GPII 1986 Insegnamenti - Recita del Regina Coeli da Piazza sant'Apollinare - Ravenna

Recita del Regina Coeli da Piazza sant'Apollinare - Ravenna

Invito a costruire l'Europa come comunità di uomini


"Maria non cesserà di pregare per noi: Signore, conservaci l'eredità dei padri...". Con queste parole di un canto della Moravia, saluto oggi tutti coloro che si uniscono a noi nella comune preghiera del "Regina Coeli", che recitiamo dall'antichissima città di Ravenna, al termine di una solenne celebrazione che ha visto la presenza di vari vescovi da tutta l'Europa occidentale e orientale, e di diversi rappresentanti del parlamento europeo.

Il significato del nostro odierno incontro va cercato anzitutto nell'eredità dei padri, cioè nella storia di Ravenna: essa ha avuto nel passato una funzione fondamentale nei rapporti tra Oriente e Occidente, specialmente quando, nel V secolo, essendo capitale dell'impero, divenne il più diretto tramite per le relazioni con Costantinopoli. Nello stesso tempo Ravenna fu centro e polo di attrazione delle popolazioni germaniche, gotiche e danubiane, e per questo divenne centro di fusione delle nuove culture con quella romana. Attraverso Ravenna e le città dell'alto Adriatico, con essa in rapporto, la forma politico-religiosa dei regimi venuti dal Nord rimase largamente influenzata dalla tradizione greca, bizantina e romana e perciò cristiana.

E' possibile che nel loro pellegrinaggio da Venezia verso Roma, chiamati dal Papa, abbiano fatto sosta al porto di Ravenna i santi Cirillo e Metodio, gli apostoli dei popoli slavi. Io desidero rivolgere anche da questo luogo, nel ricordo del centenario della morte di Metodio, un particolare pensiero ai due santi fratelli, patroni d'Europa. Il loro peculiare carisma è divenuto oggi ancor più chiaro, alla luce delle situazioni e delle esperienze proprie della nostra epoca. Eredità dei padri, per noi, è anche l'eredità spirituale di quei grandi araldi del Vangelo. Essa consiste in un invito a costruire l'Europa come comunità di uomini, e non solo come espressione geografica di una pluralità di nazioni.

Siamo chiamati dall'eredità storica di Ravenna a costruire una nuova Europa, arricchendola di uno spirito, di un ideale, di un'anima, perché non può esistere vera comunità umana senza quei valori culturali e spirituali per i quali l'uomo diviene maggiormente uomo. Il compito che ci riguarda è di saper assumere i grandi valori della cultura cristiana, qui ampiamente testimoniati, per tradurli nel contesto della vita del nostro continente.

A motivo di questa eredità, desidero ancora invitare da Ravenna tutta l'Europa e il mondo a cercare l'unione, l'intesa, la fraternità, la collaborazione, superando quelle forme di particolarismo egoistico, di esclusivismo etnico o di pregiudizio razziale, che generano discordia e possono sfociare in aggressioni e guerre. Il messaggio cristiano, che in questi famosi mosaici possiede un'impressionante esaltazione cristocentrica, dica a tutti gli uomini che la pace di Cristo è offerta al mondo intero; pace che è dono di Dio ed espressione dell'infinita sua carità, del suo eterno amore.

Maria, che "non cessa di pregare per noi", ci ottenga di poter godere di tale prezioso dono del Cristo glorioso.

Data: 1986-05-11 Domenica 11 Maggio 1986




Ai giovani della Romagna, nell'ippodromo - Ravenna

Le prossime generazioni non devono conoscere gli orrori e il sangue che hanno segnato il nostro secolo


Carissimi giovani, carissimi tutti voi presenti, vuol dire anche i presbiteri, gli anziani. Anche loro vogliono rimanere giovani, almeno nello spirito.


1. A voi tutti il mio saluto cordiale! Sono lieto di essere qui con voi. Sono lieto, in particolare, della presenza di tanti giovani. Questo infatti è l'incontro riservato in special modo a loro.

Carissimi giovani, siete bravi. Questa parola ha per me una storia personale. Visitando una parrocchia romana, incontrando i giovani delle scuole elementari ho detto a uno: "Sei bravo", e lui mi ha risposto: "Non me lo merito".

E questa è rimasta per me una risposta che cerco di introdurre molte volte nella mia vita. Allora siete bravi! Questa è la parola che mi sale alle labbra dopo tutte quelle belle esibizioni alle quali mi avete dato di assistere. Vi sono molto grato. Vi sono grato per quest'ora passata con voi. Essa ha un solo difetto: quello di essere l'ultima e di segnare la fine della mia permanenza fra voi a Ravenna. Ma proprio per tale motivo questo incontro è carico di un suo momento particolare, che invita alla confidenza, al parlarsi come in famiglia, nella schiettezza caratteristica della gente di Romagna.

Vi diro innanzitutto che mi colpisce e mi rallegra il fatto che, dopo gli incontri nelle singole città, mi ritrovo ora dinanzi gente di tutta la Romagna. So che siete orgogliosi di essere romagnoli, e a me premeva salutarvi come tali, come figli della terra di Romagna (come "Romagna mia").

Una parola di speciale affetto va poi ai cari infermi, che prendono parte a questo incontro. Si, essi, grazie al nostro comportamento, devono sentirsi una ricchezza spirituale della Chiesa e della società. A loro deve quindi andare la riconoscenza di tutti noi. Il valore della loro testimonianza impreziosisce il tessuto ecclesiale. La loro presenza tra noi è quindi particolarmente gradita: rende questo nostro festoso incontro più ricco, più umano, più vero.

Il mio pensiero ritorna ora a voi, giovani, che siete la spinta propulsiva verso il futuro: voi, giovani sportivi, che vedo tanto volentieri e incoraggio; voi, giovani impegnati nelle opere di testimonianza della carità, dei quali la comunità ecclesiale e quella civile possono sentirsi orgogliose; voi giovani della scuola artistica, ai quali siamo tanto grati per la testimonianza della bellezza, dei gesti, che ci avete portato; infine voi, giovani candidati al sacerdozio, grande benedizione per le Chiese della Romagna; per non dimenticare voi, o piuttosto noi, giovani cantori.


2. In questo momento di commiato, desidero confidarvi che questa visita in Romagna l'ho desiderata intensamente, dedicandole quattro giorni: il viaggio più lungo fatto finora in Italia. Ora, a conti fatti, dico: ne valeva la pena, per la storia e per la vitalità della gente romagnola. Ho incontrato una popolazione generosa e forte, collocata in un paesaggio mite. In questa Romagna, che per l'amena bellezza dei suoi panorami il vostro poeta a ragione qualificava "dolce paese", ho visto venirmi incontro una comunità umana cristiana piena di fervore operativo, consapevole del suo ruolo entro la società nell'attuale momento storico; una comunità di cristiani che, secondo la tradizione dei cattolici romagnoli, vuole tenere unite la sodezza della fede e il coraggio della testimonianza sociale, l'adesione alla comunità ecclesiale e la lealtà verso la società civile: è infatti la fede che insegna a sentire come propria la causa della società civile e l'amore per il proprio tempo. Ho scoperto poi, con viva soddisfazione, l'esistenza di molti valori cristiani fondamentali anche in chi si dice forse non credente. Si tratta di un "fondo comune", come lo chiamano anche i vostri vescovi nella loro recente Lettera pastorale, quasi un giacimento di risorse morali che per la vita di un popolo vale più di molti pozzi petroliferi.


3. Voglio dirvi di quel che mi è accaduto di contemplare stamattina in Sant'Apollinare in Classe e poco fa in San Vitale e Sant'Apollinare Nuovo: li, in casa vostra, ho visto sgorgare le sorgenti dell'Europa cristiana, e li, presso tali sorgenti, ho visto splendere la compiuta umanità delle antiche generazioni che accolsero con entusiasmo e fecero propria con ammirevole coerenza l'eterna parola del Vangelo.

Carissimi, là stanno le vostre radici! E il tempo che stiamo vivendo richiama anche voi ad esse. Qui s'innesta il messaggio che, prima di lasciare la vostra terra, desidero consegnarvi.

I vostri vescovi hanno preparato la mia visita in proiezione del futuro: in vista del terzo millennio. E vi hanno detto: "Non lasceremo il Papa solo". Ne sono a loro profondamente grato. So che la gente di Romagna è pronta ad appassionarsi per le grandi cause. Questa che vengo a proporvi è la causa più grande che si sia presentata all'umanità dopo l'avvento del cristianesimo.


4. Mi rivolgo particolarmente ai giovani. Essi infatti sono i più interessati.

Troppe cause errate essi hanno visto mandare a male giovani esistenze. Voi avete diritto, o giovani, di non sbagliare sulla destinazione della vita. Avete il diritto che la Chiesa vi ricordi non solo la vostra origine, ma anche la vostra destinazione. Sempre una generazione guadagna o sperpera a vantaggio o a danno della successiva. Nessuna generazione pero ha mai avuto tanta responsabilità nei confronti del futuro come la nostra. Mai l'uomo ha avuto tanta possibilità di determinare in misura irripetibile il futuro: in bene e in male. Ci troviamo, insomma, in uno di quei precisi momenti storici particolarmente seri, in cui vengono rimessi in gioco i massimi valori della convivenza umana. Siamo nell'alternativa tra un impensato loro sviluppo o una loro caduta senza ritorno.

Cominciamo col constatare un dato evidente: mai l'uomo si è trovato in mano tanta potenza e insieme tanta fragilità. E sembra fatale che con l'una cresca anche l'altra. Sembra quasi un paradosso: la potenza causa di fragilità; più ci si avvicina alla cima del progresso tecnico e più i danni raggiungono le radici della vita. Con lo sviluppo tecnologico crescono anche i rischi: rischi da ogni parte, dalla terra, dal mare, perfino dal cielo, che era sempre stato l'espressione delle cose più belle, delle aspirazioni più alte. Lo abbiamo vissuto anche in questi ultimi giorni, con questi allarmi, venuti dopo l'esplosione di una istallazione nucleare.


5. Tutto invita la nostra generazione a riscoprire i grandi valori, a cui si alimentano le stesse radici della nostra civiltà. Con le nuove tecnologie si sono resi possibili sogni di secoli: arrestare e trasformare il deserto, sconfiggere la siccità e la fame, alleviare la pesantezza del lavoro, risolvere i problemi del sottosviluppo, rendere più giusta la distribuzione delle risorse tra i popoli del mondo. Ma è pure vero che la stessa tecnologia consente già ora all'uomo di vedersi resa inabitabile la terra, inservibile il mare, pericolosa l'aria e pauroso il cielo.

La tecnica non deve dimenticare l'uomo! Oggi più che mai si sente il bisogno della priorità dell'etica sulla scienza e la esigenza di una unione più forte tra gli uomini, perché tutti possiamo essere coinvolti al di là delle frontiere nazionali, nel bene e nel male compiuto dagli abitanti di qualsiasi zona del pianeta.

I grandi valori della civiltà cristiana sono il fermento del futuro e sono, al tempo stesso, la condizione perché non si ritorni ai campi di sterminio.

La nuova tecnologia costringe la nostra generazione a trovare le fondazioni delle grandi norme morali, e a porsi così gli interrogativi decisivi sulla natura dell'uomo.


6. E' su questo grave problema che occorre puntare la nostra attenzione, perché è qui che si fa chiarezza sulle verità primordiali e si svelano le ricchezze segrete dei popoli. Proprio il grande rischio connesso con la potenza tecnologica ha risvegliato nelle coscienze il ricordo e la nostalgia della "sapienza" e ha costretto gli Stati a ricordarsi dei primari valori morali della nostra civiltà.

E' lo stesso progresso scientifico a imporre la "questione morale" come la nuova "questione sociale" del futuro. E poiché la sapienza è dotazione della coscienza dei popoli, si fa più evidente il ruolo "pubblico" che essa è destinata a svolgere nella storia di domani.

Di fronte alle prospettive aperte dall'ingegneria genetica e alle connesse possibilità di conquiste smisurate, ma anche di degradazione irreversibile della specie, gli scienziati e gli Stati non possono non porsi i più gravi interrogativi del pensiero umano: chi è l'uomo e qual è il suo destino. E non sono pochi coloro che cominciano a riscoprire nella risposta della verità cristiana l'unica, vera garanzia della "modernità" e umanità della società di domani.

Siamo ritornati, come vedete, al tema delle radici: quei valori che sembravano inavvertiti relitti del passato sono divenuti il bene più urgente per il futuro. Ed è qui che si propone, come elemento decisivo, l'apporto della coscienza dei popoli.


7. Se vado percorrendo il mondo, per incontrare uomini di tutte le civiltà e religioni, è perché ho fiducia nei germi di sapienza che lo Spirito suscita nella coscienza dei popoli: di li scaturisce la vera risorsa per il futuro umano del nostro mondo.

In quanto a voi, gente di Romagna, i vostri vescovi dicono che i fondamentali valori umani del cristianesimo sono radicati anche nelle coscienze di chi si dice agnostico o non credente. Vi è il rispetto per l'uomo e per la sua dignità, qualunque sia l'estrazione sociale o la personale convinzione; vi è il senso vivo della libertà e della giustizia nei vari campi dell'esperienza e dell'attività umana; vi è la stima profonda per l'onestà e la lealtà nella vita sia privata che pubblica; vi è ancora un attaccamento ai valori su cui si regge quella cellula primordiale della società che è la famiglia. Tutto questo è motivo di grande speranza anche per il futuro della civile convivenza in questa vostra terra.


8. E' urgente promuovere un desiderio ardente e un appassionato impegno per la difesa e la promozione dell'uomo nella sua interezza. Emerge qui l'importanza del compito educativo, il cui scopo è la formazione di un essere umano maturo. Meta altissima che non si aggiunge se non si riesce a istillare nel giovane una profonda stima dei valori basata su forti convincimenti personali. I giovani hanno diritto ad essere aiutati, e non invece intralciati, in questo cammino di crescita verso la piena maturità. Il mio appello è alle famiglie, agli educatori, agli scrittori, ai giornalisti, agli scienziati, agli artisti, alla gente comune: ognuno che crede nella dignità dell'uomo è chiamato a dare il suo contributo. La generazione del terzo millennio non deve conoscere certi orrori che hanno segnato a sangue questo nostro secolo! Infiniti sviluppi si offrono ancora alla società umana. Dalla visuale del Vangelo nuovi diritti e impensate prospettive attendono di essere estratte.


9. Rivolgo un pensiero particolare alle diocesi della Romagna, a loro è affidato un compito molto importante. E' con l'insegnamento della fede che s'è formata la coscienza del valore unico dell'uomo e dei conseguenti suoi diritti intangibili.

Trasmettendo integralmente tale insegnamento, la Chiesa ha sempre ritenuto e ritiene di compiere un servizio fondamentale alla salvezza della persona singola, all'intera società, al progresso umano, al destino della prossima generazione. Se chiede spazio per l'insegnamento religioso nelle scuole dello Stato, essa lo fa nella convinzione di promuovere nella profondità delle coscienze la continuità del "patrimonio storico del popolo italiano" e di cooperare in tal modo all'intesa degli animi e della pace sociale. E questo principio, patrimonio storico, si riferisce non solamente al popolo italiano, ma anche ad altri popoli europei, a tanti altri popoli del mondo.

A tale intesa e a tale pace mi auguro serva anche questa mia visita, che spero sia stata ben accetta. Vorrei che anche coloro che si dichiarano "non credenti" non si sentissero quasi una categoria sociale contrapposta. E comunque sia, la Chiesa continuerà a ripetere le parole di sant'Agostino: "Di' quel che vuoi, non potrai impedirmi di sentirmi tuo fratello". Una preghiera: continuate nella ricerca di Dio e di Cristo: ne vale la pena. Iddio è un grande bene! Ma come è grande questo bene, non bastano le nostre parole, non basta neanche la parola grande, né grandissimo, ci vorrebbe forse una parola agostiniana, ma anche quella non basterà.

Un'ultima parola voglio rivolgere ai giovani: tenete in onore la mente.

Abbiate sete di verità e coraggio per cercarla a costo anche di grandi sacrifici.

Se si possiede la verità, meglio, se si è da essa posseduti, non c'è nulla al mondo che possa fare paura: nella verità si ha la certezza della propria salvezza.

Non vi illudete: la moltitudine non vi sostituirà mai nelle questioni decisive.

Amate la comunità come voi stessi, ma per trovare voi stessi, perché solo trovando voi stessi voi potrete aiutare gli altri a non smarrirsi.

Questo dico soprattutto a voi, giovani seminaristi, e in particolare a voi che oggi siete stati ammessi alla candidatura del diaconato e del presbiterato. Sono contento che il rito si sia compiuto alla presenza di tutta la comunità romagnola al cui servizio sarete destinati. Questa gente vi guarda con soddisfazione intensa, si compiace di voi, vi aspetta; sarete la sua guida nel cammino di preparazione verso il terzo millennio. Perseverate con generosità e costanza nella vostra scelta. Vi sia di sprone l'esempio del vostro giovane conterraneo, il beato Pio Campidelli, che io stesso ho avuto la gioia di elevare alla gloria degli altari. Come sapete, egli offri la sua vita in particolare per la sua "diletta Romagna".

E' una grazia grande ricevere la chiamata al sacerdozio in un momento come questo e per una popolazione come questa di Romagna. Lo dico a voi, ma non solo per voi: lo dico anche per questi giovani che mi ascoltano. Giovani, guardate con fiducia al domani. E' questo il momento di vivere in pienezza la gioia di essere cristiani. Testimoniate questa gioia davanti al mondo. Cristo cammina con voi, lui, il Risorto, sul quale la morte non ha più potere, perché egli l'ha vinta una volta per tutte. Cristo, il perennemente giovane, sia vostro sostegno e guida oggi, domani, sempre!

Data: 1986-05-11 Domenica 11 Maggio 1986




Alla cerimonia dello "Sposalizio del mare" - Cervia (Ravenna)

Il mare e la vita: due doni da difendere senza compromessi



1. Ringrazio vivamente per le cortesi e cordiali parole che mi sono state ora rivolte dal signor ministro Oscar Luigi Scalfaro, a nome anche del presidente della Repubblica e del Governo italiano, e dal signor sindaco, il quale si è fatto interprete dei sentimenti di tutti voi, Cervesi, qui radunati per prendere parte all'antica e sempre suggestiva cerimonia della benedizione del mare, detta popolarmente "sposalizio del mare". Sono grato inoltre al caro fratello mons.

Tonini, arcivescovo di Ravenna e vescovo di questa vostra diocesi di Cervia.

Saluto voi tutti con grande affetto, mentre da questo molo il mio sguardo si distende ammirato su questo stupendo mare Adriatico e abbraccia tutti coloro che hanno la sorte di vivere nella cornice di questo scenario attraente.

Sono molto lieto di essere con voi, cari Cervesi e ospiti. Vorrei che questo incontro vi sia di incoraggiamento a spendere bene il dono della vita nella coerenza della fede e nella testimonianza della carità cristiana.


2. Ho benedetto il mare come si benedice la casa, perché il mare per voi è lo spazio di casa allargato, il luogo della condivisione delle vicende cittadine.

L'ho benedetto come si benedicono i campi che danno sostentamento. L'ho fatto per esprimere insieme con voi sentimenti di gratitudine per il passato e per invocare protezione per il futuro.

Per voi l'Adriatico è generoso, come e più che i campi. E voi lo tenete prezioso, come gli agricoltori la terra. Il mare è la vostra terra: i marinai cervesi non solo vivono sul mare, ma vivono del mare e quasi per il mare. A loro mando il mio saluto affettuoso. Benedicendo il mare, pensavo a tutti gli uomini che sul mare faticano e dal mare traggono il loro sostentamento; pensavo alle loro famiglie, raccomandandole alla Madonna, perché le assista sempre come Madre.

Il rito di questa sera da secoli voi lo chiamate "sposalizio del mare".

Ed è una similitudine molto bella, nata in clima cristiano, dal significato molto forte. Essa vuol dire che voi pensate al mare non solo quale mezzo di vita, ma quasi come a una realtà vivente che fa corpo con la città. Auspico che questo rito conservi sempre la ricchezza di significato con cui è nato e col quale è stato vissuto per generazioni. Con l'incarnazione Cristo ha stabilito un particolare legame con tutta la realtà della natura, mentre con la sua redenzione ha conferito ad essa dignità e nobiltà, che sono insieme un privilegio e un impegno.

Questo richiamo al carattere sacro della natura non vuol essere qualcosa di fittizio o di mitico. Il mare è veramente un dono: è l'erario della città.

L'eredità da trasmettere integra ai figli. Ma è anche il richiamo ai valori fondamentali della cultura e della spiritualità umano-cristiana. Il mare è tra le realtà della natura che più parlano all'animo umano, chiamandolo a guardare oltre, a elevarsi in alto. Ecologia vuol dire tutto questo: rispetto, ammirazione, attenzione affettuosa, e suppone animi capaci di contemplazione, di gratitudine, di poesia.


3. Trovandomi in una città come Cervia - località turistica molto frequentata del litorale adriatico, che ha conosciuto in questi ultimi decenni uno sviluppo sociale ed economico veramente rapido - non posso non rivolgere una breve parola anche sul fenomeno del turismo, diventato ormai di massa, portando profondi mutamenti non solo nelle strutture e nelle istituzioni, ma anche nella mentalità degli uomini con conseguenti riflessi in campo culturale e morale.

Per questo occorre che la realtà del turismo sia vista alla luce di Cristo. Occorre cioè riconoscere ciò che è positivo, in quanto destinato a ricreare le forze e distendere lo spirito spesso affranto in una vita sempre più logorata dal ritmo stressante della civiltà odierna; ma occorre anche prendere coscienza del rischio che il turismo diventi fenomeno negativo, se ridotto a esperienza consumistica e, in definitiva, alienante. In questo contesto si impone l'esigenza di un'educazione che porti a concepire il turismo come elemento di formazione umana e spirituale della persona, vivendolo di conseguenza come una pausa di serena distensione, di elevazione dello spirito, di una più profonda comunione con Dio, attraverso la natura, e come una possibilità di intrecciare nuovi rapporti di amicizia per una più piena realizzazione di sé, nello scambio interpersonale. In questa prospettiva è molto importante una convinta educazione al vero senso dell'accoglienza, del rispetto degli altri, delle loro idee e delle loro culture; al senso della gentilezza e della comprensione verso gli ospiti che in si gran numero affollano le case e gli alberghi di questa vostra città. Ma occorre soprattutto una educazione religiosa perché il turismo valga ad elevare gli uomini alla contemplazione del creato e ad aprirli al dialogo con Dio, trascendente autore delle bellezze profuse nella natura.


4. Benediro fra poco la prima pietra di una nuova "Casa dell'accoglienza". Insieme con essa e prima ancora desidero benedire voi fratelli e sorelle di Cervia che avete fatto vostra l'iniziativa del Movimento per la Vita, sostenendola con grande fervore, come mi diceva il vostro arcivescovo.

Ringrazio il Signore per la consolazione che mi procura quanto avete già realizzato e quanto programmate per il futuro. Esprimo apprezzamento per tutti coloro che - come le Suore della Carità, il Movimento per la Vita e la parrocchia - vi si sono impegnati. Iniziative come questa costituiscono un'autentica risposta al comandamento dell'amore per il prossimo, che Cristo ha dichiarato massimo fra tutti. Grazie ad essa sono state salvate 45 vite di esseri umani. Anche per loro Iddio ha creato questo mare e questo cielo.

Mi congratulo con la comunità parrocchiale di Cervia: questa è una testimonianza preziosa. E' la risposta della Chiesa a questo nostro tempo che, perdendo il senso di Dio, rischia di smarrire anche la stima della vita umana.

Questa vostra opera proclama una grande verità: ogni vita umana vale più dell'intera creazione materiale; ogni vita umana è sacra, intangibile: ucciderla è rendersi responsabili di un grave crimine. Con questa vostra opera, cari fedeli di Cervia, voi volete affermare che non siete disposti a cedere ai compromessi di coloro che vorrebbero mettere sullo stesso piano bene e male, vita e morte. Questa vostra opera è testimonianza di amore. E ciò è motivo di conforto per tutti. Là dove c'è amore per i fratelli, li c'è la presenza di Dio. E voi, impegnandovi ad avviare un'istituzione di non piccolo costo, avete mostrato un amore ammirevole.

Confido che saranno molti ad aiutarvi, anche tra i turisti ospiti. Il Papa vi esprime il suo plauso e vi incoraggia a perseverare.

Unendo ora insieme i due riti compiuti questa sera - la benedizione del mare e la benedizione della prima pietra di una nuova Casa dell'accoglienza - mi piace vedere un medesimo atteggiamento di fondo che ispira l'uno e l'altro rito: la Cervia affezionata al suo mare è la stessa Cervia che si preoccupa della vita di ogni essere umano, in armonia col Creatore e con i suoi disegni di amore.

Auspico che Cervia continui ad essere fedele a questi valori e a questi ideali, in coerenza con le sue nobili tradizioni.

Nel lasciare questa terra ospitale per far ritorno in Vaticano, vi assicuro che portero nel mio cuore e nelle mie preghiere i vostri volti, le vostre preoccupazioni e le vostre speranze.

Di cuore benedico voi e i vostri familiari, con un particolare pensiero per i bambini, gli ammalati e gli anziani.

Data: 1986-05-11 Domenica 11 Maggio 1986




Ai giovani seminaristi del Seminario Romano - Roma

La Chiesa nasce sempre di nuovo


Carissimi.

Questi sono giorni di grandissima importanza, di grandissima profondità; sono i giorni che intercorrono tra l'Ascensione del Signore e la Pentecoste. Si tratta di una novena speciale: la prima novena ordinata dal Signore stesso, perché così si è rivolto ai suoi apostoli: "Prima di andare in cielo, tornate a Gerusalemme e aspettate la discesa dello Spirito Santo". Essi hanno capito che questa attesa non poteva compiersi in altro modo se non nella preghiera e si sono raccolti tutti insieme con Maria, la Madre di Gesù, e altre persone, nel cenacolo di Gerusalemme, e si sono messi a pregare. Noi, ogni anno, cerchiamo di ripetere questa preghiera nei giorni compresi tra l'Ascensione e la Pentecoste con la consapevolezza che questa è la preghiera, la "novena" con cui è nata la Chiesa.

Nel giorno della Pentecoste veramente nasce la Chiesa. E' nata come esce dal seno di sua madre un bambino nel momento del parto, quando viene dato alla luce. così la Chiesa è stata data alla luce nel giorno di Pentecoste. E questo ultimo periodo di preparazione è stato, nello stesso tempo, un periodo di preparazione a questa nascita, a questa manifestazione della sua esistenza davanti al mondo così come il bambino, una volta uscito dal grembo materno, si manifesta al mondo. Ecco cominciamo a vedere un uomo nuovo, piccolo. così si è iniziato a vedere a Gerusalemme la Chiesa. Forse non lo si sapeva; forse molti non erano consapevoli che era la Chiesa di Cristo, ma già, sin dai primi momenti, dalle parole di Pietro, si poteva distinguere, identificare questa nuova comunità e questa nuova forza dei discepoli di Gesù, che già da prima erano conosciuti come Pietro e altri. Dico queste cose per inquadrare questa nostra assemblea di preghiera che viviamo oggi nel tempo liturgico della Chiesa. Grazie anche a questo splendido "Oratorio" preparatoci dal nostro carissimo amico don Marco e dai suoi colleghi, collaboratrici e collaboratori, abbiamo potuto, in modo solenne ed elevante, vivere quel mistero della Chiesa, che si prepara alla sua nascita. Poi abbiamo visto come questa Chiesa già nata, già presente in Gerusalemme al mondo, nasce nei diversi momenti, anzi nei momenti critici, cruciali come quello di Pietro in prigione, di Pietro condannato a morte dopo la morte di un altro apostolo. Allora vediamo come questa Chiesa, pur nata già una volta, nasce sempre di nuovo. E così dobbiamo portarla in noi stessi, così dobbiamo formare la consapevolezza che la Chiesa non è una verità astratta, ma è una realtà che si identifica con tutti e ciascuno di noi. E' una realtà che non solamente nasce con il nostro battesimo e con gli altri sacramenti, ma anche con la preghiera e con tutti gli altri momenti della nostra vita. Nasce nelle decisioni importanti e fondamentali; nasce nel momento della vocazione sentita per la prima volta, portata nel segreto nascondimento dei nostri cuori e poi, una volta maturata, anche qui in questa casa, in questo Seminario sino al momento dell'ordinazione sacerdotale.

La realtà della nascita della Chiesa è multiforme, continua a realizzarsi in modo analogico nelle diverse situazioni nelle diverse persone.

Possiamo dire che questa Chiesa, nata a Gerusalemme il giorno della Pentecoste, viene poi costituita da tante e tante diverse nascite che si rinnovano sempre con la forza redentrice della croce di Cristo e della sua risurrezione e con la forza dello Spirito Santo, che ci è stato dato proprio tramite questa croce e questa risurrezione. Sappiamo bene che Gesù ha legato intimamente la sua dipartita, a seguito della sua passione, morte e risurrezione, e ascensione, con la venuta dello Spirito Santo. Ecco, questo è il mistero della Chiesa. Un mistero che viene descritto con categorie storiche dagli Atti degli apostoli, ma poi viene sintetizzato con categorie teologiche, mistiche, specialmente da san Paolo quando parla della Chiesa come "Corpo di Cristo" o come "Sposa di Cristo". Tutto ciò è nella linea della preparazione diuturna, plurisecolare dell'Antico Testamento, ma totalmente nuova nell'espressione paolina. Allora questa è la Chiesa che ci porta tutti nel suo grembo perché è una Madre, una Madre feconda. Specialmente nei momenti importanti come la solennità della Pentecoste questo noi auguriamo alla Chiesa: le auguriamo di essere una madre feconda, di dare la vita ai suoi figli. Dall'altra parte, questa Chiesa che ci porta, viene anche portata da ciascuno di noi.

Ciascuno di noi ha nel suo cuore, nella sua vita, nella sua vocazione, nella sua preghiera, nella sua ascesi, nella sua santificazione personale un elemento costitutivo della Chiesa in se stessa.

Con queste poche parole ho voluto commentare brevemente l'opera artistica, alla cui esecuzione abbiamo assistito con grande ammirazione. E ho anche voluto rivolgere i nostri pensieri verso quella preghiera che la Chiesa vive in questi giorni tra l'Ascensione e la Pentecoste. L'"Oratorio" è stata un'espressione di tale preghiera. Speriamo che sia fruttuosa questa nostra preghiera odierna, questo nostro incontro, questa forma di preghiera. Speriamo che sia fruttuosa per ciascuno di noi in modo proprio a ognuno secondo la sua chiamata, secondo i disegni specifici che Dio ha verso ciascuno di noi. Io vi sono molto grato di questo incontro nel giorno che per me rimane sempre il giorno in cui Gesù mi ha mostrato la sua forza e la sua grazia e lo ha fatto certamente tramite la sua Madre in un giorno molto significativo, in questo 13 maggio. Vi ringrazio per la coralità della vostra preghiera in questo giorno che, dopo cinque anni, rimane per me sempre tanto prezioso. Voglio anche ringraziare i nostri artisti che hanno dato un grande contributo alla buona riuscita del nostro incontro. Avranno dovuto lavorare molto per preparare quest'opera artistica, questo "Oratorio". Ma lo hanno fatto con entusiasmo e con amore. L'amore non ha bisogno di essere premiato, perché rimane sempre un premio per se stesso. E io penso che il vostro amore per la bellezza artistica sia anche un premio per voi.

Questo non ci dispensa dall'esprimere la nostra gratitudine a voi. E lo faccio a nome di tutti i presenti.

Data: 1986-05-13 Martedi 13 Maggio 1986




Al Consiglio Superiore delle Opere Pontificie Missionarie - Città del Vaticano (Roma)

L'attività missionaria interpella ogni battezzato


Venerati fratelli nell'episcopato, carissimi sacerdoti, religiosi laici.


GPII 1986 Insegnamenti - Recita del Regina Coeli da Piazza sant'Apollinare - Ravenna