GPII 1986 Insegnamenti - All'aeroporto "El Dorado" - Bogota (Colombia)


1. Sia lodato Gesù Cristo! Vengo nel vostro nobile Paese, amato popolo della Colombia, come messaggero di evangelizzazione che innalza la croce di Cristo, nel desiderio che la sua immagine salvifica si proietti su tutte le latitudini di questa terra benedetta. Ho appena baciato la terra in segno di rispetto verso il Paese e in segno di affetto per tutti e ciascuno dei suoi abitanti. E' un gesto di adorazione al Creatore, di rispetto, pieno d'ammirazione, verso il mondo creato da Dio, che in queste regioni è stato tanto prodigo nel distribuire i suoi doni; è inoltre un'espressione di simpatia verso tutti gli amati colombiani, che fin dal momento del mio arrivo voglio abbracciare, con questo "bacio santo" (cfr 1Th 5,26), in Cristo Gesù. Questa terra privilegiata accolse con amore filiale, 18 anni fa, il mio predecessore di indimenticabile memoria, Paolo VI, che il 23 agosto 1968 venne in questa città di Bogota per presiedere alle celebrazioni del 39° Congresso eucaristico internazionale e inaugurare qui la seconda Conferenza dell'episcopato latinoamericano. Ricorderete senz'altro con gratitudine e gioia quel grande avvenimento ecclesiale, che fu il primo incontro del Vicario di Cristo con questo popolo e con questo continente.


2. Questa seconda visita di un Papa in Colombia rappresenta un nuovo anello, altamente significativo, che si aggiunge alla catena della vostra ormai lunga storia religiosa. Accarezzavo da tempo il desiderio di farvi visita e oggi mi sento felice nel vedere che finalmente la mia speranza è divenuta realtà: sono in mezzo a voi per pregare insieme, per celebrare comunitariamente la nostra fede e per meditare insieme sulla parola di Dio. Voglio essere divulgatore degli insegnamenti di Gesù, della dottrina eterna della Chiesa, in questa capitale e nelle altre città e luoghi che, con l'aiuto di Dio, mi propongo di visitare. Il mio desiderio è di sentirmi, e che mi si senta, vicino a tutte le persone di qualsiasi classe o condizione, pero in modo particolare a quelli che soffrono, ai poveri, ai più diseredati, sebbene il mio cuore sia aperto a tutti, secondo quanto disse l'apostolo Paolo: "mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno. Tutto io faccio per il Vangelo" (1Co 9,22-23). In qualsiasi luogo io mi trovero, la mia parola sarà diretta a tutti i colombiani, a tutte e a ciascuna parte del popolo di Dio che peregrina su questa terra. Vengo per condividere la vostra fede, i vostri affanni, le vostre sofferenze e le vostre speranze. A tutti giunga, fin da questo primo momento, il mio saluto ecclesiale e la mia benedizione. Si, andro ovunque benedicendo, perché so che voi, come tutti i figli di questo amato continente latinoamericano, siete convinti che la benedizione è l'espressione connaturale dell'atteggiamento religioso, della vicinanza di Dio che infonde la sua infinita bontà in tutti i cuori.


3. Come una risposta che nasce dall'intimo del cuore, ho accolto con gioia il gradito e reiterato invito a farvi visita rivoltomi sia dal signor presidente della Repubblica che dai vostri vescovi. Riceva, signor presidente, il mio più deferente saluto, così come l'espressione della mia gratitudine per il suo invito a effettuare questo pellegrinaggio apostolico e per le sue gradite parole di cordiale accoglienza. Saluto inoltre, ringraziandole per la loro presenza, le altre personalità qui riunite: i membri del Governo, gli alti magistrati, gli alti capi militari, il Corpo diplomatico e le autorità locali. La Colombia, Paese che si distingue per la sua cultura, per la sua nobiltà di spirito, così come per la sua fede in Dio e per i suoi ideali cristiani, continua a guardare avanti con il proposito di consolidare i suoi valori e di rafforzare il suo impegno per il sospirato dono della pace, dell'autentica pace cristiana che è frutto della giustizia, del rispetto reciproco e, soprattutto, dell'amore, il quale deve regnare tra tutti i cittadini, fratelli tra loro e figli di Dio. Chiedo a Cristo, principe della pace, di benedire tutti gli sforzi che la Colombia sta compiendo per ottenere la pace cui anela e che sta invocando con preghiera piena di speranza.


4. Saluto con affetto i carissimi confratelli nell'episcopato, i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i catechisti, i laici impegnati e tutto il popolo colombiano che, nel corso dei secoli ha dato tante dimostrazioni di provata fede e di amore verso Dio di venerazione filiale alla Vergine Maria, di fedeltà alla Chiesa cattolica, di adesione sincera al successore di Pietro.


5. So che la vostra Nazione negli ultimi anni è stata provata da gravi avvenimenti di natura diversa che hanno fatto ricadere sui suoi abitanti disgrazie e dolori a volte inenarrabili. Pero so anche che, per grazia di Dio, il vostro animo non si è indebolito e che mantiene viva la speranza e la decisa volontà di lottare contro le avversità, accrescendo lo sforzo individuale e collettivo di costante superamento, di progresso autentico e di pacifica convivenza sociale, ispirandovi alla vostra fede cristiana e ai vostri nobili ideali patrii. Abbiamo la certezza che a coloro che sanno accettare, affrontare e superare la prova, spetta la ricompensa promessa per il sacrificio. Dio è sempre con voi. In questo modo, con la fiducia riposta nel Signore, sentendomi, da parte mia, insieme ai vescovi colombiani, fratello vostro e pastore delle vostre anime, guardando e invocando la Vergine di Chiquinquira, la cui immagine, commemorata da quattrocento anni, andiamo a venerare nel suo santuario nazionale, do inizio con gioia al mio pellegrinaggio apostolico. Da questo momento il Papa si mette in cammino "con la pace di Cristo, sui sentieri della Colombia".

Data: 1986-07-01 Martedi 1 Luglio 1986




Ai sacerdoti e ai religiosi in cattedrale - Bogota (Colombia)

La vostra evangelizzazione sia parola di Dio e non dell'uomo



1. Come profonda è la mia gioia, giacché i primi passi del mio pellegrinaggio "con la pace di Cristo sui sentieri della Colombia" mi conducono a questo felice incontro con voi, cari sacerdoti e seminaristi, diocesani e religiosi, presieduti dai vostri vescovi. La gioia del Papa, alimentata da un così sincero apprezzamento, si converte in azione di grazie al Signore per lo sviluppo e il vigore della Chiesa in Colombia che, grazie a voi, ha dalla sua numerose e importanti iniziative di zelo pastorale e missionario al servizio di Dio e dei fratelli e al servizio della stessa vita sacerdotale nel presbiterio, per il bene della Chiesa locale e universale. Particolarmente significativo è il fatto che questo incontro di fede e di amore abbia luogo nella cattedrale primaziale di questa capitale, centro di irradiamento e convergenza della vita della Chiesa in Colombia, e ai piedi di Maria, l'Immacolata Concezione, cui sono consacrate questa basilica, questa arcidiocesi e la Nazione intera. La presenza e l'esempio di Maria, la sempre Fedele, la Vergine della Speranza, in una nazione e in un continente di speranza per la Chiesa e per il mondo, mi inducono a lanciarvi un appello alla fedeltà al vostro ministero attuale e futuro, secondo le parole e il programma dell'apostolo: "Ognuno ci consideri come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. Ora, quanto si richiede negli amministratori è che ognuno risulti fedele" (1Co 4,1-2).


2. Essere fedeli al vostro servizio sacerdotale significa ravvivare ogni giorno la grazia di Dio che è in voi fin dal momento dell'ordinazione (cfr 2Tm 1,6). In tal senso mi è gradito evocare la santa memoria di tanti pastori che, fedeli al loro ministero, in tutti gli angoli della Patria, sono stati servitori di questa Chiesa. A partire dai primi vescovi e sacerdoti, le cui gesta missionarie sono degne di ammirazione per il loro carattere veramente eroico, fino alla non meno ammirevole costanza di quanti vi hanno preceduto nel portare avanti l'opera del regno di Dio, in un lavoro quasi sempre silenzioso e umile, in parrocchie e missioni, in una catechesi tenace e in tutti i servizi di educazione, assistenza e carità. Di questa pleiade di apostoli di Cristo, la voce della Chiesa ha esaltato come modelli e protettori, agli albori dell'evangelizzazione, san Luigi Beltran, definito "il padre degli indios" e san Pietro Claver, l'infaticabile difensore di quanti erano presi schiavi; e come non ricordare il beato Ezechiele Moreno, abnegato missionario e intrepido pastore? In questa stessa cattedrale, molto vicino nel tempo e nel cuore, riposano le ceneri del servo di Dio, Ismael Perdomo, esempio di fedeltà a Cristo e alla Chiesa.


3. La gioia e la speranza dell'incontro di questa sera mi inducono, con amore di padre e di pastore, a chiedervi: che cosa state facendo oggi, carissimi fratelli sacerdoti, per proseguire quest'opera santificatrice ed evangelizzatrice? Come vi state preparando, cari seminaristi diocesani e religiosi, per essere degni successori di tanti illustri esempi? Vi preparate tutti per una nuova tappa di evangelizzazione e per ringraziare Dio dei cinque secoli di cristianesimo nelle vostre terre benedette? Non ignoro le difficoltà che attraversa oggi la vostra Patria. Ma certamente ciò che il popolo cristiano chiede a ciascuno di voi, nella speranza della Chiesa, è che siate interamente sacerdoti: "Ognuno ci consideri come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio" (1Co 4,1). Vi si chiede quello che realmente potete dare: la parola di salvezza, i sacramenti, l'amore e la grazia di Cristo, il servizio di indirizzare a una vita più cristiana, degna e umana. Se siete portatori autentici di questi doni, vedrete come la vostra vita si realizzerà pienamente e cercherete di adeguarvi sempre più a questa missione, con il rispetto e l'amore che deve infondere in voi la chiara coscienza del fatto che il Signore, malgrado la nostra fragilità, ha posto nelle nostre mani un tesoro di incalcolabile valore (cfr 2Co 4,7). La vostra fedeltà a Cristo si colloca nel mistero della Chiesa, in cui Gesù è presente e operante per la salvezza di tutti. L'esperienza responsabile del mistero della Chiesa si concentrerà necessariamente nell'amore alla stessa Chiesa, come comunione di fratelli guidati da quanti rappresentano Cristo, capo della comunità ecclesiale.


4. Cristo ci ha chiamati a essere suoi ministri ci ha consacrato in modo peculiare e ci manda innanzitutto a predicare (cfr Mt 28,19 Mc 3,13-14). Questo ministero della Parola è il nostro primo dovere, il nostro obbligo più pressante, "ciò che costituisce la singolarità del nostro servizio sacerdotale" ("Evangeli Nuntiandi", 68), dato che "il popolo di Dio viene adunato innanzitutto per mezzo della parola del Dio vivente" (PO 4). Predicate, cari fratelli, il messaggio di Cristo che vive in voi e vi accompagna continuamente: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi" (Jn 20,21). E sull'esempio di san Paolo, che si rivolgeva ai cristiani di Tessalonica, potrete dire al termine della vostra giornata: "Proprio per questo anche noi ringraziamo Dio continuamente, perché, avendo ricevuto da noi la parola divina della predicazione, l'avete accolta non quale parola di uomini, ma, come è veramente, quale parola di Dio, che opera in voi che credete" (1Th 2,13).

Potrete ripetere la preghiera dell'apostolo sempre che il vostro ministero di evangelizzazione, di catechesi, di predicazione, sia veramente parola di Dio e non parola dell'uomo, magari confusa con affermazioni e ragionamenti poveramente umani, turbata forse da premesse mutevoli di sapore esclusivamente sociologico, politico, terreno, più vicine talvolta al sapere tecnico o prodotto esclusivo di erudizione, e non frutto della fede che proclama Cristo, il Signore risorto. Il Concilio Vaticano II chiede ai presbiteri uno spirito di contemplazione, "infatti, pensando a come possono trasmettere meglio agli altri ciò che hanno contemplato, assaporeranno più intimamente le insondabili ricchezze di Cristo" (PO 13). Vi esorto, dunque, a badare specialmente che la vostra predicazione si ispiri alla parola di Dio, quale è proposta dal magistero della Chiesa. E' Parola rivelata da Dio, ispirata dallo Spirito Santo, predicata dalla Chiesa, celebrata nella liturgia, vissuta dai santi e trasformata da voi stessi in materia di contemplazione, per illuminare gli eventi della storia quotidiana. Fate in modo, pertanto, che la parola di Dio sia piamente assunta nella preghiera e nella contemplazione, sia materia di studio ed esperienza di vita comune con i fratelli. Parlate con vigore, predicate con fede profonda e con tono di speranza, come testimoni del Signore risorto, che ha trasformato e continua a trasformare la creazione e la storia. Non vi considerate maestri al margine di Cristo (cfr Mt 23,8), ma testimoni e servitori che creano, predicano quello che vivono, secondo la perentoria consegna del Pontificale Romano.


5. Siate fedeli anche al vostro ministero di santificazione. Avete ricevuto "la forza dello Spirito Santo" per essere testimoni di Cristo e strumenti della vita nuova. In questo pomeriggio di grazia, nel ricordare gli elementi essenziali della vostra fedeltà, voglio incoraggiarvi a conoscere e a studiare il Concilio Vaticano II più ampiamente e approfonditamente, facendone materia di preghiera, assimilandolo con amore e mettendolo in pratica nella nostra vita personale e nella comunità cristiana. Senza minimizzare in alcun modo le numerose possibilità di servizio pastorale offerte attualmente al sacerdote, il Concilio non esita a dichiarare le sue assolute priorità. E lo fa con insistenza. La missione essenziale del sacerdote si trova nell'Eucaristia. La vostra identità viene definitivamente determinata dalla celebrazione eucaristica. I sacerdoti, dice il Concilio, "soprattutto esercitano la loro funzione sacra nel culto eucaristico" (LG 28); "l'Eucaristia si presenta come fonte e culmine di tutta l'evangelizzazione" (PO 5). Quello che il mondo realmente ci chiede, quel che necessita veramente, è che il mistero della redenzione sia accessibile a tutti gli uomini del nostro tempo, specialmente ai poveri, agli infermi, ai bambini, ai giovani, alla famiglia. E' proprio attraverso l'Eucaristia che la redenzione di Cristo tocca il cuore di ogni uomo trasformando la storia del mondo. A partire dall'Eucaristia scoprirete l'importanza di tutti i sacramenti e troverete la forza per dedicarvi alla confessione e alla direzione spirituale, sull'esempio del curato d'Ars, di cui celebriamo quest'anno il secondo centenario della nascita. Vorrei ricordarvi che, per adempiere adeguatamente e gioiosamente a questo ministero, è imprescindibile la vostra stessa esperienza personale del sacramento della riconciliazione, per mezzo della vostra frequente confessione.

"E' necessario che il sacerdote ricorra egli stesso regolarmente a quel sacramento" (Lettera del Giovedi Santo, 7). Considerate che la vostra vitalità spirituale e la vostra efficacia pastorale sono sempre in relazione stretta con la sincerità e l'autenticità con cui celebrate il mistero eucaristico, senza dimenticare "il dialogo quotidiano con Cristo Signore andandolo a visitare e praticando il culto personale" (PO 18). Fate dunque, della santa Messa celebrata con fervore, il centro della vostra vita e del vostro ministero. Dall'Eucaristia emaneranno per voi e per le vostre comunità ecclesiali lo sforzo quotidiano per conformarsi a Cristo, lo stile apostolico e contemplativo della vostra preghiera e predicazione, l'efficacia della missione, l'opportunità e la costanza della dedizione e dello zelo pastorali.


6. Dall'Eucaristia, autenticamente celebrata e vissuta, riceverete la forza per insegnare agli altri fedeli a offrirsi al Padre, come voi, "con le loro opere e tutte le loro cose in unione con Cristo" (PO 5). così l'infinita ricchezza dell'Eucaristia deve sfociare in uno spirito di dedizione sempre più generosa al servizio del prossimo, "perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato" (Rm 5,5). Ci siamo offerti con Cristo, e lo abbiamo ricevuto nel suo Corpo donato e nel suo Sangue versato affinché, da parte nostra, ci trasformiamo in segno vivo della sua dedizione incondizionata al Padre per gli uomini. così la vita cristiana appare come un sacrificio di carità, nello Spirito Santo, attraverso Cristo, al Padre (cfr Ep 2,18 LG 4).


7. Sapete molto bene che ogni cristiano, e in particolare quanti annunciano autorevolmente la parola di Dio, deve testimoniare nella sua vita quotidiana la necessaria unione che deve esistere tra mandato di amare Dio al di sopra di tutto e l'amore al prossimo, come manifestazione dell'amore verso Dio. Per questo la Chiesa ha sempre insegnato che, nella dovuta distinzione tra promozione umana ed evangelizzazione, non può esistere separazione ma integrazione, dato che la dignità umana in tutti i suoi aspetti "rappresenta un valore evangelico, che non può essere disprezzato senza grave offesa del Creatore". Questa insostituibile missione, nelle attuali circostanze della vostra patria, rende urgente, oggi in modo particolare, la ricerca di una promozione sociale della moltitudine dei diseredati che hanno diritto a vivere degnamente, come uomini e figli di Dio. In questo campo è necessario che orientiate altresi le vostre preoccupazioni pastorali particolarmente nella presentazione chiara e autentica della dottrina sociale della Chiesa. Tuttavia le opzioni e l'illuminazione che occorrono ai cristiani nell'ambito della promozione e della liberazione, particolarmente dei più bisognosi, si possono ottenere solo secondo l'esempio di Gesù e alla luce del Vangelo, che proibisce il ricorso a metodi di odio e di violenza. L'amore e l'opzione preferenziale per i poveri - come ho detto ripetutamente - non possono essere esclusivi né escludenti (cfr. Allocuzione ai Cardinali, 21 dicembre 1984).

Ciò non significa considerare il povero come classe, e ancor meno come classe in lotta o come Chiesa separata dalla comunione e dall'obbedienza ai pastori incaricati da Cristo, ma deve realizzarsi puntando l'essere umano considerato nella sua vocazione terrena ed eterna. La missione della Chiesa di contribuire alla liberazione sociale deve compiersi con la coscienza chiara del fatto che la prima liberazione che l'uomo deve ricercare è la liberazione dal peccato e dal male morale che si annida nel suo cuore (cfr. "Libertatis Conscientia", 37-38).

Cari sacerdoti e futuri sacerdoti, in questo campo dell'azione pastorale voglio sottolineare che, per vivere un retto amore e una opzione preferenziale per ogni categoria di poveri ed emarginati, è necessaria una povertà del cuore, secondo lo spirito delle Beatitudini; è necessaria una vita sacerdotale povera, a imitazione del Signore, degli apostoli e dei santi sacerdoti di tutti i tempi.

Senza un atteggiamento di fede contemplativa e di povertà evangelica non si farebbe altro che condurre i poveri verso un altro tipo di oppressione.


8. La fedeltà a Dio nostro Padre e all'uomo nostro fratello sarà meglio garantita quando ciascun membro del popolo di Dio si senta e agisca coscientemente come membro vivo e necessario dell'unico corpo che è la Chiesa; ove fra tutti si viva la comunione nell'amore che porta alla partecipazione gioiosa e responsabile. La missione apostolica è radicata nella presenza di Cristo risorto che vive nella sua Chiesa; per questo la Chiesa è mistero, comunione e missione. Provo una gioia particolare per la comunione e per il senso di Chiesa universale dell'episcopato colombiano, che lo mantiene in viva e affettuosa unione con il successore di Pietro e lo induce a operare corresponsabilmente come Conferenza episcopale, dando un luminoso esempio e testimonianza di unità che edifica e promuove la vita delle comunità ecclesiali. Tutti voi, sacerdoti e seminaristi diocesani e religiosi dovete continuare ad alimentare la consapevolezza che la comunione con i vostri vescovi e superiori è e sarà parte essenziale del vostro ministero, così come lo è il vostro legame fraterno con gli altri presbiteri. Ricordate che formate nel presbiterio di ogni diocesi una "fraternità sacramentale" (PO 8), che occorre costruire armoniosamente, praticando la vita apostolica per mezzo di un aiuto fraterno in tutti i campi della vita e del ministero sacerdotale.

Siate provvidi cooperatori del ministero episcopale e siate parte essenziale di una Chiesa particolare o locale, la diocesi, che è la forma concreta sotto cui esiste e vive la Chiesa universale. Il presbitero è stato scelto e inviato direttamente a costruire la Chiesa nell'ambito della diocesi presieduta dal vescovo. Da qui il necessario riferimento di ogni presbitero al vescovo, senza il quale non vi è Chiesa, poiché egli è principio di unità. E' in questa realtà di Chiesa particolare diocesana che scoprirete anche la vostra responsabilità evangelizzatrice nei confronti della Chiesa universale, ricercando canali concreti per mettere in pratica il necessario e urgente aiuto missionario. E' giunta per tutta l'America Latina l'ora di intraprendere un'evangelizzazione senza frontiere.

La dimensione necessariamente diocesana e missionaria del presbitero fa si che con il vescovo e gli altri ecclesiastici - siano essi diocesani o religiosi - egli formi un solo corpo: il presbiterio (cfr LG 28 PO 7-8). E' qui che trova un solido fondamento il pressante appello della Chiesa a tutti i religiosi, perché continuino a integrarsi pienamente nell'azione pastorale parrocchiale e diocesana, con il contributo specifico e validissimo del proprio carisma e della propria esperienza peculiare di vita apostolica. Principio fondamentale di questa comunione è la fedeltà al magistero di coloro che sono stati incaricati da Dio ad essere maestri della verità: il Papa e i vescovi (cfr LG 25). Sotto tale guida sarete integrati nella Chiesa di Cristo che è una. Nel seguire la fede e nella sincera obbedienza ai vostri pastori sta il segreto della benedizione divina e della riuscita apostolica.


9. La mia parola, unita al mio affetto, si rivolge ora in modo particolare a voi, seminaristi diocesani e religiosi, che avete ascoltato la chiamata del Signore, a dedicarvi più pienamente alla costruzione del regno di Dio. Mi riempie di speranza e di consolazione constatare la fioritura che si ha in Colombia di vocazioni sacerdotali e religiose. A Medellin avro la gioia di ordinare un folto gruppo di sacerdoti e potro riferirmi nuovamente a questo tema tanto importante per la vita della Chiesa. Continuate con impegno la vostra preparazione in seminario. Il Concilio non esita ad affermare che "i seminari maggiori sono necessari per la formazione sacerdotale" (OT 4), poiché il clima di serietà, di pietà liturgica e personale, di studio, di disciplina, di convivenza fraterna e di iniziazione pastorale che deve caratterizzare il seminario, è il mezzo più adeguato per la preparazione al sacerdozio. Considerate dunque il seminario come vostra propria e specifica famiglia, e come la prima scuola di fedeltà a Cristo e alla Chiesa.

In questo modo si manifesta anche l'urgenza che le facoltà di teologia e filosofia, che contribuiscono all'abilitazione dottrinale dei futuri sacerdoti e di altri animatori della comunità ecclesiale, prestino il loro valido e imprescindibile servizio in una stretta unità di criteri con i vescovi, in perfetta armonia con l'insegnamento del magistero, e offrendo agli alunni una dottrina sicura, senza cedere alla facile attrattiva di teorie o ipotesi più o meno fondate sulle ragioni umane, che seminano il dubbio e l'incertezza.


10. Fratelli: so che così come avete preparato con amore questa visita pastorale, mi seguirete anche durante il mio pellegrinaggio apostolico, con il cuore aperto per ricevere il messaggio del quale voglio essere portatore nell'amata Colombia.

Accoglietelo già oggi, come prova del mio affetto e sollecitudine per tutti voi.

Attraverso il nostro ministero siamo legati in special modo alla nostra Madre sacerdotale, la Vergine Maria, la Vergine fedele che "sotto la guida dello Spirito Santo si consacro pienamente al mistero della redenzione umana" (PO 18). Affidiamo dunque tutti questi aneliti, tutte queste aspirazioni e intenzioni alla Vergine del Rosario di Chiquinquira, vostra patrona, in questo Anno mariano nazionale. A tutti impartisco con affetto la mia benedizione apostolica.

Data: 1986-07-01 Martedi 1 Luglio 1986




Alla cittadinanza, dal palazzo vescovile - Bogota (Colombia)

La fede deve farsi fedeltà


Cari fratelli e sorelle di Bogotà e della Colombia intera.


1. Nel mio gioioso tragitto per le strade di questa città, dell'aeroporto "El Dorado", ho notato il vostro fervore spirituale e il vostro traboccante entusiasmo; ho apprezzato la vostra sincera devozione e amore profondo a Colui che la mia povera persona rappresenta, e ho captato le vostre intense grida di speranza: la speranza che in voi suscita il messaggio salvifico di Gesù.

Grazie per la vostra cordiale accoglienza e per la vostra ospitalità.

Grazie per esservi riuniti in questa storica piazza per ricevere il Papa in un clima di festa ecclesiale. Grazie per aver aperto il vostro cuore al successore di Pietro che viene a confermare nella fede la grande famiglia colombiana.

Vi saluto tutti. E vorrei salutarvi ad uno ad uno per rendervi partecipi, in modo più espressivo, dell'amore che vi porto. Vorrei accostarmi alle vostre famiglie, confortare i vostri malati, incoraggiate i giovani, benedire i bambini. I signori cardinali, l'arcivescovo primate, il presidente della Conferenza episcopale e gli altri vescovi qui presenti, sono testimoni della sollecitudine e dell'affetto pastorale che provo per voi. Chiedo a Dio che la mia visita pastorale abbondi in copiosi frutti di vita cristiana e di rinnovamento sociale nella cara Colombia!


2. Ci troviamo in piazza Bolivar, centro ideale di questa metropoli della Repubblica di Colombia: Bogotà, illustre da secoli per la sua cultura. Infatti, sia la cultura autoctona colombiana che la cultura moderna hanno qui espressioni molto significative; d'altra parte, le sue istituzioni universitarie e le sue accademie hanno fatto di questa capitale un centro di creazione e di irradiazione.

Ma Bogota si è distinta altresi per la nobiltà della sua gente, protagonista, nel corso di quasi quattro secoli e mezzo, di non poche gesta di alto valore patriottico che intessero la storia della Nazione e le conferirono la sua fisionomia giuridica, la sua libertà democratica e la sua solidità di Stato indipendente, orientando il suo cammino verso grandi imprese e verso un destino glorioso.


3. Con voi, abitanti di Bogota, condivido la gioia di questo incontro, che è anzitutto incontro di fede, dono di Dio all'uomo, che vi è stata trasmessa con il ministero dei pastori della Chiesa e che avete ricevuto, dall'infanzia, dalle labbra dei vostri genitori e maestri cristiani. Sono venuto nel vostro Paese come pellegrino della fede, e continua ad essere significativo il fatto che il mio itinerario pastorale sui sentieri della Colombia cominci proprio in questa città di Santa Fé. 448 anni fa, gli spagnoli giunsero su questo altipiano e, presso le vette di Monserrate e Guadalupe, con vista sull'augusta pianura, fondarono la città di Santa Fé di Bogota. Una piccola cappella di paglia e dodici umili capanne in onore dei dodici apostoli segnarono l'inizio di quella che è oggi una vasta e possente metropoli. Qui, nello stesso luogo in cui si innalza oggi la cattedrale, si celebro la prima Messa il 6 agosto 1538. In questo splendido tempio che è la vostra cattedrale metropolitana e primaziale si conservano, quale tesoro inestimabile, il calice e i paramenti liturgici del primo sacrificio eucaristico offerto al Padre come rendimento di grazie e come impegno di perenne fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa.


4. La vostra città nacque, dunque, sotto il segno della fede, e sotto il segno della fede trinitaria dovete vivere sempre. Fede in Dio uno e trino, Padre provvido della nostra vita e Signore dei nostri destini. Fede in Gesù Cristo, nostro Salvatore e Redentore che dovete conoscere e amare sempre più. Fede nello Spirito che santifica la nostra vita e ispira nell'anima aneliti di pace e di giustizia, di concordia e di amore. Fede anche nella Chiesa, madre e maestra, accettando liberamente e pienamente i suoi insegnamenti e stringendo sempre più la comunione tra i fratelli, tra le comunità, con i vescovi e il successore di Pietro. Una fede che deve farsi fedeltà: fedeltà senza ombre, fedeltà costante e in tutto: nella vostra vita religiosa, nelle vostre relazioni familiari e sociali, nel lavoro, nello svago, in tutti i momenti dell'esistenza, fedeltà alla vostra tradizione cattolica, nella quale trovate luce per il cammino del futuro, garanzia della vostra perseveranza, e risposta alle vostre legittime aspirazioni.

La fede in Cristo vi rende figli di Dio (cfr Ga 3,26). La fede opera attraverso la carità (cfr Ga 5,6); va unita alla pietà (cfr Tt 1,1); opera meraviglie (cfr Jn 14,12) e suscita gioia pace e speranza (cfr Rm 15,13). Sono venuto a confermarvi e a rafforzarvi nella fede. Vi esorto, dunque, a ravvivare la vostra fede. Che la fede cristiana continui ad essere il vostro impegno quotidiano e il vostro marchio di gloria; e che Bogota, fedele alle sue origini, continui ad essere sempre la Città della Santa Fede. Pertanto, a garanzia della protezione divina e invocando Maria, nostra Madre amatissima, vi imparto di cuore la mia benedizione apostolica.

Data: 1986-07-01 Martedi 1 Luglio 1986




A politici, imprenditori e intellettuali - Bogota (Colombia)

Siate pionieri del rispetto dei diritto dell'uomo


Signor presidente della Repubblica, distinti partecipanti a questo incontro.


1. Vi saluto, illustri partecipanti dei ceti dirigenti della Colombia e vi ringrazio per la vostra presenza qui per assistere a uno dei miei primi incontri di questa visita apostolica, tanto desiderata, alla vostra amata patria. Sono particolarmente grato al signor presidente della Repubblica, per aver messo a disposizione la residenza presidenziale per questa riunione e per aver presentato con parole così commoventi questo gruppo qualificato di persone di particolar rilievo nella vita della Nazione. Desidero esprimere il mio apprezzamento e il mio ringraziamento per la campagna di studio e di meditazione che avete condotto sulla mia enciclica "Laborem Exercens", allo scopo di un maggior approfondimento della dottrina sociale della Chiesa. Il fatto stesso che questo evento si realizzi qui, nella Casa di Narino, sede dei presidenti della Colombia, rappresenta una prova ulteriore di quella realtà significativa che potremmo chiamare la particolare vocazione cristiana della Colombia a quasi cinque secoli di distanza dall'arrivo della buona novella in questa terra benedetta da Dio. Il nobile popolo colombiano, che desiderate servire contribuendo al suo autentico progresso in tutti i campi, ha fatto suo il messaggio evangelico che, nel corso della sua storia gloriosa, ha contraddistinto la sua vita e i suoi costumi. Da questo fatto scaturiscono per i dirigenti del Paese delle responsabilità riguardo a quella che ho chiamato la particolare vocazione cristiana della Colombia, e che devono guidare la vostra vita e le vostre funzioni sia come cittadini investiti di autorità sia come credenti. Le mie parole di questo pomeriggio vogliono rendervi partecipi di alcune riflessioni che vi aiuteranno ad assumere quelle responsabilità come colombiani qualificati e come laici nella Chiesa, affinché questa società si ispiri sempre più ai valori immortali del Vangelo di Cristo e la facciano progredire nel cammino della pace, della giustizia e dell'uguaglianza di tutti i colombiani senza distinzione di origine né di condizione sociale.


2. Nel vostro percorso di dirigenti vi siete sforzati di cercare le strade, di superare gli ostacoli e di creare le condizioni che permettano la nascita di una nuova società in Colombia. In questa circostanza mi tornano in mente le parole del mio venerato predecessore, Papa Paolo VI, pronunciate durante la sua indimenticabile visita in questa stessa capitale: "Comprendete e intraprendete con coraggio, uomini dirigenti, le innovazioni necessarie per il mondo che vi circonda... E non dimenticate che alcune crisi della storia avrebbero potuto avere altri orientamenti, se le riforme necessarie avessero tempestivamente prevenuto, con sacrifici coraggiosi, le rivoluzioni esplosive della disperazione". Senza dubbio avrete meditato più volte su questo profetico appello. Conoscete, stimati dirigenti, la realtà del nostro mondo e più specificatamente quella dei Paesi latinoamericani, e siete consapevoli del fatto che il loro cammino verso il progresso suscita non pochi e grandi interrogativi.

Nell'enciclica "Populorum Progressio" Papa Paolo VI segnalava una malattia del mondo, che egli identificava con la mancanza di fraternità tra gli uomini e tra i popoli. A questo proposito, nella mia enciclica "Dives in Misericordia" (DM 77) ho voluto porre in risalto il fatto che sul mondo gravita una inquietudine morale, che va aumentando in rapporto all'uomo e al destino dell'umanità, soprattutto rispetto alle profonde disuguaglianze tra le nazioni e all'interno delle stesse.

Come si fa a non vedere tale inquietudine nei popoli dell'America Latina e in particolar modo tra i giovani, che rappresentano la maggioranza nei paesi di questo continente? Questa inquietudine morale è alimentata dai fenomeni della violenza, della disoccupazione, dell'emarginazione e da altri fattori che provocano lo squilibrio, minacciando la pacifica convivenza umana. Nel guardare spassionatamente il panorama della vostra patria non avete anche voi una chiara impressione della presenza di questa inquietudine morale nella vostra società? La Chiesa, che ha fiducia in voi e vi chiede di essere gli artefici della costruzione di una società più giusta, vi invita a riflettere con me su questi temi di grave importanza. Verso una civiltà dell'amore


3. Si tratta di una società in cui la laboriosità, l'onestà, lo spirito di partecipazione in tutti i settori e a tutti i livelli, l'attuazione della giustizia e della carità, siano una realtà. Una società che porti il sigillo dei valori cristiani come il più forte fattore di coesione sociale e come miglior garanzia per il suo futuro. Una convivenza armoniosa che elimini le barriere che ostacolano l'integrazione nazionale e costituisca la cornice dello sviluppo del paese e del progresso dell'uomo. Una società in cui siano tutelati e preservati i diritti fondamentali della persona, le libertà civili e i diritti sociali, nella piena libertà e responsabilità, e nella quale tutti si elevino al nobile servizio del Paese, realizzando così la loro vocazione umana e cristiana. Elevazione che deve proiettarsi nel servizio dei più poveri e bisognosi, nelle campagne e nelle città. Una società che viva in un ambiente di pace, di concordia; nella quale la violenza e il terrorismo non estendano il loro tragico e mortale dominio, e le ingiustizie e le disuguaglianze non conducano alla disperazione importanti settori della popolazione, inducendoli a comportamenti che lacerano il tessuto sociale. Un paese nel quale la gioventù e l'infanzia possano formarsi in un'atmosfera di purezza, nella quale l'anima nobile della Colombia, illuminata dal Vangelo, possa brillare in tutto il suo splendore. Verso tutto ciò, che possiamo chiamare civiltà dell'amore (cfr Puebla, n. 8), devono rivolgersi sempre più i vostri sguardi e i vostri propositi. Vincere gli ostacoli


4. Nel realizzare questa nuova civiltà, incontrate gravi ostacoli, non facili da superare, che pero non devono scoraggiarvi nei vostri compiti. Alcuni provengono dall'esterno e altri hanno origine all'interno della vostra stessa società. Tra i primi sarebbe da menzionare la grave crisi economica che tutto il mondo sta affrontando in questi ultimi anni e che ha intaccato soprattutto i paesi meno fortunati. Le difficoltà dei paesi più progrediti hanno portato, nel tentativo di risolvere i loro problemi, rendendo sempre più critica anche la situazione dei paesi meno prosperi, a un accrescimento e a un aggravamento dei problemi di questi ultimi. In più occasioni la Chiesa ha intercesso per la ricerca e il consolidamento di una unità tra i popoli, di una comunità internazionale, nella quale le nazioni vengano rispettate nella loro identità e diversità, e aiutate solidalmente per il raggiungimento del bene comune. La questione sociale ha acquisito dimensioni mondiali; le relazioni di giustizia e solidarietà tra ricchi e poveri costituiscono una priorità. Ne consegue, con tutto il suo vigore, l'urgenza di uno sviluppo integrale, "di ogni uomo e di tutto l'uomo" (PP 14). Le popolazioni povere non possono pagare costi sociali intollerabili, sacrificando il diritto allo sviluppo, dal quale rimangono esclusi, mentre altre popolazioni gioiscono nell'opulenza. Il dialogo tra i popoli è indispensabile per arrivare ad accordi equi, nei quali non tutto rimanga soggetto a un'economia ferreamente tributaria delle leggi economiche, senza anima e senza criteri morali.

Qui si inscrive l'obbligo di rispettare una solidarietà internazionale, che oggi ha una particolare incidenza sul problema del debito estero, che opprime l'America Latina e altri Paesi del mondo.


5. Un'altra serie di ostacoli proviene dalla società stessa. Alcuni non dipendono totalmente dalla vostra volontà, e il loro superamento richiederà tempo e sforzi, data l'insufficienza delle infrastrutture economiche, la scarsezza dei mezzi di finanziamento e di tecnologie avanzate, la debolezza del mercato interno. Ci sono pero degli ostacoli che sono imputabili alla responsabilità dei cittadini, e che possono e devono essere corretti prima possibile. So che questi sono oggetto della vostra preoccupazione, e che nello stesso tempo costituiscono delle minacce alla creatività e alla ricerca di soluzioni. Tra questi fattori che ostacolano lo sviluppo ritroviamo la violenza, la mancanza di sicurezza, il contrabbando, la distribuzione ingiusta delle ricchezze, le attività economiche illecite e inoltre, come è noto, il massiccio trasferimento all'estero di capitali che sono indispensabili nel Paese. Una delle conseguenze di questo accumulo di difficoltà è il fenomeno della disoccupazione, che tocca il cuore del problema sociale per il diritto al lavoro e alla sua eminente dignità, come ho espresso con maggiore ampiezza nella mia enciclica "Laborem Exercens" (LE 18). Siete consapevoli delle difficoltà di una sana politica dell'occupazione nelle attuali circostanze economiche, pero sapete anche che la creazione di nuovi posti di lavoro e di un livello salariale equo è un fattore imprescindibile per garantire il futuro ed evitare ingenti mali nelle famiglie non protette e nell'ordine nazionale tutto.


6. Permettetemi, cari imprenditori, di rivolgervi una parola fiduciosa e pressante. Essendo voi imprenditori cristiani, non potete concepire l'impresa se non come una comunità di persone; di conseguenza, il punto di riferimento della vostra gestione economica deve sempre essere l'interesse per tutto il genere umano. così affermavo tre anni fa agli imprenditori italiani a Milano (22 maggio 1983): "Anche nei momenti di maggior crisi, se si vuole realmente realizzare una comunità di persone nel lavoro, è necessario tenere in conto l'uomo concreto, e i drammi non solo individuali, ma anche familiari, ai quali condurrebbe inesorabilmente il ricorso al licenziamento". Vi invito ad accrescere i vostri sforzi, nel senso della creatività, della giustizia e della generosità affinché si moltiplichino i posti di lavoro. Con questi e con altri sforzi simili, è necessario contribuire efficacemente per ridurne il più possibile il divario tra ricchi e poveri, che a volte si allarga in modo allarmante (Puebla, n. 1209).


7. In aperto contrasto con la civiltà dell'amore, appare con caratteristiche inquietanti lo spettro della violenza che fa sentire la sua sequela di dolore e morte in tante parti del mondo. Assistiamo, non senza disappunto ai reiterati attacchi alla pace da parte delle più varie forme di violenza, la cui espressione estrema e nefasta è il terrorismo, che ha le sue radici in fattori sia politici che economici, aggravati dall'interferenza delle ideologie, provenienti dall'estero e, non poche volte, dal crollo dei valori morali fondamentali. Per il Papa è un dovere prioritario intercedere per la pace di fronte a una società seriamente minacciata dal flagello della violenza. La Colombia ha compiuto sforzi notevoli per il conseguimento della pace nel suo territorio e nei paesi fratelli. Seguitate a porre tutto il vostro impegno nel perseguire la pace e nel consolidarla; da parte mia formulo ferventi voti affinché i colombiani ottengano questo dono tanto prezioso del quale avro opportunità di occuparmi in altri momenti della mia visita pastorale. I mezzi


8. Il compito di cui siete incaricati è immenso e sarà solamente il risultato di uno sforzo costante e prolungato nel tempo. Ma se la soluzione dei problemi materiali non può essere immediata, è pero possibile fare, fin d'ora, una società più giusta. Si, è possibile ottenere una distribuzione più giusta degli sforzi e dei sacrifici necessari. Si, si può stabilire un ordine di priorità che consideri l'uomo soggetto e non oggetto dell'economia e della politica. Possedete lo strumento più importante per conseguire questi obiettivi.

La maggior ricchezza e il maggior capitale di un Paese è rappresentato dai suoi uomini, e la Colombia è un Paese ricco di umanità e di cristianesimo. Esiste tra voi un gran numero di dirigenti dalla elevata competenza professionale, e ancor più numerosi sono coloro che si stanno preparando. Potete contare su una provata tradizione democratica, con non pochi anni di esperienza. Avete un paese potenzialmente ricco, con diverse risorse e con possibilità di vario tipo. Mettete tutto questo al servizio di una patria che ha bisogno di voi, lasciando da parte l'egoismo e superando gli antagonismi politici che impediscono il conseguimento solidale del bene comune. Avete inoltre il maggior tesoro, la maggior ricchezza che può avere un popolo: i solidi valori cristiani radicati nel vostro popolo e in voi stessi, che è giusto ravvivare, riscattare e tutelare. Valori profondi di rispetto della vita, dell'uomo; valori di generosità e di solidarietà; valori di capacità di dialogo e di ricerca attiva del bene comune. Essi rappresentano una forza cui sapete ricorrere in momenti di particolare pericolo, o quando le calamità dovute a disastri tellurici vi hanno colpito. Come si sente, in questi momenti, la forza della fraternità! Come si lasciano da parte altri interessi per rispondere alla necessità del fratello!


9. Se in momenti di particolare gravità sapete porre in atto queste riserve umane e spirituali, vuol dire che la sola cosa di cui avete bisogno è una forte motivazione a fare lo stesso nel compito meno spettacolare, pero non meno urgente, di ricostruire e rendere più prospera e più giusta la vostra Nazione. E quale maggiore motivazione a questo proposito posso proporvi se non ricordarvi la dottrina contenuta nella costituzione pastorale "Gaudium et Spes" del Concilio Vaticano II? Nel trattare della dignità della persona umana, il Concilio ci propone Cristo come colui che restaura ed è prototipo della nostra dignità. "Egli è l'immagine dell'invisibile Dio (Col 1,15). Egli è l'uomo perfetto, che ha restituito ai figli d'Adamo la somiglianza con Dio, resa deforme già subito agli inizi a causa del peccato. Poiché in lui la natura umana è stata assunta, senza per questo venire annientata, perciò stesso essa è stata anche in noi innalzata a una dignità sublime... Il cristiano, poi, reso conforme all'immagine del Figlio che è il primogenito tra molti fratelli, riceve le primizie dello Spirito (Rm 8,23)" (GS 22). Ogni volta che vi incontrate con un vostro concittadino, povero o bisognoso, se lo guardate veramente con gli occhi della fede, vedrete in lui l'immagine di Dio, vedrete Cristo, vedrete un tempio dello Spirito Santo e vi accorgerete che ciò che avete fatto a lui lo avete fatto a Cristo stesso.

L'evangelista Matteo pone queste parole sulla bocca del Signore: "In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40). 10. Da questa casa di Narino, nella quale ci incontriamo, sono state emanate un giorno le dichiarazioni dei Diritti dell'Uomo e le idee che furono il seme della vostra nazionalità. Siate anche voi pionieri in questo rispetto integrale dei diritti dell'uomo, immagine di Dio. Da questo appuntamento storico, cari dirigenti della Colombia, spero usciate più fermi e fiduciosi nel vostro impegno cristiano verso una società che vi ha dato molto e che molto spera da voi. Ricevete queste considerazioni come espressioni del mio affetto di pastore e della speranza che la Chiesa ripone in voi per un avvenire più giusto e promettente per tutti. Invoco su voi, sui vostri collaboratori, sulle vostre famiglie e sulla vostra amata Nazione, le benedizioni e le grazie di Colui che si fece nostro fratello, affinché vivessimo come figli di uno stesso Padre.

Data: 1986-07-01 Martedi 1 Luglio 1986





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