GPII 1986 Insegnamenti - All'ANCI - Città del Vaticano (Roma)

All'ANCI - Città del Vaticano (Roma)

Incessante preghiera per invocare il dono della pace


Signor presidente, egregi signori delegati dell'Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI).


1. La vostra presenza qui alla vigilia della mia partenza per l'Umbria, ha un significato ben preciso, che è per me motivo di grande conforto: essa esprime la partecipazione di tutta la popolazione italiana, di cui voi siete autorevoli rappresentanti, alla giornata di preghiera, che avrà luogo lunedi prossimo ad Assisi, per implorare da Dio, datore di ogni bene, il fondamentale dono della pace. Lieto per questa vostra visita, vi saluto di cuore e ringrazio sentitamente il presidente nazionale dell'Associazione per le nobili parole con cui ha interpretato i vostri sentimenti riaffermando la volontà di pace dei Comuni italiani e dei loro amministratori. Ringrazio voi per la vostra venuta e ringrazio pure coloro che vi hanno inviato per manifestare con questo gesto la loro adesione all'iniziativa. Voi siete rappresentanti di un popolo che, avendo sperimentato nel vivo della propria carne le prove drammatiche dell'ultimo conflitto mondiale, vuole sinceramente la fine degli atti di guerra in ogni parte del mondo, perché considera la pace una scelta permanente di civiltà e la condizione indispensabile per lo sviluppo personale, sociale e internazionale. Del resto, come potrebbe non volere la pace nell'accezione più ampia del termine un popolo di antica e splendida civiltà, imbevuta profondamente di uno spirito che è nel mondo portatore di fraternità umana universale, quale è lo spirito cristiano? Non insegna forse il Vangelo a riconoscere in Dio il Padre comune di tutti e nel suo Figlio il Salvatore dell'uomo?


2. In questo 1986, proclamato dalle Nazioni Unite "Anno internazionale della pace", il 27 ottobre prossimo vuole porsi come un avvenimento specificamente religioso. I rappresentanti delle Chiese cristiane e delle religioni del mondo saranno impegnati a invocare il grande dono della pace come bene prezioso che scende dall'Alto e si ottiene con l'incessante preghiera, tanto più necessaria quanto più devastanti appaiono gli strumenti bellici della distruzione.

Il Vangelo, chiamando figli di Dio gli operatori di pace (cfr Mt 5,9), invita tutti gli uomini a unire i loro sforzi nel servizio di questa grande causa, operando attivamente perché sempre nuovi semi di pace siano gettati nei cuori e sempre nuovi passi siano compiuti sulla strada che conduce verso la costruzione di quella che papa Paolo VI ha qualificato come "civiltà dell'amore".


3. Egregi signori, voi siete qui quali rappresentanti delle vostre popolazioni amanti della pace, e sono certo che, tornando nelle vostre sedi, non mancherete di portare ad esse, insieme col mio augurio di pace, l'incoraggiamento a operare in modo che questa aspirazione, presente nel cuore di tutti, diventi sempre più esperienza condivisa in questa e in ogni altra Nazione del mondo. Benedico questo vostro impegno, invocando su di esso l'aiuto di Colui che già l'antico profeta salutava come il "Principe della pace" (Is 9,5).

Data: 1986-10-25 Sabato 25 Ottobre 1986




Ai pellegrini di Teramo e Atri - Città del Vaticano (Roma)

Slancio missionario per dare impulso alla rievangelizzazione


Carissimi fratelli e sorelle della diocesi di Teramo-Atri!


1. Sono veramente lieto di poter esaudire quest'oggi il vostro desiderio di restituire in quest'aula la visita che ebbi la gioia di compiere nelle vostre comunità ecclesiali di Atri, di San Gabriele e di Teramo il 30 giugno 1985: siate tutti benvenuti! Vi vedo in gran numero. E i vostri volti gioiosi e festanti mi richiamano alla mente le vibranti manifestazioni di fede e di calore umano dimostrate nelle varie tappe della mia visita pastorale, ma soprattutto durante la Celebrazione eucaristica in Teramo, alla quale prese parte una fiumana di popolo colà convenuto, oltre che dalla città, anche dalle piccole ma fervide comunità parrocchiali del suggestivo Appennino abruzzese, dalle sottostanti ridenti colline e soprattutto dalla popolosa fascia del litorale adriatico. In quella circostanza ho potuto costatare come fede religiosa e bontà d'animo caratterizzino le vostre tradizioni cristiane e il vostro costume di vita, forte e gentile: siate sempre fieri della vostra terra generosa, non per campanilismo, ma per quell'affetto che ogni persona deve avere per le proprie radici storiche e geografiche. Dovunque veniate a trovarvi perciò non mancate di testimoniare la "fede antica", da cui sono state profondamente segnate le comunità cristiane vissute nella vetusta "Interamnia Praetutiorum". Saluto tutti con particolare affetto: anzitutto il vescovo Abele Conigli, che ringrazio per le parole con cui ha aperto questo incontro familiare; le autorità civili, che si sono unite al pellegrinaggio, tra cui sono i signori sindaci delle rispettive città da me visitate; esprimo un cordiale pensiero ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai rappresentanti dei movimenti ecclesiali che furono presenti non solo al santuario di San Gabriele, dove ci fu un appuntamento tutto per loro, ma anche nelle altre tappe. Ai cari giovani, poi, cui la Chiesa aprutina guarda con fiducia per il suo futuro, ripeto con forza quanto ebbi a dire loro ai piedi del Gran Sasso: "Riscoprite le radici della gioia, cioè della buona novella recata sulla terra dalla venuta di Gesù. Ai fratelli e alle sorelle che in un modo o nell'altro attendono una vostra parola, un vostro sorriso e la vostra amicizia, non fate mancare la vostra presenza, non rifiutate la vostra gioia e le ragioni della vostra speranza".


2. L'occasione della visita a Teramo fu offerta, come voi ben sapete, dalla celebrazione del 50° anniversario del Congresso eucaristico nazionale svoltosi nella vostra città nel 1935. Il fervore suscitato da quel grande evento ecclesiale, che raccolse numerosi fedeli intorno a Gesù eucaristico sul tema "Riconciliati e uniti nello spezzare il pane" non deve affievolirsi o venir meno col tempo, ma accrescersi e portare frutti e segnare un'impronta indelebile nel cammino di fede della vostra comunità cristiana. L'Eucaristia costituisce il cuore della diocesi, essendo in essa "racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua e pane vivo che, mediante la sua carne vivificata dallo Spirito Santo e vivificante, dà vita agli uomini, i quali sono in tal modo invitati e indotti a offrire insieme a lui se stessi, il proprio lavoro e tutte le cose create" (PO 5). E come tale l'Eucaristia fa la Chiesa, aggrega e unisce nel vincolo dell'amore e della speranza. Essa è stata istituita perché diventiamo fratelli; viene celebrata perché, da estranei e indifferenti gli uni agli altri, diventiamo uniti, eguali e amici; è data, perché da massa apatica e fra sé divisa, se non avversaria, diventiamo un popolo che ha "un cuore solo e un'anima sola" (Ac 4,32). Si, l'Eucaristia ci riconcilia e ci unisce! Perché non cessa di insegnare il segreto del rapporto comunitario e l'importanza di un'etica fondata sull'amore, sulla generosità, sul perdono, sulla fiducia nella persona del prossimo, sulla gratitudine. L'Eucaristia infatti, che significa rendimento di grazie, ci fa percepire l'esigenza del ringraziamento: ci fa capire che "c'è più gioia nel dare che nel ricevere" (Ac 20,35), ci insegna a dare il primato all'amore nei confronti della giustizia; a saper ringraziare sempre, anche quando ci viene dato ciò che ci è dovuto di diritto. Il culto eucaristico ci insegna anche la giusta scala dei valori: a non mettere in primo piano le realtà terrene, ma i beni celesti; ad aver fame non solamente del cibo materiale, ma anche di quello "che dura per la vita eterna" (Jn 6,27). Ricorderete a questo proposito la solenne affermazione del Signore: "Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio" (Mt 4,3 Dt 8,3).


3. So che nella vostra comunità diocesana esiste una sentita spiritualità eucaristica, ereditata dal Congresso nazionale e che trova il suo privilegiato punto di riferimento nella Chiesa dell'Annunziata in Teramo, dove i fedeli si raccolgono per l'adorazione perpetua del santissimo Sacramento.

Ma perché tale spiritualità sia sempre più illuminata e irrobustita occorre una catechesi appropriata e aggiornata nei metodi di insegnamento. Come afferma il Concilio, il culto eucaristico "è il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù" (SC 10). Per arrivare più consapevolmente a questo vertice è necessaria una vasta opera di rievangelizzazione in tutti gli ambienti, specie quelli che sembrano indifferenti o ostili al messaggio religioso. Occorre non stancarsi nel continuo tentativo di accostare la parola di Dio alla vita umana, affinché questa vi trovi la propria salvezza; nell'apprendere l'arte di diffondere, di spiegare e di proporzionare la dottrina del Signore alla mente degli uomini e delle donne di oggi. Ogni pastore, catechista, predicatore e operatore pastorale deve sforzarsi di presentare l'insegnamento della religione in termini adeguati, che tengano conto dell'età, dell'indole e della cultura di coloro che vengono istruiti. Sta a voi promuovere questa urgente opera di animazione cristiana fra tutte le categorie di persone della vostra diocesi sull'esempio di Gesù Maestro, che gli evangelisti ci presentano nell'atto di insegnare in ogni luogo e in ogni tempo: "Di nuovo le folle si radunavano intorno a lui, ed egli, come era solito, di nuovo li ammaestrava"; "ed essi erano colpiti dal suo insegnamento, perché insegnava come uno che ha autorità" (Mc 10,1 Mc 1,22). A questa scuola deve attenersi ogni cristiano di buona volontà, perché la fede si trasmette da persona a persona; ma soprattutto voi, sacerdoti, che siete stati ufficialmente deputati alla cura delle anime. Come ho detto nell'esortazione apostolica "Catechesi Tradendae" (CTR 64), "la Chiesa attende da voi che non trascuriate nulla in ordine a un'opera catechetica ben strutturata e ben orientata". A questa scuola dovete ispirarvi, in particolare, voi, religiosi e religiose: la vostra consacrazione al Signore vi renda ancor più disponibili al servizio della Chiesa e vi prepari nel miglior modo possibile al compito catechetico, secondo le diverse vocazioni dei vostri Istituti e le missioni che vi sono affidate. Anche a voi, catechisti laici, dico con le stesse parole della citata esortazione: "la vostra attività, spesso umile e nascosta, ma compiuta con zelo ardente e generoso, è una forma eminente di apostolato laicale" (CTR 66). Siate perseveranti e fedeli in questa nobile missione e sappiate trasfondervi tutta la vostra anima di ferventi cristiani. Non lasciatevi sfuggire alcuna occasione "opportuna e non opportuna" per annunziare la Parola "con ogni magnanimità e dottrina" (2Tm 4,2), in maniera che non si abbia a ripetere su di voi l'antico lamento biblico: "I bambini chiedevano il pane e non c'era chi lo spezzasse loro" (Lm 4,4).


4. Con questo impegno e con questo slancio missionario, destinato a ridare nuovo impulso a una capillare rievangelizzazione della vostra bella diocesi, darete un seguito concreto alle devote manifestazioni del Congresso Eucaristico. Esso segnerà non solo un luminoso punto di arrivo di tutta l'attività ecclesiale di questo periodo post-conciliare, ma anche un decisivo punto di partenza verso le soglie del terzo millennio, a cui la vostra Chiesa desidera giungere come comunità più unita e più consapevole del proprio ruolo nel piano divino della salvezza.

La Vergine santissima, tanto venerata nei vostri bei santuari mariani, sia la vostra Stella polare, il sicuro punto di riferimento nel vostro itinerario spirituale. Ella che vide il suo figlio Gesù "crescere in sapienza, età e grazia" (Lc 2,52), vi faccia progredire sempre di più nella conoscenza e nell'adesione al Cristo, Redentore dell'uomo. A conferma di questi voti, vi imparto la benedizione apostolica, che volentieri estendo a tutti i vostri familiari, congiunti e amici.

Data: 1986-10-25 Sabato 25 Ottobre 1986




Ad alunni ed ex di "Villa Nazareth" - Città del Vaticano (Roma)

Dal cuore sacerdotale di mons. Tardini l'impegno evangelico


Carissimi alunni ed ex alunni, cari membri della comunità Domenico Tardini!


1. Sono lieto di incontrarvi oggi, nella festa del 40° di Villa Nazareth. Sono lieto di rinnovare a voi il saluto e la benevolenza del Papa, così come fecero altre volte i miei predecessori: Pio XII che vi accoglieva ogni anno, Giovanni XXIII che volle erigere in Fondazione l'opera creata dal suo carissimo segretario di Stato, e Paolo VI che era legato al card. Tardini da antica amicizia. Paolo VI inoltre ebbe tra i suoi più stretti collaboratori il card. Samoré, che fu generoso continuatore del card. Tardini a Villa Nazareth, e al quale anch'io sono legato da un sentimento di particolare gratitudine per aver condotto, con sapienza e tenacia, il negoziato di mediazione tra Cile e Argentina. Tramite questi due insigni cardinali, che tutti ricordate con commossa riconoscenza, vi è stata data la possibilità, alquanto rara, di sentirvi sempre molto vicini al Papa e di vivere dell'atmosfera di respiro apostolico da cui quei due infaticabili servitori della Santa Sede erano così profondamente animati. Essi vi diedero testimonianza di come sia possibile un'attività di ministero diretto delle anime, anche in mezzo al pesante lavoro quotidiano richiesto dai loro altissimi incarichi. Sono lieto che oggi mons. Silvestrini, che fa la stessa esperienza di servizio, continui tra voi con generosità il medesimo ministero. Villa Nazareth nacque dal cuore sacerdotale di mons. Domenico Tardini, dal suo amore per i giovani, dalla sua esperienza di docente, di assistente dell'Azione Cattolica, di prelato partecipe delle più elette sollecitudini di Pio XII per la Chiesa universale. Ai giovani egli volle offrire un ideale di vita, un progetto che valorizzi i loro talenti di intelligenza e di sensibilità, per formarli cristianamente come uomini di cultura, solleciti del bene della Chiesa e della società, soprattutto generosi nel servizio fraterno. Da allora Villa Nazareth ha accolto più di quattrocento giovani, dei quali vorrei salutare gli ex alunni, con le loro famiglie, e gli universitari e universitarie di oggi con i loro genitori, nonché i ragazzi e ragazze del ginnasio-liceo. Saluto le autorità scolastiche, le personalità della cultura, i docenti e professionisti, e tutti gli amici che con la loro presenza confermano solidarietà e incoraggiamento a Villa Nazareth. Ma particolarmente vorrei dire un pensiero affettuoso ai vostri bambini, rappresentati qui dai più grandicelli, perché a loro, che sono la vostra compiacenza, va la predilezione di Gesù, come il card. Tardini tante volte vi ha ricordato.


2. L'esperienza di quarant'anni di Villa Nazareth mi dà occasione di mettere in risalto tre aspetti dell'esistenza cristiana, che meritano di essere lodati e incoraggiati. Il primo è il rapporto tra la maturazione culturale e la maturazione della fede. Il pieno sviluppo culturale non si raggiunge senza una presa di posizione religiosa. La cultura non può consistere in un agglomerato di nozioni e di schemi operativi, ma implica una loro strutturazione organica, grazie alla quale l'uomo scopre la coerenza delle varie verità e la gerarchia dei valori. Ora, una tale strutturazione in senso pieno è possibile solamente nella luce della fonte della verità e della bontà, cioè dell'Assoluto, che la fede chiama Dio.

"Alla tua luce vediamo la luce" (Ps 35,9). Nello stesso tempo, anche la proposta di fede normalmente si incarna in una cultura. E' vero che Dio si rivela con particolare tenerezza ai semplici e ai piccoli. Ma le persone che vivono in un ambiente culturalmente sviluppato, e che hanno ricevuto da Dio la capacità e l'esigenza di una maturazione culturale, giungono per lo più alla pienezza della fede, che è totale e libera donazione di sé a Dio, man mano che la loro sete di comprendere la realtà è soddisfatta, e progressivamente si svela a loro il senso profondo dell'esistenza. E' il cammino faticoso che sant'Agostino ha descritto in modo mirabile nelle sue "Confessioni", grazie al quale l'anima arriva ad attingere alla fonte della Sapienza, fino al punto di ritornare talora semplice e piccola per il regno di Dio. Cultura e fede progrediscono dunque insieme, si influenzano reciprocamente, finché la persona raggiunge lo sviluppo pieno che risponde alla sua vocazione, e diviene conforme all'idea che il Creatore ha concepito di lei fin dall'eternità. Quest'unità tra fede e cultura, da promuoversi specialmente nei giovani particolarmente dotati, costituisce l'ideale che mosse il card. Tardini a dare origine a Villa Nazareth. Voglia Dio che possa guidarvi e realizzarsi sempre più nella vostra vita.


3. Un secondo aspetto di Villa Nazareth consiste nel perseguire un tipo di vita che porti alla conquista di quest'ideale. Dio vuole condurre gli uomini alla perfezione della loro natura e della grazia, non isolatamente, ma nella relazione viva di un comunità. Anche la vita materiale esige un ambiente umano: un bambino abbandonato a se stesso sarebbe condannato a tutte le privazioni e alla morte. Più ancora si sente l'esigenza di una comunità per uno sviluppo culturale. La lingua, i concetti, la scoperta delle evidenze fondamentali fanno parte di un patrimonio che riceviamo da altri, perché è ricchezza elaborata dalle relazioni di uomini e generazioni. Anche la sequela di Cristo, in cui consiste la nostra vita soprannaturale, si realizza per volontà di Dio in un popolo che riconosce il Maestro divino e lo serve. Questo popolo di Dio, che cammina nelle vie della storia, aiuta la persona a inserirsi nell'unione viva del corpo di Cristo, con la preghiera, con la testimonianza, con la trasmissione della Parola, con la comunicazione dei sacramenti. Parimenti, uno sviluppo pieno della cultura e della fede si può raggiungere in una relazione comunitaria particolarmente viva, che non può essere supplita dai libri o dal solo insegnamento, ma si nutre di un rapporto personale tra amici, i quali, animati dalle stesse aspirazioni, comunicano tra loro e si aiutano reciprocamente a progredire verso la perfezione umana e cristiana. Non è questo rapporto comunitario che la comunità Domenico Tardini ha cercato di realizzare tra varie vicende, in forme originali, con insistenza intelligente e tenace, animata dalla carità del Signore?


4. Il terzo aspetto è la tensione, propria di Villa Nazareth, a preparare persone che siano protese a impegnarsi nell'elevazione umana e cristiana dei propri fratelli. Lo sviluppo di ogni persona infatti non è una crescita chiusa nell'ambito del soggetto, quasi fine a se stessa, poiché la perfezione dell'essere implica sempre che la sua pienezza si diffonda nella collaborazione con la volontà del Creatore. Dio, proprio perché è la pienezza dell'essere e dei valori, vive in una continua, eterna e necessaria comunicazione della sua natura, che si realizza nella generazione del Figlio e nello spirare dello Spirito Santo. Ma è sommamente conveniente con la pienezza divina anche la libera comunicazione di Dio per mezzo della creazione, della conservazione e della promozione del mondo. Cristo il Signore, proprio perché partecipe in modo sovrano della gloria di Dio, trasmette questa gloria agli uomini in ordine alla salvezza. Coloro che sono inseriti nella viva unione del corpo mistico, s'immergono in questa diffusione e comunicazione dei doni ricevuti, e la loro azione costruttiva non è un'aggiunta estranea al loro divenire personale, ma ne è parte organica, anzi l'apice, secondo la parola del Signore: "Vi è più gioia nel dare che nel ricevere" (Ac 20,35). Infatti la persona diventa pienamente adulta quando la sua principale preoccupazione non è più quella di essere servita, ma di servire, donarsi, crescere facendo crescere gli altri.

Voi capite che proprio qui è il senso pieno della parabola dei talenti (Mt 25,14-30) che ispiro il card. Tardini a creare Villa Nazareth, e che l'evangelista Matteo lega così bene col brano, immediatamente successivo, del giudizio finale: trafficare i talenti per restituire il lucro al "Dominus" che ce li aveva donati, nelle persone, "i fratelli più piccoli" che nella loro debolezza e sofferenza più lo rappresentano. Questo impegno di restituzione evangelica ha dato vita ora alla comunità Domenico Tardini, che, tramite i suoi membri più consapevoli e disponibili, vuole sviluppare l'azione educativa di Villa Nazareth, e tramite tutti gli altri assicurarle sostegno e continuità. Auguro che questo impegno si allarghi e coinvolga un sempre più largo numero di docenti e di uomini di cultura, oblativamente dediti a una donazione di carità intellettuale di cui la Chiesa e la società sentono particolarmente bisogno. E a voi giovani, che siete tesi a sviluppare il frutto desiderato dei vostri talenti per impegnarli un giorno a vantaggio di altri fratelli, raccomando di fare esperienza già ora di questa chiamata di servizio all'interno di Villa Nazareth che vi accoglie e vi cresce. A tutti, con effusione di cuore, do l'apostolica benedizione.

Data: 1986-10-25 Sabato 25 Ottobre 1986




Ad assicuratori svizzeri - Città del Vaticano (Roma)

Un autentico spirito di servizio guidi la vostra attività


Signori presidenti, vicepresidenti, signore e signori. Il nostro incontro nonostante la sua brevità mi procura la gioia di accogliervi. Mi auguro che sia per voi l'occasione per ravvivare il vostro attaccamento ai valori umani e alle certezze di fede che li fondano. Valori morali e certezze che la Chiesa ha la missione di promuovere e, all'occorrenza, di difendere per il bene delle persone e dei popoli. Voi siete carichi di responsabilità nel Consiglio di amministrazione dell'Istituto cantonale di assicurazione di Friburgo. L'importanza del vostro servizio sociale è chiara: in ogni paese e specialmente in Svizzera in cui lo splendore delle montagne e delle valli è ovunque, dove le forze della natura e le loro conseguenze sono da temere, voi portate agli individui e alla collettività una sicurezza e dei risarcimenti indispensabili al possesso e alla gestione dei loro beni. Le famiglie, le coltivazioni rurali, i commerci e le imprese industriali ve ne sono grati. Sono felice di avere l'occasione di incoraggiarvi a far regnare nel vostro consiglio di amministrazione un autentico spirito di servizio, e nello stesso tempo che la trasparenza finanziaria e una certa creatività migliorino le clausole dei contratti passati nel vostro Istituto cantonale e la sua numerosa clientela. Potete influire sul miglioramento dell'ambiente e dei luoghi di lavoro. Esistono ancora nel mondo troppi quartieri urbani o rurali che generano tristezza, un certo disgusto del vivere e peggio ancora, la delinquenza e altre miserie che fanno affondare la dignità umana. Mi congratulo con quelli tra voi che s'impegnano a contribuire generosamente al buon andamento delle loro comunità parrocchiali. Signore e signori, vi auguro di ritornare ai vostri obblighi professionali, alla vostra vita familiare, ai vostri impegni parrocchiali, con la volontà e l'entusiasmo di coloro che cercano sempre di servire meglio. Che la luce e la forza di Dio vengano in vostro aiuto! Benedico voi e coloro che vi sono cari, nel nome del Signore.

Data: 1986-10-25 Sabato 25 Ottobre 1986




Saluto alla cittadinanza dal Palazzo dei Priori - Perugia

Una testimonianza di fraternità offerta al mondo


Signor ministro, signor sindaco, cari fratelli e sorelle di Perugia.


1. Sono lieto di trovarmi oggi in mezzo a voi, e vi saluto tutti cordialmente.

Sono grato al signor ministro Giulio Andreotti, per il saluto espressomi a nome del Governo. Ringrazio il signor sindaco per le deferenti parole che mi ha rivolto a nome della cittadinanza di Perugia; e ringrazio voi, accorsi qui dalle varie parti di questa ridente regione, per tributarmi una così sincera e festosa accoglienza. In Umbria sono venuto per pregare insieme con i rappresentanti religiosi di tutto il mondo. E nel mio itinerario pastorale non poteva mancare una sosta nella vostra città, che, come una delle Chiese particolari più antiche e più vicine a Roma, ricca di tradizioni cristiane e di memorie storiche, occupa un posto speciale nel pensiero e nel cuore del Papa. E' a Perugia che, con la celebrazione dei relativi conclavi, furono eletti cinque Pontefici; inoltre nelle Chiese di questa città vengono custodite le spoglie di quattro Papi; e per 32 anni questa diocesi è stata retta da un vescovo, Gioacchino Pecci che, divenuto Papa col nome di Leone XIII, ha lasciato un'orma incancellabile nella vita della Chiesa, specie - come è stato poc'anzi ricordato - per i suoi insegnamenti sulla concezione della vita sociale, come per il movimento di rinascita della filosofia tomistica.


2. Certo, le sollecitudini della Chiesa sono rivolte ai problemi di ordine religioso. Ma da questa missione spirituale, come ha insegnato il grande Leone XIII, scaturiscono orientamenti e indirizzi capaci di risolvere i problemi di tutto l'uomo: "Compiti, luci, forze che possono contribuire a costruire e a consolidare la comunità degli uomini secondo la legge di Dio" (GS 41). Leone XIII, concentrando l'attenzione sulle trasformazioni della società, con una serie di grandi encicliche, soprattutto con la "Rerum Novarum" dedicata ai problemi del mondo del lavoro, ha aperto una strada, di grande rilevanza culturale, sociale, politica, percorsa poi da tutti i Papi seguenti.

Il messaggio della Chiesa non sarebbe completo se non tenesse conto del reciproco appello che si fanno continuamente il Vangelo e la vita concreta, personale e sociale dell'uomo. "La Chiesa pertanto e i suoi pastori hanno il dovere di rendere esplicito il proprio messaggio, adattato alle diverse situazioni, costantemente attualizzato, sui diritti e sui doveri di ogni persona umana, sulla vita familiare, sulla vita in comune nella società, sulla vita internazionale, la pace, la giustizia, lo sviluppo" (EN 29).

Per questo il cristiano non si estranea dalla vita sociale, dal contesto in cui vive; è radicato nelle tradizioni del popolo, della città a cui appartiene, ne assume la storia, ne esprime la cultura, ma nel tempo stesso si sforza di irradiare intorno a sé quelle realtà spirituali di cui è portatore. "In una parola: ciò che l'anima è nel corpo, questo sia nel mondo il cristiano" (LG 38).


3. Mi pare che questa armonia tra i valori spirituali e civili dell'uomo sia singolarmente espressa, in questa vostra Piazza Maggiore, dalla vicinanza tra lo storico Palazzo dei Priori e l'antica Cattedrale. E' la testimonianza che il popolo di Perugia ha saputo legare sempre le virtù civiche a una profonda religiosità. Posto infatti al centro dell'Umbria, terra di santi e culla di movimenti e ordini religiosi, ne ha assunto un particolare attaccamento alle realtà di Dio, che l'ha accompagnato nella sua storia e ha alimentato una venerazione così viva a Maria che in particolari difficoltà ha spinto i decenviri e il magistrato a offrire con pubblico atto, alla Madonna delle Grazie, la città di Perugia e tutti i suoi abitanti. Perugia inoltre, per la sua vicinanza a Roma, ha condiviso più volte nel tempo le alterne vicende della Chiesa, conoscendo anche momenti difficili per alcuni aspetti di ordine temporale. Ma la tradizionale religiosità della gente è rimasta saldamente ancorata alla fede. E oggi voi avete accolto con entusiasmo il successore di Pietro, che viene a voi nella sua veste di pastore per riconfermarvi nel dono della fede.


4. Mi piace pertanto ammirare l'anima di Perugia, dolce e aperta come gli orizzonti che le si aprono d'intorno, così magistralmente illustrati nella pittura del Perugino, quell'anima che ha reso la città disponibile e accogliente verso i tanti giovani che, dai vari continenti, qui convengono per il primo impatto con la lingua, la cultura e l'arte italiana. E' una testimonianza, questa, di fraternità, di dialogo e di pace offerta al mondo, di cui la popolazione, nelle sue varie espressioni sociali, culturali, politiche e religiose, è chiamata ad avvertire l'importanza e la responsabilità. Lo stile di civile convivenza tra diverse componenti culturali, l'ordinata operosità, lo studio rigoroso e animato da volontà di servire l'autentico progresso dell'uomo, la cordiale e premurosa ospitalità, lasceranno senz'altro una traccia positiva in giovani, che daranno in avvenire il loro contributo per l'elevazione e il progresso dei rispettivi Paesi di origine.

D'altra parte la stessa città può trovare, nei suoi ospiti stranieri, motivi di crescita, mediante la comprensione umana e la reciproca conoscenza. Sono premesse per la nascita di una serena convivenza tra i popoli.


5. Nel muovermi, domani, da Perugia verso Assisi per la giornata mondiale di preghiera per la pace, non posso dimenticare che, proprio in questa città, come vuole una tradizione, san Francesco ottenne da Onorio III l'indulgenza della Porziuncola, che era ed è tuttora segno di perdono e di pace vera. Mi piace considerare questo come un auspicio per il mondo intero. Auguro a tutti, ai cittadini, a coloro che ne reggono le sorti civili e religiose, di rimanere fedeli alla gloriosa storia civica e alla profonda cristiana religiosità, perché questa città e questo popolo possano sempre vivere in pace con Dio e con gli uomini. E per questo, di cuore, vi benedico.

Data: 1986-10-26 Domenica 26 Ottobre 1986




A docenti e studenti nell'Aula magna dell'Università - Perugia

Opporsi alle culture della morte, dell'odio e della violenza


Signor rettore magnifico dell'Università degli studi di Perugia! Signor rettore magnifico dell'Università per gli stranieri! Illustri professori! Carissimi studenti! Signori! Signore!


1. "Ingredere ut adores". La frase scolpita sull'architrave della porta d'ingresso della chiesa di questa Università è un invito, che i monaci olivetani vollero affidare alla pietra, perché rimanesse perenne e attuale nel tempo. Questo invito desidero ripetere a voi tutti, oggi, venendo in visita alla sede centrale dell'Università: sono entrato nel luogo sacro e ho adorato la presenza misteriosa e consolatrice di Cristo, Uomo-Dio, nascosto e vivente nel segno sacramentale del pane eucaristico. Ma sono entrato nella chiesa universitaria non soltanto per un dovere intimamente sentito, ma anche per esprimere il mio apprezzamento e la mia esortazione alla comunità ecclesiale che vive, prega e opera testimoniando la propria fede nell'ambito del vasto e complesso mondo universitario: tale chiesa è infatti il centro di un'azione pastorale, che desidero benedire e incoraggiare, perché sia sempre più efficace, incisiva e penetrante. Da quasi trent'anni, fin dal gennaio 1958, ininterrottamente, nel luogo restituito al culto per merito dell'interessamento del compianto rettore magnifico Giuseppe Ermini, vengono gettati semi di verità e di grazia nelle anime delle giovani generazioni di universitari, e auspico che tale azione pastorale continui e costituisca un lievito evangelico destinato a fermentare il mondo universitario perugino. Il mio sincero compiacimento va a tutti coloro che insieme collaborano alla realizzazione di tali iniziative della pastorale universitaria a Perugia. Mi è gradito in questo momento ricordare che i monaci olivetani vollero dedicare la chiesa alla Vergine Annunziata, che conservava le parole del messaggio dell'angelo nel suo cuore come prezioso tesoro. Ringrazio il rettore magnifico dell'Università, professor Giancarlo Dozza, e il rettore magnifico dell'Università per gli stranieri, senatore professore Giorgio Spitella per le amabili parole che mi hanno rivolto, e saluto cordialmente i docenti, i ricercatori, gli studenti tutti delle due Università, oggi riuniti in questa sede per il nostro incontro.


2. "Ingredere ut adores". L'antico invito dei monaci olivetani si rivolgeva al fedele credente per esortarlo a entrare nel tempio per un'altissima finalità: cercare, incontrare, adorare Dio, l'Essere infinito, trascendente, onnipotente, creatore. Entrando in un tempio ogni altra finalità deve essere subordinata alla ricerca e all'incontro personale con l'Assoluto. L'atteggiamento fondamentale dell'uomo di fronte a Dio è pertanto l'umiltà, cioè la limpida e rasserenante autocoscienza della propria pochezza, del proprio limite, della propria contingenza e creaturalità nei confronti dell'Eterno, dell'Onnisciente.

E quale altra finalità, insita in se stesse, hanno le istituzioni culturali della storia dell'uomo, se non la ricerca della verità? E quale è - per gli uomini di cultura, siano essi docenti o alunni - l'atteggiamento più consono a tale esaltante avventura, se non l'umiltà? Umiltà nella ricerca sincera della verità: umiltà nella accoglierla; umiltà nel trasmetterla agli altri.

L'Università è un'istituzione che, per sua stessa natura tende - o per lo meno dovrebbe tendere - a superare i particolarismi dei soggetti e quelli degli oggetti di studio e di insegnamento: "Universitas studiorum", la chiamavano i medievali, ma anche "Universitas docentium et discentium", tutti e tutto ricomponendo in un'armonica, seppur dinamica unità. L'Università, per sua natura, rappresenta ed è questo progetto di fondamentale ricerca della verità, che tutti attrae e sovrasta e che tende ad armonizzare i particolari aspetti delle varie specializzazioni. Occorre pertanto, nel campo della cultura e della ricerca universitaria, superare un certo tipo di mentalità individualistica, gelosa delle proprie ricerche e del proprio sapere. La verità è di tutti e per tutti, e deve essere destinata a illuminare la vita di tutti gli uomini. La verità ci viene svelata e donata, non appartiene, come bene proprio ed esclusivo, a nessuno. Nel Libro della Sapienza (Sg 7,13) l'autore ispirato presenta il re Salomone che, descrivendo la propria cultura enciclopedica che identifica con la "sapienza", afferma: "Senza frode imparai e senza invidia io dono, non nascondo le sue ricchezze": è un autentico programma di vita anche per gli uomini di cultura e di scienza del mondo contemporaneo.


3. In quest'anno in cui celebriamo il XVI centenario della conversione di sant'Agostino, che ho voluto ricordare con la lettera apostolica "Augustinum Hipponensem", viene spontaneo far memoria, anche in questo luogo, dell'evento storico, del suo significato religioso e della indicazione, che da esso proviene per il mondo della cultura. Agostino ha cercato la Verità con tenacia, con sofferenza, con passione; l'ha trovata, perché gli si e rivelata con il volto stesso di Dio, riconosciuto e riscoperto nella sua immagine impressa nell'uomo. La molla segreta della sua insonne ricerca filosofica e teologica per tutta la vita fu la stessa che lo aveva guidato lungo l'itinerario della conversione: l'amore per la verità. "Che cosa desidera l'uomo - dice sant'Agostino - più fortemente che la verità?". Ma l'unità dei soggetti e quella degli oggetti di ricerca può essere garantita teoricamente qualora sia fondata su questo profondo riconoscimento di Dio come "causa subsistendi, ratio intelligendi et ordo vivendi". Tale orizzonte si può riscontrare nelle intuizioni più pure delle grandi religioni dell'umanità; è un'intuizione che ritroviamo anche in costruzioni filosofiche precristiane e può costituire un'insostituibile e feconda fonte di ispirazione e di comportamenti per la cultura e per la scienza. Il richiamo a sant'Agostino presenta alla nostra considerazione - come sopra ho accennato - il grande, fondamentale tema dell'uomo come immagine di Dio: in ciò consiste propriamente il motivo della grandezza e della dignità dell'uomo; di ogni uomo, perché l'immagine divina che è in lui, anzi che è lui, non viene mai distrutta, anche se può offuscarsi a causa della volontà prevaricatrice. Nella verità dell'uomo, che è fondamentalmente anche il suo "essere immagine di Dio", ritroviamo pure la verità di Dio: pertanto anche l'uomo è fulcro dell'unità della ricerca intellettuale. In ogni ricerca infatti, direttamente o indirettamente, l'uomo cerca se stesso, cerca cioè di rispondere e di risolvere i problemi fondamentali del suo essere e della sua esistenza; se non è rivolta alla conoscenza dell'uomo e alla sua elevazione e, se necessario, alla sua liberazione, tale ricerca risulta vana e forse anche pericolosa. Le Università hanno in questo, come hanno avuto da secoli, un compito di eccezionale importanza: "si tratta - ebbi a dire all'Unesco - di istituzioni di cui sarebbe difficile parlare senza un'emozione profonda. Esse sono i banchi del lavoro, presso i quali la vocazione dell'uomo alla conoscenza, come il legame costitutivo dell'umanità con la verità come scopo della conoscenza, diventano realtà quotidiana, diventano, in un certo senso, pane quotidiano di tanti insegnanti, corifei venerati della scienza e, attorno a loro, di giovani ricercatori votati alla scienza e alle sue applicazioni, come pure della moltitudine di studenti che frequentano questi centri della scienza e della conoscenza" (2 giugno 1980). Mi è gradito in questa circostanza ricordare il grande giurista Bartolo da Sassoferrato, che in questo "Studium Generale" ha speso gli anni del suo più maturo insegnamento e qui ha concluso la sua ancor giovane vita (1313-1357): egli, che soleva chiamarsi "fidelis christianus et Sedis apostolicae servus fidelis", ha posto al centro del suo insegnamento giuridico l'uomo considerato come persona reale concreta. Desidero oggi rendere il dovuto omaggio a questo antico maestro del diritto, che ha illustrato, allo stesso tempo, la Chiesa e l'Università di Perugia.


4. Aprendosi ai vasti e sterminati orizzonti della verità, che è di tutti e per tutti, la cultura è strutturalmente fatta per il dialogo e quindi per la pace. Qui a Perugia più che altrove si tocca con mano la necessità non solo di porsi in dialogo con le altre culture con cui si viene continuamente in contatto, ma ancor più di elaborare una vera cultura del dialogo, al fine di evitare tensioni o conflitti provocati dal desiderio degli uni di sopraffare gli altri.

Questa stupenda e illustre città vanta un'antica tradizione di ospitalità nei confronti di studiosi e studenti provenienti da tutti i Paesi europei, fin dai secoli passati, tanto che una chiesa, quella di Santa Maria Nuova, e un cimitero erano particolarmente destinati agli stranieri. Perugia può, a ragion veduta, esser detta e sentirsi chiamata a svolgere il ruolo esemplare di "città per il dialogo" e, in particolar modo, attraverso la sua Università, che si può qualificare come "Università per il dialogo". Questo obiettivo può essere raggiunto anche mediante il proficuo scambio tra lo Studio Perugino propriamente detto e l'"Università Italiana per gli stranieri", frequentata ogni anno da migliaia di giovani provenienti da tutti i continenti.


5. Dialogo delle culture non significa tuttavia che non si debba o non si possa fare un discernimento, dare un giudizio su di esse a partire dall'uomo, dai suoi diritti, dalla sua dignità, dalla sua vocazione alla trascendenza. Se, da una parte, non può essere assolutamente accettata quella che vien chiamata la "cultura del disprezzo", che giudicava o giudica le manifestazioni delle altre culture come primitive, insignificanti, arretrate, superate; dall'altra, non bisogna cadere nell'indifferentismo e quindi nella impossibilità di individuare un criterio di discernimento, nei confronti delle varie culture storiche. A causa di un malinteso "rispetto delle culture" non si può impedire la denuncia profetica, in nome della fede o della sapienza umana, in nome della difesa della persona e della vita umana. Ci sono oggi purtroppo ideologie e comportamenti che hanno creato o cercano di creare e di imporre una "cultura della morte", una "cultura della violenza", una "cultura dell'odio". Occorre contrapporre una "cultura della vita", una "cultura della pace", una "cultura dell'amore" fra i popoli e le nazioni. "Non c'è dubbio - ho detto all'Unesco - che il fatto primario e fondamentale è l'uomo spiritualmente maturo, vale a dire l'uomo pienamente educato, l'uomo capace di educare se stesso e di educare gli altri. Non c'è dubbio neppure che la dimensione primaria e fondamentale della cultura è la sana moralità: la cultura morale" (2 giugno 1980). E pertanto bisogna insistere sul convincimento della priorità dell'etica sulla tecnica, del primato della persona sulle cose, della superiorità dello spirito sulla materia. La causa dell'uomo sarà servita se la scienza e la cultura si alleano alla coscienza!


6. Illustri professori! Carissimi studenti! Nello stemma di questa Università campeggia la figura di un vescovo. Si vuole che quel vescovo sia sant'Ercolano, martire, patrono della città di Perugia, riconosciuto come simbolo cittadino anche da coloro che non condividono la fede cristiana. Egli infatti nel secolo VI difese con la resistenza non violenta, non se stesso, né soltanto la Chiesa, dall'invasore; egli difese l'intera città, la cultura, la civiltà! Ancor oggi la Chiesa, come il vostro vescovo martire, è protesa nella difesa dell'uomo, di ogni uomo e di tutto l'uomo, da qualsiasi minaccia e violenza. Ciò comporta la difesa dell'autentica cultura di ciascun popolo, della libertà di ricerca, di insegnamento, di dibattito, e specialmente del diritto di professare, anche esternamente, la propria fede religiosa. Il dialogo fecondo qui a Perugia tra l'Università italiana e quella per gli stranieri sia un segno di questo ideale di libertà e di rispetto per l'uomo, immagine di Dio! Con questi auspici ben volentieri vi imparto la benedizione apostolica, pegno delle grazie e dei favori celesti. [Lasciata l'Aula Magna, a un gruppo di studenti:] Vorrei salutare tutti gli studenti, perché quest'incontro è dedicato a loro, anche se non in esclusiva.

Per questo motivo saluto tutti i presenti. E' sempre un piacere ritrovarsi dentro un ambiente universitario, perché quest'ambiente ha in sé qualcosa di grande e di fondamentale. Di questo grande e fondamentale che è proprio di ogni Università del mondo ho cercato di parlare durante l'incontro nell'aula magna. Questo grande e fondamentale è, certamente, la verità. L'uomo vive per la verità, questa è la sua destinazione che lo fa trascendere tutte le altre creature del mondo visibile.

L'uomo vive per la verità e Cristo ha confermato questa destinazione dell'uomo quando ha detto: "La verità vi farà liberi". La verità è anche una condizione essenziale della libertà. L'uomo vive come un essere libero, pero questa libertà propria all'uomo è costituita dalla sua relazione con la verità. Solamente nella verità l'uomo può essere libero. così si può apprezzare pienamente il ruolo delle Università, che vivono per la verità, che fanno vivere gli altri per la verità e che così fanno vivere tutti per la libertà. Per un uso proprio, degno della libertà. E' questo che ci porta verso il bene, è questo che ci porta verso una piena destinazione dell'essere umano. Piena nel senso temporale, di questo mondo, ma piena anche nel senso trascendente del regno di Dio. così ho voluto rendere ancora una volta omaggio a questa vostra Università, salutare tutti gli studenti e coloro che aiutano gli altri ad essere studenti: non soltanto i professori ma anche il personale ausiliario e i collaboratori.

Data: 1986-10-26 Domenica 26 Ottobre 1986





GPII 1986 Insegnamenti - All'ANCI - Città del Vaticano (Roma)