GPII 1986 Insegnamenti - A Centro Universitario Cattolico - Castel Gandolfo (Roma)

A Centro Universitario Cattolico - Castel Gandolfo (Roma)

Armonizzare conoscenza scientifica e pensiero cristiano


Egregi signori docenti, cari giovani borsisti.


1. Rivolgo il mio beneaugurante saluto a tutti e a ciascuno di voi, partecipanti al Convegno che il Centro Universitario Cattolico ha organizzato con finalità di aggiornamento teologico e culturale, sulla traccia del documento pastorale dell'episcopato italiano "Comunione e comunità missionaria". Il tema sul quale state in questi giorni riflettendo è "Fede, scienza e cultura nel compito missionario della Chiesa nel Paese". L'importanza crescente di tale attualissimo problema mi spinge a rivolgervi una parola d'incoraggiamento, perché il vostro convegno non rimanga sul piano della speculazione teorica, ma lasci in ciascuno di voi una rafforzata volontà di sviluppare, in questo campo, un costante impegno personale ed ecclesiale.


2. In virtù della missione ricevuta da Cristo, la comunità cristiana in quanto tale ha il compito di orientare evangelicamente il modo di pensare e di agire degli uomini di ogni epoca. Tale compito si fa particolarmente urgente in una società, come quella italiana, che ha dietro le spalle una tradizione di antica civiltà a ispirazione cristiana, ma che, al presente, sta conoscendo gli effetti preoccupanti di un dilagante secolarismo. Nel sottolineare con singolare vigore la dimensione missionaria, la Chiesa che vive in Italia parte precisamente da questa realistica constatazione: il fenomeno della scristianizzazione si va sistematicamente diffondendo. Molti battezzati non sono più cristiani. E' dunque necessario correre ai ripari. E l'impegno investe non soltanto alcune persone e organizzazioni ma tutta la Chiesa. In ogni tempo e in ogni luogo vi sono state e vi sono persone e istituzioni consacrate, per carisma particolare, in modo completo e unico, all'attività missionaria. Oggi tuttavia occorre prendere rinnovata coscienza del fatto che ogni cristiano, in forza della consacrazione del suo battesimo, è diffusore del Vangelo, nel suo ambiente, in ogni circostanza della vita. Egli è quindi missionario, in certo senso, a tempo pieno.


3. In questo compito di evangelizzazione e di rievangelizzazione un ruolo non secondario, soprattutto in una società lievitata dalla diffusione della scuola, del libro e dei nuovi strumenti di comunicazione sociale, tocca alla scienza e alla cultura, come è stato ripetutamente indicato dal Concilio e da numerosi documenti ecclesiali. I fedeli devono essere guidati ad armonizzare la conoscenza delle nuove scienze, delle nuove dottrine e delle più recenti scoperte con la morale e il pensiero cristiano, affinché la vita della fede e la pratica della morale cristiana procedano di pari passo con la conoscenza scientifica, in modo da consentire giudizi e valutazioni circa le realtà mondane in sintonia con i criteri dettati dal Vangelo (cfr GS 62). A voi, che operate nel campo dell'Università e della ricerca, spetta soprattutto il compito di facilitare al popolo di Dio il cammino di tale armonizzazione. Sarà più facile il vostro compito, se più profondo sarà lo spirito di fede e sempre più coerente con gli orizzonti della fede il comportamento personale. Nell'esortarvi a generoso slancio nel corrispondere a tale impegno, che è parte costitutiva della vostra vocazione cristiana, desidero esprimervi il mio apprezzamento e assicurarvi del mio costante ricordo nella preghiera.

A voi e ai vostri cari la mia benedizione.

Data: 1986-09-19 Venerdi 19 Settembre 1986




A un gruppo di parlamentari belgi - Castel Gandolfo (Roma)

Attività politica per servire le esigenze etiche della persona


Signor deputato-borgomastro, signore e signori.


1. La vostra presenza ravviva in me il grande ricordo della mia visita pastorale nel vostro caro paese, nel mese di maggio dello scorso anno. Mi ricorda in particolare il mio incontro con le loro maestà il Re e la Regina nel palazzo reale di Laeken (20 maggio 1985). Salutando tutti coloro che operano per il bene comune del vostro paese, e in particolare i membri del Senato e della Camera dei Rappresentanti, mi ricordo di averli incoraggiati vivamente a "fare in modo che la soluzione dei problemi interni, e l'azione all'esterno, si inscrivano in un grande disegno umano.

Intendevo sottolineare che tutta la vita nazionale e internazionale aveva assolutamente bisogno di riporre sulla "dignità della persona umana il rispetto dei suoi diritti fondamentali inalienabili", specialmente "il rispetto della vita umana a tutti gli stadi del suo sviluppo, dal concepimento alla vecchiaia", delle "possibilità materiali per vivere decentemente", il rifiuto della violenza e delle discriminazioni, la promozione dei valori della famiglia, l'educazione dei giovani all'amore umano autentico, la protezione dei deboli. La visita di oggi mi fa onore e gioia, è il segno confortante che voi intendete fare vostro questo "grande disegno umano", e metterlo in pratica in tutto ciò che è di competenza della vostra responsabilità di parlamentari.


2. Siete venuti qui da cristiani ad approfondire la vostra comunione con la Chiesa di Roma, fondata sulla confessione di Pietro e Paolo, cioè sulla loro esemplare e suprema testimonianza della "bontà di Dio nostro Salvatore e del suo amore per gli uomini" (Tt 3,4) per ogni uomo e per l'intero uomo manifestato in Gesù Cristo.

La salvaguardia e la promozione dei diritti dell'uomo e della sua dignità si radicano dunque nell'impegno di Dio stesso a favore della persona umana. Di questa "filantropia divina", di cui parla l'apostolato Paolo e che si riflette nell'interesse appassionato della Chiesa per tutto ciò che è umano, i cristiani che esercitano delle responsabilità politiche hanno il compito di esserne essi stessi umili e fedeli testimoni.


3. Il Papa Pio XI lo dichiarava con schiettezza il 18 dicembre 1927, in un discorso alla federazione universitaria italiana: "Nell'ambito della politica, che riguarda gli interessi della società intera... è il campo più vasto della carità, della carità politica di cui si può dire che nessun altro le è superiore salvo quello della religione". Più vicino a noi, il Papa Paolo VI usava simili parole nella sua lettera al card. Roy del 14 maggio 1971 per l'80° anniversario della "Rerum Novarum": "La politica - scriveva - è un modo esigente... di vivere l'impegno cristiano al servizio degli altri" ("Octogesima Adveniens", 46).

Affermando senza ambiguità il principio dell'autonomia rispettiva della Chiesa e della comunità politica, il Concilio Vaticano II, nel decreto sull'apostolato dei laici (n. 14) invita anche "i cattolici competenti in materia politica, consolidati come conviene nella fede e nella dottrina cristiana" a impegnarsi nella "gestione degli affari pubblici". Certamente la Chiesa sa, e voi stessi ne avete fatto talvolta la dura esperienza, che il mondo della politica è anch'esso segnato dall'attaccamento a interessi egoistici, in una parola, dal peccato. Ma il cristiano non saprebbe distogliersene. Deve convincersi, nel nome stesso della sua fede, dell'azione dello Spirito di Dio nella storia, che l'attività politica può essere un servizio autentico, a condizione di purificare sempre il proprio obiettivo e le proprie intenzioni. Considerata in questo modo, l'attività politica è incontestabilmente una vocazione; una vocazione nel senso nobile e cristiano del termine. Al centro delle complessità e degli accostamenti del mondo politico, voi siete chiamati ad essere gli infaticabili promotori della compiutezza dell'uomo secondo Cristo e secondo gli insegnamenti della sua Chiesa. A questo proposito avete il diritto e il dovere di fare in modo che le esigenze etiche dello sviluppo integrale dell'uomo siano prese in considerazione delle leggi. Si tratta del contributo normale dei credenti responsabili dello sviluppo di una società in cui la persona umana sia integralmente onorata soprattutto dove essa è maggiormente minacciata.


4. Nel concerto delle nazioni, il Belgio ha una vocazione propria rivelata dal suo ruolo di intermediario in Europa e dal suo passato di attaccamento alla fede cattolica e alle libertà fondamentali. A voi che insieme rappresentate le tre comunità del vostro caro paese, francofona, fiamminga e tedescofona, posso ripetere le mie parole dell'anno scorso a Koekelberg: "Coltivate questo modello di convivialità che può essere esemplare per il mondo". Signore e signori, vi invito quindi a vivere con fiducia la vostra missione politica. Come ogni altra missione umana, essa può essere, nel senso proprio del termine, servizio a Dio attraverso il servizio reso alla città. Lo sarà veramente se avrete cura di assicurarvi nella vostra esistenza spesso frenetica, oltre ai momenti di vita familiare, dei tempi di riflessione, di contemplazione e di preghiera. Un uomo disperso, urtato dell'attualità immediata, o troppo preoccupato della sua quota di popolarità, non saprebbe esercitare validamente la sua responsabilità politica. Ogni azione feconda e durevole esige un certo distacco, una disponibilità interiore che permetta di discernere l'assoluto dal relativo, il necessario dall'accessorio, la verità dalle false evidenze. Il fatto che abbiate trovato il tempo per compiere questo pellegrinaggio a Roma prova che ne siete coscienti. Auguro di cuore che, una volta rientrati nella vostra patria, possiate da un lato approfondire la vostra vita interiore e dall'altro accrescere la vostra conoscenza del fruttuoso insegnamento sociale della Chiesa. così vi aiuterete a vicenda a richiamarvi all'ideale che vi unisce in profondità come credenti, come cattolici: la volontà di costruire una città degna di Dio e degli uomini che egli ama. Invoco sulle vostre persone e sulla vostra missione abbondanti grazie di saggezza e di forza divine.

Data: 1986-09-19 Venerdi 19 Settembre 1986




Ad un gruppo di vescovi colombiani - Castel Gandolfo (Roma)

Pace, solidarietà fraterna e comunione


Signor cardinale, amati fratelli nell'episcopato, cari sacerdoti. Con questa visita avete voluto manifestarmi la vostra soddisfazione e gratitudine, come membri qualificati della Conferenza episcopale, per il viaggio apostolico che mi ha portato a condividere per qualche giorno le gioie e le speranze, le inquietudini e le aspirazioni della Chiesa in Colombia. Si compi, con questo, un desiderio lungamente accarezzato da me, e senza dubbio anche dai pastori e da fedeli della vostra patria.


1. Voglio di nuovo riconfermarvi la mia più profonda gratitudine per l'accurata attenzione con cui avete minuziosamente preparato le diverse tappe, affinché rispondessero con assoluta nitidezza, come è stato, a degli obiettivi puramente ecclesiali. Questa sintonia di propositi, ravvivati senza tregue dallo zelo ardente della carità e del servizio pastorale, trovo subitanea corrispondenza nello spirito del popolo colombiano, che diede ampie e ininterrotte dimostrazioni di profonda religiosità e di una illimitata disponibilità per coltivare con animo cosciente e deciso i valori cristiani. Posso ben dire che non mi è stato difficile, in nessun modo, compiere la mia missione di "Pastore e peregrino del Vangelo". La grazia del Signore, indispensabile e che non viene mai meno quando occorre intuire con chiarezza i piani di Dio, si diffuse, per così dire, a piene mani nei cuori, dissipando anche i minimi germi di inquietudine, di modo che - lo dico con le parole dell'Apostolo - "io non nascosi niente di quanto vi poteva essere utile, senza trascurare di predicare e di istruirvi in pubblico e nelle case... annunciando a tutti di convertirsi e di credere in Nostro Signore Gesù" (Ac 20,21).


2. Sono stati sufficienti quei pochi giorni per comprovare come la Chiesa in Colombia, nonostante le varietà del vasto territorio e le molteplici differenze sociali ancora esistenti, sia fermamente unita nella fede e nella speranza, intorno ai suoi pastori. Naturalmente, è ancora una Chiesa in campo e, come tutto il popolo di Dio, è inoltre famiglia che giorno dopo giorno, nell'amore Dio e nella pace, è desiderosa di progredire la costruzione di una umanità nuova, il corpo di Cristo, animato dal suo Spirito. Questa, che è una incoraggiante realtà, costituisce una ineludibile sfida per tutti i responsabili, a non retrocedere dinanzi alla chiamata alla pace e all'edificazione, alla solidarietà fraterna e alla comunione, pur fra possibili contraddizioni, e di fronte a umiliazioni e oltraggi in nome di Gesù, come ho avuto occasione di ripetere in diversi momenti del mio viaggio.


3. Perché provo grande affetto nei confronti della Chiesa in Colombia e perché mi aspetto molto da lei nell'ambito latinoamericano, oggi vi esorto affinché, in unione con gli altri pastori, imprendiate con rinnovato vigore i vostri sforzi per essere annunciatori instancabili del Vangelo. Vi serva di comune stimolo l'entusiasmo quasi istintivo che ho notato nei giovani nel seguire Cristo, allorché scoprono il suo volto attraverso la parola e l'esempio che dà la sua figura. Vi animi il sacrificio continuo di tanti padri e madri di famiglia, che aspettano anelanti il calore della mano amica che li aiuta a sopportare con maggior respiro il peso della propria responsabilità. Vi sia di stimolo anche l'impegno di quanti - impresari o operai, professionisti della cultura - si sforzano con spirito cristiano per procurare a ogni uomo un'esistenza conveniente alla propria dignità. Infine, vi sia ancora di sprone e d'aiuto imprescindibile, la laboriosa energia dei sacerdoti, religiosi e religiose che hanno optato per Cristo, offrendo totalmente la loro vita, nel dono della comunione e del servizio che nasce dall'affidamento esclusivo all'impegno del regno di Dio. Che queste brevi considerazioni fortifichino in voi e nei vostri fratelli vescovi l'infaticabile zelo che avete dimostrato, e che i tempi gravosi e mutevoli che viviamo esigono da noi. Sotto la protezione della santissima Vergine di Chiquinquira, che tutto ciò che intraprenderete sia per la gloria e l'onore del Signore.

Data: 1986-09-21 Domenica 21 Settembre 1986




Al Congresso del Gruppo "Ampère" - Castel Gandolfo (Roma)

La minaccia atomica continua a incombere sull'umanità


Signor presidente, signori professori, signore e signori.


1. Eccovi riuniti qui a Roma per il vostro 23° Congresso Ampère che tratta i principali aspetti della risonanza magnetica, e avete desiderato rendermi visita in questa occasione. Vi ricevo con piacere perché siete dei ricercatori qualificati, che mettete in comune il frutto del vostro lavoro, ricercatori delle cui scoperte non beneficia solo la Comunità internazionale, ma per mezzo delle loro applicazioni tutta la Comunità umana. Il vostro Gruppo riunisce la quasi totalità degli istituti di ricerca situati in Europa e i principali laboratori non europei, in particolare americani e giapponesi, che studiano la spettroscopia delle radio-frequenze e più specificatamente le risonanze magnetiche. Da più di trent'anni tenete congressi e colloqui specializzati nella quasi totalità dei paesi d'Europa. Ho notato che a questo incontro di Roma partecipano ventidue paesi europei e dodici non europei.

Ciò dimostra la qualità e la diffusione del vostro Gruppo Ampère, poiché la maggior parte delle scoperte importanti fatte nel vostro campo di competenza nel corso dell'ultimo quarto di secolo è stata presentata o discussa in questi incontri. E' a giusto titolo che voi vi chiamate un "Gruppo d'informazioni reciproche" in particolare attraverso il vostro bollettino specializzato che mantiene un legame permanente tra i collaboratori interessati.

Mi congratulo per questo alto livello scientifico, a carattere di aiuto reciproco nei vostri rapporti, e del beneficio che le vostre scoperte scientifiche portano, per mezzo della loro applicazione, alla medicina biologica. Lo sviluppo della risonanza magnetica di alta risoluzione ha permesso così di delucidare i problemi delle strutture concernenti le molecole organiche, le macromolecole degli ambienti biologici, e infine le applicazioni di queste tecniche alla diagnostica medica, aprendo anche la possibilità a metodi nuovi d'applicazione, facili per i pazienti, sicuri nell'identificazione delle patologie. Voi siete un esempio vivente di ciò che gli scienziati possono fare, utilizzando il loro talento, congiungendo le loro energie per il benessere degli uomini.


2. Mi congratulo, dicevo, perché una delle mie più profonde preoccupazioni è che il potere enorme della scienza nel nostro tempo non sia più utilizzato contro l'uomo, ma in favore dell'uomo e di tutti gli uomini. Mi ricordo di aver sottolineato questa finalità essenziale nel mio incontro con gli uomini di scienza e di cultura riuniti a Parigi il 2 giugno 1980 alla sede dell'Unesco. Desidero dirvelo di nuovo. Gli uomini di oggi hanno bisogno di ritrovare fiducia nel progresso delle conoscenze scientifiche, che si giudica nel servizio reso all'uomo e all'umanità. L'occasione mi fu data dall'incontro degli intellettuali incontrati a Colonia il 15 novembre 1980. Il nostro secolo infatti si era aperto sulle più belle prodezze della scienza. Ma ecco che al suo declino questa assicurazione si è oscurata al punto d'angosciare osservatori esperti. Tuttavia non possiamo tornare indietro, prima di Copernico e Galileo, prima di Einstein e dei suoi discepoli.

Dopo Hiroshima, la paura atomica incombe sull'umanità, tanto più che i capi dei popoli hanno continuato ad aumentare il loro arsenale terrificante. In seguito alla recente catastrofe di Chernobyl abbiamo dovuto riconoscere che l'uso pacifico dell'atomo non è senza rischi di gravi pericoli. Bisogna che le più belle conquiste dell'uomo si rivoltino contro di lui e che il suo genio scopritore si ritorca in potere distruttore? Signore e Signori, voi siete uomini di scienza e ricercatori pacifici, le cui scoperte sono originate verso usi benefici, e i cui incontri regolari a livello internazionale sono anche contributi alla costituzione di una comunità umana più unita, più responsabile, più solidale, più efficiente.


3. Tanto è vero che la libertà e la scienza disinteressata vanno di pari passo, come lo metteva in evidenza un recente incontro di uomini di fede e di scienza a Lubiana ("Scienza e Fede", Accademia slovena delle scienze e delle arti e Segretariato per i non-credenti Lubiana-Roma, 1984) e che le scienze naturali, come la fisica che voi praticate, sono per essenza internazionali e non possono conoscere altri limiti teorici che quelli dello Spirito. Le loro applicazioni pratiche, con i benefici che ne seguono, sono il campo aperto alla cooperazione di tutti gli uomini di buona volontà. I problemi etici suscitati dal prodigioso sviluppo delle scienze e le loro applicazioni tecniche chiamano con urgenza a una maggiore lucidità e a un sussulto di coscienza, come ricordavo ai partecipanti dell'incontro "Scienza e fede" del Segretariato per i non-credenti ("Scienza e Fede", Piemme Marietti 1986) al quale appartiene il vostro devoto segretario il professor Georges Bené, di Ginevra. Ho il piacere di salutarlo specialmente oggi, ringraziandolo per la sua collaborazione al gruppo di lavoro che ho suscitato su Galileo. Ciò per dirvi, signor presidente, signore e signori, quanto la Chiesa apprezzi il vostro lavoro, incoraggi le vostre ricerche, gioisca dei vostri incontri scientifici internazionali. Voi apportate un contributo insostituibile a questa civiltà della verità e dell'amore. Desidero chiamare tutti gli uomini di buona volontà a costruirla. Nel rispetto delle vostre opinioni religiose, invoco sui vostri lavori presenti e futuri la saggezza divina.

Data: 1986-09-20 Sabato 20 Settembre 1986




Alle Forze dell'ordine locali - Castel Gandolfo (Roma)

Gatitudine per il generoso e puntuale servizio svolto


Signor questore, signor ispettore generale di Polizia presso il Vaticano, signori funzionari della Polizia di Stato e della Polizia Stradale, sottufficiali e agenti, signori ufficiali dell'Arma dei Carabinieri, sottufficiali e carabinieri.

Prima di lasciare Castel Gandolfo desidero esprimere a tutti voi con questa udienza il mio sentimento di gratitudine per il generoso e puntuale servizio da voi svolto durante il periodo della mia permanenza quassù. E' anzitutto un sentimento di stima quello che desidero manifestarvi, poiché ho potuto riscontrare in voi costante premura verso la mia persona e assidua cura nell'adempimento dei vostri ruoli, svolti sempre con grande competenza, in situazioni talvolta particolarmente onerose per l'ora, per il caldo e la ressa.

Voi siete consapevoli che il vostro servizio non consiste solo, come di solito, nell'attenta vigilanza a tutela di luoghi o di cittadini, ma si rivolge anche alle migliaia di persone che giungono qui con una precisa motivazione di fede: il pellegrinaggio alla sede di Pietro e l'incontro con il suo successore. Le vostre prestazioni attingono perciò anche una valenza religiosa. Io mi compiaccio con voi perché nell'espletare il vostro impegno, che richiede pazienza, correttezza di modi, acuto spirito di osservazione, vi sforzate di dimostrare sempre un forte senso di responsabilità e una esemplare capacità di autocontrollo. Ciò fa onore a tutti voi e alla nobile tradizione delle vostre rispettive scuole di formazione. Certamente non mancano nelle vicende del vostro servizio situazioni tese, circostanze che vi danno preoccupazione e inquietudine.

Ma ad esse voi sapete far fronte con padronanza di nervi e prontezza di decisione, traendo motivo di coraggio - io penso e auspico - anche dalla fede in Dio, che è vicino sempre a quanti lo invocano. E' precisamente in questo atteggiamento di fede che io voglio esortarvi a perseverare. Durante il silenzio dei turni di veglia, o nel complesso vortice delle chiamate d'urgenza, oppure nel mezzo di una folla strabocchevole, salga dai vostri cuori l'invocazione a Dio, a Gesù Cristo, alla Vergine Santa. La fede sicura e senza timore nella vicina presenza del Signore sia per voi il sostegno e l'orientamento per tutte le vostre attività. Dal Signore infatti viene la sicurezza, la luce che illumina i vostri gesti e che sostiene l'interiore pace dello spirito. Affido questi miei sentimenti a Maria santissima, Virgo Fidelis, patrona dei carabinieri, e a san Michele arcangelo, celeste patrono della Pubblica Sicurezza, mentre imparto volentieri a tutti voi, alle vostre famiglie e a tutte le persone care la mia riconoscente benedizione apostolica.

Data: 1986-09-20 Sabato 20 Settembre 1986




Ai dipendenti delle Ville Pontificie - Castel Gandolfo (Roma)

Tradizionale incontro dopo il soggiorno


"Oggi ho ancora dinanzi agli occhi e nel mio animo l'altro incontro, quello di un anno fa, e la presenza del compianto dottor Ponti, allora direttore delle Ville.

Io vorrei ancora una volta ricordare la sua opera, la sua persona, la sua benevolenza verso noi tutti. Nello stesso tempo voglio ancora una volta augurare al nuovo direttore la continuazione buona ed efficace di quella stessa opera.

Si tratta di un'opera che ha anche caratteristica culturale perché qui, a Castel Gandolfo, si coltiva non solo la terra, il giardino, ma vi si trovano anche tanti reperti archeologici che appartengono all'insieme di questa Villa.

Voglio ringraziare tutti per il contributo che danno a questa opera. In un periodo dell'anno questo contributo di tutti si concentra intorno alla persona del Papa e in questo periodo anche il Papa può mostrare più gratitudine e più riconoscenza per questa opera e per il contributo che date tutti. E lo faccio ogni giorno, ma lo faccio in modo particolare all'inizio del mio soggiorno a Castel Gandolfo e prima di tornare a Roma. E' una grande gioia per me la presenza di tutti i dipendenti, capi delle famiglie, delle madri e padri delle famiglie, dei loro figli. Si tratta di giovani, ma si tratta anche di tanti bambini, alcuni molto piccoli: mi portano sempre tanta gioia. Dobbiamo concludere augurando a tutti una buona "pesca". Si tratta certo di una pesca simbolica. Essa costituisce un gioco ma può essere anche un simbolo della nostra vita, durante la quale dobbiamo sempre sforzarci a trovare una parte sempre migliore, secondo criteri umani, secolaristici del nostro tempo per i quali questa parte migliore avrebbe solo un significato materiale. Ma noi sappiamo che i criteri del Vangelo sono diversi; io vi auguro questa parte migliore secondo il criterio del Vangelo, che pone sempre in primo piano ciò che è più profondo, a ciò che è perenne e che non è transitorio. Naturalmente questo "perenne", questo "non transitorio", questo "spirituale", non trascura né sminuisce i valori di questa terra, anche i valori materiali. Sono valori che accetta e cerca di elevarli, di perfezionarli, di nobilitarli. Questi sono gli auguri che formulo per ciascuno di voi, per le vostre famiglie e per la generazione nuova. Vi ringrazio per la vostra benevolenza.

Data: 1986-09-20 Sabato 20 Settembre 1986




Ai pellegrini della diocesi di Vittorio Veneto - Città del Vaticano (Roma)

Le virtù cristiane nell'insegnamento di Papa Luciani


Venerato fratello nell'Episcopato, Cari sacerdoti religiosi e fedeli di Vittorio Veneto!


1. Sono vivamente lieto di questo incontro, col quale intendete restituirmi la visita che ho fatto alla vostra diocesi il 15 giugno dello scorso anno. Nel ringraziare per questo gesto di cortesia e di affetto, rivolgo a tutti ed a ciascuno il mio saluto cordiale. In particolare sono grato a Monsignor Vescovo per le parole che mi ha rivolto a nome di tutti, assicurandomi il sostegno della vostra preghiera; e ringrazio pure il Pro-Sindaco di Vittorio Veneto, che è qui in rappresentanza del Sindaco trattenuto da improrogabili impegni.

La vostra presenza suscita in me un'onda di sentimenti e di ricordi: la memoria, anzitutto, della vostra città, dei bei monti che la circondano e dei monumenti che la ornano, ma soprattutto della vostra religiosità. Alla vostra terra s'accompagna il richiamo della dolce figura del vescovo Albino Luciani, il quale fu per lungo tempo vostro pastore e che, dopo la solerte missione di Patriarca a Venezia, fu elevato alla sede di Pietro col nome di Giovanni Paolo I.

Il suo breve ma significativo pontificato si concluse lasciando a tutto il mondo quasi un attonito rimpianto per la sua bontà, la chiara semplicità delle sue parole, la immediatezza del suo dialogo con ogni categoria di persone. Motivo di commozione è pure il dono che voi mi recate: le nuove campane per la chiesa della cittadina dove sono nato, Wadowice. Per tutto questo vi sono particolarmente riconoscente. Siano ringraziati i promotori di questo incontro, le autorità religiose e civili che l'hanno sollecitato, i dirigenti ed i membri delle associazioni cattoliche e civili, tutti voi cittadini e fedeli della diocesi.


2. La calorosa accoglienza che mi fu tributata in occasione della mia visita, lo scorso anno, mi consenti di rendermi conto personalmente dei buoni sentimenti che animano le popolazioni della vostra terra. La fede cristiana vi è profondamente radicata e continua ad alimentare il costume della gente, contribuendo a plasmare un ambiente sociale, nel quale i valori cristiani sono in genere ancora vivamente sentiti. Tale ambiente diventa preziosa scuola di vita per le giovani generazioni, che non solo vi apprendono i primi elementi della fede, ma vi sono poi aiutate a sviluppare man mano la comprensione delle ricchezze della Rivelazione e a tradurne in atto le norme di vita. Occorre che questo ambiente cristiano, questo "clima di fede" sia conservato ed alimentato. Che cosa può giovare di più a questo scopo che un intelligente e costante impegno di catechesi sia da parte dei sacerdoti nell'ambito delle parrocchie sia da parte dei genitori nei confronti dei figli? E' nella catechesi infatti che la mente è sollecitata ad aprirsi al gioioso accoglimento del disegno amorevole di Dio e la volontà è stimolata ad orientarsi, con decisione generosa, sulle strade difficili ma esaltanti di un trascendente destino, com'è quello che Dio nella sua bontà ci ha riservato.

Catechesi, dunque! So che nella diocesi di Vittorio Veneto si annette molta importanza a questo dovere pastorale e mi è caro, in una circostanza come questa, elogiare i sacerdoti, i catechisti, i genitori cristiani solleciti di trasmettere la loro fede ai figli. Perseverate in questo impegno, di cui Monsignor Albino Luciani traccio la fondamentale prospettiva in un suo sapiente libro: "Catechetica in briciole". La catechesi - egli diceva - "non è istruzione della sola mente, ma educazione di tutta la vita; non mira solo a mettere in testa alcune nozioni, ma trasmette valide convinzioni, così vive e forti da portare alle opere buone, all'esercizio delle virtù". Continuate in questa tradizione, sulla quale si fonda il vostro avvenire di cristiani. Vogliate sempre condurre le menti dei giovani, con una frequente ed ampia catechesi, a conoscere di più Dio per amarlo di più, sapendo, altresi, che "amarlo di più può voler dire conoscerlo di più".


3. Il vicino anniversario della morte di Giovanni Paolo I ci invita a sostare ancora nel ricordo della sua figura di Pontefice e del suo singolare ministero.

Dobbiamo ringraziare la Provvidenza divina che, servendosi delle particolari doti di umanità di Albino Luciani "avvicino il pontificato romano all'uomo di ogni giorno, coniugando il rigore dottrinale con l'amorevole semplicità del linguaggio e stabilendo immediatezza di rapporto". Il suo ricordo, sempre vivo e presente, nonostante il passare degli anni, nella memoria di molti cristiani, è legato in particolare all'insegnamento dettato, nelle quattro udienze generali che egli concesse in quest'Aula. Egli parlo, oltre che dell'umiltà, delle tre virtù teologali, fede, speranza e carità: tre virtù cristiane che egli chiamo servendosi di un detto di Giovanni XXIII, "Le lampade della santificazione". E' singolare il fatto che egli abbia lasciato al mondo - quasi per uno speciale carisma del suo breve pontificato - questo peculiare messaggio sulle tre virtù fondamentali della vita cristiana introducendosi ad esse attraverso il vestibolo dell'umiltà. Queste virtù egli presento nella loro essenza come limpide, robuste ed operose qualità donate al credente; egli si soffermo a descriverne l'aspetto esistenziale e dinamico, la capacità ed esigenza di tradursi in forme di vita vissuta come risposta alla grazia di Dio. La fede, della quale Dio è "il grande regista", trasforma l'esistenza mettendola tutta a disposizione del Signore che la guida: "Ecco che cosa è la fede: arrendersi a Dio, ma trasformando la propria vita". La speranza, mediante la quale "ci si attacca a tre verità: Dio è onnipotente, Dio mi ama immensamente, Dio è fedele alle promesse. Ed è lui, il Dio della misericordia, che accende in me la fiducia". La speranza è la virtù che ci consente di proiettarci verso l'avvenire e rinnovare, con l'aiuto di Dio, la nostra vita. E infine la carità: "Amare Dio non poco, ma tanto, non fermarsi al punto in cui si è arrivati, ma col suo aiuto, progredire nell'amore".

Sono queste virtù che generano un impegno non soltanto per i singoli, ma per tutta la comunità ecclesiale e che possono realizzare la vera animazione cristiana del mondo contemporaneo. In esse si compiono e si armonizzano verità, amore, attesa.


4. Desidero ora rivolgere un ringraziamento vivissimo a quanti si sono fatti promotori del prezioso dono delle campane alla mia parrocchia natale. Le campane di una chiesa segnano il ritmo della vita di tutta la comunità religiosa, coinvolgendo nella gioia o nel pianto coloro che si sentono parte viva della famiglia di Dio. Sono voci squillanti che chiamano il popolo alla preghiera, invitano alla partecipazione della liturgia di lode, fondono gli animi nell'esultanza annunciando gli eventi lieti della Chiesa, della nazione, delle famiglie. Segnano il ritmo della vita dalla nascita al passaggio nell'eternità, richiamano a tutti il pensiero del Cielo. Grazie perciò a tutti coloro che si sono prodigati per questa realizzazione, ed agli artisti che hanno compiuto la pregevole opera della fusione seguendo l'apprezzata tradizione antica del loro artigianato.


5. L'incontro odierno sia per tutti, ma specialmente per i giovani, invito a conservare e sviluppare le tradizioni cristiane della vostra terra e della vostra cultura. Come raccomandavo durante la mia visita nella vostra diocesi, esorto ancora: vi sia sempre in voi chiarezza per distinguere il bene dal male; dilatate le vostre aspirazioni generose ed imparate a viverle seguendo Cristo. Siate, cioè, onesti, moralmente forti, capaci di abnegazione, di generosità, di responsabile impegno. Rispondete ai problemi del prossimo, partecipando alla vita ecclesiale e civile con intelligenza e responsabilità, ed ispirandovi alla sapienza del Vangelo. Animate la società vostra con generoso spirito cristiano, operando secondo quanto suggeriva, con sapiente ed efficace semplicità, Giovanni Paolo I: "Ciascuno di noi cerchi lui di essere buono e di incidere sugli altri con una bontà tutta intrisa dalla mansuetudine e dall'amore insegnato da Cristo". Con questi sentimenti innalzo a Dio la mia preghiera per tutti voi, per le vostre famiglie, per i malati ed i sofferenti, per le istituzioni che sorreggono le vostre attività civili e diocesane, mentre ben volentieri imparto a tutti la mia Benedizione.

Data: 1986-09-20 Sabato 20 Settembre 1986





GPII 1986 Insegnamenti - A Centro Universitario Cattolico - Castel Gandolfo (Roma)