GPII 1986 Insegnamenti - Omelia per le associazioni "Amici dei Lebbrosi" - Città del Vaticano (Roma)

Omelia per le associazioni "Amici dei Lebbrosi" - Città del Vaticano (Roma)

Scuotere le coscienze per sconfiggere il dramma della lebbra


"Lo sguardo del Signore è sopra il povero".


1. Queste parole del Salmo 112, che abbiamo poco fa proclamato, cari fratelli e sorelle, ci invitano a dare la nostra risposta di fede al messaggio dell'amore attento e misericordioso di Dio verso ogni persona che si trova nella sofferenza e nell'angoscia. Il Dio che Gesù Cristo ci ha rivelato è un Dio "preoccupato" per la sorte dell'uomo, impegnato a rimediare alle conseguenze della fragilità umana. E' un Dio che manda addirittura il Figlio suo perché si sacrifichi per la salvezza dell'uomo. Gesù, Figlio di Dio incarnato, ci insegna a riconoscere e rispettare in chiunque la dignità della persona, qualunque sia la sua condizione di miseria o di debolezza: anzi, Gesù guarda con una particolare attenzione, si direbbe con una speciale predilezione, proprio i più deboli e i più emarginati, per mostrare in essi la potenza della sua bontà e della sua misericordia. Egli si compiace di "sollevare l'indigente dalla polvere per farlo sedere tra i principi" (cfr Ps 112,7-8).


2. Cari fratelli e sorelle, "Amici dei Lebbrosi", vi saluto tutti di vero cuore e con sentimenti di apprezzamento per la preziosa e feconda opera di carità che svolgete in varie parti del mondo, laddove maggiormente salgono a Dio le lacrime dell'angoscia umana. Ma laddove anche, grazie a voi, si mostra tangibile il soccorso della divina Provvidenza. Nel 25° anniversario di servizio dell'Associazione Italiana Amici dei Lebbrosi e nel 20° di fondazione della Federazione delle Associazioni anti-lebbra del mondo, saluto tutti i presenti e con particolare pensiero i dirigenti e le varie Associazioni qui rappresentate: Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau, Fondation Luxembourgeoise Raoul Follereau, Le Secours aux Lépreux du Canada, Aide aux Lépreux Emmaüs de la Suisse, Deutsches Aussaetzingen-Hilswerk, Association Française Raoul Follereau, Damien Foundation de la Belgique, "Lepra", The British Leproxy Relief Association. Sono lieto di celebrare con voi questa Eucaristia, che offro al Signore per tutti i lebbrosi del mondo, come per tutte le persone che in qualsiasi maniera si prodigano nella lotta contro questo tremendo male, o che comunque s'interessano od operano - mediante la preghiera, gli scritti, l'azione o l'aiuto finanziario - per favorire e diffondere nel mondo la comprensione, l'amicizia e l'affettuosa attenzione nei confronti dei sofferenti hanseniani.


3. L'uomo, anche se umiliato dal male, è sempre portatore di un destino che trascende il tempo e si proietta nell'eternità. Dio infatti "vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della Verità" (1Tm 2,4), poiché conoscere Dio e la verità è la sublime vocazione dell'uomo. La rivelazione, messaggio rivolto a ogni persona senza distinzione, invita anche il più umile e il più povero a sentirsi portatore di valori che arricchiscono l'umanità. Per questo la giornata odierna ci ricorda l'alta considerazione che dobbiamo avere per il significato della vita dei nostri fratelli lebbrosi. Essi sono uomini e donne chiamati da Dio alla salvezza; sono fratelli e sorelle dai quali noi stessi possiamo e dobbiamo ricevere un dono, un miglioramento nella bontà, una maggiore ricchezza di umanità, una più profonda luce di verità. Noi sappiamo infatti che Dio vuol far conoscere ai piccoli e ai miseri la sua Verità, il suo infinito amore, la sua volontà di conforto e di salvezza.


4. Dio esalta i miseri, perché Cristo si è fatto misero per noi: "Egli da ricco che era, si fece povero per arricchire noi con la sua povertà" (2Co 8,9). Un grande stupore colpisce il nostro spirito, allorché consideriamo con quanto amore Dio ha voluto prendersi cura della creatura umana caduta nel peccato; egli infatti l'ha privilegiata a tal punto da sacrificare per l'uomo il suo Figlio unigenito, resosi in tutto simile a lui tranne che nel peccato. Egli, divenuto per noi infimo nella sua passione e nella morte, ci insegna che proprio quello che ai nostri occhi può apparire un non-valore, diviene invece, nella luce della croce, il massimo dei valori. Cristo, fattosi povero per arricchirci col dono di sé ci invita ad accogliere la lezione grande e urgente a vincere il nostro orgoglio e a chinarci - come lui - sui fratelli maggiormente umiliati; in particolare su coloro che sono tentati dalla disperazione, su coloro per i quali non c'è umana speranza, su coloro che i comuni meccanismi di difesa, dettati dall'egoismo, dalla ripugnanza, dalla paura o da altre ragioni sociali, tendono a escludere da qualsiasi rapporto umano.


5. "Gli vennero incontro dei lebbrosi" (Lc 17,12). In un altro passo del Vangelo è detto che Gesù, tocco" (Lc 5,13) il lebbroso presentatosi a lui. Gesù si lascia dunque incontrare, egli si è fatto nostro prossimo per essere incontrato da noi proprio sulla soglia più tragica e pesante della sofferenza. Dalla croce egli ci insegna a cercare nel malato lo stesso suo volto, ad avvicinare chi soffre proprio là dove questi sperimenta la sua indigenza. Quanti sono e dove sono oggi i lebbrosi? Si parla di cifre che oscillano tra gli undici e i venti milioni: sono persone, disperse, per la maggior parte, nelle regioni più povere del nostro pianeta. Si tratta spesso di un fenomeno che sfugge alle normali possibilità di controllo e di aiuto. Nonostante lo sforzo di anime generose, molti ammalati rimangono esclusi dalla comune assistenza e dalle cure, e quindi dalla guarigione, che oggi la scienza medica potrebbe offrire loro.

L'esempio di Cristo ci deve incoraggiare a persistere nell'impegno nei confronti di quelle situazioni sociali che risultano tuttora insensibili o impotenti di fronte al dramma della lebbra. Non ci si deve arrendere, se gli sforzi appaiono talvolta privi di risultato o se ci si trova di fronte ad ambienti nei quali il terrore del male ispira misure di difesa disumane, frutto di avversioni istintive e irrazionali verso il malato. Dobbiamo continuare ad operare perché proprio questi ambienti, che sembrano più refrattari, si aprano anch'essi alla speranza. Accogliamo il grido rivolto a Gesù dagli stessi lebbrosi: "Gesù, Maestro, abbi pietà di noi" (Lc 17,13).


6. Mi pare giusto ricordare a questo punto come la Chiesa sia stata sempre fedele alla sua missione di annunciare il gesto misericordioso di Cristo, di imitarlo e tradurlo in un concreto impegno di aiuto, di conforto, di fattiva assistenza.

Come non ricordare l'esempio di Francesco d'Assisi, il quale, nei pressi della sua città, incontrato un lebbroso che gli chiedeva l'elemosina, scendendo da cavallo lo soccorse e lo bacio, vedendo in quel misero proprio la figura di Cristo sofferente, da lui amato e cercato? Come non nominare, ancora una volta, padre Damiano De Veuster, che visse con i lebbrosi e mori vittima della stessa malattia; il padre Jan Beyzym che tanto si prodigo per i lebbrosi del Madagascar; il beato Pietro Donders, missionario olandese, che trascorse ben ventotto anni nel lebbrosario di Batavia come cappellano volontario degli infermi? E, nei nostri tempi, mi sia consentito di farne cenno, uomini come Raoul Follereau e Marcello Candia, che tanto hanno fatto a servizio per i lebbrosi. Con il loro esempio essi hanno scosso la coscienza del mondo e hanno iniziato un movimento di sensibilizzazione circa il dovere e le esigenze di soccorrere i malati di lebbra.

Insieme con loro vorrei ricordare le migliaia di sacerdoti, medici, religiosi, missionari, laici, catechisti, volontari che hanno voluto farsi amici dei lebbrosi fino al punto di fondare e sostenere con la loro attiva presenza lebbrosari, ospedali, centri specializzati di ricerca e di cura. A tutti costoro va il mio plauso, il mio vivo incoraggiamento, la mia gratitudine. A nome di tutta la Chiesa e dell'umanità io li ringrazio e li invito a continuare nel loro paziente e coraggioso lavoro.


7. Il Signore ha affidato alle nostre mani tante opere di carità, affinché mediante esse divenissimo corresponsabili del suo disegno di salvezza. Non mancheranno, allora, anche a noi gli impegni per operare secondo dei validi programmi. Un programma, come è ovvio, è qualcosa di più che un'occasione, di aiuto lasciato alla buona volontà dei singoli. Esso suppone un piano meditato, una costante consapevolezza degli obiettivi, l'individuazione delle prospettive offerte alla solerzia e alla carità, l'esame sempre aggiornato della situazione.

E' quanto voi fate, ben conoscendo la necessità di mettere insieme le forze, a livello internazionale, per alleviare le sofferenze della malattia e affrontare anche difficoltà psicologiche e sociali che conseguono alla situazione del malato specialmente in rapporto all'evoluzione della malattia o dei lunghi periodi di segregazione che essa comporta. La prospettiva del vostro impegno non è solo la guarigione: occorre dare a tutti i malati la speranza di poter vivere una vita veramente umana, contribuire a far si che si formi attorno a loro un ambiente sensibile alle loro necessità, prima fra tutte quella d'inserirsi o reintegrarsi con il resto della società. Occorrerà soprattutto far capire loro che anche ad essi, come ad ogni uomo, è consentito di crescere nella loro umanità, di valere di più, di essere di più.


8. Uno dei lebbrosi torno indietro dal Signore per "ringraziarlo" (Lc 17,16).

Evidentemente, nel suo cuore era sbocciata la fede. Possa essa sbocciare in tanti altri cuori oggi toccati dalla guarigione da questa o da altre malattie! Dalla fede scaturisce nell'uomo una dimensione nuova, di un umanesimo trascendente che, nato dal dialogo con Dio, si realizza mediante la comunione con Gesù Vita. La fede dà all'uomo la risposta esaustiva e gli apre gli occhi sulla meta suprema del suo sviluppo come persona. Di cuore auspico, quindi, che sia possibile per ciascuno accogliere la Parola che conforta ogni fatica e ogni impegno della comune carità: "La tua fede ti ha salvato" (Lc 17,19). Qualsiasi fatica o sofferenza, infatti, se sopportata nella fede e nella speranza, diviene un'anticipazione della gloria futura. Proprio le sofferenze e le fatiche aprono l'esistenza umana a un futuro di gioia e attestano che nel momento del declino dell'esistenza corporea si affaccia in Cristo la vera vita. "La tua fede ti ha salvato". Voglia il Signore Gesù ripetere ad ogni persona che soffre questa parola di conforto e di speranza. E possa ciascuno, toccato da questa parola di Cristo, "alzarsi e andare": andare sulla strada della vita incontro ai fratelli, per proseguire con loro, "alzando al cielo mani pure senza ira e senza contese" (prima lettura), verso la meta comune, la beatificante visione di Dio. Con la mia affettuosa benedizione.

Data: 1986-09-21 Domenica 21 Settembre 1986




Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

La preghiera di quanti credono in un Dio provvidente



1. Vorrei ringraziare fin d'ora tutti coloro che, nelle Chiese cristiane e nelle altre grandi religioni del mondo, hanno accettato l'invito a recarsi ad Assisi il prossimo 27 ottobre, per uno speciale incontro di preghiera a favore della pace, oggi così fragile e minacciata. Con viva cordialità esprimo la mia riconoscenza sia ai credenti in Cristo sia ai seguaci delle religioni non cristiane. L'aver accettato l'invito è già di per sé una prova dell'impegno che anima le varie religioni a favore di una vera pace, interna ed esterna, totale e durevole.


2. Nessuno dovrebbe meravigliarsi, se i membri delle diverse Chiese cristiane e delle varie religioni si troveranno insieme per pregare. Gli uomini e le donne, che hanno un "animus religiosus" possono essere infatti il lievito di una nuova presa di coscienza dell'umanità intera per quanto riguarda la sua comune responsabilità verso la pace. Ogni religione insegna il superamento del male, l'impegno per la giustizia e l'accoglienza dell'altro. Oggi, questa comune, radicale fedeltà alle rispettive tradizioni religiose è più che mai un'esigenza della pace.


3. Ciascuno dei presenti ad Assisi offrirà a Dio la sua preghiera secondo la propria tradizione religiosa. Noi cristiani, in forza della comunione che già esiste tra noi, potremo pregare insieme. Riuniti insieme per pregare nella città in cui vide la luce quell'uomo di pace che fu Francesco, saremo così in grado di offrire al mondo una valida testimonianza del nostro comune impegno per la pace e per la causa dell'uomo. Col poverello noi vogliamo augurare all'umanità di oggi "Pax et bonum". E il Signore che "vede nei nostri cuori" (Sam 16,7) e dall'alto dei cieli segue i nostri passi sulla terra, vorrà accogliere - noi lo confidiamo - le nostre suppliche, concedendoci questo grande dono verso cui sospira l'umanità intera. A lui quindi, e a Maria santissima, a cui ci rivolgiamo adesso con l'Angelus, affidiamo la preparazione della Giornata di Assisi.

[Dopo la preghiera:] Desidero rinnovare il mio saluto a quanti hanno partecipato alla celebrazione in occasione del 25° anniversario di servizio dell'Associazione Italiana Amici dei Lebbrosi e del 20° di fondazione della Federazione delle Associazioni anti-lebbra del mondo. Rinnovo il mio saluto alle singole persone e alle varie Associazioni, rivolgendo un affettuoso pensiero particolarmente a coloro che sono impegnati nei paesi di missione. Nell'esprimere il più vivo apprezzamento per quanti hanno a cuore la difficile e non di rado drammatica situazione di quei nostri fratelli colpiti dalla lebbra, desidero ricordare a tutti il dovere di farsi carico delle varie forme di sofferenza che affliggono tanta parte dell'umanità. Il cristiano non può sentirsi tranquillo finché sulla terra c'è un essere umano costretto a vivere in condizioni contrarie alla sua dignità. A tutti coloro che si impegnano per lottare contro la lebbra e a promuovere l'uomo, con la saggezza e l'energia date dalla carità, va la mia benedizione. Rivolgo un particolare saluto ai membri del "Gruppo comunale San Bonifacio", in diocesi di Vicenza, dell'"Associazione Italiana Donatori di Organi", che sono venuti in pellegrinaggio a Roma. Vi esprimo, carissimi, la mia gratitudine per la vostra presenza a questo incontro domenicale, e insieme il mio sincero apprezzamento per le nobili finalità umanitarie della vostra benemerita Associazione. Con tale spirito di donazione e di amore verso gli altri, continuate a dare una chiara testimonianza di fede e di vita cristiana. La mia benedizione apostolica vi accompagni sempre.

Data: 1986-09-21 Domenica 21 Settembre 1986




Ai vescovi siciliani in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

La Chiesa in Sicilia: una presenza per servire


Signor cardinale, venerati fratelli nell'episcopato!


1. Nel concludere con questo incontro collegiale le visite "ad limina", che avete compiuto in questi giorni, il mio pensiero si porta spontaneamente al nostro precedente incontro dell'11 dicembre 1981, in analoga circostanza, e a quello di Palermo in occasione del mio viaggio apostolico del 20 e 21 novembre dell'anno successivo. Furono eventi di fraterna comunione, nei quali ho potuto ascoltare dalla vostra viva voce, come è avvenuto pure in questi giorni, l'illustrazione dei complessi e molteplici problemi di carattere religioso e pastorale - oltre che umano e sociale - con cui dovete quotidianamente misurarvi insieme con i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i laici impegnati nell'apostolato. Desidero esprimere a voi, pastori delle Chiese particolari della Sicilia, tutto il mio affetto, la mia stima e la mia comprensione per le vostre persone, consacrate con instancabile dedizione a vivere e operare accanto al buon popolo siciliano, per dare insieme con esso testimonianza di fede, di speranza e di vita cristiana. In questi giorni, nei colloqui privati, voi mi avete presentato il quadro complesso della "situazione cristiana" delle singole diocesi, che lo Spirito Santo ha affidato alle vostre cure e al vostro zelo di pastori. E' un quadro in cui non mancano luci confortanti. A tutti i siciliani desidero rinnovare in questa significativa circostanza i sentimenti della mia affettuosa simpatia per la grande ricchezza di valori umani e cristiani, che hanno saputo assimilare, conservare, proteggere e maturare nei lunghi secoli della loro complessa e travagliata storia, in una posizione geografica che li ha posti al centro di interessi contrastanti. E proprio di questi "valori" abbiamo parlato in queste visite "ad limina", riflettendo sulle grandi possibilità, che il popolo siciliano indubbiamente è capace di realizzare nella pacifica concordia e civile convivenza.


2. Continuando idealmente il dialogo del dicembre 1981, anche in questi nostri recenti incontri abbiamo parlato, oltre che delle "luci", anche delle "ombre", che si possono intravedere nella situazione socio-religiosa della vostra Isola, la quale conta circa 5 milioni di abitanti, distribuiti in 19 diocesi. Voi, carissimi fratelli, avete concordemente notato che dal punto di vista sociale l'Isola presenta oggi una certa sperequazione economica e la piaga della mancanza di lavoro, soprattutto per i più giovani; esistono non poche sacche di povertà, anche nelle grandi città; gli emigrati trovano difficoltà a ritornare in patria, perché non riescono ancora a inserirsi nel mondo del lavoro. Un fenomeno preoccupante è la constatazione che una parte della ricchezza che circola viene attribuita al commercio della droga! L'istituto familiare ha sempre rappresentato uno dei valori tipici della Sicilia. Ma, dalle vostre relazioni, appare come oggi la famiglia siciliana risenta della crisi, che ha colpito dappertutto tale istituto. Tutto questo, purtroppo, è alimentato e assecondato da una certa cultura, che presenta il superamento della concezione della stabilità della famiglia come una conquista e un'emancipazione sociale! La cultura dei siciliani è stata sempre plasmata dalla religiosità che l'ha permeata di tutta una serie di valori che è saggezza conservare. Oggi si riscontrano pero aspetti contraddittori e diverse, gravi deformazioni. Tra i problemi morali, è da porre in primo luogo la delinquenza che in questi ultimi anni ha assunto proporzioni allarmanti: da quella spicciola, che talvolta coinvolge adolescenti e ragazzi, a quella ben più grave che è l'associazione a delinquere di stampo mafioso - con interessi e giro di capitali ingenti - dovuta alla bramosia di ricchezza e alla sete di potere. Voi, pastori della Sicilia, non avete mai mancato di far sentire la vostra voce per un comune impegno a creare una cultura della non-violenza, lavorando in particolare sulle nuove generazioni, per la formazione di una retta coscienza morale cristiana.

Da questo quadro, che sintetizza i motivi delle vostre preoccupazioni di vescovi, appare evidente la necessità di continuare sulla strada già da anni da voi intrapresa, e che io stesso indicavo nell'incontro del dicembre 1981: quella della rievangelizzazione e della catechesi a tutti i livelli, potendo voi contare sullo spiccato senso religioso innato nel popolo siciliano, che è buono, generoso, paziente; un senso religioso profondo e sentito, anche se certe pratiche di "religiosità popolare" hanno bisogno di un processo di purificazione, che voi da anni, con costanza e prudenza, avete avviato mediante sagge norme, per disciplinare lo svolgimento delle "feste religiose", norme che dalla maggior parte dei responsabili e dei fedeli, sono state comprese, accettate e applicate. In modo speciale, nella vostra pastorale voi avete cercato di orientare la religiosità popolare verso una fede convinta, una pratica sacramentale autentica e una vita morale animata dalla carità verso Dio e verso il prossimo.


3. Per realizzare degnamente questo disegno di rievangelizzazione e di catechesi permanente a tutti i livelli, è necessario il lavoro indefesso, costante, organizzato e concorde di tutte le forze disponibili, del clero, dei religiosi, delle religiose, dei laici, uniti insieme per una più intensa comunione nella Chiesa e per una efficace e insostituibile presenza cristiana nel mondo. Il mio pensiero va pertanto ai circa 2000 sacerdoti diocesani della Sicilia, che si trovano oggi a dover affrontare situazioni di particolare difficoltà pastorale, esistenti peraltro anche in altre regioni. So che molto voi, vescovi della Sicilia, avete fatto in questi anni per la formazione spirituale e per la qualificazione culturale dei vostri sacerdoti: l'esistenza della Facoltà teologica "San Giovanni Evangelista" di Palermo e degli Studi teologici - quello di "San Paolo" di Catania, e l'"Ignatianum" e il "San Tommaso" di Messina - è una consolante garanzia. Vorrei anche ricordare il riuscito convegno regionale del 1982 sul tema "Spiritualità del presbitero nella Chiesa locale". E' confortante d'altronde notare la tendenza a un incremento del numero di giovani che vengono presentati per essere ammessi agli ordini sacri: mentre nell'anno 1975 gli alunni dei seminari maggiori dell'Isola erano 125, secondo le stime del maggio di quest'anno sono 208. Il Signore sta premiando il lavoro che da anni avete svolto con costanza e pazienza nell'ambito della "pastorale vocazionale". Un contributo determinante e specifico alla rievangelizzazione e alla catechesi è dato, e certamente continuerà ad essere dato, anche dai circa 1500 religiosi appartenenti a 46 Istituti, e dalle 7200 religiose di 107 Istituti diversi, gli uni e le altre impegnati nella pastorale parrocchiale, catechistica, giovanile, scolastica e assistenziale. Possiamo aggiungere anche i membri degli Istituti secolari, delle Pie unioni e dei Sodalizi, dinamicamente operanti in Sicilia. Ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose si unisce, nell'impegno apostolico, il laicato cattolico, che nella vostra Sicilia fin dal secolo scorso, in particolare dopo la promulgazione dell'enciclica "Rerum Novarum" di Leone XIII, ha manifestato una esemplare vitalità, animato in ciò dalla figura e dall'insegnamento di don Luigi Sturzo, che seppe genialmente sensibilizzare i cattolici italiani del suo tempo a una responsabile partecipazione alla vita politica e sociale della Nazione, nella luce dell'insegnamento della Chiesa. Il laicato è presente con le numerose confraternite, coi Terzi Ordini dei religiosi, specialmente francescani, domenicani e carmelitani, con le "comunità di vita cristiana" (già Congregazioni Mariane), con l'Azione cattolica nei suoi vari rami, con gli scouts, coi movimenti, i gruppi, le associazioni, le comunità, che animano oggi e fermentano la vita della Chiesa: l'entusiasmo, la vivacità e la preparazione del laicato cattolico siciliano ha avuto una conferma nel Convegno regionale svoltosi nello scorso anno sul tema: "Una presenza per servire. Le Chiese di Sicilia a vent'anni dal Concilio verso il duemila". Clero, religiosi, religiose, laici per la comunione nella Chiesa e per la presenza cristiana nel mondo, ho detto sopra. Uniti ai vescovi, i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i laici acquistano sempre più la consapevolezza della loro intima appartenenza alla Chiesa e del ruolo che ciascuno di loro ha all'interno della sua struttura e della sua vita. Tale consapevolezza di comunione è alla base di qualsiasi programma pastorale, perché fa scoprire e vivere il senso della corresponsabilità personale e comunitaria, che ogni battezzato ha nell'ambito dell'agire della Chiesa. D'altronde una comunione vera ed efficace non può limitarsi al livello delle intenzioni, delle idee e dei programmi, ma deve tradursi nelle scelte operative. Alla base di tale comune azione sta la verità teologica dell'unità del popolo di Dio: "Uno è il popolo eletto di Dio: "un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo" (Ep 4,5) - afferma il Concilio Vaticano II -; comune è la dignità dei membri per la loro rigenerazione in Cristo, comune la grazia dei figli, comune la vocazione alla perfezione, una sola salvezza, una sola speranza e indivisa carità... Quantunque alcuni per volontà di Cristo siano costituiti dottori e dispensatori dei misteri e pastori per gli altri, tuttavia vige fra tutti una vera uguaglianza riguardo alla dignità e all'azione comune a tutti i fedeli nell'edificare il corpo di Cristo" (LG 32).


4. Dalle relazioni che mi avete presentato in questi giorni, ho potuto dedurre con vera soddisfazione che le luci vincono sulle ombre: c'è in Sicilia un popolo buono, ospitale, generoso, religioso, che ama la pace e vuole la giustizia; c'è un episcopato fraternamente unito; ci sono sacerdoti, preparati spiritualmente e culturalmente, che desiderano dare una testimonianza sempre più coerente di vita interiore evangelicamente realizzata, in quanto radicata nella preghiera e nella carità; ci sono religiosi e religiose, che, fedeli al carisma dei fondatori e delle fondatrici, intendono manifestare alla società contemporanea il valore perenne della loro consacrazione totale a Dio mediante i consigli evangelici della povertà, della castità e dell'obbedienza, e desiderano inserirsi nella pastorale d'insieme delle singole Chiese particolari, secondo i criteri direttivi del documento "Mutuae Relationes" sui rapporti tra i vescovi e i religiosi nella Chiesa; ci sono laici che desiderano esprimere, con la loro vita nel mondo, la presenza efficace della Chiesa per l'autentica promozione umana e sociale della cara Regione, memori delle indicazioni del Concilio Vaticano Il: "L'apostolato dell'ambiente sociale, cioè l'impegno di informare dello spirito cristiano la mentalità e i costumi, le leggi e le strutture della comunità in cui uno vive, è un compito e un obbligo proprio dei laici, che dagli altri non può mai essere debitamente compiuto. In questo campo i laici possono esercitare l'apostolato del simile verso il simile. Qui completano la testimonianza della vita con la testimonianza della parola. Qui, nel campo del lavoro o della professione o dello studio, dell'abitazione, del tempo libero e delle associazioni, sono i più adatti ad aiutare i propri fratelli" (AA 13). In questa consonanza di intenti per vivere la comunione nella Chiesa e per contribuire alla sua presenza nel mondo, si aprono molteplici spazi per iniziative appropriate, in particolare per coloro che intendono vivere l'esperienza del "volontariato cristiano" nell'ambito della catechesi, della cultura, della assistenza amorevole e continua ai fratelli poveri, emarginati, handicappati, anziani. I santi e le sante che in gran numero hanno costellato la storia civile e religiosa della vostra Isola, e che hanno testimoniato la loro fede inconcussa in Cristo secondo la loro personale vocazione - o col martirio di sangue o con l'ardore missionario o con il ritiro monastico o col silenzio eremitico o con la santificazione del quotidiano - vi proteggano dal cielo: vorrei ricordare oggi in particolare quelli che io ho avuto già la gioia di elevare agli onori degli altari: il beato Giordano Ansalone, martire; il beato Giacomo Cusmano, sacerdote palermitano e fondatore dei Missionari Servi dei Poveri; e il beato, che il 12 ottobre prossimo proclamero santo, il card. Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Affido le gioie e le speranze, le attese e le esigenze del popolo di Sicilia, i vostri propositi e le vostre preoccupazioni pastorali - che con voi condividono i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i laici impegnati e tutti gli uomini di buona volontà - alla Vergine santissima, la "Bella Madre", come teneramente voi la invocate. A lei, Madre di Dio e Madre della Chiesa, presento i miei e i vostri voti; a lei, che da secoli è venerata con intensa devozione nei numerosi santuari mariani, si profondamente legati alla storia della Sicilia.

A Voi e a tutti i siciliani la mia benedizione apostolica, segno della mia affettuosa stima.

Data: 1986-09-22 Lunedi 22 Settembre 1986









Ad un convegno dell'Accademia delle Scienze - Città del Vaticano (Roma)

Studiare i fenomeni naturali per prevenire le catastrofi


Signor presidente, signore, signori,


1. L'attuale settimana di studio sulle Persistenti anomalie e teleconnessioni meteo-oceanogafiche offre una prova recente all'intenzione della Pontificia Accademia delle scienze di essere un servizio all'umanità, specialmente del suo interesse ai principali problemi scientifici, attuali. Il tema del vostro simposio è uno dei più urgenti di questo tempo. Estendo un cordiale saluto agli eminenti specialisti nei fondamentali problemi oceanografici e atmosferici con i quali siete a colloquio. Sono lieto di constatare che venite da molte parti del mondo: dal Nord e Sud America, Europa e Asia. Questa è un'altra dimostrazione dell'armoniosa collaborazione che esiste tra gli scienziati e che è di grande beneficio alla pace mondiale.


2. La scienza non deve studiare soltanto i fenomeni naturali in se stessi. Essa deve compiere un decisivo sforzo intellettuale ed etico per prevedere lo sviluppo e le conseguenze di quei fenomeni naturali in se stessi. Essa deve compiere un decisivo sforzo intellettuale ed etico per prevedere lo sviluppo e le conseguenze di quei fenomeni, per salvaguardare e migliorare il benessere dell'umanità. Questo è lo scopo che avete scelto voi stessi. Voi state studiando fenomeni come El Nino, i monsoni e i loro effetti mondiali, le cause delle perturbazioni climatiche nelle zone orientali dell'Oceano Pacifico, così come la prolungata siccità nel Sahel.

Gli studi che avete condotto negli Istituti che voi rappresentate individualmente e con i quali siete a colloquio nei tranquilli dintorni della Casina Pio IV, sede della Pontificia Accademia delle Scienze, vi renderanno capaci di guardare alle minacce insite nei fenomeni negativi periodicamente prevedibili, rendendo così possibile, grazie al risultato di sforzi precisi, realizzare sistemi per la registrazione dei fenomeni climatici e collegare fatti su scala mondiale che hanno effetti sull'intero globo.


3. Attraverso il vostro lavoro, state realizzando il comando biblico di sottomettere la terra, controllare le catastrofi che danneggiano la famiglia umana, e rendere la terra docile al nostro servizio. La scienza incoraggia la legittima curiosità umana di conoscere l'universo, di ammirare e contemplare la sua bellezza e la sua bontà. In questo modo entriamo in comunione con Dio stesso, che guardo ciò che aveva creato e vide che era cosa buona (cfr Gn 1,31). Ma siamo anche chiamati da Dio a controllare i movimenti di violenza e di morte che avvengono in natura, come inevitabile regolazione del suo equilibrio. Siamo chiamati a scoprire nuove fonti di energia, a sostituire quelle non rinnovabili o quelle che mostrano di essere scarse. Sfortunatamente accade talvolta che per soddisfare la sua illimitata brama di benessere materiale, l'uomo corrompe e dissipa le risorse del mondo capaci di difendersi, che possiedono i più inefficaci mezzi tecnici e che vivono nei territori meno ospitali. Voi d'altro canto siete impegnati nell'autentico compito di scienziati: studiate per contemplare, capire, controllare e rendere fertile. Nel corso dei vostri studi non potete esimervi dall'ammirare le potenti forze della natura. Ma allo stesso tempo vedete che queste forze possono usare all'umanità pericoli e minacce, e voi insegnate come dominarli, in modo che si siano posti al servizio di tutti.


4. Signore e Signori, sono particolarmente grato alla Pontificia Accademia delle Scienze e al suo presidente per avervi riuniti. Invoco su di voi le benedizioni Dio, creatore provvedente, per gli studi che state compiendo per assicurare un equilibrio ambientale armonioso, che favorirà la sicurezza e la dignità umana, e che beneficerà specialmente coloro che sono impreparati e indifesi di fronte alle catastrofi nucleari.

Data: 1986-09-26 Venerdi 26 Settembre 1986




Al "Serra International Club" - Città del Vaticano (Roma)

Nuova Pentecoste di vocazioni per la Chiesa e il mondo


Cari amici dirigenti del "Serra International Club", sono lieto di salutarvi, incontrandovi a Roma. A voi e alle vostre spose estendo un caldissimo benvenuto ed esprimo i miei auguri per le vostre decisioni. La vostra presenza qui oggi mi offre l'opportunità speciale di riflettere sull'apostolato specifico del Serra International, vale a dire la promozione e il supporto di vocazioni al clero ministeriale e alla vita religiosa, e l'incoraggiamento dei vostri membri a realizzare con zelo sempre più grande la loro missione cristiana di servizio nel mondo. Il decreto del concilio vaticano II riguardo la formazione sacerdotale, quando si parla dell'importante lavoro per le vocazioni della Chiesa, sottolinea che "l'incarico di incoraggiare le vocazioni appartiene a tutta la comunità cristiana, e in primo luogo vivendo pienamente in modo cristiano" (OT 2). E' perciò vero dire che le vocazioni al cielo e alla vita religiosa sono una prova della vitalità della Chiesa. Possiamo prendere in prestito la parabola evangelica del seminatore (Mt 13,3-23) e dire che proprio come il suolo prova il suo valore dall'abbondanza dei raccolti essa produce così una comunità ecclesiastica locale, dà prova della sua forza e maturità dal numero delle vocazioni che li fioriscono. Le vocazioni sacerdotali non sono solo la prova della vita di fede di una parrocchia o di una diocesi, ma sono anche una condizione essenziale per la vita della Chiesa. Ella trova la sua vitalità nel sacrificio eucaristico, che è il centro e l'apice di tutta l'evangelizzazione e di tutta la vita ecclesiastica. Donde si vede il bisogno indispensabile per il ministero consacrato, che da solo è capace di celebrare l'Eucaristia. così come la presenza del sacerdote nel sacramento della Penitenza è il mezzo primario stabilito da Cristo per il rinnovo dell'anima attraverso i doni di conversione e riconciliazione. La Chiesa guarda con gratitudine al vostro apostolato di incoraggiare le vocazioni al ministero consacrato e alla vita religiosa. In questo compito di promuovere le vocazioni la Chiesa raccomanda le vostre continue preghiere e la mortificazione cristiana. Ugualmente importante è l'istruzione progressivamente più avanzata del fedele, nel quale la necessità, natura e perfezione della vocazione sacerdotale sarà portata avanti dalla predicazione, dalla catechesi e dai diversi mezzi della comunicazione sociale. Con questo spirito guardiamo Maria, madre di Gesù e della Chiesa, come nostro modello e guida nell'incoraggiamento alle vocazioni della Chiesa ai giorni nostri. Di fronte al bisogno non lasciamoci cadere nella paura o nello scoraggiamento, ma troviamo piuttosto ispirazione nella fede di Maria, "che credeva che ci sarebbe stato un adempimento di ciò che le fu detto dal Signore" (Lc 1,45). Ella ci dà fiducia alla preghiera, al sacrificio e al lavoro per le vocazioni, anche a grande costo personale. Lo Spirito di Cristo chiama sempre uomini e donne a dedicare se stessi generosamente al servizio della Chiesa. Dobbiamo riunirci in preghiera con Maria, come fecero i discepoli dopo l'Ascensione di Gesù, nell'attesa dell'avvento dello Spirito Santo, così come a implorare una nuova Pentecoste di vocazioni che rinnoverà la faccia della terra nella nostra epoca. Vi assicuro il mio incoraggiamento per i vostri meritevoli sforzi e nell'amore di Cristo imparto a voi tutti e ai vostri cari la mia benedizione apostolica.

Data: 1986-09-26 Venerdi 26 Settembre 1986




A pellegrini della diocesi di Prato - Città del Vaticano (Roma)

Lavoro, famiglia e chiesa: tre impegni della comunità


Venerato fratello nell'episcopato, signor sindaco e autorità civili, cari parroci e sacerdoti, egregi rappresentanti delle categorie del mondo del lavoro e delle varie associazioni ecclesiali, fratelli e sorelle.


GPII 1986 Insegnamenti - Omelia per le associazioni "Amici dei Lebbrosi" - Città del Vaticano (Roma)