GPII 1986 Insegnamenti - A tedeschi di Dillingen - Città del Vaticano (Roma)

A tedeschi di Dillingen - Città del Vaticano (Roma)

La vostra testimonianza sia segno di speranza per l'umanità


Egregio signor presidente della Giunta, confratelli nel sacerdozio, gentili signore ed egregi signori. A voi tutti do il mio benvenuto qui in Vaticano, per il vostro pellegrinaggio a Roma e mi rallegro che su vostro desiderio ci siamo potuti incontrare poco prima della mia partenza per l'Australia. Rappresentate - soprattutto per la vostra funzione ufficiale - la popolazione della circoscrizione di Dillingen sul Danubio sia al livello di amministrazione politica che al livello di regione della diocesi di Augsburg. E' per me un segno carico di speranza, che un distretto con i suoi responsabili politici, suoi sindaci e i rappresentanti del clero abbiano intrapreso un pellegrinaggio tutti insieme. Voglia Dio che questa non rappresenti un'iniziativa isolata, ma sia segno di una collaborazione fiduciosa che continui anche nel futuro nell'attenzione reciproca delle competenze e delle convinzioni politiche di ognuno. Poiché a voi tutti spetta essere al servizio del vero bene degli uomini della vostra terra. La disponibilità dei cittadini nel dimostrare fiducia e attenzione verso le vostre decisioni e provvedimenti aumenta certamente, se nell'ambito di una circoscrizione e di una regione le responsabilità vengono prese degnamente e a favore dell'uomo e se anche nella vita e nell'operato di ogni giorno sono rispettati quei valori fondamentali e quelle qualità civili che rendono possibile la convivenza democratica e il progresso sociale. Durante questo pellegrinaggio volete fare memoria di sant'Alberto Magno di Lauingen e ricordare il mio primo viaggio pastorale in Germania nel novembre 1980, quando mi recai a Colonia alla tomba di questo grande figlio della vostra terra. Quando io espressi una preghiera di intercessione per tutti i problemi del vostro paese natale, mi sono sentito spiritualmente unito anche al luogo di nascita del santo. così io oggi posso invitarvi a unirvi alla mia preghiera di allora, e pregare Dio, su intercessione di sant'Alberto, affinché egli doni ai responsabili nello stato e nella società comprensione e coscienziosità, e usino le conquiste della scienza e della tecnica per la pace e il progresso di tutti i popoli e non per il loro danno. La saggia compagnia del Signore sia con voi e con tutti i cittadini per i quali operate; Dio regali al popolo tedesco pace e unità e lo renda memore della propria responsabilità. Da parte mia vi chiedo di accompagnare con la vostra preghiera e il vostro pensiero il mio viaggio pastorale in Australia.

Imparto di cuore a tutti voi, alle vostre famiglie, alle comunità parrocchiali e a tutti i cittadini delle circoscrizioni che qui rappresentate la mia particolare benedizione apostolica.

Data: 1986-11-18 Martedi 18 Novembre 1986




All'aeroporto internazionale "Zia" - Dacca (Bangladesh)

"Vengo come pellegrino nell'anima del vostro popolo"


Signor presidente, cari amici,


1. Sono veramente felice che la prima tappa del mio viaggio mi porti oggi nel Bangladesh. Come nazione sovrana e indipendente, il Bangladesh è un paese giovane.

Come popolo, avete una lunga storia e tradizioni antiche che vi uniscono in una identità comune. Ringrazio l'Altissimo che mi dà la possibilità di compiere questa visita come un fratello: un fratello nella nostra comune umanità; un fratello nella nostra adorazione dell'"unico Dio vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini" (NAE 3); un fratello nella solidarietà umana, in ascolto della voce dell'umanità che implora in tutto il mondo dignità, giustizia e pace.

Sono grato sia al Presidente e al Governo del Bangladesh, che ai vescovi cattolici per il loro cordiale invito e per il loro impegno nel rendere questa visita possibile. Già nel 1979 mi fu rivolto un invito, e da allora ho atteso con impazienza questo momento. Poiché siete una nazione giovane, state cercando di consolidare la vostra identità nazionale, di far si che il vostro sia un paese in cui tutti possano sentirsi ugualmente a casa propria e avere la possibilità di partecipare alla costruzione della comunità nazionale.


2. Vengo in mezzo a voi come un pellegrino nell'"anima" del popolo del Bangladesh.

La vostra antica cultura riflette i contatti con molte religioni, tradizioni, razze e lingue. Siete a buon diritto orgogliosi del vostro ricco patrimonio artistico, specialmente nel campo della letteratura e in quello della musica. Il vostro popolo è sostenuto da una solida fede in Dio. Nella Provvidenza esso cerca il senso della propria vita e la forza per vivere in armonia gli uni con gli altri e nel rispetto della sua volontà. Molti gruppi linguistici culturali e religiosi vivono fianco a fianco.

Siete dunque chiamati a dare esempio tra di voi di tolleranza e di apertura. Del resto, la storia recente del cammino verso l'indipendenza da parte della vostra nazione è la miglior prova che tutti i settori della popolazione possono vantaggiosamente unirsi nel conseguimento degli obiettivi di una società giusta e pacifica.


3. La mia visita ha soprattutto un significato religioso. Vengo come un pellegrino religioso in uno spirito di amore fraterno e di stima per tutti. Saluto i miei fratelli della fede islamica, consapevole dei legami che ci uniscono nell'ubbidienza all'unico, onnipotente Dio Creatore, Signore delle nostre vite.

Saluto cordialmente i seguaci delle tradizioni induista e buddista, e tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Possa il nostro incontro essere contrassegnato da uno spirito di armonia, di pace e di fratellanza. Nell'adempimento delle mie responsabilità in seno alla Chiesa cattolica, vengo come testimone della fede cristiana e come garante dell'unità tra i miei fratelli e le mie sorelle cattolici. La mia missione è più particolarmente quella di confermare nella fede i miei fratelli vescovi e i sacerdoti, i religiosi e i laici della comunità cattolica. Nell'amore del nostro Signore Gesù Cristo saluto anche i membri delle altre comunità cristiane. Nello spirito di amicizia che il Vangelo c'insegna, vi incoraggio tutti a perseverare nel servizio gioioso della nazione e in una collaborazione responsabile con i vostri concittadini nel compito immenso dello sviluppo.


4. Al cospetto di tutti voi qui presenti, e al cospetto di tutto il popolo del Bangladesh, esprimo la fervida speranza e preghiera affinché il vostro paese possa proseguire con sicurezza sulla sua strada: nel rispetto della dignità di ogni individuo, nella salute e nella felicità delle vostre famiglie, nel rafforzamento delle sane istituzioni e delle strutture sociali del paese, nell'impegno di tutti i suoi cittadini per il bene comune, nel culto di Dio misericordioso nella verità, nella libertà e nell'amore. Che Dio onnipotente e misericordioso benedica il Bangladesh!

Data: 1986-11-19 Mercoledi 19 Novembre 1986




Omelia alla Messa nello stadio di Ershad - Dacca (Bangladesh)

La Chiesa vive grazie all'amore dei sacerdoti per Cristo


"O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra" (Ps 8,1).

Caro arcivescovo Michael Rozario e voi tutti vescovi del Bangladesh, cari vescovi della Birmania, cari fratelli e sorelle.


1. Su tutta la terra, in ciascun paese, tra tutte le genti, il nome dell'Altissimo è conosciuto e adorato. In Bangladesh avviene altrettanto. In questo Paese in cui siamo riuniti per la celebrazione dell'Eucaristia, l'uomo, e con lui ogni creatura che Dio ha posto in suo potere - con le parole del Salmo "tutti, i greggi e gli armenti, addirittura le bestie feroci, gli uccelli dell'aria e i pesci che si fanno strada nell'acqua" - tutti proclamano la gloria dell'unico Dio e lodano il suo santo nome. fratelli e sorelle del Bangladesh: genti di razze diverse, di diverse lingue e religioni, riuniamoci come membri della stessa famiglia umana, nell'adorazione del Dio misericordioso: Quanto è grande il tuo nome, o Dio, su tutta la terra! Fratelli vescovi, cari sacerdoti, cari religiosi e care religiose e laici del Bangladesh. Ringrazio il Padre di Nostro Signore Gesù Cristo per avermi concesso l'opportunità di celebrare questa santa Messa tra di voi, nel vostro paese. Voi siete un "piccolo gregge", ma siete molto vicini al cuore del successore di Pietro. Illustri uomini e donne del Bangladesh, rappresentanti del Governo e della vita pubblica, capi religiosi e rappresentanti del mondo della cultura e dell'arte: vi ringrazio per la vostra presenza e per l'affettuoso benvenuto con cui mi avete accolto. Mi rivolgo a voi come un fratello, come una persona profondamente preoccupata per il destino dell'umanità, come pellegrino di pace e ricercatore della giustizia secondo la volontà di Dio.


2. Chi rende gloria e lode a Dio? L'intero universo, ogni creatura. Ma soprattutto è l'uomo che riconosce e adora il suo Creatore. Proprio per questo motivo ogni cosa è stata posta sotto il suo controllo. Il Salmo dice: "Lo hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato, gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi" (Ps 8,5-6).

Commentando questo principio, il Concilio Vaticano II insegna che "l'uomo, creato a immagine di Dio, ha ricevuto il comando di sottomettere a sé la terra con tutto quanto essa contiene, e di governare il mondo nella giustizia e nella santità, e così pure di riportare a Dio se stesso e l'universo intero, riconoscendo in lui il creatore di tutte le cose; in modo che, nella subordinazione di tutte le realtà all'uomo, sia glorificato il nome di Dio su tutta la terra" (GS 34). Compito dell'uomo su questa terra è quindi di rendere più umana la propria vita e di sottomettere a questo fine tutta la terra. In questo senso l'uomo è padrone di ogni realtà materiale. In verità, egli è il "sacerdote" del cosmo, il cui compito è di proclamare, a nome di tutte le creature, la venerabile grandezza dell'Onnipotente e di restituire l'intero universo al Creatore, come sacrificio gradito. In questa prospettiva religiosa universale è immediatamente riconoscibile la grande e inalienabile dignità dell'uomo. Là dove questa dignità viene calpestata, dalla povertà, dalla fame e dalla malattia, dalla mancanza di condizioni di vita dignitose e di possibilità di ricevere un'educazione e di trovare un lavoro, la coscienza del mondo deve essere messa in allarme, affinché sia difesa l'immagine di Dio nell'uomo. Anche in Bangladesh i professionisti e i leaders hanno ampio spazio d'azione per intervenire nel servizio ai loro concittadini, nella costruzione di una società giusta e nella risposta alle urgenti necessità di tante persone. Mossi e ispirati da valori veri, religiosi e umani, essi possono dare una nuova direzione e nuovo impulso all'impegno per lo sviluppo e il progresso.


3. Nell'ampio raggio d'azione in cui si colloca il dovere dell'uomo di servire il suo prossimo e di rendere gloria a Dio, questa cerimonia di ordinazione sacerdotale assume un significato particolare. Diciotto figli di questo Paese parteciperanno al ministero sacerdotale di Gesù Cristo, profeta, sacerdote e re della nuova ed eterna alleanza. Mediante la consacrazione dello Spirito Santo, essi saranno prescelti per l'edificazione del popolo di Dio attraverso uno specifico ministero e servizio di amore. Soprattutto questi giovani, che sono nostri fratelli, riceveranno l'autorità di agire nella persona di Cristo, offrendo il sacrificio eucaristico a nome di tutte le genti (cfr LG 10).

Cari candidati, siete in grado di comprendere quale grande dignità e responsabilità vi sarà conferita? Vi siete preparati a questo momento di grazia per molti anni. Con fiducia in Cristo e nell'amorevole protezione di Maria, dedicatevi interamente al compito che ora verrà posto sulle vostre spalle.


4. Il sacerdozio ministeriale viene conferito a coloro che hanno ricevuto una grazia particolare da Dio. E' infatti una vocazione speciale ed esige una chiamata personale: "Nessuno può attribuire a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio" (He 5,4). La vocazione di Geremia, di cui si narra nella prima lettura, rappresenta il tipo e il modello di ciascuna vocazione speciale: "Prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni...

io sono con te per proteggerti" (Jr 1,5-8). Nell'esperienza interiore di ciascun sacerdote e di ciascun fratello o sorella nella vita consacrata, vi è una coscienza di questa chiamata personale da Dio, una coscienza che si è prodotta sotto l'impulso della grazia e che cresce costantemente fino a diventare quella certezza di cui san Paolo dice: "So infatti a chi ho creduto e son convinto che egli è capace di conservare il mio deposito" (2Tm 1,12). Questa certezza è la certezza di essere amati, in maniera personale e unica, da Cristo, il pastore delle nostre anime. La lettura del Vangelo ricorda le parole di Gesù all'ultima cena: "Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore" (Jn 15,9). Tutti i discepoli di Cristo ascoltano queste parole nel loro cuore. Ma esse vengono percepite con un effetto drammatico da coloro che partecipano al ministero degli apostoli, perché a loro Gesù dice in modo particolare: "Voi siete miei amici... non vi chiamo più servi... io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto" (Jn 15,14-16).

E' importante per la perseveranza e la fecondità del ministero sacerdotale che non perdiamo mai il contatto con la persona che ha pronunciato queste parole. Cosa si aspetta Cristo da voi, che siete suoi amici? Egli cerca il vostro amore. "Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati". E quindi ci mostra fin dove si spinge il suo amore: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Jn 15,12 Jn 15,13). Di questo amore Gesù stesso ha dato un esempio perfetto, e ogni volta che celebrerete l'Eucaristia, ricorderete e rinnoverete il suo sacrificio salvifico per la gloria del Padre e la salvezza del mondo. Il vostro servizio alla comunità potrà assumere diverse forme, ma tutte dovranno essere espressione di questo amore. Quando pronuncerete le parole di vita e amministrerete i sacramenti della fede, quando attraverserete in lungo e in largo questo paese per raggiungere i vostri fratelli e le vostre sorelle nel bisogno, quando guarirete le anime, quando educherete e incoraggerete i giovani, quando contribuirete al consolidamento dello sviluppo e della pace con giustizia e compassione per tutti, fate che l'amore sia la vostra ispirazione e la vostra forza. Allora porterete "frutti che restano", che alimentano la vita divina delle anime e la vitalità della comunità del popolo di Dio, il "corpo di Cristo", al quale fa riferimento la seconda lettura. L'esortazione di san Paolo in questa lettura a " vivere una vita degna della vocazione che avete ricevuto con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore" (Ep 4,1-2), è diretta all'"edificazione del corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo". In altre parole, la vita della Chiesa in Bangladesh è intimamente legata alla forza del vostro amore per Cristo.


5. Le parole di san Paolo trovano la loro eco nel tema scelto per questa mia visita: Comunione e fratellanza. Quale programma migliore per questi sacerdoti appena consacrati, e per l'intera Chiesa del Bangladesh, se non prendere la decisione di rafforzare i legami che uniscono i discepoli di Cristo nella comunione di "un solo corpo, un solo Spirito... un solo Signore, una sola fede, un solo Battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti" (Ep 4,4-6); e, allo stesso tempo, di costruire e rafforzare i legami di fratellanza, libertà, armonia e giustizia in tutta la comunità nazionale.


6. Voi dovrete cercare di mostrare ai vostri fratelli musulmani e ai seguaci delle altre tradizioni religiose che la vostra fede cristiana, lungi dall'indebolire il vostro senso di orgoglio per il vostro paese e il vostro amore per esso, vi aiuta ad apprezzare e rispettare la cultura e l'eredità del Bangladesh. Essa vi sostiene nell'affrontare le sfide dei nostri giorni con amore e responsabilità.

Appena un anno fa ho avuto il piacere di parlare a un gruppo di giovani musulmani a Casablanca, in Marocco. Ho parlato a loro, come ora parlo ai giovani del Bangladesh, delle molte cose che cristiani e musulmani hanno in comune come esseri umani e credenti. Ho sottolineato che "il dialogo tra cristiani e musulmani è, oggi, più necessario che mai" (19 agosto 1985). La Chiesa cattolica si è impegnata nella via del dialogo e della collaborazione con gli uomini e le donne di buona volontà di ogni tradizione religiosa. Abbiamo in comune molte risorse spirituali che dobbiamo condividere lavorando per un mondo più umano. I giovani, in modo particolare, sanno come essere aperti gli uni agli altri, ed essi vogliono un mondo in cui tutte le libertà fondamentali, compresa la libertà del credo religioso, siano rispettate. A volte, cristiani e musulmani si temono e diffidano gli uni degli altri a causa di un passato di malintesi e di conflitti. Questo avviene anche in Bangladesh.

Ognuno, in particolare i giovani, deve imparare a rispettare sempre il credo religioso del suo prossimo e a difendere la libertà di religione, che è un diritto di ogni essere umano.


7. Le parole di Cristo sono state ripetute oggi in questo paese: "Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi" (Jn 15,9). Egli rivolge queste parole a voi, giovani scelti per il sacerdozio! A tutti voi che siete la Chiesa del Bangladesh! Egli rivolge queste parole a tutti coloro che vivono in questo Paese! Ed egli continua, dicendo: "Rimanete nel mio amore". Questo è il fervente desiderio e la fervente preghiera del successore di Pietro, che oggi vi visita. Rimanete nell'amore di Cristo! Siate fedeli ai suoi comandamenti, come Cristo è stato fedele ai comandamenti del Padre ed è così rimasto nel suo amore. Cari fratelli e sorelle: rimanete nell'amore del Padre! Nell'amore di Dio! "Perché la vostra gioia sia piena". Amen.

Data: 1986-11-19 Mercoledi 19 Novembre 1986




A varie personalità, nell'arcivescovado - Dacca (Bangladesh)

Cresca l'armonia dello spirito dimostrata ad Assisi


Cari amici, illustri rappresentanti della vita religiosa e della vita pubblica del Bangladesh.


1. Durante questa breve visita che Dio mi ha concesso di compiere nel vostro Paese, sono particolarmente lieto di avere la possibilità di parlare a questa riunione di rappresentanti dei diversi settori della vita nel Bangladesh. Saluto ciascuno di voi con gioia profonda e con sentimenti di buona volontà. Spero sinceramente di confermare in voi con questo incontro lo spirito di "Comunione e di Fraternità", titolo che avete scelto come tema di questa visita. Queste parole "Comunione e Fraternità" esprimono i miei personali sentimenti verso il popolo del Bangladesh. Il viaggio che ha inizio qui nel Bangladesh mi porterà a Singapore, alle Fiji, in Nuova Zelanda, in Australia e nelle Seychelles. Qual è lo scopo di queste visite? In primo luogo esse hanno un profondo significato ecclesiale per le comunità cattoliche di tutto il mondo. In secondo luogo, esse mirano a portare avanti l'impegno della Chiesa cattolica per un dialogo sincero e leale con altre tradizioni religiose relativo al comune destino spirituale e umano del quale siamo tutti partecipi. Infine, visitando le diverse parti del mondo voglio sensibilizzare gli uomini e le donne di buona volontà alle importanti sfide che la famiglia umana si trova ad affrontare in quest'ultimo scorcio del XX secolo.


2. Innanzitutto, dunque, la mia visita è dedicata alla comunità cattolica. La Chiesa è una comunità di fede e di vita cristiana, nella fedeltà agli insegnamenti del nostro Signore Gesù Cristo. I suoi membri appartengono a ogni razza e nazione, e rispecchiano ogni condizione sociale. Senza abbandonare o indebolire la loro appartenenza a una particolare nazione e cultura, essi sono uniti l'uno all'altro da un legame spirituale universale. Questa "koinonia" o comunione dei membri della Chiesa non e un puro e semplice atteggiamento di solidarietà spirituale; è soprattutto partecipazione a certi doni che Cristo ha affidato alla Chiesa attraverso lo Spirito che riversa nei nostri cuori (cfr Rm 5,5). Il Concilio Vaticano II elenca alcuni di questi doni: le Sacre Scritture, la nostra fede trinitaria, i sacramenti, la vita di grazia, la fede, la speranza e la carità, e altri carismi (cfr LG 15 UR 3). Attraverso questi doni entriamo in unione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, e in comunione l'uno con l'altro. Questa comunione ha "il fondamento perpetuo e visibile dell'unità" nel successore di Pietro (LG 18). Il Signore ha permesso oggi a me, ultimo nella lunga successione dei Papi, di essere personalmente presente tra di voi per confermare la vostra fede e la vostra fratellanza. In questo risiede il significato più profondo della mia visita alla comunità cattolica del Bangladesh. A voi dunque vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, seminaristi e rappresentanti del laicato del Bangladesh, voglio ripetere le parole di san Paolo: "Ringraziamo sempre Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere, continuamente memori davanti a Dio e Padre nostro del vostro impegno nella fede, della vostra operosità nella carità e della vostra costante speranza" (1Th 1,2-3).

Parlando ai membri della Chiesa cattolica nel Bangladesh, sono consapevole del contesto spirituale, culturale e sociale nel quale vivete e operate. Da molti anni state esaminando le vostre attività pastorali e caritative in relazione alle necessità della Chiesa e della nazione. A questo riguardo, gli insegnamenti e le direttive del Concilio Vaticano II costituiscono un punto di riferimento essenziale per tutta la Chiesa nell'adempimento della sua missione nelle circostanze attuali della storia e del mondo. La corretta applicazione delle direttive del Concilio, molte delle quali sono state integrate da documenti successivi della Santa Sede, richiede molto coraggio e un'attenta pianificazione da parte dell'intera comunità ecclesiale.


3. Il "Piano Pastorale per la Chiesa nel Bangladesh", pubblicato dalla vostra Conferenza episcopale nel giorno di Pentecoste del 1985, individua un certo numero di sfide che la Chiesa deve affrontare. Ciascuno di voi ha un contributo specifico da dare per farvi fronte. Voi sentite la necessità di un maggior coordinamento a livello locale, diocesano e nazionale nei programmi di formazione e di azione pastorale. Ciò richiede non soltanto organizzazione esterna, ma anche e soprattutto quella comunione spirituale che vi unisce nel Signore. In particolare voi sentite la necessità che il ruolo specifico del laicato nella vita e nell'opera della Chiesa sia pienamente riconosciuto e messo in pratica. Volete anche essere sempre più vicini a tutto il popolo del Bangladesh, alle condizioni culturali e sociali dei vostri connazionali. Siete giustamente preoccupati di essere presenti tra di loro in tutti i loro sforzi.


4. A tutti i sacerdoti desidero rivolgere una speciale parola di incoraggiamento.

Siete stati configurati a Cristo in maniera particolare con la grazia dell'ordinazione, e dovete cercare ogni giorno di riflettere sempre più la mitezza e l'amore di quel Cuore che fu mosso a compassione dalle moltitudini (cfr Mt 15,32). Sostenetevi gli uni gli altri attraverso la preghiera e attraverso l'esempio della vostra generosa vita e del vostro ministero sacerdotale. Date ascolto alle parole dell'Apostolo: "Non conformatevi alla mentalità di questo secolo" (Rm 12,2). Come autentici pastori del popolo che vi è stato affidato, insegnategli ad assumere il suo ruolo nelle comunità ecclesiali e civili. Da parte mia preghero ogni giorno per voi Maria, Madre della Chiesa e nostra Madre, nostra compagna sulla via del discepolato.


5. Usando le parole dell'Apostolo, voglio esortare i religiosi e le religiose del Bangladesh a "camminare sempre in una vita nuova" (Rm 6,4) conformemente al loro speciale carisma in seno alla comunità ecclesiale. Con il cuore pieno di gioia dovete continuare a servire la Chiesa in questo Paese con generosità e abnegazione. Siate sempre membri della vostra identità e della vostra dignità.

Tutto ciò che fate al servizio degli altri assume un significato particolare a causa di quello che siete: persone che hanno lasciato tutto per fare dell'incommensurabile amore di Cristo la sostanza stessa della loro vita.


6. Rivolgo uno speciale saluto ai seminaristi del Bangladesh. Possiate sperimentare nel più profondo dei vostri cuori l'efficacia e la potenza della chiamata di Cristo: "Se vuoi essere perfetto... vieni e seguimi" (Mt 19,21).

Preparatevi con cura ai compiti sacerdotali che vi attendono. E sappiate che il Papa vi ama e prega per voi.


7. Cari laici del Bangladesh: non vi sorprenderà che il primo pensiero del Papa nei vostri confronti sia un pensiero di solidarietà nell'amore del nostro Signore Gesù Cristo. E' per me una gioia venire a conoscenza del vostro entusiasmo per crescere nella fede e nella carità per adempiere meglio al vostro ruolo nella Chiesa e nel mondo. Siete un "piccolo gregge", e molti di voi sono poveri. Dovete lottare contro le limitazioni naturali e le difficoltà create dall'uomo, sempre presenti nella vostra esistenza in questo Paese. Sapete che nonostante queste circostanze il Signore vi chiama a una vita di santità e di pace. Santità della vita significa dare a Dio il primo posto nei vostri pensieri e nelle vostre azioni; significa rispettare la sua volontà per la vostra vita familiare, ed essere sinceri e giusti nei vostri rapporti reciproci. Santità significa dedicare tempo alla preghiera; significa amore per il prossimo, perdono a quanti vi offendono, pazienza nelle avversità della vita. Significa crescere nella conoscenza della fede, nella pietà e nell'obbedienza al Padre eterno.

Pace significa che vivrete in fraternità con tutti; che cercherete di condividere le responsabilità, collaborerete all'opera di progresso e di sviluppo, che cercherete di promuovere l'armonia e il rispetto reciproco tra tutti i membri della nazione. Cari fratelli e sorelle in Cristo: vi esorto a restare saldi nella speranza alla quale siete stati chiamati. Ricordatevi che tutta la Chiesa guarda a voi con amore e vi sostiene in una unione dei cuori nella preghiera.


8. Giovani del Bangladesh: siete chiamati più di ogni altro a contribuire a lasciare il mondo in cui vivete. Il futuro vi appartiene. Eppure vi sentite forse spesso frustrati o delusi. Desiderate ardentemente un mondo migliore, eppure un antico egoismo continua a prevalere. Talvolta non sapete dove cominciare per cambiare le cose in meglio. Ma se doveste scoraggiarvi, per quanto enormi siano i compiti che vi si presentano, condannereste voi stessi e la vostra generazione a perpetuare quelle stesse situazioni che richiedono miglioramenti. Vorrei ricordarvi il giovane del Vangelo, pieno di buona volontà, che si avvicino a Gesù e gli chiese: "Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?" (Mc 10,17). Maestro buono! Voi pure avete bisogno di maestri buoni che vi conducano a ciò che è buono, sulle vie della verità, della vita e dell'amore, tenendovi lontani da ogni forma di inganno, di odio o di violenza; maestri che vi conducano a Dio. E Gesù risponde al giovane: "Nessuno è buono, se non Dio solo" (Mc 10,18). Infatti, come scrivevo riguardo a questo stesso brano in occasione dell'Anno internazionale della gioventù (n. 4): "Senza di lui - senza il riferimento a Dio - l'intero mondo dei valori creati resta come sospeso in un luogo assoluto. Esso perde anche la sua trasparenza, la sua espressività. Il male si presenta come bene e il bene viene squalificato. Non ci indica questo l'esperienza stessa dei nostri tempi...?". La parte finale di questo brano del Vangelo ci mostra quanto dipende dalla vostra disponibilità a fare la vostra parte. Il giovane ando via rattristato. Non aveva il coraggio di impegnarsi nell'opera di Cristo. Voi invece dovete essere disposti a servire per il benessere dei vostri fratelli e sorelle in questo Paese, utilizzando pienamente le vostre energie giovanili. Esprimerete così l'autenticità della vostra fede e darete un nobile obiettivo ai vostri sforzi.

Nella grande impresa di ricercare giuste soluzioni alle sofferenze e ai bisogni dei vostri connazionali, i giovani di ogni fede devono essere aperti gli uni verso gli altri in uno spirito di collaborazione e di reciproca stima. Giovani del Bangladesh, assumete il vostro ruolo nello sviluppo del vostro Paese. Preparatevi diligentemente ad affrontare le sfide che vi chiamano a contribuire nel miglior modo possibile al servizio del vostro popolo e della vostra patria.


9. Illustri rappresentanti di ogni credo religioso, uomini e donne del Bangladesh: il mio messaggio riguarda la sublime dignità di ogni uomo nel progetto di Dio riguardante la famiglia umana. Va crescendo la convinzione che si debba fare con urgenza qualche cosa per assicurare la pace e lo sviluppo, condizioni per un avvenire migliore di tutta la specie umana. Siamo dolorosamente consapevoli del fatto che la dignità data da Dio all'uomo e la sua stessa sopravvivenza sono gravemente minacciate. Le tensioni politiche e ideologiche tra Est e Ovest, le tensioni economiche e sociali tra Nord e Sud, e le molte forme di violenza, d'ingiustizia e di disuguaglianza, sono una minaccia attuale e crescente per i diritti e per la dignità dell'uomo. Prego costantemente perché l'armonia dello Spirito dimostrata nel recente incontro di preghiera ad Assisi - dove i capi delle Chiese e comunità cristiane e delle altre religioni del mondo si sono riuniti per implorare il dono della pace da Dio - cresca di giorno in giorno finché tutte le persone e tutti i popoli saranno riconciliati nell'amore. Noi che crediamo nell'onnipotenza dell'Altissimo dobbiamo essere convinti che con il suo aiuto la pace e la riconciliazione sono possibili. La volontà divina è che si lavori insieme per realizzarle. 10. Con particolare rispetto saluto i malati e i poveri, quelli presenti e quelli che non hanno avuto la possibilità di venire. Vedo in voi il volto dell'umanità sofferente. Penso a tutti coloro, giovani e vecchi, di tutti i Paesi, la cui vita è segnata dal dolore e dall'indigenza. Vedo in voi il volto di Cristo sofferente, l'"uomo dei dolori", che offre al Padre la sua sofferenza e la sua morte come "calice di salvezza". Attraverso il vostro dolore avete spesso imparato ad essere più umani e più sensibili ai bisogni degli altri. Siete cresciuti così nella dignità. E' per questo che Gesù poteva dire "Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati" (Lc 6,20-21).

Questo non significa che non dobbiate cercare un'autentica liberazione dalle prove della vita. Né significa che la società possa dimenticare i suoi precisi obblighi nei vostri riguardi. Significa piuttosto che le vostre necessità non riguardano solo voi; esse sono la voce stessa di Dio che dice al mondo che verrà giudicato dal modo in cui fa fronte a queste necessità - dalla giustizia, dalla misericordia e dall'amore che vi dimostra -. Prego perché possiate veramente sperimentare quella solidarietà efficace di cui avete bisogno. Soprattutto spero che i cittadini di questo Paese non cessino di impegnarsi finché non abbiano prevalso i valori della giustizia, della misericordia e dell'amore. Possa l'Altissimo sostenere e dare forza a tutti voi. 11. Cari amici: il mio breve soggiorno tra di voi sta per concludersi. Desidero dunque esprimere ancora una volta la mia gratitudine al Governo e alla Chiesa del Bangladesh per quanto è stato fatto per rendere possibile questa visita. Avevo il desiderio di conoscere più intimamente il vostro Paese. Portero con me il ricordo di un popolo che cerca di onorare il Creatore e di realizzare un futuro migliore per sé e per i propri figli. Possiate essere tutti uniti nell'operare in vista di questo traguardo. Dio onnipotente benedica ciascuno di voi!

Data: 1986-11-19 Mercoledi 19 Novembre 1986





GPII 1986 Insegnamenti - A tedeschi di Dillingen - Città del Vaticano (Roma)