GPII 1986 Insegnamenti - All'Associazione "Maria Cristina" - Studiare i documenti della Chiesa per conoscerne la dottrina

All'Associazione "Maria Cristina" - Studiare i documenti della Chiesa per conoscerne la dottrina



1. Sono lieto di incontrarmi con voi, gentili aderenti all'Associazione Nazionale Convegni di Cultura "Venerabile Maria Cristina", convocate in Congresso a Roma per ricordare la ricorrenza del 150° anniversario della morte della vostra patrona, Maria Cristina di Savoia, e per prepararvi alla celebrazione del 50° di fondazione del vostro Sodalizio. Vi ringrazio per questa visita e vi esprimo il mio compiacimento per le nobili intenzioni che ispirano i vostri "Convegni" culturali e sociali.

Con questo incontro romano voi intendete fare un bilancio consuntivo dell'attività svolta in questi cinquant'anni e, in pari tempo, segnare le linee direttive che dovranno guidare gli impegni futuri, in questo importante periodo della vita culturale, sociale e religiosa d'Italia, ricca di tanti fermenti che fanno bene sperare, ma anche bisognosa di un forte e chiaro orientamento cristiano che illumini e sostenga le persone desiderose di intraprendere un cammino di autentica fede, A questo proposito, gli incontri romani vi saranno molto utili per incrementare le vostre attività intese ad assistere e incoraggiare, come prevedono gli Statuti, le aderenti e tutte le persone simpatizzanti mediante la programmazione di qualificati corsi di studio, di conferenze e di dibattiti. Ciò varrà a promuovere una migliore preparazione all'evangelizzazione degli ambienti in cui ciascuna di voi vive e lavora o viene a trovarsi per qualsiasi motivo.


2. So che negli ultimi cicli di studio avete approfondito le Costituzioni conciliari "Lumen Gentium", "Dei Verbum", "Gaudium et Spes", e che ora vi proponete di studiare il decreto sull'ecumenismo "Unitatis Redintegratio". Mi è caro manifestarvi il mio apprezzamento per questa lodevole attività culturale che vi qualifica tra le Associazioni operanti nell'ambito della Chiesa. Confido che su questa strada di studio e di approfondimento voi giungiate a gustare "la profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio" (Rm 11,33) e a "crescere nella grazia e nella conoscenza del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo" (2P 3,18).

Nei vostri "Convegni" voi avete appreso che la nostra religione consiste anzitutto nel docile ascolto e nell'accoglimento operoso della parola di Dio, che illumina, sostiene, conforta e salva. Ma voi sapete pure che solo il magistero della Chiesa interpreta e trasmette autenticamente tale Parola. Per questo è indispensabile la conoscenza dei documenti della Chiesa, grazie ai quali vi è dato di attingere la piena verità della dottrina della fede.


3. I vostri studi e le vostre ricerche vi facciano sentire sempre più viva e palpitante la comunione con Gesù e l'ansia di farlo conoscere e amare nel mondo di oggi, soprattutto tra coloro che, per ignoranza, vivono nell'indifferenza religiosa. Vi auguro, con le parole di san Paolo apostolo, che "Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori" (Ep 3,17). Vi abiti, care sorelle, oggi, domani e sempre! Con la mia benedizione.

Data: 1986-05-30 Venerdi 30 Maggio 1986




Al Colloquio dell'cole Française - Città del Vaticano (Roma)

Il Concilio evento fondamentale della vita della Chiesa


Signori cardinali, signor direttore, signore, signori.


1. Sono felice di ricevere, questa mattina, voi che partecipate al Colloquio Internazionale organizzato dall'cole Française di Roma in collaborazione con altri Istituti universitari francesi e italiani sul Concilio Vaticano II. Le date che avete giudiziosamente scelto (1959-1965) vanno dal primo annuncio fatto in modo inatteso da Giovanni XXIII, dall'inizio del suo pontificato, fino alla chiusura solenne fatta da Paolo VI, con i memorabili messaggi indirizzati ai governanti, agli uomini del pensiero e della scienza, agli artisti, alle donne, ai lavoratori, ai poveri, agli ammalati, a tutti coloro che soffrono, ai giovani.


2. Questo breve spazio di tempo fu intensamente riempito dalla fase pre-preparatoria, poi dalla fase preparatoria, e infine le quattro sessioni nel corso delle quali furono promulgati i documenti: quattro costituzioni, nove decreti, tre dichiarazioni. Non potete certo riprendere a uno a uno tutti i materiali di questa immensa carriera per esaminarli. Ma a distanza di vent'anni, avete giustamente pensato che uno sguardo storico potesse utilmente scrutare l'insieme di questa grande opera, situarla precisamente nel suo rapporto con il precedente Concilio Vaticano I, cercare la sua ispirazione e analizzare la sua realizzazione, ritracciare il suo svolgimento alla prova degli uomini e dei fatti, esaminare infine il suo gigantesco lavoro per la Chiesa e per il mondo raggiungendo numerosi problemi e settori di attività illuminante o aperte dai sedici documenti del Vaticano II.


3. I testimoni che avete invitato, gli esperti ai quali avete fatto appello, la pleiade di esegeti e patrologi, di storici e sociologi, di giuristi e teologi di diversi Paesi e culture che voi costituite, sono il pegno di una grande e feconda impresa scientifica che tratterrà senza dubbio un'attenzione durevole.

Mi congratulo che un'istituzione culturale così prestigiosa come l'cole Française di Roma, dopo aver già organizzato tre anni fa un notevole Colloquio su Paolo VI e la modernità nella Chiesa, si sia attaccata a questo grande fatto di cultura e di storia che costituisce ai nostri tempi il Concilio Vaticano II. Era infatti la prima volta nella storia che vescovi di molte nazioni, culture, lingue e continenti, si trovassero riuniti su un vasto cantiere teologico e pastorale in presenza di osservatori attenti di altre comunità cristiane, e in collegamento con i moderni mezzi d'informazione.

L'cole Française di Roma, dopo la sua creazione, non ha cessato, sotto i direttori successivi, di apportare un contributo senza pari, sia alla storia che all'archeologia, per ciò che concerne Roma e la romanità. Sono felice che il suo attuale direttore, il signor Charles Pietri, inscriva con fortuna del suo sforzo in questa linea secolare, facendo appello a delle istituzioni universitarie esperte e a degli scienziati le cui analisi, elaborate secondo metodi provati dalle scienze storiche, saranno generosamente sottomessi all'esame della comunità scientifica internazionale. In questa ricerca esigente della verità volete allo stesso tempo onorare i diritti dell'intelligenza e il rispetto delle scienze. Voi fate anche opera di cultura autentica convertendo delle sequenze di cronaca in concatenazioni storiche, la cui paziente ricostituzione spiega, e restituendo il passato, illumina il presente.


4. La prossimità delle assisi conciliari che in molti abbiamo vissuto e di cui continuiamo a vivere era una sfida stimolante che voi avete voluto sottolineare. E già la prospettiva storica di due decenni vi incita a tentare alcuni giudizi che alimenteranno il dossier già considerevole di ciò che fu e resta il grande avvenimento religioso dei nostri tempi. Se il suo senso profondo è accessibile solo all'intelligenza della fede, resta comunque un campo d'investigazione notevole e privilegiato per gli storici. Molti tra voi ne hanno l'esperienza ben lungi dal diminuire l'importanza scientifica, lo sguardo del credente aguzza e affina la sua sensibilità.


5. Vi ringrazio per aver posto questo avvenimento storico con libertà e rispetto, rigore e chiarezza, secondo le caratteristiche del genio francese che vi è proprio. Formulo il voto che questa impresa si continui, poiché la dimensione religiosa è una parte inalienabile di ogni autentica cultura. Si, sono felice di vedere uomini di cultura consacrare i loro talenti per inventariare questa storia, che segna la vita della Chiesa e la vita della società in questa fine del secondo millennio. Ciò onora la vostra professione e rende un servizio veramente apprezzabile. Su un altro piano, i vescovi riuniti dal mio appello nel Sinodo straordinario nei mesi di novembre e dicembre scorsi, hanno potuto, a loro modo, rivivere l'atmosfera unica di questa Assise, come una grazia ricevuta, studiare le esperienze dell'applicazione del Concilio e favorirne l'approfondimento ulteriore, alla luce delle esigenze nuove.

Se il vostro Colloquio ha potuto mettere in risalto un buon numero di testimonianze dei protagonisti del Concilio, io mi permetto di consegnarvi la mia testimonianza, legata alla mia esperienza e alle mie responsabilità attuali come ho spesso avuto l'occasione di esprimere e precisamente il 25 gennaio 1985 convocando il Sinodo. Il Concilio Vaticano II resta l'avvenimento fondamentale della vita della Chiesa contemporanea: fondamentale per l'approfondimento delle ricchezze che le sono state affidate da Cristo; fondamentale per il contatto fecondo con il mondo contemporaneo in un impegno di evangelizzazione e di dialogo a tutti i livelli e con tutti gli uomini dalla coscienza retta. Per me, che ho avuto la grazia speciale di parteciparvi e di collaborare attivamente al suo svolgimento, il Vaticano II è sempre stato per il mio ministero nell'arcidiocesi di Cracovia e in modo particolare in questi anni del mio pontificato il costante punto di riferimento di ogni mia azione pastorale nello sforzo cosciente di tradurre le sue direttive con un'applicazione concreta e fedele, a livello di ciascuna Chiesa e di tutta la Chiesa. Bisogna ritornare incessantemente a questa fonte.


6. Al di là degli avvenimenti che tutti hanno potuto considerare e che voi avete cercato di analizzare obiettivamente, io vedo in questo Concilio la continuazione dell'opera dello Spirito Santo che ha utilizzato le risorse e guidato le riflessioni di pastori riuniti in questa assemblea che era l'espressione più piena della collegialità. Attraverso la loro differenza di mentalità, di formazione o di preoccupazione pastorali, e malgrado i loro limiti questi vescovi erano uomini ispirati dalla stessa fede in Cristo, dallo stesso amore appassionato per la Chiesa, dalla stessa preoccupazione di aprire le porte della Chiesa agli uomini dei nostri tempi che Dio ama e vuole salvare tramite la loro libera adesione. Lo Spirito Santo ha accompagnato il loro lavoro su un cammino spesso imprevisto, e questo stesso Spirito Santo ha affidato loro l'applicazione del Concilio, a tutti loro e soprattutto al mio venerato predecessore Papa Paolo VI che ha messo tanta cura per donare ad esso la continuazione necessaria. La Chiesa ha appena festeggiato solennemente, con una grande gioia e una speranza rinnovata, il 20° anniversario di questo avvenimento. Ma resta e deve restare vigilante, umile e disponibile allo Spirito Santo come scrivo nell'enciclica di oggi, per attuare quotidianamente il Concilio, nel modo migliore, ciascuno con la propria responsabilità di vescovo, di prete, di religioso, di laico, in unione con il magistero. così potrà corrispondere all'intenzione dei padri conciliari e alla volontà del Signore Gesù, per il rinnovamento spirituale che il mondo aspetta oggi dalla Chiesa.

Ecco alcuni pensieri che mi salgono dal cuore quando mi date l'occasione di evocare il Concilio.


7. Al termine di questo incontro, permettetemi infine di riprendere a vostra intenzione alcune parole del messaggio finale del Concilio, l'8 dicembre 1965, agli uomini di pensiero e di scienza: "A voi ricercatori della verità, a voi uomini di pensiero e di scienza, esploratori dell'uomo, dell'universo e della storia... Il vostro cammino è il nostro... Cercate la luce del domani con la luce di oggi, fino alla pienezza della luce!".

Con questo augurio fervente, imploro su voi stessi e sulle vostre famiglie la pienezza delle benedizioni di Colui di cui il Concilio Vaticano II ci ha ridetto, nelle parole di oggi, l'eterna attualità, egli che è fonte di luce, pienezza di verità, e sovrabbondanza di amore.

Data: 1986-05-30 Venerdi 30 Maggio 1986




Ad un Congresso sulla famiglia - Città del Vaticano (Roma)

Dalle sorgenti pure dell'amore la gioia di servire la vita


Illustri signori, cari fratelli e sorelle.


1. Sono lieto di accogliervi, di salutarvi e di esprimervi il mio ringraziamento per aver chiesto questo incontro nell'ambito del vostro Congresso Internazionale per la Famiglia d'Africa e d'Europa sul tema: "L'amore e la vita", organizzato a Roma dal "Centro studi e ricerche sulla regolazione naturale della fertilità" dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, in collaborazione con il Pontificio Istituto per Studi su matrimonio e famiglia presso l'Università Lateranense. Vi esprimo il mio compiacimento per questa iniziativa, che rappresenta la prima parte di un "Corso di formazione per insegnanti dei metodi naturali per una procreazione responsabile" riservato ai delegati provenienti dall'Africa e da altri Paesi in via di sviluppo.


2. Questo vostro Congresso merita apprezzamento sia per l'attualità dei vari temi specifici da voi annunciati, sia anche per le motivazioni spirituali che vi muovono, in consonanza con gli insegnamenti della Chiesa, la quale non cessa di dedicare ogni sforzo per la difesa e la promozione della vita. Nella mia visita pastorale a Kinshasa nel 1980 ebbi occasione di ribadire la necessità di intensificare "la preparazione dei giovani alla vita coniugale, che rivelerà loro il senso dell'identità cristiana della coppia, e li renderà maturi per i loro rapporti interpersonali e per le loro responsabilità familiari e sociali". E' bello considerare queste vostre iniziative, che fanno seguito a quelle del 1984 incentrate sulla grave questione della procreazione responsabile, come una risposta fattiva alle preoccupazioni della Chiesa su una materia che tocca così intimamente le coscienze degli uomini.

Vi servano perciò questi incontri per un utile scambio di idee ed esperienze per meglio riprendere la vostra attività nel campo della formazione e animazione cristiana delle giovani coppie. L'impegno della Chiesa è di illuminare le menti e di aprire i cuori al disegno primordiale di Dio circa la natura e i fini della famiglia. Essa si preoccupa perché le famiglie cristiane ritrovino nelle pure sorgenti dell'amore cristiano la forza e la gioia di servire le leggi divine e umane della vita, senza compromessi, e senza calcoli egoistici; perché la scienza del vero amore coniugale derivi loro da Cristo, che ha dato la sua vita per la Chiesa, sua sposa.


3. Poiché molti di voi parlano inglese mi rivolgo nella vostra lingua. Nella mia esortazioni apostolica riguardante il ruolo delle famiglie cristiane nel mondo moderno, "Familiaris Consortio" (FC 35), sottolineavo il bisogno di "un più ampio, più decisivo e più sistematico sforzo per far conoscere, rispettare e applicare i metodi naturali di regolazione della fertilità". Questo congresso al quale partecipate e il lavoro che fate nei vostri rispettivi Paesi per insegnare la pianificazione familiare naturale sono proprio le risposte adeguate a questo bisogno. Attraverso questa e simili iniziative la Chiesa è in grado di servire e arricchire le vite delle coppie sposate e delle famiglie.

Nei Salmi dell'Antico Testamento troviamo questa bella preghiera al Signore: "Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena della tua presenza" (Ps 15,11). Il lavoro che state facendo serve la vita umana. Aiuta le coppie a vivere secondo il volere e il disegno di Dio. Confido che, poiché insegnate ad altri la pianificazione naturale della famiglia, il Signore vi mostri il sentiero della vita, e colmi i vostri cuori di gioia. Assicuri abbondanti benedizioni su voi e sulle vostre famiglie.

Data: 1986-06-01 Domenica 1 Giugno 1986




All'Associazione Austria-Vienna - Città del Vaticano (Roma)

Altare e focolare, due luoghi simbolici


Saluto molto cordialmente anche i componenti e gli amici dell'associazione studentesca cattolica "Austria Vienna". Sono felice che, in occasione di questo vostro pellegrinaggio si sia potuto organizzare anche questo breve incontro. Lo slogan di Austria dice "Pro Aris et Focis". Come si possono spiegare oggi queste parole a un giovane? Ora: "Ara - Altar", questa è la presenza e l'esigenza concreta di Dio nella vita umana; questo significa la nostra fede, la nostra preghiera; ciò ricorda la nostra appartenenza alla comunità ecclesiale sotto la guida dei vescovi e del Papa. "Altar": con ciò si intende pero anche la grande dignità dell'uomo chiamato da Dio, la sua certezza, la sua libertà e dimensione personale. Poi "Focus", luogo del focolare; il fuoco che riscalda, vicino al quale si possono riunire fiduciosi, famiglia ospiti e amici.

Focolare è sicurezza, fiducia, considerazione; significa infine giustizia, soprattutto nel vostro contesto sociale. Non si intende invece fuoco di polemica o di passione, ma fuoco, spirito di verità, di chiarezza, di volontà di pace. Questo "focolare" comprende la dimensione sociale totale degli uomini.

Altare e focolare, due luoghi simbolici ai quali si può giungere attraverso la comunità, invitano gli uomini ad aprirsi alla profondità e alla grandezza della chiamata, dell'amicizia e del bisogno del nostro prossimo.

Altare e focolare - oggi potrebbe essere tradotto in questo modo: Dio, l'onore e la giustizia dell'uomo. Il vostro slogan contiene anche un'altra parola importante "pro-per". Con ciò riconoscete la vostra disponibilità a impegnarvi per questi grandi valori che sono contenuti nei simboli altare e focolare. Qui è richiesta una ferma decisione e una chiara testimonianza agli uomini, proprio come accademici cattolici. Per voi e tutte le vostre famiglie chiedo la fedele compagnia e guida di Dio, la pienezza dei doni del suo Spirito e la profonda gioia della fede cristiana.

Dono a voi tutti la mia preghiera e benedizione.

Data: 1986-06-01 Domenica 1 Giugno 1986




A dirigenti d'industria tedeschi - Città del Vaticano (Roma)

L'imprenditore deve servire l'uomo, favorire i rapporti sociali


Gentili signore ed egregi signori.

Vi saluto molto cordialmente in occasione del vostro soggiorno di studio qui a Roma per il 72° colloquio dei dirigenti di industria Baden-Badener. Il vostro espresso desiderio di incontrarvi anche con il vescovo di Roma sottolinea la vostra convinzione che il mondo dell'industria e dell'economia e la Chiesa non sono estranei tra loro e nemmeno stanno uno di fronte all'altro senza alcun legame, ma al contrario hanno molto da dirsi e dovrebbero intensificare e approfondire il loro dialogo.

L'uomo è il motivo per il quale la Chiesa si sente responsabile anche nel mondo del lavoro. Il bene, del singolo e della comunità, deve essere il tema centrale delle nostre riflessioni e preoccupazioni. Le condizioni e le forme organizzative del lavoro non determinano solo la vita della maggior parte delle persone, ma anche di questi sistemi economici di importanza decisiva per la dignità, la libertà e la responsabilità personale dell'uomo.

Il vostro compito di imprenditori è di fondamentale importanza per la formazione concreta del mondo del lavoro. Deve essere desta in voi anche la preoccupazione che anche nelle imprese economiche, nelle amministrazioni e negli uffici "l'ordine delle cose - come dice il Concilio Vaticano II - sia al servizio della persona, e non il contrario" (GS 26). L'imprenditore non può assistere solo ad una produzione sempre più crescente, razionale e migliore, egli deve servire anche e soprattutto l'uomo, favorire i rapporti tra le persone stesse.

Voi possedete il privilegio della libertà di iniziativa e di decisione e da ciò deriva una grossa responsabilità, nei vostri confronti e in quelli delle imprese da voi condotte, con tutte le preoccupazioni e le difficoltà di carattere economico per il vostro Paese, il mondo e soprattutto per il vostro prossimo.

L'insegnamento cristiano nei rapporti tra datori di lavoro e dipendenti sostiene il principio della partecipazione solidale. I problemi più difficili nel mondo del lavoro e i conflitti sociali che ne derivano possano trovare una soluzione solo nella disponibilità a un'intesa e a un compromesso da parte di tutti gli interessati. Da citare in modo particolare è il problema della disoccupazione. Per affrontare questo grave problema occorrono grandi sforzi anche da parte degli imprenditori per ottenere e creare nuovi posti di lavoro, e tutto questo a condizioni di lavoro che rispondano alle giuste richieste dei lavoratori.

Il principio decisivo del vostro agire possa sempre essere "il lavoro, l'industria e l'economia al servizio dell'uomo". Per la realizzazione di un tale mondo del lavoro, unicamente a misura d'uomo, la Chiesa offre, attraverso il suo impegno sociale, un aiuto e una guida molto vantaggiosi. Affido tutto questo alla vostra attenzione e vi auguro, con la benedizione di Dio, che la vostra opera nello stato e nella società sia sempre più responsabile.

Data: 1986-06-01 Domenica 1 Giugno 1986




Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Adoriamo pubblicamente la santissima Trinità



1. "E' lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla. Leggiamo queste parole nel capitolo 6 del Vangelo di Giovanni. E' il capitolo in cui troviamo il preannunzio dell'istituzione dell'Eucaristia. Ed è per questo che merita di essere letto, specialmente adesso, che la Chiesa celebra la solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo. "E' lo Spirito che dà la vita... le parole che io vi ho detto sono spirito e vita (Jn 6,63).


2. Che significano queste parole? Gesù parla alla folla nei pressi di Cafarnao, dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani. "Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti... Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane, vivrà in eterno e il pane che io daro è la mia carne per la vita del mondo... Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui... Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna" (Jn 6,48-54).


3. Tali parole ha pronunciato Cristo nei pressi di Cafarnao. E anche allora a molti esse sembrarono un "linguaggio duro", non accettabile per l'uomo; gli apostoli, tuttavia, sono rimasti con Cristo. Loro pure hanno vissuto il momento del compimento di queste parole durante l'ultima cena.


4. Lo Spirito Santo - lo Spirito che dà la vita - ha fatto si che già al primo preannunzio essi abbiano accolto le parole di Cristo come "parole di vita eterna".

Lo Spirito Santo ha illuminato la loro mente con la fede e ha ravvivato i loro cuori, quando, per la prima volta, hanno partecipato al Sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo sotto le specie del pane e del vino.

Lo Spirito Santo ha illuminato e ravvivato anche la prima comunità dei credenti allorché dopo la Pentecoste e l'Ascensione del Signore, "erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nella frazione del pane" (Ac 2,42).

Lo Spirito Santo dopo tanti secoli illumina e ravviva la nostra generazione di credenti, quando partecipiamo al santo sacrificio. Quando - specie in questi giorni - adoriamo pubblicamente la santissima Eucaristia.


5. "Ave verum Corpus, natum de Maria Virgine...". Invitiamo la Vergine santissima, affinché presieda maternamente alla vita eucaristica della Chiesa intera. Lei, Sposa dello Spirito Santo, implori presso di lui il conseguimento di quella vita che Cristo offre a tutti mediante il sacramento del suo Corpo e del Sangue, celebrato e accolto nella potenza dello Spirito di Vita e di Amore.

[Dopo la preghiera:] Tra gli episcopati che ultimamente sono venuti a Roma per la visita "ad limina" vorrei ricordare, oggi, i vescovi delle Filippine che ho ricevuto lo scorso ottobre. Essi, negli incontri individuali e di gruppo, mi hanno partecipato la loro sollecitudine pastorale per le popolazioni filippine, delle quali già nella visita compiuta nel 1981 avevo avuto modo di apprezzare la sincera religiosità, la fervente devozione alla Madonna e il profondo attaccamento alla Chiesa. Recentemente, la nazione Filippina ha vissuto momenti di grande tensione e delicatezza che, grazie alla protezione divina e allo spirito cristiano di quel popolo, hanno avuto un esito pacifico. Oggi e domani, i cattolici filippini si riuniranno in preghiera, su invito dei loro vescovi, per implorare l'assistenza del Signore sui lavori della Commissione che dovrà redigere la nuova costituzione. Raccomando alle vostre preghiere il popolo filippino con i suoi pastori, chiedendo a Dio che unisca i cuori in un generoso impegno teso al rinnovamento e al vero bene di tutti per affrontare, con spirito di riconciliazione, i problemi complessi e gravi del Paese che attendono una effettiva soluzione. Domani si celebra in tutta l'Italia il 40° anniversario della fondazione della Repubblica. Desidero associarmi alle preghiere che, per tale ricorrenza, si elevano al Signore nelle chiese della Nazione e formulo per le autorità e per la cara popolazione fervidi auguri di serena concordia, di civile solidarietà e di costante benessere. In particolare, auspico che dalle antiche radici della sua storia, intimamente collegate con gli inizi e la diffusione del messaggio evangelico nel mondo, il popolo italiano sappia sempre attingere l'impegno e la forza per progredire nel suo sviluppo morale e sociale e per offrire ai popoli l'inestimabile ricchezza dei suoi valori religiosi, artistici, letterari e culturali per la comune, serena convivenza nella giustizia e nella pace.

Data: 1986-06-01 Domenica 1 Giugno 1986




Visita al Pontificio Ateneo Sant'Anselmo - Aventino (Roma)

La conoscenza dei misteri divini dono di Dio agli umili


Reverendo abate primate, Reverendo rettore magnifico, Illustri professori, Cari studenti,


1. Sono venuto volentieri su questo colle dell'Aventino, che è a Roma la sede del primo centro monastico benedettino, per questo incontro con voi, docenti e alunni dell'Ateneo che prende il nome da sant'Anselmo, monaco e dottore della Chiesa, e insieme con voi, monaci benedettini che su questo colle, seguendo le orme del vostro grande fondatore, vi esercitate quotidianamente in quella ricerca di Dio ("quaerere Deum"), che costituisce l'essenziale programma della vostra vita.

La tradizione di vita religiosa e di studio dà a questo centro un'atmosfera particolare, che favorisce sia la preghiera e la vita comunitaria, sia l'approfondimento delle scienze sacre. E' con grande gioia che ho pregato insieme con voi, celebrando i Vespri, come ogni domenica voi fate. Ed è pure con grande gioia che saluto l'abate e la comunità monastica, il rettore magnifico dell'Ateneo, i docenti e gli alunni.

Mi rallegro nel rilevare che sia nel corpo accademico sia fra gli alunni numerose sono le nazioni rappresentate come anche le famiglie religiose e le stesse Chiese locali. A tutti i presenti il mio saluto più cordiale. Desidero esprimere anche il mio apprezzamento per la preziosa e ormai diuturna opera di promozione degli studi teologici che svolgete, soprattutto in campo liturgico, non solo a favore della Confederazione benedettina, che qui ha il suo centro culturale internazionale, ma altresi dell'intera Chiesa cattolica.

Sento perciò il bisogno di incoraggiare le opere e iniziative che qui fervono, come risultato della fraterna collaborazione e della feconda unità d'intenti fra studiosi provenienti da tante parti del mondo che qui sanno pero coordinare e armonizzare tra loro mentalità e culture diverse, nel mantenimento e nella costruzione della istituzione.


2. Il mio pensiero si porta in questo momento a una ricorrenza particolarmente significativa nella vita dell'Ateneo. Intendo alludere al 25° anniversario della creazione in esso, per iniziativa di Papa Giovanni XXIII, dell'Istituto Liturgico a cui quel mio predecessore di venerata memoria concesse di qualificarsi "pontificio" a testimonianza sia della fiducia che intendeva accordargli sia delle attese che su di esso riponeva per una specifica collaborazione in costante sintonia con le indicazioni e con i programmi della Santa Sede.

Come sapete bene, lo scopo principale del vostro Istituto, nato poco prima dell'inizio del Concilio Vaticano II e consolidatosi durante la sua celebrazione, è quello di essere un centro di studi e di ricerca per dare una base scientifica alla riforma liturgica conciliare. Fine di primaria importanza. Il rinnovamento della liturgia infatti ha impresso "una nota caratteristica alla vita della Chiesa stessa, anzi a tutto il modo di sentire e di agire religioso del nostro tempo" (SC 43). Il rinnovamento liturgico ha avuto come conseguenza che la celebrazione del culto divino si è aperta maggiormente al valore di una partecipazione più intelligente e attiva da parte di tutto il popolo di Dio. Ciò ha portato a una successiva esigenza, quella di meglio precisare nelle celebrazioni liturgiche il ruolo dei ministri e dei fedeli, affinché nell'adempimento del proprio ufficio, ciascuno svolga tutto e soltanto ciò che è di sua competenza, così che dallo stesso ordinamento della celebrazione si renda manifesta la Chiesa costituita nei suoi diversi ordini e ministeri (cfr "Institutio generalis Missalis Romani", 58.) Si è avvertito inoltre il bisogno di dare una maggiore bellezza ai riti anche nel loro svolgimento cerimoniale. Le cerimonie, se svolte con la dovuta diligenza e partecipazione interiore, sono la via, come l'esperienza insegna, per manifestare la ricchezza dei divini misteri e comunicarla con maggior frutto agli animi ben disposti.


3. La realizzazione di questi compiti ben si addice a voi, cari fratelli, che, come figli di san Benedetto, avete ricevuto dal vostro fondatore il precetto "nihil operi Dei praeponatur" (nulla si deve preferire al culto di Dio: "Regula" 43,3). Questa prescrizione lapidaria è stata interpretata e vissuta diversamente nel corso dei secoli passati, ma essa ha certamente molto contribuito alla formazione dell'Europa cristiana. Ultimamente la restaurazione del monachesimo benedettino con alcune fondazioni, come quelle di Solesmes e Beuron, è stata contrassegnata da un'attenzione preferenziale alla liturgia. Questo fatto è oggi riconosciuto come il punto di partenza per quello che sarebbe stato chiamato poi il movimento liturgico contemporaneo.

Tale prescrizione della Regola tuttavia non può lasciare indifferenti gli altri cristiani che dalla fede sono indotti a vedere nel culto di Dio il vertice più alto di ogni umano impegno. Per questo opportunamente l'Istituto ha aperto le sue porte anche a professori e ad alunni non benedettini, favorendo con ciò sia l'afflusso a questo Centro di nuove e valide energie, sia un suo influsso più esteso e incisivo sulle comunità ecclesiali sparse nel mondo.

Il dovere del culto a Dio resta comunque primariamente impegnativo per voi, figli di san Benedetto, che dalla sua generosa e fedele attuazione potrete trarre slancio per la vita delle vostre comunità monastiche e per il loro irradiamento sulla comunità cristiana. La vostra vita nascosta in Dio non deve essere forse interamente modellata sul paradigma della vita ecclesiale-liturgica così come è descritta dalla costituzione "Sacrosanctum Concilium" (SC 2): "nello stesso tempo umana e divina, visibile ma ricca di realtà invisibili, fervente nell'azione e dedita alla contemplazione, presente nel mondo e tuttavia pellegrina".

Nell'ambito delle vostre attività statutarie, non posso qui che ribadire l'utilità e l'importanza del servizio teso a preparare esperti nella teologia e nella pastorale liturgiche, in grado di svolgere un'opera di sussidio e consulenza a favore delle diocesi e in genere di tutte le comunità cristiane, nonché insegnanti qualificati nella formazione liturgica del clero, dei religiosi, delle religiose e in genere di tutti i cristiani desiderosi di maturare nell'approfondimento della vita liturgica, "fonte e culmine" di tutta la vita della Chiesa.

Un compito che, a tal proposito, richiede un'ulteriore ricerca e studio è quello che si potrebbe definire l'"inculturazione" della liturgia, vale a dire la prudente attuazione che le Conferenze episcopali nazionali, in comunione con la Santa Sede, possono fare dei modi e delle forme più opportuni di esprimere il culto cattolico, sostanzialmente unico sempre e dappertutto, in accordo con quanto di valido può essere assunto presso le tradizioni religiose dei vari popoli e culture. Maestri e modelli di questo metodo pastorale sono stati i santi Cirillo e Metodio, dei quali ho parlato nella recente enciclica "Slavorum Apostoli".

Anche lo scambio ecumenico può essere utile ad arricchire il patrimonio liturgico. A tal riguardo, vorrei limitarmi soltanto a ricordarvi l'importanza di un contatto vitale e fecondo, pur nel mantenimento della propria identità, tra la tradizione liturgica europea occidentale, che sottolinea maggiormente l'aspetto comunitario e di partecipazione del culto, e quella orientale, più sensibile agli aspetti mistici e sacrali. Confido che questo Istituto liturgico continui nel suo servizio alla Chiesa con sempre maggiore vitalità, traendo nuovo slancio dalla celebrazione del 25° di fondazione, nella piena fedeltà alla tradizione liturgica e allo spirito autentico della riforma operata dal Concilio Vaticano II.


4. Una parola, voglio pure riservare a un'altra ricorrenza ormai prossima: il centenario di fondazione dell'Ateneo. Come l'Istituto liturgico, così la vostra Università fu voluta da un Papa, l'indimenticabile Leone XIII, il quale la creo come centro culturale e spirituale per tutta la Confederazione benedettina. Vicina alla Sede di Pietro, essa sia anche oggi pienamente consapevole di questa sua funzione, che è una responsabilità, prima che essere un vanto. In tale sua missione, essa merita certamente l'appoggio, sia morale che materiale, da parte di tutta la Famiglia benedettina, che essa ha lo scopo di servire e di degnamente rappresentare nella compagine della Chiesa, nonché della stessa società e della cultura. Il santo patrono al quale sono dedicati questa Abbazia e questo Ateneo, il grande dottore Anselmo d'Aosta, arcivescovo di Canterbury, sia ancora per voi oggi, più che mai, un maestro di vita spirituale soprattutto nella sete ardente che egli aveva della contemplazione di Dio e nell'ansia di indagare, con "umile sapienza", come egli diceva, gli abissi ineffabili del suo Mistero di bontà e di bellezza. Sant'Anselmo è ancor oggi maestro del metodo teologico, vale a dire di quell'uso retto e sobrio della ragione, per il quale essa, partendo dai principi della fede, ossia dai dati della rivelazione, contribuisce a illuminarli mediante opportuni argomenti di convenienza e ad approfondirli nella loro inesauribile intelligibilità. così va inteso lo scopo che egli si prefisse nel famoso "Proslogion": "Utrum probari possit id, quod de Deo creditur et praedicatur". Non si tratta di ridurre le verità di fede nei limiti della razionalità, perché con ciò stesso esse sarebbero distrutte; si tratta invece, per la ragione, di lasciarsi illuminare e condurre da quelle verità, e di metterne in luce il valore e l'incidenza nella vita concreta. così facendo la ragione, pur restando nei suoi limiti naturali, afferma più che mai se stessa e con ciò la dignità dell'uomo.

Il Dottore benedettino riprese l'aforisma agostiniano "Credo ut intelligam", che era già stato alla base di tutto il lavoro teologico dei santi Padri; e lo rivisse in modo nuovo, perfezionando l'intelligenza della fede mediante le risorse della dialettica e della metafisica. Egli così inauguro il metodo proprio della teologia speculativa o scolastica, che tanto sviluppo avrebbe avuto in seguito, soprattutto con san Tommaso d'Aquino, fino ai nostri giorni.

Sant'Anselmo ricorda a tutti, ma specialmente a quanti - come voi, docenti e studenti - applicano le loro energie intellettuali nello studio della teologia, che la conoscenza dei misteri divini non è tanto conquista del genio umano, quanto piuttosto dono che Dio fa agli umili e ai credenti.


5. Auspico che possiate anche voi, sulle orme di questo illustre e santo maestro del pensiero cristiano, dare agli uomini del nostro tempo questo gusto delle realtà divine e il desiderio di penetrarle mediante una conoscenza illuminata dalla fede, poiché se è vero che già la ragione naturale di per sé può conoscere qualcosa dell'esistenza di Dio, resta sempre vero che l'esperienza autentica del suo ineffabile mistero ci è consentita soltanto dall'ascolto, con fede, della sua Parola, sicché solo credendo, alla fin fine, possiamo avere una piena intelligenza della realtà divina. Con questi pensieri e questi auspici, invoco per voi dallo Spirito Santo - auspice sant'Anselmo - l'abbondanza dei suoi doni e imparto a tutti di cuore la mia benedizione.

Data: 1986-06-01 Domenica 1 Giugno 1986





GPII 1986 Insegnamenti - All'Associazione "Maria Cristina" - Studiare i documenti della Chiesa per conoscerne la dottrina