GPII 1986 Insegnamenti - Messaggio per la Giornata mondiale della gioventù - Città del Vaticano (Roma)

Messaggio per la Giornata mondiale della gioventù - Città del Vaticano (Roma)

La costruzione di una civiltà dell'amore esige tempi forti


Cari giovani, cari amici. "Noi abbiamo riconosciuto e creduto all'amore che Dio ha per noi..." (1Jn 4,16).


1. L'8 giugno scorso, ho avuto la grande gioia di annunciare che la prossima Giornata mondiale della gioventù si terrà a Buenos Aires la domenica delle Palme 1987. Con l'aiuto di Dio, staro allora compiendo la mia visita apostolica alle nazioni del cono sud dell'America Latina: Uruguay, Cile e Argentina.

A Buenos Aires avro la grande gioia di incontrarmi non solo con la gioventù argentina, ma anche con molti giovani provenienti da tutta l'area latino-americana e da altri Paesi del mondo. In quell'incontro tanto atteso ci sentiremo tutti in comunione di preghiera, di amicizia e di fraternità, di responsabilità e di impegno con tutti gli altri giovani che, riuniti attorno ai loro pastori, celebreranno questa Giornata nelle Chiese locali di tutto il mondo; ci sentiremo altresi uniti a tutti coloro che cercano Dio con cuore sincero e vogliono impiegare le loro energie giovanili e costruire una nuova società più giusta e fraterna. Non è certo privo di significato il fatto che, questa volta, la Giornata abbia come epicentro la terra latinoamericana, popolata in maggioranza da giovani, animatori e futuri protagonisti del cosiddetto "continente della speranza". La Chiesa latinoamericana ha espresso a Puebla de los Angeles (Messico) la sua "opzione preferenziale per i giovani" e ora si dispone a una "nuova evangelizzazione" per ritrovare le sue radici e ringiovanire la tradizione e la cultura cristiana delle sue popolazioni alla soglia del "mezzo millennio" della prima evangelizzazione. Ma il nostro sguardo spazia sui quattro punti cardinali e la nostra parola vuole convocare tutti i giovani e le giovani del Nord e del Sud, dell'Est e dell'Ovest, gli uomini e le donne del 2000 che la Chiesa riconosce e accoglie con speranza.


2. Il tema e il contenuto di questa Giornata mondiale pongono dinanzi ai nostri occhi la testimonianza dell'apostolo san Giovanni quando esclama: "Noi abbiamo riconosciuto e creduto all'amore che Dio ha per noi". A questo proposito desidero ricordarvi un pensiero espresso nella mia prima enciclica: "L'uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l'amore, se non s'incontra con l'amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente" (RH 10). E quanto più valida è questa realtà per i giovani, in una fase di speciale responsabilità e speranza, di crescita della persona, di precisazione dei grandi significati, ideali e progetti di vita, di ansia di verità come di ricerca di autentica felicità! E' il momento in cui più si avverte il bisogno di sentirsi riconosciuti, sostenuti, ascoltati e amati. Voi sapete bene, dal profondo dei vostri cuori, quanto siano effimere le soddisfazioni offerte da un edonismo superficiale e come lascino un vuoto nell'anima; quanto sia illusorio rinchiudersi nella corazza del proprio egoismo; come l'indifferenza e lo scetticismo contraddicano i sublimi aneliti di amore senza frontiere; come le tentazioni della violenza e delle ideologie negatrici di Dio portino solo a vicoli ciechi. Posto che l'uomo senza amore non può vivere né essere compreso, vi invito tutti a crescere in umanità, a porre come priorità assoluta i valori dello spirito, a trasformarvi in "uomini nuovi", riconoscendo e accettando sempre più la presenza di Dio nella vostra vita, la presenza di un Dio che è Amore; un Padre che ama ciascuno di noi da tutta l'eternità, che ci ha creato per amore e tanto ci ha amato da dare suo Figlio Unigenito perché fossero perdonati i nostri peccati, per riconciliarci con lui, per vivere con lui una comunione di amore che non avrà mai fine. La Giornata mondiale della gioventù deve quindi disporci tutti ad accogliere il dono dell'amore di Dio che ci plasma e ci salva. Il mondo attende con ansia la nostra testimonianza di amore, una testimonianza originata da una profonda convinzione personale e da un sincero atto di amore e di fede in Cristo risorto.

Questo significa conoscere l'amore e crescere in esso.


3. Le nostre celebrazioni avranno anche un'esplicita dimensione comunitaria, esigenza ineludibile dell'amore di Dio e della comunione di coloro che si sentono figli del medesimo Padre, fratelli in Gesù Cristo e uniti dalla forza dello Spirito. Poiché voi siete incorporati alla grande famiglia dei redenti e siete membra vive della Chiesa, sperimenterete in questa Giornata l'entusiasmo e la gioia dell'amore di Dio che vi chiama all'unità e alla solidarietà. Questo appello non esclude nessuno; al contrario non conosce frontiere, ma abbraccia tutti i giovani senza distinzioni, rinforzando e rinnovando i vincoli che li uniscono tra loro. In quest'occasione dovranno essere particolarmente vivi e operanti i legami con i giovani che soffrono le conseguenze della disoccupazione, che vivono in povertà o in solitudine, che si sentono emarginati o che portano la pesante croce della malattia. Che il messaggio di amicizia arrivi anche a quanti non accettano la fede religiosa. La carità non transige con l'errore, pero muove sempre incontro a tutti per indicare la via della conversione. Che belle e luminose parole ci rivolge al riguardo san Paolo nell'inno alla carità! (cfr 1Co 13). Siano esse per voi ideale di vita e preciso impegno nel presente come nel futuro! L'amore di Dio che lo Spirito Santo ha posto nei nostri cuori (cfr. Rm 5,5) deve renderci più che mai sensibili alle impellenti minacce della fame e della guerra, alle scandalose disparità tra i pochi ricchi e i troppo poveri, agli attentati ai diritti dell'uomo nonché alle sue legittime libertà, compresa la libertà religiosa, alle manipolazioni, presenti e potenziali, della sua dignità.

Ho sentito vive e forti la vicinanza e la preghiera dei giovani in occasione della Giornata mondiale di preghiera per la pace, svoltasi il 27 ottobre scorso ad Assisi, e alla quale hanno partecipato rappresentanti delle confessioni cristiane e delle religioni del mondo. E' più che mai necessario che gli enormi progressi scientifici e tecnologici della nostra epoca siano orientati, con sapienza etica, al bene di tutto l'uomo e di tutti gli uomini. La gravità, l'urgenza e la complessità dei problemi e delle sfide attuali richiedono dalle nuove generazioni capacità e competenza nei campi più diversi; tuttavia, al di là degli interessi o delle visioni parziali, occorre dare primazia al bene integrale dell'uomo, creato a immagine di Dio e chiamato a un destino eterno. In Cristo ci sono stati pienamente rivelati l'amore di Dio e la sublime dignità dell'uomo. Che Gesù sia la "pietra angolare" della vostra vita e della nuova civiltà che dovrete costruire in solidarietà generosa e aperta. Non può esservi un'autentica crescita umana nella pace e nella giustizia, nella verità e nella libertà, se Cristo non si rende presente con la sua forza salvifica. La costruzione di una civiltà dell'amore richiede tempre forti e perseveranti, disposte al sacrificio e desiderose di aprire nuove strade alla convivenza sociale, superando divisioni e opposti materialismi. E' questa una precisa responsabilità dei giovani d'oggi che saranno gli uomini e le donne di domani, agli albori del terzo millennio cristiano.


4. Nell'attesa gioiosa del nostro incontro, vi invito tutti a una profonda e meditata preparazione spirituale che accresca il dinamismo ecclesiale della Giornata. Mettetevi in cammino! Che il vostro itinerario sia scandito dalla preghiera, dallo studio, dal dialogo, dal desiderio di conversione e di miglioramento. Camminate uniti partendo dalle vostre parrocchie e comunità cristiane, dalle vostre associazioni e movimenti apostolici. Sia il vostro un atteggiamento di accoglienza, di attesa, in sintonia con il periodo dell'Avvento che ora iniziamo. La liturgia di questa prima domenica ci ricorda, con le parole di san Paolo "il momento in cui viviamo" e ci esorta a "gettar via le opere delle tenebre" per rivestirci "invece del Signore Gesù Cristo" (cfr Rm 13,11-14).

A tutti i giovani e le giovani del mondo invio il mio affettuoso e cordiale saluto. In particolare ai giovani argentini. Ho seguito con grande interesse i vostri pellegrinaggi annuali al Santuario di Nostra Signora di Lujan e l'Incontro nazionale dei giovani tenuto l'anno passato a Cordoba, come pure "l'opzione gioventù" sulla quale si è concentrata per anni la pastorale generale dell'episcopato argentino. Fin dalla mia prima visita al vostro paese, nel 1982, così carica di dolore e di speranza, conosco il vostro impegno per la costruzione della pace nella giustizia e nella verità. Di conseguenza so che collaborerete con entusiasmo alla preparazione della Giornata di Buenos Aires, che sarete presenti a quell'incontro con il Papa e che saprete accogliere con ospitalità generosa e con amicizia e disponibilità i giovani di altri paesi che vorranno partecipare a questa festa di profondo impegno con Cristo, con la Chiesa, con la nuova civiltà della verità e dell'amore. Invito tutti i giovani e le giovani del mondo a celebrare con particolare intensità e speranza la Giornata mondiale della Gioventù, la prossima domenica delle Palme 1987. Raccomando la preparazione e i frutti della Giornata a Maria, la giovane Vergine di Nazaret, l'umile ancella del Signore, che ha creduto nell'amore del Padre e ci ha dato Cristo "nostra pace" (Ep 2,14). Cari giovani, cari amici, siate testimoni dell'amore di Dio, seminatori di speranza e costruttori di pace. Nel nome del Signore vi benedico con tutto il mio affetto.

Data: 1986-11-30 Domenica 30 Novembre 1986




Al patriarca di Costantinopoli - Città del Vaticano (Roma)

In occasione della festa di sant'Andrea


A sua santità Dimitrios arcivescovo di Costantinopoli, patriarca ecumenico, "Pace ai fratelli, amore e fede da parte di Dio Padre e Signore Gesù Cristo" (Ep 6,23).

Vorrei fare mio oggi questo saluto che san Paolo rivolse alla comunità cristiana di Efeso, per indirizzarlo alla Chiesa sorella di Costantinopoli che si riunisce per celebrare la festa dell'apostolo sant'Andrea. In comunione di fede ricevuta dagli apostoli, con i legami di carità fraterna e in uno spirito di pace, mi unisco di cuore alla celebrazione che lei presiede. Anche se mi trovo lontano dalla mia diocesi di Roma per uno dei miei viaggi pastorali, sono in questo giorno spiritualmente con voi. La delegazione che vi ho mandato, condotta dal card. Jean Willebrands, costituisce il segno visibile della mia partecipazione e porta alla Chiesa di Costantinopoli il saluto fraterno della Chiesa di Roma, felice di avere ogni anno una manifestazione identica per la festa di san Pietro a Roma.

Queste visite reciproche non solo onorano le memorie dei santi apostoli che ci ispirano, ma rinfrancano i nostri passi e fortificano i nostri cuori sul cammino che conduce al ristabilimento della piena unità in questa fede alla quale san Pietro e sant'Andrea hanno reso testimonianza con il loro martirio. Bisogna sottolineare che lo spirito che anima queste celebrazioni comuni di Roma e di Costantinopoli si diffonde tra tutti i cattolici e per tutti gli ortodossi. Senza dubbio ciò faciliterà anche il necessario progresso del dialogo teologico del quale noi abbiamo avuto la gioia di annunciare insieme l'avvio, proprio il giorno della festa di sant'Andrea. così sarà eliminato progressivamente ciò che resta ancora negli atteggiamenti di riserva che vengono dal passato. Ciò eviterà anche il sorgere di malintesi senza fondamento che talvolta ostacolano il cammino regolare verso la piena comunione o la ritardano. Per aiutarci contiamo sulla preghiera perseverante di tutti i nostri fedeli su un'intensa carità reciproca e su questa riflessione comune che è sempre più urgente perché le nostre Chiese possano compiere la loro missioni nel mondo del nostro tempo. A questo proposito, santità, vorrei ringraziarla di tutto cuore per la delegazione che ha mandato alla giornata di preghiera per la pace ad Assisi. Noi abbiamo apprezzato la sua presenza tra noi e insieme abbiamo supplicato il Principe della pace. Nella gioia della festa di sant'Andrea, mentre siamo in comunione di carità e uniti nel nostro impegno comune di fare tutto ciò che è possibile per ristabilire la piena unità tra le nostre Chiese, rinnovo a sua santità l'espressione del mio fraterno affetto nel Signore.

Data: 1986-11-30 Domenica 30 Novembre 1986









A rappresentanti di varie chiese - Città del Vaticano (Roma)

L'indipendenza della Namibia è esigenza di giustizia


Cari amici in Cristo. Sono felice di ricevere in udienza oggi questo gruppo ecumenico da Namibia. Vi do il cordiale benvenuto nel nome di nostro Signore Gesù Cristo. Sono molto grato per il vostro desiderio di incontrarmi. Poiché la Chiesa cattolica continua la sua missione nel mondo, è desiderosa di servire ai bisogni della famiglia umana con un amore che abbraccia ogni persona umana, un amore che non esclude alcuno, un amore come quello di Gesù Cristo. Per questa ragione la Chiesa difende la dignità della persona umana e si oppone a tutto ciò che minaccia di distruggerla o di trascurarla. In questo contesto, potete richiamare lo speciale interesse per l'indipendenza della Namibia che ho espresso in occasioni precedenti, un'indipendenza che io desidero, soprattutto una richiesta di giustizia corrispondente alle legittime aspirazioni dei suoi abitanti, ricorderete anche le numerose condanne della Chiesa riguardanti la discriminazione dell'apartheid. Ricordo ciò oggi non per volgere l'attenzione all'interesse che la Chiesa ha avuto in passato nei vostri confronti e nei confronti del vostro popolo ma per rendere ancora più intenso il suo amore e il suo interesse oggi e in futuro. Desideriamo stare con voi e per voi, pregando per l'unità e il bene di tutto il vostro popolo. Al tempo stesso la Chiesa cattolica desidera fortemente la piena unità di tutti i credenti cristiani, così che in qualità di discepoli dello stesso Signore e Salvatore possiamo essere fedeli al suo comandamento e collaborare più efficacemente all'unica missione di Cristo. Come seguaci di Cristo siamo gente di speranza. Poiché crediamo fermamente nella vittoria della risurrezione. La nostra speranza non vacilli e non si indebolisca di fronte agli ostacoli che affrontiamo e i mali che soffriamo. Perché Cristo di ha lasciato la sua promessa: "Sono con voi sempre, fino alla fine dei tempi" (Mt 28,20). Cristo Risorto benedica ognuno di voi con la sua pace e la sua gioia.

Data: 1986-12-03 Mercoledi 3 Dicembre 1986




Messaggio per un Simposio internazionale a Firenze

Da Assisi una spinta spirituale in direzione della sicurezza


Al Venerato Fratello il Signor Cardinale Silvano Piovanelli Arcivescovo di Firenze Tra le importanti manifestazione che si svolgono a Firenze nell'anno in cui la città riveste meritamente la dignità di capitale europea della cultura, si annovera il Simposio internazionale, che quest'oggi viene inaugurato, sul tema "La sicurezza globale nella prospettiva del duemila". Il fatto che un Simposio a carattere mondiale sul tema della sicurezza nell'ambito dell'Anno Internazionale per la Pace proclamato dall'ONU e sotto i suoi auspici, venga celebrato in riferimento con la vocazione culturale di Firenze, mi appare molto significativo. Il problema della pace e della guerra, ed il problema della sicurezza globale, così intrinsecamente collegati, implicano infatti, accanto agli aspetti strategici, politico-militari, politico-economici, e ad altri ancora, di cui si occuperà particolarmente il Simposio, anche un'essenziale dimensione culturale, che non può essere trascurata. C'è una cultura di guerra, come c'è una cultura di pace. Quando tali problemi vengono presi in esame, è il caso di interrogarsi sui valori reali che ispirano e sostengono la comune ricerca di una condizione di sicurezza, in virtù della quale gli uomini possano vivere su questo pianeta senza il timore e l'angoscia di una totale distruzione. La "sicurezza globale" di cui si intende discutere in questi giorni è certamente risultato di una convergenza dei diversi aspetti che verranno singolarmente esaminati: l'aspetto strategico, l'aspetto politico, quello militare e quello economico. Ma essa dovrebbe anche ispirare l'esame di ognuno di tali aspetti, in quanto, quando i complessi problemi vengono analizzati, l'ostacolo che spesso si frappone, è appunto la preoccupazione della sicurezza. Spesso non si è sicuri degli altri, e neppure si è sicuri di sé di fronte agli altri. I negoziati sul disarmo, per esempio, tendono necessariamente a raggiungere un livello di mutua sicurezza che permetta alle parti di considerarsi protette da un possibile attacco, il quale a sua volta comporterebbe la distruzione di tutti.

Ma è legittimo il dubbio se questa sia la sicurezza che da sola possa effettivamente portare a un vero processo di disarmo, e non lo sia invece assai di più la promozione di una cultura di pace che prevalga su una cultura di guerra e di violenza. La sicurezza trae radici anzitutto dalla fiducia, dalla mutua accettazione, dal rispetto vicendevole, dalla promozione della giustizia, e soprattutto dall'amore. Non si è mai sicuri se non di colui che sappiamo che ci rispetta e ci ama, ed è proprio quell'amore che questi ci offre che dà a lui stesso la sicurezza vera nei nostri confronti. La "sicurezza globale" è così, in primo luogo e nel suo complesso, un valore umano, di cui la dimensione psicologica, ma sopratutto spirituale, non può essere trascurata, se si vuole che essa sia davvero stabile e totale. Ciò significa che si deve tenere conto, anche dei valori spirituali, propri dell'identità umana, i quali si aprono naturalmente alla trascendenza, e cioè alla dimensione religiosa. L'evento della "Giornata Mondiale di Preghiera per la Pace" ad Assisi, lo scorso 27 ottobre, è stato un esempio significativo, tuttora presente nel ricordo di tutti. Mi pare di poter dire che quel giorno si è propagata nel mondo una vera spinta spirituale in direzione della sicurezza, e ciò non soltanto perché, in vari paesi e regioni, le armi hanno momentaneamente taciuto, ma perché, nel momento in cui uomini e donne di culture e religioni diverse si sono trovati nello stesso luogo a pregare, sono stati espressi una comune aspirazione e una comune speranza in una pace fondata sulla fede in Dio, sulla azione di Lui in ciascuno di noi e sulla nostra risposta alla sua chiamata. Ed è questo che rendeva fiduciosi e sicuri. Proprio una tale dimensione della pace, che si può chiamare nuova, ho voluto sottolineare quando ad Assisi ho presentato il significato della Giornata: "Il trovarsi insieme di tanti capi religiosi per pregare è di per sé un invito oggi al mondo a diventate consapevole che esiste un'altra dimensione della pace e un altro modo di promuoverla, che non è il risultato di negoziati, di compromessi politici o di mercanteggiamenti economici, ma è il risultato della preghiera che, pur nella diversità di religioni, esprime una relazione con un potere supremo che sorpassa le nostre capacità umane da sole".

Mi auguro che questa essenziale qualità della sicurezza, e quindi della pace, sia ben presente nelle importanti riflessioni e nei dibattiti che si svolgeranno a Firenze. In tal modo verrà messo in luce più chiaramente il valore culturale, oltre che tecnico, del Simposio, che potrà così dare una risposta alle inquietudini di tanti uomini e donne che si sentono vittime innocenti di una terribile, radicale insicurezza. Chiedo al Signore, da cui viene il dono di ogni nostra fiducia e che è l'unico che ci rende veramente sicuri, di benedire e accompagnare le deliberazioni e conclusioni del Simposio.

Data: 1986-12-06 Sabato 6 Dicembre 1986




A lavoratori cattolici - Città del Vaticano (Roma)

L'unità dei movimenti cristiani testimonia la solidarietà


Carissimi!


1. Sono lieto di accogliere oggi in questa speciale udienza, tre gruppi ben qualificati e valorosi di laici, che svolgono, in linea con la loro specifica vocazione, un'opera preziosa per l'evangelizzazione e la santificazione del mondo.

Saluto perciò con gioia i rappresentanti del Movimento cristiano dei lavoratori, riuniti a Roma per celebrare il loro quinto Congresso nazionale. Saluto, con pari intensità di sentimento, i partecipanti al Convegno dei vice-presidenti e Equipes diocesane e regionali del settore adulti dell'Azione cattolica, e i partecipanti al Congresso nazionale del Movimento lavoratori dell'Azione cattolica. Siate tutti i benvenuti. La vostra visita riempie il mio animo di conforto, perché col vostro impegno ed entusiasmo voi date alla Chiesa che è in Italia la serena fiducia di poter contare su di voi, sulla vostra tenace fede e sulla vostra preparazione accurata nel compito di proclamare il messaggio cristiano là dove esso spesso stenta ad arrivare, nel mondo cioè della professione e del lavoro.


2. Questo incontro mi consente di riflettere con voi su di un tema che è comune nel programma dei vostri incontri: si tratta della solidarietà. Voi vi proponete di riflettere su questo argomento non solo in quanto fenomeno sociale particolarmente sentito tra i lavoratori, ma anche in quanto valore etico che tocca la coscienza dei cristiani. Voi, infatti, siete consapevoli che la solidarietà costituisce un annuncio ben presente nelle parole di Cristo: "Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati" (Jn 15,12). Ogni uomo, di fatto, riceve incessantemente aiuto da persone vicine e lontane. Egli si avvantaggia dei beni materiali, morali, culturali e religiosi, creati da intere generazioni. Ogni uomo vive del lavoro, dello sforzo, del fervore, del sacrificio di tanti altri suoi simili. Egli beneficia della loro solidarietà. E' quindi giusto che, a sua volta, offra la propria solidarietà agli altri. Ciò vale in particolare in questo nostro tempo, in cui ogni lavoro si svolge entro un reticolo molto fitto di interdipendenze, che ne condizionano da più parti possibilità e sviluppo. Questo fatto rafforza l'esigenza, sempre più chiara e consapevole, di intendere il lavoro come singolare momento di partecipazione e di generosa condivisione: in una parola, di costruttiva solidarietà.


3. Dio vuole un mondo fondato sulla giustizia e sulla fraternità. Su tali virtù poggia l'ordine che deve reggere i rapporti tra le persone. Ma questo ordine deve essere continuamente promosso e adeguato a mano a mano che si rinnovano e si sviluppano le strutture sociali e i sistemi di vita. Noi assistiamo a un continuo progresso e a un incalzante mutare delle condizioni di vita dell'uomo, sotto l'impulso delle nuove condizioni e possibilità economiche, delle nuove capacità tecniche, dei nuovi sistemi di produzione. Nel contesto di tale progresso si sviluppano anche ulteriori esigenze di partecipazione e altre forme di solidarietà si rendono possibili. Occorre fare in modo che le persone presenti nelle singole organizzazioni umane possano cooperare sempre più responsabilmente al raggiungimento dei beni da tutti richiesti e desiderati. Ciò suppone il coinvolgimento delle facoltà spirituali, oltre che delle capacità tecniche delle persone, allo scopo di realizzare l'intesa necessaria al conseguimento del comune interesse. Tale intesa non sarà possibile se ciascuno non si sforza di aprirsi alla considerazione oggettiva del bene altrui, oltre che del proprio. In questo sta appunto la solidarietà, la quale si rivela quindi come una fondamentale espressione della socialità immanente alla natura umana e come una dimensione singolarmente significativa dell'amore cristiano. E' in questa dimensione che ogni uomo può riconoscersi prossimo con gli altri uomini. La solidarietà offre l'occasione esaltante di comunicare se stessi agli altri in atteggiamento pacifico e costruttivo; consente di stabilire rapporti coordinati e stabili, corrispondenti ai bisogni reali delle persone e delle comunità; aiuta, altresi, a superare quelle condizioni di solitudine e di isolamento che spesso sfociano nell'incomunicabilità e nell'alienazione. Nella solidarietà, inoltre, l'uomo tende a comunicare al proprio fratello le sue convinzioni circa il senso profondo del vivere e dell'operare, nella prospettiva della piena realizzazione del trascendente destino di ogni essere umano. E' ovvio che tale sostegno nella comunione dei valori sommi è oggi più urgente che mai, proprio perché la crescente automazione del progresso produttivo, mentre tende a ridurre l'intervento materiale dell'uomo, rischia anche di svilirne il significato spirituale, rendendo l'attività del soggetto marginale e ripetitiva. E' necessario perciò che il lavoro sia sostenuto e orientato da una forte motivazione spirituale, la quale a sua volta potrà essere tanto meglio trasmessa e alimentata quanto più vivo e autentico sarà il clima di solidarietà che si respirerà nell'ambiente di lavoro.


4. Un discorso oggettivo e completo deve, a questo punto, accennare anche a quei fenomeni esasperati di solidarietà, che si risolvono in contrapposizioni sistematiche tra le classi, con conseguenti manifestazioni di lotta che provocano spesso tra gli uomini un aumento della conflittualità, dell'instabilità sociale e della confusione ideologica. Bisogna, certo, fare ogni sforzo per eliminare proprio con la solidarietà di tutti i lavoratori quanto è fonte d'ingiustizia, di disparità, di privilegi iniqui. Ma bisogna anche affermare, con chiarezza e forza, che la via al miglioramento non può passare attraverso l'odio, la divisione sistematica dei gruppi sociali la violenza e la sopraffazione. E' necessario perciò che tutti i movimenti di ispirazione cristiana siano profondamente uniti nella più grande solidarietà per suggerire le autentiche vie del bene nell'azione sociale e per affermare con vigore, di fronte alle proposte della violenza, il valore veramente umano del dialogo e della pace.


5. Di fronte all'allargarsi e all'intensificarsi dei rapporti umani nei vari campi del vivere sociale, altre forme di solidarietà possono e devono essere considerate, per adeguare sempre meglio alle esigenze della persona le strutture in cui essa è chiamata a operare. Occorrerà innanzitutto impegnarsi a fondo nel promuovere una solidarietà attiva a livello mondiale. Le decisioni che oggi si prendono in una parte del mondo hanno risonanza in tutte le altre. I problemi sociali, del resto, si sono dilatati fino a raggiungere abitualmente le dimensioni di tutta l'umanità. E' necessario, perciò, che le scelte dei poteri pubblici come anche quelle delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali, vengano fatte con spirito di solidarietà, cioè con la coscienza che non si possono ignorare le ripercussioni che dalle proprie decisioni deriveranno su intere nazioni o su particolari settori dell'umana società, coinvolgendo diritti, esigenze e aspirazioni che sono di tutti. Lo spirito di solidarietà indurrà a tener conto del bene di ciascuna comunità e a impegnarsi per una giusta partecipazione di tutti ai beni di questo mondo, così che si evitino o si riducano gli squilibri. Si cercheranno pertanto soluzioni che rispettino la dignità di ogni singola comunità, anche di quella più povera, poiché nessun popolo può pretendere di riservare a suo esclusivo uso le ricchezze di cui dispone.


6. Anche a livello nazionale la solidarietà domanda che nelle relazioni tra le imprese si superi il criterio della conflittualità e della sopraffazione. Lo sviluppo della civiltà tecnica comporta l'affermarsi di nuove forme di lavoro, a scapito di altre, ormai superate. Tuttavia ciò non dovrebbe avvenire in modo da generare in alcuni settori dolorosi fenomeni di recessione, con sacche di disoccupazione e di miseria. I problemi economici, anche di carattere tecnico, non devono essere disgiunti o separati dai loro aspetti etici e sociali.

La solidarietà a livello nazionale esige quindi l'impegno di tutte le forze operative responsabili, pubbliche e private, al fine di evitare che il progresso di alcuni sia pagato da altri con sacrifici e umiliazioni esorbitanti.

Occorrerà puntare con determinazione coraggiosa sul non facile traguardo di creare continue occasioni di occupazione mediante la proposta e il sostegno di impieghi non inutili e non improduttivi, che siano, al tempo stesso, alla portata anche di chi, per età o per cultura, stenta a tenere il passo col progresso tecnologico.

La solidarietà richiede inoltre un opportuno coordinamento tra grandi e piccole imprese. E' giusto talvolta temere che la grande capacità organizzativa delle aziende più potenti possa svilupparsi in maniera predominante ed esclusiva, rafforzando privilegi e poteri a danno di organismi minori e a tutto svantaggio della partecipazione al comune bene del lavoro. Bisogna fare di tutto non solo perché lo sviluppo non lasci persistere situazioni di ingiustizia, ma perché non ne crei di nuove.


7. Esiste, infine, una solidarietà nuova che fa appello più da vicino ai movimenti dei lavoratori, come quelli che voi rappresentate. Bisogna dare atto al mondo operaio di aver saputo rispondere all'appello della solidarietà operando efficacemente per la difesa dell'uomo, come soggetto del lavoro contro le incalzanti forme di sfruttamento presenti nelle strutture industriali, messe in opera dal capitale. Ma oggi si presenta a voi un campo più vasto per la solidarietà. Esso vi invita a non privilegiare solo alcune categorie di lavoratori, bensi a considerare gli effetti che su tutti i settori del lavoro sta producendo la svolta tecnologica in atto. Come ho ricordato nell'enciclica "Laborem Exercens" (LE 8), "movimenti di solidarietà nel campo del lavoro... possono essere necessari anche in riferimento alle condizioni di ceti sociali che prima non erano in essi compresi, ma che subiscono, nei sistemi sociali e nelle condizioni di vita che cambiano, un'effettiva proletarizzazione". Occorre allora che gli uomini del lavoro non si chiudano in una solidarietà limitata e circoscritta agli interessi della sola categoria o dello specifico settore cui appartengono, ma tengano presenti le condizioni in cui vivono anche gli altri. La solidarietà vera deve essere sempre presente ovunque il soggetto del lavoro, cioè l'uomo, si trova in condizioni di povertà, di miseria, di sfruttamento, di ingiustizia. Siate voi, laici, ad assumervi il compito specifico di rinnovare in maniera significativa i rapporti interni del mondo del lavoro, improntandoli a una solidarietà più vasta ed equa.


8. Il principio della solidarietà, radicato simultaneamente nella personalità e nella socialità dell'uomo, sta a indicare un legame e un dovere reciproco, che trova nella fede cristiana motivazioni singolarmente profonde. E' anzitutto l'esempio di Cristo che rivela la più sublime forma di solidarietà. Egli si è fatto solidale con ogni uomo, anche con il più misero, fino alla morte in croce, per la salvezza di tutti. Dal suo sacrificio redentore è scaturita una umanità "nuovamente creata", nella quale l'unità è così profonda che "non c'è più Giudeo né Greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù" (Ga 3,28). In questo mistero di unità noi possiamo scorgere la grandezza, la dignità, il valore, ma anche l'urgenza di una vera solidarietà tra tutti gli uomini. Di tale messaggio il cristiano deve divenire sempre più credibile annunciatore al mondo. L'esempio di Cristo vi stimoli dunque, carissimi, a guardare alle nuove istanze sociali con l'animo aperto verso un'autentica solidarietà chiaramente motivata dalla carità. Vi assista in questo impegno la protezione della Vergine Immacolata, la cui festa ci apprestiamo a celebrare. Con questi sentimenti a tutti imparto di cuore la propiziatrice benedizione apostolica, che volentieri estendo ai vostri familiari, ai vostri colleghi di lavoro, alle vostre associazioni e a quanti con voi si adoperano per l'avvento di una società sempre meglio orientata verso i principi della vera e giusta solidarietà.

Data: 1986-12-06 Sabato 6 Dicembre 1986





GPII 1986 Insegnamenti - Messaggio per la Giornata mondiale della gioventù - Città del Vaticano (Roma)