GPII 1986 Insegnamenti - A sacerdoti, religiosi e laici nella cattedrale - Firenze

A sacerdoti, religiosi e laici nella cattedrale - Firenze

Siate l'anima del fermento cristiano contro il materialismo


Signor cardinale, carissimi sacerdoti, religiosi, religiose, carissimi fratelli e sorelle della Chiesa di Dio che è in Firenze!


1. E' con grande gioia che rivolgo un affettuoso saluto a tutti voi, raccolti in questa solenne e sacra cornice artistica, che è la vostra splendida cattedrale di Santa Maria del Fiore, espressione del genio e della fede del popolo di Firenze.

Saluto il vostro arcivescovo, card. Silvano Piovanelli, e i vescovi della Toscana, incontrati recentemente a Roma per la visita "ad limina": con loro abbiamo ricordato i fermenti di vita e le figure, che hanno illuminato in passato questa vostra Regione. Saluto i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i diaconi, i seminaristi, i membri della comunità per il diaconato permanente, gli uomini e le donne responsabili e rappresentanti delle associazioni e dei movimenti, e i membri dei consigli pastorali delle varie parrocchie dell'arcidiocesi.

Sono lieto di trovarmi in questa città, che offre tanti motivi di ammirazione e di meditazione: ad ogni angolo troviamo frammenti di storia cristiana, riflessi nei suoi monumenti, nelle facciate dei suoi palazzi, delle innumerevoli opere d'arte, delle quali Firenze è straordinariamente e singolarmente ricca e gelosa custode. Ai monumenti di pietra, alle chiese si aggiungono quelli, più sublimi, della dottrina e della poesia; basterebbe ricordare Dante Alighieri; si aggiungono esempi di santità e di saggezza, che riecheggiano nelle belle tradizioni, nelle feste, nelle istituzioni, in mille iniziative benefiche. Questa città ha un messaggio che resta inconfondibile e fedelmente trasmesso. Per fermarlo bisognerebbe cancellare Firenze. E infatti, proprio in anni non lontani, due violenti e pericolosi flagelli minacciarono di seppellire la città: la seconda guerra mondiale e l'inondazione dell'Arno. Firenze risorse dalle rovine belliche con rinnovata vitalità; e seppe liberarsi, poi, con coraggio altrettanto indomito, dal fango limaccioso. Ma consentitemi di ricordarvi che, anche in queste due vicende, come nel passato, ci furono uomini capaci di mantenere accesa la fiaccola della fede, della libertà, della civiltà fiorentina, che è civiltà cristiana. Voi stessi avete recentemente segnalato alla Sede apostolica il card. Elia Dalla Costa, don Giulio Facibeni, il sindaco Giorgio La Pira, perché siano proposti come esemplari di vita cristiana. Con questi potrei ricordare altri nomi, che voi portate nel cuore e rimangono gloria di Firenze: ma non posso dimenticare il card. Benelli, caduto sulla breccia del suo instancabile apostolato. Essi hanno camminato con voi in queste strade, con voi hanno pregato in questa cattedrale, con voi hanno vissuto e sofferto i momenti lieti e tristi, fecondi e inquieti della vita religiosa e sociale. Inevitabilmente, con la vostra esistenza, voi dovrete completare la pagina di storia, che essi hanno iniziato; e lo farete, confrontandovi con gli eventi che avete attraversato e con le insidie che minacciano oggi la missione storica e religiosa di Firenze. C'è infatti una cultura di morte, che qui ha raggiunto impressionanti livelli di contaminazione, soffocando le vite indifese ancora nel grembo materno e diffondendo in un commercio nefando, specie tra i giovani, la droga, che provoca distruzione, avvilimento e anche tragiche delusioni. C'è un invadente materialismo, teorico e pratico, che chiude gli orizzonti dello spirito e della trascendenza.


2. Voi, carissimi sacerdoti e religiosi, siete chiamati a sostenere la civiltà dell'amore e della vita, ad essere l'anima del fermento cristiano, le guide negli orizzonti della fede. Siete partecipi del sacerdozio ministeriale di Cristo, rappresentate e rendete visibile il Cristo! C'è oggi urgente necessità di una nuova evangelizzazione. Parlo di "urgenza", perché il momento che attraversiamo ci stimola a non lasciar cadere i segni di ripresa, che si vanno manifestando.

L'arcidiocesi di Firenze ha - come ben sapete - possibilità incoraggianti, ha energie vivaci, che aspettano di esprimersi.


3. Affinché la vostra azione pastorale sia incisiva e feconda, i sacerdoti diocesani devono essere uniti tra di loro e col vescovo, e sentirsi corresponsabili del bene di tutta la diocesi. Voi costituite "un solo presbiterio e una sola famiglia, di cui il vescovo è il padre" (CD 28). Voi amate il vostro arcivescovo, il carissimo card. Silvano Piovanelli, e vi sentite legati da autentica amicizia e da reciproca stima. Ma egli deve sentirvi in sintonia, concretamente e corresponsabilmente uniti a lui nell'attività pastorale.

Che si possa ripetere di voi quanto scriveva sant'Ignazio di Antiochia ai cristiani di Efeso: "Il vostro collegio presbiterale, giustamente famoso, degno di Dio, è armonicamente legato al vescovo come le corde alla cetra" ("Ad Ephes.", IV, 1). L'unità vicendevole porterà una nuova primavera di fede e di carità. E sentitevi fraternamente legati tra voi, con le conseguenze che l'amore vicendevole comporta nelle celebrazioni, nelle attività pastorali, come nella soluzione dei problemi di carattere economico. La solitudine, l'invecchiamento, la malattia dei confratelli trovino nei rapporti interpersonali la vostra risposta cristiana. Riscoprite tutta la ricchezza della verità dell'unità: "da questo riconosceranno che siete miei discepoli, se vi amerete gli uni gli altri" (Jn 13,34-35). "I singoli presbiteri - ci ricorda il Concilio Vaticano II - sono... legati ai confratelli con il vincolo della carità, della preghiera e dell'incondizionata collaborazione, manifestando così quell'unità con cui Cristo volle che i suoi fossero una sola cosa affinché il mondo creda che il Figlio è stato inviato dal Padre (Jn 17,23)" (PO 8).


4. Anche le comunità religiose sono inserite nella diocesi vitalmente e organicamente: e i religiosi, pur mantenendo l'originale specificità del loro carisma, sono membri dell'unico presbiterio col vescovo, che è il perno insostituibile della pastorale diocesana. I vincoli di fraternità e di collaborazione tra il clero diocesano e le comunità religiose irrobustiranno la coscienza della Chiesa particolare; sarà così più semplice e più facile ad ognuno rendere e chiedere servizi con animo lieto, incrementare la collaborazione e amare la comunità umana ed ecclesiale (cfr "Mutuae Relationes", II, cap. VI, 37).

Carissimi religiosi di Firenze, siate sempre disponibili nella pastorale d'insieme della diocesi, in particolare i ministeri della direzione spirituale e del sacramento della Riconciliazione: sappiate attendere, ascoltare, comprendere.

Riconoscete e facilitate con gioia ai fedeli il diritto di questa funzione liberatoria e consolante, qual è il sacramento della misericordia divina.


5. Desidero rivolgere anche un particolare pensiero alle religiose presenti. Nella Chiesa, carissime sorelle, voi incarnate il compito di Maria santissima. Avete un ruolo insostituibile specialmente negli ambiti tipici, corrispondenti ai vostri carismi e alla vostra sensibilità. La vostra collaborazione è quanto mai preziosa e apprezzata nel campo della catechesi, dell'assistenza agli infermi, agli anziani, agli handicappati; in quello dell'educazione e della formazione cristiana della gioventù nelle scuole e nei collegi. A voi, religiosi e religiose, desidero ricordare che la professione religiosa "crea un nuovo legame con Dio uno e trino, in Gesù Cristo. Questo legame cresce sul fondamento di quel vincolo originale, che è contenuto nel sacramento del Battesimo. La professione religiosa "ha le sue profonde radici nella consacrazione battesimale, e ne è una espressione più perfetta"" (PC 5). In tal modo essa diventa, nel suo contenuto costitutivo, una nuova consacrazione: la consacrazione e la donazione della persona umana a Dio, amato sopra ogni cosa" ("Redemptionis Donum", 7). Vivete giorno per giorno tale vostra consacrazione e donazione a Dio!


6. Carissimi sacerdoti e religiosi, la Chiesa ha immenso bisogno di voi, che siete i ministri dell'Eucaristia, e donate ai fedeli l'Autore stesso della grazia e della vita dell'anima. Abbiate cura delle vocazioni che sono la garanzia del futuro della Chiesa. Una comunità diocesana senza vocazioni sacerdotali e religiose è come una famiglia senza figli; la vitalità spirituale di una diocesi si misura dalla fecondità delle sue vocazioni. Il seminario abbia un posto privilegiato nel vostro cuore e nelle vostre premure. Esso è la primavera e la speranza della comunità diocesana. Riservate per i seminaristi le attenzioni migliori. Date fiducia alla loro giovinezza, alla loro anima aperta alla bellezza e all'ideale! E a voi, seminaristi, presenti a questo nostro incontro, va il mio più cordiale pensiero e il mio affettuoso augurio per la vostra preparazione al sacerdozio. Ho anche sentito con soddisfazione che c'è un lembo della diocesi fiorentina nel lontano Brasile a Sao Salvador da Bahia. Vogliamo insieme oggi mandare un sincero saluto anche ai sacerdoti fiorentini che sono laggiù e lo estendiamo anche a tutti i missionari di Firenze, che sono sparsi per i continenti a portare il messaggio di Cristo a tutti gli uomini! Penso con piacere e con apprezzamento alle generose e opportune iniziative a cui avete dato vita, nel mondo della cultura, della carità, dei giovani, degli emarginati, dei fratelli bisognosi. So del vostro impegno per la costruzione di nuove chiese; dei contatti coi fratelli di altre correnti religiose; dell'accoglienza agli immigrati, ai turisti, agli studenti. In tutta questa attività pastorale sappiate far emergere l'identità del sacerdozio comune dei fedeli e la crescita del laicato. Promovete sinceramente la dignità dei laici e la parte che ad essi compete nella missione della Chiesa. Scoprite con senso di fede i carismi, sia umili che eccelsi, che sotto molteplici forme sono loro concessi dallo Spirito Santo. Tutto questo dimostrerà la vostra fedeltà al Concilio Vaticano II e sarà motivo di incoraggiamento nella preparazione spirituale del prossimo Sinodo dei vescovi. Carissimi sacerdoti e religiosi di Firenze! Voi possedete "un sacerdozio che non tramonta"; vi auguro che possiate viverlo in pienezza con la generosità dei vostri santi. Verificatene l'identità e la limpidezza nella filiale devozione alla santissima Annunziata: da lei, Vergine Madre, otterrete la sapienza, e sotto la sua materna salvaguardia la sicurezza, per essere fedeli custodi e testimoni coraggiosi dell'autentico messaggio di Gesù Cristo, custodendolo da interpretazioni individualistiche e da ristrette, illusorie prospettive, e garantendone la genuinità e l'universalità.


7. Il richiamo al prossimo Sinodo dei vescovi, che verterà sulla missione dei laici, mi offre la gradita occasione di rivolgere un particolare pensiero agli uomini e alle donne, responsabili e rappresentanti di tutte le molteplici associazioni e movimenti ecclesiali, come pure ai membri dei consigli pastorali delle parrocchie di tutta la vostra comunità ecclesiale. Non solo la vostra arcidiocesi, ma la Chiesa tutta attende molto da voi, carissimi fratelli e sorelle, dal vostro impegno, dal vostro entusiasmo, dalle vostre energie, dalla vostra consapevolezza della corresponsabilità per lo sviluppo e la crescita della Chiesa di Dio, al fine di realizzare e vivere quell'"animazione cristiana dell'ordine temporale", indicata dal Concilio Vaticano II come compito proprio e specifico del laicato cattolico: "Ai laici tocca assumere la instaurazione dell'ordine temporale come compito proprio e, in esso, guidati dalla luce del Vangelo e dal pensiero della Chiesa e mossi dalla carità cristiana, operare direttamente e in modo concreto; come cittadini cooperare con gli altri cittadini secondo la specifica competenza e sotto la propria responsabilità; cercare dappertutto e in ogni cosa la giustizia del regno di Dio" (AA 7).


8. Concludendo queste riflessioni, auguro di cuore che questa vostra stupenda cattedrale, con la impareggiabile cupola del Brunelleschi, sia il segno visibile della bellezza, dell'armonia, della concordia di tutte le varie componenti della Chiesa di Dio che è in Firenze altrettanto ammirata e amata nel mondo.

Con tali auspici imparto a voi tutti la benedizione apostolica, che estendo a tutti i fedeli dell'arcidiocesi, ai vostri cari, ai vostri progetti, ai vostri ideali, ai vostri propositi, alle vostre speranze! Amen!

Data: 1986-10-18 Sabato 18 Ottobre 1986




Ai parlamentari europei del Partito Popolare - Firenze

I valori del cristianesimo alla base del vostro impegno


Signore, signori. Sono felice di rispondere al vostro desiderio di avere un incontro speciale, seppur breve con me. So che il vostro gruppo di parlamentari del Partito popolare europeo ha appena organizzato un seminario sulla dignità dell'uomo e il diritto alla vita nei paesi della comunità europea. Vi incoraggio volentieri a proseguire questo lavoro e questa testimonianza. Democratici cristiani, voi siete attaccati alla democrazia, al senso di una partecipazione libera e corretta dei cittadini alla vita della comunità politica, al servizio del bene comune di tutti (cfr RH 17). Di fronte a troppi regimi totalitari o anarchici, nei quali il potere è imposto da un gruppo determinato o in favore di un gruppo ristretto, voi ci tenete, a buon diritto, a una preparazione legale dell'opinione pubblica, a un'espressione libera dei voti nelle elezioni, a una giusta ripartizione del potere in funzione della scelta dei cittadini, alla libera difesa, nei dibattiti parlamentari, di ciò che vi sembra il bene profondo del popolo, alla realizzazione di strutture di partecipazione, all'iniziativa di corpi intermediari, a un'applicazione equa delle leggi, nel rispetto delle persone, delle loro convinzioni e dei loro diritti fondamentali. Ma conformemente al carattere dei vostri partiti, più o meno legati alla Democrazia cristiana, i valori spirituali e morali del cristianesimo devono ugualmente determinare il vostro impegno politico. Ne evoco alcuni. Avete un senso acuto della dignità dell'uomo, di ogni uomo, compatriota o lavoratore immigrato, delle condizioni equanimi della sua vita, del suo lavoro, con la preoccupazione di mettere il progresso economico al servizio dell'uomo. Voi siete desiderosi di facilitare alle famiglie, cellule base della società, la loro vita nella pace e nell'unione e il compimento dei loro compiti essenziali di sposi, di genitori, di educatori. Voi siete al primo posto fra coloro che proteggono il diritto alla vita, fin dal concepimento, e a tutte le età della vita, e anche tutto quanto concorre la dignità etica della vita. La vostra azione nel quadro della democrazia mira a promuovere tali beni nel testo delle leggi che voi preparate e discutete, mantenendo la preoccupazione di ciò che l'applicazione delle leggi comporta concretamente nei costumi. La vostra coscienza di cristiani dell'Europa, alle radici delle sue culture, e quindi alla coerenza e alla dignità del suo avvenire. Formulo i migliori voti perché il vostro contributo sia efficace e fonte di progresso sociale e morale, e benedico di cuore le vostre persone e le vostre famiglie.

Data: 1986-10-18 Sabato 18 Ottobre 1986




Alle monache di clausura, in San Salvatore - Firenze

Voi siete il cuore di Firenze


Sorelle carissime.


1. Avete lasciato per poche ore il severo e dolce ritiro della vostra clausura, mosse dal desiderio di manifestare al Papa la vostra costante adesione al suo magistero e la vostra specifica cooperazione al suo ministero. Vi saluto cordialmente: voi siete il cuore di Firenze. Mi hanno detto che i vostri monasteri, sotto vari titoli, sono quasi tutti dedicati in onore della Madonna, e uno è dedicato alla S. Croce. Ne traggo motivo per invitarvi a vivere sempre il grande mistero del Crocifisso, "Redentore dell'uomo, di ogni uomo, di tutto l'uomo", con i sentimenti di sua Madre. E' questa la testimonianza che attende da voi l'umanità di oggi.


2. Appartenete a Ordini religiosi, nei quali avete validi modelli di questa efficace testimonianza evangelica nei vostri fondatori: san Benedetto, san Domenico, san Francesco, santa Chiara, santa Teresa di Gesù e santa Maria Maddalena de' Pazzi. Ispiratevi a loro per attuarla con generosità, liete di dedicare l'intera vostra vita alla preghiera e alla contemplazione. E date questa testimonianza - aperta di per sé a tutta la Chiesa e al mondo intero - all'interno della Chiesa diocesana nella quale siete inserite. Che il vostro amore al Signore, la vostra oblazione, la vostra incessante preghiera si facciano carico dei problemi e delle aspirazioni apostoliche di questa diocesi, che ha nei suoi confini tanti monasteri. E che la vostra presenza sia un segno di luce e di fiducia per tutti i suoi fedeli. Vorrei raccomandare alle vostre preghiere, fervorose e incessanti, tre speciali intenzioni: l'autentica formazione dottrinale e ascetica nei seminari, come ho avuto modo di spiegare ultimamente ad Ars, durante la mia visita pastorale alla parrocchia di san Giovanni-Maria Vianney; l'indefettibile perseveranza dei sacerdoti nei loro doveri di personale santificazione e di generoso ministero, accettando con fiducia e coraggio le difficoltà dei nostri tempi; e infine l'opera di evangelizzazione e di rievangelizzazione del mondo, affinché tutti possano conoscere Gesù Cristo, rivelatore del Padre e redentore dell'umanità, e conoscendolo, possano seguirlo, amarlo e testimoniarlo. Di cuore vi benedico, rivolgendo il mio pensiero anche alle vostre consorelle rimaste in clausura.

Data: 1986-10-19 Domenica 19 Ottobre 1986




Agli ammalati e ai volontari - Firenze

Maria primo e inarrivabile modello di volontariato


Fratelli e sorelle, carissimi ammalati, cari volontari, impegnati nelle organizzazioni caritative e sociali della città.


1. Vi saluto tutti, uno per uno, con grande affetto nel segno dell'amore di Cristo, che ci ama senza limiti. Sono veramente lieto di trovarmi tra di voi oggi, qui a Firenze, sotto le volte di questa stupenda chiesa mariana della santissima Annunziata, resa più bella dal recinto armonioso della Piazza omonima, dove, a completare l'armonizzazione, s'allinea lo "Spedale degli Innocenti".

Tale complesso di edifici, così caro al cuore dei fiorentini, e dove una lunga serie di sommi artisti hanno avuto modo di esprimere la grandezza del loro genio e la sincerità della loro fede in tutte le manifestazioni dell'arte, c'invita a elevarci dalla terra verso il Padre comune attraverso la catena della fraternità umana, legata all'esempio della Madre di Dio e degli uomini.

Questa fuga di archi che, facendo quadrato, sembrano darsi la mano sulle agili colonne, prima di prendere il volo verso l'alto, è il simbolo visibile della Firenze cristiana. Fin dai tempi antichi la Città del fiore, quest'anno capitale europea della cultura, è stata insieme città di Maria e centro di carità evangelica verso i più deboli e i più indifesi. Nel prendere atto di questa lunga e gloriosa storia del passato, noi dobbiamo trarre motivo di fiducia per l'avvenire, orientamento e sprone alla nostra attività.


2. Non è per caso che noi oggi siamo convenuti qui, in un luogo sacro dedicato al titolo di una Donna, che è stata oggetto di una eccezionale e divina comunicazione. Il nome stesso della chiesa richiama subito alla mente il capitolo del Vangelo di san Luca, là dove l'arcangelo Gabriele si presenta a nome di Dio alla giovane Vergine di Nazaret per darle l'annuncio che il Figlio di Dio è divenuto Figlio dell'uomo, perché il figlio dell'uomo diventi figlio di Dio.

Maria, dopo avere accolto lo straordinario messaggio, si mette in cammino verso la cittadina di montagna per recarsi presso un'altra donna che viene a trovarsi nel bisogno. In questa densa e sublime pagina evangelica, Maria si presenta agli uomini di ogni tempo quale primo e inarrivabile modello del volontariato e della misericordia. Con la prontezza del suo "Eccomi, sono la serva del Signore", si offre liberamente a collaborare alla realizzazione del piano divino, rivolto alla salvezza degli uomini. Aperta al dinamismo dell'iniziativa di Dio, non rimane passiva, ma, sintonizzandosi col disegno salvifico, entra senza indugio in azione, e corre a dare il contributo della sua femminile e sollecita assistenza a una donna anziana divenuta madre oltre le leggi della natura. Avendo la chiara percezione che la "misericordia" di Dio si stende "su quelli che lo temono", ella, in realtà, entra attivamente nella storia della Chiesa, si mette in cammino accanto agli uomini, divenuti suoi figli, per essere segno di questa divina misericordia. E così, materna ispiratrice di vocazioni e distributrice di grazie, si colloca alla testa di una schiera di volontari, che da duemila anni formano l'ininterrotta catena della solidarietà cristiana a servizio del prossimo.


3. Cari fratelli e sorelle, è con profonda soddisfazione che noi constatiamo un primato di carità evangelica qui, a Firenze, con l'iniziativa della Confraternita di Santa Maria della Misericordia, nata in età medievale col fine specifico di dare testimonianza di fede attiva e concreta, occupandosi dei fratelli in difficoltà: malati, appestati, fanciulle povere, orfani, vedove, carcerati, pellegrini. Pronti e generosi, i fiorentini furono larghi di aiuti, perché la nuova associazione potesse avere una degna sede e svilupparsi come istituzione cittadina. E mentre in altri centri analoghe confraternite non ebbero vita lunga, a Firenze la Misericordia è rimasta viva ed efficiente, ispirando fondazioni sorelle in Italia e nel mondo e rappresentando nella Chiesa una delle più grandi associazioni formative e sociali del volontariato. Viene allora da chiedersi: quale fu e dovrà ancora essere il segreto di tale vitalità? Senza dubbio il fatto che Firenze, nella sua storia gloriosa e secolare, non ha mai scisso il binomio cultura e umanesimo cristiano. Quel tipo di cultura che, da una parte si eleva alle vette dell'arte, dall'altra sa calarsi verso l'abisso delle miserie dell'uomo, è senza dubbio umanesimo ispirato a Colui il quale, essendo nello splendore di Dio, dopo essere sceso al livello della nostra umanità, ha detto di ritenere fatto a se stesso quanto si fa, nel bene e nel male, al fratello. "Io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi" (Mt 25,35-36). Gesù stesso elenca quelle che la pietà cristiana chiama opere di misericordia. Una città che, scuola di geni, si piega con amore e sollecitudine sulle sofferenze degli ultimi e dei più abbandonati suoi figli, e a tale scopo mette in opera la ricchezza delle sue capacità creative per fondare istituzioni adatte, è il tipo di società di cui abbiamo bisogno anche e soprattutto nel nostro tempo, compromesso da troppe spinte cariche di odio, per dar vita, in maniera stabile e definitiva, alla società nuova dell'amore.


4. Una di queste più emblematiche istituzioni fu l'iniziativa a favore della categoria dei più piccoli e bisognosi, alloggiati in un edificio costruito appositamente, ancor oggi conosciuto con la denominazione, ricca di sapore toscano e cristiano, di "Spedale degli Innocenti": i bambini abbandonati dai propri genitori, come dice il testo latino di fondazione, "contro i diritti di natura".

Non fu il semplice brefotrofio per la tutela dell'infanzia derelitta, ma un insieme di reparti, che accoglievano comunità distinte di fanciulli e di fanciulle, locali per il personale e le varie esigenze educative fino all'addestramento artigiano, centro di sperimentazioni anticipatrici. Di fatto, si creo una singolarissima città dei ragazzi "ante litteram", per decisione presa a larghissima maggioranza dal Consiglio del popolo della città di Firenze, come a significare l'impegno di tutta la comunità cittadina. A progettare l'edificio e a rappresentare i momenti caratteristici della vita interna dell'istituzione, furono chiamati pittori e scultori famosi. Sicché lo "Spedale" divenne un complesso monumentale tra i più insigni della città. Il titolo ufficiale dell'insieme era "Santa Maria degli Innocenti", con riferimento esplicito a Colei che dall'alto ha ricevuto la sublime consegna di una nuova esistenza umana. La Madre, infatti, è per natura custode della vita, in nome di quel Dio che, come afferma il libro della Sapienza, "non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutto per l'esistenza" (Sg 1,13-14)


5. Questo messaggio biblico richiama a riflettere anche sulla condizione degli esseri umani in via di formazione, destinati alla pienezza dello sviluppo, anzi a partecipare alla vita stessa di Dio, e che hanno bisogno quant'altri mai della solidarietà sociale per prevenire al loro fine naturale. Purtroppo noi assistiamo allo spettacolo frequente di una prassi volta a troncare con la violenza il cammino di tante piccole vite umane, ancora non nate. E il cristiano, educato alla scuola dell'annuncio dell'arcangelo a Maria, alla realtà di Cristo che è la Vita fatta vita umana, non può rimanere indifferente e inerte di fronte a una simile crescente tragedia. Conforta la constatazione che non mancano uomini e gruppi impegnati a favore della vita nascente: come il Movimento per la vita, che ha avuto origine o almeno il suo decisivo impulso a Firenze, ispirato alla grande tradizione cristiana, umanistica e culturale della storia cittadina. A tutti costoro, a tutti i Centri di aiuto alla vita va il mio cordialissimo e forte incoraggiamento.


6. Non posso chiudere queste mie considerazioni senza aggiungere che, per l'esercizio della carità e dell'attività sociale, la solidarietà cristiana ha trovato sempre il suo naturale supporto nel volontariato, ossia in coloro che, al di là dell'impegno nel proprio dovere professionale, offrono il loro tempo libero, in maniera evangelicamente disinteressata, a favore del prossimo sofferente.

Ogni credente, che nella profondità del cuore ha meditato il senso delle parole di Cristo, non ha difficoltà a sentirsi interpellato in prima persona a venire incontro alle esigenze del fratello, si tratti di dolore fisico o di sofferenza morale e spirituale. Ad addolcire l'oceano del male umano l'iniziativa individuale è insostituibile per giungere alla persona del sofferente in quanto persona. Tuttavia le attività organizzative sono sempre utili e anzi necessarie là dove il bisogno esige larga cooperazione e uso di mezzi tecnici o finanziari superiori alle possibilità private, che rimangono non di rado limitate a un impegno occasionale (cfr. "Salvifici Doloris", 29). Cari fratelli e sorelle, nel rivolgervi il mio saluto di commiato, vi esorto vivamente a ispirarvi al modello della santissima Annunziata. Voi, cari ammalati, non dimenticate che il dolore, insieme con il suo carico di sofferenza fisica e morale, nasconde una forza vitale che, se cristianamente offerta, contribuisce immensamente al bene e al rinnovamento del mondo. A voi, cari volontari delle diverse associazioni, auguro la prontezza e la generosità di Maria santissima per rendere visibile, agli uomini spesso distratti del mondo contemporaneo, l'amore di Dio che vuol dare a tutti la gioia della sua stessa vita. Vi benedico tutti di cuore.

Data: 1986-10-19 Domenica 19 Ottobre 1986




Ai giovani prima dell'Angelus, Piazza Santa Croce - Firenze

Giovani, umanizzate la terra


Carissimi amici giovani!


1. A voi tutti il mio saluto cordiale! Sento i vostri occhi su di me. Voi mi avete rivolto delle domande e ora attendete una risposta. Prima di entrare nel merito delle questioni da voi sollevate, desidero esprimervi subito il mio sincero apprezzamento per la serietà che traspare dai vostri interrogativi. So che le domande proposte da alcuni vostri rappresentanti sono il frutto di intense riflessioni di gruppo, come ha ricordato il vostro arcivescovo, al quale va il mio saluto cordiale come anche a tutti i sacerdoti che collaborano con lui nei gruppi giovanili. In tali formulazioni sono confluite le preoccupazioni, le perplessità, le speranze di moltissimi di voi, testimoniando una volta ancora la viva sensibilità, il grande senso di responsabilità, la generosa disponibilità, che caratterizzano i giovani sempre, direi specialmente i giovani di oggi.

E' proprio per queste qualità di fondo che io ho fiducia in voi, giovani. Nelle vostre attese è già presente il futuro! La vostra volontà di vivere, il vostro ottimismo, la vostra creatività sono la ricchezza vera del mondo. Non transigete sui vostri ideali! Non cedete alle lusinghe del compromesso! Non barattate la grandezza delle vostre speranze con la prospettiva di un vantaggio immediato, quando questo significhi il tradimento di quelle! Restate coerenti con voi stessi, anche a costo di affrontare il disagio di entrare in tensione con l'ambiente che vi circonda. Solo a questa condizione voi potete custodire in voi la promessa di un autentico miglioramento per il mondo di domani.


2. Il primo tema da voi affrontato è quello del dialogo: voi ne avvertite la necessità per un cammino di vero progresso umano, ma non potete fare a meno di registrarne le difficoltà alla luce della quotidiana esperienza e direi che le mie esperienze sono vicine alle vostre. Dialogare è fatica! Lo è già all'interno della famiglia tra voi e i vostri genitori. Per differenza di mentalità, per mancanza di tempo, per personali tensioni irrisolte, i genitori a volte non possono o non sanno ascoltarvi e capirvi, ma forse anche voi non potete fare lo stesso: ascoltare, capire i vostri genitori. E' un dato di fatto, purtroppo: vi sono genitori che, pur provvedendo alle necessità materiali dei figli, sono dei grandi assenti nei loro confronti. Ve ne sono altri che lasciano addirittura la famiglia per tentare nuove esperienze. Uno di voi, a proposito della parabola del figlio prodigo, ha detto: "Nella mia famiglia non è stato il figlio a partire, è stato il padre a lasciarci". Difficoltà non minori incontra il dialogo al di fuori della famiglia: quante incomprensioni nell'ambito della scuola, del lavoro, del quartiere; quante prevenzioni, quanti pregiudizi! Il risultato è non di rado il gelo dell'indifferenza, l'amarezza della solitudine e dell'incomunicabilità. In Occidente come in Oriente il cuore di molti giovani muore di abbandono. Si, gli abbandoni umani sono una delle ferite più profonde del nostro tempo. Si deve pensare ai giovani ma si deve pensare anche all'abbandono degli anziani, tanti anziani. Forse c'è una possibilità di chiedere una nuova alleanza: anziani-giovani; giovani-anziani. Io ho già assistito ad esperienze simili, molto fruttuose per le due parti. Voi chiedete come è possibile vincere gli ostacoli e far rifiorire il dialogo, su quali valori occorre poggiare per costruire una nuova possibilità di comunicazione e di intesa. Ho cercato di rispondere a questa domanda nel Messaggio per la Giornata mondiale della pace di qualche anno fa. Dicevo allora - e ripeto oggi - che il dialogo suppone fondamentalmente la ricerca solidale di ciò che è vero, buono e giusto per ogni uomo. Allora il dialogo esige, in via preliminare, l'apertura e l'accoglienza verso l'altra parte nell'ascolto sincero dei suoi problemi e delle sue ragioni. Il dialogo esige inoltre che ciascuno accetti la differenza e la specificità dell'altro, pur senza rinunciare a ciò che sa essere vero e giusto; esige, in particolare, la ricerca di ciò che è e resta comune agli uomini, anche in mezzo a tensioni, opposizioni e conflitti. Dialogo vuol dire, dunque, vedere in ogni essere umano il proprio prossimo e condividere con lui la responsabilità di fronte alla verità e alla giustizia. E allora vediamo che questa parola dialogo non può essere messa in pratica in realtà senza seguire quel centrale comandamento del Vangelo: il comandamento dell'amore per il prossimo.

Mi piace riaffermare davanti a voi, cari giovani, che il dialogo è "riconoscimento della dignità inalienabile degli uomini. Esso poggia sul rispetto della vita umana. Esso è una scommessa sulla socievolezza degli uomini, sulla loro vocazione a camminare insieme, con continuità, mediante un incontro convergente delle intelligenze, delle volontà, dei cuori, verso lo scopo che il Creatore ha loro fissato: rendere la terra abitabile per tutti e degna di tutti" (Messaggio per il 1° gennaio 1983, n. 6).


3. E' chiaro che, nel dire questo, faccio almeno implicitamente un riferimento a un preciso ideale di uomo che non è condiviso da un certo modo di pensare, oggi purtroppo abbastanza diffuso. Alla base di ogni progetto di convivenza umana sta una precisa concezione dell'uomo, visione dell'uomo, verità sull'uomo: voi ne siete perfettamente consapevoli e su questo aspetto verte il secondo gruppo delle vostre domande. Avete denunciato il conflitto, che sperimentate in voi stessi, tra le esigenze d'amore, di verità, di giustizia, pulsanti dentro di voi, e le proposte di realizzazione nel denaro, nel successo, nel potere, nel divertimento, che vi vengono dai mass-media, abilmente orchestrati dalla società dei consumi che vi circonda. Ecco, si vedono chiaramente le due concezioni dell'uomo, della sua vocazione, del suo destino. Voi ponete pertanto con sofferta partecipazione la domanda decisiva: "Qual è la vera realizzazione della nostra vita?", domanda fondamentale, non possiamo vivere senza questa domanda. Mi piace che voi sappiate guardare così a fondo dentro di voi, e vi do atto dell'esattezza della vostra diagnosi: in effetti "modelli di vita" propagandati dalla società dei consumi sono molto distanti dai veri valori. Questo si deve dire. Questo non si può dimenticare, perché c'è una tentazione, perché c'è un pericolo. E voi sapete che le conseguenze di tali concezioni sono conseguenze di morte: una corsa sfrenata ai beni materiali, a quelli utili, a quelli superflui, persino a quelli nocivi, che si trasforma, almeno può trasformarsi, in un'aggressività verso gli altri e anche verso se stessi. Modelli di vita, ma si potrebbe dire anche modelli di morte. Anche a Firenze - come in ogni parte del mondo - esistono luoghi visibili in cui si muore; ma sempre più frequentemente, in questa nostra civiltà occidentale, ci si incontra in luoghi di morte invisibili.

Vi sono giovani che esteriormente assomigliano a tutti gli altri: studiano, apprendono un mestiere, lavorano, si divertono ma dentro sono morti. Non sanno più perché vivere, si chiedono se la vita abbia ancora un senso. Ciò che colpisce è che si tratta di giovani che, in genere, sul piano dei beni materiali hanno molto, se non tutto. Ma proprio da questa esperienza di sazietà scaturisce un indefinibile senso di noia, che offusca e inquina la stessa loro voglia di vivere. Non è dunque in quella direzione che voi realizzerete voi stessi.


4. Giovani amici, la vostra realizzazione non sta nelle cose fuori di voi nei beni esterni, per quanto affluenti e raffinati essi siano. Naturalmente ci vuole una certa misura di questi beni che sono creati per l'uomo, che devono servire l'uomo.

Ma l'uomo deve rimanere il loro padrone. Deve servirsi di loro. Questi beni non possono servirsi dell'uomo, così che egli divenga un servitore, anzi uno schiavo di questi beni materiali. Se volete trovare la giusta risposta alla domanda che mi avete rivolto, voi dovete anzitutto rientrare in voi stessi. Ecco la vera dimensione dell'uomo. L'uomo è capace di entrare in se stesso. L'uomo è l'unica creatura in questo mondo che porta in sé un'interiorità, una coscienza, una responsabilità. Tutto questo significa la dimensione spirituale dell'uomo.

Interrogate la vostra coscienza. In essa Dio ha scritto il codice dei valori autentici, in base ai quali è possibile costruire in voi un vero uomo, una vera donna. Quel codice Dio lo scolpi un giorno nella pietra sul monte Sinai e lo consegno al popolo eletto nelle Tavole del Decalogo. Quel Codice Cristo ripropose nel Vangelo, indicandone la sintesi nel comandamento dell'amore. Esso tuttavia sta scritto da sempre anche nella coscienza di ogni essere umano, anche di coloro che non conoscono la Legge rivelata. Ridare forza alla voce della coscienza, questa è la prima e fondamentale esigenza per realizzare una vera crescita umana. E questo è anche il contributo principale che potete e dovete recare al mondo. La storia non è fatta solo con gli avvenimenti esteriori: essa è scritta prima di tutto dal di dentro: è la storia delle coscienze umane, delle vittorie o delle sconfitte morali. Il progresso dell'umanità non si misura tanto in termini di conquiste tecnologiche quanto piuttosto col metro della sensibilità morale raggiunta dai suoi componenti. E questo corrisponde alla storia di questa splendida città, di questa splendida Firenze. Naturalmente è scritta con tanti segni esteriori della cultura, della civiltà, dell'arte. Ma dobbiamo leggere dentro tramite questi segni, tramite queste opere. Dobbiamo leggere dentro, nel genio umano, nelle coscienze umane, nella creatività umana, nell'amore umano. così profondamente è scritta la storia di questa grande e prestigiosa città, capitale della cultura. Capitale della cultura vuol dire capitale di queste opere solamente? No. Capitale delle coscienze, capitale della creatività morale, capitale dei santi: tutto questo fa parte della definizione di capitale della cultura europea. Non lasciamola troppo superficiale.


5. Giustamente quindi voi, nel terzo gruppo di quesiti e in quelli posti dal rappresentante dei giovani non appartenenti a gruppi ecclesiali, avete portato la vostra attenzione su "i disagi e le contraddizioni della società dei consumi", accennando in particolare alla disoccupazione, all'emarginazione, alle sperequazioni fra Nord e Sud, al sottosviluppo e al contemporaneo enorme spreco di risorse che vien fatto nella corsa verso armamenti sempre più sofisticati e micidiali. Sono dati di fronte ai quali non è possibile restare indifferenti. Si, occorre riconoscerlo con franchezza: l'umanità di oggi non può essere certo troppo fiera dei satelliti lanciati a ruotare nei cieli, quando milioni di esseri umani muoiono di fame sulla terra, né sentirsi tranquilla né troppo orgogliosa quando gli arsenali nucleari esistenti nel mondo potrebbero distruggere totalmente la vita umana sul pianeta. So bene che vi è chi sostiene che la presente situazione è "naturale e inevitabile"; ma so pure che siete pienamente convinti con me che l'unica sorte "naturale e inevitabile" per l'uomo è quella di essere uomo. Allora non è l'uomo per gli armamenti, non è l'uomo per la tecnologia. La tecnologia è per l'uomo, le cose sono per l'uomo. così la sorte naturale, inevitabile dell'uomo è quella di essere uomo dentro tutto questo progresso unilaterale. Unilaterale: qui è un pericolo. Essere uomo chiamato a incontrarsi con gli altri suoi simili, per realizzare con loro il progetto di umanizzare la terra. La legge più profonda che l'uomo scopre dentro di sé, se si impegna a scrutare senza prevenzioni la propria umanità, è quella di essere "con gli altri" e "per gli altri". Non per nulla Cristo, che conosce l'uomo meglio di chiunque altro per essere non soltanto Dio ma uomo egli stesso, ha posto al vertice di tutta la Legge il comandamento della carità, dando per primo l'esempio di un amore spinto fino al dono totale di sé per gli altri. Ecco Cristo, l'uomo per gli altri.

Cristo che chiama noi, ciascuno di noi ad essere per gli altri.

Ecco, giovani e cari amici, la mia risposta: se volete veramente contribuire alla soluzione dei problemi di questo mondo diviso, voi dovete imparare da Cristo a orientare la vostra vita secondo la logica del dono. Imparate questa parola, meditatela. Con questa logica e solamente con questa si può "essere più". L'altra possibilità è quella di "avere di più". Ma questa è contraria alla logica del dono ed è anche contraria all'essere uomo secondo la misura di Cristo.

Gli esiti varieranno dall'uno all'altro, secondo le circostanze, le doti personali e, soprattutto, la vocazione che ciascuno di voi porta in sé. Ma l'ispirazione resterà sempre la stessa: e sarà quella dell'amore. Se voi guardate alla storia della vostra città dai tempi di san Zenobio ad oggi, voi troverete una fioritura meravigliosa di testimoni di Cristo nei vari campi della vita comunitaria: ciascuno ha proprie caratteristiche, ma tutti parlano lo stesso linguaggio, quello dell'amore evangelico. In questo contesto vorrei menzionare un'istituzione tipica della vostra città: la Misericordia di Firenze. Un'istituzione plurisecolare in materia di volontariato. Oggi si dice più volontariato che misericordia, ma è la stessa cosa.

Ispiratevi ad essa, a questa tradizione e saprete trovare le forme appropriate contemporanee, odierne, per rispondere in maniera adeguata alle antiche e nuove povertà, con cui l'odierna società sfida il vostro impegno cristiano e umano. Tra queste sfide, degna di menzione è certamente quella segnalata dal giovane che ha portato qui l'eco delle sofferte attese dei carcerati. Certamente, noi dobbiamo cercare Cristo anche nelle carceri. Anche là, perché Cristo ha detto: ero in carcere e siete venuti a visitarmi. Era in carcere, era in prigione, prima di essere crocifisso.


6. Ed è ancora alla storia della vostra città che io voglio rifarmi per i quesiti riguardanti la costruzione di una cultura, capace di congiungere la valorizzazione dell'efficienza con la promozione della personalità di ciascuno. Occorre dar vita a un nuovo umanesimo nel quale le acquisizioni valide dei tempi moderni si integrino con i valori perenni della concezione cristiana dell'uomo. Ma chi meglio di voi, fiorentini, può spingersi in avanscoperta su questo terreno ricco di incognite e offrire agli uomini d'oggi indicazioni utili per un'impresa di cui si avverte ogni giorno di più la complessità e l'urgenza.

Non siete voi gli eredi di quei grandi che nei secoli XIV, XV e XVI seppero creare quella sintesi straordinaria di valori umani e cristiani che lascio e lascia stupefatto il mondo? In quale luogo più che in Firenze, più che nella piazza dalla quale si slancia verso il cielo una chiesa come quella di Santa Croce, è possibile sentir alitare la presenza degli spiriti magni dei secoli andati? Per questo io dico a voi, figli di questa città che vanta quest'anno il titolo di Capitale europea della cultura: interrogate il vostro passato, ponetevi alla scuola dei vostri antenati, strappate loro il segreto di quella fioritura di bellezza e di santità, di cui furono i protagonisti. Vorrei dirvi una parola che non so se suona bene in italiano, ma certamente è composta da elementi latini. Per essere "ante-oculati", per guardare verso il futuro, bisogna essere anche "retro-oculati", guardare bene verso il passato, leggere la storia. E qui, in Firenze, la storia si legge nella sua stupenda bellezza, nella sua stupenda ricchezza e, come ho sottolineato prima, certamente nella sua grande profondità.

Ecco, vi ripeto: strappate a questi vostri antenati il loro segreto della fioritura del bello, del buono, del vero. Sono le aspirazioni dell'animo umano e specialmente dello spirito giovane. Noi ci muoviamo sempre dentro questa aspirazione. Se io trovo con voi un linguaggio comune è grazie a quella aspirazione che in voi è sempre presente. Questa è la ricchezza di essere giovani.

Questo vi ho scritto nella mia lettera, un anno fa, anno dei giovani. La giovinezza è una ricchezza depositata nell'uomo e questa ricchezza consiste appunto nell'aspirazione a tutto ciò che è vero, che è buono, che è bello.

Bisogna camminare avanti con questa aspirazione, non rinunciare a questa aspirazione, rimanere giovani. E così anche io cerco di rimanere giovane incontrando i giovani. Nel suo intenso fervore di vita Firenze avrebbe potuto risuscitare anche le suggestioni del mondo pagano; e, certo, la tentazione ci fu e alcuni l'assecondarono; ma Dio volle salvare la città moltiplicando nei suoi figli la testimonianza di una santità che fu al governo della Chiesa con Antonino Pierozzi; consacro l'arte alla contemplazione del mistero cristiano col Beato Angelico; corresse gli eccessi dell'umanesimo col Savonarola, lo porto ai vertici della santità con Ambrogio Traversari. Quando, con i papi Eugenio IV e Niccolo V e i papi della famiglia Medici, il prestigio dell'arte si affermerà anche a Roma, e col Beato Angelico e Michelangelo e altri insigni artisti fiorentini, il magistero dell'arte raggiungerà la sua piena efficacia, Firenze saprà regalare a Roma la testimonianza di una santità che nel clima della controriforma, salverà per la spiritualità cristiana il volto della gioia e della libertà: prima di morire, il Rinascimento fiorentino donerà alla Chiesa, nella santità di Filippo Neri, il suo frutto più bello. A queste purissime sorgenti voi dovete ritornare per attingervi nuova ispirazione nell'arduo compito di incarnare l'eterno messaggio del Vangelo nella cultura odierna, di cui non dovete soffocare ma invece esaltare le caratteristiche originali e autentiche.


7. Si, perché il cristianesimo non mortifica i valori autentici di nessuna cultura. Tengo a ribadire questo punto, sul quale altre volte mi sono soffermato.

Lo faccio riferendomi a quanto ha detto nel suo intervento la rappresentante zairese degli studenti stranieri. Sono lieto di aver sentito esprimere da lei la volontà di collaborare col suo popolo per favorirne lo sviluppo nella linea della cultura che gli è propria, una cultura che è, come del resto quella di ogni altro popolo, "ricca di autentici valori umani". Incoraggio questo impegno e sono convinto della verità di questa affermazione: questi diversi popoli del cosiddetto Terzo mondo potrebbero insegnarci molto sui valori umani. Ereditando i valori e i contenuti della propria cultura, ciascuno riceve - come i protagonisti della parabola evangelica - un certo numero di talenti. Non è ammissibile, nei confronti di questa eredità, un atteggiamento passivo o rinunciatario. Occorre farsi carico responsabilmente di tale ricchezza per confermarla, mantenerla e incrementarla. Ecco la risposta alla vostra collega zairese, ma anche la risposta a ciascuno di noi, a ogni giovane fiorentino, a ogni giovane d'oggi: la parabola evangelica dei talenti. Bisogna rileggerla, meditarla. E' una profonda verità, un profondo insegnamento non solamente cristiano, ma anche umano, valido per tutti, che si deve approfondire e seguire. Non si può negare. E' talmente evidente quello che si trova in questa parabola.


8. Della cultura di un popolo fa parte anche l'ambiente naturale, in cui si dipana la sua storia. Non si ritrovano forse, rispecchiate negli immortali capolavori dei vostri artisti, molte delle bellezze naturali che rendono tanto suggestiva questa vostra terra? Ho perciò ascoltato con interesse il quesito relativo al rapporto tra uomo e ambiente. Nell'èra della civiltà tecnica e industriale tale rapporto si è notevolmente deteriorato. L'uomo tratta non di raro la natura in modo egoistico, distruggendone molte ricchezze, deturpandone le attrattive e inquinando l'ambiente naturale in cui è chiamato a vivere. E' necessario che l'uomo torni a guardare alla natura come a oggetto di ammirazione e di contemplazione, vedendovi lo specchio dell'amore del Creatore. Forse è uno di quei segreti dei vostri antenati, dei vostri artisti, dei vostri santi. Loro sapevano guardare con ammirazione.

Sapevano ammirare ciò che è la natura, ciò che costituisce anche la natura dell'uomo, la sua natura individuale, la sua personalità, questa unità stupenda del corporale e dello spirituale. Voi giovani dovete trovare tempo per un contatto immediato con la natura, grazie al quale penetrare progressivamente il mistero della creazione, scoprendovi gli avvincenti riflessi della grandezza di Colui che ne è all'origine.

Abbiate tempo per questo! Sappiate anche accettare lo sforzo e la fatica che questo contatto comporta, specialmente quando la meta che si vuol raggiungere è impervia e lontana. Questa fatica è creativa: stanca il corpo ma riposa lo spirito e lo apre a nuove prospettive. Rivela ai suoi occhi la trasparenza del mondo. La natura è un libro. L'uomo deve leggerlo, non imbrattarlo. Nelle sue pagine v'è un messaggio che attende di essere decifrato: è un messaggio d'amore con cui Dio vuol raggiungere il cuore di ciascuno per aprirlo alla speranza.


9. Il problema dunque, miei cari amici, è di avere un cuore capace di mettersi in ascolto. Se un augurio mi è consentito di rivolgervi al termine di questo incontro, è proprio questo: sappiate essere cuori in ascolto! In ascolto di Dio che parla nella natura, in ascolto di Dio che parla in ogni vostro simile, in ascolto di Dio che parla nel Figlio suo, Gesù Cristo Signore. Essere cuori in ascolto. Agli uomini di ogni età Dio affida qualcuno da ascoltare, da accompagnare alla sorgente della gioia e della speranza. Tale sorgente, voi giovani credenti lo sapete, scaturisce dal cuore di Cristo, "nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza" (Col 2,3).

Occorre perciò che voi conosciate a fondo Cristo, per poter essere i suoi testimoni appassionati nel mondo. Per conoscere Cristo è necessario che vi mettiate in ascolto attento della sua parola. Studiate il Vangelo! Pregate sul Vangelo! Calate il Vangelo nella vostra vita! Possa Cristo parlare con le vostre labbra, possa soprattutto parlare con la vostra vita. Non abbiate paura della vostra fede e non abbiate paura neppure del mondo. Cristo ha vinto il mondo (cfr Jn 16,33). Giovani di Firenze, io ripeto a voi la consegna che il card. Benelli vi ha lasciato nel suo testamento: "Fidatevi sempre di Cristo!". Ecco le sue ultime parole: "Fidatevi sempre di Cristo". E ora dobbiamo recitare l'Angelus Domini. Cosa è l'Angelus Domini: è la Vergine di Nazaret in ascolto della parola di Dio. E questa parola di Dio, il Verbo, si fa carne grazie al suo ascolto, grazie alla sua obbedienza: "Eccomi, sono la serva del Signore". Recitiamo tutti insieme l'Angelus Domini e impariamo dalla Vergine Maria ad essere anche noi, uomini e donne, giovani in ascolto per trovare un annuncio, come lo ha trovato Maria. Un annuncio stupendo, annuncio di salvezza. Ascoltare, accettare quell'annuncio di salvezza, inserirlo nel proprio cuore e portarlo agli altri. Ecco, vorrei che questo diventasse il frutto della nostra comune preghiera dell'Angelus Domini e del nostro incontro. Grazie! Raccomando questo vostro impegno di ascolto e di testimonianza all'intercessione di colei che, raggiunta dall'annuncio dell'Angelo, s'apri generosamente all'ascolto della parola di Dio, fatta carne nel figlio Gesù, e corrisponde coraggiosamente alle richieste che le venivano via via formulate, fino alla testimonianza suprema del Calvario.

Giovani carissimi, in piedi come Maria accanto alla croce, portate alla generazione di oggi l'annuncio di Cristo, Parola vivente, con la quale Dio ha detto una volta per tutte la sua volontà irrevocabile di salvare il mondo.

[Dopo la recita dell'Angelus:] Il mio pensiero va ora ad Assisi, dove, per iniziativa della Sezione Umbra dell'Unitalsi, con l'adesione di tutte le sezioni italiane di tale organizzazione è in corso una Giornata straordinaria di preghiera per preparare l'evento del 27 ottobre prossimo e per invocare il dono della pace. Mi unisco di cuore a tale iniziativa, tesa a sottolineare che la pace è dono di Dio prima ancora che frutto dell'impegno dell'uomo. E' Dio a gettare nei cuori il seme della pace e la preghiera, tanto più efficace se avvalorata dalla sofferenza, ne favorisce l'attecchimento e la fioritura. La pace si nutre di preghiera. Mentre invito voi tutti a elevare il pensiero a Dio, donatore della pace, invio a quanti partecipano al convegno di Assisi la mia benedizione.

Data: 1986-10-19 Domenica 19 Ottobre 1986





GPII 1986 Insegnamenti - A sacerdoti, religiosi e laici nella cattedrale - Firenze