GPII 1986 Insegnamenti - Ai Fratelli delle Scuole Cristiane - Città del Vaticano (Roma)

Ai Fratelli delle Scuole Cristiane - Città del Vaticano (Roma)

Evangelizzare l'intelligenza, obiettivo della scuola cristiana


Cari figli di san Giovanni Battista de la Salle.


1. Benedetta sia la divina Provvidenza, che ha reso possibile questo incontro di Chiesa! Saluto tutti i fratelli capitolari e, attraverso voi, il paese e le case d'educazione che voi rappresentate. La vostra famiglia lasalliana è ancora numerosa, essa comprende in effetti più di novemila membri e almeno milleduecento fondazioni. Permettete che mi rivolga specialmente al carissimo fratello José Pablo Basterrechea: desidero molto ringraziarlo a nome della Chiesa. Durante il suo generalato non ha cessato di donare il meglio di se stesso al servizio dei figli di san Giovanni Battista de la Salle, così come al servizio delle diocesi nelle quali essi cooperano ai compiti dell'evangelizzazione. Ha inoltre apportato alla Congregazione per i religiosi e gli istituti secolari una collaborazione costante e apprezzatissima. Che il Signore sia la sua ricompensa, vi colmi della sua grazia! Rivolgo i miei più fervidi auguri al nuovo superiore generale che è appena stato eletto, il carissimo fratello John Jonhston, che ricordo nelle mie preghiere.


2. L'assemblea capitolare che avete voluto tenere a Roma mira a perfezionare ancora il testo delle vostre Costituzioni già rinnovate secondo i desideri del Concilio Vaticano II. Con voi ringrazio Dio per queste settimane di preghiera, di riflessione, di scambi fraterni, di decisioni giudiziose. Sono felice di sapere che questo tempo di grazia, per voi e per l'Istituto intero, vi ha sovente condotti alle origini vivificanti degli scritti lasciati dal vostro Padre.

Il suo ideale, lontano dall'essere oscurato dai tre secoli passati dalla fondazione nel 1680, corrisponde perfettamente ai bisogni della nostra epoca.

Questo ideale richiede discepoli affascinati da Dio e colmi di entusiasmo per l'educazione di una gioventù in cerca del senso della vita, troppo spesso ingannata dalla presentazione di pseudo-verità, povera d'amore autentico e duraturo, insufficientemente iniziata al Mistero di Dio.

Non occorre che vi presenti il giovane canonico prebendato della cattedrale di Reims che scopre appena trentenni gli importanti bisogni della gioventù, soprattutto negli ambienti popolari, in materia d'istruzione e di educazione. Con voi, voglio inoltre ammirare la sua profonda compassione per i poveri, il suo realismo e il suo carattere metodico, il suo equilibrio e il suo entusiasmo e, a coronamento di tutto, il suo coraggio evangelico. Tutte virtù che non furono mai intaccate dalle prove del suo itinerario di apostolo della gioventù. Penso alle incomprensioni della sua famiglia, ad alcune reticenze della gerarchia, agli intrighi dell'amministrazione, alle defezioni nei ranghi dei suoi primi fratelli. Giovanni Battista de la Salle conobbe anche l'intima sofferenza del dubbio della sua opera, di se stesso. Tutto ciò, spesso, se non sempre, costituisce un cammino verso la santità. Questo grande uomo, questo genio dell'educazione, può sembrare nello stesso tempo molto vicino e molto lontano da noi. Egli è un frutto magnifico della grazia divina che senza ostacoli agisce all'interno della natura umana, fa pensare al sole che fa risplendere i colori delle celebri vetrate della cattedrale del Medioevo.


3. Con immensa gioia ho osservato che la vostra assemblea ha avuto come primo scopo il rilancio della dimensione contemplativa della vostra vita consacrata.

Possano gli oratori o gli altri luoghi di preghiera delle vostre case essere ancor di più il fuoco ardente, l'epicentro, della vostra missione quotidiana! Passaggi rapidi e soste prolungate, meditazioni personali e celebrazioni comunitarie: tutti questi modi di conoscere il Signore per se stesso purificano, illuminano, fortificano la vocazione dei fratelli e il loro servizio di Chiesa. Quando Dio è primariamente servito all'interno di una comunità religiosa, quando la sua parola e i suoi insegnamenti sono capiti, accolti con fervore e senza affanno, lo svolgersi della vita comunitaria e apostolica ne è profondamente segnata. San Giovanni Battista de la Salle vi chiama ancor oggi a questo incontro assiduo con il Signore: mezzo privilegiato per rinnovare permanentemente il vostro sguardo sui giovani, sulla dignità di ciascuno di loro singolarmente nobilitato dalla grazia battesimale, sul loro unico destino nel piano della divina Provvidenza. La qualità della vostra vita spirituale è ugualmente determinante al fine di giungere ad amare tutti i giovani con il cuore di Dio, con la sua pazienza, la sua tenerezza e la sua forza, nella trasparenza più completa e uno spirito evangelico di disinteresse che Dio solo può comunicare agli educatori.


4. Tutto ciò dice il realismo e la creatività del vostro fondatore che possono solo incitarvi a mettere a punto delle strutture educative nuove o almeno rinnovate. L'obiettivo essenziale per san Giovanni Battista e per i suoi figli, come per tutta la scuola cattolica, continua ad essere l'evangelizzazione dell'intelligenza. So che voi siete preoccupati dalla posizione e dalla qualità della catechesi. Le discipline scolastiche non sono mai state trascurate dai fratelli lasalliani. La vostra reputazione e i successi dei vostri istituti lo provano abbondantemente. Contribuite ancora meglio, se possibile, a manifestare il carattere specifico della scuola cattolica. Essa deve fare di tutto affinché il Vangelo di Cristo sia una sorgente di luce e di discernimento, capace di aiutare i giovani ad affrontare le esposizioni e i fattori sovrabbondanti della cultura moderna, per giudicarli secondo la vera scala di valori. Il Vangelo è la Verità, la sola Verità che unisce l'uomo in tutta la sua dimensione.


5. Infine, incoraggio vivamente, in tutte le scuole, la cooperazione dei fratelli con i laici che condividono l'ideale lasalliano. Avete bisogno della collaborazione qualificata di uomini e donne, capaci di dare molto per la vitalità degli istituti. Che questa collaborazione sia senza equivoco! Dico che i responsabili hanno, sulla scelta dell'assunzione dei membri laici del corpo insegnante, una grandissima responsabilità. Il progetto educativo cristiano deve essere portato da tutti. può succedere che le direzioni che si impongono con il rispetto e la giustizia siano indotte ad aiutare questo o quell'insegnante o rinunciare ad un controllo che egli non può assumere integralmente.


6. Questa rinforzata unione di ottica e di azione tra i fratelli e i laici insegnanti da una parte, le famiglie che scelgono i vostri istituti e i vecchi allievi dall'altra, favorirà la posa in opera degli orientamenti augurati dal vostro Capitolo e che la Chiesa approva: la cura e il servizio degli ambienti poveri, la promozione della giustizia sociale secondo gli insegnamenti del magistero ecclesiale e grazie all'impegno delle famiglie e degli anziani dei vostri Istituti, il sostegno maggiore alle Chiese di fondazione recente alle prese con numerosi problemi non solo educativi. In ogni luogo voi siate, aiutate allo sviluppo e alla qualifica delle associazioni dei genitori degli allievi, all'efficienza degli anziani allievi amici. Agendo in questo modo contribuite alla visibilità e allo splendore della Chiesa. Essa non desidera alcun monopolio educativo. Vuole solamente il rispetto dei suoi diritti e del sacro diritto delle famiglie di sapere mantenere e perfezionare, d'aprire largamente e giudiziosamente un tipo di scuola ispirata ai valori del Vangelo.


7. Cari fratelli, anche se percepite un certo invecchiamento delle vostre comunità e la sofferenza per un'integrazione ancora precaria, ripartite da questo Capitolo col coraggio e l'entusiasmo di san Giovanni Battista de la Salle. In fondo, i giovani moderni sono più avvicinabili e ricettivi di quanto alcune opinioni non fanno credere. I segni di una generazione nuova, sana, assetata di vera verità, esigenti di amore fraterno, ci sono offerti da tutti i continenti. Senza soffermarci attentamente alle altre responsabilità umane, ugualmente necessarie e coraggiosamente vissute, posso affermare che avete una delle più belle vocazioni: quella rivolta, in costante unione con Dio, a far emergere e ingrandire la personalità dei giovani che vi sono affidati, al servizio della società e per la gloria del Signore. Che lo Spirito della Pentecoste e che Maria, chiamata "Sedes Sapientiae", vi sia di aiuto durante la vostra vita religiosa e apostolica! Sono felice di benedire voi e la grande famiglia lasalliana, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

Data: 1986-05-16 Venerdi 16 Maggio 1986




Udienza all'APEL di Marsiglia - Città del Vaticano (Roma)

Scuola cattolica palestra di fede, umanità e cultura


Signore, signori, cari amici. Durante il vostro viaggio a Roma, avete espresso il desiderio di incontrarmi, il Papa vi accoglie volentieri nella sua casa e saluta cordialmente ognuno di voi. Giovani degli istituti cattolici della regione di Marsiglia, non dubito che da parte vostra beneficiate di una formazione umana e di grande professionalità, di un'educazione ai valori morali che vi permetterà di fare l'uso migliore della vostra libertà e di costruire la vostra personalità nel segno del bene, della verità, della bontà, dell'amore autentico. Spero anche che riceviate una catechesi attraverso la quale si realizzi l'approfondimento della vostra fede al ritmo dei vostri studi e delle vostre responsabilità umane. Mi auguro che la testimonianza della Chiesa, nello stesso modo in cui la scoprite ora a Roma, fortifichi la fede e vi induca a "rispondere a chiunque vi chieda la ragione della speranza che è in voi", come lo stesso apostolo Pietro scriveva (cfr 1P 3,15).

Per voi educatori cristiani, che avete la magnifica vocazione di accompagnare questi giovani nel corso della loro formazione, con la fiducia, la bontà paziente e la fermezza necessaria, auguro che il vostro impegno coraggioso porti i migliori frutti. E voi, genitori, spero che troviate, negli ambienti scolastici che avete scelto conformemente alle vostre convinzioni, il sostegno che potete attendervi per un'educazione di cui siete i primi responsabili, e vi incoraggio a partecipare attivamente, al raggiungimento del vostro traguardo. In questi ultimi tempi, ho spesso l'opportunità di esprimere il pensiero e l'incoraggiamento della Chiesa agli insegnanti cattolici e ai genitori degli allievi, sia a scala nazionale che internazionale, in particolare nell'udienza del 5 novembre 1985 ai membri dell'Office International de l'Enseignement Catholique (OIEC). Voi, che aderite all'Association des Parents d'lèves de l'Enseignement Libre (APEL) sarete sicuramente a conoscenza dei contenuti essenziali. Tocca a voi sostenere la libertà di scelta dei genitori per l'educazione morale e spirituale dei figli, cercare tutte le possibilità giuste e reali presso tutte le istituzioni idonee e particolarmente presso i pubblici poteri, al fine di favorire il rispetto della libertà religiosa, di vegliare nello stesso tempo sulla qualità degli istituti cattolici, del loro progetto educativo attuato da un'équipe educativa che assuma la responsabilità d'assicurare lo spirito cristiano che è a capo di questa educazione, con lo scopo di una iniziazione esplicita alla fede cristiana per gli allievi cattolici, di realizzare infine, la collaborazione necessaria fra educatori, genitori, allievi. So che vegliate su tutto ciò con attenzione, in collaborazione con la Federazione nazionale dell'APEL e la Commissione episcopale dell'insegnamento cattolico. Chiedo allo Spirito Santo di ispirare sempre la vostra azione, di sostenerla, affinché i giovani, assieme agli adulti che li accompagnano, ricevano la luce, la forza e l'amore; doni di Dio che tutti imploriamo in questo tempo di preparazione alla Pentecoste.

E vi benedico con tutto il cuore.

Data: 1986-05-16 Venerdi 16 Maggio 1986




Alla "Filarmonica di Cannobio" - Città del Vaticano (Roma)

Arte musicale: un appello a meditare la bellezza


Vi saluto cordialmente e vi esprimo il mio vivo compiacimento per la vostra bravura. So che la vostra perizia è ben nota in tutto il Canton Ticino.

La musica ha un linguaggio universale, capace di suscitare profonde emozioni, di trasmettere sentimenti nobili, di destare stati d'animo corrispondenti al fervore dell'artista. L'umanità ha bisogno della bellezza della musica, la quale interpreta lo spirito, solleva l'anima, eleva la sensibilità e aiuta ad alzare lo sguardo con sentimento di gioia. Possiamo dire che, in qualche modo, attraverso l'arte della musica l'uomo diventa più umano e più cristiano.

Dico questo considerando anche il significativo e peculiare valore associativo che la musica sviluppa, specialmente nel caso vostro. Come nell'assonanza di più note si crea armonia, così la pratica della musica d'insieme produce solidarietà, concordia, amicizia. Non sarebbe possibile eseguire musica senza lasciarsi coinvolgere in un comune movimento, in una consapevole sintonia d'intese, in accordo di suoni e di azioni. In questo senso la vostra arte si può considerare quasi un invito alla partecipazione attiva dei singoli a un'opera comune e nobile, che eleva e conforta il sentimento. Tale modo di sentire appare ancor più valido quando voi allietate con la vostra musica le feste e le celebrazioni della vostra comunità civile. Con voi la gente prova sentimenti di gioia e di preghiera, di esaltante entusiasmo e di profonda azione, quasi per un servizio sociale che la vostra opera riesce ad esercitare.

Vi auguro di poter continuare con successo la vostra attività. L'arte musicale sia per voi un appello a meditare sulla bellezza, che nasce da Dio, e invito alla considerazione dell'armonia del creato. Sappiate, dunque, lodare sempre Dio con la vostra arte, come dicono le parole mirabilmente musicate da Haydn nel celebre Oratorio "La Creazione": "Cori degli uomini, cori dei mondi, voci, concerti, tutto risuoni: Lodato sia Dio per l'eternità".

Di cuore vi benedico.

Vorrei ringraziare, per la visita che mi avete reso, tutta la vostra comunità ticinese. Due anni fa visitai Lugano e oggi vi accolgo molto volentieri in questa casa. Vi ringrazio per le nobili parole che il vostro sindaco mi ha rivolto e vi ringrazio anche per i doni che mi avete recato. La visita compiuta due anni fa al Canton Ticino e a tutta la Svizzera mi è rimasta scolpita nel cuore perché mi ha fatto sentire più vicino alla vostra gente, al vostro popolo, alla vostra storia sia civile che religiosa. Una storia che ha una caratteristica del tutto speciale. Mi ha fatto anche godere delle bellezze naturali, eccezionali almeno in Europa, di cui è ricca la vostra Patria. Auguro a tutti i vostri concittadini tutto il bene, tutta la prosperità e soprattutto tutta la grazia di Dio perché è questa che ci porta alla vita eterna; noi non abbiamo qui una dimora perenne ma la attendiamo sempre nella casa del Padre.

Data: 1986-05-17 Sabato 17 Maggio 1986




Omelia alla veglia di Pentecoste - Città del Vaticano (Roma)

Annuncio del Sinodo pastorale di Roma



1. La liturgia della Pentecoste ci conduce nel cenacolo di Gerusalemme. Come è noto, la porta di questo cenacolo in un primo tempo rimane ben chiusa. Il primo giorno dopo il sabato, mentre le porte erano chiuse, gli apostoli si trovavano in questo luogo, santificato dalla memoria dell'ultima cena. E benché già dall'alba di quel mattino si fosse diffusa la notizia della "tomba vuota", essi continuavano ad avere paura. Cristo risorto si reco da loro, che stavano raccolti "a porte chiuse".

Entrato si fermo in mezzo ad essi e li saluto con le parole: "Pace a voi".

L'Evangelista dice che "mostro loro le mani e il costato", con impressi i segni delle ferite dovute alla crocifissione. Quando, superato, il primo sentimento di paura, gli apostoli furono ripieni di gioia al vedere il Maestro, Cristo disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi".

Queste furono le prime parole del Risorto ai suoi discepoli. "Dopo aver detto questo - scrive l'evangelista Giovanni - alito su di loro". Quanto è eloquente questo particolare: Cristo alito sugli apostoli e disse: "Ricevete lo Spirito Santo" (Jn 20,20-22).


2. L'avvenimento della Pentecoste ha dunque il suo inizio nel giorno della risurrezione. Colui che la tradizione della Chiesa chiama "l'aspirazione salvifica" del Padre e del Figlio, lo Spirito Santo, Pneuma, è stato dato agli apostoli a seguito della risurrezione. Si può dire che Cristo l'ha portato nel cenacolo direttamente dalla croce. L'alito "su di loro nella potenza della sua morte e della risurrezione" e la manifestazione di questa potenza redentrice erano le stigmate della crocifissione nelle mani, nei piedi e nel costato.

Tutto questo avvenne "a porte chiuse" nel cenacolo, cinquanta giorni fa.

La liturgia della presente solennità che noi celebriamo nel cuore di questa notte, concentra la nostra attenzione sull'evento del Cristo risorto, che dona lo Spirito. Soltanto in questo modo possiamo comprendere veramente tutto ciò che accadde in quel mattino di Pentecoste: dopo che erano trascorsi cinquanta giorni dalla Pasqua. Ne parla la lettura degli Atti degli apostoli. Racconta la nascita della Chiesa. La Chiesa è nata nello stesso cenacolo di Gerusalemme. E' nata quando il soffio dello Spirito di Verità ha compenetrato le anime degli apostoli, così che "cominciarono a parlare in altre lingue" (Ac 2,4). Soprattutto, pero, hanno avuto rinnovata in sé la potenza interiore, per dare testimonianza a Cristo crocifisso e risorto. Allora si è spalancata la porta del cenacolo e gli apostoli uscirono nelle vie di Gerusalemme. Si misero in cammino nel mondo: in tutto il mondo così come il Cristo aveva loro ordinato. "Avrete forza dallo Spirito Santo... e mi sarete testimoni a Gerusalemme... e fino agli estremi confini della terra" (Ac 1,8).


3. La Chiesa è nata dal soffio dello Spirito Santo, il Paraclito. E' nata come missione apostolica che cresce "organicamente" dalla missione di Cristo stesso. Le prime parole del Risorto sono state: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi" (Jn 20,21). La Chiesa è se stessa mediante questa missione. E' se stessa e non cessa di esserlo, esistendo "in statu missionis". Questa missione ha la sua ultima sorgente nel Padre, si radica in Cristo crocifisso e risorto, si comunica con la potenza dello Spirito Santo che egli ha mandato sugli apostoli: "Ricevete lo Spirito Santo" (Jn 20,22).


4. Il Concilio Vaticano II ha insegnato e messo in risalto la verità circa la salvifica partecipazione della Chiesa, Popolo di Dio, alla missione di Cristo stesso. Di Cristo-Sacerdote, di Cristo-profeta, di Cristo-Re. Questa partecipazione ha il suo inizio nel Battesimo e continua a svilupparsi mediante tutti i Sacramenti uniti nella vita della Chiesa alla parola di Dio. Al centro sta l'Eucaristia: il Sacramento che in modo eminente fa memoria della morte e della risurrezione di Cristo, e mediante il quale la Chiesa continua a nascere più pienamente; continua a diventare corpo di Cristo.

In questo modo ritorniamo continuamente nel cenacolo, dove Cristo "alita" sugli apostoli. Dà loro lo Spirito Santo e nello stesso tempo fa di loro la caparra del nuovo popolo di Dio - come di un nuovo Israele - in cui si prolunga la missione messianica e insieme redentrice del Figlio di Dio.

"Nessuno può dire: ""Gesù e Signore' se non sotto l'azione dello Spirito Santo" (1Co 12,3). Nessuno può - senza l'aiuto dello Spirito Santo - professare la fede in Cristo né diventare partecipe alla sua missione: nella Chiesa e nei riguardi del mondo.


5. Questa verità - la verità fondamentale della nostra esistenza cristiana - ha particolare importanza per noi riuniti qui, in Piazza san Pietro, per questa devota e solenne veglia di preghiera. Siamo qui convenuti affinché - partecipando all'Eucaristia - rendiamo testimonianza a Cristo, grazie al quale è vivo in noi quel "soffio" della Pentecoste: il soffio dello Spirito di Verità, del Consolatore, mediante il quale la Chiesa nasce sempre di nuovo nei cuori dei discepoli.

Insieme a questo "soffio" salvifico, ascoltiamo continuamente le parole indirizzate, un tempo, agli apostoli: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". In nome di queste parole siete presenti intorno al Vescovo di Roma, che è il successore dell'apostolo Pietro in questa Sede. Insieme con lui assumete, in un certo senso, il complesso e vario apostolato, non soltanto quello cui hanno parte i vescovi, i sacerdoti e i diaconi, ma anche quello cui partecipano i laici. A tale apostolato i laici sono sempre stati chiamati nella storia della Chiesa: e ciò accade pure ai giorni nostri. Anzi diventa ancor più la loro parte, dato che la realtà del mondo contemporaneo abbonda di problemi e compiti sempre nuovi.


6. Carissimi fratelli e sorelle! La testimonianza a Cristo che offriamo questa sera, celebrando la nostra fede mediante l'Eucaristia, riveste carattere di particolare solennità. Essa vede qui ben rappresentata l'intera Chiesa che è in Roma; la quale - come ha rilevato all'inizio della santa Messa il signor cardinale vicario - è presente in tutto il complesso ben articolato delle sue varie componenti e delle sue molteplici forze impegnate nell'apostolato. Lo scopo di questo incontro di preghiera - che ci vede raccolti con Maria, Madre del divino Amore, la cui effigie è stata qui portata dal suo santuario - è di invocare il dono dello Spirito Santo su due importanti iniziative pastorali, affinché abbiano un esito felice e fecondo di frutti. La prima è l'assemblea del Sinodo dei vescovi, che avrà luogo nel 1987 sul tema "La vocazione e la missione dei laici nella Chiesa e nel mondo". E' un appuntamento al quale dobbiamo prepararci adeguatamente. La seconda è il Sinodo pastorale di Roma.

Sono lieto di darne l'annuncio ufficiale nella solennità di Pentecoste, invocando su tale iniziativa l'effusione dello Spirito Santo. Il Sinodo pastorale romano vuole essere un servizio alla missione della Chiesa che è in questa Città, la quale - a motivo del ministero petrino affidato al suo vescovo - svolge un particolare compito nei riguardi dell'intera Chiesa cattolica. Esso ha soprattutto lo scopo di aiutare a rivivere in profondità il Concilio Vaticano II e ad attuarne con coerenza le direttive, arricchendo la fede e contribuendo a rinnovare la società d'oggi. Il rinnovamento che il Sinodo pastorale di Roma infonderà a questa comunità ecclesiale sarà anche un aiuto a prepararsi al Sinodo dei vescovi.

Entrambe le iniziative sono importanti momenti di vita ecclesiale, perché, nel solco delineato dal Concilio Vaticano II, tendono a radicare i fedeli nell'intimo rapporto di familiarità con Dio, testimoniando l'uomo nuovo, "così che gli altri, vedendone le opere buone, glorifichino Dio Padre e comprendano più profondamente il significato genuino della vita umana e l'universale vincolo di comunione degli uomini tra loro" (AGD 11).


7. Tale assumere la vita in Cristo come vocazione impegna l'esistenza di ogni fedele a presentare "la Verità" e il "mistero universale di salvezza" della Chiesa con carità e completezza. Spinge i vescovi, i sacerdoti, i religiosi a raggiungere la misura della pienezza del Redentore (cfr SC 2). Conduce tutti i credenti a una responsabilità attiva nel servire il disegno di Dio facendosi generosi messaggeri e fedeli strumenti della potenza trasformatrice dello Spirito di Gesù, di cui l'umanità di oggi sente profondamente bisogno.


8. In questa assemblea eucaristica, partecipando al sacrificio di Cristo, desideriamo rinnovarci di nuovo nel cenacolo di Gerusalemme. Sia nel giorno della risurrezione, sia in quello della Pentecoste. Mediante la nostra presenza desideriamo manifestare la realtà delle parole di Paolo: "Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito: vi sono diversità di ministeri ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti" (1Co 12,4-6). Vogliamo quindi manifestare che queste parole dell'apostolo dei Gentili sono una realtà in noi, e mediante noi in questa antichissima Chiesa apostolica che si trova in Roma.

L'ultimo Sinodo dei vescovi ha posto in luce che il Concilio Vaticano II e il suo magistero sono una sorgente particolarmente viva e attuale, alla quale tutti debbono attingere, per "essere Chiesa" in maniera sempre più piena; per realizzare questa Chiesa sempre più pienamente in se stessi e realizzare se stessi mediante la Chiesa in Cristo. Per essere dunque sempre più autenticamente cristiani nel mondo contemporaneo, nella prospettiva del terzo millennio dopo Cristo, sorretti e incoraggiati da Maria, salvezza del popolo romano.


9. Infatti "a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune", come scrive l'apostolo. E questa "utilità comune", questo bene comune è inteso secondo l'immagine del corpo. "Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo. E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo; e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito" (1Co 12,7 1Co 12,12-13).

Così dunque la Chiesa è in Cristo sacramento della nostra unità.

Sacramento cioè il segno del Corpo: un solo corpo. Uno solo, perché tutti sono vivificati in esso da un solo Spirito. Questo desideriamo professare oggi, nel giorno della Pentecoste con forza particolare. Colui che è l'eterno "Soffio": l'Amore del Padre e del Figlio ci è stato "dato".

Lo stesso che fu dato agli apostoli nel cenacolo di Gerusalemme. Ci è stato dato sotto forma di diverse "lingue". In forma di diversi doni e compiti, di diverse vie e vocazioni; in forma di molteplici sensibilità ai bisogni della Chiesa e del mondo; in forma di molteplici servizi di salvezza, di molte diverse iniziative e programmi.

Ci è stato donato affinché in questa ricchezza e in questa pluralità e molteplicità formiamo, per opera dello Spirito Santo, l'unità del Corpo, l'unità del Sacramento, l'unità di Cristo; affinché con lui e per lui in questa pluralità di "lingue" della nostra nuova esistenza, proclamiamo, come gli apostoli nel giorno di Pentecoste, "le grandi opere di Dio" (cfr Ac 2,11).

Data: 1986-05-17 Sabato 17 Maggio 1986





Messaggio per i 60 anni della Giornata missionaria mondiale - Città del Vaticano (Roma)

Rinnovata evangelizzazione per la Chiesa del terzo millennio


Venerati fratelli e figli carissimi.


1. La solennità di Pentecoste, la quale, nel quadro delle celebrazioni liturgiche, ha il compito di ravvivare in tutti i fedeli la consapevolezza che la Chiesa deve annunciare in tutto il mondo il messaggio di Gesù, rende particolarmente attenti, quest'anno, alla ricorrenza del 60° anniversario della Giornata missionaria mondiale. Appare così particolarmente significativa la consuetudine di rivolgere a tutto il popolo di Dio - proprio nella ricorrenza della Pentecoste - un Messaggio speciale per questa "grande Giornata della cattolicità", come fu chiamata sin dai suoi inizi.

Oggi in cui si percepisce più che mai la visione globale dei bisogni di tutte le Chiese e di ciascuna di esse, si fa più urgente l'impegno a riscoprire la fondamentale vocazione di annuncio, di testimonianza e di servizio al Vangelo; si sente più impellente la necessità di assistere i missionari, siano essi sacerdoti, religiosi, religiose; siano giovani impegnati in una vita di consacrazione a Dio nel mondo, o laici volontari che contribuiscono alla crescita delle giovani Chiese. A tutti costoro ovunque si trovino per annunciare il mistero di Cristo, unico e vero Redentore dell'umanità, giunga il mio saluto e il mio grato apprezzamento. Il significato catechetico della Giornata missionaria mondiale


2. Di che cosa parlano i sessant'anni di storia della Giornata missionaria mondiale? All'origine di questa storia, troviamo la voce genuina di una piccola porzione del popolo di Dio che, con la sua adesione alla Pontificia Opera della Propagazione della fede, seppe farsi interprete della missione universale della Chiesa cattolica, perché questa, per sua propria natura, s'incammina nelle diverse culture locali, senza mai perdere la sua profonda identità, cioè, l'essere "sacramento universale di salvezza" (cfr LG 48 AGD 1). E, quando il suggerimento per l'istituzione di questa Giornata giunse alla sede di Pietro, il promotore Pio XI di felice memoria lo accolse prontamente esclamando: "Questa è un'idea che viene dal cielo".

L'iniziativa, affidata alle Pontificie Opere Missionarie, in particolare all'Opera della propagazione della fede, ha avuto sempre di mira l'opera di rendere cosciente il popolo di Dio della necessità di imporre e di sostenere le vocazioni missionarie e del dovere di cooperare spiritualmente e materialmente alla causa missionaria della Chiesa.

In realtà bisogna rendere grazie al Signore perché tanti suoi figli, tante famiglie cristiane, educati al linguaggio evangelico dell'amore disinteressato, hanno corrisposto alle finalità della Giornata missionaria con ammirevoli esempi di "carità universale", resa evidente da tanti sacrifici e preghiere offerti per i missionari, e spesso da una diretta condivisione delle loro fatiche apostoliche. Ciò induce a considerare che la Giornata missionaria mondiale può e deve divenire, nella vita di ciascuna Chiesa particolare, occasione per attuare i programmi di catechesi permanente a ampio respiro missionario, in modo da poter presentare a ogni battezzato, come a ogni comunità di fede cristiana, una proposta di vita "evangelizzata ed evangelizzante".

Il problema, sempre attuale nella Chiesa, della dilatazione del regno di Dio tra i popoli non cristiani, mi si è prospettato sin dall'inaugurazione del mio ministero apostolico di pastore universale della Chiesa che coincise - direi, provvidenzialmente - in quella domenica del 22 ottobre 1978, con la celebrazione della Giornata missionaria mondiale. Per questo, come in molte occasioni ho già avuto modo di ricordare, mi sono fatto, di anno in anno, "catechista itinerante" per prendere contatto con le numerose genti che ancora non conoscono il Cristo; per condividere tanto le ricchezze spirituali delle giovani Chiese, quanto le loro necessità e sofferenze, e i loro sforzi perché la fede cristiana si radichi sempre più nelle loro culture; per incoraggiare tutti coloro che si trovano negli avamposti di questo ingente compito evangelico affinché siano sempre, con la loro vita, testimoni credibili, soprattutto per i giovani, del messaggio evangelico che annunciamo.

L'urgenza di una nuova evangelizzazione


3. Tutti sappiamo quanto l'esperienza di una rinnovata Pentecoste, vissuta grazie al Concilio Vaticano II, abbia inciso nella storia dell'ultimo ventennio. La Chiesa, infatti, in questo straordinario evento, ha potuto prendere ancor più chiara coscienza di sé e della sua missione, impegnata in un aperto dialogo con l'intera famiglia umana per far proprie "le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi, dei poveri, soprattutto, e di coloro che soffrono" (GS 1).

Tuttavia se, da una parte, la Chiesa ha messo in atto tutte le sue possibilità per cementare la comunione di Dio con la comunità degli uomini e la comunione degli uomini fra loro, attraverso una costante catechesi derivata dal Concilio Vaticano II, dall'altra, essa si è imbattuta nel dramma più profondo della nostra epoca, che è "la rottura tra Vangelo e cultura" come scrisse Paolo VI nell'esortazione apostolica "Evangelii Nuntiandi" (EN 20). Di qui, il dovere sempre più impellente di riportare la missione globale della Chiesa al suo atto fondamentale: "l'evangelizzazione", cioè l'annuncio ai popoli, che fa scoprire chi è Gesù Cristo per noi.

A distanza di venti anni dal Concilio, il soffio di una nuova Pentecoste ha ancora permeato il Sinodo straordinario dei vescovi, da me promosso affinché gli orientamenti e le direttive del Concilio possano essere realizzati, con coerenza e amore, da tutti i membri del popolo di Dio.

Nel celebrare, verificare, promuovere l'evento conciliare, la Chiesa, posta di fronte al problema di individuare le necessità dell'intera famiglia umana, si proietta verso il terzo millennio assumendo, con rinnovata energia, la sua fondamentale missione di "evangelizzare", cioè di offrire l'annuncio di fede, speranza e carità che essa stessa trae fuori della sua perenne giovinezza, nella luce di Cristo vivo, che è "via, verità e vita" per l'uomo del nostro tempo e di tutti i tempi. Si tratta di un'evangelizzazione continua, che trova il suo punto di novità nel fatto che questo grave compito va assunto in prospettiva universale poiché i problemi e le sfide che venti anni fa si ponevano nelle Chiese di nuova fondazione, oggi hanno una risonanza mondiale. Essi spingono la Chiesa e i suoi membri a sentirsi dappertutto in stato di missione.

La corresponsabilità per le missioni, quale segno della collegialità episcopale, emersa con rilievo dal Concilio, oggi deve tradursi sempre di più in segno visibile della "sollecitudine" che ogni Vescovo deve avere per tutte le Chiese (cfr CD 8) e non soltanto per la propria Chiesa particolare.

La nascita di nuovi Istituti missionari nelle giovani Chiese, ponendo in rilievo che anche dalle Chiese più bisognose viene il dono di nuovi operai all'evangelizzazione, deve spingere tutte le Chiese a donare e a donarsi alla Chiesa universale, siano esse in condizioni di agiatezza o di povertà di mezzi e di forze apostoliche. L'aumento dell'invio di sacerdoti diocesani "Fidei donum", dei laici, dei volontari in missioni estere, nel rivelare la coscienza tipicamente missionaria di comunità ecclesiali capaci di "uscire da se stesse" per portare altrove l'annuncio di Cristo, deve richiamare le associazioni, i movimenti, i gruppi ecclesiali a irrobustire la testimonianza di fede per poter ritrovare nella missione la chiamata di Dio a fare di tutti i popoli della terra l'unico popolo di Dio.

Nella medesima prospettiva si vedono coinvolte tutte le realtà di cui è intessuta la compagine ecclesiale: la famiglia, l'infanzia, i giovani, il mondo della scuola, del lavoro, della tecnica, della scienza, della cultura, della comunicazione, dei mass-media. Si può quindi affermare che la Chiesa proiettata verso il terzo millennio è una Chiesa essenzialmente missionaria.

Il prezioso servizio delle Pontificie Opere Missionarie


4. A questo riguardo appare prezioso il servizio svolto dalle Pontificie Opere Missionarie, istituzione della Chiesa universale e di ciascuna Chiesa particolare, perché sono "strumenti privilegiati del Collegio episcopale unito al successore di Pietro e con lui responsabile del popolo di Dio, che è interamente missionario".

Esse sono le Opere che lo Spirito del Signore, da oltre un secolo e mezzo, progressivamente ha suscitato dal seno del suo popolo per rendere visibile al mondo quel particolare impegno di carità che si fa solidale con tutta l'opera di evangelizzazione nel mondo. Di fatto, esse si rivelano "mezzo privilegiato di comunicazione delle Chiese particolari tra loro e tra ciascuna di esse e il Papa che, a nome di Cristo, presiede alla comunione universale di carità" (Statuti delle Pontificie Opere Missionarie, I, nn. 6 e 5).

Nella storia della cooperazione missionaria, le Pontificie Opere Missionarie hanno costruito "ponti di solidarietà" che non potranno certamente cedere, perché radicati sulla fede della risurrezione di Cristo, alimentata dall'Eucaristia. In questa solida e ingente costruzione, il laicato cattolico è riuscito a scrivere le pagine più belle della sua vitalità missionaria. Figura emblematica rimane quella di Paolina Jaricot ispiratrice dell'opera della Propagazione della Fede. Di lei, il prossimo anno ricorderemo il 125° anniversario dal termine del suo cammino missionario; sarà lo stesso anno nel quale verrà celebrato il Sinodo generale dei vescovi, dal tema significativo per la stessa ricorrenza: "Vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo".

Voti conclusivi


5. A vent'anni dal Concilio Vaticano II la Chiesa si sente chiamata a verificare la fedeltà alla grande consegna lasciatale da quella assise ecumenica, quando ha affermato che il dovere di dare incremento alle vocazioni "appartiene a tutte le comunità cristiane". Al riguardo è consolante constatare una crescita del senso di responsabilità all'interno delle varie comunità. S', molto si è fatto, ma moltissimo resta ancora da fare, perché il Concilio Vaticano II si attende da parte di tutti, e in particolare dalle famiglie cristiane e dalle comunità parrocchiali, il "massimo contributo" per l'incremento delle vocazioni (OT 2).

In questa occasione, desidero esprimere l'auspicio che il laicato cattolico - nel suo insieme e in fattiva comunione con le guide del popolo di Dio - trovi nel servizio delle Pontificie Opere Missionarie quei valori illuminanti che provengono da una salutare "scuola di carità universale".

La Beata Vergine Maria, la fedele missionaria di tutti i tempi, aiuti voi tutti, venerati fratelli e figli carissimi, a comprendere questo messaggio, a corrispondervi con lucida coscienza, con chiara intelligenza e con spirito di comunione e di solidarietà. Nel rinnovare l'espressione della mia gratitudine a coloro che nella Chiesa sono stati segnati dalla speciale vocazione per un servizio di evangelizzazione "ad gentes", soprattutto a quelli che si trovano in situazioni difficili, per l'annuncio del regno di Dio imparto di cuore la mia benedizione.

Data: 1986-05-18 Domenica 18 Maggio 1986





GPII 1986 Insegnamenti - Ai Fratelli delle Scuole Cristiane - Città del Vaticano (Roma)