GPII 1986 Insegnamenti - Ai sacerdoti e religiosi in cattedrale - Fiesole (Firenze)

Ai sacerdoti e religiosi in cattedrale - Fiesole (Firenze)

Non abbiate paura dei mutamenti sociali


Carissimi sacerdoti, religiosi e religiose. Con grande gioia vi saluto nel Signore risorto. Conoscendo i legami che fin dal suo inizio hanno unito la Chiesa fiesolana alla Sede di Pietro, mi incontro volentieri con voi per confermarvi nella fede, per esortarvi alla comunione fraterna, per sostenervi con il mio incoraggiamento nella missione di evangelizzazione e di umana promozione tra i fedeli.


1. Voi sacerdoti siete stati ordinati per poter agire "in persona Christi" a servizio dell'uomo. Siate fedeli agli impegni che vi siete assunti con il sacramento dell'Ordine, poiché in esso si rivela la grande predilezione che il Signore ha per i suoi sacerdoti. Siate anche fedeli alla tradizione del vostro presbiterio, seguendo le orme dei santi sacerdoti di queste terre e coltivando intensamente la pietà sacerdotale. Sappiate essere ricchi di umanità, sempre dediti a edificare il regno del Signore nella porzione di gregge che vi è stata affidata. So che vari sacerdoti del vostro presbiterio sono morti durante l'ultima guerra, uccisi perché, opponendosi alla barbarie disumana che straziava il loro gregge, furono solidali e fedeli ai fratelli fino alla fine. Essi ci ricordano che il buon pastore rischia la vita per affermare i fondamentali diritti di Dio e dell'uomo. Voi siete pastori in un'epoca di profondi cambiamenti religiosi e sociali. Avete assistito allo spopolarsi di comunità un tempo ricche di abitanti e di iniziative. Avete visto cambiare modi di vita e insinuarsi la tentazione e i danni del secolarismo. Non abbiate paura di tali mutamenti, come di qualsiasi stanchezza che possa minacciarvi dal di dentro. Con noi sono l'amore provvidente del Padre, la predilezione di Cristo Signore e la forza dello Spirito.

Ogni avvenimento dev'essere per voi stimolo di conversione e occasione per adeguare generosamente idee e metodi alle nuove esigenze pastorali e missionarie emerse nella comunità e indicate dal magistero. Amate la povertà, anche se è sovente sinonimo di solitudine materiale: essa diviene testimonianza di credibilità se vissuta nella gioia e in un autentico spirito missionario. E siate sempre gioiosi: nulla ci poteva toccare di più grande che il nostro ministero! Saluto anche i cari diaconi qui presenti che in modo permanente vivono il loro stato a servizio della Chiesa fiesolana. Siate espressione di Gesù che serve con amore gli uomini bisognosi di salvezza nel corpo e nello spirito.

Insieme poi preghiamo affinché trovino rinnovato incremento le vocazioni sacerdotali per questa amata comunità diocesana e per il suo seminario, a cui va il mio affettuoso pensiero. Mentre esorto particolarmente i seminaristi a vivere la preparazione al sacerdozio con la serietà e la gioia che nascono dall'amore di Dio per gli uomini, prego il Signore che benedica tutti coloro che si dedicano alla formazione e alla crescita dei chiamati a consacrare la propria vita nel sacerdozio ministeriale.


2. Rivolgo ora il mio pensiero a voi, religiosi e religiose, che siete un segno di speciale benevolenza dell'amore di Dio per questo popolo. A voi in particolare raccomando la ricerca e la testimonianza della santità! L'uomo d'oggi, sottoposto a tante distrazioni e anche seduzioni, necessita di modelli che riflettano il primato di Dio, della preghiera, della trasparenza spirituale, di un amore che serve Cristo con cuore indiviso. Ma questo popolo necessita anche della vostra presenza sociale, culturale, caritativa, missionaria. Le opere che voi animate sono espressione necessaria e concreta di presenza di condivisione. Custodite e difendete tali iniziative, tanto necessarie e preziose, che incarnano la carità ecclesiale e coinvolgono non solo chi le sostiene, ma tutta questa Chiesa nel suo insieme, anche perché destinate a beneficare soprattutto i giovani, i sofferenti, gli emarginati, ossia i prediletti del Signore. Tra le religiose amo salutare in speciale modo le claustrali, che ringrazio per la loro testimonianza di totale donazione a Dio e per le preghiere che a lui innalzano secondo le mie intenzioni.


3. Ma permettete, carissimi sacerdoti, religiosi e religiose, che vi rammenti un'altra esigenza fondamentale. Ogni comunità ecclesiale, per vivere e operare secondo Dio, ha bisogno di crescere sempre di più nello spirito di comunione fra tutti i suoi fedeli. Tutti dobbiamo vivere la comunione evangelica e fraterna come necessaria dimensione di ogni attività apostolica. Ogni sacerdote, perciò, saprà aprirsi alla collaborazione con gli altri sacerdoti, i religiosi e i laici, nella costante e convinta comunione col proprio vescovo. La Chiesa particolare ha infatti un centro e un capo voluto dal Signore: il vescovo. Per questo vi dico: fate sempre più intensa comunione tra di voi e con il vostro vescovo. Siate uniti ai laici, che già numerosi collaborano con voi nel rendere la vostra Chiesa una famiglia di Dio, seguendoli e favorendo la loro partecipazione ad assumere le proprie responsabilità nella Chiesa e nel mondo.

Intercedano per noi presso il Signore i santi tutti di questa Chiesa che è in Fiesole, tra i quali mi piace ricordare il suo grande vescovo sant'Andrea Corsini e il Beato Angelico, insigne nell'arte e nella santità. Preghi per noi soprattutto la Madre di Dio. A tutti la mia benedizione.

Data: 1986-10-18 Sabato 18 Ottobre 1986




Omelia nell'anfiteatro romano - Fiesole (Firenze)

Responsabilità dei cristiani nella costruzione della pace



1. "Il Signore mi ha mandato ad annunziare ai poveri la buona novella" (Lc 4,18).

Questo versetto alleluiatico, che abbiamo cantato nell'odierna liturgia, riassume bene una caratteristica fondamentale del Vangelo di Luca, di cui oggi celebriamo la festa: la presentazione di Gesù come colui che è "consacrato con l'unzione" (Is 61,1) "per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi" (Lc 4,18-19). E' un messaggio di gioia. La gioia di chi recupera la libertà dalla prigionia o dall'oppressione. Di chi recupera la vista, di chi torna a vedere la luce della verità. Cristo è mandato per annunciare agli uomini che la verità può essere conosciuta e che la libertà può essere raggiunta. L'evangelista Luca, sulle orme di Cristo, è stato un grande annunciatore di questo messaggio. E noi pure siamo da Cristo chiamati, siamo da lui mandati ad annunciare questo messaggio. Ci invita a ricordare ciò anche l'odierna vigilia della Giornata missionaria mondiale.


2. Nel Vangelo appena letto Luca (10,1-20) ci presenta alcuni dei principali insegnamenti di Cristo ai discepoli circa i loro compiti missionari. Gesù non nasconde loro le difficoltà: "Ecco io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi"; eppure li orna di una grande potenza spirituale: "Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni e sopra ogni potenza del nemico; nulla vi potrà danneggiare". Qui vediamo inculcate le doti dell'apostolo, del missionario, dell'evangelizzatore. Da una parte lo spirito di sacrificio, l'apertura al dialogo, la misericordia; dall'altra la saldezza delle proprie convinzioni di fede, la potenza della grazia che opera in loro e che li rende strumenti dell'azione divina nel mondo per la salvezza degli uomini. Dio ama scegliere i poveri per evangelizzare i poveri. Ama scegliere degli "agnelli", cioè persone inappariscenti e umili. Ama scegliere dei poveri strumenti, per mostrare che è lui l'Agente principale della salvezza. Ma l'evangelizzatore deve anche "essere agnello", nel senso che deve essere umile e docile nelle mani di Dio. Solo uno strumento docile, infatti, è uno strumento utile.


3. "Curate i malati e dite loro: è vicino a voi il regno di Dio". L'impegno di annuncio del Vangelo è connesso, con profondi legami, alla promozione integrale dell'uomo. Non c'è dubbio infatti che il regno del Signore, annunciato e proclamato presente, si rende visibile proprio attraverso segni concreti di carità fraterna, di servizio, di pratica della giustizia. E' questo lo stile di Gesù e dei suoi discepoli. E' uno stile che rende credibile il messaggio e - nello stesso tempo - introduce alle esigenze più alte del Vangelo partendo dai compiti più urgenti della giustizia e della solidarietà umana. Sta qui il motivo per il quale Gesù invio i discepoli "a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi": l'azione di solidarietà umana dei discepoli doveva preparare gli animi ad accogliere la presenza del Figlio di Dio incarnato e del suo messaggio d'amore divino ben superiore alle esigenze e alle possibilità dell'uomo.


4. L'annuncio ufficiale del mistero di Cristo è affidato da Cristo stesso, come sappiamo, al sacerdote. Tuttavia il compito di "precedere" questo annuncio e di collaborare, coinvolge tutti i laici cristiani, e ciò proprio in forza del fatto che essi sono chiamati - come dice il Concilio - a farsi animatori e promotori delle realtà temporali, ordinandole secondo Dio e le indicazioni del Vangelo. così facendo, i laici "preparano le vie del Signore" (Mt 3,3), e nel loro stesso impegno per la giustizia e la pace sulla terra, implicitamente annunciano, mediante la loro testimonianza, il mistero del Signore Gesù che "viene", e l'imminenza del regno dei cieli. In questo lavoro di animazione e di trasformazione evangelica della società e della storia, i laici cristiani possono e devono dare un contributo decisivo e insostituibile al superamento delle difficoltà e delle preoccupazioni dell'ora presente, relative a questa nostra civiltà, che spesso tende a chiudere il cuore dell'uomo alla trascendenza, al senso di Dio, ai grandi valori evangelici della giustizia e della misericordia.


5. La festa e il ricordo di san Luca Evangelista, che oggi celebriamo, costituisce un pressante invito a far nostra l'ansia missionaria di tutti coloro che hanno permesso alla parola di Cristo di risonare nel mondo e di riempire il cuore dell'uomo di luce e di consolazione. Cristo infatti è la risposta adeguata e vera agli interrogativi e alle aspirazioni più profondi del cuore dell'uomo. Cristo dona all'uomo molto più di quanto l'uomo possa sperare e desiderare. Egli solo rivela a noi il vero volto di Dio e dell'uomo. Egli che ha vinto il peccato e la morte è la nostra speranza e la nostra salvezza. Egli è la via, la verità e la vita. Per questo, non possiamo rimanere indifferenti al pensiero che uomini, donne, giovani, nel mondo, ma anche nei confini della propria Chiesa locale, non hanno la gioia di fare esperienza di Gesù Cristo, redentore e amico dell'uomo.

Tale pensiero, anzi tale inquietudine, deve risvegliare in noi le migliori energie per individuare e promuovere con generosità e creatività, dovunque sia possibile, occasioni, luoghi, iniziative per annunciare a tutti la buona notizia del Vangelo.

E' indispensabile, oggi più che mai, attingere a piene mani dal Vangelo, attraverso una preghiera assidua, calma, meditata, per lasciarci rimettere in discussione dalla Parola e comprendere sempre meglio e più profondamente il progetto che Dio ha sulla comunità ecclesiale di Fiesole e su ciascuno di voi.


6. Desidero ora rivolgermi a questa comunità, a tutti voi con un caloroso saluto.

Con grande gioia ho accolto l'invito del vostro vescovo, mons. Luciano Giovannetti, a incontrarmi con voi, con questa Chiesa che, secondo la tradizione, è sorta nel primo secolo, quasi al tempo di questo splendido anfiteatro romano; questa vostra Chiesa che, fin dai tempi apostolici, ha saputo mantenere viva la fede cristiana e la comunione con la Sede di Pietro. Questa Chiesa che vengo a confermare e incoraggiare nel suo impegno di testimonianza cristiana.

E come san Paolo a Timoteo, anch'io sento di esprimere la certezza che il Signore vi è stato, vi è vicino e vi dà forza, affinché il suo Vangelo si radichi sempre più in questa terra, tra questa gente. così, mentre vengo tra voi, voglio augurarmi che si compia ancor oggi la proclamazione del messaggio della salvezza con nuovo entusiasmo e con rinnovata generosità, affinché tutti possano udirlo, specialmente coloro che sono lontani e che maggiormente hanno bisogno della misericordia di Dio e dei fratelli.


7. Desidero in particolare esprimere una parola di compiacimento per il vostro recente convegno ecclesiale diocesano, nel quale - tra l'altro - avete opportunamente sottolineato la funzione "missionaria" dell'assemblea eucaristica domenicale, e vi siete proposti di curare maggiormente la formazione dei laici capaci di assolvere i vari compiti della missione, nell'ambito dell'attuale "ministerialità" della Chiesa. Questi vostri intenti e impegni sono carichi di promesse, che mi auguro possano essere attuate al più presto, grazie anche all'impulso che ad esse potrà venire dal vostro progettato Sinodo diocesano.

Accanto pero alla promozione del laicato, resta sempre urgente la promozione delle vocazioni sacerdotali e religiose. E voi adulti, voi educatori, voi tutti che già avete scoperto la vostra vocazione, dite con franchezza ai giovani: la Chiesa ha bisogno di sacerdoti e di religiosi, ha bisogno di voi; non abbiate paura: il Signore non vi deluderà. Rispondete con prontezza e seguitelo con generosità. Ciò contribuirà fortemente alla nascita di una nuova civiltà: porterà una "nuova Pentecoste", vera attuazione del Concilio.


8. Sono lieto di trovare tra voi presenti e vivi i germi e i frutti di quella fede cristiana, che nel tempo ha saputo esprimere, secondo il vostro genio particolare, opere meravigliose di arte, di bellezza, di civiltà e di carità. Oggi sono qui per riconoscere, con profonda gratitudine al Signore e a tutti coloro che vi hanno preceduto, questi risultati tanto numerosi e significativi; ma sono qui anche per incoraggiarvi e stimolarvi nella missione che Cristo stesso ci ha affidato, quella di annunciare il suo Vangelo, sull'esempio del grande san Luca. In quest'opera di apostolato tutti dobbiamo sentirci coinvolti: laici, associazioni e movimenti ecclesiali, i religiosi e soprattutto i presbiteri, che hanno particolarmente offerto la propria vita per l'annuncio e il servizio del Vangelo. "Pregate il padrone della messe, perché mandi operai nella sua messe" (Lc 10,2). così abbiamo ascoltato. Oggi siamo qui anche per questo, perché alla Chiesa tutta, e alla Chiesa fiesolana in particolare, non manchino mai tali annunziatori forti e miti della parola di Dio.


9. So che la vostra diocesi si è sempre resa particolarmente sensibile anche ai problemi dell'ordine temporale mediante un vivace associazionismo laicale e numerose opere di volontariato e di assistenza concreta, oltre che di sostegno, a tutti coloro che hanno scelto di operare nei diversi ambiti sociali e civili.

Continuate a sviluppare una presenza sempre più incisiva e feconda in quegli ambienti dove la missione oggi si rende tanto urgente e necessaria: il mondo della cultura, dell'educazione, della scuola, del lavoro; tra le famiglie e tra coloro che soffrono, soprattutto gli ammalati, gli anziani e i giovani più bisognosi di aiuto materiale e morale. Una particolare attenzione merita la famiglia, oggi purtroppo sottoposta a tante spinte che ne mettono in pericolo l'unità e la pace. Dedicatevi in modo speciale alla promozione dell'unità e della comunione nelle famiglie, e in generale nei gruppi, nelle associazioni, nella società stessa civile e religiosa.

La pace si costruisce dal basso, partendo dai rapporti interpersonali.

E' inutile pensare a grandi prospettive di pace, se non siamo in pace col nostro vicino, con i nostri familiari, con i nostri compagni di lavoro. Ognuno di noi, quindi, da questo punto di vista ha una precisa responsabilità nella costruzione della pace, anche ai massimi livelli nazionali e internazionali. 10. Fratelli carissimi, la missione dell'apostolo non è facile. Occorre, per essa, un grande amore per l'uomo. Ma, nello stesso tempo, è da Dio e non dagli uomini che dobbiamo attendere la nostra ricompensa. Nel lavoro dell'apostolo, spesso si è abbandonati dagli uomini, anche se possono restare alcune poche amicizie, come abbiamo visto nell'esperienza di san Paolo, nella prima lettura. "Tutti mi hanno abbandonato", dice Paolo (2Tm 4,17). Siamo disposti a seguirlo in ciò? Egli pero aggiunge: "Non se ne tenga conto contro di loro. Siamo pronti ad imitarlo anche in questo? Tutto sta a vedere per chi lavoriamo. Se lavoriamo per il Signore, in lui - come fa Paolo - troveremo la nostra forza e la nostra consolazione.

Diversamente, scenderemmo a compromessi e non saremmo capaci di una piena fedeltà a Dio. L'intercessione di san Paolo e di san Luca ci ottengano da Dio questa forza! Amen.

Data: 1986-10-18 Sabato 18 Ottobre 1986




Saluto alla cittadinanza in Piazza della Signoria - Firenze

Una nuova rinascita spirituale e morale


Signor ministro, signor sindaco, carissimi fratelli e sorelle di Firenze.


1. Ho ascoltato con interesse le nobili espressioni con le quali il signor ministro ha voluto gentilmente recarmi il saluto del presidente della Repubblica Italiana e del Governo, come pure quelle, non meno deferenti ed elevate, che il signor sindaco mi ha rivolto a nome anche della cittadinanza fiorentina, delle cui attese e speranze si è reso interprete e portatore. Desidero manifestare la mia sincera gratitudine per questo atto, che rivela ancora una volta il senso innato dell'ospitalità tanto sentita tra le schiette e leali popolazioni toscane. Rivolgo, poi, il mio saluto riconoscente al caro arcivescovo, card. Silvano Piovanelli, alle autorità civili e militari e a tutte le personalità che con la loro presenza hanno voluto rendere più solenne e significativo questo incontro. Saluto, infine, anzi apro il mio cuore a voi tutti, Fiorentini, che affollate questa stupenda piazza e rendete così festoso questo mio primo approccio con la comunità cristiana che vive la propria fede a Firenze, in questa città che, per la sua bellezza e per le sue civilissime tradizioni artistiche e religiose, costituisce un punto di approdo per tutti gli uomini, specialmente per quelli che si sentono più strettamente legati alle comuni radici della cultura europea.


2. In questo contesto si inserisce l'opportuna iniziativa della Comunità Economica Europea di proclamare Firenze capitale europea della cultura per il corrente anno, dopo che nel 1985 era stata designata Atene, il celeberrimo centro del mondo classico ed ellenico. I legami che uniscono Firenze ad Atene sono ben noti. L'età dell'Umanesimo e del Rinascimento fiorentino fu stagione fertile e luminosa, anche se non priva di inquietudini, e incise profondamente nell'assetto civile, sociale e spirituale dell'Occidente. Come ebbi a dire nel discorso ai vescovi della Toscana, in occasione della recente visita "ad limina": "Senza Firenze e la Toscana il mondo sarebbe stato diverso e oggi apparirebbe umanamente più povero" (14 giugno 1986). Ma fu dallo studio e dall'amore degli antichi che Firenze seppe trarre una simile vastità d'interessi e un così profondo senso della dignità dell'uomo. Con la mirabile varietà delle sue realizzazioni artistiche e intellettuali: da Giotto a Masaccio, da Leonardo a Donatello, al Ghiberti e a tutti gli altri grandi dell'arte e della letteratura, a partire da Dante, che con la sua "Divina Commedia" doveva consacrare il volgare in un'opera di poesia senza pari e fare del fiorentino la lingua nazionale, Firenze non ha mai cessato di affascinare intere generazioni. Tale cultura, non essendo limitata alle sole espressioni artistiche, ha fatto da fermento in tutti i campi del sapere, aprendo la via alla scienza moderna con Galileo Galilei, il quale, al di là delle note difficoltà nell'interpretazione della Bibbia, tenne sempre ben ferma la premessa che la scienza e la fede, se autenticamente intese, non possono mai essere in contrasto o in contraddizione, perché provengono da un medesimo Autore, che è Dio stesso.


3. Carissimi Fiorentini, in quest'anno durante il quale gli occhi di tutti sono rivolti a questa città, capitale della cultura, sappiate trovare una più intensa spinta interiore per testimoniare davanti al mondo la continuità delle antiche tradizioni civili e cristiane della vostra terra, e per tutelarne i valori fondamentali. Custodite con fierezza le riserve geniali e spirituali che sono state depositate nelle vostre coscienze. La vostra tradizione culturale non deve essere solo, come del resto non è, puro e semplice oggetto di contemplazione e di orgoglio, ma sorgente viva di ispirazione e di impegno; stimolo a una ricerca sincera dei valori universali, che essa racchiude e illustra; studio e sforzo per rivivere ed emulare la grandezza spirituale di un tempo e per bandire da voi ogni forma di criticismo sterile e di materialismo opaco. Se il Rinascimento fu una delle epoche più luminose della storia fiorentina, quell'esperienza singolare non può rimanere senza un messaggio anche per voi, Fiorentini del 1986. Oltre all'invito a saper apprezzare e coltivare i nobili valori dello spirito, incarnati nelle lettere e nelle arti, essa vi richiama alla necessità di una continua rinascita spirituale e morale, secondo la celebre espressione di san Paolo agli abitanti di Efeso: "Rinnovatevi nello spirito della vostra mente" (Ep 4,23). Vi esorta a ritrovare le energie interiori dello spirito, che la tradizione cristiana ha inserito nel vostro tessuto culturale e sociale, e ad acquistare sempre più chiaramente la coscienza che voi siete chiamati a irradiare nel mondo quei valori immortali così luminosamente proclamati dai vostri santi e dai vostri grandi, che dai mausolei della Chiesa di Santa Croce non cessano di stimolare gli animi "a egregie cose" (U. Foscolo, "I Sepolcri", 151). In tal modo l'anno della cultura sarà occasione davvero unica per dare un più sicuro orientamento alla vostra vita e per trarne un invito persuasivo all'arricchimento delle vostre persone, del vostro modo di pensare e della vostra condotta quotidiana; e sarà realmente fecondo di luce, di reciproca comprensione nei rapporti umani e di dedizione sincera nella missione che il Signore ha affidato a ciascuno. Invoco la divina assistenza sulle autorità perché il Signore conceda a quanti hanno responsabilità pubbliche saggezza e forza d'animo nella solerte e assidua promozione del bene comune. E a Dio elevo pure la mia preghiera per l'intera cittadinanza perché si sviluppi sempre più quella leale e fattiva concordia che è necessaria per il pacifico progresso sociale e civile, degno delle tradizioni umane e cristiane della città del Fiore. Firenze, città incomparabile per ricchezza d'arte e di storia, il tuo passato glorioso ti onora e ti obbliga. Sii sempre all'altezza delle tue tradizioni, per non deludere quanti ti ammirano nella generazione di oggi, per non defraudare del tuo insostituibile apporto gli uomini e le donne della generazione di domani!

Data: 1986-10-18 Sabato 18 Ottobre 1986




Saluto ai fanciulli nel Battistero di San Giovanni - Firenze

Chi è amico di Gesù non ha paura di nulla


Carissimi bambini.


1. Che gioia incontrarvi, in questo antico e splendido Battistero, dove probabilmente alcuni di voi, mediante l'acqua battesimale, sono rinati a vita nuova come figli di Dio e discepoli del Signore Gesù. Vi saluto con grande affetto. So quanto bene vogliono i bambini al Papa. E io vi voglio tanto bene, perché so quanto Gesù amava i fanciulli e quale amore preferenziale aveva per essi. Come sapete bene, io conto molto sulle vostre preghiere e sui vostri atti di bontà per lo svolgimento del mio ministero, per il bene della Chiesa, per la conversione dei peccatori, per la salvezza del mondo. Sono tra voi per incoraggiarvi ad essere obbedienti ai vostri genitori, docili nei riguardi dei vostri educatori, buoni e gentili fra di voi. Vi esorto in particolare a prepararvi alla vita con impegno, crescendo non solo in età, ma anche in sapienza e grazia.


2. Vorrei invitarvi in modo speciale a conoscere sempre meglio la figura, la vita e le opere di Gesù. Essere amici di Gesù salvatore e redentore! Ecco la meta a cui tendere. Ecco il segreto della vita! Chi è amico di Gesù non ha paura di nulla, cammina sicuro, evita il peccato e migliora sempre di più nel compiere il bene.

Seguire Gesù, certo, non è sempre facile. Richiede sacrificio; bisogna vincere i propri capricci e il proprio egoismo. Ma è la gioia più bella che ci possa essere! Gesù non delude; è un amico fedele, che mantiene le promesse e non vi abbandona nel momento del dolore e della prova. E' necessario, pero, che anche voi cerchiate di essergli amici sinceri, sforzandovi di non far nulla che possa dargli dispiacere. E' questo l'augurio che vi faccio, cari fanciulli e ragazzi: siate buoni per far contento Gesù. Lui vi vuole santi, cioè veri e perfetti cristiani, come lo sono stati altri vostri coetanei, nati e vissuti in questa città o in altre città d'Italia e del mondo. A tutti la mia affettuosa benedizione.

Data: 1986-10-18 Sabato 18 Ottobre 1986




Al mondo della cultura a Palazzo Vecchio - Firenze

Riconoscere la "via regia" della liberazione da varie schiavitù


Signor ministro! Signor sindaco e autorità di Firenze e della Regione Toscana! Signor rettore dell'Università di Firenze e signor presidente dell'Istituto Universitario Europeo! Parlamentari italiani ed europei! Artisti ed esponenti della cultura fiorentina e ospiti di questa "capitale" culturale di Europa!


1. Voi comprendete quale pienezza di sentimenti invada il mio animo sotto le volte di questo Palazzo e di questo Salone, cuore da secoli della vita civica, sociale, politica, artistica di Firenze, i cui antichi vincoli col centro del cattolicesimo sono affidati indelebilmente alla storia. Vincoli molteplici e, per molti aspetti, singolari, nati da vicende alterne, talvolta anche da scontri fierissimi; ma il senso cristiano della vita, qui assai forte, ha indubitabilmente regnato. Ne rimane imperitura testimonianza negli insigni capolavori dell'arte religiosa che dal centro della cristianità rimandano a questa nobile città, ad opera dei massimi artisti, di origine o di scuola, fiorentini. Io sono grato a voi, illustri e cari signori, che avete avuto la bontà di partecipare a questo incontro e cordialmente vi saluto. Voi sapete quale gioia e quale senso di responsabilità mi procurino nei miei viaggi gli incontri con gli uomini di cultura, che sento a me vicini, in modo particolare per quei rapporti e quella consuetudine che la vita mi ha permesso di avere con gli ambienti di studio e di università. Oggi incontro, con le altre personalità del mondo politico, culturale e artistico, il rettore e i membri del corpo accademico dell'Università di Firenze, e il presidente dell'Istituto Universitario Europeo, che ringrazio per i loro profondi e nobilissimi saluti; trovo poi qui la folta rappresentanza del parlamento europeo. E' un cenacolo di elezione, e il poeta Mario Luzi ne ha finemente interpretato sentimenti e attese. Di tanto sono grato a voi, e al mondo della cultura, che così degnamente rappresentate.


2. Forse da nessun altro luogo come da questa Sala del Consiglio dei Cinquecento è possibile lanciare un messaggio agli uomini, perché sappiano di nuovo riconoscere nella cultura la "via regia" della liberazione dalle varie forme di schiavitù che oggi come ieri, anzi oggi più di ieri, soffocano o minacciano, in una forma o nell'altra, la dignità della persona umana. E' vero che, nel nostro tempo, le città sembrano perdere il loro volto e, più ancora, l'identità interiore forgiata dalla loro storia. Ma non mancano peraltro i segni di un cambiamento di rotta. In reazione al generale livellamento cresce - e, quello che più conta, in proporzione diretta al grado di sviluppo tecnologico - il bisogno di ricercare nel passato i principi di coesione e di ricupero dei valori, senza dei quali tanto ai singoli quanto ai gruppi sociali vengono meno le condizioni di una crescita armoniosa, che integri in sé l'identità individuale e insieme l'apertura verso identità diverse.


3. In questo quadro acquista valore universale l'intuizione della comunità europea di riconoscere, anno dopo anno, come sue capitali culturali le città che hanno elaborato quel patrimonio storico, senza del quale non solo l'Europa ma il mondo intero si sentirebbero impoveriti. Quest'anno il ruolo di capitale europea della cultura è toccato a Firenze. Forse in nessun altro caso è possibile dire, come in questo, che l'archeologia può anche capovolgersi in profezia, che il futuro ha un cuore antico. "Antiquitas saeculi, iuventus mundi". Effettivamente, in questo storico tempio della civiltà fiorentina ci giungono le molte e molte voci che hanno meritato a Firenze l'appellativo di Atene d'Italia. Vediamo convivere armoniosamente in questa città linee architettoniche ardite, eleganti movenze scolpite nella pietra, finezze di cesello, plasticità di figure dipinte in sapienti gradazioni di colori. Il mistero della bellezza, così luminoso nel suo essere e così difficile a tradursi in parole, da Firenze si diffonde in ricchissimi raggi, facendo intuire quell'anelito al divino che anima nell'intimo le espressioni dell'arte. Qui arriva ed echeggia l'altissimo Canto del "poema sacro / al quale ha posto mano e cielo e terra" ("Paradiso", XXV,1-2). La voce di Dante, con i sublimi ritmi poetici e con la visione umano-divina della realtà, sembra riassumere i titoli di grandezza di Firenze: città di scrittori, di letterati, di poeti, di architetti, di pittori, di scultori sommi, depositaria delle glorie italiane.

Si. Insieme con voi io rendo il mio fervido omaggio a Firenze, meritatamente proclamata, quest'anno, capitale europea della cultura. Rendo omaggio alla sua storia, al suo incomparabile patrimonio d'arte, al suo genio creativo. Rendo omaggio, in modo speciale, alle ricchezze d'intelletto, di cuore, di umanità, che un tale patrimonio racchiude ed esprime.


4. Ecco perciò un primo compito della cultura: quello di ricostruire incessantemente la memoria dell'uomo in funzione dei compiti sempre nuovi che lo attendono. Poco fa è stato autorevolmente ricordato, sotto le sue varie valenze, l'umanesimo fiorentino, da cui trasse identità l'Europa moderna. Esso è stato ed è un messaggio per sempre e per tutti, non solo per gli specialisti di ricerca storico-letteraria. Il ritorno ai greci e ai romani non fu una fuga dal presente nel passato, ma, dentro la continuità della tradizione e professione cristiana, il recupero di una ricchezza autenticamente umana per un suo più alto avvaloramento nell'orizzonte della fede. L'umanesimo fiorentino fu perciò un evento profetico, aperto sul futuro.

Vi si coniugavano la santità di Antonino, la spiritualità dell'Angelico, la veemenza del Savonarola, la pluricultura di Leonardo e di Michelangelo.

La vocazione di Firenze a far da "ponte" tra il passato e il futuro segna la sua storia dalle origini ad oggi, ed è forse la vera ragione del fatto che essa presenta, pur nel passare delle stagioni, una specie di essenza immutabile. Già agli inizi del Quattrocento l'umanista Leonardo Bruni, che visse come magistrato in questo palazzo per molti decenni, aveva scritto: "Nec ullus est in universa Italia qui non duplicem patriam se habere arbitretur, privatim, propriam unusquisque suam, publice autem Forentinam urbem". In questa duplice cittadinanza non solo degli Italiani ma degli Europei, Firenze stessa ebbe modo di accorgersi ancora vent'anni fa, quando fu sommersa dall'alluvione: a liberarla dal fango vennero giovani da ogni parte d'Italia e d'Europa e perfino dall'America.

L'uomo ha la sua patria non solo là dove fisicamente è nato e vive, ma anche là dove può leggere, incarnati nelle pietre e nelle tradizioni, i valori che danno senso alla sua vita.


5. In questa prospettiva si coglie il senso profondo della vocazione culturale di Firenze, quale traspare dalla successione delle epoche, collegate in ultima analisi dal filo sotterraneo degli "studia humanitatis", che trovarono il loro centro e il loro simbolo nello "Studium Generale" fondato, come ha ricordato il Rettore, fin dal 1321. "Florentinis ingeniis nil arduum est": questa sentenza, che consacrava l'apparizione del primo libro a stampa in Firenze verso il 1472, può essere applicata, oltre che alla pluriformità della cultura, anche, e forse soprattutto, al suo interiore significato di valorizzazione dell'uomo.

Sta in questo la sua originaria dignità. Le manifestazioni dell'ingegno umano sono una risposta all'iniziale comando del Creatore di "soggiogare la terra". Un comando denso di contenuto, che non si limita a indicare il dominio sui prodotti del suolo, ma comprende tutto ciò che l'uomo può scoprire nell'immensità del creato, e che poi egli elabora con le risorse della sua intelligenza. A rigor di termini non può esservi cultura nel senso pieno, se non nell'ideale collegamento con la dimensione trascendente, che ne riflette la fonte sorgiva e proprio per questo si traduce in onore all'uomo. La Chiesa guarda con simpatia alle molteplici espressioni culturali. E' amica degli uomini di cultura. Favorisce il progresso della cultura. Il tutto nell'intento di servire la grande causa della persona umana. E mi è sommamente gradito riaffermare la solidale alleanza della Chiesa cattolica con la cultura, oggi, qui, in questa città che è, come ho detto facendo eco agli illustri oratori che mi hanno preceduto, patria di una concezione culturale incomparabilmente versatile, aperta alle belle arti, alla poesia, alla letteratura, alla scienza. Il denominatore comune è l'uomo. E l'orizzonte, in cui questa visione si colloca, è l'universalità degli interessi spirituali, a cui l'uomo è chiamato per l'intrinseca vocazione che gli deriva dall'essere l'immagine vivente del Dio vivente.


6. Questa universalità si è impressa a fondo nella vocazione caratteristica di questa città. Se si indagano le ragioni profonde di essa, basta posare gli occhi sul misterioso dialogo tra la torre di Arnolfo del palazzo civico, e la cupola del Brunelleschi della cattedrale. E' il dialogo calato in forme di bellezza, tra il tempo e l'eterno, tra il regno presente che muove verso il futuro e il regno futuro che viene verso il presente. Non a caso i fiorentini facevano cominciare l'anno dal giorno dell'Incarnazione, e cioè dell'annuncio dell'angelo a Maria, a cui è sacro il tempio più popolare della città, l'Annunziata. così non sfugge l'armoniosa articolazione gerarchica, che a Firenze congiungeva la base al vertice, la bottega dell'artigiano alla cattedrale, il lavoro alla contemplazione.

E bisogna anche ricordare che poche città al mondo sono state così feconde di santi come Firenze.


7. Le glorie ereditate dal passato devono perciò essere sorgente d'ispirazione e di impegno nella ricerca e nello sviluppo dei valori universali. Noi siamo stati chiamati a vivere in un'epoca che, per diversi aspetti, si richiama alle trasformazioni che contrassegnarono l'antico umanesimo. Si ripete oggi, in certo modo, lo spostarsi del polo dell'attenzione dall'Assoluto di Dio al relativo dell'uomo, con le variazioni e sfumature che vi sono ben note, e che fanno parlare di vari umanesimi. In realtà la vera linea di demarcazione è univoca, ha un'identità ben precisa. E' l'ateismo teorico e pratico il quale, con le sue variegate ramificazioni, promette un "regnum hominis" in contrapposizione o in concorrenza con il "regnum Dei". E perciò oggi molti uomini di pensiero, anche non incamminati sulla strada della rivelazione, avvertono con preoccupazione che la proscrizione di Dio comporta un fatale oscuramento della verità e della dignità dell'uomo, e quindi un incessante declino della nostra civiltà. Di una tale situazione si è amorevolmente occupata la Chiesa, come sapete, in quella massima espressione collegiale, che è stato il Concilio Vaticano II. Se ne è occupata anzitutto nell'analisi di se stessa, del piano divino da cui è scaturita, della missione affidatale dal suo fondatore, e, in particolare, del modo con cui assolvere la propria missione in rapporto col mondo del nostro tempo; e perciò si è occupata dell'uomo, tenendo sempre lo sguardo fisso alla sua duplice dimensione: quella trascendente e quella esistenziale, inseparabili in una visione oggettiva e totale dell'essere creato. Si è occupata anche della sua cultura: "E' proprio della persona umana - ha affermato il Concilio - il non poter raggiungere un livello di vita veramente e pienamente umano se non mediante la cultura" (GS 23). Grazie a un concetto molto ampio di cultura, intesa come l'insieme dei valori e dei mezzi con cui l'uomo esprime la ricchezza della sua personalità in tutte le sue dimensioni, la Chiesa attinge alla propria esperienza plurisecolare, non legata a questa o a quella forma di cultura, perché tutte le trascende e a tutte può adattarsi, in un reciproco scambio di valori autentici.

Questi orientamenti possono essere accolti su ogni versante culturale che abbia a cuore l'uomo, il suo genuino progresso, la liberazione dagli incubi e dalle angosce che lo tormentano, l'incremento della speranza.


8. L'uomo! E' questo, in ultima analisi, il primo artefice e beneficiario della cultura. L'uomo storico. L'uomo composto di anima e di corpo. L'uomo santo e peccatore. L'uomo chiamato a collaborare con Dio nel trasmettere la vita e nell'imprimere nelle sue opere il ritmo dell'armonia e della bellezza dello spirito. Come ho detto a Parigi alla sede dell'Unesco, ormai sei anni fa, "l'uomo è sempre il fatto primario: l'uomo è il fatto primordiale e fondamentale della cultura. E, questo, l'uomo lo è sempre: nell'insieme integrale della sua soggettività spirituale e materiale". Da uno svisamento, consapevole o no, di questa visuale sono nate le terribili aporie, a cui è anche stato accennato in questa sede; quando l'equilibrio primordiale dell'uomo tra spirito e materia viene ad essere infranto, si aprono le vie a tutte le prevaricazioni. E' perciò necessario proclamare alto, da questa città dello spirito, che è oggi urgente dovere promuovere con tutti i mezzi la verità sull'uomo. E' un dovere improrogabile. "La verità che tanto ci sublima" ("Paradiso", XXII,42) è un valore incommensurabile. Lo è in se stesso, quale luce dell'intelletto. Lo è nei contesti storici proclivi alla menzogna, facili alla falsificazione, disinvolti nel culto delle mezze-verità o delle pseudo-verità: fenomeni cui sono tributarie quelle forme culturali che riducono l'uomo a una sola dimensione. La verità dell'uomo e sull'uomo ha bisogno di essere annunziata nell'integralità del suo essere finito e del suo destino infinito. Essa è la meta peculiare di coloro che percorrono le strade della cultura, "cercatori della verità", come li ha definiti il Concilio nel Messaggio agli uomini di pensiero e di scienza, "esploratori dell'uomo, pellegrini in marcia verso la luce". L'umanità si trova oggi - alle soglie del duemila - nel travaglio di una mutazione senza precedenti, che non potrà avvenire nel senso della salvezza se non in virtù di una cultura nuova, a dimensioni planetarie. La forza vitale decisiva perché il trapasso da una cultura all'altra avvenga secondo una linea di crescente universalità, è la fede, che, non identificandosi mai con una cultura data, offre all'uomo il punto d'appoggio per sollevarsi oltre l'orizzonte di ciò che sta tramontando. E la verità rivelata, oggetto della fede, sgorga dall'Essere primo e creatore, che è Dio. E il Figlio di Dio, incarnato per la salvezza dell'uomo, si è presentato come la stessa Verità: "Ego sum via, veritas et vita" (Jn 14,6). La via, fuori della quale ci si smarrisce nel labirinto delle contraddizioni e degli interrogativi senza risposta; la verità che ci fa liberi (cfr Jn 8,32); la vita, che assicura all'uomo la dimensione dell'eternità e fin da ora lo colloca in essa col dono della grazia. La ciclopica sintesi che Dante ha dato della vicenda umana, raccogliendovi tutti gli elementi della sapienza biblica, della rivelazione cristiana e della cultura greco-latina, con i fermenti della sua epoca inquieta, nella ricerca d'una liberazione interiore che dalla "selva selvaggia" del peccato conduce alla purificazione via via più intensa e alta fino a immergere in Dio stesso l'uomo - "che solo in lui vedere ha la sua pace" ("Paradiso" XXX,102) - questa sintesi, dico, non si comprende che alla luce del Vangelo, della parola di Cristo accolta come unica salvezza. Salvezza dell'uomo medievale e dell'uomo moderno.


9. In armonia con questi presupposti, che toccano i valori più intimi dell'uomo, sgorga limpida e convincente anche la conseguenza che la cultura è fautrice di pace. E' invito al superamento di ogni dissidio, di ogni lacerazione. Invito che si fa tanto più suadente da Firenze, che è stata ponte ideale di incontro tra cultura e civiltà diverse. Sul piano ecclesiale, ricordo il Concilio di Ferrara-Firenze, che vide qui convenire i rappresentanti di Roma e di Bisanzio, e gli spiriti più alti della cultura teologica greca e latina del tempo, per una composizione tra le due Chiese sorelle, culminata nell'atto del 1439, che se rimase purtroppo poco più che formale rispetto allo scopo prefisso, offerse tuttavia lo spunto per un fecondo incontro tra le due culture con vantaggio per tutta la storia dell'Europa e dell'intero Occidente. Sul piano scientifico ricordo l'opera e l'esempio di Galileo: al di là delle vicende che accompagnarono drammaticamente le sue scoperte, resta il fatto che anche in lui fu esemplare l'armonia tra sapere umanistico e sapere scientifico, tra conoscenza umana e rivelazione divina. La scissione tra fede e scienza da una parte, e tra sapere scientifico e cultura umanistica dall'altra, sarebbe avvenuta dopo: una scissione diventata per noi più minacciosa di quella dell'atomo. Per questa funzione mediatrice di Firenze, che ha offerto all'Italia lo strumento unificante della lingua - ricordo l'eloquente atteggiamento di Alessandro Manzoni -, è particolarmente espressivo ricordare qui, come ho detto, il valore della cultura della pace. Ed è con emozione profonda che ripeto dinanzi a voi questa grande parola, a pochi giorni dall'incontro di Assisi, al quale ho invitato rappresentanti delle confessioni cristiane e di altre denominazioni religiose, allo scopo di implorare dal cielo l'immenso dono della pace. La mia fiducia, la mia speranza, l'augurio più fervido del mio cuore è che questa iniziativa segni uno slancio nuovo nel progresso della mentalità di pace; e anche agli artefici della cultura, al loro genio, alla loro buona volontà vorrei affidare in modo particolare quell'iniziativa. Essi sapranno scoprirvi spunti per improntare le loro imprese all'amore, alla fraternità, alla solidarietà, in una parola, a tutti quei beni di cui è intessuto il supremo bene della pace. Pace, come dono dell'Onnipotente. Pace, come edificio sempre in costruzione ad opera delle menti, dei cuori, delle mani umane. 10. Rifacendomi alle parole del professor Scaramuzzi, e al quadro completo dei progetti, delle finalità, dei problemi dell'Università fiorentina di cui egli è rettore, mi compiaccio anzitutto per la vitalità che l'istituzione manifesta col numero veramente notevole dei suoi alunni, con la serietà degli indirizzi scientifici seguiti dai docenti, con l'ansia di comunicare ai giovani, provenienti da altre regioni d'Italia e anche da nazioni estere, una formazione veramente completa, una vera cultura. A quei cari giovani vorrei assicurare, come è mio dovere e come sempre faccio con loro, che la Chiesa è partecipe delle loro aspirazioni, dei loro ideali, delle loro ansie, oggi tanto spesso pungenti per quella situazione di incertezza che un avvenire senza sbocchi rappresenta per molti di essi. Confido tuttavia che il loro impegno nello studio, sotto la guida dei professori, e le decisioni e le scelte della classe politica facciano si che essi possano guardare serenamente ai compiti che li attendono, e trovare poi adeguate opportunità di immettersi a pieno titolo nelle responsabilità professionali. Nel quadro di una politica culturale che privilegi le più urgenti istanze odierne, e perciò sia profondamente sentita dai giovani, e alla luce degli orientamenti che mi sono permesso di esporre, vorrei rivolgere alcuni voti che ritengo particolarmente importanti. Auspico anzitutto che, nell'attività della ricerca, sia accresciuto il contributo allo studio di problemi fondamentali dell'uomo, affinché siano approfonditi con il contributo delle rispettive competenze specifiche: la protezione dei diritti dell'uomo, in particolare degli emarginati e degli stranieri; l'orientamento dell'industria a fini esclusivamente pacifici; l'elaborazione di una tecnologia che sia adattata all'uso nei Paesi emergenti.

Inoltre è da augurare che non manchino gli sforzi per diffondere le conoscenze umanistiche e scientifiche e per facilitare l'accesso ad esse, affinché sia più ampiamente applicato il diritto alla cultura, come è detto nel Patto dell'Organizzazione delle Nazioni Unite sui diritti economici, sociali e culturali (artt. 13-15). 11. Ma un altro contenuto presenta ancora l'incontro odierno, sul quale non vorrei tacere: la partecipazione dei deputati del Parlamento Europeo, nel quadro della proclamazione di Firenze come capitale culturale d'Europa. Li ho già nominati con vivo piacere all'inizio; e il significato della loro presenza è già stato enucleato a vari livelli, in questa sede prestigiosa, né vorrei insistervi oltre.

Ma non posso esimermi - davanti a rappresentanza così eletta e così numerosa del massimo organismo della comunità europea - dal ricordare ancora una volta le radici cristiane dell'Europa, alle quali la Sede apostolica non ha mancato di richiamarsi per avvalorare la coscienza della comune matrice; né dal sottolineare l'impegno a conservare quella fisionomia, che ha profondamente impregnato le forme della vita pubblica, della cultura, dell'arte, della letteratura in Europa.

Mi basta ricordare, peraltro, come simbolo e pegno di questa continuità spirituale, la proclamazione di san Benedetto e dei santi fratelli Cirillo e Metodio a patroni d'Europa; e affido ancora una volta a quei grandissimi geni di fede e di cultura, a quei potenti intercessori nella Chiesa di Dio, le sorti future del nostro antico continente, che tanto ha ancora da dire e da dare all'umanità di oggi. E, come da Santiago di Compostela, nel 1982, io ancora oggi da Firenze grido all'Europa: "Ritrova te stessa. Sii te stessa. Riscopri le tue origini.

Ravviva le tue radici. Torna a vivere dei valori autentici che hanno reso gloriosa la tua storia e benefica la tua presenza negli altri continenti... Tu puoi essere ancora faro di civiltà e stimolo di progresso per il mondo" (9 novembre 1982).


12. Illustri e cari signori. Nella notte natalizia del 1966, Paolo VI, pellegrino a Firenze ancora dolorante per le ferite dell'inondazione, lascio ai fiorentini questa consegna: "La vostra vocazione è nello spirito; la vostra missione e nel diffonderlo". E' la consegna che Firenze trasmette agli uomini della cultura e che gli uomini di cultura - ne sono certo - accolgono con simpatia. L'omaggio reso alla culla dell'umanesimo non è un atto puramente simbolico, ma l'espressione della volontà di contribuire alla costruzione di quell'umanesimo plenario che deve imporsi sulle conquiste della tecnica come solida base della civiltà in questo scorcio di secolo. Questo sia il frutto a più ampio raggio dell'odierna celebrazione fiorentina, con la benedizione di Dio, creatore e redentore dell'uomo, che invoco di gran cuore sulle vostre persone e sul mondo della cultura.

Data: 1986-10-18 Sabato 18 Ottobre 1986





GPII 1986 Insegnamenti - Ai sacerdoti e religiosi in cattedrale - Fiesole (Firenze)