GPII 1986 Insegnamenti - Al pellegrinaggio della Romagna - Città del Vaticano (Roma)

Al pellegrinaggio della Romagna - Città del Vaticano (Roma)

Sforzo educativo verso i giovani, impegno primario


Cari confratelli nell'episcopato, carissimi fratelli e sorelle di Romagna! Siate i benvenuti a questa speciale udienza. Ringrazio l'arcivescovo mons. Ersilio Tonini e il sindaco di Ravenna per le parole che mi hanno rivolto, interpretando i comuni sentimenti. Saluto tutti i vescovi di Romagna e le autorità civili qui presenti: i signori prefetti e i presidenti delle amministrazioni provinciali di Ravenna e Forli, i sindaci delle varie città e voi, sacerdoti di Romagna, che avete qui accompagnato i vostri fedeli. Sono lieto di accogliervi tutti qui in Vaticano con la stessa viva cordialità con la quale la Romagna ha accolto me nei felici giorni della mia visita pastorale. Vi saluto tutti con intenso affetto, e mi rivolgo con particolare sentimento di commozione agli ammalati che hanno voluto unirsi a questo vostro pellegrinaggio a Roma per restituirmi la visita compiuta alla vostra terra. Passano nella mia mente i luoghi e gli incontri avuti a Forli, Cesena, Imola, Faenza e Brisighella, Ravenna e Cervia; come non dimentico il viaggio compiuto precedentemente a Rimini e anche quello a San Marino. La comunicativa spontanea che s'è creata nel corso di quel pellegrinaggio è per me un ricordo carissimo. E non solo ricordo: vi posso confidare che vedo la Romagna come un grande motivo di speranza. Confido che essa vorrà aiutarmi nell'impegno che mi sono assunto fin dall'inizio del mio pontificato: preparare la Chiesa e l'umanità al terzo millennio. La Romagna non è ricca solo di grandi tradizioni religiose, civili, culturali: basti qui ricordare la figura di Ambrogio Traversari, grande umanista e religioso esemplare, al quale il comune di Portico si onora di aver dato i natali sei secoli or sono. Nella vostra Regione ho trovato, tuttora vive, abbondanti energie spirituali che possono ben costituire una ricca fonte di bene per il prossimo futuro. Questa è l'ora per convocare tali energie, orientarle e sospingerle all'azione entro la vita della Chiesa e della comunità civile. E' quel che mi sono proposto nella mia visita alla Romagna. Preparare il futuro, vi dissi allora, per la Chiesa è un dovere fondamentale. E poiché il futuro di ogni società sono i ragazzi e i giovani, appare evidente che l'impegno educativo è un compito imprescindibile per l'intera Chiesa in ogni tempo e per ogni credente in Cristo.


2. Questo, che del resto è già iniziato, è un tempo che non ha modelli dietro di sé. Ciò che attende la gioventù di oggi è qualcosa di nuovo, con possibilità imprevedibili sia nel bene come nel male. La Chiesa di oggi non può non rendersi conto che deve essere madre di una generazione destinata ad affrontare e decidere la sfida di una civiltà: una delle prove più ardue della storia umana. La formazione dei ragazzi presenta oggi esigenze enormi. Essi sono chiamati a vivere nell'epoca dell'informatica e dei satelliti, delle tecnologie più raffinate, entro strutture economiche e sociali estremamente complesse e fra contrasti stridenti, tra esigenze di ideali e permissivismo, tra ricchezze smisurate e umilianti miserie. In questo quadro la missione educativa viene ad assumere per la comunità cattolica un'urgenza unica, tale da rendere indispensabile la concentrazione attorno ad essa del meglio di tutte le risorse della comunità: spirituali, pedagogiche ed economiche.


3. Tutto questo i vostri vescovi hanno intuito quando hanno deciso di estendere ai preadolescenti la stessa attenzione che fin qui la comunità cristiana aveva dedicato ai fanciulli della prima comunione e della cresima. Io li ringrazio di gran cuore e desidero sottolineare la loro scelta pastorale con alcune riflessioni. Molto del futuro della Chiesa è legato alla continuità educativa. Il distaccarsi dei ragazzi dalla vita della comunità cristiana subito dopo la cresima costituisce una grave frattura per la vita del singolo ed è la causa maggiore della debolezza che si riscontra in troppe parrocchie. Se riusciremo a eliminare questo distacco, sorgerà per la Chiesa una nuova vitalità. Ricorderete quel che ho detto ai giovani riuniti a Ravenna: voi avete il diritto di non sbagliare nella destinazione della vostra vita. Ora, quella destinazione inizia già nell'adolescenza. E' li che la mente si muove in proprio, s'interroga, scopre la verità, si fa più pienamente capace di scelta fra bene e male, è ancora li che nascono gli entusiasmi e le repulsioni, si consolida la formazione alla virtù o ai vizi che segnano il carattere. In una parola: li si gettano le fondamenta della personalità. Ma l'adolescenza è anche l'età più complessa e indefinita, più esposta alla pressione dell'ambiente. Proprio per questo sono gli adolescenti ad avere maggiori diritti nei confronti della comunità cristiana, la quale deve dunque proiettare su quest'età una singolare sollecitudine e attenzione.


4. La Chiesa in questo campo ha dinanzi a sé straordinarie esperienze, grazie alla moltitudine di apostoli che dei ragazzi hanno fatto la ragione della propria esistenza. A loro la Chiesa deve la sua rifioritura in tutti i settori, particolarmente in quello missionario. Lo sforzo educativo che io vi chiedo, deve essere sentito come un impegno d'onore delle vostre comunità ecclesiali, impegno da assumere come punto centrale attorno al quale si protende l'attività pastorale delle parrocchie, dei gruppi, dei vicariati e delle diocesi. Desidero ricordarvi che, insieme alla cura dei poveri, che già suscita fra di voi tante iniziative generose, l'impegno formativo è compito particolarmente gradito a Dio. Per una Chiesa locale, per una parrocchia, per un sacerdote, per una famiglia ci può essere ambizione più pura e più alta di quella di presentare a Dio delle esistenze che si sono aperte al suo amore fin dal primo inizio con disponibilità totale? E c'è regalo più grande che aiutare un uomo a porre le basi sicure su cui costruire poi pietra su pietra l'edificio dell'intera esistenza? Permettetemi dunque di incoraggiarvi a far convergere qui le vostre preoccupazioni, esortandovi ad esprimere in ciò il vostro amore a Dio e alla Chiesa.


5. Occorre intensificare l'impegno per la formazione di personalità robuste e serene, maturate nella conquista di un'autentica e interiore libertà cristiana.

Questa richiede una formazione religiosa profonda e motivata, che introduca a un rapporto personale con Dio Padre. E' questa esperienza interiore che fa comprendere il valore sommo di essere persona umana. Si tratta di un momento di enorme portata per il singolo e per la società. Occorre perciò che l'intera comunità ecclesiale si impegni in uno sforzo di catechesi intelligente e sistematica, organizzata in modo capillare su tutto il territorio, così da raggiungere ogni adolescente e sostenerlo nel suo cammino di crescita verso la piena maturità. E' in questo clima di "tensione morale" che può farsi meglio sentire la chiamata di Dio alle diverse forme di testimonianza cristiana nel mondo; è in questo clima che può, in particolare, fiorire la vocazione al dono di sé senza riserva nella consacrazione a Dio per il servizio del Regno. Il futuro della Chiesa anche nella vostra Regione dipende dalla risposta che sapranno dare i giovani al "vieni e seguimi" con cui Cristo continua ad attrarre a sé i cuori generosi. Ma la risposta dei giovani dipende, a sua volta, dal sostegno con cui l'intera comunità diocesana saprà confortare un "si" che occorre ogni giorno riconfermare.


6. Con questi pensieri e con questo augurio, che vi affido come ricordo dell'odierno incontro che rinnova la letizia delle giornate passate in Romagna, raccomando tutti voi alla protezione della Madonna che venerate sotto tanti bei titoli e in così suggestivi santuari. Sia la Vergine santa colei che vi guida nell'impresa sublime della formazione delle nuove generazioni. Sia la Madre di Cristo colei che vi assiste nel rivelare ai cuori dei giovani le cose meravigliose che Dio può e vuole compiere in loro. Sia la Vergine santa colei che per voi intercede affinché non manchi tra le nuove generazioni chi si consacra alla predicazione del Vangelo e alle opere di carità in favore degli umili, dei poveri, dei sofferenti. A tutti voi, alle vostre famiglie, all'intera Romagna, in particolare ai ragazzi e ai giovani, che ho incontrato a schiere nel mio viaggio e i cui volti gioiosi porto indelebilmente nel cuore, volentieri imparto la mia benedizione, invocando l'aiuto del Signore sui vostri buoni propositi e soprattutto sul vostro lavoro.

Data: 1986-10-11 Sabato 11 Ottobre 1986




Il rito di canonizzazione di San Giuseppe Maria Tommasi, presieduto nella Basilica Vaticana - Roma

La santità dell'uomo è l'opera di Dio



1. "Il Signore è il mio pastore" (Ps 22 Ps 23,1). La Chiesa ripete queste parole costantemente. Le ripete oggi - in questa domenica d'ottobre - con spirito di particolare gratitudine e di spirituale entusiasmo. Si. Il Signore è il mio pastore. La verità di queste parole è riconfermata specialmente quando alla Chiesa è dato di costatare l'opera della santità nella vita dei suoi figli e delle sue figlie. L'opera della santità, opera di Dio stesso, opera di Cristo, eterno Pastore, opera dello Spirito Santo che agisce nell'uomo. L'opera della santità: opera dell'uomo dedito a Dio, obbediente alla grazia. "Gloria Dei vivens homo",


2. Proprio oggi è dato alla Chiesa, e particolarmente a questa Sede Apostolica, di confermare ancora una volta la santità dell'uomo, la quale è l'opera suprema di Dio nell'universo creato. E' il dono più pieno. Questa santità si è manifestata nella vita e nelle opere di Giuseppe Maria Tomasi, proclamato Beato da Pio VII nel 1803. Adesso, le ulteriori testimonianze con cui Dio ha voluto illustrare questo suo servo, inducono ad annoverarlo nell'albo dei Santi.

I motivi di convenienza pastorale per questa Canonizzazione sono numerosi. Quello principale può essere dato dall'importanza che la figura di San Giuseppe Maria riveste nel campo del culto liturgico, che largamente promosse con la sua vita e i suoi scritti scientifici. La testimonianza del nuovo santo cade particolarmente opportuna ai nostri giorni, a vent'anni dal Concilio Vaticano II, che tanto incremento ha dato al rinnovamento della vita liturgica. Il Santo che oggi proclamiamo ci aiuta a comprendere e a realizzare questo rinnovamento nel senso giusto. Compiendo l'atto della Canonizzazione, possiamo ripetere con San Paolo: "investiti di questo ministero per la misericordia che ci è stata usata, non ci perdiamo d'animo; al contrario rifiutando le dissimulazioni vergognose, senza comportarci con astuzia né falsificando la parola di Dio, ma annunziando apertamente la verità, ci presentiamo davanti a ogni coscienza, al cospetto di Dio" (2Co 4,1-2).


3. Giuseppe Maria Tomasi ha risposto nella sua vita all'eterna chiamata del divino Pastore, secondo le parole del profeta Ezechiele proclamate nell'odierna Liturgia.

Sul solco e dietro l'esempio dei Dottori della Chiesa e dei grandi teologi, egli risponde in modo eminente alla figura del sacerdote, che unisce l'amore per la scienza a quello per la pietà, e ricorda quindi il modello offerto dal Profeta Malachia, quando dice: "Le labbra del sacerdote devono custodire la scienza e dalla sua bocca si ricerca l'istruzione, perché egli è il messaggero del Signore.degli eserciti" (Me 2,7). Certamente, la "scienza" alla quale si riferisce qui il profeta, e nella quale ha rifulso il Card. Giuseppe Maria è sostanzialmente la conoscenza, per non dire l'"esperienra", delle cose divine. Ma San Giuseppe Maria ci conduce a questa mistica conoscenza precisamente mediante la sua testimonianza di "scienziato" della Liturgia, nel senso moderno della parola. Il Tomasi mostra quindi a tutti noi, e specialmente ai pastori di anime, quanto è importante, nel sacerdote, una sana sensibilità culturale, fondata su di un autentico amore alla verità, che si traduce nell'impegno generoso di comunicarla ai fratelli. Un impegno che dà al suo ministero una speciale dignità ed una particolare efficacia.


4. Fin da fanciullo, San Giuseppe Maria aveva sperimentato un'intima inclinazione ed una forte propensione per le "cose ecclesiastiche", per le cose di Dio, come egli ebbe a dire. perciò egli - anima sempre in ascolto - si decide assai presto, senza remore di sorta, a seguire la divina ispirazione, che lo chiama ad un genere di vita, nel quale il servizio ed il culto di Dio sono garantiti da una speciale e rinnovata consacrazione: quella della professione religiosa. E così entro nell'Ordine dei Teatini. Appartenente ad una nobile famiglia siciliana, egli, se fosse restato nel mondo, avrebbe potuto disporre di immense ricchezze e di un enorme prestigio sociale, che gli derivavano dai diritti di primogenitura nei confronti del Principato di Lampedusa e del Ducato di Palma di Monte Chiaro. Ma, attratto da ben altre ricchezze e dalla prospettiva di una gloria immensamente superiore a quella terrena, rinuncio a quei diritti, per seguire Cristo povero, casto e obbediente nella disciplina e nelle austerità della vita religiosa. Ad imitazione di Nostro Signore, "da ricco che era, si è fatto povero" (2Co 8,9), per arricchire i fratelli mediante la testimonianza di una totale disponibilità e di un amore disinteressato.


5. Il Card. Tomasi si presenta come modello di pastore, perché egli per primo ha seguito il divino Pastore, si è messo alla sua scuola, ha cercato di penetrarne il mistero - Mysterium pietatis -, ha cercato - soprattutto - di rivivere questo mistero nella sua vita di fedele e di sacerdote, e nella sua stessa attività di studioso e di ricercatore. Da vero Ministro dell'Altare, il Tomasi comprese di dover cercare Cristo, come dice il Salmo, soprattutto nel "suo Santuario" (Ps 62 Ps 63,3), "abitando nella Casa del Signore" (cfr Ps 22 PS 23,6


6. "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura" (Mc 16,15).

Come ha risposto il nostro santo a questo fondamentale mandato apostolico? Con l'esercizio di molteplici attività, che testimoniano sia della sua umiltà che della sua grandezza d'animo; sia della sua disponibilità ad ogni richiesta, come della sua coscienziosa e metodica preparazione specifica. La promozione della vita liturgica - alla quale egli si applico in modo speciale - va così dalla pubblicazione della ricerca o della scoperta erudita, all'opera che egli svolse per l'educazione liturgica del popolo e dei semplici fedeli. Il suo spirito di servizio e l'ardente amore per le anime, coltivati dallo studio e dall'esercizio dell'osservanza coscienziosa della Regola del suo Ordine, lo rendono disponibile sia all'assistenza nei confronti dei poveri e dei malati, come allo svolgimento di incarichi presso la Curia Romana, fino a ricevere, da Papa Clemente XI, la porpora cardinalizia, che egli invano, per umiltà, tento di ricusare. Dopo aver compiuto i doveri liturgici inerenti all'ufficio cardinalizio, egli, come poteva fare un parroco, si metteva a spiegare i rudimenti della fede e il catechismo ai ragazzi ed agli altri fedeli, offrendo premi a coloro che progredivano nella dottrina cristiana. A somiglianza del divino Pastore, il Card. Tomasi seppe così radunare il gregge a volte disperso (cfr Ez 34,12), e seppe condurlo a riposare presso "pascoli erbosi ed acque tranquille" (cfr Ps 22 PS 23,2Ez 34,14


7. Nella vita di Giuseppe Maria Tomasi si è compiuto ciò che San Paolo aveva scritto di se stesso. "Dio... rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo" (2Co 4,6).

Camminava, quindi, in questa "conoscenza della gloria" - e la portava agli altri. "Noi infatti non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore, - quanto a noi, siamo i vostri servitori per amore di Gesù" (2Co 4,5).

Camminava nella vita, consapevole di aver portato un grande tesoro! E nuovamente - così come l'apostolo Paolo - pensava e operava in conformità alle parole della seconda lettura dell'odierna liturgia: "Noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che la potenza straordinaria viene da Dio e non da noi" (2Co 4,7).


8. Si. Da Dio venne questa potenza, caro fratello Giuseppe Maria. Da Dio. La santità è sempre da Dio, non dall'uomo. Nello stesso tempo essa è nell'uomo. La Chiesa gioisce di poter proclamare oggi che questa santità, che è da Dio, era in te. In te, che ti sei sentito un "vaso di creta". In te, che nell'annunziare apertamente la verità, ti sei presentato davanti a ogni coscienza, al cospetto di Dio (cfr 2Co 4,2). Oggi la Chiesa ringrazia insieme con te il divino Pastore, che passa costantemente "in rassegna il suo gregge" (cfr Ez 34,11) per averti prescelto, chiamato e mandato, affinché tu conducessi a Lui gli altri. Oggi la Chiesa ringrazia insieme con te per l'indicibile tesoro della tua intercessione presso l'Altissimo. E con la Chiesa, ringrazia con te il divino Pastore anche la tua Famiglia Religiosa, l'Ordine dei Chierici Regolari Teatini, che tu illustri con la santità, dopo quella di San Gaetano e di Sant'Andrea Avellino.

E con la Chiesa, ringrazia il divino Pastore anche la tua Sicilia. Essa esulta per la luce che tu le doni, e che si aggiunge a quella di tanti altri santi della sua bimillenaria storia cristiana. San Giuseppe Maria, prega per noi! Per il tuo Ordine, per la tua Sicilia, per tutta la Chiesa! Amen.

Data: 1986-10-12 Domenica 12 Ottobre 1986




Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

La Chiesa cattolica in preghiera per la pace



1. Fra pochi giorni ci recheremo ad Assisi, rappresentanti della Chiesa cattolica, di altre Chiese e comunità ecclesiali cristiane e delle grandi religioni del mondo. Vi andremo come credenti in Dio, che hanno a cuore le vicende della storia umana. E saremo li per pregare lungo tutta la giornata di lunedi 27. Ma non dovrebbe trattarsi di una giornata isolata, di un'eccezione nel ritmo che scandisce la nostra vita quotidiana. Dovrebbe invece essere un tempo forte di un impegno continuo di preghiera e di azione per la pace.

2. Come sapete, il 1986 è stato dichiarato dalle Nazioni Unite Anno internazionale della pace. Ne ho preso lo spunto per rivolgere il mio invito a fare di quest'anno l'occasione di un "movimento mondiale di preghiera per la pace" (Omelia del 25 gennaio 1986). Questo invito l'ho rivolto ai "credenti di tutte le religioni". Ma, in primo luogo, l'ho rivolto ai fedeli della Chiesa cattolica.

Sono ben consapevole che, nelle Chiese particolari di tutto il mondo, la mia esortazione è stata già accolta dai vescovi e dalle loro comunità. Il giorno stesso dell'incontro di Assisi, o il giorno immediatamente precedente, nel mondo intero si pregherà molto per la stessa intenzione che ci riunisce nella città di san Francesco. E li vescovi provenienti dai vari continenti renderanno visibile il comune impegno della Chiesa cattolica a favore della pace. Voglia il Signore Gesù, "Principe della pace" (Is 9,5), che questa singolare occasione ravvivi in ciascuno la disponibilità al quotidiano servizio per la pace. Alimenti un servizio di preghiera, di sforzi, di sincero contributo personale e comunitario verso la pace. Ci viene richiesta una vera conversione del cuore, affinché tutti diventiamo dei veri "operatori di pace" (Mt 5,9). Per quanto possibile questo nostro impegno dovrebbe poi concretizzarsi in iniziative comuni con i nostri fratelli cristiani e quelli delle altre religioni del mondo. Possiamo essere certi di adempiere in questo modo la volontà di Dio, nostro Padre, per il tempo presente. Dio è infatti il "Dio della pace" (1Co 14,33). E che Maria santissima interceda per noi presso suo Figlio affinché ci conceda, adesso e sempre, la "sua pace" (Jn 14,27). [Dopo la preghiera:] Sono lieto di salutare i giovani di Azione Cattolica della diocesi di Roma che celebrano oggi con entusiasmo la festa dell'adesione per il nuovo anno associativo. Essi sono presenti qui, e io desidero unirmi alla loro festa. Carissimi: cercate di dare sempre nuova vitalità alla vostra associazione; essa è espressione singolare e privilegiata della collaborazione dei laici all'apostolato di tutta la Chiesa. Curate la vita interiore e la formazione; testimoniate con forza la vostra adesione alla Chiesa, la vostra impegnata e affettuosa fedeltà al suo insegnamento così da essere efficaci araldi della fede cattolica tra i vostri amici. Con grande affetto vi benedico tutti. Desidero rivolgere il mio cordiale saluto a tutti i pellegrini che sono convenuti a Roma per la canonizzazione del nuovo santo, Giuseppe Maria Tomasi dei Principi di Lampedusa, e religioso dell'Ordine dei Chierici Regolari Teatini.

Nella sua vita diede esempio luminoso di carità verso i poveri, di zelo per il culto divino e di impegno per la catechesi. Abbiamo tutti seguito con trepidazione le notizie circa il violento e terribile terremoto che ha sconvolto il Salvador, provocando nella capitale numerosi morti e feriti e distruzione di edifici. Sono particolarmente vicino a quel carissimo popolo con profondo affetto: elevo al Signore fervide preghiere per il riposo eterno delle povere vittime, per la guarigione dei feriti e per il conforto di quanti hanno perduto parenti e casa, rimanendo privi di tutto. Auguro che in tale dolorosa situazione il popolo di El Salvador trovi aiuto anche dalla generosa e concorde solidarietà delle altre Nazioni, per una pronta ricostruzione della zona colpita dal sisma.

Data: 1986-10-12 Domenica 12 Ottobre 1986




Ai pellegrini per la canonizzazione - Città del Vaticano (Roma)

Il cardinale Tomasi modello di pastore per tutta la Chiesa


Fratelli e sorelle carissimi, Religiosi e religiose dell'Ordine Teatino.


1. Mentre perdura nel nostro animo l'eco profonda della solenne Liturgia di ieri, con fa quale ho proclamato santo il card. Giuseppe Maria Tomasi, ho la gioia di incontrarmi in modo speciale con voi, che più da vicino - sia spiritualmente che fisicamente - avete voluto partecipare all'esultanza di tutta la Chiesa per l'elevazione all'onore degli altari di questo glorioso figlio della terra siciliana. Il card. Tomasi è stato un grande servitore della Chiesa universale, ma nello stesso tempo non si dimentico mai della sua Sicilia, del suo popolo, delle sue necessità, dei suoi problemi. Al contrario, più egli si sentiva figlio della Chiesa, più si sentiva figlio della terra siciliana e dei suoi poveri, che egli, anche quando fu rivestito di alte cariche e della stessa dignità cardinalizia, continuo sempre a servire, dedicandosi anche ai più umili e nascosti servizi della carità verso i più piccoli, verso gli indotti, verso i malati, verso i bisognosi.

Ecco perché il card. Tomasi è modello di pastore e di religioso non soltanto per tutta la Chiesa, ma anche, più concretamente, per la Chiesa siciliana in particolare. Da vero sacerdote e religioso egli seppe sempre sentire, nel suo animo, gli interessi universali della Chiesa, e avvertire, nel contempo, bisogni particolari e concreti delle numerose anime che avvicinava o che gli stavano appresso. Sapeva elevare lo sguardo alle grandi imprese della sapienza e della carità e piegarsi nello stesso tempo - secondo l'insegnamento dell'Apostolo (Rm 12,16) - "alle cose umili". In ciò sta il segno della vera grandezza e il presagio di una gloria immortale.


2. Cari fratelli e sorelle, vi saluto con profonda effusione d'animo. Siete giunti numerosi dall'Italia, e in special modo - si comprende - dalla bella Sicilia: e rilevo la presenza del gruppo proveniente da Torretta, in provincia di Palermo, dove è molto sentita la devozione al nuovo santo e dove ebbe luogo il miracolo approvato per la canonizzazione. Ben volentieri al termine di questo incontro, procedero - secondo quanto mi è stato chiesto dalla comunità cristiana di Torretta - a ornare con le corone d'oro offerte dai fedeli l'immagine della Madonna di Valverde, patrona della città. Sia questo mio gesto di buon auspicio per una sempre più tenera e feconda devozione nel popolo torrettano alla santissima Madre di Dio. Desidero poi salutare anche i gruppi provenienti da altri Paesi: la figura, infatti, di san Giuseppe Maria non appartiene più ormai soltanto alla Sicilia, ma all'intera Chiesa e all'umanità.


3. Amati pellegrini: l'obiettivo della vostra visita è estremamente significativo.

Chi fra di voi viene dai luoghi più lontani, ha dovuto sopportare le inevitabili molestie del lungo viaggio. In questo gesto, vedo una testimonianza di fede viva e sincera da parte di tutti voi: fede nel valore delle intercessioni dei santi, nostri fratelli che ci hanno preceduto e ci indicano il cammino del Vangelo e della salvezza; fede nella saggezza materna della Chiesa, che con la sua autorità apostolica ci mostra gli esempi da imitare e il sentiero sicuro da seguire; fede nella comunione con il successore di Pietro, che oggi vi accoglie con profondo affetto e vi dà il suo più cordiale benvenuto.


4. Ogni beatificazione e canonizzazione porta con sé il significato di un aiuto alla comprensione di come l'universalità del messaggio cristiano si diffonde nel mondo partendo sempre dalle persone, dai luoghi, dalle culture, dalle realtà concrete e particolari. San Giuseppe Maria Tomasi per nascita, famiglia e cultura è un autentico figlio della Sicilia; ma allo stesso tempo è un autentico figlio della Chiesa. I suoi dati personali, l'educazione ricevuta, le ricchezze della sua terra, ogni cosa contribui a metterlo al servizio dei fratelli, a impegnarsi per il bene della Chiesa e dell'umanità intera. La sua fede nacque nel seno di una nobile famiglia siciliana, ma egli visse per l'edificazione della Chiesa e per la salvezza delle anime. Nella formazione della personalità di san Giuseppe Maria Tomasi, così ricca tanto dal punto di vista umano come da quello cristiano, mi compiaccio nel pensare al ruolo svolto dei suoi premurosi genitori, che - cosa normale per quei tempi e per le famiglie del suo rango - lo avevano predestinato in un primo momento al servizio del re di Spagna; tuttavia, più tardi, avendo intuito che il figlio era chiamato dal Signore alla vita religiosa, diedero il loro consenso, accondiscesero a offrirlo a colui che ci chiede tutto perché ci vuole dare tutto.

I genitori di Giuseppe Maria seppero intuire e accettare che il proprio figlio fosse chiamato al servizio totale e, potremmo dire, persino al sacrificio, nella vita religiosa, su ideali molto più elevati e universali, come quello della Chiesa e del regno di Dio, e in particolare - guardando all'inclinazione personale che volle seguire - della promozione e del perfezionamento della Sacra Scrittura.


5. Cari fratelli e sorelle! Come abbiamo fatto ieri, poniamo questo incontro sotto il patrocinio di san Giuseppe Maria Tomasi. Ora che la Chiesa ha ufficialmente riconosciuto la sua santità, invochiamo la sua intercessione con maggiore fiducia, rivolgiamoci a lui con la certezza che ora egli intercederà ancor di più per l'intera Chiesa, e in particolare per la sua cara famiglia religiosa, l'Ordine dei Padri e delle Suore Teatine. La Chiesa ha un altro protettore in paradiso. Questo dovrebbe essere per noi una fonte di più grande energia e consolazione a continuare fiduciosamente lungo il sentiero del Vangelo nonostante le prove e gli impedimenti sulla strada. E' un invito a non spaventarci di fronte alle difficoltà dei problemi, anche se essi sembrano insolubili a livello umano. L'intercessione dei santi serve proprio a riportare la nostra povera umanità ferita dal peccato a quella dignità che il Creatore desidero e che il Redentore ha restituito al prezzo del suo sangue. Vi benedico affettuosamente.

Data: 1986-10-12 Domenica 12 Ottobre 1986




Ad artisti cristiani in congresso - Città del Vaticano (Roma)

L'arte alleata preziosa della fede


Cari artisti e amici.


1. Sono onorato dalla vostra visita, e la vostra presenza qui oggi mi commuove. Vi ho chiamati amici perché mi sento molto affine a voi e ho una grande stima per gli artisti. Sono profondamente grato alla Società Internazionale degli artisti cristiani che ha lavorato così diligentemente per organizzare questo Congresso che ha invitato a Roma architetti, pittori, scultori, poeti, scrittori, musicisti e coloro che sono impegnati nel teatro o qualsiasi altra attività artistica.

Desidero anche esprimere la mia gratitudine al Pontificio Consiglio per la cultura per il suo concreto sostegno a questo sforzo. E' quindi con immensa gioia che vi do il benvenuto, cari amici provenienti dal mondo intero, che state tenendo il vostro incontro nella bella chiesa di Santo Stefano Rotondo a Roma. Ho appreso con piacere che nello stesso luogo avete allestito una mostra dei vostri lavori d'arte per questa occasione.


2. Sono felice di incontrarvi perché vedo in voi dei veri benefattori dell'umanità. Voi portate al mondo una pienezza e una elevazione spirituale attraverso la contemplazione del bello. La vostra visita alla Sede di san Pietro ha valore di testimonianza alla Chiesa, che ha sempre favorito le arti, formato generazioni di artisti e ispirato opere d'arte che hanno arricchito la cultura mondiale. Sono profondamente convinto, sulle linee date da papa Paolo VI agli artisti nella Cappella Sistina nel 1964, che è necessario far rinascere l'amicizia tra la Chiesa e gli artisti che, per varie ragioni, si è raffreddata nei tempi moderni. Perché allora non desideriamo consolidare quell'amicizia? E questa è la fondamentale ragione: tra l'arte che voi esprimete con la vostra attività e la fede, alla quale noi diamo testimonianza per mezzo del nostro ministero, esiste una naturale relazione, una profonda affinità, una meravigliosa possibilità di collaborazione. Sia l'arte che la fede esaltano la grandezza dell'uomo e la sua sete di infinito. Gli artisti e la chiesa trovano che essi possono condividere la stessa idea di uomo, la stessa speranza, al di là dei gravi pericoli che pesano sul suo futuro. Si, l'uomo moderno è seriamente spaventato, non solo dalle armi nucleari e dai disastri ecologici, ma persino dal materialismo pratico e dall'indifferenza religiosa. Come dissi durante la mia visita alla Scala di Milano (21 maggio 1983), "E' necessario praticare un'ecologia dello spirito che sia al servizio dell'uomo".

Gli artisti cristiani possono aiutare la Chiesa a far amare Dio nella sua bellezza e bontà infinita. Infatti è questa mancanza di amore che rende la Chiesa e i cristiani instancabili nel loro servizio alla verità e alla bellezza. L'uomo ha bisogno di Dio perché è stato creato da Dio e fatto per Dio. L'uomo non può fare a meno di Dio, in Dio solo è la sua salvezza. La missione dei cristiani è precisamente questa: aiutare l'umanità a riscoprire Dio.


3. Cari artisti e amici, voi siete chiamati a un servizio che eleva, arricchisce, consola lo spirito umano, aiutando l'uomo a raggiungere Dio. Questa è la sublime missione dell'arte, che non è senza analogia con la missione della Chiesa. Inoltre il tema del vostro Congresso mi sembra molto opportuno: "La Chiesa ha bisogno di artisti". Sono sicuro che come artisti cristiani conoscete chiaramente la mutua assistenza che la Chiesa e gli artisti, la fede e l'arte sono chiamati a darsi a vicenda. Più che mai il mondo nel quale viviamo ha bisogno di valori spirituali, valori che il vostro lavoro aiuta a comunicare. Come affermava il Concilio Vaticano II (8 dicembre 1965) nel suo messaggio agli artisti, "il nostro mondo ha bisogno del bello per non sprofondare nella disperazione".


4. Sta sviluppandosi tra la Chiesa e gli artisti un'amicizia nuova, dopo un periodo di una certa incomprensione. Ne è chiara testimonianza l'opera e il magistero dei miei predecessori e del Concilio Vaticano II, che con la costituzione sulla sacra liturgia pose le fondamenta per un più fecondo rapporto con gli artisti. Altro segno eloquente dell'inizio di un'epoca nuova di collaborazione è la collezione di arte religiosa moderna dei Musei Vaticani.

Anche al giorno d'oggi la fede può ispirare gli artisti e aprire orizzonti sconfinati alle loro intuizioni. Da parte sua la Chiesa, che ha sempre favorito le arti e il loro nobile servizio, incoraggia in particolar modo l'arte sacra, la quale è autentica quando si ispira e in modo degno esprime "una nobile bellezza piuttosto che una mera sontuosità". In una società segnata da una tecnologia a volte disumanizzante e da un edonismo consumistico, voi, cari amici artisti, siete chiamati a testimoniare un amore profondo per la verità del mondo e dell'umanità. Creando opere che svelino l'alta vocazione dell'uomo, fatevi interpreti magistrali e sinceri della trascendenza. L'arte vera aiuta a cogliere il mistero della realtà spirituale, facilitandone la comprensione, che arricchisce ed eleva l'uomo conducendolo a un gaudio intenso. L'artista, pertanto, non solo è in grado di soccorrere l'uomo contemporaneo, non di rado ferito e privato della sua dignità, ma anche di fornire l'antidoto al materialismo e al culto dei moderni idoli, producendo opere artistiche, le quali riverberano con chiarità e armonia la fonte sorgiva dell'essere.


5. In una realtà sociale che muta vertiginosamente, sappiate così svelare l'uomo a se stesso e ricordargli le fondamenta della sua grandezza, la sua capacità di conoscere la verità assoluta e di elevarsi alla contemplazione del Creatore ammirando la bellezza della natura. Auspico, poi, che la vostra arte contribuisca a celebrare la fraternità che unisce gli uomini e li raccolga in una sorta di "ecumenismo culturale", il quale superi tutte le frontiere, le differenze e le divisioni. Vi esorto, altresi, a comunicare all'uomo contemporaneo la speranza che non muore, i valori che non declinano, tenendo desta un'inquietudine salutare, una domanda di significato. In tale prospettiva la vostra arte è una diaconia ai fratelli e una preziosa alleata della fede, perché fa comprendere agli uomini e alle donne del giorno d'oggi che il non aver fiducia nella Chiesa significa giungere, in tempi più o meno rapidi, a non riporre speranza alcuna nell'uomo. Da parte sua la Chiesa non esita affatto nel riconoscervi la libertà creativa necessaria per la realizzazione di opere, che esprimano contenuti originali e significati inediti, mediante una grande molteplicità di tecniche e una ricca varietà di forme espressive. La fedeltà nel servire la vocazione spirituale dell'uomo favorisce un'immensa libertà, che unisce il coraggio alla saggezza. Auguro poi che la vostra arte conduca a una nuova epifania della fede e divenga scuola di umanità, perché quando essa è autentica "contribuisce - come dissi agli artisti in Belgio - a risvegliare la fede assopita. Apre il cuore al mistero dell'altro. Eleva l'anima di chi è troppo deluso o abbattuto per sperare ancora" (20 maggio 1985).


6. Cari artisti e amici, alla luce dell'esperienza artistica e spirituale del Beato Angelico, che ho voluto proclamare vostro patrono, sappiate perciò sviluppare alla luce della fede un'arte vera, rendendola anche un valido strumento di promozione umana e di evangelizzazione. I nostri contemporanei non di rado hanno bisogno di questa luce e di questo calore. Fate vibrare nell'animo loro non solamente l'emozione di una intuizione estetica, ma anche i giudizi e le convinzioni religiose che vi animano. Diverrete in tal modo testimoni dell'Assoluto, messaggeri della verità e dell'amore, benefattori dell'umanità, che potrà conoscere Cristo, il quale - come insegna san Tommaso - è bellezza suprema per splendore di divinità, per luce di giustizia, nitore di verità e forza di comunicazione. Vi accompagni e sostenga sempre la mia apostolica benedizione, che di vero cuore imparto a voi e a quanti vi sono vicini negli affetti e nel lavoro.

Saluto molto cordialmente nella loro lingua tutti i partecipanti di lingua tedesca presenti oggi. Mi ricordo con particolare gioia dell'incontro avuto con gli artisti nella Herkulessaal a Monaco nel novembre 1980, occasione per una migliore comprensione delle Chiesa e dell'arte al servizio dell'uomo. Questo spirito di coscienza e responsabile partecipazione possa essere nuovamente rafforzato e ulteriormente approfondito dall'incontro odierno.

Data: 1986-10-14 Martedi 14 Ottobre 1986










GPII 1986 Insegnamenti - Al pellegrinaggio della Romagna - Città del Vaticano (Roma)