GPII 1986 Insegnamenti - Omelia alla concelebrazione nello stadio - Perugia

Omelia alla concelebrazione nello stadio - Perugia

Testimoni della gioia di essere in cammino verso la salvezza



1. "Dio ha riconciliato a sé il mondo in Cristo" (Canto al Vangelo, cfr 2Co 5,19). La solenne affermazione dell'apostolo Paolo è risuonata al nostro orecchio, carissimi fratelli e sorelle, apportatrice di serenità e di speranza.

Noi siamo un popolo riconciliato. Nella celebrazione eucaristica, alla quale partecipiamo, noi riviviamo questa certezza consolante: Cristo ci ha redenti col sangue versato sulla croce, ci ha uniti a sé nella comunione del suo Corpo, ci sostenta lungo il cammino dell'esistenza con l'alimento vivificante della sua carne e del suo sangue. In un momento come questo, in cui l'assemblea liturgica si stringe intorno all'altare sul quale si rinnova il sacrificio della croce, la realtà di tale evento acquista una sua evidenza particolarmente eloquente. I cristiani, tuttavia, hanno voluto rendere, per così dire, permanente il simbolo di questa loro riconciliazione con Dio. E' avvenuto così che la comunità ha sentito il bisogno di consegnare in un edificio, avente al proprio centro l'altare, la consapevolezza dell'unità profonda che lega ogni suo membro a Cristo e in lui, Figlio unigenito, lo apre all'esperienza dell'amore accogliente dell'eterno Padre.

La terra si è così popolata di innumerevoli templi - dalle umili chiese di campagna alle solenni cattedrali - per cantare la gioia di un popolo in cammino, tra le vicissitudini della storia, verso la salvezza definitiva. Anche la vostra regione, carissimi fratelli e sorelle, ha conosciuto fin dai primi inizi dell'èra cristiana una fioritura di luoghi di culto, nei quali la comunità si raccoglieva a riflettere sulla parola di Dio e a celebrare i suoi misteri. In particolare nel secolo XIV fu posta mano alla costruzione della cattedrale che ora, dopo imponenti lavori di restauro, è restituita al culto e che oggi ho potuto visitare. Ad essa va il mio pensiero in questo momento, perché vedo in essa il simbolo dell'intera vostra comunità diocesana, oggi stretta per questa celebrazione intorno al successore di Pietro. La vostra veneranda cattedrale, come ogni altro tempio cristiano, è segno di quella riconciliazione con cui Cristo ci ha riportati nella comunione d'amore del Padre. E' segno di Dio, nel quale noi tutti "viviamo, ci muoviamo ed esistiamo" (Ac 17,28), di Dio, il quale come Creatore e Padre determina l'unità di tutto il creato. E' segno di Cristo che, fatto uomo per riconciliare il mondo con Dio, ha compiuto ciò mediante la sua croce e la sua risurrezione. E', infine, segno del mondo riconciliato con Dio in Cristo.


2. La vostra bella e antica cattedrale è segno dell'amore di Cristo, che da secoli in tale artistico luogo non ha cessato di dispensare la grazia della sua parola e dei sacramenti. Li il popolo cristiano ha inneggiato e si è alimentato a quel mistero di pietà, Cristo, che vincendo il peccato, ha superato l'estraneità tra Dio e l'uomo, e quella degli uomini tra loro. La fede nel Redentore è stata professata e celebrata in questa città fin quasi dai primordi dell'èra cristiana. E ciò venne sempre compiuto in modo profondo e degno, come testimoniano i martiri della vostra terra e quelli a cui siete particolarmente devoti: san Lorenzo diacono, a cui la cattedrale è dedicata; san Costanzo e sant'Ercolano, i santi martiri Gervasio e Protasio, anch'essi patroni di Perugia-Città della Pieve. La vostra fede poggia su pietre salde, cioè su persone che testimoniarono col dono della propria vita la loro incondizionata dedizione al Signore. E poggia anche sulla particolare devozione alla Vergine Maria. Madre di tutte le grazie.


3. Desidero rivolgere il mio cordiale saluto all'arcivescovo mons. Cesare Pagani, che con sollecitudine pastorale guida la comunità ecclesiale di Perugia-Città della Pieve. Un particolare pensiero di stima va ai sacerdoti suoi collaboratori, portatori del Vangelo ed educatori del popolo cristiano nella fede. Essi uniscono le loro energie a quelle dei religiosi, delle religiose e dei laici impegnati nelle varie associazioni e movimenti. Ringrazio altresi per la cortese presenza le autorità civili e militari. Rivolgo un fraterno saluto ai fedeli qui presenti, in particolare alle famiglie, agli anziani, agli ammalati, ai giovani e ai fanciulli: carissimi, siate generosi testimoni dell'infinito amore di Cristo, e lo Spirito Santo vi sostenga nel cammino di una vita autenticamente evangelica.


4. Sono lieto, cari fratelli e sorelle, di compiere tra voi, come Vescovo di Roma, il particolare servizio di confermarvi nella fede ricevuta dai padri ed espressa in mille testimonianze della vostra storia. Tra queste il mio pensiero va in particolare alla testimonianza costituita dalla Cattedrale, anche perché vi siete impegnati ad accompagnarne i lavori di restauro con una generosa ripresa di vita cristiana in sintonia con il programma della visita pastorale che il vescovo ha sviluppato nella diocesi durante questi anni. La chiesa di pietra appare così come un luminoso simbolo della Chiesa di cuori che siete voi. Guardando con legittimo orgoglio alle sue strutture, ora nuovamente svettanti verso il cielo in tutto il loro splendore, voi siete posti di fronte alla vostra responsabilità di Chiesa viva chiamata a essere "sacramento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" (LG 1). Voi, cristiani della Chiesa che vive in Perugia-Città della Pieve, dovete essere una comunità riconciliata con Dio, e, come tale, capace di operare come fermento di riconciliazione nel mondo. Ma quali sono le condizioni di un'autentica riconciliazione con Dio?


5. Ecco, sorge nel cuore della vostra città, della splendida Perugia, un particolare "spazio", nel quale può entrare ogni uomo, così come leggiamo nell'odierno Vangelo dei "due uomini" che "salirono al tempio" (Lc 18,9ss).

Ciascun uomo può entrare in tale luogo perché questo è anche il "suo spazio": lui, l'uomo l'ha costruito ed esso è una manifestazione del suo genio, un'opera della cultura umana. Fin quando si trova in questo spazio come unicamente suo, come in un ambiente soltanto umano, egli non ha raggiunto ancora il significato profondo di questo spazio. Non ha scoperto il mistero trascendente che in esso vive. può quindi entrarvi - e uscirne - colpito solamente dallo splendore dell'opera umana.

Il vero scopo per cui è sorto il tempio non ha trovato attuazione. E' importante che l'uomo esca dalla chiesa "riconciliato con Dio", che ne esca "giustificato". Ritorna, perciò, la domanda: come ci si riconcilia con Dio? A questa domanda risponde il testo dell'odierno Vangelo.


6. "Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano" (Lc 18,10). Tuttavia soltanto uno torno a casa giustificato. E fu proprio il pubblicano (cfr Lc 18,14). Questo vuol dire che soltanto lui raggiunse il mistero interiore del tempio, il mistero unito alla sua consacrazione. Soltanto lui, benché tutti e due vi si fossero recati a pregare. così dunque risulta che lo stesso spazio sacro, il tempio, la cattedrale, deve essere ulteriormente riempito con un altro spazio totalmente interiore e spirituale: "Non sapete che siete tempio di Dio e che lo spirito di Dio abita in voi?" - scrive san Paolo (1Co 3,16). Di fatto la vostra cattedrale, come tante altre nel mondo, si riempie con un numero quasi infinito di quei templi interiori, che sono i "cuori" umani. A chi rassomigliano maggiormente questi "cuori" umani? Al fariseo oppure al pubblicano? Il tempio è segno della riconciliazione dell'uomo con Dio in Gesù Cristo. Tuttavia la realtà di tale riconciliazione - che è indicata dal segno esterno del tempio - in definitiva passa attraverso il cuore umano, attraverso questo santuario della giustificazione e della santità.


7. Il fariseo torno "non giustificato" perché era "pieno di se stesso". Nello "spazio" del suo cuore non c'era posto per Dio. Il fariseo era presente nel tempio materiale; ma Dio non era presente nel tempio del suo cuore. Perché invece, è tornato "giustificato" il pubblicano? Per il fatto che - a differenza del fariseo - egli riconosce umilmente di aver bisogno di essere giustificato. Egli non giudica gli altri. Giudica se stesso. Il pubblicano "se ne sta a distanza", eppure - e forse non se ne rende esattamente conto - è più che mai vicino al Signore, perché "il Signore, come dice il Salmo (33,19), è vicino a chi ha il cuore ferito". Dio non è affatto lontano dal peccatore, se questo peccatore ha il "cuore ferito", cioè pentito, e confida, come il pubblicano, nella misericordia divina: "O Dio, abbi pietà di me peccatore". Il pubblicano, dunque, non si gloria in se stesso, ma nel Signore. Non si esalta. Non si mette al primo posto, ma riconosce a Dio la sua maestà, la sua trascendenza. Egli sa che Dio è grande e misericordioso, e che si piega al grido del povero e dell'umile. Il pubblicano "sta a distanza", ma nello stesso tempo confida. Ecco l'atteggiamento giusto verso Dio. Sentirsi indegni di lui, a causa dei propri peccati; ma confidare nella sua misericordia, proprio perché egli ama il peccatore pentito.


8. Meditando questo Salmo, ci viene posta davanti agli occhi la bontà divina nei riguardi dell'uomo dal cuore contrito, che cerca Dio e riconosce di essere al suo servizio: "Il Signore riscatta la vita dei suoi servi, non sarà condannato chi a lui si affida". Il vostro vescovo, dando inizio alla visita pastorale nella festa di san Costanzo, il 29 gennaio scorso, vi disse che con i frutti della conversione, della comunione e della missionarietà i fedeli della diletta diocesi di Perugia-Città della Pieve sarebbero arrivati a quell'unica meta che è la conoscenza e l'amore di Cristo. Mentre manifesto il mio apprezzamento per questi indirizzi pastorali, vi esorto a seguire Cristo e a edificare la sua Chiesa vivendo senza riserve l'appartenenza alla comunità ecclesiale raccolta dalla Parola e dall'Eucaristia attorno al vescovo, come le pietre del tempio sono fra loro unite in una struttura armoniosa, che ha il suo centro di convergenza nell'altare. Per sostenere e rendere salda tale scelta è necessario, in primo luogo, dare un giusto spazio alla preghiera, che svela il cuore umano ed esprime nella sua verità l'uomo redento. In secondo luogo, vivere il più assiduamente possibile la pratica dei sacramenti, con particolare riguardo alla Confessione e all'Eucaristia. La prima perché è il sacramento della conversione e della riconciliazione, il gesto con cui l'uomo affida se stesso alla misericordia che perdona, la seconda perché è il segno efficace dell'incorporazione a Cristo, è offerta al Padre del corpo e del sangue del Redentore come sacrificio di lode e di comunione, di intercessione e di espiazione. Sacramento che completa e matura la personalità cristiana, la quale è con esso condotta a usare la propria libertà nell'amore attento e generoso verso Dio e verso il prossimo.


9. "E' stato Dio... a riconciliare a sé il mondo in Cristo... affidando a noi la parola della riconciliazione" (2Co 5,19). Cari fratelli e sorelle, figli e figlie di Perugia, della fiera città in mezzo alla bella Umbria! Accogliete questa parola che è stata pronunziata oggi in occasione di questa solenne convocazione liturgica. Accoglietela anche voi come parola di riconciliazione! Accoglietela come segno della vostra città riconciliata con Dio in Gesù Cristo. Accoglietela! E proclamatela con quegli innumerevoli templi interiori formati da ciascuno di voi mediante il Battesimo, mediante la partecipazione alla morte e alla risurrezione di Cristo. Accoglietela! Proclamatela con la verità dei vostri cuori e delle vostre coscienze. Con la fervente sincerità della vostra preghiera. Con la testimonianza delle opere, come i veri adoratori di Dio in spirito e verità (cfr Jn 4,23-24).


10. Ecco, il Signore vi è vicino e vi ha dato forza perché, come per Paolo, così per vostro mezzo "si compisse la proclamazione del messaggio e potessero sentirlo tutti i Gentili. A lui la gloria nei secoli dei secoli!" (2Tm 4,17-18).

Ecco, il Signore vi è vicino. Combattete la buona battaglia! Conservate la fede! Nell'ultimo giorno il Signore, giusto giudice, vi consegnerà la corona della giustizia: a voi e a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione. A lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Data: 1986-10-26 Domenica 26 Ottobre 1986




Alle claustrali nella Casa Sacro Cuore - Perugia

Pregate per la riuscita dell'incontro di Assisi



1. Ho voluto iniziare questa giornata celebrando la santa Eucaristia per voi e con voi, che siete giunte anche da Assisi, dove oggi rappresentanti delle Chiese e comunioni cristiane e delle grandi religioni del mondo si troveranno insieme per pregare per la pace. Una Messa per voi e con voi, che - per riprendere un'espressione di santa Teresa del Bambino Gesù - avete per vocazione l'Amore e vivete "nel cuore della Chiesa": questo cuore dal quale irraggia la luce della verità, la forza del martirio, l'edificazione della pace nelle coscienze, nelle società, su tutta la terra. In questa Messa vi invito a implorare il Signore che l'incontro di preghiera ad Assisi porti frutti abbondanti di riconciliazione, di giustizia e di pace; sia un richiamo a tutti gli uomini di buona volontà alla necessità della preghiera per la salvezza dell'umanità; sia una testimonianza di fraternità da parte di tutti gli uomini religiosi della terra.


2. Vi chiedo, care sorelle, di unirvi oggi in modo speciale a queste intenzioni, insieme con me e con tutta la Chiesa. Sentitevi particolarmente coinvolte, mediante la vostra preghiera e l'offerta di voi stesse, per la buona riuscita di questo Incontro ad Assisi. Offrite al Signore anche il vostro rinnovato proposito di vivere fedelmente la vostra consacrazione a Dio dedicandovi generosamente alla preghiera e all'ascesi monastica. La vostra testimonianza è molto preziosa. Il servizio che siete chiamate a svolgere a beneficio della Chiesa e dell'intera umanità è di incomparabile valore. Per le mani della Vergine santissima, della quale voi siete viventi immagini, ponete e poniamo assieme tutte queste intenzioni sull'altare del Signore, mentre ci disponiamo alla celebrazione del santo sacrificio, implorando la misericordia di Dio.

Data: 1986-10-26 Domenica 26 Ottobre 1986




Ai rappresentanti delle diverse religioni, a Santa Maria degli Angeli - Assisi (Perugia)

Rendiamo questa giornata anticipazione di un mondo pacifico


Miei fratelli e sorelle, Capi e rappresentanti delle Chiese cristiane e comunità ecclesiali e delle religioni del mondo, Cari amici.


1. Ho l'onore e il piacere di dare a voi tutti benvenuto in questa città di Assisi per la Giornata mondiale di preghiera. Permettetemi di cominciare col ringraziarvi dal profondo del mio cuore per l'apertura e la buona volontà con cui avete accolto l'invito a pregare ad Assisi. Come capi religiosi, voi non siete venuti qui per una conferenza interreligiosa sulla pace, in cui prevarrebbero la discussione o la ricerca di piani di azione a livello mondiale in favore di una causa comune. Il trovarsi insieme di tanti capi religiosi per pregare è di per sé un invito oggi al mondo a diventare consapevole che esiste un'altra dimensione della pace e un altro modo di promuoverla, che non è il risultato di negoziati, di compromessi politici o di mercanteggiamenti economici. Ma il risultato della preghiera, che, pur nella diversità di religioni, esprime una relazione con un potere supremo che sorpassa le nostre capacità umane da sole. Noi veniamo da lontano non solo, per molti di noi, a motivo di distanze geografiche, ma soprattutto a causa delle nostre origini storiche e spirituali.


2. Il fatto che noi siamo venuti qui non implica alcuna intenzione di ricercare un consenso religioso tra noi o di negoziare le nostre convinzioni di fede. Né significa che le religioni possono riconciliarsi sul piano di un comune impegno in un progetto terreno che le sorpasserebbe tutte. Né esso è una concessione a un relativismo nelle credenze religiose, perché ogni essere umano deve sinceramente seguire la sua retta coscienza nell'intenzione di cercare e di obbedire alla verità. Il nostro incontro attesta soltanto - questo è il vero significato per le persone del nostro tempo - che nel grande impegno per la pace, l'umanità, nella sua stessa diversità, deve attingere dalle sue più profonde e vivificanti risorse, in cui si forma la propria coscienza e su cui si fonda l'azione di ogni popolo.


3. Vedo l'incontro odierno come un segno molto eloquente dell'impegno di tutti voi per la causa della pace. E' proprio questo impegno che ci ha condotti ad Assisi.

Il fatto che noi professiamo differenti fedi non ci distoglie il significato di questa Giornata. Al contrario, le Chiese, le comunità ecclesiali e le religioni del mondo stanno dimostrando che sono pensose del bene. La pace, dove esiste, è estremamente fragile. E' minacciata in tanti modi e con tali imprevedibili conseguenze da obbligarci a procurarle solide basi. Senza negare in alcun modo la necessità di molte risorse umane volte a mantenere e rafforzare la pace, noi siamo qui perché siamo sicuri che, al di sopra e al di là di tutte quelle misure, c'è bisogno di preghiera intensa e umile, di preghiera fiduciosa, se si vuole che il mondo diventi finalmente un luogo di pace vera e permanente. Questa Giornata è perciò un giorno destinato alla preghiera e a ciò che accompagna la preghiera nelle nostre tradizioni religiose: silenzio, pellegrinaggio e digiuno. Non prenderemo alcun pasto, e in questo modo diverremo più coscienti del bisogno universale di penitenza e di trasformazione interiore.


4. Le nostre tradizioni sono molte e varie, e riflettono il desiderio di uomini e donne lungo il corso dei secoli di entrare in relazione con l'Essere Assoluto. La preghiera comporta da parte nostra la conversione del cuore. Vuol dire approfondire la nostra percezione della Realtà ultima. Questa è la stessa ragione per cui noi siamo convenuti in questo luogo. Andremo da qui ai nostri separati luoghi di preghiera. Ciascuna religione avrà il tempo e l'opportunità di esprimersi nel proprio rito tradizionale. Poi dal luogo delle nostre rispettive preghiere, andremo in silenzio verso la piazza inferiore di San Francesco. Una volta radunati in quella piazza, ciascuna religione avrà di nuovo la possibilità di presentare la propria preghiera, l'una dopo l'altra. Dopo aver così pregato separatamente, mediteremo in silenzio sulla nostra responsabilità di operare per la pace. Esprimeremo poi simbolicamente il nostro impegno per la pace. Alla fine della Giornata, io cerchero di riassumere che cosa questa celebrazione che non ha precedenti avrà suggerito al mio cuore, come un credente in Gesù Cristo e come primo servitore della Chiesa cattolica.


5. Desidero esprimere di nuovo la mia gratitudine a voi di essere venuti ad Assisi per pregare. Ringrazio anche tutte le singole persone e le comunità religiose che si sono associate alla nostra preghiera. Ho scelto questa città come luogo per la nostra Giornata di preghiera in un vero silenzio interiore per il particolare significato dell'uomo santo qui venerato - san Francesco - conosciuto e riverito da tanti attraverso il mondo come simbolo della pace, riconciliazione e fraternità. Ispirandoci al suo esempio, alla sua mitezza e alla sua umiltà, disponiamo i nostri cuori alla preghiera di un vero silenzio interiore. Facciamo di questa Giornata una anticipazione di un mondo pacifico. Possa la pace venire a noi e riempire i nostri cuori!

Data: 1986-10-27 Lunedi 27 Ottobre 1986




Ai rappresentanti delle comunità cristiane, in San Rufino - Assisi (Perugia)

Crescere rispettandoci e offrendo al mondo la nostra unione


Cari fratelli e sorelle in Cristo. Gesù Cristo "è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia" (Ep 2,14). Desidero ringraziare i capi e i rappresentanti delle altre Chiese cristiane e comunità ecclesiali, che hanno contribuito a preparare questa Giornata e che sono presenti qui sia personalmente, sia attraverso loro delegati. E' significativo che, all'approssimarsi del terzo millennio cristiano, noi popolo cristiano ci siamo riuniti qui nel nome di Gesù Cristo per invocare lo Spirito Santo, e per chiedergli di colmare il nostro universo d'amore e di pace. La nostra fede ci insegna che la pace è un dono di Dio in Gesù Cristo, un dono che deve esprimersi in una preghiera a lui, che tiene nelle sue mani i destini di tutti i popoli. E' per questo che la preghiera è una parte essenziale nello sforzo per la pace. Ciò che facciamo oggi è un altro anello nella catena di preghiere per la pace annodata da singoli cristiani, nonché da Chiese cristiane e comunità ecclesiali, un movimento che negli ultimi anni è andato sempre più rafforzandosi in molte parti del mondo. La nostra comune preghiera esprime e manifesta la pace che regna nei nostri cuori, dal momento che come discepoli di Cristo siamo stati mandati nel mondo per proclamare e per portare la pace, quel dono che "viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione" (2Co 5,18). Come discepoli di Cristo abbiamo un obbligo speciale a lavorare per portare la sua pace nel mondo.

Come cristiani, siamo in grado di riunirci in questa occasione nella potenza dello Spirito Santo, il quale introduce i seguaci di Gesù Cristo sempre più pienamente in quella partecipazione alla vita del Padre e del Figlio, che è la comunione della Chiesa. La Chiesa stessa è chiamata a essere il segno efficace e lo strumento di riconciliazione e di pace per la famiglia umana. Malgrado le serie questioni che ancora ci dividono, il nostro presente grado di unità in Cristo è nondimeno un segno per il mondo che Gesù Cristo è veramente il principe della pace. Attraverso le iniziative ecumeniche Dio ci sta aprendo nuove possibilità di comprensione e di riconciliazione, così che noi possiamo essere migliori strumenti della sua pace. Ciò che facciamo qui oggi non sarebbe completo, se noi ce ne andassimo senza una più profonda risoluzione di impegnarci a continuare la ricerca di una piena unità, e a superare le serie divisioni che ancora permangono. Questa risoluzione ci coinvolge sia come individui che come comunità.

La nostra preghiera qui ad Assisi deve comportare il pentimento per le nostre mancanze di cristiani nel portare avanti la missione di pace e di riconciliazione che abbiamo ricevuto da Cristo, e che non abbiamo ancora pienamente compiuta. Preghiamo per la conversione del nostro cuore e il rinnovamento del nostro spirito, affinché possiamo essere dei veri promotori di pace, offrendo una testimonianza comune a favore di Colui il cui regno è "un regno di verità e di vita, di santità e di grazia, di giustizia, d'amore e di pace".

Si, Gesù Cristo è la nostra pace, ed egli deve sempre rimanere davanti ai nostri occhi. Egli è il crocifisso e il risorto, colui che ha salutato i suoi discepoli con quello che è divenuto il nostro comune saluto cristiano: "La pace sia con voi". E "detto questo, mostro loro le mani e il costato" (Jn 20,19-20).

Non dobbiamo dimenticare questo gesto significativo del Cristo risorto. Ci aiuta a comprendere il modo col quale possiamo essere costruttori di pace. Infatti il Signore risorto apparve ai suoi discepoli nel suo stato glorioso, ma portando ancora i segni della sua crocifissione. Nel mondo di oggi, tragicamente segnato dalle ferite della guerra e della divisione, e perciò in un certo senso crocifisso, questa azione di Cristo ci dà forza e speranza. Non possiamo sfuggire alle dure realtà che caratterizzano la nostra esistenza segnata dal peccato. Ma la presenza tra noi del Cristo risorto con i segni della crocifissione sul suo corpo glorificato ci assicura che, attraverso di lui e in lui, questo mondo dilaniato dalla guerra può essere trasformato. Dobbiamo seguire lo Spirito di Cristo, che ci sostiene e ci guida a sanare le ferite del mondo con l'amore di Cristo che abita nei nostri cuori.

E' questo stesso Spirito di Cristo, lo Spirito di Verità, che noi oggi imploriamo di renderci capaci di discernere le vie della comprensione e del perdono reciproci. Poiché la preghiera per la pace dev'essere seguita da un'appropriata azione per la pace. Essa deve rendere il nostro spirito più profondamente cosciente, per esempio, di quelle esigenze di giustizia che sono inseparabili dal raggiungimento della pace e che ci interpellano per un nostro attivo coinvolgimento. Essa deve disporci a pensare e ad agire con l'umiltà e l'amore che favoriscono la pace. Essa deve farci crescere nel rispetto degli uni verso gli altri come esseri umani, come Chiese e comunità ecclesiali, capaci di vivere in questo mondo insieme con persone di altre religioni, insieme con tutte le persone di buona volontà. La via della pace passa, in ultima analisi, attraverso l'amore.

Imploriamo lo Spirito Santo, che è l'amore del Padre e del Figlio, di impossessarsi di noi con tutta la sua potenza, di illuminare le nostre menti e riempire i nostri cuori col suo amore.

Data: 1986-10-27 Lunedi 27 Ottobre 1986




Saluto dinanzi la basilica di San Francesco - Assisi (Perugia)

Operatori di pace nel pensiero e nell'azione, con la mente e col cuore, rivolti all'unità dell'intera famiglia umana


Cari fratelli e sorelle, Capi e rappresentanti delle Chiese cristiane e comunità ecclesiali e delle religioni mondiali, Cari amici.


1. Nel concludere questa giornata mondiale di preghiera per la pace, a cui voi siete intervenuti da molte parti del mondo, accettando gentilmente il mio invito, vorrei esprimere i miei sentimenti, come un fratello e un amico, ma anche come un credente in Gesù Cristo, e, nella Chiesa cattolica, il primo testimone della fede in lui. In relazione all'ultima preghiera, quella cristiana, nella serie che abbiamo ascoltato, professo di nuovo la mia convinzione, condivisa da tutti i cristiani, che in Gesù Cristo, quale Salvatore di tutti, è da ricercare la vera pace, "pace a coloro che sono lontani e pace a quelli che sono vicini" (Ep 2,17).

La sua nascita fu salutata dal canto degli angeli: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace agli uomini che egli ama" (Lc 2,14). Predico l'amore tra tutti, anche tra i nemici, proclamo beati quelli che operano per la pace (cfr Mt 5,9) e mediante la morte e la risurrezione ha portato riconciliazione tra cielo e terra (cfr Col 1,20). Per usare un'espressione di san Paolo apostolo: "Egli è la nostra pace" (Ep 2,14).


2. E' infatti la mia convinzione di fede che mi ha fatto rivolgere a voi, rappresentanti di Chiese cristiane e comunità ecclesiali e religioni mondiali, in spirito di profondo amore e rispetto. Con gli altri cristiani noi condividiamo molte convinzioni, particolarmente per quanto riguarda la pace. Con le religioni mondiali condividiamo un comune rispetto e obbedienza alla coscienza, la quale insegna a noi tutti a cercare la verità, ad amare e servire tutti gli individui e tutti i popoli, e perciò a fare pace tra i singoli e tra le nazioni.

Si, noi tutti siamo sensibili e obbedienti alla voce della coscienza di essere un elemento essenziale nella strada verso un mondo migliore e pacifico.

Potrebbe essere diversamente, giacché tutti gli uomini e le donne in questo mondo hanno una natura comune, un'origine comune e un comune destino? Anche se ci sono molte e importanti differenze tra noi, c'è anche un fondo comune, donde operare insieme nella soluzione di questa drammatica sfida della nostra epoca: vera pace o guerra catastrofica?


3. Si, c'è la dimensione della preghiera, che pur nella reale diversità delle religioni, cerca di esprimere una comunicazione con un Potere che è al di sopra di tutte le nostre forze umane. La pace dipende fondamentalmente da questo Potere che chiamiamo Dio, e che, come noi cristiani crediamo, ha rivelato se stesso in Cristo. Questo è il significato di questa giornata di preghiera. Per la prima volta nella storia ci siamo riuniti da ogni parte, chiese cristiane e comunità ecclesiali e religioni mondiali, in questo luogo sacro dedicato a san Francesco per testimoniare davanti al mondo, ciascuno secondo la propria convinzione, la qualità trascendente della pace. La forma e il contenuto delle nostre preghiere sono molto differenti, come abbiamo visto, e non è possibile ridurle a un genere di comune denominatore.


4. Si, ma in questa stessa differenza abbiamo scoperto di nuovo forse che, per quanto riguarda il problema della pace e la sua relazione all'impegno religioso, c'è qualcosa che ci unisce. La sfida della pace, come si pone oggi a ogni coscienza umana, comporta il problema di una ragionevole qualità della vita per tutti, il problema della sopravvivenza per l'umanità, il problema della vita e della morte. Di fronte a tale problema, due cose sembrano avere suprema importanza e l'una e l'altra sono comuni a tutti noi. La prima, come ho appena detto, è l'imperativo interiore della coscienza morale, che ci ingiunge di rispettare, proteggere e promuovere la vita umana, dal seno materno fino al letto di morte, in favore degli individui e dei popoli, ma specialmente dei deboli, dei poveri, dei derelitti: l'imperativo di superare l'egoismo, la cupidigia e lo spirito di vendetta. La seconda cosa comune è la convinzione che la pace va ben oltre gli sforzi umani, soprattutto nella presente situazione del mondo, e che perciò la sua sorgente e realizzazione vanno ricercate in quella Realtà che è al di là di tutti noi. E' questa la ragione per cui ciascuno di noi prega per la pace.

Anche se pensiamo, come realmente pensiamo che la realizzazione tra quella realtà e il dono della pace è differente, secondo le nostre rispettive convinzioni religiose, tutti pero affermiamo che tale relazione esiste. Questo è quanto esprimiamo pregando per essa. Ripeto umilmente qui la mia convinzione: la pace porta il nome di Gesù Cristo.


5. Ma, nello stesso tempo e nello stesso spirito, sono pronto a riconoscere che i cattolici non sono sempre stati fedeli a questa affermazione di fede. Non siamo sempre stati dei costruttori di pace. Per noi stessi, quindi, ma anche forse, in un certo senso, per tutti questo incontro di Assisi è un atto di penitenza.

Abbiamo pregato, ciascuno nel suo modo, abbiamo digiunato, abbiamo marciato assieme. In tal modo abbiamo cercato di aprire il nostro cuore alla realtà divina, al di là di noi, e ai nostri simili, uomini e donne. Si, mentre abbiamo digiunato, abbiamo tenuto presenti le sofferenze che guerre insensate hanno procurato e tuttora procurano all'umanità. Per questo abbiamo cercato di essere spiritualmente vicini ai milioni di persone vittime della fame in tutto il mondo. Mentre camminavamo in silenzio, abbiamo riflettuto sul sentiero che l'umanità sta percorrendo: sia nell'ostilità, se manchiamo di accettarci vicendevolmente nell'amore, sia compiendo un viaggio comune verso il nostro alto destino, se comprendiamo che gli altri sono nostri fratelli e sorelle. Il fatto stesso che siamo venuti ad Assisi da varie parti del mondo è in se stesso un segno di questo sentiero comune che l'umanità è chiamata a percorrere. Sia che impariamo a camminare assieme in pace e armonia, sia che ci estraniamo a questa vicenda e roviniamo noi stessi e gli altri. Speriamo che questo pellegrinaggio ad Assisi ci abbia insegnato di nuovo ad essere coscienti della comune origine e del comune destino dell'umanità. Cerchiamo di vedere in esso un'anticipazione di ciò che Dio vorrebbe che fosse lo sviluppo storico dell'umanità: un viaggio fraterno nel quale ci accompagniamo gli uni gli altri verso la meta trascendente che egli stabilisce per noi.


6. Preghiera, digiuno, pellegrinaggio. Questa giornata di Assisi ci ha aiutato a divenire più coscienti dei nostri impegni religiosi. Ma ha anche reso il mondo, che ci ha seguito attraverso i mezzi di comunicazione, più cosciente della responsabilità di ogni religione nei confronti dei problemi della guerra e della pace. Forse mai come ora nella storia dell'umanità è divenuto a tutti evidente il legame intrinseco tra un atteggiamento autenticamente religioso e il grande bene della pace. Che peso tremendo da portare per le spalle dell'uomo! Ma, nello stesso tempo, quale meravigliosa ed entusiasmante chiamata da seguire. La preghiera è già in se stessa azione, ma ciò non ci esime dalle azioni al servizio della pace. Qui noi stiamo agendo come gli araldi della coscienza morale dell'umanità come tale, umanità che aspira alla pace, che ha bisogno della pace.


7. Non c'è pace senza un amore appassionato per la pace. Non c'è pace senza volontà indomita per raggiungere la pace. La pace attende i suoi profeti. Insieme abbiamo riempito i nostri sguardi con visioni di pace: esse sprigionano energie per un nuovo linguaggio di pace, per nuovi gesti di pace, gesti che spezzeranno le catene fatali delle divisioni ereditate dalla storia o generate dalle moderne ideologie. La pace attende i suoi artefici. Allunghiamo le nostre mani verso i nostri fratelli e sorelle, per incoraggiarli a costruire la pace sui quattro pilastri della verità, della giustizia, dell'amore e della libertà (cfr Giovanni XXIII, "Pacem in Terris"). La pace è un cantiere aperto a tutti, non solo agli specialisti, ai sapienti e agli strateghi. La pace è una responsabilità universale: essa passa attraverso mille piccoli atti della vita quotidiana. A seconda del loro modo quotidiano di vivere con gli altri, gli uomini scelgono a favore della pace o contro la pace. Noi affidiamo la causa della pace specialmente ai giovani. Possano i giovani contribuire a liberare la storia dalle false strade in cui si svia l'umanità. La pace è nelle mani non solo degli individui ma anche delle nazioni.

Alle nazioni spetta l'onore di basare la loro attività a favore della pace sulla convinzione della sacralità della vita umana e sul riconoscimento dell'indelebile uguaglianza di tutti i popoli tra loro. Noi invitiamo insistentemente i responsabili delle nazioni e delle organizzazioni internazionali ad essere instancabili nell'introdurre le strutture di dialogo dovunque la pace è in pericolo o è già compromessa. Noi offriamo il nostro sostegno ai loro sforzi spesso sfibranti per mantenere o ristabilire la pace. Noi rinnoviamo il nostro incoraggiamento all'ONU perché possa corrispondere pienamente all'ampiezza e all'elevatezza della sua missione universale di pace.


8. In risposta all'appello che feci a Lione in Francia, nel giorno nel quale noi cattolici celebriamo la festa di san Francesco, speriamo che le armi abbiano taciuto e che gli attacchi siano cessati. Questo potrebbe essere un primo significativo risultato dell'efficacia spirituale della preghiera. In realtà, questo appello è stato accolto da molti cuori e da molte labbra in ogni parte del mondo, specialmente dove la gente soffre per la guerra e le sue conseguenze.

E' essenziale scegliere la pace e i mezzi per ottenerla. La pace, così cagionevole di salute, richiede una cura costante e intensiva. Su questo sentiero noi potremo avanzare a passi sicuri e veloci, poiché non c'è dubbio che gli uomini non hanno mai avuto tanti mezzi per costruire la pace quanti ne hanno oggi.

L'umanità è entrata in un'èra di aumentata solidarietà e di aspirazione alla giustizia sociale. Questa è l'occasione propizia. E' anche il nostro compito, che la preghiera ci aiuta ad affrontare.


9. Ciò che abbiamo fatto oggi ad Assisi, pregando e testimoniando a favore del nostro impegno per la pace, dobbiamo continuare a farlo ogni giorno della nostra vita. Ciò che infatti abbiamo fatto oggi è di vitale importanza per il mondo. Se il mondo deve continuare, e gli uomini e le donne devono sopravvivere su di esso, il mondo non può fare a meno della preghiera. Questa è la lezione permanente di Assisi: è la lezione di san Francesco che ha incarnato un ideale attraente per noi; è la lezione di santa Chiara, la sua prima seguace. E' un ideale fatto di mitezza, umiltà, di senso profondo di Dio e di impegno nel servire tutti. San Francesco era un uomo di pace. Ricordiamo che egli abbandono la carriera militare che aveva seguito per un certo tempo in gioventù, e scopri il valore della povertà, il valore della vita semplice e austera, nell'imitazione di Gesù Cristo, che egli intendeva servire. Santa Chiara fu per eccellenza la donna della preghiera. La sua unione con Dio nella preghiera sosteneva Francesco e i suoi seguaci, come ci sostiene oggi. Francesco e Chiara sono esempi di pace: con Dio, con se stessi, con tutti gli uomini e le donne in questo mondo. Possano quest'uomo santo e questa santa donna ispirare tutti gli uomini e le donne di oggi ad avere la stessa forza di carattere e amore per Dio e per i fratelli, per continuare sul sentiero sul quale dobbiamo camminare assieme.


10. Mossi dall'esempio di san Francesco e di santa Chiara, veri discepoli di Cristo, e convinti dall'esperienza di questo giorno che abbiamo vissuto insieme, noi ci impegniamo a riesaminare le nostre coscienze, ad ascoltare più fedelmente la loro voce, a purificare i nostri spiriti dal pregiudizio, dall'odio, dall'inimicizia, dalla gelosia e dall'invidia. Cercheremo di essere operatori di pace nel pensiero e nell'azione, con la mente e col cuore rivolti all'unità della famiglia umana. E invitiamo tutti i nostri fratelli e sorelle che ci ascoltano perché facciano lo stesso. Lo facciamo con la consapevolezza dei nostri limiti umani e consci del fatto che, lasciati a noi stessi, falliremmo. Riaffermiamo quindi e riconosciamo che la nostra vita e la nostra pace futura dipendono sempre da un dono che Dio ci fa. In questo spirito, invitiamo i leaders mondiali a prender atto della nostra umile implorazione a Dio per la pace. Ma chiediamo pure ad essi di riconoscere le loro responsabilità e di dedicarsi con rinnovato impegno al compito della pace, a porre in atto le strategie della pace con coraggio e lungimiranza.


11. Consentitemi ora di rivolgermi a ciascuno di voi, rappresentanti delle Chiese cristiane e delle comunità ecclesiali e delle religioni mondiali, che siete venuti ad Assisi per questo giorno di preghiera, di digiuno e di pellegrinaggio. Vi ringrazio nuovamente per aver accettato il mio invito a venire qui per questo atto di testimonianza davanti al mondo. Estendo pure il mio ringraziamento a tutti coloro che hanno reso possibile la nostra presenza qui, particolarmente ai nostri fratelli e sorelle di Assisi. E soprattutto rendo grazie a Dio e Padre di Gesù Cristo per questo giorno di grazia per il mondo, per ciascuno di voi, e per me stesso. Lo faccio invocando la vergine Maria, regina della pace. Lo faccio con le parole della preghiera che è comunemente attribuita a san Francesco, perché ben ne rispecchia lo spirito: "Signore, fa' di me uno strumento / della tua pace: / dove è odio, ch'io porti l'amore, / dove è offesa, ch'io porti il perdono, / dove è discordia, ch'io porti l'unione, / dove è dubbio, ch'io porti la fede, / dove è errore, ch'io porti la verità, / dove è disperazione, ch'io porti la speranza, / dove è tristezza, ch'io porti la gioia, / dove sono le tenebre, ch'io porti la luce. / Maestro, fa' che io non miri tanto: / ad essere consolato, quanto / a consolare, / ad essere compreso, quanto / a comprendere, / ad essere amato, quanto / ad amare: / poiché donando si riceve, / perdonando si è perdonati, / morendo si risuscita a vita eterna".

Data: 1986-10-27 Lunedi 27 Ottobre 1986





GPII 1986 Insegnamenti - Omelia alla concelebrazione nello stadio - Perugia