GPII 1987 Insegnamenti - In occasione del 50° di ordinazione sacerdotale - Città del Vaticano (Roma)

In occasione del 50° di ordinazione sacerdotale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Lettera augurale al Cardinale Agnelo Rossi

Testo:

Al nostro venerabile fratello cardinale Agnelo Rossi Amministratore del Patrimonio della Sede Apostolica Decano del Collegio dei Cardinali della Santa Chiesa Romana E' nostra consuetudine partecipare agli eventi lieti o tristi dei nostri venerabili fratelli nell'episcopato (sono essi infatti "i nostri fratelli, gli apostoli delle chiese, la gloria di Cristo" [2Co 8,23]), ma sentiamo uno speciale affetto e dilezione per quegli uomini che ornati della porpora romana formano il senato della Chiesa: dei loro consigli ci serviamo e della loro sapienza usiamo nel trattare importanti questioni e ci allietiamo della loro presenza come di fratelli carissimi.

Per quanto riguarda la presente ricorrenza non dubitiamo che siano numerosi quelli che nel profondo del cuore si rallegrano per l'avvicinarsi del 50° anniversario della tua ordinazione sacerdotale: non sono pochi infatti quelli che a te furono uniti da stretti vincoli d'amicizia durante tutti questi lustri, sia per rapporti di lavoro sia per l'egregia pietà e umanità. Tutte queste persone con grandissimo amore ti accompagnano.

Gusta quindi, venerabile fratello nostro, la dolce soavità che emana dal tuo sacerdozio come da limpida fonte; ritorna così con la memoria a quei giorni antichi, come colui che nel tempo della maturità con la mente ripercorre i momenti giocondi della primavera, per ammirare i miracoli della natura che rinasce. In tal modo non soltanto il cuore si riempirà di pia letizia e sarà come rinnovato (è proprio infatti della virtù divina tener fede alle promesse), ma si aggiungeranno anche stimoli a tendere verso mete ancora più alte, se ci possiamo permettere di esortare uno che già sta correndo: "infatti ha sempre qualcosa da dare colui che ha il cuore colmo di amore" (S. Agostino, Sul Salmo XXII, Enarrationes II, 13).

Tuttavia con brevi parole vogliamo ancora commemorare la tua vita e ci piace mettere in risalto quello che hai compiuto da sacerdote e da vescovo.

Nato nella città di Joaquim Egidio, nella nobilissima terra del Brasile, l'anno 1913, sei stato chiamato ben presto da Dio e ricevesti il sacerdozio in giovane età: e quella fiamma vivace, nutrita dalla grazia, illumino e riscaldo molte persone. Nel 1956 si aggiunse poi l'incarico di vescovo nella diocesi di Barra do Pirai e poco dopo l'arcivescovado di Ribeirao Preto. In seguito fosti nominato alla sede metropolitana di San Paulo del Brasile, quasi nel cuore della tua nazione, di cui certamente divenisti padre amorosissimo, tu che ne eri stato figlio egregio e singolare. Ben presto nel 1965 fosti chiamato a entrare fra i padri Cardinali; poi ti fu dato il compito di Prefetto della Sacra Congregazione di Propaganda Fide, che hai retto con pietà e santità per lunghi anni. Infine, affinché la Sede Apostolica potesse usufruire della tua grande esperienza accumulata in tutti questi anni, ti abbiamo chiamato ad amministrare il suo patrimonio, confidando nella tua prudenza, sapienza e consiglio. E questo incarico ancora ricopri con grande diligenza.

Per quanto riguarda poi la tua attività nel corso di così lunghi anni, molte sarebbero le cose da dire. Ma non potendo descriverle tutte, sia pur brevemente, ci piace tuttavia affermare che in ogni attività della tua vita ti sei sempre comportato come un padre di famiglia nei confronti dei figli da lui generati, come un prudente amministratore dei beni che si prende cura di ciò che è necessario procurare, come un figlio che in ogni cosa ha di mira l'onore della madre, cioè della Chiesa.

E' giusto dunque che tu gioisca, che la Chiesa si rallegri e che Noi ci congratuliamo con te. Tuttavia, prima di por fine a questa lettera, non possiamo fare a meno di ringraziarti per le fatiche che hai affrontato, soprattutto a vantaggio della Congregazione per la propagazione della fede cristiana, nel cui governo e amministrazione hai speso bene le tue energie.

Del resto ti guardi con occhi di bontà il Signore Iddio, dal quale ti auguriamo di ricevere tutti i beni che imploriamo per te mediante la nostra apostolica benedizione.

Dal Palazzo del Vaticano, 6 marzo 1987, anno nono del nostro pontificato.

GIOVANNI PAOLO PP. II [Traduzione dal latino]

1987-03-06 Data estesa: Venerdi 6 Marzo 1987




Ai Vescovi della Romagna e agli organizzatori della visita compiuta nel maggio 1986 - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Dal viaggio apostolico le linee programmatiche per la Chiesa in Romagna

Testo:

Venerati confratelli nell'episcopato! Illustri Signori! Con grande gioia mi incontro con voi nel grato ricordo del viaggio apostolico da me compiuto nel maggio dello scorso anno nella vostra bella e ospitale regione.

Vi ringrazio di cuore sia per la vostra presenza sia per il dono del volume commemorativo pubblicato, in elegante edizione, a memoria di quell'avvenimento, che diede la possibilità al Papa di incontrare le varie comunità ecclesiali della Romagna, di dialogare con i diversi ceti di persone, di fissare i volti di un'immensa folla in attesa della "parola di Dio", di intrattenersi con le autorità e con il popolo, di esortare alla speranza e alla concordia, di additare a tutti le verità eterne, che ci consolano e ci confortano.

Mentre vi esprimo il mio apprezzamento per questa pubblicazione, rinnovo anch'io i sentimenti di profonda riconoscenza per quanto fu compiuto per la efficace riuscita della visita pastorale in Romagna.

Questo volume perciò è prima di tutto "il libro dei ricordi", che con la sua fotocronaca fa rivivere le tappe di quell'intenso cammino di fede e di entusiasmo: l'arrivo a Forli, il giovedi 8 maggio, con l'incontro con la popolazione e i bambini presso l'immagine della "Madonna del fuoco", e poi l'amministrazione del battesimo in piazza Aurelio Saffi durante la celebrazione eucaristica, le soste a Cesena, al Monastero-Santuario Benedettino della Madonna del Monte; a Imola, a Faenza, a Ravenna, ove ho incontrato gli operai, i giovani, e pronunciato il messaggio all'Europa cristiana durante la solenne cerimonia liturgica in sant'Apollinare in Classe: e infine la conclusione a Cervia, col suggestivo rito dello "sposalizio del mare".

Quanti commoventi ricordi! Ma soprattutto questo volume è "il libro della fiducia", perché dimostra che è stata accolta con fede profonda la "parola di Dio" che ho cercato di proclamare con l'aiuto del Signore, in ogni città, specialmente svolgendo la catechesi relativa ai sacramenti amministrati. Tutti hanno potuto vedere, ascoltare, riflettere, decidere, se hanno voluto.

Specialmente nel mondo moderno, che talora sembra refrattario alla verità rivelata da Cristo e insegnata dalla Chiesa, ma tuttavia ècosi ansioso di certezze, bisogna vincere il male, seminando con totale fiducia la "parola di Dio", sicuri che essa porterà frutto a suo tempo nei modi che solo Dio sa. Dobbiamo confidare nella potenza misteriosa ma reale della "grazia" e avere pazienza.

Ecco pertanto il mio augurio: che questo sia anche "il libro del programma pastorale". Il viaggio apostolico che si è svolto con tanta letizia degli animi e con sentita spiritualità, dia a voi e ai fedeli a voi affidati le linee programmatiche per una vita cristiana sempre più impegnata, cosciente, fervorosa, illuminata dal magistero della Chiesa.

Iniziamo la Quaresima e ci avviciniamo all'Anno Mariano, che intende prepararci al Giubileo del bimillenario della nascita di Cristo. Ricordando il suggestivo spettacolo della fiaccolata lungo le pendici del Santuario della "Madonna del Monte", ripeto ciò che dissi allora ai giovani: "Siate fiaccole che ardono in mezzo al mondo: dov'è la notte della incredulità brilli la luce della vostra fede; dov'è la caligine dell'odio e della disperazione s'irraggi il fulgore del vostro ottimismo e della vostra speranza; dov e la tenebra dell'egoismo e della violenza bruci il fuoco del vostro amore! Sull'esempio della Vergine Maria!". Con l'aiuto della Madre celeste, contribuisca anche questo volume a far vivere l'ideale cristiano e a realizzare le attività pastorali delle singole diocesi.

A voi ed a tutta la popolazione della cara e indimenticabile Romagna imparto la mia benedizione.

1987-03-07 Data estesa: Sabato 7 Marzo 1987




Lettera apostolica al Patriarca latino di Gerusalemme: "Omnium ecclesiarum matri"


Al venerabile fratello Giacomo Giuseppe Beltritti Patriarca latino di Gerusalemme Salute e Apostolica benedizione.

La madre di tutte le Chiese, cioè Gerusalemme, che è anche la nostra madre (cfr. Ga 4,26 LG 6), nel presente anno ha una splendida occasione per commemorare un uomo che giustamente viene ritenuto come un dono inestimabile concesso a questa sede e a tutta la Chiesa: prossimamente infatti si compirà il XVI centenario della morte di san Cirillo, vescovo di Gerusalemme e dottore della Chiesa. Un alto senso della religione, l'impegno pastorale, la sopportazione delle avversità nonché le egregie doti dell'animo e dell'ingegno di cui egli eccelleva, furono una vera fonte di benefici in quell'epoca in cui il mondo cristiano, uscito dalle catacombe, entrava, per così dire in una età nuova, dopo aver pagato un tributo doloroso per la libertà recentemente acquistata.

Nato nel tempo in cui la pace di Costantino si era affermata nelle regioni occidentali dell'impero romano, Cirillo dovette trascorrere l'adolescenza all'interno della Chiesa di Gerusalemme, dove fino all'anno 323 continuarono a persistere in generale le persecuzioni del nome cristiano. Si deve pero riconoscere che ignoriamo del tutto quello che gli può essere capitato in quelli anni di grande pericolo. La lode da lui fatta della verginità (cfr. S. Cirillo, Catechesi, XII, 33) sembra alludere al fatto che per un certo tempo egli abbia vissuto una vita monastica, che in quel tempo aveva surrogato del tutto la forma del martirio.

La storia ha avvolto di una certa oscurità la nomina di questo asceta all'episcopato, poiché essa avvenne per il favore di Acacio di Cesarea, metropolita della Palestina, che fu gravemente implicato nella controversia ariana (cfr. R. Gryson, Les élections épiscopales en Orient au IV siècle, in "Re. Hist. eccl.", LXXIV, 1979, 333-334; Bibl. Sanct., IX, 53-55); tuttavia, poiché durante il suo lungo episcopato dovette subire spesso l'esilio, su istigazione del medesimo difficile personaggio, ne consegue chiaramente che il vescovo della città santa allontana da sé ogni sospetto di una sua qualche commistione dottrinale con gli errori dei fautori (cfr. J. Lebon, La position doctrinale de saint Cyrille de Jérusalem dans les luttes provoquées par l'arianisme, ibid., XX, 1924, 181-210; 357-386).

Del resto nell'anno 382 il Concilio di Costantinopoli, cui Cirillo partecipo, tolse totalmente di mezzo le malevole interpretazioni di alcune questioni, da cui poté essere contaminata la corona d'oro di questo confessore della fede.

Più di un secolo è trascorso da quando il nostro predecessore di felice memoria, Leone XIII, accogliendo il desiderio già manifestato da "molti sacri pastori" convenuti a Roma per il Concilio Ecumenico Vaticano I e dopo aver compiuto le opportune investigazioni per mezzo di una speciale commissione della S. Congregazione dei Riti, decreto con la lettera apostolica "Nullo unquam tempore" del 28 luglio 1883 che anche san Cirillo di Gerusalemme fosse inserito tra gli altri col titolo di confessore e dottore della Chiesa nel calendario della chiesa universale il giorno 18 marzo, come ventesimo nell'Ordine del clero romano. (cfr. Leonis XIII Pont. Max. Acta, III, 1883, 121-125).

Avvicinandosi dunque il giorno in cui con ogni verosimiglianza ricorre il XVI centenario della morte di questo santo dottore della Chiesa, è cosa sommamente opportuna che venga posta in chiara luce l'importanza e l'autorità di quest'uomo, in quanto testimone della fede apostolica e in quanto pastore sollecito soprattutto della istruzione e della spiegazione sacramentale e liturgica della fede. Fede questa che Cirillo espose già nel simbolo della sua Chiesa, nell'ambito della preparazione quaresimale al Battesimo. Quest'ultimo poi si doveva ricevere nel cuore della notte pasquale e durante la celebrazione del gaudio pasquale, che splendeva sopra gli "illuminati" ammessi ai misteri dell'iniziazione cristiana in quelli stessi luoghi (Calvario, Santo Sepolcro, Risurrezione) appena restaurati per munificenza dell'imperatore, dove Cristo Gesù mediante la sua passione, morte e risurrezione, aveva portato a termine il mistero insondabile della salvezza umana.

Ma poiché, ricorrendo quest'anno anche l'anniversario della conversione di sant'Agostino, quasi nello stesso tempo coincidono sia la morte di san Cirillo (18 marzo 387) sia la nuova nascita spirituale di sant'Agostino (24 aprile 387), è bello ripetere insieme con questi due padri della Chiesa l'affermazione che "se il peccato è un male terribile", tuttavia è molto più terribile, per le investigabili ricchezze della misericordia divina, "non volgere più l'animo alla conversione" (S. Cirillo, Catechesi, II, 1, 5-6).

La malizia del peccato, la sua radice e la sua diabolica istigazione, l'urgente necessità della penitenza e la forza molto più anmabile dello Spirito Santo che associa il fedele a Cristo morto e risuscitato mediante la grazia dei sacramenti ricevuta con tutta sincerità nel fervore della fede: sono queste le idee guida che contraddistinguono la catechesi di san Cirillo, proposta con semplicità e con linguaggio schietto, fervido e pieno di vigore (cfr. le sue Procatechesi, 16 e passim).

Inoltre l'eloquenza di questo padre, nutrita dalla Sacra Scrittura e conformata alla dottrina teologica spirituale di san Paolo, per il suo procedere sciolto e ricco di immagini tratte dagli elementi naturali e dall'azione sacramentale, attira anche gli uomini del nostro tempo per la sua forza di persuasione, per la considerazione dei temi essenziali e della dignità umana, e infine per la tensione verso realtà destinate a rimanere per sempre.

In questa eloquenza si riscontra la freschezza delle origini, certamente diminuita dall'ignominia delle eresie, ma anzitutto gioconda e splendida, poiché è segnata dal volto di Cristo risorto, il fine al quale tende la speranza che non si confonde.

E' questo dunque il motivo per cui le opere di san Cirillo di Gerusalemme vengono recensite tra le gemme più preziose di tutta la letteratura greca, fra i Santi Padri e fra gli scritti che più chiaramente illustrano sia la bellezza e l'efficacia dei riti, sia la primitiva dottrina della fede, le cui parti principali sono: il mistero della Trinità, la divinità del Verbo Incarnato, la nascita verginale, il sigillo indelebile dello Spirito, la verità della presenza e del sacrificio eucaristico, la forza consacratoria dell'epiclesi (cfr. S. Cirillo, Catechesi, III, 3; Catech. Mystagogica, 1,7; III,3). Per la loro ricchezza queste opere rimangono ancor oggi alimento e fonte di luce sia per i credenti sia per gli uomini del nostro tempo, che abbiano un animo aperto al Vangelo. Tali opere fanno si che sopra il mondo immerso nell'ombra di morte, rifulga tuttora in tutto il suo splendore la croce che il giovane vescovo, all'inizio del suo episcopato, contemplo allora nel cielo e descrisse come testimone oculare quale fausta profezia per il futuro del mondo (cfr. Clavis: PG 3587).

Commemorando questo prodigio, volgiamo con grande affetto il nostro pensiero unitamente a tutti gli uomini di buona volontà verso questa Terra Santa, dove san Cirillo svolse la sua missione, lunga e tormentata, al servizio dell'unità e della verità. Volesse il cielo che questa celebrazione centenaria susciti le speranze della concordia e della pace e dia a tutta la Chiesa di Gesù Cristo una nuova abbondanza di vita, mediante l'impulso di rinnovamento proveniente dal Concilio Vaticano II e mediante l'intercessione della Madre di Colui che "forma le anime vergini" (S. Cirillo, Catechesi, XII, 31), cioè la Vergine Maria per mezzo della quale è venuta a noi la vita (Ivi, XII, 15; LG 57).

Perché tutto questo avvenga felicemente, innalziamo fervide preghiere a Dio, mentre, come pegno della nostra paterna carità, da questa cattedra di San Pietro impartiamo nel Signore con affetto la benedizione apostolica a te e a tutto il clero e il popolo a te affidato.

Dato a Roma, in San Pietro, il giorno 7 marzo 1987, anno nono del nostro Pontificato.

GIOVANNI PAOLO PP. II [Traduzione dal latino]

1987-03-07 Data estesa: Sabato 7 Marzo 1987




Visita pastorale alla parrocchia di santa Maria ai Monti - Roma

Titolo: Parrocchia di santa Maria ai Monti

Testo:

Ai bambini: "Con voi Roma non è solo passato" Saluto cordialmente tutta la parte più giovane della parrocchia; saluto cordialmente tutti voi assistiti dalle vostre famiglie, dai vostri insegnanti, dalle suore, dai catechisti e dai sacerdoti. E' così che queste giovani leve entrano nella vita della Chiesa universale e soprattutto nella Chiesa di Roma. Ci sono dei romani, e ci sono anche alcuni stranieri immigrati ma si trovano già bene in questa comunità. La Chiesa è la patria di tutti; e nella Chiesa tutti sono come a casa propria, a casa del Padre comune, nella casa della Santissima Trinità, di Cristo e tutti sono invitati ed ancora tutti si sentono nella propria casa.

Ci troviamo nella parte vecchia di Roma, nel centro storico. Qui le case sono molto antiche ma tanto più grande è la gioia che tra queste case vecchie, degne e prestigiose troviamo anche i giovani, i bambini. Questi sono il segno del futuro. Roma non può essere solamente il passato, non può essere solamente la grande storia ultramillenaria: deve essere sempre il futuro. Roma ci porta, dai millenni della sua storia passata, un grande messaggio, il messaggio della cultura ma soprattutto ci porta il grande messaggio della fede. Questo grande messaggio di Roma, del suo passato, dei suoi due millenni cristiani deve essere portato avanti dalle nuove generazioni, dai giovani, dai bambini. Per questo è necessaria la comunità cristiana, la famiglia cristiana, la parrocchia dove questi giovani vengono formati come nuovi cristiani, successori di quelli che una volta si radunavano attorno a san Pietro e a san Paolo. Questi giovani devono portare avanti il messaggio cristiano, divino ed umano, lo devono portare avanti in questo terzo millennio che si avvicina.

La Quaresima è il tempo forte della vita cristiana. Noi dobbiamo ritrovare la nostra forza. E' una cosa che è sempre sembrata paradossale ma che acquista sempre maggiore verità: questa nostra forza come cristiani e come persone umane la troviamo nella debolezza di Cristo, nella sua passione, nella sua flagellazione, nella sua crocifissione, nella sua croce. Qui troviamo questa forza che viene da Dio e che è stata confermata da Dio stesso con la resurrezione di Cristo. Ecco il tempo forte, questo tempo che dura sempre nella realtà della Chiesa. Ma questo è un periodo privilegiato nel quale questo mistero pasquale viene in modo speciale meditato, commemorato, vissuto da noi per ritrovare la forza. Io vi auguro di ritrovare questa forza cristiana cominciando da voi, voi bambini. Si crede che i bambini siano deboli che non abbiano ancora tutte le forze fisiche perché devono ancora crescere, devono sviluppare le loro energie, le loro energie fisiche ed anche spirituali: questo è vero ma così diventano essi una forza, e io vi auguro di trovare questa forza nel mistero di Cristo, nel suo mistero pasquale, soprattutto in questo periodo quaresimale.

Tutta la vita della vostra parrocchia è dedicata alla Madonna madre di Cristo, e serve per ridare a ciascun uomo, soprattutto ai più piccoli, da quelli appena nati sino ai più anziani e ai moribondi questa forza che è in Cristo. E voi giovani sapete bene che Gesù ha amato specialmente i bambini, 1i ha sempre avvicinati, abbracciati: voleva dare questa forza alle nuove generazioni, a quelle che sono il futuro delle famiglie, delle città, dei popoli. Io vi auguro che anche questo nostro incontro possa servire a farvi ritrovare questa forza che è in Cristo crocifisso e risorto. Vi benedico di cuore tutti.

Il mistero del peccato: non accettare Dio come sorgente della verità e del bene 1. A Dio solo rendi culto (cfr. Mt 4,10). Queste parole rivolge Cristo al tentatore.

Oggi, nella prima domenica di Quaresima, la Chiesa ci ricorda il digiuno di Cristo all'inizio della sua missione messianica. Questo digiuno è durato "quaranta giorni e quaranta notti" (Mt 4,2). Nella pericope odierna, l'evangelista inizia con le parole: "Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo" (Mt 4,1). Quando dunque - dopo quaranta giorni e quaranta notti - Gesù ebbe fame, inizio la tentazione: "Se sei Figlio di Dio, di' che questi sassi diventino pane" (Mt 4,3).

Poco fa abbiamo ascoltato il Vangelo. Ricordiamo lo svolgimento della tentazione, le parole del tentatore e le risposte di Cristo.

Tante volte, durante la storia, diversi uomini hanno cercato di comprendere e di interpretare queste parole e queste risposte. Non soltanto gli scrittori ecclesiastici. Il tema della tentazione di Cristo non cessa di stimolare alla riflessione.

Anche la Chiesa vuole stimolarci alla riflessione, presentando questo tema all'inizio della Quaresima. In quale direzione va la riflessione della Chiesa? 2. "Adora il Signore Dio tuo / e a lui solo rendi culto". Gesù termina con queste parole, respingendo colui che sin dall'inizio dichiara: "Non serviro".

Gesù, invece, entra nel periodo della sua missione come colui che serve: come servo di Jahvè.

Una contraddizione di questo servizio che Gesù proclama e compie fino in fondo, fino al sacrificio della croce - è il peccato.

Quindi il tentatore "è peccatore fin da principio" (1Jn 3,8) e non cessa di essere "padre della menzogna" (Jn 8,44). In modo analogo parla di lui la sacra Scrittura in diversi luoghi del Nuovo Testamento (cfr. Mt 13,24-30 Mt 13,39 Ac 5,3 2Co 4,4 2Co 11,3 1Tm 4,2 1Jn 2,22 Ap 12,9).

II peccato spunta proprio da qui: dalla menzogna, dalla falsificazione della verità.

La riflessione della Chiesa nella prima domenica di Quaresima va verso il mistero del peccato nei suoi inizi stessi, al principio della storia dell'uomo sulla terra.


3. Rileggiamo ancora una volta il terzo capitolo del Libro della Genesi per convincerci che all'inizio del peccato nella storia dell'uomo si trova lo stesso Essere, che incontriamo all'inizio della missione messianica di Gesù di Nazaret, dopo il digiuno di quaranta giorni.

Anche qui il tentatore cerca di falsificare la verità delle parole di Dio. All'inizio della storia dell'uomo, la sostanza della tentazione è contenuta prima di tutto in questa frase: "Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male" (Gn 3,4-5).

Ricordiamo che questa frase si riferisce all'albero simbolico della conoscenza del bene e del male, di cui Dio ha vietato ai progenitori di mangiare il frutto.

Nell'enciclica "Dominum et Vivificantem" sullo Spirito Santo si trova un'analisi più ampia di questo importante testo, che spiega la dimensione originale del peccato nella storia dell'uomo.

Le parole del tentatore contengono un invito alla disubbidienza nei riguardi del Creatore. Nello stesso tempo egli cerca di innestare nell'anima dell'uomo il suo "non serviro".

"Non serviro" vuol dire: non accetto Dio come sorgente della verità e del bene nel mondo creato. Io stesso voglio decidere, come Dio, del bene e del male.

E' stupefacente la profondità di questo antico testo del Libro della Genesi. In un certo senso è racchiuso in esso, in germe, tutto ciò che si può dire della sostanza del peccato.


4. Cristo viene nel mondo ed inizia la sua missione messianica come servo di Jahvè. Si fa "obbediente fino alla morte e alla morte di croce" (Ph 2,8), per superare quella disubbidienza dell'inizio e tutte le conseguenze che essa ha avuto nella storia dell'uomo sulla terra. Ne parla in questa domenica san Paolo con le parole della Lettera ai Romani: "Se infatti per la caduta di uno solo morirono tutti, molto più la grazia di Dio e il dono concesso in grazia di un solo uomo Gesù Cristo si sono riversati in abbondanza su tutti gli uomini... come per la disubbidienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l'obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti" (Rm 5,15 Rm 5,19).

"Il dono della grazia...(parti) da molte cadute per la giustificazione" (Rm 5,16).

Gesù Cristo, obbediente fino alla morte è il Redentore del mondo. 5. Nel corso della Quaresima la Chiesa ci chiama a meditare e ad approfondire il mistero del peccato e quello della redenzione. Tutta la liturgia ci avvicina a questi misteri. E nello stesso tempo ci indica dove dobbiamo cercare la luce nella sacra Scrittura.

Utile può essere anche lo studio dei recenti testi del magistero ecclesiale, quali l'esortazione apostolica "Reconciliatio et Paenitentia" e l'enciclica sullo Spirito Santo.

Tale studio deve essere compenetrato dalla preghiera. La parola di Dio deve essere accolta in ginocchio. Occorre aprire largamente il cuore alla verità, perché non trovi spazio in noi colui che è "padre della menzogna".

E la parrocchia deve diventare in Quaresima un particolare ambiente dello studio salvifico della verità circa il peccato e la grazia. Un ambiente della conversione quaresimale.


6. Sono lieto che oggi mi è dato di celebrare l'Eucaristia in questo tempio, da secoli santuario mariano fra i più venerati in Roma e meta di numerosi santi, che qui devotamente ricorsero all'intercessione della Vergine Madre. E' per me una gioia grande trovarmi tra voi, cari fratelli e sorelle, per sostenere il vostro cammino di credenti, che, raccolti attorno all'altare, accogliete Ia Parola e il Pane di vita.

Invocando sull'intera parrocchia la protezione della Madonna, saluto, insieme al signor Cardinale Vicario e a Mons. Filippo Giannini, Vescovo Ausiliare del settore, il nostro ospite Cardinale Lubachivsky; il parroco, don Gino D'Anna.

Con lui saluto don Tullio forte e gli altri sacerdoti, che gli sono di valido aiuto nel ministero pastorale. Il loro concorde e responsabile servizio è organicamente affiancato dai religiosi e dalle religiose, le cui case si trovano nel territorio di questa comunità ecclesiale, fra tutti mi è caro menzionare la Pontificia Università di san Tommaso, della quale serbo sempre un grato ricordo per la significativa parte che ebbe nella mia formazione culturale, e le Oblate Apostoliche della Pro Sanctitate. Tale istituto è nato in questa parrocchia della Madonna dei Monti per volontà di Mons. Guglielmo Giaquinta, attuale Vescovo di Tivoli, che, oltre quarant'anni or sono, qui inizio la sua attività spirituale.


7. Rivolgo il mio saluto ai laici impegnati nel Centro Sociale Monticiano "San Benedetto Giuseppe Labre", nel Praesidium della Legione di Maria, al gruppo di ragazzi e ragazze, che generosamente hanno aderito alla proposta di una esperienza comunitaria, sostenuta dalla preghiera, illuminata dalla catechesi, alimentata dalla carità.

A tutti desidero giunga il mio pensiero di affetto nel Signore. Saluto pertanto ogni fedele di questa parrocchia, con particolare riguardo a chi è giovane e vive la tensione del crescere; a chi è ammalato e fatica nel dolore; a chi è anziano e desidera aver riempita la propria solitudine; a chi è straniero e attende una fraterna dimora.

Carissimi, vi abbraccio tutti spiritualmente e vi assicuro che non solo conosco la realtà della vostra parrocchia, così attenta ad accogliere chi è lontano dalla propria patria, ma vi sono vicino con la preghiera e con la sollecitudine di padre.

E' per questo che oggi sono tra voi e, soprattutto con la presente celebrazione, intendo comunicarvi Cristo, che avvalora il gioire ed il soffrire svelando come l'affannoso errare dell'uomo peccatore possa e debba terminare in lui, Amore infinito e da sempre cercato.

Mentre esprimo vivo apprezzamento per l'iniziativa che porterà l'immagine della beata Vergine nelle vostre famiglie, in occasione dell'Anno Mariano, esorto ciascuno e ciascuna di voi a custodire, come la Madonna, il Verbo di Dio, che indica ciò che non è compatibile con un'esistenza redenta e guida a quanto è conforme al volere di Dio.

Assimilatevi al Redentore che prega e digiuna, per vivere con lui un atteggiamento di ascolto del Padre e di maturo dono di sé. Potrete così presentare un sacrificio gradito e perfetto in Cristo, il quale "poiché ha sofferto ed è stato messo alla prova può venire in aiuto di coloro che sono provati" (He 2,18).


8. A Dio solo rendi culto.

Mettiamoci accanto a Cristo, che divenne servo per la nostra redenzione, e ripetiamo: "Pietà di me, o Dio... / nella tua grande bontà / cancella il mio peccato. / Lavami da tutte le mie colpe, / mondami dal mio peccato. / Riconosco la mia colpa, / il mio peccato mi sta sempre dinanzi. / Contro di te, contro te solo ho peccato, / quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto... / Crea in me, o Dio, un cuore puro / rinnova in me uno spirito saldo" (Ps 50/51,3-6.12).

E in questa parrocchia, che è dedicata alla Madre di Dio, col titolo di santa Maria ai Monti, aggiungo ancora: "santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell'ora della nostra morte". Amen.

I laici e le religiose: una presenza viva Ringrazio il parroco, il quale già giovedi scorso mi aveva illustrato le caratteristiche di questa parrocchia, di questo santuario mariano. Sono molto felice di aver potuto celebrare l'Eucaristia nel Santuario della Madonna dei Monti, in questo centro di Roma dove vivono e dove passano ogni giorno anche tanti stranieri a testimonianza delle dimensioni veramente internazionali di questa città. La Madonna dei Monti guida sempre i vostri cuori in direzione di Gesù, ed ecco, noi ci incontriamo in questa prima domenica di Quaresima, quando la liturgia ci richiama alla mente la lotta tra il bene e il male, una lotta sempre più crescente. Ma la liturgia ci ricorda anche che dobbiamo vincere il male con il bene. Con questi pensieri vi saluto tutti, componenti della parrocchia: famiglie religiose, ed esponenti del laicato, e lo faccio perché vedo espressa in voi la volontà di chi, con la forza di Cristo, vuole vincere il male col bene, la volontà di contribuire a questa vittoria da cui dipende il futuro dell'uomo. Ecco, io vi auguro che la Quaresima sia per voi un tempo di grande incoraggiamento in questa direzione, perché la Quaresima - come ho già detto ai bambini nel primo incontro con la vostra parrocchia - è un tempo forte e ci dà la forza per vincere questa lotta. Una forza da cercare nel digiuno quaresimale. E io auguro di trovare questa forza a ciascuno di voi, alle vostre famiglie, alla vostra parrocchia, al vostro parroco e a tutti offro la benedizione del Vescovo, insieme al Cardinale Vicario e al vostro Vescovo Ausiliare.

Con i giovani l'incontro finale della visita alla parrocchia Cerchero di ricordare e di rispondere alle vostre domande: me ne avete fatte molte e non c'è molto tempo. La prima domanda riguardava la crescita nella fede, in corrispondenza alla crescita umana. Si tratta di un processo che è normale, naturale, per ogni uomo, e la giovinezza è appunto un periodo importante per questa crescita, un periodo da cui dipende molto il futuro dell'uomo. Il vostro collega parlava di crescita nella fede facendo riferimento al sacramento della cresima, un sacramento che viene ricevuto appunto nella giovinezza proprio per rendere i giovani forti nella fede, per farli crescere nella fede. Ecco, direi che questo è il punto principale delle vostre domande.

Poi c'è il vostro desiderio di vivere questa fede non in senso formale, non basandovi sulle apparenze. Non formale vuol dire vivere essenzialmente. Ecco, questa è la crescita nella fede, che avviene attraverso un approfondimento.

Dobbiamo infatti comprendere il contenuto della fede, che è contenuto di liberazione - erano questi i termini della vostra domanda - liberazione dell'uomo dal male, dal peccato, e la sua conferma nel bene. Oggi, la prima domenica di Quaresima ci pone davanti agli occhi questa lotta tra il bene e il male. Gesù è tentato, ma Gesù vince e questo è il primo passo della sua missione messianica.

Gesù vince il tentatore e vincerà alla fine con la croce e con la risurrezione.

Noi tutti siamo invitati a seguire questo cammino messianico di Gesù vincendo il male col bene. Questo vuol dire scendere nel profondo della nostra fede, perché la fede è un legame tra il Dio vivente e l'uomo vivente. L'uomo deve vivere da Dio: questa è la fede, se l'uomo è invitato a vivere da Dio con le sue forze, unendo le proprie energie umane con ciò che si chiama la grazia di Dio, le forze divine.

Era questo il tema della seconda domanda. E poi occorre anche risolvere i problemi esistenziali, che sono veramente difficili. Qui ci vuole uno sforzo comunitario, solidale, della società, e la società deve sentire la necessità di questo sforzo, deve avvertire questa esigenza dei giovani, l'esigenza della Chiesa. Ci vuole una società più giusta, più ordinata, in cui ci sia posto per ciascuno. Ci dovrebbero essere sempre prospettive di lavoro per i giovani, perché lavoro vuol dire autorealizzarsi.

Sono molto contento infine di incontrare i membri dell'organizzazione scoutistica, che camminano insieme alla Chiesa, camminano in ogni parrocchia, e vedo che sono anche qui. Vogliono vivere l'Anno Mariano... Ecco, io penso che Maria "dei Monti" dice molto agli scout: perché voi come anch'io, siete amanti delle montagne, della natura e nella natura giustamente cercate voi stessi, un respiro, uno spazio per l'uomo: la natura, spazio della creazione. L'uomo deve rispettare questo spazio, questa natura e deve andare verso i monti, e la Madonna ce lo indica, specialmente quando è la Madonna dei Monti. così ho cercato di rispondere alle vostre domande. Sono contento di incontrarvi qui, in numero notevole, e di incontrarvi insieme, perché questo ambiente di Roma ormai non è soltanto romano o italiano, ma è diventato internazionale, interraziale anche, e vedo infatti volentieri alcuni che provengono da Capo Verde, dall'Etiopia o da altri paesi e tutti hanno trovato qui tra voi una buona accoglienza, e solidarietà cristiana. Vi auguro di camminare sempre con questa solidarietà. Il mondo d'oggi se non vuole distruggersi deve essere un mondo dove c'è grande solidarietà umana e cristiana.

Vi offro la mia benedizione per tutto il tempo della Quaresima.

1987-03-08 Data estesa: Domenica 8 Marzo 1987





GPII 1987 Insegnamenti - In occasione del 50° di ordinazione sacerdotale - Città del Vaticano (Roma)