GPII 1986 Insegnamenti - Al Consiglio Superiore delle Opere Pontificie Missionarie - Città del Vaticano (Roma)


1. Rivolgo il mio affettuoso saluto a tutti e a ciascuno di voi, partecipanti all'Assemblea Generale del Consiglio Superiore delle quattro Pontificie Opere Missionarie, rivolgendo un particolare pensiero al signor cardinale Jozef Tomko, e a mons. José Sanchez, rispettivamente prefetto e segretario della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli.

Come ogni anno, vi siete riuniti in questi giorni a Roma, sia per aggiornarvi sui problemi dell'aumento delle circoscrizioni ecclesiastiche e dello sviluppo delle Opere nelle diverse Chiese particolari, sia per approfondire gli aspetti formativi concernenti l'azione dei Direttori nazionali delle Pontificie Opere e dei loro collaboratori. Il tema stesso, che quest'anno è stato sottoposto alla vostra riflessione: "Ruolo dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose nelle Pontificie Opere", sottolinea da solo il senso e la portata dei vostri lavori.

Sono lieto di trovarmi oggi in mezzo a voi, per ringraziarvi della generosa cooperazione da voi prestata sia alle Chiese di antica tradizione sia a quelle di recente costituzione, e nello stesso tempo per esortarvi ad andare avanti con impegno rinnovato in questo campo dell'attività missionaria, che investe la Chiesa universale in tutte le sue componenti e di cui non dobbiamo mai perdere di vista l'urgenza e l'importanza.


2. Mi piace rilevare che questo nostro incontro si verifica nella cornice di particolari e assai significative circostanze liturgiche, ossia tra l'Ascensione del Signore al cielo e la discesa sulla terra del promesso divino Spirito: due festività che costituiscono insieme la sorgente inesausta della vocazione missionaria della Chiesa.

Alla mia e alla vostra mente ricorrono spontanee le parole del salvatore Gesù: "Andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,19-20).

Queste parole, che sono le ultime pronunziate dal Signore prima di lasciare visibilmente la terra per tornare al Padre, rappresentano nella loro forza ed efficacia non solo la "magna carta" del dinamismo cristiano, ma configurano anche l'identità stessa della Chiesa, la sua natura di depositaria, a cui è affidato il compito non di tenere chiuso per sé, come in uno scrigno, ma di diffondere il tesoro della verità e della salvezza divina. Le parole del testo di san Matteo costituiscono l'atto di fondazione della Chiesa come istituzione essenzialmente missionaria. Essa o è missionaria o non è più neppure evangelica.

L'evangelizzazione è il mandato di annunziare al mondo intero la salvezza dell'uomo in Cristo Gesù, il quale è morto e risorto per essere il Signore dei vivi e dei morti. Ed è per questo, come si esprime il Concilio Vaticano II ripetendo un pensiero di sant'Agostino, che gli "apostoli, sui quali la Chiesa fu fondata, seguendo l'esempio del Cristo predicarono la parola della verità e generarono le Chiese" (AGD 1). E gli apostoli, gli inviati, i missionari, prima di spargersi per il mondo, attesero nella preghiera, insieme con Maria Madre della Chiesa, la venuta dello Spirito Santo, promesso come divino assistente per ricordare loro e far loro vivere la verità tutta intera.

E' solo, infatti, con la luce e la forza dello Spirito Santo che la Chiesa può illuminare tutti gli uomini, essere "sale della terra e luce del mondo" (Mt 5,13-14), rinnovare e salvare ogni creatura.

3. Cari fratelli, noi sappiamo che il mondo oggi come non mai ha bisogno di essere salvato e gli uomini di essere rinnovati dal Vangelo. Quando fu costituita la prima volta ufficialmente la Congregazione "de Propaganda Fide" correvano gli anni esaltanti delle grandi scoperte geografiche. All'attività missionaria della Chiesa si aprivano nuovi mondi e la necessità di creare un organismo apposito era più viva che mai, per facilitare dappertutto la propagazione della fede.

Oggi viviamo in epoca diversa, ad esplorazione geografica ormai compiuta, con interi continenti in via di sviluppo, aperti al messaggio evangelico, con cristianità giovani e promettenti, messe matura e bisognosa di braccia, capace di essere luce e sale della terra, per elevare gli uomini alla dignità di figli di Dio. Oggi, a distanza di duemila anni dalla fondazione della Chiesa, il Vangelo è geograficamente annunziato al mondo intero. Ma, nel quadro della sua specifica missione evangelizzatrice, la Chiesa non dimentica il dovere della promozione umana, dello sviluppo sociale, della difesa dei diritti degli uomini.

Purtroppo, entro il panorama di luci, di vaste regioni che vivono la verità evangelica o attendono di divenire cristiane, non manca il contrasto stridente delle ombre, delle regioni cioè che ignorano o dimenticano. Nell'epoca moderna, che si vanta di essere la società dell'informazione, miliardi di esseri umani, pur protesi ansiosamente verso un bisogno di salvezza, poco o nulla sanno circa il Salvatore del mondo, Cristo Gesù. E, per di più, nel vecchio mondo, allevato per secoli alla scuola della fede cristiana, coesistono forme così imponenti di materialismo ideologico da far temere l'inabissamento di intere regioni nelle tenebre dell'ateismo. Sicché all'urgente necessità dell'evangelizzazione si affianca anche, in altri Paesi, il dovere della rievangelizzazione.


4. Cari fratelli, è su questo particolare settore che io desidero richiamare la vostra attenzione e il vostro rinnovato impegno. Nell'ambito del vostro tema annuale, voi avrete modo di mettere in luce i benefici che possono derivare ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose dall'interessamento per le Opere Missionarie, al fine di attuare pienamente la loro vocazione, che non è limitata e ristretta, bensi aperta a una vastissima e universale missione di salvezza "fino agli ultimi confini della terra" (Ac 1,8), partecipando alla stessa ampiezza della missione affidata da Cristo agli apostoli.

Tutti, sacerdoti e laici, siete chiamati a sensibilizzare l'opinione pubblica cattolica, in particolare maniera il mondo giovanile, spesso distratto da vuote prospettive, sull'urgenza e importanza dell'attività missionaria, che interpella ogni battezzato personalmente. E' soprattutto compito vostro rendere solidali le comunità cristiane ai bisogni e alle sofferenze dei fratelli nei territori di missione.

Nell'augurarvi un generoso lavoro per il prossimo futuro, v'imparto di cuore la mia speciale benedizione.

Data: 1986-05-13 Martedi 13 Maggio 1986








Messaggio ai vescovi statunitensi - Impegno delle Chiese locali nella pastorale vocazionale



Ai miei venerabili fratelli i vescovi degli Stati Uniti d'America.

In occasione del vostro incontro a Collegeville, nello Stato del Minnesota, desidero assicurarvi la mia vicinanza spirituale e la mia preghiera di sostegno per la vostra iniziativa pastorale. Vi radunate in uno spirito di responsabilità collegiale per riflettere sul tema vitale delle vocazioni per le vostre Chiese locali. Le vostre riflessioni sulle vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa sono legate alle riflessioni sulle necessità per tutti i membri della Chiesa di essere coscienti della loro comune chiamata a vivere il messaggio del Vangelo e a costruire il corpo di Cristo.

E' veramente giusto sottolineare ancora una volta la vocazione universale alla santità dell'intero popolo di Dio. E' opportuno proclamare con insistenza la necessità per tutti i fedeli di essere coscienti delle precise responsabilità che derivano dal loro Battesimo e Cresima. A questo riguardo il Concilio Vaticano II esplicitamente dice che il laicato "è destinato all'apostolato dal Signore stesso" (AA 3).

Un'acuta realizzazione della sua dignità cristiana è un grande incentivo a tutto il popolo di Dio per compiere il suo sacro ruolo nell'adorazione, nella vita cristiana, nell'evangelizzazione e nell'umano progresso. Come pastori del gregge è nostra responsabilità incoraggiare tutti i nostri fratelli e sorelle nella fede a vivere una vita degna della chiamata che essi hanno ricevuto (cfr Ep 4,1). E' nostro compito assicurarli della loro responsabilità per il Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo, e nello stesso tempo incoraggiarli nei loro contributi individuali alla chiesa e all'intera società. Questi contributi individuali sono espressione della ricca varietà che caratterizza il corpo di Cristo.

Uno dei più grandi compiti di tutti i cattolici è di promuovere quelle condizioni nella comunità che facilitano la vita cristiana individuale e sociale.

Solo se i fedeli risponderanno alla loro vocazione cristiana personale la comunità sarà sostenuta nel suo rispetto e amore per il matrimonio cristiano, per il sacerdozio e per la vita religiosa.

Una parte integrale della vita della famiglia cristiana è l'inculcazione nei suoi membri di un apprezzamento del sacerdozio e della vita religiosa, in relazione all'intero corpo della Chiesa. La nostra esperienza pastorale comune conferma il fatto che c'è un bisogno speciale nella Chiesa di oggi di promuovere vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa. Essa conferma anche di fatto che sforzi generosi e perseveranti fatti per invitare i giovani a rispondere a queste vocazioni sono stati ricompensati. So che nelle vostre discussioni tratterete modi appropriati perché questo possa essere sempre più efficacemente portato a termine. La rispondenza delle vostre diverse esperienze pastorali vi assisterà indubbiamente nella pianificazione per il futuro. Da parte mia mi piacerebbe sottolineare soprattutto l'atteggiamento generale verso le vocazioni che deve essere coltivato tra noi stessi e deve essere condiviso con il clero e i fedeli. A questo riguardo è necessario promuovere una profonda fiducia nel potere del Mistero pasquale come sorgente perenne di vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa. Da sempre la Chiesa non solo ripete la sua stima per queste vocazioni, ma riconosce il loro carattere unico e insostituibile.

La serietà della Chiesa nel promuovere le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa è chiarita dal suo desiderio di essere fedele al volere di Dio nel mantenere sia la struttura gerarchica della sua Chiesa sia lo stato di vita religiosa. La Chiesa esalta e promuove la speciale consacrazione propria di queste due vocazioni anche se un certo numero di funzioni esercitate da preti e da religiosi sono sempre più condivise dal laicato.

Cari fratelli, in unione con l'intera Chiesa fronteggiamo la sfida delle vocazioni con quella serenità e realismo che prendono in considerazione l'efficienza della preghiera e che non sono mai prive di speranza soprannaturale.

Proclamiamo pieni di forza il potere di Cristo risorto perché continui a chiamare i giovani a lui in ogni tempo della Chiesa e quindi nel nostro tempo. Guardiamo al Mistero pasquale come fonte inesauribile di forza per i giovani perché seguano Cristo con generosità e sacrificio, in castità, povertà e obbedienza e in perfetta carità.

La Chiesa non può esonerarsi dall'utilizzare ogni mezzo valido per suscitare vocazioni, includendo una propria pubblica manifestazione e l'esempio personale; ancora essa proclama senza esitazione che la sua forza viene solo dal Signore. E' solo lui che dà le vocazioni e la grazia di accettarle e di superare gli ostacoli che ad esse si oppongono. Nelle assemblee dei fedeli invochiamo la promessa del Signore di essere con la sua Chiesa fino alla fine del tempo (cfr Mt 28,20). Dobbiamo incoraggiare la nostra gente ad esprimere la sua speranza nella preghiera. Riconoscenti della fedeltà del Signore nel provvedere ai bisogni della sua Sposa, la Chiesa, noi offriamo un inno di lode all'Agnello di Dio che fu ucciso - a lui che mori ma che ora vive in eterno.

Noi troviamo nel prezioso sangue del Salvatore crocifisso e risorto la forza di sostenere ogni vocazione che Dio dà alla sua Chiesa. "A colui che, mediante la potenza che esercita in noi, può compiere infinitamente più di tutto quanto possiamo chiedere o pensare, a lui sia gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli. Amen" (Ep 3,2)".

Dal Vaticano, 14 maggio 1986.

Data: 1986-05-14 Mercoledi 14 Maggio 1986




All'Ordine Equestre del S. Sepolcro - Città del Vaticano (Roma)

Amate la terra santificata da Cristo e dagli apostoli


Cari fratelli e sorelle! Siate i benvenuti. Sono lieto di accogliervi a conclusione della Consulta dei Membri del Gran Magistero e dei Luogotenenti dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Ciò attesta, ancora una volta, la vostra devozione e la vostra fedeltà alla Chiesa.


1. Saluto il Gran Maestro, il signor cardinale De Fürstenberg, e il Gran Priore, il patriarca latino di Gerusalemme; saluto gli illustrissimi membri del Gran Magistero, insieme con i luogotenenti delle nazioni e delle località in cui l'Ordine Equestre è presente. Con voi desidero salutare anche l'intera compagine dei cavalieri e delle dame di tutto il mondo. A tutti voi va il mio pensiero riconoscente per le molteplici attività spirituali e caritative che svolgete a vantaggio delle popolazioni cristiane di Terra Santa.

Desidero, anzitutto, esprimere il mio apprezzamento per tutto l'ingente complesso di opere e di istituzioni che, con encomiabile generosità, voi sostenete. Desidero vivamente incoraggiare i sentimenti e i propositi che animano tutti voi e che, secondo le esigenze istituzionali del vostro sodalizio, sorgono da un autentico e nobile affetto verso la terra di Gesù Cristo. Tali sentimenti meritano fiducia e plauso.


2. Un vincolo millenario lega la vostra istituzione cavalleresca e religiosa alla sede del Sepolcro di Cristo; ed è precisamente dalla fede cristiana che nasce la viva simpatia, la singolare affezione per quella terra che Cristo ha reso santa.

Essa è degna di venerazione da parte dei credenti; e la Chiesa cattolica giustamente ritiene suo doveroso impegno dedicare ad essa la sua attenzione, operando per il suo bene e il suo progresso.

Si tratta di un luogo che risveglia in chi lo visita la viva memoria del Signore, suscitando un genuino amore per lui. perciò la fede cristiana è confortata e incrementata nella devota ricerca delle tracce lasciate in quei luoghi santi dalla sua presenza. Essi traducono in noi più vivo il messaggio di Cristo, perché, mentre ci parlano dei suoi misteri, imprimono nella memoria il quadro autentico degli eventi, e, guidandoci a una migliore comprensione dei fatti, ci spronano a coglierne il senso per trasfonderlo poi nella vita, per diffonderlo, per irradiarlo in tutta la nostra esistenza.

I Luoghi Santi sono amati da tutti i cristiani. Né si può dimenticare l'interesse che la Terra Santa suscita in tutti i cultori della Bibbia. E' ben noto come gli studi e le ricerche storiche e archeologiche compiute nei nostri tempi abbiano aperto la via alla risoluzione di tanti problemi interpretativi delle pagine sacre. La frequentazione dei Luoghi Santi in cui ebbe origine il testo rivelato ha permesso di conoscerne meglio il significato e di entrare così più autenticamente in comunione con colui che parla mediante la Sacra Scrittura, con Dio stesso, in ultima analisi, perché sua è la "Parola" contenuta nel libro santo.

Continuate a onorare la terra santificata dai patriarchi, dai profeti, dai passi del Figlio di Dio fattosi figlio dell'uomo, dagli apostoli, mantenendovi sempre allo spirito dei vostri statuti. Essi vi esortano a zelare la conservazione e la propagazione della fede nella Terra Santa e a promuovere le istituzioni di culto e le opere caritative, culturali e sociali, nonché a sostenere i diritti della Chiesa cattolica in Terra Santa (cfr Statuti dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro, art. 2).


3. Un particolare riconoscimento meritano gli atti di concreta carità verso le comunità cristiane, che colà vivono, non senza sacrifici, la loro professione cristiana. Si tratta di una Chiesa che ha bisogno dell'operoso affetto dei fratelli per realizzare la sua importante vocazione nella terra di Gesù. Quelle comunità cristiane chiedono aiuto a voi.

Io mi compiaccio principalmente per l'assistenza che date alle istituzioni scolastiche e culturali della diocesi di Gerusalemme: all'università, al seminario, alle scuole di ogni grado, ai luoghi di culto. Come opportunamente ha detto il cardinale Gran Maestro, le scuole contribuiscono a garantire la presenza futura della fede cristiana in quei luoghi e rappresentano un valido aiuto alla promozione civile, umana e sociale di quelle popolazioni.

Desidero ricordare anche il prezioso aiuto che voi date per le strutture delle parrocchie e per l'opera di tante iniziative di carità di cui la Chiesa di Gerusalemme si fa carico. Continuate ad amare la terra di Cristo, portando nel cuore, con spirito di fede e con generoso zelo i problemi dei vostri fratelli cattolici di Terra Santa. Sarete, in tal modo, fedeli alla grande tradizione del vostro Ordine cavalleresco e adempirete alle finalità religiose e caritative che da secoli giustificano il vostro servizio ai Luoghi Santi.

A tutti voi qui presenti e ai vostri "confratelli" del mondo intero, alle vostre opere, come alle persone che assistete, invio la mia benedizione.

Data: 1986-05-15 Giovedi 15 Maggio 1986




A tennisti partecipanti ai Campionati d'Italia - Città del Vaticano (Roma)

Nello sport vivono i valori di pace cui aspira la gioventù


Cari amici.

Sono lieto di incontrare voi dirigenti della Federazione Italiana Tennis partecipanti ai XLIII Campionati internazionali d'Italia. Siate i benvenuti qui in Vaticano, spero che la vostra visita serva come un momento di sollievo spirituale nel mezzo dell'intensa attività fisica dell'attuale Campionato. Mi congratulo con voi per gli eccellenti risultati del vostro sport ed esprimo la speranza che consideriate sempre la vostra abilità come un dono di Dio.

E' sempre un piacere per me incontrare gruppi di atleti provenienti da diversi Paesi e continenti. Prendere parte agli sport e alla sana competizione che li accompagna, realizza valori preziosi che possono fare molto elevare l'individuo, possono anche contribuire alla costruzione di una società basata sulla fiducia e sul rispetto reciproci nella pace autentica.


2. In varie occasioni ho parlato pubblicamente dello sport come un vero strumento di riconciliazione nel mondo. La vostra presenza qui, da molti Paesi, è un simbolo eloquente del potere di unire che ha lo sport. Porta la gente insieme. La competizione tra gli atleti è un linguaggio universale che immediatamente va oltre le frontiere di nazione, razza o convinzione politica. Tutto ciò è una condizione che gli sportivi e le sportive specialmente a livello internazionale cercano di favorire, valori positivi senza degenerare nell'eccessivo interesse per i valori puramente materiali o attraverso l'indebita subordinazione a ideologie partigiane.

Il vostro è uno sport molto competitivo e l'alto grado di doti fisiche, autocontrollo, disciplina e sacrificio che richiede possono renderlo una vera scuola di maturità umana e sociale. Come gruppo siete tra i più esperti giocatori del mondo. Siete spesso negli occhi del pubblico. perciò avete una responsabilità soprattutto nei confronti dei giovani e dei bambini che vi guardano come modelli, per tenere alto il modello di abilità sportiva e capacità personale. Gli ideali dell'agire bene, di onestà, amicizia, collaborazione e rispetto reciproco, che sono una parte così importante dello sport, sono le fondamenta della nuova civiltà alla quale voi giovani del mondo aspirate ardentemente. Vorrei incoraggiarvi molto su quella strada.


3. Penso che siate a conoscenza che il Nuovo Testamento usa l'esempio di un atleta per illustrare un profondo aspetto dell'esistenza umana. San Paolo scrive: "Non sapete che nelle corse allo stadio tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo!" (1Co 9,24). In un certo senso questa è la vostra esperienza quotidiana nel tennis! Ma san Paolo si riferisce alla sfida del dare significato ultimo alla vita stessa. Questa è la sfida che sta prima di ogni sfida individuale e prima dell'umanità come un intero. Oggi quando c'è una così grande perdita della speranza e una così grande confusione riguardo lo scopo e il significato della vita, non possono valori rinchiusi nello sport aprire nuovi orizzonti di umanesimo e solidarietà a vasti settori di giovani nel mondo? Non è possibile pensare che i responsabili nei vari campi dello sport si sforzino di dare convincente testimonianza della bellezza e della dignità di quei valori? Non porreste i vostri talenti al servizio della pace, della dignità umana, della vera libertà? In questo modo, per seguire ancora un'immagine di san Paolo, glorificate dunque Dio nel vostro corpo includendo i vostri talenti nel campo dello sport (cfr 1Co 6,20).

Cari amici, vi assicuro le mie preghiere per il vostro benessere personale e spirituale. Vi chiedo di portare i miei saluti alle vostre famiglie e ai vostri amici. Dio onnipotente vi benedica e vi protegga sempre.

Data: 1986-05-15 Giovedi 15 Maggio 1986




A sacerdoti statunitensi a Roma per studio - Città del Vaticano (Roma)

Riflettete sul vostro sacerdozio sull'esempio del curato d'Ars


Cari fratelli in Cristo.


1. Sono felice di darvi il benvenuto qui in Vaticano oggi. Siete venuti a Roma per partecipare all'Istituto di approfondimento teologico del Collegio Nordamericano.

Sono certo della vostra gratitudine per questa opportunità di ampliare l'insegnamento della Chiesa e di approfondire il vostro amore per Cristo e per il Vangelo. Un'esperienza come questa vi spingerà senza dubbio a riflettere in modo molto personale sul mistero della Chiesa e sulla vostra vocazione al sacerdozio.

Ciascuno di voi ha già lavorato per un certo numero di anni nella vigna del Signore. Avete conosciuto successi e sconfitte. Avete visto sia tempi pacifici che turbolenti. Avete avuto il privilegio di vedere da vicino l'azione dello Spirito Santo nella vita della gente che servite. Che benedetta vocazione è la nostra di preti! Veramente vale affrontare sacrifici e fatiche che fanno parte del bagaglio del sacerdozio oggi e in ogni epoca.


2. Come sapete, quest'anno cade il secondo centenario della nascita di san Giovanni Maria Vianney, curato d'Ars. Nella mia lettera del Giovedi Santo, quest'anno, ho già diviso con voi alcuni dei miei pensieri su questo grande santo patrono dei parroci. Tra pochi mesi conto di fare un pellegrinaggio nella città dove così fedelmente servi la Chiesa. Dal momento che vi incontro vorrei ancora incoraggiarvi a riflettere sul vostro sacerdozio pregando nella luce della sua vita e del suo ministero.

Tutte le sue numerose e varie attività sacerdotali erano incentrate sull'Eucaristia, sulla catechesi e sul sacramento della Penitenza. Questi erano i principali mezzi con i quali egli proclamava il Vangelo della salvezza e mostrava una sollecitudine pastorale alla gente che si affidava a lui. Noi tutti ricordiamo come egli spesso ascoltasse le confessioni per dieci o più ore al giorno, tale era la sua popolarità come confessore. Frequentemente nelle sue omelie, egli parlava della gioia che viene dalla conversione e dalla profonda pace nell'essere riconciliati con Dio. Aiuto la sua gente ad apprezzare come il sacramento della Penitenza offra a noi peccatori un personalissimo incontro con Cristo, nostro Signore misericordioso. Conobbe come anche noi peccatori abbiamo conosciuto, in ricompensa del tempo e degli sforzi impiegati, che amministrare questo Sacramento di misericordia possa essere uno degli aspetti più consolanti e più sollevanti del nostro ministero.


3. Il Concilio Vaticano II parlando della vita e del ministero sacerdotale diede anche una speciale enfasi al ministero della parola e della celebrazione dell'Eucaristia. Troviamo una simile priorità nel curato d'Ars. Poneva grande impegno nella preparazione delle omelie domenicali e generosamente si dedicava al compito della catechesi. La liturgia dell'Eucaristia fu chiaramente il centro della sua vita. Quotidianamente trovava il tempo per la preghiera davanti al santo Sacramento. Al mattino presto e alla sera tardi lo si trovava là davanti al tabernacolo in adorazione silenziosa e intima comunione con Cristo. Il nostro cammino verso la santità non deve essere separato dal nostro ministero pastorale.

Siamo stati ordinati per servire gli altri per amore a Cristo e al Vangelo.

Durante questi mesi a Roma avete risposto all'invito di Cristo "Venite in disparte... e riposatevi un po'" (Mc 6,31). Possiate ritornare alle vostre diocesi risollevati nel corpo e nello spirito, desiderosi di continuare il vostro ministero con la gente che si affida alla vostra protezione.

Le mie preghiere vi accompagnano. Cristo, il buon pastore vi benedica con la sua pace e la sua gioia.

Data: 1986-05-15 Giovedi 15 Maggio 1986




Ai vescovi delle Marche in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Rinnovato impegno missionario e cooperazione tra le Chiese


Amatissimi fratelli della Conferenza episcopale delle Marche!


1. Grande e profonda è la mia gioia nell'incontrarvi tutti insieme dopo la visita personale che avete compiuto "ad limina Apostolorum"; posso così rinnovare il mio cordiale saluto a voi e alle vostre diocesi, ricordando in modo speciale i sacerdoti, che sono i vostri diretti e indispensabili collaboratori, i religiosi e le religiose, i laici, che vi aiutano nell'opera di evangelizzazione e nell'impegno della testimonianza.

Desidero esprimervi il mio vivo compiacimento per quanto avete realizzato e state realizzando nella vostra comunità, il cui centro principale di accoglimento e di irradiazione è certamente il santuario della Madonna di Loreto, nel quale ho avuto la consolazione di recarmi l'8 settembre 1979 e poi l'anno scorso, l'11 aprile, per il secondo convegno della Chiesa Italiana. La regione delle Marche ha tradizioni cristiane molto antiche e assai profonde, che si esprimono in sentite, genuine manifestazioni religiose e civili. E' un patrimonio ricco di valori, che - come appare dalle vostre relazioni - voi cercate di mantenere, difendere, dilatare, approfondire, vivificare.

Il mio predecessore Paolo VI, ricevendovi dieci anni fa, vi esortava a "conservare e a rinnovare", raccomandandovi "l'apostolato della fedeltà e l'apostolato della novità". E io stesso cinque anni fa sottolineavo la necessità di instancabilmente proporre e di richiamare con impegno profetico il primato della vita spirituale: "Infatti - dicevo - è in gioco il bene dell'uomo, che solo Cristo aiuta ad essere più uomo". Insieme con voi vorrei ringraziare il Signore per quanto, con la sua assistenza, avete potuto realizzare, compiacendomi per l'impegno che vi anima. Tuttavia, come voi stessi avete fatto notare, anche nella vostra bella e cara Regione si fa sentire - come in tutto il mondo - la crisi circa i valori fondamentali dell'umana esistenza, unita anche ai fenomeni di inquietudine, che caratterizzano i nostri tempi.


2. La regione delle Marche ha vissuto nei decenni scorsi una larga trasformazione, passando da una preponderante occupazione nel settore agricolo a un notevole impiego nell'artigianato, nell'industria e nel settore turistico, il quale ha registrato particolare sviluppo sulla costa adriatica. Questa trasformazione ha influito notevolmente sul costume della vita e anche sulla pratica religiosa della popolazione, con conseguenze negative in particolare a riguardo dei nuclei familiari e in ordine alle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata.

In riferimento a tale situazione, desidero incoraggiare voi, e tutti i vostri collaboratori, a perseverare nel fervore e nell'azione con sempre rinnovata sollecitudine. Curate particolarmente l'evangelizzazione, intensificando la catechesi e promovendo la pastorale sacramentaria e specialmente la frequenza al sacramento della Penitenza e la partecipazione all'Eucaristia. Facendo perno sulla devozione mariana, alimentata dalla Santa Casa di Loreto, non manchi una cura speciale nella pastorale familiare, prodigandosi in particolare per l'educazione e la formazione cristiana degli adolescenti e della gioventù.

Il rinnovato interesse, poi, verso santa Maria Goretti, nata e cresciuta fino alla Cresima in una delle vostre parrocchie, quella di Corinaldo nella diocesi di Senigallia, deve essere motivo per una più assidua catechesi ai giovani circa la virtù e l'ideale della purezza giovanile e della castità e quindi dei mezzi di perseveranza e di santificazione.


3. La regione ecclesiastica delle Marche, divisa civilmente in quattro province, ha 14 vescovi residenziali che devono provvedere a ben 26 diocesi. Più che altrove emerge la necessità della costante cooperazione tra le varie Chiese locali, per evitare frammentarietà e divergenze di indirizzi nella pastorale. A ciò tende appunto la Conferenza episcopale marchigiana, che tiene le sue sessioni sovente, al fine di realizzare un'adeguata unità pastorale, mediante lo scambio delle esperienze compiute e dei progetti che si desiderano attuare con attività in comune, specialmente riguardo alla formazione dei futuri sacerdoti, alla sensibilizzazione teologica e culturale del clero e dei laici impegnati, alla qualificazione della stampa locale.

Sono anche lieto che voi, vescovi delle Marche, con grande fiducia abbiate indetto un "Concilio plenario marchigiano", il cui inizio è avvenuto l'8 dicembre scorso con una solenne concelebrazione nella basilica della Santa Casa in Loreto. Vi esprimo il mio augurio cordiale per il buon esito di questa iniziativa che cerca di coinvolgere le migliori energie di tutte le vostre diocesi e vi assicuro il ricordo nella mia preghiera.


4. Vorrei oggi soffermarmi con voi soprattutto sulla necessità della cooperazione tra le Chiese e sul conseguente impegno missionario, che ogni Chiesa locale, come pure ogni singolo cristiano, deve profondamente sentire e cercare di realizzare.

Il Concilio Vaticano II nel decreto "Ad Gentes" (AGD 7) ha sintetizzato meravigliosamente sia il motivo che il dovere dell'Evangelizzazione e quindi della missionarietà della Chiesa: "La ragione dell'attività missionaria discende dalla volontà di Dio, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità. Vi è infatti un solo Dio e un solo mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti" (1Tm 2,4-6), "e in nessun altro c'è salvezza" (Ac 4,12). E' dunque necessario che tutti a lui si volgano, dopo averlo conosciuto attraverso la predicazione della Chiesa e a lui e alla Chiesa, suo corpo, aderiscano vitalmente attraverso il Battesimo...

Perché Dio, attraverso vie, che lui solo conosce, possa portare gli uomini, che senza loro colpa ignorano il Vangelo, a quella fede "senza la quale è impossibile piacergli" (He 11,6), è tuttavia compito imprescindibile della Chiesa diffondere il Vangelo, sicché l'attività missionaria conserva in pieno - oggi come sempre - la sua validità e necessità".

L'annuncio del Vangelo è programma perenne della Chiesa. Esso è necessario e insostituibile. E' in causa la salvezza degli uomini. Per questo - come scriveva Paolo VI nell'esortazione apostolica "Evangelii Nuntiandi" (EN 5) - "merita che l'apostolo vi consacri tutto il suo tempo, tutte le sue energie e vi sacrifichi, se necessario, la propria vita". E' perciò doveroso mantenere vivo nelle comunità cristiane lo spirito missionario mediante un piano organico, unitario e dinamico. Il Vescovo è naturalmente il primo responsabile nell'ambito della sua Chiesa particolare e in questa deve compiere, insieme con i sacerdoti e i catechisti, i religiosi e i laici qualificati, opera di formazione e di responsabilizzazione. Prima di tutto bisogna far conoscere le necessità della Chiesa e dell'umanità intera, i problemi e le difficoltà dell'evangelizzazione, le situazioni e le esigenze. Le Pontificie Opere Missionarie svolgono al riguardo un'attività, che merita sostegno e incoraggiamento. In secondo luogo bisogna formare le coscienze al senso e allo spirito missionario mediante l'istruzione religiosa, il catechismo, il contatto con le famiglie, l'insegnamento nelle scuole, la formazione nei seminari dei futuri sacerdoti. L'ansia di conquistare tutto il mondo a Cristo deve penetrare in tutti gli animi. Ogni mezzo apostolico pertanto è utile; soprattutto è necessario sottolineare e valutare l'importanza fondamentale della preghiera ai fini dell'evangelizzazione dei popoli e della perseveranza nella fede, come insegna santa Teresa di Lisieux, patrona delle missioni, pur nel silenzio e nel nascondimento del suo Monastero. L'esperienza dimostra che una diocesi, una parrocchia che vibra di spirito missionario è anche una comunità fervorosa e dinamica.

Bisogna inoltre riuscire a responsabilizzare i fedeli, in modo che nascano le vocazioni missionarie, sia di sacerdoti disposti ad abbandonare la propria terra per affrontare altre esperienze nel nome e per amore di Cristo, sia anche di laici professionisti, che sentano il desiderio e la bellezza di recarsi dove è necessario, per testimoniare la propria fede cristiana ed estendere così il regno di Dio.

A questo proposito giunge nuovamente opportuna la parola del Vaticano II, che afferma: "I vescovi, quali successori degli apostoli, ricevono dal Signore, cui è data ogni potestà in cielo e in terra, la missione di insegnare a tutte le genti e di predicare il Vangelo ad ogni creatura, affinché tutti gli uomini per mezzo della fede, del Battesimo e dell'osservanza dei comandamenti ottengano la salvezza" (LG 24). E rivolgendosi ai sacerdoti dice: "I presbiteri nella loro qualità di cooperatori dei vescovi hanno anzitutto il dovere di annunziare a tutti il Vangelo di Dio". Infatti "sono cooperatori dell'Ordine episcopale per il retto assolvimento della missione apostolica affidata da Cristo" (PO 4a PO 2b).


5. Mi è caro, in questa occasione esprimere il mio vivo compiacimento per quanto la Commissione della Conferenza episcopale italiana per la cooperazione tra le Chiese ha compiuto in questi anni e continua a compiere in tale ambito, particolarmente con le Chiese dell'Africa e dell'America Latina, mantenendo costanti ed efficaci rapporti con gli Istituti missionari, con gli organismi di volontariato cattolico e con le diocesi dove sono presenti i sacerdoti "Fidei donum". Il numero di tali sacerdoti è di 760, dei quali circa 600 sono in America Latina e gli altri in Africa, provenienti da 170 diocesi. I volontari laici sono circa 600. So che si sta pensando di promuovere una presenza anche in Asia. Queste cifre sono un segno eloquente della profondità dello spirito e dell'attività missionaria che animano le diocesi italiane.

La "cooperazione fra le Chiese" è un impegno fondamentale nella pastorale di oggi, che esige primariamente l'intenzione di creare e di mantenere viva nei fedeli la "coscienza missionaria... Essa è una mentalità e un'attitudine convinta, per cui il credente e la comunità cristiana si sentono chiamati a irradiare la propria fede, a rendere conto agli altri, in qualsiasi situazione, della speranza che è in loro" ("L'impegno missionario della Chiesa Italiana", 33a).

Amatissimi fratelli nell'episcopato! Dopo questa visita "ad limina" riprendete con rinnovato impegno il vostro cammino portando a tutti la certezza e la pace delle verità eterne. Vi accompagno con affetto, condividendo le vostre ansie e le vostre speranze, le vostre preoccupazioni e le vostre gioie. Con voi e per voi invoco la Vergine santissima, al cui santuario di Loreto tendono i vostri animi con amore filiale.

Di cuore vi benedico.

Data: 1986-05-16 Venerdi 16 Maggio 1986





GPII 1986 Insegnamenti - Al Consiglio Superiore delle Opere Pontificie Missionarie - Città del Vaticano (Roma)