GPII 1986 Insegnamenti - Agli abitanti dei Barrios, parco "El Tunal" - Bogota (Columbia)

Agli abitanti dei Barrios, parco "El Tunal" - Bogota (Columbia)

Il lavoro è un cammino di liberazione


Cari fratelli e sorelle in Cristo.


1. Sono felice di trovarmi tra voi, uomini e donne di Bogota, che lavorate in questa popolosa metropoli la cui vita pulsante e la crescita urbanistica dipendono in buona parte dalla vostra azione laboriosa e tenace. In questo giorno, la mia parola vuole arrivare a tutti i lavoratori della Colombia, nelle diversità delle professioni e degli impieghi, che si sforzano di costruire una città più umana, più accogliente per le persone e le famiglie, nella quale si vada consolidando la speranza di un domani migliore. Non ho bisogno di dirvi quanto sono vicino alle vostre gioie e tristezze, ai vostri timori e alle vostre speranze, perché il mio cuore - lo sapete bene - è uguale al vostro, il cuore di un lavoratore. Ascoltando la parabola dei talenti che è appena stata proclamata, leviamo con fiducia il nostro sguardo verso Cristo Gesù, il quale con la sua propria attività santifico il lavoro, e al quale dovremo rendere conto dei doni ricevuti. Tra di voi ci sarà chi incontra molte soddisfazioni nel lavoro. Un lavoro sicuro, con un salario sufficiente per poter sostenere la propria famiglia; felici di poter offrire ai figli una tavola ben fornita, in una casa decente e accogliente, poterli vestire bene, dar loro una buona educazione mirando a un futuro migliore. Siate sempre grati a Dio per tutto questo. Ma ci sono anche molti con grandi difficoltà. Mi riferisco a quanti tra voi soffrono nel vedere i loro figli senza il necessario per sfamarsi, vestirsi, per la loro educazione; o che vivono nello spazio ristretto di una stanza, senza neppure i servizi più elementari, lontani dai vostri posti di lavoro; un lavoro a volte mal pagato e incerto, angustiati per l'insicurezza del futuro. E ci sono anche, purtroppo, molti tra di voi che sono vittime della disoccupazione.

Soffrite perché non avete un lavoro, dopo averlo cercato inutilmente e nonostante il fatto di essere in grado di farlo. Queste difficili situazioni mi commuovono profondamente e sono legate a tutta una serie di fattori che incidono nel complesso fenomeno del mondo del lavoro. Nella mia Enciclica "Laborem Exercens" ho considerato il lavoro dell'uomo come chiave essenziale di tutta la questione sociale, poiché una soluzione graduale della stessa richiede indiscutibilmente una maggiore umanizzazione del lavoro e della vita del lavoratore. Vi invito, quindi, questo pomeriggio, cari fratelli lavoratori, a riflettere insieme su alcuni aspetti del lavoro umano partendo dalla prospettiva del Vangelo, fonte di luce e speranza, che nobilita e rende degna ogni attività autenticamente umana.


2. Nel piano di Dio, il lavoro costituisce una dimensione fondamentale della persona. In effetti, per mezzo del lavoro l'uomo partecipa all'opera del Creatore e contemporaneamente cresce nel suo proprio essere, si perfeziona e si realizza, sottomettendo la materia al suo servizio. L'uomo è responsabile di tutti i beni che Dio gli ha affidato sin dal principio. Anche voi siete responsabili, uomini e donne di Colombia. Il Creatore si è compiaciuto nel dotare largamente questa vostra terra di immense risorse. Su di voi grava, pertanto, la responsabilità di farli fruttificare affinché servano per il benessere di tutti. Nessuno deve dimenticare che i beni che Dio ha affidato all'uomo hanno un destino universale e, di conseguenza, non possono essere patrimonio esclusivo di pochi, siano questi individui, gruppi o nazioni. Per questo, chi ha la responsabilità di amministrare i beni della creazione deve tenere presente, conformemente alla volontà divina, non solo le proprie necessità, ma anche quelle di tutti gli altri, in modo che nessuno, ma soprattutto i più poveri, rimanga escluso dall'accesso a questi beni. Avete bisogno del lavoro per far fronte alle necessità vitali. Ma il lavoro, più che una necessità biologica, è una necessità morale. L'uomo si realizza mediante la sua opera creativa, è attraverso questa che percepisce meglio la sua condizione di immagine di Dio, padrone e signore della creazione; attraverso il lavoro si fa più uomo. Pertanto è ovvio come il lavoro sia anche un cammino di liberazione; bisogna liberare il lavoro da tutto quello che impedisce la crescita dell'uomo come immagine di Dio. Il lavoro deve sempre elevare la persona nella sua dignità e mai degradarla. Quindi l'uomo ha bisogno del lavoro per la sua realizzazione come tale, ha diritto ad esso, a un'occupazione degna che contribuisca al suo perfezionamento. Già si vede quanto è grave e importante il problema della mancanza di posti di lavoro per tutti e, nonostante il vostro impegno e la vostra preparazione professionale, non tutti potete accedere ad essi.

La soluzione di questo gravissimo problema non è facile, ma per trovarla devono essere intraprese le opportune iniziative dei poteri pubblici e delle persone ed enti che possono contribuire a creare posti di lavoro che permettano ai disoccupati di trovare un'occupazione dignitosa e giustamente remunerata. Come ha indicato il mio venerato predecessore Paolo VI nel suo discorso alla Conferenza Internazionale del Lavoro, nel 1969, è necessaria la "partecipazione organica" di tutte le forze sociali e di tutte le associazioni impegnate a trovare soluzioni per problemi così assillanti. Particolare attenzione da parte dei responsabili meritano le cooperative e le organizzazioni di artigiani, che potrebbero, con un aiuto adeguato che favorisca i crediti e la formazione professionale, dare un valido contributo per alleviare il grave problema della disoccupazione.


3. Tutti voi che lavorate per guadagnare il pane di ogni giorno dovete lodare Dio perché potete farlo dignitosamente e onestamente. Il lavoro, che porta sempre il marchio della dignità umana, non è superiore o più dignitoso perché è oggettivamente più importante o meglio remunerato; anche i lavori più umili e faticosi hanno come distintivo proprio la dignità personale. Di conseguenza, non dimenticate che la dignità del lavoro dipende non tanto da quello che si fa, quanto da chi lo fa; e, nel caso dell'uomo, si tratta di un essere spirituale, intelligente e libero. Pertanto respingete tutti i lavori che degradano l'uomo o la donna, come sono quelli contrari alla legge morale, o quelli che attentano alla vita delle persone, inclusi coloro che ancora non sono nati. Con questa base ferma di una dignità comune a tutti, la dottrina sociale della Chiesa ricorda che la solidarietà è un'esigenza prioritaria dell'amore e della giustizia. L'uomo non può rinchiudersi nel suo egoismo volgendo le spalle alle necessità degli altri o alle richieste della società, come insegna la recente Istruzione su liberà cristiana e liberazione (n. 73); infatti, "la dottrina della Chiesa si oppone a tutte le forme di individualismo sociale o politico". Si, amati lavoratori, tutti gli egoismi, come quello del servo negligente, del quale ci parla la lettura del Vangelo, sono sintomi di una fede debilitata o inesistente.

La vera fede rende presente con tutta la sua urgenza e drammaticità le esigenze dell'amore e della giustizia, come riconoscimento del diritto della persona umana ad essere più persona, a crescere individualmente e collettivamente in dignità.

Il principio di solidarietà richiede che gli interessi particolari si sottomettano all'interesse generale. Questo acquista valore anche in relazione con il lavoro e le sue circostanze particolari, sia rispetto ai livelli di remunerazione, sia rispetto all'urgenza di creare nuovi posti di lavoro o riconoscerne il diritto a coloro che già lo hanno.


4. Nell'enciclica "Laborem Exercens" ho voluto far riferimento a tutta la gamma dell'attività umana nei suoi campi e differenti settori, che anche voi rappresentate nella società colombiana. Desidero ora rivolgermi, in modo particolare, ai campesinos, ai quali la Chiesa dedica una particolare cura pastorale. Voi, uomini e donne dei campi, adempite pienamente al mandato del Signore di sottomettere la terra, estraendo da essa i beni necessari per il sostentamento di tutti. Quanti tra di voi passano la vita nel duro lavoro dei campi con salari insufficienti, senza la speranza di ottenere anche un piccolo pezzo di terra in proprietà e senza che arrivino anche a voi i benefici di una riforma agraria opportunamente programmata, audace ed effettiva. E voi che siete piccoli proprietari, quante difficoltà dovete affrontare per ottenere crediti sufficienti, tempestivi e con interessi moderati; quanta insicurezza per i raccolti e rischi per la vita stessa e l'integrità personale! Ma questi problemi si aggravano anche di più quando nei campi arriva anche il flagello della disoccupazione. Vi prende allora la tentazione seduttrice per la città, nella quale non poche volte, purtroppo, vi vedete obbligati ad accettare condizioni di vita ancora più disumanizzanti. Questa non è la soluzione. Con la collaborazione solidale di tutti, animata da spirito cristiano, per mezzo istanze a con il necessario aiuto da parte degli organismi dello Stato, è urgente favorire la creazione e il funzionamento efficace di strutture organizzative che ispirate da una volontà di servizio e libere da ogni influenza che distorca il loro scopo, si consacrino alla ricerca e messa in pratica di forme di difesa, tutela e appoggio del mondo contadino, e facciano pressione per migliorare la fornitura dei servizi di educazione, alloggi, salute, sicurezza, ecc. Anche il vostro lavoro, uomini e donne dell'industria, dell'edilizia, del commercio, dei servizi, è oggetto della sollecitudine del Papa e merita una parola di considerazione e di stimolo. Molti di voi sono organizzati in sindacati, e ne sono particolarmente compiaciuto perché qui, in Colombia, generazioni di capi sindacali si sono formate nel seno della Chiesa, il che comporta particolari esigenze di impegno cristiano per portare il "Vangelo del lavoro" al mondo operaio e lavoratore.


5. A questo riguardo, desidero incoraggiarvi vivamente ad approfondire la conoscenza della dottrina sociale della Chiesa e a porre tutta la vostra fiducia nei suoi orientamenti, i quali non cercano altro che il bene di ognuno in particolare e della società nel suo insieme, oltre che di rendere degna la vostra persona e la vostra attività; il riconoscimento dei vostri legittimi diritti e obblighi; il giusto salario come una verifica concreta della giustizia del sistema socio-economico, mediante il quale potete accedere ai beni che il Creatore ha destinato per tutti; la necessaria armonia e collaborazione tra capitale e lavoro e molti altri aspetti che favoriscono la giustizia sociale e il bene comune, in ordine al progresso integrale, materiale e spirituale, economico e sociale, personale e comunitario di tutti i membri della società. La dottrina sociale della Chiesa ispira la prassi cristiana nella sua nobile lotta per la giustizia, ma esclude, perché estranea al Vangelo, la lotta programmata di classe, che porta a nuove forme di schiavitù. Questa dottrina sociale insegna che non devono crearsi odiose discriminazioni rispetto al lavoro che possono realizzare uomini e donne, e alla loro giusta remunerazione. Pero insegna anche che un giusto salario familiare deve permettere alla donna che è madre di dedicarsi ai suoi insostituibili compiti di cura ed educazione dei figli, senza che si veda obbligata a cercare fuori dalla sua casa una remunerazione complementare a scapito delle sue funzioni materne, che devono essere socialmente rivalutate per il bene della famiglia e della società. Sapete bene che nel vostro paese molti bambini si vedono obbligati a lavorare già da molto presto, per aiutare con le loro modeste entrate il loro sostentamento e quello della loro famiglia. Molti di questi lavori, realizzati in condizioni fisiche e morali poco salubri, pregiudicano e ostacolano la loro istruzione e formazione fisica, psicologica e morale. E' urgente che troviate vie di soluzione ad un problema così grave.


6. Amati fratelli e sorelle: la Chiesa considera come un suo dovere il pronunciarsi sul lavoro dal punto di vista del suo valore umano e dell'ordine morale. Mediante il lavoro potete avvicinarvi a Dio, Creatore e Redentore, e partecipare ai suoi piani di salvezza rispetto all'uomo e al mondo. In unione con Cristo, che passo la maggior parte della sua vita dedicandosi al lavoro manuale nella sua umile bottega di carpentiere, essendo conosciuto come "il carpentiere" (cfr Mc 6,3), potete contribuire al bene delle vostre famiglie e degli altri membri della società, e far si che con i vostri sforzi si sviluppi ogni giorno di più l'opera del Creatore. Dio, come il signore della parabola che abbiamo ascoltato, ci ha affidato un cero numero di "talenti" che dobbiamo far fruttificare. Sono, prima di tutto, i "talenti" della grazia divina per ottenere la vita eterna; i "talenti" dell'intelligenza, delle virtù, delle energie per impegnarsi con onestà e competenza nel proprio lavoro. Dall'altro lato, la Sacra Scrittura, insieme alla necessità del lavoro, insegna anche la necessità del riposo. Il mio venerato predecessore Giovanni XXIII ricordava come il riposo costituisce un diritto e una necessità (MM 220ss). Imparate a riposare a beneficio del corpo e dello spirito, godete delle oneste distrazioni e dell'unità delle vostre famiglie; e ricordate specialmente che come creature e figli di Dio, come popolo di Dio, siamo chiamati a riunirci ogni domenica per celebrare in famiglia la santa Messa. Ogni giorno tutto ci viene dalle mani di Dio, la sua provvidenza ci protegge, la sua bontà ci ama, la sua misericordia ci perdona. Come non riunirci ogni domenica per ringraziarlo dei suoi benefici e chiedere perdono per le nostre colpe, ascoltare la sua Parola, celebrare i suoi misteri e mangiare il Pane dei figli, "il pane dal cielo, quello vero" che il Padre ci dà? Non disprezzate l'invito domenicale a celebrare insieme l'Eucaristia. Essa è fonte di immensi benefici spirituali. E ricordate che la domenica deve contribuire all'unità della famiglia e non alla sua disgregazione. Sradicate da voi la terribile piaga dell'alcolismo, che porta tanti mali individuali, familiari e sociali, e vivete con amorosa fedeltà nelle vostre famiglie. Cristo, come voi, appartiene al mondo del lavoro. Lavorando, Gesù è per noi il più eloquente "Vangelo del lavoro". Non è realmente consolante, e motivo di stimolo e sollievo, contemplare il Figlio di Dio fatto uomo che si guadagna la vita con il lavoro delle sue mani? Egli, essendo Dio, "spoglio se stesso, assumendo la condizione di servo" (Ph 2,7) per redimere il lavoro dall'interno.


7. Fate della vostra vita di lavoro non solo un mezzo di sostentamento e uno strumento di servizio, ma anche un cammino di perfezione: ogni lavoro comporta una fatica, che unita alla Passione del Cristo, Redentore dell'uomo, diventa salvatrice per ognuno e per tutti. "Tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre" (Col 3,17). In questo modo anche voi come i servi buoni e fedeli della parabola che abbiamo ascoltato, potete entrare nella gioia del Signore, perché avete fatto fruttificare i "talenti" con i quali Dio ci ha arricchito. A voi, uomini e donne del mondo del lavoro qui presenti, a tutti i lavoratori della Colombia e alle loro famiglie, in particolare ai vostri bambini e ai vostri ammalati, impartisco con affetto la mia benedizione apostolica.

Data: 1986-07-03 Giovedi 3 Luglio 1986




Celebrazione della Parola - Tumaco (Colombia)

La Chiesa missionaria per un'evangelizzazione senza frontiere


Cari fratelli e sorelle.


1. La gioia che provo nel trovarmi oggi a Tumaco desidero esprimerla con un saluto affettuoso a tutti i presenti e a quanti spiritualmente ci accompagnano. Saluto, in primo luogo, il pastore di questo vicariato apostolico di Tumaco e gli altri pastori missionari che da qui fino alla Guajira, Casanare e all'Amazzonia, edificate, con zelo apostolico e grandi sacrifici, la Chiesa di Cristo.

Saluto i missionari e le missionarie, i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i laici, testimoni zelanti e seminatori del Vangelo. Tutti, cari missionari, siete nel mio cuore e molto presenti nelle mie preghiere. Saluto pure gli amati figli della comunità afro-americana, così come tutti gli abitanti di Tumaco e di Narino, del litorale, delle isole e delle sponde dei fiumi. Voi, tanto provati dalla natura con terremoti, mareggiate e incendi, tanto lontani nella geografia e, talvolta, piegati dalla povertà; a voi dico che siete molto amati dalla Madre Chiesa e, in essa, da me, che con profondo affetto ho voluto venire a visitarvi. In questo mio saluto affettuoso voglio abbracciare tutta la Colombia missionaria: del passato, del presente e del futuro. Desidero inoltre lasciarvi un messaggio che sia un programma missionario, come continuazione del "seguimi" evangelico, pronunciato da Gesù per tutti e per ciascuno di voi, ma specialmente per quelli che hanno voluto, vogliono o vorranno dedicare la propria vita all'annuncio del Vangelo.


2. Con quanta attualità suonano le parole del Maestro in questa bella costa colombiana. Gesù, rivolgendosi ai discepoli, come abbiamo ascoltato dal Vangelo di Giovanni, dice: "Che cercate?" (Jn 1,38). L'umanità cerca, in molti modi, Dio. Ha sete di salvezza. Desidera la vera felicità, la vera libertà. Come la terra ha bisogno della pioggia, il mondo ha bisogno del Vangelo, della buona novella di Gesù. La storia tutta si orienta verso Cristo, verso la sua verità che ci rende liberi (cfr Jn 8,32). Lo Spirito Santo conduce i popoli verso il Signore. "Lo Spirito Santo è all'origine del coraggio, dell'audacia e dell'eroismo: "dove c'è lo Spirito del Signore c'è libertà" (2Co 3,17)" ("Libertatis Conscientia", 4). Gli uomini, talvolta tra dubbi e incertezze, cercano il Messia, l'unico capace di illuminare la vita e la storia perché egli è la luce del mondo. La Chiesa fondata da Gesù Cristo ha come missione essenziale far si che questa luce arrivi fino agli estremi del globo. Pertanto la Chiesa è evangelizzatrice e missionaria: "Andate, dunque, e ammaestrate tutte le Nazioni" (Mt 28,19).


3. In questo incontro con la Chiesa missionaria di Colombia, come non ricordare che, entro poco tempo, il Nuovo Mondo compirà cinquecento anni di evangelizzazione? L'evangelizzazione di questo continente costituisce la testimonianza di una Chiesa universale, unita e apostolica, che raduna nel regno di Dio tutti i popoli, con la sua pluralità di culture e di valori umani.

Ci possiamo chiedere: donde deriva questa preoccupazione permanente della Chiesa per un'evangelizzazione senza frontiere? Fin dal principio della narrazione evangelica, constatiamo come tutti i chiamati a seguire Cristo furono chiamati anche all'evangelizzazione: "Li chiamo a sé... perché stessero con lui, e per inviarli a predicare" (cfr Mc 1,13-14). Il "restare con lui", caratteristica della sequela vocazionale (Jn 1,39 Jn 15,27), si traduce spontaneamente nell'annuncio: "abbiamo incontrato Gesù di Nazaret" (Jn 1,45). Questo incarico missionario spetta principalmente a Pietro e agli altri apostoli, come principio di unità e come stimolo della responsabilità missionaria di tutto il popolo di Dio: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura" (Mc 16,15).

Gli apostoli adempirono alla loro funzione missionaria in tutta fedeltà.

A Pietro il Signore aveva affidato la missione di mantenere l'unità, confermando nella fede gli altri apostoli (cfr Lc 22,32 Jn 21,15-17). I successori del collegio apostolico hanno diffuso instancabilmente la fede, e i Papi, come successori di Pietro, l'hanno confermata e animata, difesa e propagata. E qui è con voi, cari fratelli e sorelle, il Papa, successore di Pietro, per confermarvi nella vostra fede, nella vostra dedizione totale e nella vostra missione senza frontiere.


4. Ricordare la storia dell'evangelizzazione della Colombia è, ai giorni nostri - ormai prossimi al secondo millennio cristiano - incentivo a incrementare un'opera imprescindibile che sarà indice di vitalità della Chiesa nel futuro. La vostra "ora missionaria", quella della Colombia e di tutta l'America Latina, e l'impegno di un'eredità ricevuta. Da quasi cinque secoli, i miei predecessori si sono prodigati ininterrottamente perché non mancassero missionari che promuovessero l'evangelizzazione di questi popoli. Santa Marta, Cartagena, Popayan e Santa Fé di Bogota furono le prime comunità diocesane, pulsanti di vitalità; grazie ai suoi zelanti pastori e ai suoi infaticabili missionari, il seme del Vangelo mise molto presto radici nelle terre che allora si chiamavano Nueva Granada. Possiamo ben dire che la grazia divina opero qui meraviglie. Ancora oggi suscitano ammirazione le iniziative pastorali intraprese allora - "doctrinas", reducciones e parrocchie - per dare consistenza e ulteriore incoraggiamento alla propagazione della fede. A ragione il Concilio Vaticano II ha affermato che nelle Chiese particolari "è veramente presente e agisce la Chiesa di Cristo" (CD 11). Dimostrando particolare attenzione per i luoghi più isolati la Sede apostolica affido a Propaganda Fide alcuni territori, per primo Casanare, confidando nello zelo pastorale del santo vescovo Ezechiele Moreno, il quale sarebbe poi venuto in questa benedetta terra di Sant'Andrea di Tumaco, vicariato apostolico da venticinque anni. La nostra gratitudine ecclesiale giunga agli Ordini religiosi che andarono in missione in Nueva Grenada, come pure alle altre Congregazioni, Istituti e Associazioni che hanno svolto un'opera infaticabile per l'instaurazione e lo sviluppo della Chiesa nei territori di missione.


5. La storia delle missioni in Colombia è stata grande e gloriosa. Mediante l'attività educativa dei missionari, la Chiesa ha realizzato, allo stesso tempo, un'immensa opera culturale e ha portato il senso di Patria e di Nazione fino ai confini del territorio colombiano, non sempre facilmente raggiungibili dagli altri operatori. E se vi sono state circostanze storiche che hanno rappresentato invece degli ostacoli all'evangelizzazione, la Chiesa ha saputo soffrire amando, proseguendo con liberà nell'annuncio del Vangelo, come esempio della libertà e della disponibilità al martirio che ogni evangelizzatore deve adottare: "Noi non possiamo tacere" (At, 4,20). Lungo questa costa, da Narino a Cauca, partendo dalla sede di Pasto, il beato Ezechiele Moreno dedico tutte le sue energie per annunciare il regno di Cristo. Alcuni territori di missione si sono trasformati, negli ultimi anni, in Chiese diocesane relativamente mature e vi sono missionari, figli e figlie della Colombia, che sono già partiti per aiutare altre Chiese più bisognose. E' lecito sperare che aumenti, ogni giorno di più, lo slancio missionario al quale contribuirà senza dubbio il Terzo Congresso missionario latinoamericano che si celebrerà nel vostro Paese l'anno prossimo. Nel ricordare la storia della vostra evangelizzazione e della vostra responsabilità missionaria, sembra di udire ancora, in questa costa colombiana, l'eco del "seguimi" di Gesù. E io scorgo nei vostri volti e intuisco nei vostri cuori, la stessa risposta dei primi apostoli: "Seguirono Gesù.. si fermarono presso di lui... abbiamo trovato... Gesù di Nazaret" (Jn 1,34-45).


6. Il segno della maturità di una Chiesa è sentirsi ogni giorno più missionaria.

Noi tutti abbiamo ascoltato la chiamata del Signore che ci invita a seguirlo per farlo conoscere ai fratelli. Qualche volta sentiamo la tentazione di rinchiuderci nei nostri problemi e necessità, dimenticando il compito senza frontiere della redenzione e della missione. "Nonostante tali avversità, la Chiesa ravviva sempre la sua aspirazione più profonda, quella che le viene direttamente dal maestro: A tutto il mondo! A tutte le creature! fino agli estremi confini della terra!" (EN 50). Quanti giovani sentono oggi il richiamo seducente di Cristo e decidono di rischiare tutto per lui! Quante famiglie si prestano ad evangelizzare pienamente la loro cerchia familiare di "Chiesa domestica" (cfr LG 11) e tutta la sfera di influenza nella società umana ed ecclesiale! Tutti hanno bisogno di sperimentare che la missione è il dinamismo operante di Cristo presente nella Chiesa. La Chiesa è segno "di una nuova presenza di Gesù, della sua dipartita e della sua permanenza. Essa lo prolunga e lo continua. Ed è appunto la sua missione e la sua condizione di evangelizzatore che, anzitutto, è chiamata a continuare" (EN 15). Infatti la Chiesa, che si sente unita a Cristo, non può fare a meno di essere missionaria; poiché la vitalità missionaria scaturisce spontaneamente dall'essenza stessa della Chiesa, come corpo vivo di Cristo che vuole diffondersi in tutti i luoghi, culture e tempi.


7. A questo impegno ci spinge la presenza di Cristo risorto, specialmente nell'Eucaristia, che è "fonte e culmine di tutta l'evangelizzazione" (PO 5). Quando siamo e ci sentiamo Chiesa, possiamo contare sulla forza dello Spirito Santo, che fu annunciato e trasmesso, perché si aprisse al mondo intero (cfr Ac 1,8 Ac 13,3ss AGD 4). E come non rallegrarci nel vedere qui presenti tanti gruppi di cristiani che cercano un autentico rinnovamento alla luce della parola di Dio e dell'azione dello Spirito inviato da Gesù? Oggi tutti vogliamo vedere rinnovata la nostra Chiesa; ma non possiamo dimenticare che "la grazia del rinnovamento non può crescere nelle comunità, se ciascuna di esse non allarga gli spazi della carità sino ai confini della terra, dimostrando per quelli che sono lontani la stessa sollecitudine che ha per coloro che sono suoi propri membri" (AGD 37).


8. La Chiesa ha sempre dedicato i suoi sforzi migliori all'opera evangelizzatrice tra gli "indigeni", tuttavia occorre ricordare che essi sono "abitualmente emarginati dai beni della società e, in alcuni casi, o non evangelizzati o evangelizzati insufficientemente" (Puebla, 365). Personalmente, nei miei viaggi nel continente latinoamericano, ho parlato direttamente a loro o delle loro situazioni. La Chiesa non può restare in silenzio né passiva di fronte all'emarginazione di molti di essi; per questo li accompagna validamente e pacificamente, come esige il Vangelo, in special modo quando si tratta di difendere i loro legittimi diritti alla proprietà, al lavoro, all'educazione e partecipazione alla vita pubblica del Paese. L'evangelizzazione degli indigeni arricchisce la Chiesa universale e tutta l'umanità, dal punto di vista culturale-sociale e religioso. L'opera missionaria non è mai distruttrice, ma di purificazione e di costruzione (cfr RH 12 AGD 11).


9. Infine voglio insistere sul dovere particolare di tutti i credenti e di tutte le comunità ecclesiali, di pregare e di sacrificarsi a favore dell'opera missionaria. La preghiera e la sofferenza cristiana sono imprescindibili per l'evangelizzazione. "Pregate il padrone della messe" (Mt 9,37), ci ha insegnato Cristo. Pregate dunque, tutti, sull'esempio di santa Teresa di Lisieux, patrona delle missioni, per l'attività zelante, talvolta difficile, spesso incompresa, dei missionari e di tutti gli operatori dell'evangelizzazione. Pregate inoltre per il lavoro di animazione missionaria in tutto il popolo di Dio, a partire dall'infanzia, giacché da questa animazione dipende il futuro della diffusione della fede in tutto il mondo. Pregate altresi per quelle Chiese che un giorno, mediante l'invio di missionari e aiuti, fecero nascere e favorirono la crescita delle Chiese nel nuovo mondo e oggi hanno bisogno della vostra preghiera davanti a Dio, per consolidare ancora una volta la speranza e la carità, sentendosi unite tra loro e piene di vitalità, per continuare ad essere, con voi, la luce del mondo e il sale della terra. "La preghiera rimane sempre la voce di tutti coloro che apparentemente non hanno voce" (DEV 65).

10. Amati missionari e missionarie: le mie parole si rivolgono in special modo a tutti voi, che avete consacrato la vostra vita all'annuncio del Vangelo a tutti i popoli. Vi esorto ad essere sempre fedeli alla vostra missione che è religiosa ed evangelica. Non cedete alla tentazione di una rigida antropologia che non comprenderebbe appieno la verità sull'uomo perché non rispetterebbe la priorità assoluta dell'annuncio del Vangelo. Continuate la vostra opera educativa e assistenziale, che è compito della Chiesa e che avete realizzato sempre in spirito di progresso integrale e di civiltà pienamente umana, in special modo con i più poveri e bisognosi. Sappiate che potete contare sull'affetto e l'apprezzamento delle vostre comunità, da voi servite con sacrificio e costanza; state certi che il Papa, i vescovi e il popolo colombiano vi portano profonda stima e gratitudine.

Il quarto centenario della Vergine del Rosario di Chiquinquira riempie i missionari colombiani di sollecitudine nell'annunciare il Vangelo di pace, a imitazione di colei che, nel concepire il Verbo di Dio nel suo seno, esce con premura per portare Cristo agli altri (cfr Lc 1,39). Affidiamo alla Vergine Madre l'attività missionaria in Colombia, e dalla Colombia nel mondo; con lei la nostra speranza non verrà meno e così le generazioni future potranno godere, come tutti noi, del privilegio di essere stati chiamati, dalla misericordia di Dio, a ricevere la fede e, con essa, l'esigenza di condividerla con tutti i fratelli.

A tutti i presenti, alle vostre famiglie, in particolare agli infermi, ai bambini, a coloro che soffrono, impartisco di cuore la mia benedizione apostolica, propiziatrice di abbondanti grazie divine.

Data: 1986-07-04 Venerdi 4 Luglio 1986




Incontro con gli indigeni - Dipartimento Cauca (Columbia)

La pietà popolare come strumento di evangelizzazione


"Grazia a voi e pace da parte di Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo" (Ga 1,3). Amati fratelli e sorelle.


1. Venuto da Roma in mezzo a voi, come pellegrino e messaggero di evangelizzazione, voglio in primo luogo salutare fraternamente l'arcivescovo di Popayan e i vescovi di questa provincia ecclesiastica: di Ipiales e di Pasto; così come gli ordinari delle diocesi del sud della Colombia; saluto affettuosamente i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i fedeli qui riuniti. Mi unisco a tutti per ringraziare Dio e lodare il Signore con gioia: "Ti lodino i popoli, Dio, ti lodino i popoli tutti" (Ps 66,6). E' bello e commovente ascoltare oggi dalle vostre labbra questo canto che sicuramente riempi di fervore i vostri antenati. Siete veramente un popolo che, da più di quattro secoli celebra Gesù Cristo, Maestro, Salvatore e Redentore lodandolo e ringraziandolo. So, fratelli carissimi, che voi indigeni qui riuniti appartenete a diversi gruppi etnici disseminati nel vasto territorio della vostra patria. Saluto voi tutti e, da qui, invio il mio saluto insieme con la mia benedizione a tutti i nativi che, nelle valli, sulle montagne, sui cammini e sulle sponde dei fiumi colombiani mi stanno ascoltando, e vi invito a lodare ed esaltare con me le grandezze di Dio. In modo speciale saluto gli "indios paeces e guambianos". [Omissis: testo in lingua locale]. Immensa è la mia gioia nel riunirmi oggi con voi e poter salutare in ognuno di voi una parte del popolo colombiano, che è oggetto di amore preferenziale di singolare servizio da parte della Chiesa.


2. Alla luce della lettura dell'apostolo san Paolo, che abbiamo ascoltato, vorrei, amati fratelli, celebrare oggi con voi questa unità cristiana che ha il suo fondamento nel Signore Gesù. perciò desidero ricordare brevemente le grazie che avete ricevuto da Dio nel corso della vostra storia cristiana; ciò deve tradursi, da parte vostra, nell'impegno di una risposta generosa al Signore in questo momento privilegiato e difficile del vostro cammino attuale come Chiesa, corpo di Cristo e popolo di Dio. Nell'anno 1546 Paolo III ha creato questa diocesi di Popayan, dando per così dire forma canonica all'azione evangelizzatrice compiuta da intrepidi missionari e zelanti vescovi nei primi decenni che seguirono la scoperta del Nuovo Mondo. Oggi insigni evangelizzatori hanno seminato qui il seme della fede, insegnando la dottrina e i costumi cristiani a un popolo che si è aperto generosamente alla parola di Dio e si è incorporato alla Chiesa.

Sin dall'inizio, la città è stata posta sotto il patrocinio di Nostra Signora dell'Assunzione, e la Vergine ha fatto di questo luogo un terreno fertile per il Vangelo. Fertile spiritualmente nei tempi passati e fertile anche adesso, visto che a Popayan esiste una comunità ecclesiale molto viva e promettente, piena di aspirazioni apostoliche, nel campo della gioventù, dell'educazione, della famiglia e dei servizi di carità verso i più poveri. Non è questo un singolare motivo per ringraziare e lodare Dio?


3. Le vostre radici spirituali hanno fatto di voi un popolo forte, avvezzo alla prova e alla sofferenza. Come non ricordare l'ultimo terremoto del 31 marzo 1983, Giovedi Santo, che ha devastato gran parte della città e riempito di dolore gli abitanti di tutta questa regione? Allora come ora ho voluto manifestarvi la mia solidarietà e quella di tutta la Chiesa affinché quel Giovedi e Venerdi Santo si trasformassero per mezzo della risurrezione in una nuova primavera di vita comunitaria sulla base del comandamento dell'amore. Ho appena visitato la cattedrale, centro e simbolo della Chiesa locale.

In essa ho pregato per voi e per i vostri cari, e ho pensato che le maestose mura di questa basilica, quattro volte abbattute da catastrofi sismiche, sono allo stesso tempo segno dell'avvenuta tragedia e presagio di una possente rinascita, alla quale tutti siete generosamente impegnati. Che Dio vi dia ferma speranza e sia la vostra fortezza in questo duro compito, poiché "se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori" (Ps 126,1). Vi accompagno con affetto di padre nelle vostre aspirazioni e desidero che la mia presenza qui sia uno stimolo per la vostra totale ricostruzione spirituale, sociale e materiale, realizzata con lo sguardo fisso nel nostro Padre che è nei cieli e che vuole vedere la vostra comunità cristiana come una famiglia di fratelli che sanno convivere e camminare uniti condividendo generosamente i propri beni.


4. Nel vostro popolo e in tutta la regione sud-occidentale della Colombia, grazie alla plurisecolare evangelizzazione, è radicata una fede profonda, che si esprime in modo eminente con straordinarie manifestazioni di religiosità e di pietà popolare. Anche questo è espressione della fede cattolica che ha segnato l'identità storica e culturale della Colombia. Vi incoraggio a perseverare, quindi, in queste manifestazioni, che sono una costante catechesi che stimola alla pratica religiosa più intensa e autentica, rafforzando i vincoli di unione nel seno della famiglia dei figli di Dio. Una genuina pietà eucaristica e mariana è garanzia di profonda e solida vita cristiana, che vi difenderà anche da ideologie estranee al Vangelo. Si può dire che la pietà popolare risponda all'insieme di valori con cui la sapienza cristiana e il senso religioso dei fedeli, soprattutto della gente semplice, affronta i grandi interrogativi dell'esistenza umana, alla luce di Dio Padre, orientandola verso il regno dei cieli e cooperando allo sviluppo della storia umana, secondo i disegni salvifici del Signore. Che non diminuisca la vostra stima per queste pratiche religiose! In esse troverete una sintesi vitale che rafforza la fede in tutte le circostanze della vita, nella gioia come nel dolore; che riflette sete di Dio e comporta una fine sensibilità di fronte agli attributi divini, come la paternità e la provvidenza; che rende presente nella nostra esistenza Cristo redentore e la sua santissima Madre; che illumina il cuore e irrobustisce la vita nuova nello Spirito; che dà forza per la generosità e per il sacrificio; che genera atteggiamenti interiori di pazienza, di amore per la croce, di valorizzazione della sofferenza, di accettazione degli altri e di distacco dalle cose terrene; che conferma i sentimenti civici e patrii elevandoli verso Dio; che unisce i diversi settori della società attraverso le manifestazioni comunitarie e stringe i vincoli della comunità ecclesiale, convertendoli in un'espressione della cattolicità della Chiesa.


5. Sono questi alcuni dei grandi aspetti positivi della pietà popolare, che il mio venerato predecessore Paolo VI ha segnalato nella esortazione apostolica "Evangelii Nuntiandi" (EN 48) e ai quali si riferisce anche la recente Istruzione della Congregazione per la Dottrina della fede su libertà cristiana e liberazione (cfr. n. 22). Questo è stato anche l'insegnamento dell'episcopato latinoamericano riunito a Puebla (cfr. nn. 444-459). La pietà popolare deve essere strumento di evangelizzazione e di liberazione cristiana integrale; di quella liberazione di cui sono assetati i popoli dell'America Latina, consapevoli che solo Dio libera pienamente dalle schiavitù e dai segni di morte presenti nel nostro tempo (cfr DEV 57). Osserviamo pero, d'altra parte, che una religiosità popolare mal concepita ha i suoi limiti ed è esposta a pericoli di deformazioni o deviazioni. In effetti, se questa pietà fosse ridotta solo a mere manifestazioni esterne, senza giungere alle profondità della fede e agli impegni di carità, potrebbe favorire l'ingresso delle sètte e portare addirittura alla magia, al fatalismo o all'oppressione, con grandi pericoli per la stessa comunità ecclesiale (cfr EN 48). Il cosiddetto "cattolicesimo popolare", la stessa pietà popolare, sono realmente autentici quando riflettono la comunione universale della Chiesa, con manifestazioni di una stessa fede, uno stesso Signore, uno stesso Spirito, uno stesso Dio e Padre. Vi invito quindi, amati fratelli, soprattutto quelli che sono impegnati nei compiti di catechesi e di apostolato, a proseguire nel vostro impegno per evangelizzare le masse, talvolta propense a uniformarsi a un cattolicesimo debole o superficiale; lavorate per rivitalizzare i movimenti apostolici, rinnovando la loro spiritualità, i loro atteggiamenti e le loro linee di azione missionaria; per arricchire le pratiche di pietà infondendo in esse un autentico spirito biblico ed ecclesiale; per far si che la liturgia - celebrata sempre secondo le norme della Chiesa - sia il centro e il culmine della vita comunitaria.


6. La vita del cristiano, che deve essere un vero e ininterrotto culto a Dio, trova la sua manifestazione più profonda e splendida nella carità. Ce lo indica chiaramente san Paolo che, ricordandoci come tutti "siamo un solo corpo in Cristo" (Rm 12,5), mette in rilievo le relazioni reciproche che esistono tra noi, e ci invita ad amarci "con amore fraterno", in maniera da onorarci "a gara gli uni con gli altri" (cfr Rm 12,19). In questo spirito, il mio messaggio di oggi da Popayan si rivolge a tutto il popolo di Dio della regione sud-occidentale, e in modo particolare ai cari figli e figlie delle comunità indigene qui presenti, così come a tutti gli "indios" sparsi per la vasta geografia della Colombia. Voi siete oggetto di un amore preferenziale della Chiesa e occupate un posto privilegiato nel cuore del Papa. Vedo in voi la presenza degli aborigeni dell'immenso continente americano che cinque secoli fa si incontro con il continente europeo, formando, con la fusione di razze e culture, il ricco panorama etnico del Nuovo Mondo (cfr Puebla, 409). Pero, soprattutto, vedo in voi un segno speciale della presenza di Cristo, nel suo mistero di dolore e di risurrezione. Il Papa è venuto per onorare Cristo che vive nei vostri cuori, nelle vostre famiglie e nel vostro popolo. Con gli indigeni del Cauca e di tutta la Colombia voglio ringraziare Dio per il dono della fede, che già da cinque secoli ha messo forti radici nei vostri cuori e nelle vostre comunità. I missionari provenienti dalla Spagna vi portarono il Messaggio salvifico di Cristo e vi annunziarono la dottrina di Gesù secondo i vostri modelli culturali. In mezzo a grandi vicissitudini e difficoltà, a volte anche di incomprensioni, limitazioni o errori, la missione evangelizzatrice è stata portata avanti con l'aiuto di Dio. Sempre ci sono stati vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, e anche catechisti laici, che pieni di grande senso ecclesiale e di affetto per voi, hanno dedicato totalmente la loro vita per stare al vostro fianco, condividendo il vostro stesso destino per poter così seguirvi spiritualmente e materialmente.


7. Con la vostra fedeltà costante alla fede professata nel ricevere il Battesimo e gli altri sacramenti, con la vostra corrispondenza ai doni ricevuti, avete arricchito la Chiesa universale. So che vi mantenete fermi in questa fede cattolica, resistendo agli assalti di sette o ideologie estranee alla vostra sensibilità e alla vostra tradizione. Siate sempre fedeli alla Chiesa di Cristo, al comandamento dell'amore fraterno e alla riconciliazione. Questa è la consegna che oggi vi dà il Papa. So anche che lottate per la difesa della vostra cultura, rappresentata nelle vostre lingue, nei vostri costumi e nello stile di vita; per la difesa della vostra dignità umana, e anche per il conseguimento dei diritti che vi competono come cittadini. Che la vostra lotta sia sempre nella linea evangelica dell'amore a tutti gli altri fratelli e d'accordo con le norme della morale cristiana. La Chiesa appoggia queste vostre aspirazioni; per questo vuole, chiede e si sforza perché le vostre condizioni di vita siano sempre migliori, in maniera tale che possiate usufruire di tutte le opportunità nel campo dell'educazione, lavoro, salute, alloggio, ecc., di cui godono gli altri cittadini colombiani. Per questo il mio predecessore Paolo VI, di felice memoria, volle che il fondo "Populorum progressio", creato in occasione della sua visita in Colombia nel 1968, fosse integralmente utilizzato a favore dei campesinos, in particolar modo di quelli del Cauca.


8. Che il vostro ordinamento sociale, umano e cristiano, si veda rafforzato ogni giorno attraverso il vostro impegno, sostenuto dai vostri vescovi, missionari, guide cristiane che già stanno nascendo numerosi fra voi. In special modo desidero e chiedo con insistenza al Signore che faccia sorgere nelle vostre comunità nuove vocazioni all'apostolato, alla vita consacrata, ai diversi ministeri e, in modo particolare, al sacerdozio ministeriale, perché possiate contare su sacerdoti del vostro stesso sangue. Cari fratelli e sorelle, concludo esortandovi con le stesse parole di san Paolo che hanno ispirato questo incontro ecclesiale di preghiera, dialogo e amicizia: "La carità non abbia finzioni: fuggite il male con orrore, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno" (Rm 12,9). La Vergine santissima, che all'inizio dell'evangelizzazione del continente, a Guadalupe, manifesto la sua predilezione per gli indios nella persona di Juan Diego e che l'ha manifestata anche a Chiquinquira per i colombiani, continui ad aiutarvi e a proteggervi sempre come Madre piena di bontà e di sollecitudine. Benedico di cuore tutti i presenti, le vostre famiglie, i vostri bambini, anziani, malati e quanti soffrono.

Data: 1986-07-04 Venerdi 4 Luglio 1986





GPII 1986 Insegnamenti - Agli abitanti dei Barrios, parco "El Tunal" - Bogota (Columbia)