GPII 1986 Insegnamenti - Ai consiglieri della Coldiretti - Città del Vaticano (Roma)

Ai consiglieri della Coldiretti - Città del Vaticano (Roma)

Promuovere la dignità degli agricoltori nella fedeltà alla scelta cristiana


Cari fratelli!


1. Mi è particolarmente gradito incontrarmi oggi con voi, Consiglieri ecclesiastici della Confederazione nazionale dei coltivatori diretti, riuniti in questi giorni a Roma per esaminare e approfondire il tema "Nuova agricoltura e nuova solidarietà". Un cordiale saluto rivolgo al signor card. Pietro Pavan, già primo assistente del movimento, al vescovo, mons. Giovanni D'Ascenzi, che ne fu in passato animatore spirituale, e a mons. Biagio Notarangelo, attuale consigliere ecclesiastico della Coldiretti. E saluto poi singolarmente tutti voi, nei quali intendo raggiungere anche i confratelli che insieme con voi si impegnano a servire l'uomo, dedicandosi con quotidiana fatica all'annuncio evangelico nel mondo rurale. Con sincera letizia e viva soddisfazione rivolgo la mia parola a voi, che esplicate il vostro ministero presso un'organizzazione, il cui valore e la cui preziosa attività hanno sempre attirato stima, apprezzamento e sostegno da parte della Sede apostolica.


2. Stima, perché il compito, da essa assunto fin dalla sua fondazione, è stato quello di promuovere la dignità dei lavoratori dei campi, fornendo loro una seria formazione professionale e sociale, strettamente unita all'approfondimento dei valori culturali e religiosi del mondo agricolo. Apprezzamento, perché nella sua pluriennale azione essa è stata fedele alla scelta dell'ispirazione cristiana, in coerenza con la mozione conclusiva del I Congresso Nazionale, di cui nel prossimo autunno ricorrerà il 40° anniversario. Nell'ormai lontano 15 novembre 1946, all'unanimità i delegati presenti approvarono solennemente "l'adesione ai principi della scuola cristiano-sociale". Tale convinta decisione è stata il principale fattore dell'interiore dinamismo, che ha reso la vostra Associazione capace non solo di mantenere salda, ma di sviluppare in modo saggio e creativo la tradizionale laboriosità, l'amore alla famiglia, la costanza nelle difficoltà, la solidarietà con tutti, tipiche del mondo rurale. La Chiesa ha dato pure il suo sostegno alla Confederazione, sia concedendole gli assistenti ecclesiastici, sia fornendo puntuali orientamenti dottrinali ispirati al Vangelo, assieme alla collaborazione delle diocesi e delle parrocchie. Da qui è sorta una organica azione pastorale e un'unitaria corresponsabilità dei laici.


3. Confido che la vostra esperienza e le giornate di studio di questo XIX Convegno possano recare nuovo impegno al raggiungimento di quegli obiettivi, che in vari momenti la premura dei pastori della Chiesa ha segnalato e che sono stati riproposti in diverse circostanze dal mio venerato predecessore, Paolo VI.

Anche a me sta a cuore che vi siano sacerdoti, i quali si dedichino a formare nella gente dei campi delle mature personalità cristiane. Vale a dire degli adulti che vivano la fede con responsabile convincimento e che pratichino la carità come atteggiamento di fraterna testimonianza, intessendo solidali rapporti umani nel nome di Cristo. Le forze dell'egoismo e dell'orgoglio sono così profonde nel cuore dell'uomo, che solo la parola e l'esempio di persone generose nell'aiuto e nel rispetto reciproco possono validamente contrastarle, divenendo strumento concreto ed efficace per l'edificazione di un mondo di pace, di verità e di amore.


4. Tale costruzione esige anche una solidarietà che abbia la novità stessa del Vangelo. Il Concilio Vaticano II insegna che "le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi sono anche le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo" (GS 1). I seguaci di Gesù, infatti, consapevoli di essere permeati e plasmati dal mistero della redenzione sperimentano in esso la fonte di un dinamismo spirituale che li proietta verso tutto ciò che è autenticamente umano e che attende di essere ricuperato e redento.

Nulla vi è di umano che non trovi il cristiano solidale, non essendovi dimensione dell'uomo che non sia raggiunta dall'efficacia salvatrice della croce di Cristo. Ma la presente occasione offre l'opportunità di affermare che la solidarietà è fondata anche sul lavoro cristianamente vissuto. Il lavoro non deve essere considerato una mera necessità per l'esistenza materiale, perché esso "procede immediatamente dalla persona, la quale imprime nella natura quasi il suo sigillo, la sottomette alla sua volontà" (GS 67). Nel lavoro l'uomo umanizza la terra, partecipando così all'opera stessa del Creatore. Nel far ciò, tuttavia, egli non è solo: trova accanto a sé altri uomini, ai quali incombe lo stesso compito. Nel piano di Dio gli uomini sono chiamati insieme alla nobile missione di "dominare la terra" (Gn 1,28). Essi non possono dunque ignorarsi, ma debbono insieme collaborare perché il primigenio progetto di Dio sia sempre più pienamente attuato.


5. La terra domanda all'uomo il lavoro. Più la terra sarà umanizzata e resa degna dell'unica creatura che il Signore nel suo amore ha voluto per se stessa (cfr RH 13), più il mondo sarà degno di Dio, che riceverà lode e gloria da un mondo coltivato dai suoi figli. Essi, obbedendo al comando di assoggettare la terra, creano condizioni di vita tali da rendere possibile la completezza dell'esistenza terrena e la libertà di tendere a Dio ringraziandolo, lodandolo, amandolo. Solo nell'armoniosa unità dell'"ora et labora" si giunge alla piena umanizzazione della terra e del lavoro, che così acquistano la pienezza di significato che devono avere agli occhi di Dio.


6. E voi, cari fratelli, dovete considerare vostro particolare dovere la "formazione di una spiritualità del lavoro, tale da aiutare tutti gli uomini ad avvicinarsi a Dio, creatore e redentore" (LE 24). Ciò consentirà, a coloro che sono affidati alle vostre cure pastorali, di partecipare al divino disegno salvifico nei confronti dell'uomo e di radicarsi nella fraterna familiarità con Cristo. Insegnando loro che il lavoro è in funzione dell'uomo perché ha come fine la sua crescita e il suo sviluppo, aiutateli a cogliere in tutta la loro ricchezza e profondità le illuminanti parole che Gesù disse ai suoi discepoli, quando gli chiesero: "Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?". Ed egli rispose: "Questa è l'opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato" (Jn 6,28-30). Per il cristiano adulto deve diventare familiare la considerazione che quanto egli compie non è staccato dalla fede, ma ne è invece la traduzione concreta e quasi la quotidiana incarnazione. La fede - lo accennavo poco fa - è un maturo atteggiamento dell'uomo, il quale aderisce al Signore, a lui si consegna, per lui e in lui responsabilmente agisce, sviluppando un comportamento etico, che trova nella preghiera la propria espressione e il proprio alimento. Senza sminuire le difficoltà che vi sono nell'unire la preghiera al lavoro, educate con pazienza, cari fratelli, al raccoglimento durante l'attività e all'orientamento a Dio del contenuto del lavoro, offrendone al Signore la fatica e l'esito. I vostri fedeli giungeranno così a riconoscere con gioia che quanto hanno realizzato acquista pieno valore unicamente nelle mani dell'Onnipotente.


7. Vorrei pertanto esortarvi a perseverare nell'essere uomini di preghiera ed esperti maestri di vita interiore. Lo Spirito di Dio animi il vostro servizio ecclesiale con la ricchezza dei suoi doni, affinché i frutti di pace, letizia e amore diventino bene duraturo per tutti. La Vergine Maria vi accompagni nel vostro apostolato, che esplicate in nome di suo Figlio, sorreggendovi con la sua materna sollecitudine. Da parte mia, vi benedico di cuore insieme con i membri della vostra Confederazione e con i vostri familiari.

Data: 1986-09-11 Giovedi 11 Settembre 1986




Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Assisi: una giornata di preghiera per la pace



1. Com'è noto, il 25 gennaio di quest'anno, a San Paolo fuori le mura, ho invitato tutti i responsabili delle Chiese e delle comunità cristiane e delle altre grandi religioni del mondo ad "uno speciale incontro di preghiera per la pace nella città di Assisi, luogo che la serafica figura di san Francesco ha trasformato in un centro di fraternità universale". Ho voluto fare questo invito alla preghiera in considerazione anche del fatto che quest'anno 1986 è stato proclamato dalle Nazioni Unite Anno internazionale della pace. L'incontro è ormai prossimo. Vorrei, in questo appuntamento mariano dell'Angelus, invitare a rivolgere il pensiero e la preghiera verso tale avvenimento che, a Dio piacendo, si svolgerà lunedi 27 ottobre.


2. L'incontro di Assisi sarà una giornata dedicata appunto all'impetrazione del grande dono della pace. Siamo infatti convinti, noi tutti che crediamo in Dio, che è lui a darci la pace. Più le situazioni di conflitto diventano intricate e le difficoltà umanamente insormontabili, più le minacce gravano sull'umanità, più dobbiamo rivolgerci a Dio, affinché ci dia la grazia di vivere da fratelli, in un mondo riconciliato. Le nostre risorse e i mezzi umani, infatti, non bastano. E l'alternativa non è che la distruzione e la morte. Torna alla memoria quel che accadde a Francesco di Pietro di Bernardone, il quale intui questa semplice verità in un momento fondamentale della sua vita, dopo aver partecipato a uno scontro armato mentre vari comuni erano in guerra tra loro. Francesco, sconfitto, venne messo in prigione e là resto per un anno. Fu quella esperienza che gli porto una diversa concezione della vita; lo spinse a divenire un autentico operatore di pace. Uno straordinario servitore della pace interiore e sociale.


3. Dio non vuole "la perdizione dei viventi"; è un Dio che "ama la vita" (cfr Sg 1,13 Sg 12,26). Forti di questa convinzione, comune a tutti coloro che credono in Dio, andremo insieme ad Assisi a presentare le nostre suppliche affinché l'umanità non sia travolta da una simile catastrofe. E sono certo che ogni cattolico, come anche ogni altro credente, ci sarà accanto con la preghiera. La preghiera è lo strumento più inoffensivo a cui si possa ricorrere, eppure è un'arma potentissima; essa è una chiave, capace di forzare anche le situazioni di odio più inveterato. La preghiera nasce dal cuore e ha radici in uno spirito che crede nella possibilità della riconciliazione e nella pace.


4. Noi cristiani sappiamo che è Gesù a darci la vera pace. A lui, quindi, diciamo fin d'ora, con la preghiera che precede la comunione eucaristica: "Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace". E che Maria, Madre dell'Agnello immacolato, interceda per noi presso di lui.

Data: 1986-09-14 Domenica 14 Settembre 1986




Saluto alle autorità e alla popolazione - Aprilia (Latina)

Una comunità nata dal lavoro umano e dai valori cristiani


Signor sindaco, membri dell'amministrazione comunale, cittadini tutti di Aprilia!


1. Dopo gli incontri che ho già avuto dinanzi alle vostre Chiese parrocchiali, dopo le parole così eloquenti e sincere che ho adesso ascoltato dalla bocca del vostro primo rappresentante, mi riesce facile e naturale manifestarvi pubblicamente i più vivi sentimenti di compiacimento e di gratitudine. Non soltanto le espressioni di benvenuto, non solo il testo dello speciale "documento" votato dal consiglio comunale e la generosa offerta che mi viene consegnata per le popolazioni del Terzo mondo, ma la tematica stessa, che mi è qui presentata, e lo stesso paesaggio, che ho potuto contemplare dall'alto venendo tra voi, rendono particolarmente gradita l'odierna mia visita in questa città. Nel 50° anniversario della sua fondazione, Aprilia riguarda al suo passato che, pur non essendo cronologicamente esteso, è tuttavia ricco di eventi, s'interroga sui fattori del suo sviluppo attuale, individua tra questi fattori come preminente e determinante il lavoro umano, e a tale non certo incongrua né inutile, ma opportuna e proficua considerazione desidera in qualche modo associare la mia persona, come Vescovo di Roma e Pastore della Chiesa di Cristo. A voi tutti, cari cittadini di Aprilia, il mio cordiale saluto e il mio grazie per la vostra accoglienza.


2. Conosco quel che era in antico la zona dove sorge ora la vostra città, come altre zone limitrofe dell'Agro pontino e, in genere, del Lazio meridionale.

Dov'erano un tempo desolazione e squallore, ci sono ora fertilità e prosperità; non è forse questo fatto un motivo sufficiente per ricordare gli sforzi di tanti pionieri, i sacrifici dei singoli lavoratori e di intere famiglie, gli arditi tentativi e le iniziative protratte per lunghi decenni, l'opera indefessa di diverse generazioni? Fu dopo tanto sudore, nell'impegno concorde di autorità, imprenditori pubblici e privati, lavoratori dei campi e artigiani, che in un giorno di primavera di cinquant'anni fa sorgeva questo centro operoso e dinamico.

E' giusto, pertanto, fare una sorta di pausa per riprender lena e impostare il programma per gli anni avvenire. così, rispondendo al vostro invito, io desidero unirmi a voi in questa celebrazione, fatta di riflessione e di soddisfazione, di propositi e di piani operativi.


3. Conviene, prima di tutto, celebrare il lavoro umano. Per chi ha avuto modo di conoscere da vicino il lavoro nella varietà delle sue forme ed espressioni - inclusa quella manuale -, esso costituisce sempre un alto, inconfondibile segno di umanità. Ha detto bene il signor sindaco quando ha parlato dell'"umanesimo del lavoro per un futuro di pace", e ha fatto bene la locale Associazione dei pionieri fondatori a porre nel suo stemma la dizione dell'antica sapienza romana sull'"homo faber". Ci sarebbe oggi Aprilia, se fosse mancato il lavoro, molteplice e articolato, si, ma anche e soprattutto serio, tenace, indefesso, concorde? Ad Aprilia approdarono persone e famiglie provenienti da svariate regioni d'Italia e anche dall'estero: tradizioni, abitudini, esperienze quanto mai diverse qui vennero a confluire in una volontà univoca di applicazione e di impegno, che ha dato origine alla consolante realtà odierna. Voi, dunque, celebrerete, anzi celebreremo insieme l'umano lavoro non già nell'astrattezza di considerazioni teoriche, ma nella concretezza delle realizzazioni che esso ha avuto proprio qui, in mezzo a voi: riscatto della terra, bonifica integrale, campi fecondi, strutture e opifici, case e chiese e - come coronamento di tutto - una ben compaginata comunità cittadina. E' così che il lavoro, da voi svolto in concordia di voleri e di intenti, si è rivelato, a sua volta, fattore di concordia; insieme con altri fattori, esso ha esercitato un'azione unificatrice, conferendo una fisionomia omogenea alle componenti di varia ascendenza etnico-culturale e rivelando, anche sotto questo aspetto, il suo carattere umanistico.


4. Ma, conformemente alla natura della mia missione, nonché alla ragione più vera della mia visita, io debbo e voglio collocare a fianco del vostro lavoro, unitario e insieme unificante, l'importante funzione della vita religiosa, qui vissuta come testimonianza di fede e di pratica cristiana. Anche a questo riguardo, si può ripetere che la molteplicità o disparità delle origini ha trovato nella religione un punto superiore di aggregazione che nel vocabolario cristiano si chiama propriamente comunione. I vostri padri e le vostre madri cinquant'anni fa recavano con sé un vero patrimonio culturale e spirituale: erano i valori della civiltà cristiana, intorno ai quali, per così dire, si ritrovarono e si raccolsero fin dall'inizio. E quando Aprilia conobbe le distruzioni della guerra, ancora una volta questi valori emersero, e l'intera popolazione - come molti di voi certamente ricordano - trovo nella Chiesa il fulcro dell'unità e lo stimolo per la necessaria ripresa. Oggi come ieri, cari fratelli e sorelle, bisogna far tesoro di questo patrimonio e conservare non solo, ma sviluppare ed accrescere, altresi, l'eredità dei valori cristiani, consegnata fin dalle origini alla comunità apriliana. Di tutto ciò la mia presenza oggi tra voi vuol essere non un semplice ricordo, ma un espresso richiamo che contiene un'esortazione per tutti. Da parte mia, considerero come il frutto più ambito della mia venuta tra voi l'incremento della vita cristiana.

Data: 1986-09-14 Domenica 14 Settembre 1986




Alla parrocchia dei Santi Pietro e Paolo - Aprilia (Latina)

Forti nella fede ricevuta da Dio come dono


Carissimi!


1. Il mio primo incontro e il mio primo saluto, giungendo ad Aprilia, è rivolto a voi, fedeli appartenenti alla Chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo. Sono venuto nella vostra città per ricordare con voi il 50° anniversario della sua fondazione, e per unirmi alla vostra gioia, alle vostre speranze, e anche alle vostre preoccupazioni. Giovane è la vostra città, ma ancor più giovane è questa vostra parrocchia, che è sorta per provvedere alle necessità spirituali e pastorali delle zone periferiche orientali di Aprilia che, come è noto, si è molto ingrandita negli anni dal 1960 al 1970. La prima pietra della vostra Chiesa fu posta nel 1980; e questa è stata ben presto completata grazie anche, e specialmente, alla vostra generosa collaborazione: per poter vedere realizzato il sogno di avere una Chiesa tutta per voi, voi avete saputo sacrificare tempo e denaro! Sono qui per esprimervi pubblicamente il mio sincero apprezzamento per questo vostro esempio di dedizione e di religiosità. Ora che la vostra Chiesa parrocchiale, costruita e innalzata con i vostri sacrifici è completa, avete un compito ancora più importante e impegnativo da attuare: fare del vostro nuovo tempio un'autentica casa di preghiera alla santissima Trinità, un'ardente fucina di amore verso Dio e verso il prossimo, un centro luminoso deve poter approfondire, nella meditazione e nella catechesi, la rivelazione di Dio, il messaggio di Cristo, l'insegnamento del magistero ecclesiastico. Ma soprattutto siete voi, fedeli di tutte le età, le pietre vive di quell'edificio di Dio, che è la Chiesa che Cristo ha fondato su Pietro! Il mio deferente e cordiale saluto si rivolge in questo momento alle autorità presenti, al parroco e ai suoi collaboratori, ai religiosi, alle religiose, alle famiglie, a tutti i circa settemila fedeli che vivono nell'ambito della parrocchia: ai padri, alle madri, ai giovani che studiano o che sono già in cerca della prima occupazione; agli anziani, che non di rado vivono nella solitudine fisica e psicologica.


2. La vostra Chiesa parrocchiale è dedicata ai santi apostoli Pietro e Paolo: meditate costantemente il loro insegnamento e imitate i loro esempi. Essi hanno avuto esperienze umane diverse, ma dinanzi alla chiamata di Gesù hanno saputo rispondere con grande prontezza accogliendo e realizzando le esigenze del suo messaggio, fino al martirio. Ascoltate l'invito pressante di san Pietro ad essere sempre "saldi nella fede" (1P 5,9): quella fede ricevuta da Dio come dono e come impegno nel santo Battesimo, e che deve crescere e maturare quotidianamente nella fervente preghiera, nel continuo approfondimento della parola di Dio e nella limpida professione di vita cristiana. Ascoltate la fervida esortazione di san Paolo alla carità di Cristo che deve spingerci con l'urgenza dei suoi appelli (cfr 2Co 5,14): quella carità che è la "più grande" di tutte le virtù (1Co 13,13), perché ha il fondamento e il suo culmine in Dio, Carità infinita. E non dimenticate che per essere autentica, la carità deve manifestarsi ed esprimersi concretamente nell'amore e nella dedizione verso il prossimo. Con questi voti su voi tutti invoco, per l'intercessione dei vostri santi protettori Pietro e Paolo, l'abbondanza dei favori e delle grazie divine e vi imparto di cuore insieme con il vostro vescovo mons. Dante Bernini la mia benedizione apostolica.

Data: 1986-09-14 Domenica 14 Settembre 1986




Parrocchia di Maria Madre della Chiesa - Aprilia (Latina)

Imprimere il senso cristiano all'esistenza quotidiana


Carissimi fratelli e sorelle!


1. Mi è particolarmente caro questo incontro, che si svolge davanti alla vostra nuova Chiesa parrocchiale, della quale sei anni or sono ho benedetto la prima pietra e che oggi ho la gioia di ammirare compiuta nelle sue belle linee architettoniche. Vi ringrazio per la vostra calorosa accoglienza e saluto tutti di cuore, in special modo il caro vescovo mons. Dante Bernini, il parroco don Roberto Baldassarri, le suore, i membri del Consiglio parrocchiale e delle Associazioni, e quanti prestano la loro opera nella catechesi e nelle altre iniziative di apostolato. Con particolare sentimento rivolgo il mio affettuoso saluto agli ammalati, ai quali assicuro la mia spirituale vicinanza. Ma il mio pensiero abbraccia l'intera comunità, formatasi nel nome e sotto la protezione di "Maria Madre della Chiesa". E' una compagine ancor giovane, nata dall'ordinata convivenza di fratelli provenienti da diverse regioni, accomunata dalla fede cristiana e dalla volontà di tradurre in pratica il messaggio evangelico. Mi rallegro per il fervore che vi ha animati in questa fase iniziale, e vi auguro che esso si sviluppi e si intensifichi sempre più nel corso del successivo cammino. La Chiesa, come il Concilio Vaticano II ha messo ripetutamente in luce e il Sinodo straordinario dei vescovi l'anno scorso ha richiamato, è una realtà di comunione. Comunione con Dio, con Cristo, con i fratelli. Si tratta di un programma di vita che richiede un'applicazione instancabile e senza soste.


2. "Madre della Chiesa" è il grande titolo mariano che, quale nuova preziosa gemma sulla corona della Vergine santissima, è scaturito in un certo senso dal cuore di Paolo VI nel contesto delle riflessioni conciliari sul mistero della Chiesa. Per la vostra parrocchia esso costituisce un legame specifico con quel grande evento ecclesiale e con le sue indicazioni, perché nel nostro tempo la parrocchia assolva efficacemente la propria missione. Questo privilegio, mentre è motivo di onore, vi chiama più da vicino al raggiungimento di taluni obiettivi fondamentali. Metto al primo posto la preghiera e la vita liturgica, soprattutto "la celebrazione comunitaria della Messa domenicale" (SC 42), destinate ad alimentare quel "supplemento di anima" che è necessario per imprimere il senso cristiano - e perciò autenticamente umano - all'esistenza quotidiana. Nella mente del Concilio la parrocchia è anche "un luminoso esempio di apostolato comunitario, fondendo insieme tutte le differenze umane che vi si trovano e inserendole nell'universalità della Chiesa" (AA 10). L'apertura all'orizzonte universale accentua la "missionarietà". La comunità parrocchiale - se veramente attua la propria identità - ha un'anima eminentemente missionaria. La sua sfera di carità e di azione si estende a tutti indistintamente, perché la buona novella possa essere conosciuta e penetrare nel cuore di ognuno. Gli ostacoli e le difficoltà che si incontrano nella mentalità e nel costume della società secolarizzata, non solo non devono scoraggiare, ma devono incitare a un impegno maggiormente lucido e intenso, come si addice al seguace di Cristo, consapevole di essere "il sale della terra e la luce del mondo" (Mt 5,13 Mt 5,14).


3. Nella Vergine risplende l'idea fondamentale e la figura ideale della Chiesa. La Chiesa in Maria contempla se stessa Vergine e Madre (LG 64).

Per voi la devozione mariana assume un titolo particolare per imitare le virtù che brillano nella più eccelsa Creatura e per ottenere il sostegno del suo celeste aiuto. Risuonino sempre sulle vostre labbra, carichi di verità, gli accenti del Magnificat. Possa la vostra cara comunità parrocchiale essere pienamente una porzione viva e operosa del popolo di Dio in cammino, in unione con la Chiesa diocesana e con la Chiesa universale. Con questo augurio invoco di cuore su tutti, sulle famiglie, in particolare sui piccoli e sugli ammalati, sui poveri, sul vostro lavoro, la protezione di Dio, mentre vi imparto la mia affettuosa benedizione apostolica.

Data: 1986-09-14 Domenica 14 Settembre 1986




Omelia alla concelebrazione - Aprilia (Latina)

La croce di Cristo è la via della salvezza



1. "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Jn 3,16). Con queste parole, tratte dal Vangelo odierno, l'evangelista Giovanni ci parla, carissimi fratelli e sorelle di Aprilia, del sacrificio della croce, che celebriamo in una maniera speciale oggi, festa dell'Esaltazione della santa croce.

La missione terrena di Gesù, che si conclude in modo così drammatico nella crocifissione, è espressa e sintetizzata da Giovanni in una parola delicata e significativa: il Padre "dà" il suo Figlio unigenito, e lo "dona" per amore. La missione di Gesù è espressa nel linguaggio dell'amore. E difatti, il sacrificio della croce è tutto avvolto dall'amore; e dall'amore trae il suo più profondo significato. Nell'evangelista Giovanni, l'evento della croce è spogliato, in certo senso, dai suoi elementi più crudamente realistici ed è come trasfigurato e approfondito alla luce della fede. così pure, sempre nel Vangelo di Giovanni, Gesù parla della sua morte prossima come di un "innalzamento" (cfr Jn 3,14) o di una "elevazione" (cfr Jn 12,32), dove l'allusione, così velata, al fatto di essere materialmente elevato sulla croce viene quasi a confondersi col mistero successivo della risurrezione e dell'ascensione. In Giovanni il mistero della croce, pur restando fondamentale, viene come assorbito e assunto in quello della glorificazione alla destra del Padre. E anzi è già esso stesso l'inizio di questa glorificazione.


2. La croce di Cristo è la via della salvezza. La salvezza si compie nella risurrezione. Ma il suo inizio sta nell'accettazione della croce. Tutto ciò che Gesù ha fatto per la nostra salvezza si riassume nell'offerta sacerdotale che egli ha fatto di se stesso sul legno della croce, come vittima di espiazione per i nostri peccati. In questo gesto di supremo amore per l'uomo e di totale obbedienza alla volontà del Padre la missione di Gesù sulla terra raggiunge il suo vertice.

Ciò ovviamente non toglie valore a tutti gli altri aspetti della vita terrena di Cristo: ognuno di essi è ordinato alla nostra salvezza. Ma il gesto decisivo, quello dal quale tutti sono illuminati e traggono il loro significato, è il sacrificio della croce. Se la risurrezione è il frutto della salvezza, la croce ne è il mezzo: la via mediante la quale giungiamo alla salvezza. Morte e risurrezione sono l'avvenimento centrale della storia dell'uomo: esse danno alla storia delle miserie umane un corso radicalmente nuovo, e aprono all'uomo la prospettiva della salvezza. Tutto ciò che di veramente grande avviene nella storia dell'uomo, ha un rapporto con questo evento supremo della vita di Cristo.


3. La croce prelude alla gloria della risurrezione, ma in se stessa è umiliazione.

Su questa via occorre che l'uomo s'inoltri per giungere alla sua vera grandezza.

Più volte e con vari accenti gli evangelisti riportano questo insegnamento fondamentale del divin Maestro: "Chi si umilia, sarà esaltato" (Lc 14,11 Lc 18,14).

E l'apostolo Giacomo, di rincalzo: "Umiliatevi davanti al Signore, ed egli vi esalterà" (Jc 4,10). San Pietro ripete lo stesso insegnamento (cfr 1P 5,6).

Gesù stesso ci ha dato l'esempio, come abbiamo sentito dalla seconda lettura della Messa: "Cristo Gesù umilio se stesso... Per questo Dio lo ha esaltato". E l'Apostolo precisa in che è consistito questo umiliarsi: nel "farsi obbediente fino alla morte e alla morte di croce" (Ph 2,8-9).

A noi non mancano le occasioni per umiliarci o per ricevere umiliazioni.

In tal modo, abbiamo la possibilità di essere, sulle orme di Cristo, "esaltati da Dio".


4. Anche i pionieri che, cinquant'anni fa, incominciarono a bonificare e coltivare questa terra ebbero da affrontare sofferenze e sacrifici. Ma ora è grande la loro gloria. E i frutti delle loro fatiche li abbiamo sotto i nostri occhi, in questa splendida città di Aprilia ormai così vasta e popolosa. Molti furono gli ostacoli e le difficoltà che da allora ad oggi è stato necessario superare. In particolare, questa città, nella sua breve storia, ha dovuto subire con straordinaria violenza, la grande prova della seconda guerra mondiale. Ha dovuto molto soffrire; è stata umiliata. La fede cristiana, tuttavia, e cioè la fede nella croce di Cristo, e stata sempre, fin dagli inizi un elemento di coagulo, un fattore di unità per le svariate componenti etnico-sociali che collaborarono all'edificazione della città. La croce è stata una forza di ripresa, un segno di speranza, un incentivo allo sviluppo. E' stata un fattore di grandezza per la vostra città. La statua di san Michele arcangelo che domina su questo altare, è rimasta pressoché indenne tra le rovine della guerra, ed è stata per voi un eloquente richiamo alla potenza della croce di Cristo. Vi ha dato la forza di riprendere. Di ricominciare.


5. E voglio cogliere ora l'occasione per salutare cordialmente tutti i presenti.

Saluto innanzitutto il vescovo, il caro mons. Dante Bernini. Lo ringrazio per le parole che ha voluto rivolgermi, all'inizio della Messa, presentando un quadro della storia, della situazione e delle prospettive della città e in particolare della comunità cristiana. Saluto le autorità civili, sia quelle locali, sia quelle giunte dal capoluogo di provincia, Latina, come anche la autorità di altri comuni del Lazio. Un affettuoso pensiero ai sacerdoti che reggono questa parrocchia nella quale ora ci troviamo: la parrocchia della Chiesa "madre": saluto il parroco, don Luigi Fossati e i suoi collaboratori. Ma il mio saluto si estende anche ai sacerdoti delle altre parrocchie con i quali avro il piacere di intrattenermi dopo la Messa nella casa parrocchiale. Un saluto cordiale alle suore Pallottine e ai vari gruppi parrocchiali: al Consiglio pastorale, al Consiglio per gli affari economici, al Gruppo catechisti, ai Gruppi liturgici, al Gruppo Caritas, al Gruppo sportivo, al Gruppo giovanile, al Gruppo per l'Eucaristia agli anziani. Un caro saluto anche a tutti coloro che sono provenuti dalle altre due parrocchie che ho appena visitato: in particolare alle famiglie, ai giovani, ai lavoratori, agli anziani, ai fanciulli, ai malati, alle persone che sentono oggi in modo particolare il peso della croce, perché il pensiero di Gesù renda loro questo peso leggero e sopportabile, perché la loro sofferenza sia sorgente di grazia per loro stesse e per tante anime che non comprendono il valore della sofferenza o che hanno bisogno di purificarsi dalle loro colpe. La Liturgia di oggi sia per loro di particolare incoraggiamento. E vorrei aggiungere che sono molto onorato per la presenza anche di pastori di altre diocesi del Lazio.


6. Il vostro santo patrono, cari parrocchiani di San Michele Arcangelo, è per tutti voi, innanzitutto, un vigoroso richiamo alla fortezza cristiana, della quale oggi c'è tanto bisogno, perché assai insidiose sono le forze del male e occorre pertanto, alla "semplicità delle colombe", saper aggiungere l'"astuzia del serpente". Vostra compatrona poi è santa Maria Goretti, la quale, pur nella sua femminile fragilità, richiama anch'essa l'immagine della fortezza, e quale fortezza! Fino a dare la propria vita! E per un ideale - la purezza - che occorre saper recuperare in tutta la bellezza del suo fascino spirituale, così ricco di fecondi frutti di nobiltà e di carità, com'è dimostrato dalla vita dei santi e delle sante. La linea d'azione della vostra comunità è orientata in modo speciale alla promozione di una fede matura mediante una maggiore attenzione alla parola di Dio e alla funzione catechetica e santificatrice della liturgia. Vi impegnate altresi ad affrontare la soluzione dei problemi socio-economici alla luce della dottrina sociale della Chiesa. Nell'esprimervi il mio apprezzamento per i risultati raggiunti nel corso di questi anni, desidero incoraggiarvi a portare avanti generosamente gli impegni intrapresi, studiandovi di organizzare sempre meglio la catechesi per gli adulti e di realizzare una presenza sempre più incisiva nel mondo dell'emarginazione, un ascolto sempre più attento del mondo della cultura, una collaborazione sempre più stretta con le parrocchie limitrofe. Sia con voi la mia benedizione nel bene che state facendo, e anche in quello che vi proponete di compiere.


7. Il mio pensiero si allarga ora ad abbracciare l'intera comunità cristiana di Aprilia. Ci siamo qui riuniti sul sagrato della Chiesa "madre", vale a dire nel luogo dove è fiorito il primo germe della vostra realtà ecclesiale, dove è stato gettato il seme dal quale è sorto un grande albero. Dai tempi delle origini le parrocchie si sono moltiplicate e altre stanno per nascere. Siete una comunità in crescita: e questo è molto bello: è un segno di vita, un segno di speranza. E' consolante anche il fatto, sottolineato dal vostro vescovo, dei buoni rapporti esistenti tra la comunità cristiana e la più vasta comunità cittadina, le cui autorità hanno mostrato un fattivo interesse anche in ordine alla costruzione delle nuove chiese. Il mio augurio per tutti non può essere altro che quello di proseguire in questo cammino di dialogo, di collaborazione onesta e leale, di costruzione concorde del bene comune nella giustizia e nella pace, E lo auguro a tutti, soprattutto ai giovani e in modo del tutto speciale a quei giovani che sono alla ricerca del loro primo lavoro. L'esempio, in questo campo, delle piccole comunità può essere di luce e di monito anche per le comunità più grandi. E oggi c'è tanto bisogno di questo!


8. "Noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo, perché con la tua croce hai redento il mondo"! così abbiamo cantato nell'Alleluia, e così ripetiamo insieme! "Chiunque, infatti, dopo essere stato morso, lo guarderà, resterà in vita"! (Nb 21,8). Chiunque, dopo essere stato ferito dal peccato, guarderà al Crocifisso, sarà salvo, perché - come proclama il Prefazio di questa Messa - il Padre ha stabilito la salvezza dell'uomo nell'albero della croce. Lode e gloria a te, o Padre, per la tua misericordia! Lode e gloria a te, o Cristo, per il tuo amore generoso, per la tua umiltà, per la tua presenza fra di noi! Amen.

Data: 1986-09-14 Domenica 14 Settembre 1986





GPII 1986 Insegnamenti - Ai consiglieri della Coldiretti - Città del Vaticano (Roma)