GPII 1986 Insegnamenti - Congedo all'aeroporto di Satolas - Lione (Francia)

Congedo all'aeroporto di Satolas - Lione (Francia)

La Francia conosca la pace alla quale ha pienamente diritto


Signor primo ministro, signore, signori, carissimi fratelli e sorelle.


1. Sono felice di esprimere in vostra presenza la mia gratitudine e la mia soddisfazione. La ringrazio, signor primo ministro, di essere venuto personalmente a salutarmi dal momento in cui si conclude questo terzo viaggio pastorale in Francia. Ringrazio il Governo francese di tutto ciò che ha fatto per il felice svolgimento di queste giornate. Mi rendo ben conto dello sforzo e dell'impegno che è stato chiesto alle autorità civili e militari, a tutto il personale preposto alla sicurezza, perché le trasferte e le adunanze si svolgessero con ordine e nella pace, prevenendo i rischi temuti da alcuni per la persona del Papa e per le grandi folle riunite. Alle numerosissime persone che hanno partecipato a questi servizi, con discrezione, voglio esprimere a nome di tutti un caloroso ringraziamento, scusandomi del maggior lavoro e della maggior fatica che sono stati imposti loro. così è stato raggiunto lo scopo spirituale di questa visita pastorale, con grande gioia dei cattolici di Francia che desideravano ardentemente celebrare la loro fede, insieme a me, in questo paese che ha la fortuna di conoscere la libertà religiosa e il rispetto delle convinzioni, e anche, ritengo, con soddisfazione dei loro concittadini di buona volontà, aperti a ogni messaggio che eleva l'uomo, che dà un senso alla vita, che fortifica la speranza e stimola la fraternità. La mia gratitudine va naturalmente ai miei confratelli nell'episcopato, in particolare a quelli delle quattro diocesi visitate, a tutti i cristiani che intorno ad essi hanno attivamente preparato questi incontri e si sono fatti carico di tutto quello che era necessario. Voglio includere nel mio ringraziamento gli operatori delle comunicazioni sociali, della radio, della televisione e della stampa, che si sono sforzati di dare un resoconto di questi avvenimenti spirituali per metterli alla portata del pubblico


2. Signor primo ministro, a lei che ricopre un'altissima carica al servizio dei francesi, assicuro i miei più fervidi auguri per questo amato Paese. Desidero innanzitutto che la Francia conosca la pace alla quale ha diritto, al sicuro dalle aggressioni di un terrorismo internazionale al quale deve andare la riprovazione dell'umanità intera, degli Stati e delle organizzazioni internazionali. Auspico con lei un impegno comune di tutti i cittadini perché non vengano emarginati nuovi poveri. Possa il rispetto degli altri, pur nelle loro differenze, rinforzare un clima di tolleranza e di cooperazione, dove ciascuno accetti i doveri che gli incombono e al tempo stesso rivendichi i propri diritti! Incoraggio anche lo sforzo - che i francesi hanno realizzato così bene nella loro storia - per inventare gesti di solidarietà verso i Paesi meno favoriti di loro, anche quando si sentono più limitati nelle loro possibilità. Mi auguro che la Francia continui a fare onore al genio dello spirito e al genio del cuore.


3. Per ciò che concerne la fede, cari fratelli e sorelle cristiani, credo di essere riuscito a entrare in sintonia con l'anima profonda della Francia i cui figli e le cui figlie non hanno dimenticato la loro storia cristiana, la loro vocazione di battezzati, per quanto circondati dalle nebbie dell'indifferenza religiosa, del dubbio e di un rispetto umano che troppo spesso tende a far ripiegare su se stessi. I giovani hanno manifestato una bella fiducia. Molti sacerdoti, religiosi, laici, riaffermano con forza la loro volontà di rispondere totalmente alla loro vocazione. E' possibile un nuovo slancio spirituale e apostolico per la Chiesa in Francia. "Quando i santi passano, Dio passa con essi...". Avete la fortuna, cari amici, di avere in Francia dei grandi centri di santità. Non vedete che i pellegrini di altri paesi, che il Papa stesso, vengono a ritemprarsi in essi? I santi ci mostrano la via del rinnovamento autentico. Abbiate un cuore di povero, ci dice il beato padre Chevrier. Apritevi alla misericordia e al perdono di Dio, insiste il curato d'Ars. Avvicinatevi al cuore di Cristo, ci suggerisce Marguerite-Marie, per cambiare il vostro cuore di pietra in un cuore di carne.

Fate l'esperienza della gioia che ci viene dall'amore di Dio e dalla dolcezza dell'amore fraterno, ci ricorda san Francesco di Sales. Sono solo alcune sorgenti di santità, accanto a quelle che esistono nelle altre vostre regioni. Esse sono sempre alla vostra portata per la vita di ogni giorno. Possiate aver compreso in queste giornate che la santità non è privilegio di pochi, che la dolcezza evangelica non è debolezza, che parlare del "cuore" secondo Dio non è un effimero sentimentalismo! E' un amore forte, della forza di Dio, che cambia il corso di una vita, che solleva il torpore della società. "Se tu conoscessi il dono di Dio!" (Jn 4,10). Questa è la via che conduce alla vita. Su questa via Cristo vi benedice. E io, con l'affetto e la preghiera, resto vicino a voi. Grazie.

Data: 1986-10-07 Martedi 7 Ottobre 1986









Al Pontificio Consiglio per la famiglia - Città del Vaticano (Roma)

I genitori i primi e principali educatori ed evangelizzatori


Signor cardinale, cari fratelli nell'episcopato, cari amici.


1. Sono felice di ricevervi. Constato che il Consiglio Pontificio per la famiglia tiene regolarmente la sua assemblea plenaria, e può così beneficiare dell'apporto di tutti i suoi membri e anche dell'esperienza dei diversi paesi, approfondendo una ricerca dottrinale sui valori della famiglia che intende promuovere. Il tema centrale scelto per le vostre riflessioni di questa quarta assemblea plenaria, il sacramento del matrimonio e la missione educatrice, aiuterà ad approfondire gli aspetti importanti della missione dei laici nella Chiesa. Solo dodici mesi ci separano dal prossimo Sinodo dei vescovi che tratterà proprio della vocazione e della missione dei laici, e questo compito dell'educazione riveste un'importanza particolare per il bene della Chiesa e della società stessa.


2. La costituzione del Concilio Vaticano II sulla Chiesa, ricordando che i laici sono "impegnati... in condizioni ordinarie della vita familiare e sociale", afferma che essi "sono chiamati da Dio per lavorare, quasi all'interno a modo di fermento, esercitando i propri incarichi sotto la condotta dello spirito evangelico" (LG 31). Uno degli elementi propri della vita familiare è il compito dell'educazione dei figli. I genitori che sono i primi e i principali responsabili dell'educazione dei loro figli, diventano così i loro primi evangelizzatori (cfr LG 11), in conformità con la vocazione del matrimonio. Essi sono stati chiamati da Dio a trasmettere la vita umana e contribuiscono inoltre alla rigenerazione che Dio opera in essi attraverso la fede e il battesimo che dà loro la vita divina. così, come ricorda l'esortazione apostolica "Familiaris Consortio" (FC 30), "grazie al sacramento del matrimonio, la missione educatrice è innalzata alla dignità e alla vocazione di un "ministero" autentico della Chiesa al servizio dell'educazione dei suoi membri".


3. Affermare il valore dei figli, è logicamente riconoscere insieme i due aspetti inseparabili che sono la procreazione e l'educazione. La costituzione "Gaudium et Spes" (GS 48) presenta la procreazione e l'educazione dei figli come il coronamento dell'Istituzione del matrimonio e dell'amore coniugale. L'importanza che la dottrina cristiana sul matrimonio attribuisce alla procreazione non è mai stata e non può essere relegata al solo aspetto genetico e biologico. Ciò che è chiesto nella costituzione del matrimonio, e per questo motivo esigito nell'intimità coniugale stessa, è un'apertura al bambino al quale si dà la vita e che si educa. L'amore stesso che unisce gli sposi li apre al bambino che è il frutto del loro amore. "Il dono di sé che anima gli sposi tra loro si presenta come il modello e la norma di ciò che deve realizzare nei rapporti tra fratelli e sorelle, e tra le diverse generazioni che dividono la vita familiare" (FC 37). E per adempiere questa missione, gli sposi cristiani "sono fortificati e come consacrati da un sacramento speciale" (GS 48).


4. Non si può stabilire una spiritualità del matrimonio trascurando quelli che sono i suoi compiti matrimoniali. La spiritualità coniugale presuppone che si assumano coscientemente e volontariamente gli aspetti legati alla vocazione degli sposi e dei genitori, che li si viva nella fede, nella speranza, nella carità.

Sono le realtà proprie del matrimonio, come l'amore umano, la procreazione e l'educazione dei figli, la fedeltà con ciascuno dei doveri che essi richiedono, che vissuti nello spirito di Cristo santificano gli sposi in quanto tali. Non si possono più opporre gli elementi essenziali di questa missione coniugale, essi sono legati gli uni agli altri. Non si dovrebbe temere che un'attitudine responsabile nella trasmissione della vita possa causare direttamente danno all'amore che gli sposi hanno uno per l'altro, all'educazione dei figli o ancora alla fedeltà stessa. Quando, col pretesto di essere più attenti a uno di questi aspetti, si tralasciano gli altri, non per questo l'aspetto che si è voluto privilegiato è migliorato.


5. Questo insieme di virtù umane e cristiane, proprie degli sposi che assumono la loro missione davanti alla società civile e davanti alla Chiesa, deve essere trasmesso innanzitutto ai figli. Ancor più, per una specie di osmosi, i bambini integrano nella loro personalità ciò che respirano nell'ambiente familiare e che è il frutto delle virtù che i genitori hanno attuato nella loro vita. Il miglior mezzo per plasmare queste virtù nel cuore dei bambini è di presentar loro degli esempi nella vita dei genitori. Virtù umane e virtù cristiane, armoniosamente e solidamente unite, rendono desiderabile l'ideale percepito dai genitori e stimolano i figli a intraprendere la conquista. E' ciò che dice ancora il Vaticano II: "Il ruolo educativo dei genitori è di una tale importanza che in caso di mancanza può difficilmente essere sostituito. Spetta ai genitori infatti creare un'atmosfera familiare, animata dall'amore e dal rispetto verso Dio e verso gli uomini, in modo da favorire l'educazione totale, personale e sociale dei loro figli. La famiglia è quindi la prima scuola di virtù sociali necessarie a ogni società" (GE 3).


6. I genitori non sono soli. Per trasmettere i valori facendone scoprire le radici e i fondamenti, essi devono collaborare con la scuola. La scuola infatti, compiendo la propria missione in accordo con i genitori, deve stimolare gli alunni ad acquisire una libertà responsabile che li renda capaci di rivivere in ambienti e in culture differenti con la solidità e la coerenza della visione cristiana. Ai partecipanti ad un Colloquio giuridico, a Roma, ricordavo che "da parte loro i poteri pubblici, riconoscendo questo diritto-dovere dei genitori, devono favorire la vera libertà di insegnamento, perché la scuola cooperi, come un'estensione del focolare domestico, a far crescere gli allievi in quei valori fondamentali che sono voluti da chi ha dato loro la vita. Purtroppo si limita la libertà di insegnamento quando praticamente a motivo delle difficoltà economiche, le famiglie non sono in grado di scegliere l'orientamento formativo, che possa più adeguatamente proseguire la loro opera educativa. Quando, d'altra parte, la scuola scelta è dichiaratamente cattolica, i genitori hanno il diritto, e perciò possono esigere, che l'educazione ivi impartita sia conforme all'insegnamento del magistero della Chiesa. Il contrario sarebbe un inganno che lede la virtù stessa della giustizia" (26 aprile 1986).


7. Nel compiere questo dovere di formazione dei loro figli, i genitori cristiani troveranno fonte di energia nel mistero autentico al quale essi partecipano con il loro matrimonio e che è reso presente nell'Eucaristia: Cristo che si è donato in sacrificio gradito al Padre per onore della Chiesa. La vita quotidiana dei genitori passa attraverso la potenza del mistero eucaristico, si trasforma in culto spirituale, gradito a Dio, che orienta a sua volta tutte le realtà della famiglia verso il culmine del culto cristiano, il dono di Gesù Cristo al Padre, esercitano il loro sacerdozio comune di battezzati basando le loro attività quotidiane sulle virtù teologali e attribuiscono a Dio Padre questi valori del matrimonio in unione con il sacrificio di Cristo che si rinnova nella Chiesa attraverso il ministero sacerdotale (cfr LG 34).


8. Numerose sono le conseguenze pratiche e gli orientamenti pastorali che scaturiscono da queste verità per la vita concreta delle coppie e dei focolari cristiani. Converrà sostenere tutte le iniziative che, in accordo con la dottrina della Chiesa, promuovano l'uno o l'altro degli aspetti della pastorale familiare.

In unione con la gerarchia di ciascuno dei vostri paesi, sarà bene sviluppare le esperienze apostoliche di presenza sociale che saranno più appropriate alle vere necessità locali. In una libertà autentica, i laici cristiani potranno allora promuovere le iniziative concrete, confessionali o non, che si adattano meglio alla loro competenza professionale e ai loro diversi ambienti culturali. La vostra presenza qui, come membri di un Dicastero della Chiesa, conferma questa ricchezza di iniziative apostoliche che per il bene del matrimonio e della famiglia si realizzano nel popolo di Dio. Certamente voi non rappresentate direttamente tutti i paesi né tutti i movimenti apostolici. Ciò non impedisce che in qualità di Consiglio per la famiglia, organo della Santa Sede, dovete accogliere le giuste aspirazioni di tutti i fedeli che, personalmente o all'interno delle associazioni, si preoccupano del bene della famiglia e operano in questo senso.


9. Concludiamo questo incontro annuale richiamando questo brano della "Familiaris Consortio" (FC 38) che riassume bene ciò che vi ho esposto e il tema delle vostre riflessioni: "La coscienza acuta e vigilante della missione conferita dal sacramento del matrimonio, aiuterà i genitori cristiani a consacrarsi al servizio educativo dei figli con una grande serenità, e allo stesso tempo con il senso della loro responsabilità davanti a Dio che li richiama e affida loro il compito di edificare la Chiesa nei loro figli. così la famiglia dei battezzati, riunita come Chiesa domestica dalla Parola e dal Sacramento, diventa come la Chiesa nel suo insieme, madre ed educatrice". Con questa speranza formulo ferventi voti per le attività di questo Consiglio Pontificio al servizio della famiglia. Saluto e benedico affettuosamente le vostre persone e tutte le famiglie che rappresentate, particolarmente i bambini che sono stati al centro del vostra sollecitudine pastorale. Che lo Spirito Santo vi sostenga con la sua luce e la sua forza! Che la Vergine Maria vegli su voi con tutta la sua tenerezza.

Data: 1986-10-10 Venerdi 10 Ottobre 1986




Ai pellegrini della Sardegna - Città del Vaticano (Roma)

Conoscenza, partecipazione, impegno nella pastorale comunitaria


Carissimi fratelli e sorelle della Sardegna.


1. La vostra presenza colma il mio animo di grande letizia! Avete voluto venire in pellegrinaggio a Roma, così numerosi per ricordare la visita pastorale, che ebbi la gioia di compiere alla vostra Isola l'anno scorso e io vi ringrazio di cuore per questo gesto, che ridesta soavi memorie di quel lungo e intenso viaggio apostolico. A tutti porgo il mio affettuoso saluto: in primo luogo all'arcivescovo di Cagliari, mons. Giovanni Canestri che ringrazio per le parole rivoltemi; saluto gli amatissimi confratelli della Conferenza episcopale sarda e le autorità civili, rivolgendo un particolare pensiero ai sindaci delle città da me visitate e di altri centri; saluto cordialmente i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i delegati e i rappresentanti dei vari gruppi di apostolato; saluto ognuno di voi, pellegrini, qui presenti, estendendo il mio pensiero e il mio abbraccio a tutti gli abitanti della bella e gloriosa Sardegna, che ho potuto incontrare e ammirare nell'ottobre dell'anno scorso. Passano nella mia mente i luoghi e gli incontri effettuati nella storica circostanza: il primo impatto con i lavoratori a Monteponi, dove ebbi la ventura di discendere nelle viscere della terra con i minatori; l'incontro con le comunità di Iglesias, di Nuoro, di Oristano; la visita agli ammalati, ai bambini sofferenti, ai carcerati, alle suore di clausura; le solenni celebrazioni eucaristiche; l'incontro con il mondo della cultura nell'Università di Sassari e finalmente la grandiosa liturgia mariana sul sagrato del santuario di Nostra Signora di Bonaria e il caloroso colloquio con i giovani a Cagliari, prima della partenza. Il buon popolo sardo delle città e dei paesi, della pianura e della montagna, è passato davanti ai miei occhi, esprimendo la propria fede cristiana, il proprio affetto al Papa e anche le tante e talvolta gravose preoccupazioni.

In quelle giornate così dense ho sentito ancor più profondamente l'amore e la stima verso la vostra Isola, illuminata dalla luce del Vangelo fin dai primi tempi della Chiesa, irrorata dal sangue di tanti martiri, santificata da eccelse figure di pastori e di laici, confermata nella fede, dall'impegno coraggioso e dall'esempio costante dei vostri antenati. Con ansia apostolica e con gioia spirituale mi sono recato nelle vostre diocesi per dimostrarvi l'amore che la Chiesa e il Papa nutrono per voi, per incoraggiarvi nell'ideale della verità cristiana e nel compimento del bene. Vorrei ricordare in modo particolare ciò che dissi ai giovani terminando il mio discorso al tramonto dell'ultimo giorno: "La Sardegna cristiana oggi deve essere rappresentata e impersonata, deve essere "fatta" dai giovani cristiani. Vorrei con Maria ripetere a ciascuno di voi: fate quello che egli vi dirà. Cristo vi parla.

Cristo vi ama. Sappiate rispondere". Ebbene, voi oggi siete qui in pellegrinaggio per rinnovare sulla tomba di san Pietro i propositi e le iniziative formulate un anno fa durante l'intensa riflessione comunitaria e io vi ripeto l'esortazione ad essere sempre degni della fede che i vostri antenati vi hanno lasciato, vivendola pienamente e gioiosamente, con il coraggio della fiducia in Dio e della carità verso il prossimo, con la certezza consolante di essere sulla strada giusta, quella tracciata dal Vangelo.


2. Ritornando ora nella vostra cara Isola, portate a tutti i suoi abitanti il vostro fervore, per la realizzazione di una pastorale comunitaria ed efficace nei vostri ambienti, adatta e sensibile ai tempi in cui viviamo. Siate fedeli, impegnati e responsabili! Vivete pienamente con coerenza e decisione la vostra fede, convinti che tale è la volontà di Dio e l'esigenza della vostra stessa identità. Il primo atteggiamento per realizzare tale azione pastorale è quello della conoscenza concreta ed equilibrata della società moderna: viviamo in tempi di incertezza e di affanno; l'uomo è continuamente preoccupato per le minacce di guerra, per le insidie della violenza, per il problema dell'occupazione e della precarietà del lavoro. Egli è in balia dei mass-media che ne condizionano le scelte. Occorre quindi cercare di conoscerlo, di interpretare la sua mentalità e la sua sensibilità; di mettersi in sintonia con i suoi pensieri e le sue ansie.

Il secondo atteggiamento pertanto è quello della partecipazione alla problematica attuale, alla sofferenza dell'uomo moderno; agli affanni, agli interrogativi, ai drammi della società. Oggi il cristiano non può e non deve essere solo critico o rassegnato. Uomo egli stesso, inserito nella storia quotidiana, deve essere sensibile e lungimirante, cercando di capire le singole situazioni, con animo fraterno e amichevole. Il terzo atteggiamento, infine, deve essere quello dell'impegno positivo, cioè il cristiano deve assumere totalmente la sua responsabilità pastorale di evangelizzazione capillare e continua, di testimonianza autentica ed efficace, di animazione spirituale della società mediante la parola e l'esempio in tutti i settori della vita e del lavoro. E' indubbiamente un compito molto esigente; e tuttavia in questo sta la dignità del cristiano: egli è un portatore di Cristo nella società, in qualunque epoca o luogo si trovi! Oggi viviamo in una cultura secolarizzata, nella quale il cristiano deve portare le certezze trascendenti e le vere speranze che non deludono. Ma allora - voi ve ne rendete conto - è necessaria una robusta formazione dottrinale, morale, ascetica a livello personale e comunitario. Dico anche a voi le parole che pochi giorni fa ho rivolto ai fedeli di Lione: "Per restare "dialogo di salvezza", il dialogo apostolico presuppone evidentemente un'identità cristiana solida: diversamente non sarebbe più testimonianza del Signore e della sua Chiesa. Quanto più ci si trova negli avamposti della missione, tanto maggiormente occorre vivere personalmente di Cristo, amare la Chiesa, formarsi un giudizio cristiano in tutti i campi della vita... L'apostolato non è né un'azione sociale né una forma di propaganda; è innanzitutto un irraggiamento di ciò che si è, di ciò che si vive".

Oggi pertanto è necessaria una sempre più approfondita e personalizzata cultura cristiana per poter testimoniare in ogni ambiente la fede nella verità e nella carità.


3. Carissimi! Il mese di ottobre, dedicato alla Madonna del Rosario, e l'imminenza della Giornata mondiale delle missioni - che l'anno scorso celebrai nella città di Cagliari durante la visita pastorale - vi siano di sostegno a mantenere viva la vostra devozione alla Vergine santissima, che è sempre stata profondamente sentita nella vostra Isola che ha il suo centro nel celebre santuario di Bonaria. Pregate con fiducia la Vergine santissima, che vuole unicamente il nostro bene terreno ed eterno; recitate il Rosario nelle vostre famiglie e nelle vostre parrocchie, chiedendo con insistenza la perseveranza nella fede, nella grazia, nella carità e la conversione dei lontani. Certamente la redenzione passa attraverso le sofferenze della croce e le avversità del mondo; pero Maria è sempre presente con noi nelle tribolazioni della storia umana e nei travagli della nostra singola esistenza. Ricordiamo le incisive parole del Concilio Vaticano II, che devono essere per noi tutti costante direttiva nell'impegno cristiano: "Tutti i fedeli effondano insistenti preghiere alla Madre di Dio e Madre degli uomini, perché ella, che con le sue preghiere aiuto le primizie della Chiesa, anche ora in cielo... interceda presso il Figlio suo, finché tutte le famiglie dei popoli, sia quelle insignite del nome cristiano, sia quelle che ancora ignorano il loro Salvatore, nella pace e nella concordia siano felicemente riunite in un solo popolo di Dio, a gloria della santissima e indivisibile Trinità" (LG 69). L'epoca attuale esige che la Chiesa sia una "comunità missionaria" e che ogni singolo cristiano si senta responsabile della salvezza del mondo.

La Vergine Santissima vi illumini sempre, vi sostenga nei vostri propositi, vi conforti nella realizzazione dei piani pastorali delle singole diocesi, per una Sardegna sempre più bella, più unita, più fervorosa! E vi accompagni anche la mia benedizione, che ora di gran cuore vi imparto e che estendo con affetto a tutti gli abitanti della vostra Isola, specialmente ai piccoli, ai malati, ai sofferenti.

Data: 1986-10-10 Venerdi 10 Ottobre 1986




Alla fondazione "Pro Oriente" - Città del Vaticano (Roma)

Favorite lo spirito ecumenico alla luce del Concilio


Reverendissimo arcivescovo, gentili signore ed egregi signori.

E' stato vostro espresso desiderio recarvi in visita al Vescovo di Roma durante il vostro breve soggiorno in questa città. Do quindi a voi, quali rappresentanti della fondazione "Pro Oriente" il più cordiale benvenuto. La fondazione "Pro Oriente" è strettamente collegata al nome e all'opera dello stimato card. Franz König, al quale si deve ringraziamento e riconoscenza per questa lodevole iniziativa. Nei due decenni della sua esistenza questa fondazione si è preoccupata soprattutto di creare un dialogo con le Chiese ortodosse in particolar modo con la Chiesa orientale antica. Numerosi incontri, congressi, pubblicazioni hanno dato in questo senso ottimi frutti, e hanno ampliato e approfondito, a livello di qualificata ricerca scientifica, la reciproca conoscenza tra le Chiese di Oriente e di Occidente.

Desidero sottolineare in questa sede, come già feci in altre occasioni, che la fondazione "Pro Oriente" risponde, attraverso le sue molteplici occupazioni, a un compito particolarmente importante del Concilio Vaticano II. Questo esorta coloro che si vogliono impegnare per la piena ricostruzione dell'unità tra la Chiese orientali e la Chiesa cattolica, a osservare le particolari circostanze relative alla nascita e crescita della Chiesa di Oriente e al tipo di rapporti esistenti prima della scissione tra l'Oriente e la sede romana e di formarsi un giusto giudizio su tutto questo. La precisa osservanza della questione contribuirà notevolmente al dialogo previsto. Desidero ringraziare attraverso di voi tutti i collaboratori e i promotori di "Pro Oriente" per il prezioso lavoro ecumenico svolto finora, e nello stesso tempo incoraggiarli nei loro sforzi per il grande lavoro di unità della Chiesa, a non abbandonare Gesù Cristo. I miei più cari auguri e la mia preghiera vi accompagnino nel vostro lavoro futuro e nel viaggio a Roma ad Istanbul. Imparto di cuore a voi tutti la mia particolare benedizione apostolica.

Data: 1986-10-10 Venerdi 10 Ottobre 1986




Ai vescovi della Calabria - Città del Vaticano (Roma)

Tradurre l'etica cristiana nei comportamenti pubblici


Amatissimi fratelli della Conferenza episcopale calabra!


1. Con grande letizia vi accolgo in questo incontro comunitario, dopo le vostre personali visite "ad limina Apostolorum", e porgo a voi e alle vostre singole diocesi, che qui rappresentate, il mio saluto più cordiale e fraterno.

Vedendo voi, vedo l'intera Calabria, affidata alle vostre cure pastorali e particolarmente presente nel mio affetto. So che voi amate profondamente la vostra Regione, le vostre diocesi, le popolazioni che guidate e reggete con pastorale impegno e trepidazione; e anch'io partecipo intimamente di questo vostro amore, accompagnandovi con la preghiera e con apostolica sollecitudine.

Con sempre viva commozione ricordo la visita che ebbi la gioia di compiere nella vostra terra nell'ottobre 1984. Tale ricordo è stato risvegliato dal pellegrinaggio che le vostre Chiese hanno di recente promosso alla tomba di Pietro, in occasione del viaggio ad Assisi per offrire l'olio per la lampada della basilica di San Francesco. In tale occasione ho potuto incontrarmi con una folta rappresentanza delle comunità ecclesiali calabre, riscoprendo l'entusiasmo, la fede, il calore che mi colpirono nei giorni del mio passaggio per alcune località della vostra terra. Auspico che il seme gettato allora, e in qualche modo ravvivato nell'incontro della scorsa settimana, possa dare validi frutti, per il bene spirituale e anche sociale delle care popolazioni della Calabria. Ancora tutti desidero ringraziare per quanto allora fu compiuto con tanto fervore e tanta generosità.


2. Molte sono le difficoltà pastorali della vostra Regione, causate anche dalla configurazione del suolo e dalle disagiate condizioni di vita: lo scarso reddito familiare, l'emigrazione, la disoccupazione, l'emarginazione e anche, purtroppo, certe forme di delinquenza organizzata, che - come è stato autorevolmente affermato - hanno creato "zone di illegalità, di disordine, di comportamenti economici criminosi". Ma, come voi stessi avete fatto notare nella relazione comune, si trova dappertutto, nella popolazione e nei responsabili della vita civile, un continuo impegno di applicazione e di ripresa. Causa tuttavia pena conoscere da dati ufficiali che in Calabria vi sono centocinquantamila disoccupati, di cui circa la metà formata da giovani in cerca di una prima occupazione, benché dotati, per la maggior parte, di buona preparazione professionale e culturale. Mi rallegro invece di apprendere che, in ogni settore della regione, si nota una grande volontà di lavoro e di sviluppo, sia nel campo dell'agricoltura e dell'olivicoltura come nel campo dell'artigianato e delle Aziende di promozione turistica. Dotata di grandi risorse naturali, storiche e culturali, la Calabria è chiamata a farsi onore e progredire sempre più. La memoria delle antiche e profonde tradizioni della Regione radicate nel cristianesimo illumini e conforti l'impegno di tutti e, particolarmente di coloro che presiedono al bene comune.


3. Per entrare nel campo specifico della pastorale, è innanzitutto doveroso riconoscere il buon lavoro da voi compiuto, con l'aiuto dei vostri sacerdoti e collaboratori nei vari ambiti del ministero. Mentre me ne compiaccio vivamente, vi esorto a continuare a impegnarvi coraggiosamente nella continua e metodica evangelizzazione, ben convinti che la formazione autenticamente cristiana della coscienza è di supremo, indispensabile giovamento anche alla maturazione sociale e al vero equilibrato benessere della comunità. Dando uno sguardo retrospettivo alla storia della Calabria, si resta colpiti dall'intensa luce cristiana che nel passato ha brillato nella Regione, diffondendosi anche all'intorno, specialmente a opera del monachesimo. La perfezione evangelica si affermo mirabilmente nella vostra terra con una quarantina di santi calabresi-greci; vi fiorirono gli ordini monastici benedettini, certosini e cistercensi. Sorsero pure in varie parti della Regione celebri abbazie, come quelle benedettine di Sant'Eufemia e della Santissima Trinità a Mileto, e la Certosa di Santo Stefano del Bosco a Serra San Bruno, dove mori lo stesso fondatore dei certosini. Il monachesimo orientale e occidentale fu sempre al servizio delle popolazioni circostanti, offrendo luce spirituale, aiuto economico, protezione civile durante le tante vicende belliche. Il secolo XV è poi dominato dalla figura di san Francesco da Paola. Anche nei secoli successivi figure eminenti di vescovi, sacerdoti e laici impegnati qualificarono la Regione calabra, fino agli attuali fermenti spirituali e religiosi suscitati nel clero e nei fedeli dal Concilio Vaticano II, che ha stimolato a varie realizzazioni nel campo della liturgia e della cultura e in quello della responsabilizzazione nelle attività ecclesiali e caritative. Il ricco e prezioso patrimonio cristiano, sedimentato nel popolo, è quindi tuttora vivo e presente: esso si nota nella fedeltà alla Chiesa, nel senso della preghiera e nelle manifestazioni della pietà popolare, nella valorizzazione dei rapporti umani, nel sentimento dell'ospitalità, nello spirito di laboriosità e di sacrificio, nell'amore alla famiglia. Bene avete fatto notare che fioriscono le forme associative, vi è una ripresa delle vocazioni sacerdotali e religiose e si dà grande cura alla pastorale catechistica e alla formazione permanente del clero, che, nelle sue più sentite esigenze odierne di aggiornamento, di comunione, di fraternità, ha bisogno di conforto e sostegno. Continuate, cari fratelli, con ardore nelle iniziative che avete prospettato e che continuamente sviluppate nei vostri incontri di lavoro a livello sia regionale, quattro volte all'anno, sia di commissioni e uffici appositi. Sono lieto di sapere che nel marzo 1985 a Vibo Valentia avete celebrato un Convegno giovanile regionale, dal quale è scaturito il disegno di una Consulta regionale e di quelle diocesane per una pastorale giovanile moderna ed efficace.

Fin d'ora vi esorto, poi, alla preparazione del Congresso eucaristico nazionale, che si terrà a Reggio Calabria nel 1988. In questi due anni dedicherete certamente la vostra precipua attività pastorale a quell'evento straordinario, in modo da infervorare alla pietà eucaristica le parrocchie delle vostre diocesi e l'intera Regione, così che un rinnovato riverbero di tale devozione s'irradi sull'intera nazione italiana. Per tutte queste iniziative pastorali, e specialmente per il Congresso, vi assicuro il mio costante ricordo nella preghiera.


4. Cinque anni fa, nell'incontro della visita "ad limina", mi ero soffermato quasi esclusivamente sul tema dell'emigrazione, rilevandone le sfide per la pastorale.

Mentre non dimentico quel grave problema che richiede di essere seguito sempre con particolare sollecitudine, desidero oggi affrontare un argomento sul quale è doveroso e urgente che la comunità cristiana s'interroghi. Esso concerne l'etica cristiana nei comportamenti pubblici. Esiste indubbiamente oggi un'accresciuta domanda di eticità, soprattutto per quanto riguarda la vita associata. Questa domanda deve essere sentita tanto più acutamente dai cristiani, che sono chiamati a iscrivere la legge di Dio nella città terrena e che con tale legge devono perciò continuamente confrontarsi.

Sarebbe facile ripetere qui la diagnosi, da varie parti e sotto diversi profili fatta, circa le luci e le ombre della presente situazione. Basterà rilevare che mentre, da un lato, si è sviluppato molto il senso di alcuni valori quali la giustizia, la libertà, la pace, il rispetto per la dignità della persona umana, l'impegno per la qualità della vita, l'attenzione preferenziale ai deboli, agli emarginati, ai malati, agli anziani, dall'altro si è affermata l'ideologia del successo con conseguente arrivismo senza scrupoli, corsa al denaro facile e alla vita agiata, facilità alle speculazioni e alle frodi, deresponsabilizzazione personale, carenza di fiducia nelle strutture portanti della vita sociale: la famiglia, la comunità politica, la Chiesa. E' in questa realtà complessa e contraddittoria che deve dispiegarsi la vostra azione pastorale. Essa dovrà puntare soprattutto sulla formazione cristiana delle coscienze. Nel mio discorso a Loreto ho ricordato che la verità è la misura della moralità. E la piena verità sull'uomo è contenuta nella rivelazione. Con essa ogni coscienza cristiana deve confrontarsi e ad essa deve adeguarsi. Il recupero dell'eticità nei comportamenti pubblici non può prescindere, per quanto concerne il cristiano, dalla coscienza dell'identità che gli è propria e dalla consapevolezza del messaggio di salvezza, di cui deve essere umile ma operoso testimone. Di qui sgorgherà l'impegno a realizzare una società sempre più umana, cioè sempre più rispondente alle esigenze dell'uomo, così come è voluto da Dio, che l'ha creato e da Cristo che l'ha redento. Per raggiungere questo obiettivo è necessaria un'ineccepibile integrità personale, a livello sia privato che pubblico, congiunta a una seria competenza e a una generosa dedizione al bene comune in tutta la sua ampiezza. Non basta, in altri termini, essere buoni e giusti per se stessi, per la propria famiglia, per la propria cerchia di amici, ma occorre anche essere buoni per l'intera comunità: occorre cioè osservare le giuste leggi, coltivare il senso civico, impegnarsi per la promozione dei diritti dei cittadini, soprattutto di quelli più bisognosi, contribuire fattivamente a combattere i mali sociali, il malcostume amministrativo, la criminalità organizzata, il favoritismo, l'omertà. Inoltre, chi è chiamato a occupare posti di responsabilità nella vita pubblica dovrà curare di possedere anche quella preparazione che potremmo chiamare "professionale", grazie alla quale soltanto gli sarà possibile svolgere con efficacia quel servizio al bene comune, che la fiducia dei cittadini da lui s'attende. Ma ogni sforzo per la costruzione della città terrena secondo il disegno di Dio risulterà vano o insufficiente se il cristiano non attinge dall'incontro con Dio nella preghiera e nei sacramenti la freschezza di una fede capace di illuminare le scelte concrete, il vigore di una speranza che non s'arrende di fronte a contrarietà e insuccessi, l'ardore di una carità che sa spendersi fino al sacrificio personale per venire incontro alle necessità dei fratelli.

L'etica cristiana è esigente (è un peso, come dice il Signore nel Vangelo), ma è sommamente gratificante (è un peso soave). Essa soprattutto è la "roccia" salda su cui è possibile poggiare l'edificio della propria esistenza personale e quello della stessa convivenza sociale senza dover temere crolli improvvisi e rovinosi. E' ciò di cui ha bisogno il mondo moderno, consapevole ogni giorno di più della precarietà di tante sue conquiste. Esso guarda oggi con rinnovato interesse alla proposta evangelica, spetta ai cristiani di mostrare che la verità creduta e predicata può essere concretamente vissuta in un'esistenza autenticamente umana, serena e forte, aperta al soprannaturale. La vostra sensibilità di vescovi saprà trovare le forme e le vie appropriate per un traguardo tanto impegnativo.


5. Carissimi fratelli! Nel momento del congedo, il mio pensiero va alle decine di santuari mariani che, come stelle splendenti brillano nella vostra regione e si propongono come oasi di pace ai numerosi fedeli che là si radunano in devota preghiera. In essi i vostri sacerdoti amministrano i sacramenti della Penitenza e dell'Eucaristia, mediante i quali Cristo si fa conforto e sostegno delle anime.

Maria santissima, nostra Madre celeste, vi illumini sempre, vi conforti, vi accompagni. E' il voto che faccio e che accompagno con la mia Benedizione.

Data: 1986-10-11 Sabato 11 Ottobre 1986





GPII 1986 Insegnamenti - Congedo all'aeroporto di Satolas - Lione (Francia)