GPII 1987 Insegnamenti - Omelia all'ordinazione episcopale di Monsignor Magee - Roma

Omelia all'ordinazione episcopale di Monsignor Magee - Roma

Titolo: In mezzo al popolo come araldo di Gesù per continuare la missione degli apostoli

Testo:

1. "Designo altri settantadue discepoli e li invio" (Lc 10,1). Davanti agli occhi ed al cuore di Cristo si apre la prospettiva di un mondo rivolto verso di lui e che ha bisogno di conoscerlo, per amarlo e seguirlo, un mondo in attesa di verità, desideroso di salvezza. A questa sconfinata messe Gesù invia i suoi discepoli, perché, come testimoni, preparino la sua venuta, aprano le menti alla sua grazia: "Andate in ogni città e luogo... la messe è molta".

L'opera di Cristo, che invia i suoi, continua nel tempo poiché il buon pastore non abbandona il gregge che gli appartiene. Anche oggi, perciò, incessantemente egli manda i suoi discepoli affinché in suo nome vadano per tutto il mondo e sostentino come pastori fedeli il suo gregge, nutrano con la parola che salva e conducano al Padre ogni uomo.

E' la Chiesa, oggi, che in nome di Cristo continua a mandare nuovi ministri del Vangelo in virtù di un'eredità ricevuta dal Signore e dagli apostoli.

Essa adempie così il solenne comando di annunciare la verità, e, mediante la predicazione dei suoi Vescovi, attira gli uomini alla fede, li dispone al battesimo, li toglie dalla schiavitù dell'errore, li incorpora a Cristo, affinché amandolo, crescano fino ad essere da lui riempiti (cfr. LG 17).

E' ricordando queste verità che mi accingo a compiere oggi l'ordinazione episcopale Monsignor John Magee, Vescovo eletto della diocesi di Cloyne in Irlanda. Lei riceverà oggi, caro fratello John, il sacramento dell'episcopato e sarà avviato per annunciare la venuta di Cristo: "E' vicino a voi il regno di Dio" (Lc 10,9); lei andrà in mezzo al popolo che le è stato affidato come araldo di Gesù, continuatore della missione degli apostoli.

Adempirà a questa missione con fiducia, sapendo che la riuscita di ogni opera apostolica è nelle mani di Dio, al quale tutti ci rivolgiamo con fervida preghiera perché "mandi operai per la sua messe" (Lc 10,2). Noi sappiamo che Dio non lascia soli i suoi amici, non li abbandona nelle difficoltà, ma dà loro "il potere di camminare... sopra ogni potenza del nemico" (Lc 10,19).


2. Celebriamo questo rito nella festa di san Patrizio, patrono ed apostolo dell'Irlanda, la patria dalla quale lei proviene e alla quale ritorna come Vescovo.

San Patrizio realizzo nella sua vita, da vero discepolo del Signore, la pagina evangelica che abbiamo ascoltato, e la mise in pratica con coraggio e fiducia in tutti i suoi viaggi per evangelizzare l'isola. Affronto persecuzioni e ostilità, disposto nell'animo suo a ricevere anche il dono del martirio, convinto che il destino dei missionari del Vangelo e la loro missione trovano la loro forza ed il loro fondamento unicamente nella potenza delle promesse di Gesù. Patrizio fu discepolo che prese alla lettera le condizioni dettate dal Maestro per un'efficace missione: "Non portare borsa, né bisaccia, né sandali" (Lc 10,4); si privo di ogni cosa, vendette i suoi beni - come egli stesso scrisse - per l'opera che lo impegnava.

Io desidero affidare alla protezione di questo santo, tanto venerato in Irlanda, il ministero che la attende, augurandole di continuare l'opera di un così valido modello.


3. Io desidero richiamare in questa occasione il suo diretto servizio alla Santa Sede prima di tutto nella Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, poi nel Segretariato Privato dei miei predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo I.

La ringrazio per il suo servizio a me personalmente offerto molto recentemente come maestro di cerimonia. Lei è stato al mio fianco in molte cerimonie liturgiche qui a Roma e specialmente in questa basilica di san Pietro, e durante i viaggi apostolici che ho compiuto in così tante parti del mondo. Le sono grato per questa assistenza nel ministero liturgico e sacramentale del Papa al Popolo di Dio.


4. Sono lieto di affidare ora a lei la cura della Chiesa di Dio a Cloyne, alla quale lei porterà il contributo della sua competenza, devozione e zelo.

In questo stesso giorno trent'anni fa lei ricevette il dono dell'ordinazione, a quel tempo si è avviato ad essere padre in Cristo per i fedeli attraverso la loro nascita spirituale nel battesimo e il nutrimento dato loro attraverso il suo insegnamento (cfr. 1Co 4,15 1P 1,23 LG 28).

Oggi in un nuovo giorno lei accetta l'invito che fu fatto un tempo al servo di Jahvè e che gli apostoli interpretarono come un comando a cui anche loro dovevano sottostare: perché il Signore ci ha così comandato, dicendo, "Io vi ho posti per essere luce per i gentili, ai quali voi potrete portare la salvezza" (Ac 13,47).

Prego perché - secondo l'espressione usata negli Atti degli Apostoli (cfr. 13,48). La sua parola si sparga attraverso tutti i paesi, così che chiunque la oda possa essere contento e possa glorificare Dio.

Possa la presenza del Santo Spirito essere in lei una sorgente da cui molti trarranno forza per le loro vite cristiane. Quindi predichi la parola di Dio "coraggiosamente" (Ac 13,46): con il profetico coraggio che caratterizza il vero discepolo di Cristo.


5. La presenza qui di molta gente dell'Irlanda, specialmente da Cloyne e dalla sua diocesi di Dromore è già un segno della cordiale apertura e dell'amore con i quali sarà circondato nel suo ministero. In numerose occasioni ho espresso la mia stima per le tradizioni dei cristiani d'Irlanda e la gratitudine della Chiesa cattolica per il grosso contributo reso da secoli dai figli e dalle figlie della sua terra alla diffusione della fede.

La Cattedrale di san Coleman, la sua sede vescovile, si trova al di sopra della bellissima baia di Cobh Harbour, dalla quali tanti irlandesi partirono nei tempi passati alla ricerca di una nuova vita o per portare la luce di Cristo.

La fede dei loro padri agli altri paesi. Se le pietre della Cattedrale potessero parlare le ricorderebbero sia la mestizia sia la gioia sublime della fede salda.

Oggi c'è bisogno di una profonda riflessione sulle lezioni del passato e sul destino storico delle nazioni. La sfida nella società di oggi e nella Chiesa, che comprendono la sfida missionaria, esigono un coraggio non minore rispetto al passato. Insieme ai suoi fratelli Vescovi e all'intera comunità cristiana, in fraterno dialogo con i membri delle altre Chiese cristiane e comunità ecclesiali, si sforzerà di rispondere ai bisogni spirituali e umani attingendo la saggezza dalla parola di Dio e la forza dalle immense risorse del popolo irlandese. Possa la gioia dello Spirito Santo, che vive in tutti coloro che accolgono il messaggio di Cristo nella loro vita, essere di conforto nel suo ministero e il conforto di tutti coloro che guiderà al Padre attraverso suo Figlio nostro Signore e salvatore Gesù Cristo. Amen.

1987-03-17 Data estesa: Martedi 17 Marzo 1987




Alle squadre dell'"Argentina" e della "Roma" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Con lo sport favorite i legami fra i popoli

Testo:

Mi è gradito darvi il mio cordiale benvenuto, Dirigenti e giocatori della squadra nazionale di calcio argentina, venuti in questa città per disputare un incontro amichevole con la squadra della Roma, che attualmente sta celebrando il sessantesimo anniversario della sua fondazione.

In questa circostanza desidero fare i miei auguri alla squadra argentina che ha raggiunto le mete più alte nell'ambito dello sport calcistico mondiale.

perciò questa udienza mi offre l'occasione per manifestare l'attenzione della Chiesa per ogni aspetto sociale e morale che le competizioni sportive presuppongono per le relazioni interpersonali e gli incontri internazionali, destinati a promuovere e incrementare vincoli di amicizia e convivenza pacifica tra i popoli. Come insegna il Concilio Vaticano II: "Gli esercizi e le manifestazioni sportive... aiutano a mantenere l'equilibrio spirituale anche della comunità, e a stabilire relazioni fraterne tra uomini di ogni classe, nazione e razza" (GS 61). Perché questi desideri vadano convertendosi in felice realtà, come segno di abbondanti doni divini, vi impartisco la mia benedizione apostolica che estendo con affetto alle vostre famiglie e ai vostri concittadini, con i quali avro il piacere di incontrarmi nella mia prossima visita pastorale nella vostra patria.

Ed ora rivolgo il mio saluto anche ai Dirigenti ed ai giocatori della Associazione Sportiva Roma, che celebrano il sessantesimo anniversario della fondazione della società "giallorossa".

Mi compiaccio con voi e vi esorto a perseverare nella prospettiva, mai venuta meno nella vostra compagine, di dare ampio spazio a significative e valenti espressioni di fratellanza e da amicizia. Insieme con l'efficienza ed il successo, siano sempre esaltati da voi, in ogni competizione, i valori morali che accompagnano l'autentico sportivo, è cioè il comportamento maturo e saggio, l'autocontrollo, l'equilibrio interiore.

Vi chiedo altresi di mettere in luce, in ogni occorrenza, quello spirito cristiano che anima la vostra coscienza di credenti e che sa esaltare i sentimenti di lealtà, di concordia, di fraterna solidarietà che sono indispensabili affinché ogni esibizione sportiva sia veramente umana e costruttiva.

Con questo spirito, ne sono certo, voi affronterete l'incontro amichevole di domani, festa di san Giuseppe, ed auspico che con la protezione di questo grande santo nel mondo dello sport sia possibile garantire sempre quella viva cordialità e quello spirito pacifico ed amichevole che uniscono tutti i veri sportivi in una unica, grande e serena famiglia.

Con tali auspici vi benedico di cuore.

1987-03-18 Data estesa: Mercoledi 18 Marzo 1987









Discorso durante il primo incontro con la cittadinanza - Civitavecchia

Titolo: Il Vangelo possiede la capacità di trasformare e salvare il mondo

Testo:

Fonte: Osservatore Romano, 20 marzo 1987 Signor Ministro, signor Sindaco, fratelli e sorelle.


1. Porgo il mio cordiale saluto a tutti voi, abitanti di questa antica e cara città, a quanti son venuti dai dintorni per partecipare al nostro fraterno incontro, e a tutti quelli che sono spiritualmente presenti attraverso il collegamento della radio e della televisione.

Ringrazio il signor Ministro e il signor Sindaco per le sincere parole che mi hanno rivolte, e per le nobili considerazioni sviluppate nei loro discorsi di saluto. Sono lieto di trovarmi oggi in una città di mare legata da sempre alla storia di Roma, in mezzo ad una popolazione che conserva nel cuore il dono del Vangelo e lo sa custodire tra le vicende della storia e le traversie della vita, e che è animata dalla volontà di costruirsi un futuro degno del glorioso passato.

La mia visita è rivolta innanzitutto al mondo del lavoro, ma vuole estendersi all'intera diocesi, alle molteplici forze vive che vi operano per portare a tutte una parola di incoraggiamento e l'invito ad avere fiducia nella capacità che il Vangelo possiede di trasformare e salvare anche il mondo di oggi.

Cari fratelli e sorelle, sono qui come successore di Pietro, pescatore di Galilea, trasformato dal divin Maestro in capo degli apostoli, ed il mio vivo desiderio è di confermarvi nella fede che il Figlio stesso di Dio è venuto a portare sulla terra, è di dirvi che le verità di Dio sono verità indispensabili a ogni persona umana che voglia ritrovare se stessa e costruire il proprio avvenire senza rischi.

Il vostro passato bimillenario, che è tutta una storia di rinascite, deve essere per voi motivo di costante riflessione perché le difficoltà dell'oggi, che sono sempre superabili, non costituiscano occasione non di cedimento alla sfiducia, ma stimolo ad andare avanti con ottimismo e perseveranza.


2. La vostra città nacque col nome di Centocelle per via delle molte insenature naturali sparse lungo la costa rocciosa, dove trovavano sicuro approdo le triremi romane; essa poi si sviluppo lentamente in porto di Roma, con l'opera dei celebri maestri dell'epoca di Traiano, e, nei secoli seguenti, si trasformo in fortezza alla cui strutturazione collaborarono molti grandi architetti del Rinascimento.

Una città aperta e insieme solida, come tutte le città marinare, ma anche, appunto per questo, esposta lungo il corso del tempo agli assalti di quanti cercavano d'impossessarsene per puntare su Roma.

La storia di Civitavecchia conobbe periodi tragici ed eroici. Al declinare dell'Impero Romano, essa fece fronte all'assedio dei Goti; nel Medio Evo conobbe le devastazioni dei Saraceni, dopo una strenua resistenza; nell'ultimo conflitto mondiale ha provato il massiccio bombardamento aereo del 3 agosto 1943, che provoco duemila vittime e vaste distruzioni di edifici. Una città che ha sofferto, dunque, ma che ha saputo soffrire con dignità.

In questo quadro storico, risplende di particolare fulgore il posto che vi tenne la fede cristiana. Essa fu qui ricevuta fin dai primordi del Vangelo, ed è stata sempre per i vostri padri sorgente di energie, di speranza e di rinascita.

Per questa fede son morti, nel periodo delle persecuzioni romane, tanti concittadini, che nel corso dei secoli sono stati per i vostri antenati modelli e intercessori.


3. Cari fratelli e sorelle, i vostri antenati che sopravvissero alla distruzione operata dai Saraceni nel secolo IX, vollero ricostruirne sull'area della primitiva città un'altra, quella del nome attuale, quasi a significare che il presente deve collegarsi al passato per preparare il futuro. Al pur nobile lavoro dei campi essi preferiscono il ritorno sul mare, dove da sempre avevano trovato sostentamento. E così l'antico agglomerato risorse dalle rovine come città murata, e alla sua costruzione contribui il genio di colui che nel cielo di Roma ha innalzato la cupola di san Pietro.

Da allora il mondo del lavoro è vissuto in gran parte attorno al porto, militare e civile. Nel dopo guerra si sono creati impianti industriali, le centrali termoelettriche ad alta densità di produzione di energia, ed altri tipi di attività lavorativa.

Tuttavia, c'è anche il rovescio della medaglia. Lo so bene. Lo sviluppo è risultato contenuto; l'industrializzazione non ha avuto l'incremento da voi atteso; alcuni cantieri chiudono i battenti. I giovani trovano difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro. La disoccupazione rappresenta un fenomeno crescente. E, con la disoccupazione, si manifestano in misura preoccupante i molteplici mali che il disimpegno e l'avvilimento per loro natura alimentano.


4. Nonostante tutto, pero, voi avete tanti motivi di speranza e di fiducia per il domani. Ebbene, fate appello alla vostra tradizione per rinascere ancora una volta, e costruire ancora una volta, e costruire con slancio rinnovato il nuovo sull'antico.

Civitavecchia è una città ordinata, aliena dalla violenza. La famiglia è fondamentalmente sana. La religione è sentita, vive nella profondità del cuore, nonostante l'ambiente secolarizzato.

Desidero perciò esortare i credenti ad adoperarsi per un risveglio di fede, nel quale sta la promessa di una autentica rinascita sociale. Rimanete ancorati al valore ed al senso della famiglia, al rispetto della persona umana in qualunque momento della sua esistenza.

Vi saluto ancora tutti di cuore e vi benedico.

1987-03-19 Data estesa: Giovedi 19 Marzo 1987




Ai marittimi incontrati nel porto della città - Civitavecchia

Titolo: Sia Cristo il vostro "porto sicuro" e la Vergine santissima la vostra "bussola"

Testo:

Cari fratelli e sorelle.


1. In questa mia visita a Civitavecchia, non poteva mancare un incontro con voi, portuali, pescatori e marittimi, rappresentanti di una parte tanto attiva della città, che sorge a specchio del mare Tirreno e che fin dall'antichità ha goduto di un porto monumentale, destinato ad assicurarle attraverso i secoli un crescente sviluppo commerciale, economico e culturale nei rapporti com i popoli dell'intero bacino del Mediterraneo.

Esprimo il mio cordiale saluto a tutti voi, uomini del mare, e a quanti nella capitaneria di porto, nelle ferrovie, nelle ditte di autotrasporto collaborano a diverso titolo con i portuali. Saluto, in particolare, tutte le autorità civili e militari che assicurano la propria assistenza a favore dei passeggeri, degli emigrati, degli ormeggiatori e di quanti fanno a loro ricorso. A tutti rivolgo il mio pensiero insieme con l'attestato del sincero apprezzamento per la preziosa attività portuale, svolta spesso con vero spirito di sacrificio.

A nessuno infatti sfuggono le particolari condizioni in cui vengono a trovarsi coloro che si imbarcano per lungo tempo: sono note le difficoltà a cui vanno incontro a causa dei periodici distacchi dai propri familiari e dei rischi a cui li espongono le incognite del mare.

Ma non sfuggono neppure gli aspetti affascinanti della vita del mare, che offre a chi viaggia sulle navi possibilità di sempre nuove conoscenze ed amicizie, di incontri con città marinare ricche di storia e di arte, di meravigliose visioni di distese infinite e di orizzonti suggestivi; visioni, incontri, contatti che spezzano il cerchio di una mentalità ristretta ed insegnano a conoscere e ad amare l'uomo e la sua vicenda spirituale.


2. Desidero attirare la vostra riflessione sull'importanza della vostra attività, che tanto contribuisce allo sviluppo economico e al progresso civile della nazione.

La funzione di ciascuno di voi, nell'ambito della propria specializzazione e competenza, diretta infatti;il bene comune. L'operatore portuale esprime un rapporto che trascende l'ambito ristretto di una circoscrizione territoriale e si allarga al più vasto orizzonte di persone e cose provenienti dai luoghi più diversi. E un rapporto che, mentre tende al miglioramento delle condizioni di vita di quanti lo vivono, ne promuove al tempo stesso la crescita umana, ampliandone le conoscenze grazie all'impatto con realtà sempre nuove. Si rivela così, in modo particolarmente chiaro, l'incidenza che ogni lavoro ha sulla maturazione dell'uomo. Il lavoro infatti produce non solo ricchezze materiali, esterne all'uomo, ma anche ricchezze spirituali, a lui interiori, quali la solidarietà, l'amicizia e la fratellanza. Se concepito così, il lavoro fa superare la concezione pragmatica del progresso, come beneficio immediato di chi lo compie, e lo configura come servizio ad ogni uomo e come promozione della sua dignità.

Voi, portuali, siete protagonisti responsabili di collegamenti internazionali che, ancora oggi, nonostante i progressi della tecnologia e della scienza, privilegiano il mare, nel quale ritrovano echi di tradizione e di glorie mai dimenticate, ma che anzi continuano ad essere un punto preciso di richiamo e di riferimento.

La presenza in un porto, unico nella sua fattispecie, attira l'interesse della Chiesa, perché essendo espressione e strumento di comunicazione tra i popoli, favorisce la realizzazione di quell'anelito di amore e di fraternità nell'unità dei cuori e delle intelligenze, che costituisce una componente essenziale della sua missione.


3. Quando il mio predecessore Sisto IV decise e programmo la ristrutturazione e l'ammodernamento, adeguato per quei tempi, di questo porto monumentale, la cui prima costruzione risale a Traiano, era mosso da grandi finalità di benessere e di civiltà.

Sono finalità che, nelle loro implicazioni morali, culturali e religiose - sebbene si manifestino oggi in maniera diversa per le mutate condizioni di tempo e spazio - restano tuttora valide.

In tale visuale il vostro impegno non può non svilupparsi in maniera coerente e armonica, e non può soprattutto non determinare un auspicato ampliamento e miglioramento dei rapporti sociali ad ogni livello, alla luce degli insegnamenti lasciatici da Cristo e fatti propri nel tempo dalla Chiesa.


4. Voi che solcate le onde del mare, guardate agli apostoli, parte dei quali furono pescatori. La loro vita e la loro vicenda sul lago richiama la vita e la vicenda degli uomini del mare di ogn tempo. Ascoltiamo l'evangelista Matteo: "Essendo Gesù salito su una barca, i suoi discepoli lo seguirono. Ed ecco scatenarsi nel mare una tempesta così violenta che la barca era ricoperta dalle onde; ed egli dormiva. Allora, accostatisi a lui, lo svegliarono dicendo: ''Salvaci Signore, siamo perduti!''. Ed egli disse loro: ''Perché avete paura, uomini di poca fede?''. Quindi levatosi, sgrido i venti e il mare e si fece una grande bonaccia" (Mt 8,23-26). Un altro episodio evangelico ci presenta Gesù che, camminando sulle acque del medesimo lago, raggiunge i suoi discepoli in difficoltà per il vento contrario e dice loro: "Coraggio sono io, non abbiate paura" (Mt 14,27). E subito il vento cesso.

Cari fratelli, queste parole del Signore siano anche per voi motivo di fiducia e di incoraggiamento nelle difficoltà e nei momenti bui; siano garanzia della continua assistenza, che egli non fa mancare a chi si rivolge a lui con fiducia: a lui che ha la chiave di tutti gli enigmi del cuore umano e che dà il senso ultimo ad ogni azione. Se, come gli apostoli, avrete con voi Gesù nella rotta della vita, non avrete a temere né tempeste, né venti contrari. L'immagine della barca è simbolo della Chiesa nel mondo. Sant'Agostino, di cui quest'anno ricordiamo il 16° centenario del battesimo, nei suoi viaggi da e per l'Africa solco il mare e, da grande pensatore che egli era, non manco di esprimere in proposito una riflessione spirituale: "Noi siamo dei naviganti, quando guardiamo le onde e le tempeste di questo mondo terreno. Ma noi non affondiamo, perché siamo portati dal legno della croce" ("Tract. in Io." 27,7).

La Chiesa è questo legno di salvezza che vi assicura la traversata e il Cristo è il porto sicuro, è il faro che orienta ed illumina la vostra navigazione.

A chi viaggia sul mare occorre anche una bussola, altrimenti smarrisce la rotta: la Vergine santissima, tanto venerata a Civitavecchia, sia la vostra bussola, ella che è la Stella del mare.

Su voi invoco anche la protezione di santa Fermina vergine e martire, la cui effigie, a testimonianza di affetto e di fede, quest'oggi avete recato qui nel porto, perché essa protegga e aiuti, tutti voi che operate nel settore marittimo.

La sua intercessione presso nostro Signore Gesù Cristo e la Madonna santissima ottenga che, unitamente alle vostre famiglie qui convenute, possiate godere sempre dei doni della serenità, della pace e dell'amore.

Vi accompagni la mia benedizione.

1987-03-19 Data estesa: Giovedi 19 Marzo 1987




Al mondo del lavoro - Centrale Enel di Torre Valdaliga-Nord

Titolo: Lavoratori: la fede non addormenta la coscienza, essa sostiene, guida e orienta verso la libertà

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle, Lavoratori e lavoratrici di Civitavecchia! 1. Vi ringrazio per l'accoglienza, e vi esprimo tutta la mia gioia per questo incontro nella vostra città, qui dove i problemi sociali e tecnologici impegnano la vostra intelligenza e la vostra operosità, a diretto contatto con l'ambiente fisico e umano di una delle più grandi centrali termoelettriche d'Europa.

Vi saluto tutti, e vorrei con amicizia incontrarvi ad uno ad uno, per scambiare una parola cordiale, sui problemi che vi assillano.

Ringrazio di cuore per gli indirizzi che mi sono stati rivolti: nelle parole dei vostri rappresentanti ho sentito vibrare le attese e le preoccupazioni di tutti voi, come pure la volontà di continuare a difendere e promuovere il lavoro e la sua dignità.

Desidero esprimere la mia simpatia a tutti gli operai delle tre grandi centrali termoelettriche di Fiumaretta, di Torre Valdaliga Nord e Sud.

Mi è gradito rivolgere un saluto beneaugurante al Presidente dell'ENEL, l'ente pubblico che ha realizzato questa centrale.

Vorrei stringere la mano anche a tutti gli altri lavoratori dell'industria, grande e piccola, dell'artigianato, del commercio, dei trasporti, delle pubbliche amministrazioni, dell'agricoltura; in una parola, a tutte le categorie di persone che qualificano la geniale, attiva, fervida popolazione di Civitavecchia.

Voglio accogliere tutti in un ideale e fraterno abbraccio, consapevole come sono dei vostri problemi, delle vostre ansie, ma anche della vostra fierezza per la dignità che vi compete nei vari ruoli della vostra attività. Ogni lavoratore, infatti, è testimone del valore che ha il suo lavoro, poiché esso è una realtà strettamente legata all'uomo e alla sua identità. Il lavoro consente ad ogni persona di essere se stessa, perché affranca dalla miseria, garantisce in maniera più sicura la sussistenza, permette e favorisce una partecipazione valida e consapevole alle responsabilità sociali, al di fuori di ogni oppressione e al riparo da situazioni che offendono la dignità; nel lavoro si sviluppa una cultura, vale a dire l'autocoscienza di essere responsabilmente inseriti nella sfera dei valori materiali e spirituali, con la possibilità ed il vantaggio di avere di più per poter essere di più.

Desidero affermare questo proprio nella festa di san Giuseppe, di colui che ha lavorato accanto a Gesù per tanti anni, accomunato nello stesso mestiere al figlio di Dio fattosi uomo, testimone dell'umiltà e della fatica fisica di Gesù tra le pareti della casa di Nazaret. Giuseppe per primo raccolse dalla diretta testimonianza del Signore la sostanza ed il vertice del "vangelo del lavoro" e poté quindi leggere nell'operosità di Gesù il significato umano, religioso e redentivo della quotidiana fatica. "Gesù figlio di Dio, incarnato, redentore di tutti gli uomini, per tanti anni della sua vita è stato un lavoratore. Il lavoro di Gesù operaio appartiene così all'opera della redenzione dell'uomo, della redenzione divina dell'uomo" ("", VIII, 1[1985] 1906).


2. Nella luce di Cristo, redentore dell'uomo e del lavoro umano, avendo davanti agli occhi l'esempio di san Giuseppe l'umile carpentiere che nella quotidiana fatica ha realizzato appieno la propria dignità di essere libero e responsabile, il Papa oggi vi parla, lavoratrici e lavoratori, per dirvi tutta la stima che la Chiesa ha per voi e per il contributo che voi recate al benessere sociale. La Chiesa, nel suo dialogo col mondo del lavoro, sente come propria missione, oggi particolarmente urgente, quella di affermare in maniera forte e chiara la dignità e centralità dei valori della persona. Essa perciò mette in guardia contro ogni tentativo di ridurre l'uomo ad un semplice ingranaggio della grande macchina della produzione. L'uomo è inserito nel processo produttivo, ma non si riduce ad esso: lo trascende, perché l'uomo non è solo materia, ma è anche spirito e, come tale, è portatore di un destino che lo proietta, oltre l'orizzonte del tempo, verso l'eterno.

E' perciò con viva speranza che la Chiesa riscontra, oggi, in tutti i settori della vita umana, anche in quello del lavoro, numerosi segni di una nuova fame e sete di trascendenza e di divino. Il mondo del lavoro sembra scoprire ogni giorno di più l'importanza del posto di Dio nella vita, e tende a divenire una comunità fondata sulla solidarietà e sull'amore fraterno.


3. Solo se il mondo del lavoro recupererà appieno la dimensione verticale dell'uomo potrà affermare fino in fondo la dignità del lavoro e difenderla contro gli attacchi che la insidiano. La dignità del lavoro non dipende dall'attività in cui esso si esprime, ma dal soggetto che tale attività svolge, in essa consegnando qualcosa di sé, della propria intelligenza e creatività. La dignità del lavoro si difende, perciò, difendendo la dignità dell'uomo. E la dignità dell'uomo ha il suo fondamento nell'essere egli costituito "ad immagine e somiglianza di Dio".

Riconoscere tale riflesso divino, che brilla in ogni essere umano significa porre il germe di tutte le rivendicazioni sociali che la tutela dei diritti del lavoratore rende necessarie.

Uomini e donne del mondo del lavoro, io vi parlo con grande franchezza: Dio sta dalla vostra parte! La fede in lui non soffoca le vostre giuste rivendicazioni, ma anzi le fonda, le orienta, le sostiene. E Dio resta il supremo garante dei vostri diritti. Davanti al suo tribunale ogni uomo si troverà un giorno per rispondere delle ingiustizie commesse verso i suoi simili.

Già ora, perciò, chi crede in Dio accetta di mettere in questione se stesso e il proprio modo di entrare in rapporto con gli altri, in ogni campo ma particolarmente nel campo del lavoro. La fede non addormenta la coscienza: mette piuttosto in essa l'assillo della continua ricerca delle condizioni più rispondenti alla nativa dignità di un essere dotato di intelligenza e di libertà, capace perciò di gestire responsabilmente se stesso.

Questa nativa dignità dell'uomo deve esprimersi principalmente nel lavoro. Questo va detto con forza specialmente oggi, quando il sempre più rapido progresso tecnologico rischia di sopraffare il lavoratore, isolandolo ed emarginandolo. Si profila all'orizzonte il pericolo di una nuova schiavitù del lavoro, come conseguenza di una struttura produttiva in cui è sempre meno coinvolta la persona con la sua capacità di iniziativa e di responsabilità. La soluzione di tale problematica tensione non va cercata in un rallentamento o addirittura nell'arresto dello sviluppo tecnologico. Essa scaturirà piuttosto dal continuo impegno di riqualificazione del lavoratore e dalla creazione di spazi sempre maggiori al suo intervento cosciente e responsabile nella gestione dell'azienda.

In questa battaglia per la tutela della dignità del lavoratore i credenti devono essere in prima fila, essi che riconoscono il disegno primordiale di Dio nei confronti dell'uomo, non sta forse scritta nella prima pagina della Bibbia l'impegnativa consegna di "riempire la terra e soggiogarla"? L'uomo è chiamato ad essere il collaboratore di Dio nell'opera della creazione. Ogni attività produttiva deve dunque essere strutturata in modo da essere degna di un "collaboratore di Dio"! 4. Tra i problemi che oggi assillano l'uomo, qui a Civitavecchia si avverte in modo particolarmente vivo quello dell'approvvigionamento energetico. Ci troviamo di fronte ad una costante dilatazione della domanda di energia, suscitata dal crescere dell'industrializzazione e da un maggior consumo pro-capite connesso com la espansione demografica e il miglioramento del livello di vita. E' un problema che investe direttamente la responsabilità delle autorità pubbliche ed impegna, al tempo stesso, il campo della ricerca scientifica.

A me spetta di sottolineare il dovere - che tutti ci tocca - di avere rispetto per i beni che Dio ha creato ed ha voluto mettere a disposizione di tutti. Il dato di fatto è, invece, che si sono raggiunte punte d'inquinamento dell'ambiente naturale davvero paurose e preoccupanti. Tale situazione, che riguarda ovviamente tutto il mondo, rischia di fare proprio tra i lavoratori le prime sue vittime. Occorre dare vita ad un nuovo tipo di collaborazione tra i responsabili della produzione ed i cultori della scienza al fine di non procedere verso uno sviluppo a senso unico che si rivelerebbe alla fine mortalmente rischioso per tutti. Il nostro pianeta risulterebbe infatti ben presto inabitabile qualora si rinunciasse a cercare con assiduità gli strumenti che possono correggere gli effetti negativi delle varie tecnologie. Bisogna rispondere agli interrogativi circa la sicurezza con un impegno pari a quello espresso finora nella promozione degli interessi energetici e produttivi, al fine di garantire il rispetto e la conservazione di tutte le possibilità e bellezze dell'universo.

Noi siamo inseriti in un mondo che va apprezzato e rispettato, e non dobbiamo cedere alla tentazione di alterarne gli equilibri. Studiosi e scienziati d'ogni parte e tendenza si sentano perciò fondamentalmente impegnati per la crescente domanda di energia che il fabbisogno della società moderna pone in termini di urgenza; ma tengano conto anche della vitale esigenza che non venga turbato l'essenziale equilibrio della natura, essendo questa la prima condizione per garantire la costruzione di un mondo di giustizia e di pace, in cui l'uomo sia consapevole soggetto e artefice del progresso tecnologico in armonico rapporto con il cosmo.


5. Ogni operaio, ogni lavoratore dell'industria e della produzione energetica è anche un uomo continuamente a contatto con la realtà della creazione e con le sue leggi. Il mondo che ci circonda e su cui noi agiamo col nostro lavoro, insieme con le imponenti energie insite nella natura, ci svela continuamente l'ordine meraviglioso voluto da Dio. Da questo contatto quotidiano, sia pure nella dura fatica, l'uomo conosce il mondo fisico ma è portato a meditare, altresi, sul rapporto che esso ha con Dio e a riconoscere l'infinita potenza del Creatore e Legislatore dell'universo. Ogni lavoratore può così sentirsi partecipe di un disegno divino ed accogliere con riconoscenza la sublime missione di "soggiogare e dominare il creato" per ricondurre tutte le ricchezze del cosmo a vantaggio dell'uomo. Possiamo dire che qui si dispiega un contesto religioso nel quale ogni lavoratore scopre la presenza ed il valore di un impegno morale serio e vincolante: l'impegno di far convergere tutte le tecniche e le scoperte verso il maggior bene dell'umanità. Nel contatto con le forze dell'universo che si rivelano sempre più sorprendenti e preziose, ogni lavoratore sente quanto sia grande la responsabilità di tutti nell'operare secondo l'ordine stabilito da Dio.

Il lavoro è un dovere dato da Dio ed una necessità imposta dalle molteplici necessità dell'esistenza; esso pero è anche un modo di compiere insieme un cammino, collaborando con amore e rispetto al bene di tutti.

Lavoratori e lavoratrici di Civitavecchia, aprite il vostro cuore alla fraternità e alla solidarietà, seguendo il modello di Cristo! Accettate il messaggio che le pagine del Vangelo continuamente vi rivolgono! La parola di Cristo è fonte di dignità, è annuncio di liberazione, è motivo di impegno per mete sempre migliori nel comune cammino verso la promozione dell'uomo. Essa vi propone una nuova ricchezza di forze morali, capaci di redimere il lavoro talvolta duro e monotono, e di renderlo più attraente ed umano. Il Signore vi doni sempre nuove energie perché possiate ogni giorno guidare, con costanza e tenacia, il mondo della tecnica verso il maggior bene della comunità dei lavoratori, della società intera, di ogni uomo. In questo impegno Cristo vi è a fianco. Egli cammina con voi come, sulla strada di Emmaus, camminava a fianco dei due discepoli, frastornati per i fatti accaduti in quei giorni a Gerusalemme.

Il rischio è, oggi come allora, di non riconoscerlo e di restare perciò sotto il peso della delusione e dello sconforto. E' scritto nel Vangelo che i due discepoli, alla fine, "lo riconobbero nello spezzare il pane" (cfr. Lc 24,35). E' chiaro l'accenno all'Eucaristia. Anche oggi la comunità cristiana "spezza il pane eucaristico" quando, la domenica, si raccoglie per la celebrazione della Messa, memoriale della passione, morte e risurrezione del Signore.

Cari fratelli e sorelle, io vi auguro di riscoprire la gioia della partecipazione alla Messa nel giorno festivo. Li, nell'ascolto della parola di Dio e nella condivisione del pane eucaristico, ciascuno di voi potrà fare ogni volta la rinnovata esperienza della presenza rasserenante del Signore risorto, in lui trovando la conferma di quei valori che danno senso al lavoro di ogni giorno e alla stessa vita. A lui io affido i vostri problemi, le vostre preoccupazioni, le vostre speranze. Egli cammini sempre con voi, perché i vostri passi possano condurvi verso mete di giustizia, di solidarietà, di pace.

Lavoratrici e lavoratori, Cristo è con voi, la Chiesa è con voi! Essa vuole servire la causa della vostra vera dignità: una dignità che trova in Gesù, chino a Nazaret sul banco del lavoro di carpentiere accanto a Giuseppe, suo padre putativo, e a Maria, intenta al disbrigo delle faccende domestiche, un esempio sublime e straordinariamente eloquente.

Alla Santa famiglia di Nazaret io rivolgo la mia preghiera per voi e per le vostre famiglie, soprattutto per i giovani in cerca della prima occupazione, perché a tutti siano dati giorni sereni e lieti nel contesto di una società che cammini verso un futuro sempre più giusto ed umano.

La missione della Chiesa accantoai lavoratori Prima di terminare vorrei ancora una volta ringraziare tutti i vostri rappresentanti che hanno parlato prima di me. Hanno dato l'idea d'insieme di una problematica che hanno presentato alla nostra riflessione comune. Devo confessarvi che questo per me è un momento molto prezioso, il momento in cui posso ascoltare le vostre testimonianze, le vostre analisi della situazione del lavoro nel vostro ambiente e nella vostra patria, in Italia o altrove, perché, il mondo del lavoro, è una grande comunità che non si limita ad un solo paese ma abbraccia tutte le nazioni.

E con grande interesse e profonda partecipazione ho ascoltato le vostre testimonianze e le vostre analisi e questo è un po' il privilegio della giornata di San Giuseppe, perché posso trovarmi in un ambiente di lavoro, come oggi a Civitavecchia, ad ascoltare queste testimonianze e sentire tramite esse anche quella che è la responsabilità della Chiesa e la sua missione, perché essa esiste per gli uomini e per l'umanità. Il figlio di Dio si è fatto uomo per noi uomini, come recitiamo nel "Credo", per noi uomini e per la nostra salvezza. La Chiesa ha dunque ricevuto questa missione da lui, così è importante questo incontro e molto prezioso per me. Il giorno di San Giuseppe, infatti, ogni anno posso visitare un ambiente di lavoro in Italia e così rendermi più consapevole dei vostri problemi, del problema che sembra mettersi sempre più al primo posto, cioè l'occupazione.

Questo è un problema che mi travaglia e mi preoccupa perché è un problema delle persone: i giovani se non incontrano all'inizio della loro vita da adulti la possibilità di lavoro diventano infelici e questo incide per il futuro della loro vita. Devo confessarvi che questa vostra preoccupazione è anche profondamente una preoccupazione mia e della Chiesa di Roma, dell'Italia e del mondo.

Vi ringrazio per la vostra attenzione.

1987-03-19 Data estesa: Giovedi 19 Marzo 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Omelia all'ordinazione episcopale di Monsignor Magee - Roma