpo mistico di Cristo per mezzo del Battesimo, fortificati dalla virtù dello Spirito Santo per mezzo della Cresima, sono deputati dal Signore stesso all'apostolato" (AA 3).


8. Oggi la Chiesa che è a Imola vive il suo giorno particolare. La visita del Vescovo di Roma e successore di san Pietro mette in rilievo la partecipazione della vostra comunità diocesana alla Chiesa universale di Cristo. Alla grande famiglia del Popolo di Dio che si estende su tutta la terra. Tocchiamo quasi con mano i legami più profondi dell'unità spirituale per la quale Cristo ha pregato nel cenacolo e che è nata nel giorno della Pentecoste per la venuta dello Spirito di Verità, del Consolatore. Mediante questi vincoli ci sentiamo uniti spiritualmente a tutti i nostri fratelli e sorelle nella fede, nella grazia del Battesimo, della Cresima, dell'Eucaristia, nel mondo intero. "Infatti tutti i fedeli sparsi per il mondo, comunicano gli uni con gli altri nello Spirito Santo, e così chi sta in Roma sa che gli Indi sono sue membra" (LG 13).


9. E contemporaneamente siamo testimoni di come la Chiesa rinasce mediante i sacramenti, tra i quali quello della Cresima. perciò i nostri pensieri e sentimenti sono pieni di gratitudine, che si traduce in rendimento di grazie, come il cuore dell'apostolo, quale si esprime nella seconda lettura dell'odierna Liturgia con le parole della Lettera agli Efesini.

Insieme con lui preghiamo per tutti, e specialmente per questi adolescenti, rinvigoriti dal sacramento della Confermazione: perché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, li illumini e faccia loro comprendere a quale speranza li ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità tra i santi, qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso noi credenti (cfr Ep 1,17-19).

Ecco, questo è il giorno di una particolare professione di fede. Il giorno di una particolare testimonianza. Desideriamo rendere - di generazione in generazione - questa testimonianza apostolica a Cristo crocifisso e risorto.

Poiché siamo - e desideriamo essere - il suo popolo, la sua Chiesa: "il suo Corpo, la pienezza di colui che si realizza interamente in tutte le cose" (Ep 1,23). Amen.[Al termine della celebrazione:] Ancora un'altra parola. Trovandomi in terra di Romagna desidero ancora una volta levare la mia voce per la liberazione del signor Alessandro Fantazzini che è stato rapito nel gennaio scorso. Ho rivolto già un pressante appello il giorno 8 marzo nella preghiera dell'Angelus. Agli autori di quella triste vicenda voglio ripetere: liberate quel vostro e nostro fratello! Preghiamo anche e non cessiamo di pregare per le vittime di questa grande sciagura atomica nucleare nella terra di Ucraina e anche per le sue conseguenze nei diversi Paesi dell'Europa. Specialmente in quel Paese dove l'esplosione ha avuto luogo e continua ancora ad essere pericolosa.

La Chiesa ha il suo Pastore: vi lascio un bacio di pace e vi ringrazio per questo incontro di oggi che va visto nel contesto di tutti gli incontri con la Chiesa popolo di Dio e la società che vive in Romagna. Ringrazio tutti i presenti, le autorità civili, rappresentanti delle diverse componenti della società, dei diversi organismi ecclesiali. Lascio un abbraccio molto cordiale ai giovani, a quelli che oggi hanno ricevuto il sacramento della Cresima e a tutti i giovani, non solamente della diocesi di Imola, ma anche delle altre diocesi: di Forli, Cesena e Ravenna. Vivete la stagione in cui lo Spirito Santo viene a incontrare la vostra giovane anima e spirito; viene lui, Spirito di Cristo, del Padre, Spirito Santo, Spirito della Verità, per sigillare il vostro giovane spirito umano con le sue energie, le sue forze e i suoi doni.

Incontrando voi giovani penso anche agli anziani; li incontro dappertutto, in tutte le città, in tutte le Chiese visitate. Oggi vorrei dire loro che questo dono dello Spirito Santo che anche voi, cari fratelli e sorelle, avete ricevuto nella vostra giovinezza, fruttifica negli anni e forse ancora di più porta i frutti dell'età anziana, specialmente i doni della sapienza e pietà e timore di Dio; il dono del consiglio, tutti i doni. Sono tanto necessari nei vostri anni per portare avanti il prosieguo della vostra vita interiore, cristiana, sacramentale; per guidare e illuminare gli altri più giovani, e adulti, vostri figli e vostri nipotini. Auguro a tutti gli anziani della Romagna di avere e manifestare una pienezza dei doni dello Spirito Santo una volta ricevuti nella loro cresima... Ringraziando per la vostra buona accoglienza che avete riservato al Papa vi auguro tutto il bene. Sia lodato Gesù Cristo! Arrivederci.

Data: 1986-05-09 Venerdi 9 Maggio 1986




Ai giovani al termine della fiaccolata - Imola (Bologna)

Dov'è la notte della violenza bruci il fuoco della fede


Amatissimi giovani!


1. Da questo santuario di Santa Maria del Monte, al quale i fedeli da quasi mille anni salgono, vi rivolgo il mio cordiale saluto. Questo luogo è un mistico centro di preghiera; è una roccaforte di fede cristiana; è una stupenda espressione di arte sacra nella maestosità delle sue linee architettoniche e nella festa di colori delle sue pitture; è una storica abbazia, diventata illustre anche per la presenza dell'abate Gregorio Barnaba Chiaramonti, eletto poi al pontificato con il nome di Pio VII, e qui venuto, il 1° maggio 1814, durante il viaggio di ritorno dalla prigionia in Francia, per incoronare la venerata immagine della Madonna.


2. Qui voi giovani siete saliti questa sera in pellegrinaggio con in mano le fiaccole accese, pregando, cantando e meditando insieme con Maria gli eventi della nostra redenzione. Questa fiaccola accesa è prima di tutto il simbolo della fede cristiana, che accompagna e illumina la vostra giovinezza. Osservando la fiamma, che arde nelle vostre mani e che rompe le tenebre della notte, viene spontaneo pensare alle parole dell'evangelista Giovanni: "In lui - in Cristo - era la vita, e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre" (Jn 1,4). Anche oggi, nella società in cui dovete vivere, c'è un oscuramento della coscienza religiosa e morale; c'è la notte dell'errore e del peccato. Ma c'è pure la luce della Verità rivelata da Cristo. C'è la luce della vostra fede! "Voi tutti siete figli della luce e del giorno!", dice san Paolo (1Th 5,5).

La fiaccola accesa, che indica la vostra fede, e che fa vibrare i nostri animi per il suggestivo e arcano spettacolo che suscita, indica pure una realtà stupenda e sublime che è presente in voi: la "grazia" santificante, la vita divina, l'amore trinitario di Dio, che avete ricevuto con il Battesimo e che è stato confermato, arricchito, dilatato con la Cresima, con l'Eucaristia, con il sacramento del Perdono. La "grazia" è come un fuoco misterioso: infatti il cristiano è sostenuto dalla parola di Dio, è infiammato dal suo amore.

Questa fiaccola, che avete portato accesa con entusiasmo e devozione lungo l'erta del monte fino a questo santuario, deve dunque essere per voi anche un programma di vita, una direttiva di marcia, un orientamento per il vostro cammino. Con san Paolo vi dico: "Ora voi siete luce nel Signore. Comportatevi come figli della luce. E il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità (Ep 5,8). La fede in Cristo e l'amicizia con lui mediante la "grazia" vi ricordino sempre e vi stimolino ad essere voi stessi fiaccole accese nella vostra vita quotidiana, nelle vicende e nelle esigenze della società attuale. Portate nei vostri ambienti la luce della certezza e della speranza; irradiate la carità di Cristo verso tutti i fratelli, specialmente verso i sofferenti e gli emarginati; gettate nei cuori degli uomini d'oggi, talvolta tristi e delusi, le faville della vostra bontà e della vostra gioia; risplendete in ogni luogo con la purezza dei vostri sentimenti e comportamenti.

Siate fiaccole che ardono in mezzo al mondo: dov'è la notte dell'incredulità brilli la luce della vostra fede; dov'è la caligine dell'odio e della disperazione s'irraggi il fulgore del vostro ottimismo e della vostra speranza; dov'è la tenebra dell'egoismo e della violenza bruci il fuoco del vostro amore.


3. Sull'esempio della Vergine Maria! Ella, a cui è dedicato questo splendido santuario, è aiuto per tutti, ma è specialmente aiuto dei cristiani per essere autentici seguaci del suo divin Figlio.

Non è facile oggi essere cristiani! Non è facile per la fede, perché bisogna credere tutto ciò che Cristo ha rivelato e che la Chiesa insegna con il suo magistero; non è facile per la condotta morale, perché bisogna osservare tutti i comandamenti ed esercitare la carità, e talvolta anche con eroico impegno; non è facile per la testimonianza che bisogna dare alla società, mentre si è tentati di allinearsi alla mentalità mondana e terrestre.

Ma Maria santissima ci è madre, maestra, amica, e ci aiuta nelle nostre difficoltà. Maria ci aiuta ad avere il coraggio della fede. Ella, che è vissuta di fede per tutta la sua vita, dall'annunciazione al Calvario, da Betlemme alla Pentecoste, ci insegna che la volontà di Dio è proprio la nostra fede in Cristo, nella sua "Parola" incarnata e sempre presente nella Chiesa.

Maria ci aiuta a comprendere e a vivere la santità. Ella, con la sua vita immacolata e consacrata, ci dice che l'unico vero significato dell'umana esistenza sta nella santità: in questo senso è "Madre del buon consiglio" ed è "Causa della nostra letizia".

Maria santissima vi ispiri e vi sostenga per poterla sempre imitare nella vostra vita quotidiana, guardando questo luogo da cui ella prende il nome. E la vostra devozione a lei perseveri, si dilati, si infervori! Con questo auspicio imparto a voi tutti la mia benedizione, che indirizzo con particolare affetto ai monaci benedettini, così benemeriti del santuario, e che estendo volentieri a tutti i vostri cari.

Data: 1986-05-09 Venerdi 9 Maggio 1986




Ai sacerdoti della Romagna - Imola (Bologna)

Fedeltà alla dottrina cattolica per formare le coscienze



1. "O quam bonum et quam iucundum est habitare fratres in unum!" (Ps 132,1).

L'esclamazione del salmista mi sgorga spontanea sulle labbra trovandomi oggi con voi. E' veramente una gioia grande e una profonda consolazione durante questo mio itinerario apostolico incontrarmi con coloro che, per divina vocazione, esercitano lo stesso ministero di Cristo a vantaggio dell'umanità di oggi.

Infatti, come scriveva san Paolo, "Noi fungiamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro" (2Co 5,20). Vi porgo il mio saluto più cordiale, e lo estendo ai vostri confratelli che non hanno potuto partecipare a questo incontro. Vi ringrazio per la vostra calorosa accoglienza e raccomando alle vostre preghiere la mia visita pastorale alle città della Romagna, affinché essa possa essere veramente efficace nel rafforzare la fede, la pietà e la vita morale tra i fedeli a voi affidati. Rivolgo pure il mio affettuoso pensiero ai seminaristi teologi della Romagna, facendo voti di fedeltà e di perseveranza affinché si realizzi il loro santo ideale.


2. Volendo sintetizzare in poche frasi la fisionomia tipica dei sacerdoti romagnoli, penso di poter dire che voi costituite un clero che ha sofferto a motivo dell'ambiente difficile e di momenti di ostilità in cui ha dovuto lavorare.

Quanti sacerdoti della Romagna hanno dato la loro vita per rimanere fedeli al loro dovere di pastori! E' un lungo e drammatico martirologio, che voi ben conoscete.

Vorrei ricordare don Giovanni Minzoni, don Santo Perin, don Francesco Babini, don Pietro Tonelli, don Luciano Missiroli, don Pino Mantovani, don Antonio Lanzoni, don Fortunato Trioschi, don Mario Tursi, padre Vicinio Zanelli, cappuccino, e tanti altri. Specialmente durante la seconda guerra mondiale e soprattutto durante l'occupazione tutti i sacerdoti della Romagna si sono prodigati a favore delle popolazioni, rischiando anche la vita per il loro impegno di carità e di dedizione.

Il clero romagnolo è inoltre un clero che ha sempre mantenuto la sua schiettezza d'animo, la sua generosità, la sua fedeltà e anche la sua genialità nell'opera ministeriale. E' importante notare che anche nelle zone più colpite dall'indifferentismo religioso, per una lunga e radicata tradizione, il popolo vuole il sacerdote in parrocchia. Vi esprimo il mio vivo compiacimento nel sapere che siete molto impegnati verso tutti, vicini e lontani, curando ogni settore della pastorale, dedicandovi in modo speciale alla gioventù. Il diventare preti in Romagna non è mai stato, e tanto meno oggi, una sistemazione sociale. Ogni diocesi presenta nella sua storia, passata e recente, figure di sacerdoti santi, che hanno segnato profondamente l'animo dei presbiteri e sono tuttora punti sicuri di riferimento. Alcuni di questi hanno dato meravigliose testimonianze di carità, iniziando opere che sono tuttora molto valide e polarizzando l'altruismo della popolazione.

Infine, possiamo ancora dire che il clero romagnolo è particolarmente allenato al dialogo con i lontani: "Se sono intransigente nella fede - scriveva don Minzoni nel suo diario - sono pero universale nell'amore". Questo si potrebbe definire il programma e l'assillo di ogni sacerdote oggi, nella società moderna, e voi da tempo lo esperimentate e lo realizzate. Infatti il metodo e la strategia del dialogo devono essere continuati con piena confidenza e fiducia "sempre pero in modo da promuovere - come hanno detto i vostri vescovi nella recente "Nota pastorale" - un'organica conoscenza della fede e una chiara identità cristiana, capace di non cedere alla mentalità relativistica corrente e attenta a non confondere la verità con l'errore, il giusto con l'ingiusto, il bene con il male" (cfr L'Osservatore Romano, 20 febbraio 1986, n. 10).


3. La tradizione cristiana di questa Regione e la vostra identità di sacerdoti schietti e generosi vi devono pertanto stimolare ad essere sempre più fervorosi e coraggiosi nei vari impegni che vi sono assegnati.

La prima esortazione che desidero rivolgervi, è quella della fedeltà profonda e convinta alla dottrina cattolica, che professate, testimoniate, predicate. Siete voi i testimoni ufficiali della verità! Ogni sacerdote cattolico prolunga nella storia la parola di Cristo: "Per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo; per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce" (Jn 18,37). Siete i portatori della luce nel mondo, come il divin Maestro, che vi ha scelti per tale missione: "Io sono la luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita" (Jn 8,12). E' indubbiamente una dignità immensa, ma anche una grande responsabilità. Costruite perciò sulla roccia della verità la vostra formazione intellettuale e la vostra quotidiana fatica: "Rimani saldo in quello che hai imparato - scriveva san Paolo a Timoteo - e di cui sei convinto, sapendo da chi l'hai appreso e che fin dall'infanzia conosci le Sacre Scritture" (2Tm 3,14-15). La vostra preoccupazione sia prima di tutto l'unità nella verità rivelata da Cristo e insegnata dal magistero autentico e perenne della Chiesa. L'epoca attuale è certamente molto difficile, e nell'annunzio del Vangelo e nella lotta contro il male possono giungere momenti in cui si fanno sentire più pesanti la solitudine e la fatica.

Ricordate allora ciò che Gesù diceva ai discepoli lungo la strada di Emmaus: "Era necessario che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria" (Lc 24,25).

Anche la Chiesa, e perciò tutti i cristiani, sacerdoti e fedeli, devono passare attraverso la sofferenza che redime e che glorificherà. Non dobbiamo temere o lasciarci troppo impressionare dagli avvenimenti, bensi lavorare, pregare e confidare. Il grande storico romagnolo mons. Francesco Lanzoni (1862-1929), che non fu soltanto un'eminente figura di studioso, ma anche un acuto e lungimirante interprete dei tempi, vissuto con saggezza ed equilibrio nei momenti burrascosi della "questione romana" e poi del "modernismo", così scriveva nelle sue "Memorie" (Faenza 1939, pp. 164-165): "Quel Dio che non abbandono la sua Chiesa, la Chiesa Romana, durante le persecuzioni sanguinose dei primi secoli quando imperverso il cesarismo bizantino, al tempo del dispotismo degli imperatori del Sacro Romano Impero, della cattività babilonica e via via, non l'abbandonerà nelle difficoltà odierne. Non ci preoccupiamo della loro durata. Colui che "posuit in sua potestate tempora et momenta" si riserva di stabilire nel suo consiglio "in tutto dall'accorger nostro scisso" i momenti come delle prove, dei castighi e delle catastrofi, così delle consolazioni, dei premi e delle restaurazioni".

Questo vostro impegno personale di fedeltà e di fiducia vi spinga ad essere ancora più diligenti nel vostro ministero, soprattutto nella formazione cristiana delle coscienze e nella direzione spirituale. E' la seconda esortazione che vi lascio, pur sapendo bene che avete sempre svolto con dedizione tale compito, proprio per la speciale situazione della vostra terra; ma oggi è diventato davvero universale e deve essere reso più intensivo e corrispondente alle attuali esigenze. Senza entrare nei particolari, possiamo pero affermare che l'uomo di oggi, pur soddisfatto per le tante conquiste che gli hanno portato benessere e felicità, è inquieto e assillato da tanti problemi sociali e politici, afflitto da vari fenomeni di violenza e di minaccia, frastornato dal continuo flusso delle ideologie, come dall'instabilità delle leggi e dal mutamento dei costumi. Oggi la missione del sacerdote è proprio quella di mettere la coscienza del "singolo" in dialogo con l'Assoluto, e quindi tutta l'attività caritativa, la liturgia, l'istruzione religiosa per le varie categorie, la catechesi ordinaria e straordinaria, gli incontri personali e familiari, la spiritualità dei gruppi laicali, devono essere finalizzati alla formazione di convinzioni solide e illuminate. Siamo noi i mandati dal Padre per far conoscere in Cristo il suo amore e la sua volontà.

A questo proposito serve ricordare ciò che san Pier Damiani, grande figlio e onore della Romagna e tanto da voi venerato, scriveva ai cardinali vescovi: "Mostrate ai sacerdoti una regola di vita. Si legga nella nostra vita ciò che si deve fare, ciò che convenga evitare... Basta un po' di sale per dare sapore a molte vivande: basta un piccolo numero di sacerdoti per istruire e formare la moltitudine di tutto un popolo cristiano" ("Ep." II, 1: PL 144, 258). Infine desidero ancora raccomandarvi la pastorale giovanile. Voi vivete in mezzo alla gioventù e vi è facile osservare le tipiche espressioni che oggi la caratterizzano: lo sbandamento circa i comportamenti morali, la ricerca di modelli di vita, la difficoltà e quasi la paura per gli impegni definitivi, il bisogno di tempo libero per attuare la propria personalità, il fenomeno dell'aggregazione e anche della dissociazione, la crisi delle istituzioni mediatrici, il tormento della disoccupazione. Il giovane oggi soffre per una situazione di incertezza, di instabilità, di frustrazione: ha bisogno di amicizia ma anche di paternità, e cioè di un cuore che lo ami e di una mente che lo guidi. Sono perciò necessari l'estrema serietà della vostra proposta di fede e di ascetica cristiana, la capacità di responsabilizzazione personale e sociale, e anche il senso di apertura e di comunione di tutti i gruppi associazionistici parrocchiali e diocesani.

Giustamente i vostri vescovi hanno sottolineato che "è tempo di liberarci dalla falsa alternativa che vorrebbe contrapporre un cristianesimo concentrato sulla vita spirituale a un cristianesimo socialmente impegnato" ("Nota pastorale", 8).

Particolare cura riservate sempre alla pastorale vocazionale: sappiate suggerire ai giovani di guardare con coraggio e fiducia al progetto di Dio sulla loro vita.

L'assiduo e delicato impegno con i giovani aumenta anche in voi il bisogno di una più sincera e fervorosa spiritualità: certamente sarà feconda di copiosi frutti.


4. Carissimi! Concludendo mi piace ricordare a voi, sacerdoti della Romagna, la preghiera che don Giovanni Minzoni rivolse al Signore nel settembre 1909, in occasione della sua prima Messa: "fa' che io sia tuo degno sacerdote, non solo all'altare, ma nella vita e nel sacrificio di me stesso; sempre!". E come fare per essere sempre sacerdoti degni? Lo spiega ancora don Minzoni, che poco prima del suo sacrificio scriveva: "Ci prepariamo alla lotta tenacemente con l'anima che per noi è sacra e divina, quella dei primi cristiani: preghiera e bontà". Sono parole serie e commoventi, che voi conoscete e che vi possono servire come ricordo e come proposito.

La Vergine santissima, a cui il popolo romagnolo è stato sempre particolarmente devoto e che è per tutti segno di viva speranza, vi dia ogni giorno la forza per essere sacerdoti degni, che suscitano altre vocazioni. E voi ogni giorno pregatela e imitatela, con confidenza e con amore. E vi accompagni anche sempre la mia benedizione, che di gran cuore vi imparto e che estendo con affetto a tutti i vostri confratelli.

Desidero ora rivolgere un cordiale saluto anche ai seminaristi e ai chierici. Carissimi giovani che vi preparate al sacerdozio, mi compiaccio con voi per l'entusiasmo e per la generosità con la quale avete accolto l'invito del Signore. Apprezzate sempre convenientemente questo periodo di preparazione al sacerdozio. Si tratta di un momento prezioso della vostra vita, che serve a formare la vostra pietà insieme con il patrimonio culturale che vi occorre per il ministero; ma serve, altresi, per attuare in voi la personalità richiesta per disporvi al ministero di insegnare, santificare, guidare il popolo di Dio (cfr."Ratio fundamentalis", 20). La vostra persona è chiamata a divenire immagine e segno della presenza viva di Cristo sacerdote in mezzo al suo popolo, "conformi all'immagine del Figlio suo" (Rm 8,20).

Vivete intensamente gli anni del seminario. Di cuore tutti benedico.

Data: 1986-05-10 Sabato 10 Maggio 1986





GPII 1986 Insegnamenti - Saluto alla popolazione - Imola (Bologna)