GPII 1986 Insegnamenti - A friulani e due gruppi di studiosi - Città del Vaticano (Roma)

A friulani e due gruppi di studiosi - Città del Vaticano (Roma)

Benemerenze del settimanale cattolico friulano


A tutti voi qui presenti, carissimi fratelli e sorelle va il mio saluto cordiale.


1. La mia parola si indirizza innanzitutto al gruppo di Udine, venuto a Roma in pellegrinaggio per commemorare in modo solenne il 60° del settimanale diocesano "La vita cattolica". Sono ben lieto di accogliervi, cari fedeli del Friuli, per festeggiare così con voi questa data, che nella storia della diocesi ha certamente un'importanza assai significativa. Porgo, pertanto, il mio affettuoso benvenuto all'arcivescovo, mons. Alfredo Battisti, e ai suoi collaboratori, alle autorità civili che hanno voluto onorare l'avvenimento con la loro presenza, ai sacerdoti che nelle varie parrocchie sostengono il settimanale. Saluto il direttore responsabile del settimanale, i redattori, le maestranze delle arti grafiche, i diffusori e tutti i lettori. A tutti esprimo il mio vivo compiacimento per la ormai lunga e benemerita esperienza del periodico, testimone attento e puntuale della vita della Chiesa locale nel suo intreccio con la storia della comunità civile e auguro di cuore fervorosa perseveranza in un servizio sociale di tanto rilievo. Uno speciale pensiero rivolgo agli altri vescovi della regione, che hanno voluto essere presenti a questo incontro. Il settimanale diocesano, infatti, ha un grande valore nella struttura della Chiesa locale, perché mediante le varie rubriche religiose e culturali, mediante la corretta interpretazione degli avvenimenti più sentiti nel territorio, mediante il notiziario riguardante le iniziative e le attività delle varie componenti della comunità ecclesiale, crea un collegamento tra i fedeli, che vengono portati anche in questo modo a formare una grande famiglia. Auspico che il vostro settimanale continui con rinnovato impegno nel suo compito informativo e formativo, incontrando crescente ascolto tra i fedeli della diocesi.

Colgo volentieri l'occasione della vostra presenza per manifestare anche la mia stima e il mio affetto per la vostra terra del Friuli, di cui voi andate giustamente orgogliosi: una Regione dalle antiche e nobili tradizioni, la vostra, che ha fuso insieme tre civiltà: la latina, la germanica e la slovena; una Regione onorata da un popolo industrioso e dinamico; una terra che ha tanto sofferto nel passato, remoto e prossimo: penso in particolare al terremoto che tante distruzioni ha portato dieci anni or sono, ma che ha messo in luce anche il coraggio, la tenacia e l'intraprendenza della popolazione friulana, la quale ha sempre mantenuto viva e fervida la fede nella Provvidenza. Carissimi, conservate integro e saldo questo prezioso patrimonio di laboriosità e di religiosità e, pur tra le vicende contrastanti dell'epoca moderna, continuate a vivere con piena convinzione i valori fondamentali della famiglia e della comunità, dai quali non può prescindere un progresso che voglia mantenersi autenticamente umano. Il vostro pellegrinaggio a Roma, presso la tomba di san Pietro, è anche un atto di devozione e uno stimolo a una fedeltà sempre più convinta al messaggio di Cristo e della Chiesa. Perseverate in questo atteggiamento cercando di essere nel mondo testimoni credibili del Vangelo. La Vergine Immacolata, la cui solennità ci apprestiamo a festeggiare, e che è tanto amata e venerata dai fedeli della diocesi di Udine, cosparsa di devoti santuari mariani, vi assista, vi illumini, vi accompagni nel vostro apostolato.

La mistica gioia, che sempre infonde nei nostri animi la commemorazione del santo Natale, vi dia serenità e coraggio nel perseguire con entusiasmo l'opera tanto benefica del settimanale, che annuncia e proclama Cristo "luce" e "salvezza" del mondo. E vi sia di conforto la preghiera che elevo per quanti collaborano al vostro periodico, come anche la benedizione, che ora di gran cuore imparto a voi, ai lettori de "La vita cattolica" e a tutti i fedeli della vostra diletta diocesi.

Formare uomini costruttori di pace


2. Rivolgo ora il mio saluto ai signori cardinali, ai fratelli vescovi, ai professori e agli studenti dell'Università Pontificia e degli Istituti di studi ecclesiastici, che hanno partecipato al Simposio, organizzato dal Centro ricerche della Federazione internazionale delle università cattoliche in occasione dell'Anno internazionale della pace; e saluto in particolare il direttore generale dell'Unesco, signor M'Bow, il direttore del Centro ricerche della Fiuc, i promotori e i relatori che hanno animato il Convegno. Sono lieto di incontrarvi e mi compiaccio per questa iniziativa che sottolinea il vostro serio impegno per una così nobile causa. "La pace: sfida all'Università Cattolica" è il vostro tema. Esso coglie un aspetto essenziale dell'attività di ogni Centro di studi ecclesiastici che, ispirandosi ai valori cristiani della vita e della scienza, è profondamente impegnato a elaborare progetti e messaggi di pace e a formare uomini costruttori di pace. In questa prospettiva voi avete studiato gli aspetti antropologici della pace e vi siete soffermati con particolare attenzione sulle sue dimensioni filosofiche e teologiche, affrontando anche i problemi storici ad essa relativi, nell'intento di porre solide basi per il dialogo interreligioso finalizzato alla costruzione della pace. Come ho detto ad Assisi, la pace ha bisogno di profeti e di artefici; ha bisogno, quindi, di uomini realisticamente attenti ai problemi del momento, ma costantemente sorretti dalla speranza nella possibilità di costruire, con l'aiuto di Dio, un domani migliore. L'Università Cattolica, per il suo fine istituzionale di centro di elaborazione culturale secondo i principi della ragione e della fede, è necessariamente impegnata a proporre "pensieri di pace" e a contribuire a una "mentalità di pace", in conformità al messaggio di salvezza annunciato dalla Chiesa di Cristo, "Principe della pace". Come tale, l'Università Cattolica partecipa alla missione della Chiesa, la quale non si stanca di promuovere efficacemente quei dinamismi etici e spirituali, da cui soltanto la pace può essere propiziata e garantita. Voi avete, perciò, un ruolo ricco di responsabilità e di prospettive e io guardo con grande fiducia al vostro impegno quotidiano nell'adempimento del vostro mandato. Con l'augurio che il Signore faccia di tutti voi degli strumenti efficaci della pace, invocando la protezione della Vergine Immacolata, ben volentieri imparto a tutti la mia benedizione. Dignità della persona umana e valori fondamentali del diritto.


3. Mi è molto gradito rivolgere ora la mia parola beneaugurante ai partecipanti al Convegno nazionale di studio dell'Unione giuristi cattolici italiani. La storia del vostro sodalizio è fatta di perseverante adesione al magistero della Chiesa e, nel contempo, di accurata e aggiornata preparazione scientifica: il che ha meritato all'Unione la stima sia della comunità ecclesiale che della società civile, come testimoniano le ripetute chiamate dei suoi aderenti alla carica di vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura. Il tema "Dignità della persona umana e valori fondamentali del diritto", che in questi giorni affrontate, è di quelli che non perdono mai di attualità, appartenendo ai fondamenti stessi dell'ordinamento civile. Parlando di persona umana, voi giustamente ne considerate le molteplici dimensioni, tra loro ordinate secondo una ben precisa gerarchia di valori, che partendo dai bisogni materiali e primordiali, si eleva alle esigenze più nobili della sfera spirituale, quali la libertà di coscienza, di pensiero e di religione. Il senso e la portata di queste esigenze dovranno per altro essere valutati alla luce non solo della struttura metafisica della persona, ma anche nel suo inserimento storico nel piano della salvezza cristiana. Un'attenzione particolare, al riguardo, occorre rivolgere alle attuali tendenze secolaristiche, che tendono a mortificare o a falsificare lo sviluppo integrale della persona e la sua apertura alla trascendenza. Nell'ambito di questa problematica, voi avete svolto e state svolgendo un lavoro proficuo e coraggioso.

Mi riferisco in modo speciale al vostro impegno nel sostenere non solo il diritto alla nascita, ma anche alla nascita nel rispetto della legge naturale, cioè con esclusione di interventi eversivi della dignità della persona.

Penso anche al vostro impegno a difesa del diritto ad una famiglia stabile e unita, contro quei mutamenti nelle leggi e nel costume che si sono rivelati dannosi non solo per la famiglia, ma anche per la persona e per la società. Di fronte a tali mutamenti l'atteggiamento del cattolico non può essere che quello del coerente dissenso, in tutte le forme idonee consentite dal diritto e dal rispetto della legge divina. Altro campo della vostra feconda attività è stato quello a favore della libertà religiosa nel contesto degli insegnamenti conciliari e dei principi della Costituzione italiana. In questo contesto si collocano i problemi della libertà della scuola, ai quali pure avete dedicato una particolare considerazione.

Grazie ai vostri approfondimenti, si sta inoltre riscoprendo la preziosità della libera iniziativa in campo economico, e si sta sviluppando il volontariato civile nelle più varie forme. A tutti voi vada l'espressione del mio grato apprezzamento, insieme con l'esortazione a perseverare. Proseguite con coraggio nell'impegno di incarnare la legge divina e il diritto naturale nelle situazioni storiche dell'esistenza e dell'evolversi della società. Vi accompagni la mia benedizione.

Data: 1986-12-06Sabato 6 Dicembre 1986




Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Preparare la venuta del Signore con tutti i fratelli del mondo



1. "Tutti i confini della terra hanno veduto la salvezza del nostro Dio" (Ps 9798,3). "Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri" (Mt 3,3).

Nell'ora della nostra comune preghiera dell'Angelus, desidero insieme con voi, cari fratelli e sorelle, ringraziare Dio per il fatto che i "confini della terra" conoscono la verità sulla salvezza rivelata in Gesù Cristo. Ringrazio la divina Provvidenza per essermi potuto incontrare nel corso del mio pellegrinaggio in Estremo Oriente, con la Chiesa del Dio vivente, che è nel Bangladesh, a Singapore e nelle Isole Figi nell'Oceano Pacifico e in Nuova Zelanda, nonché con la Chiesa che è nel Continente Australiano e nelle Isole Seychelles.


2. Quei nostri fratelli e sorelle ai "confini della terra" si uniscono ora con noi nella fede, nella speranza e nella carità. Insieme con noi sono entrati nel tempo salvifico dell'Avvento. Giunge ai loro cuori - così come ai nostri - la voce che grida nel deserto: "Preparate le vie del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!".

Questo grido preannuncia la venuta del Salvatore. Ed egli si rivolge ai cuori e alle coscienze degli uomini. Infatti colui che viene è l'Emmanuele: Dio con noi e tra di noi. Viene per trovare in noi dimora.


3. Ci rivolgiamo dunque tutti - noi qui a Roma e i nostri fratelli e sorelle "ai confini della terra" - a te, Vergine di Nazaret, a te che sei "prima dimora" di Dio in terra. Ti salutiamo insieme con tutti gli uomini ai quali si avvicina, attraverso di te, il Figlio dell'eterno Padre e diciamo: Sii benedetta, figlia di Dio Padre! Tu che hai ricevuto il saluto dell'angelo Gabriele, accogli il nostro saluto e la nostra preghiera. Consentici di meditare, insieme con te, il mistero dell'Avvento, la venuta di Dio in carne umana. [Dopo la preghiera:] Rivolgo ora un cordiale saluto ai rappresentanti delle Comunità neocatecumenali, provenienti da varie città d'Italia e della Spagna. Carissimi fratelli e sorelle, so che voi compite questo pellegrinaggio alla tomba di san Pietro e poi alla santa Casa di Loreto come momento importante del vostro itinerario spirituale, in cui avete cercato di approfondire le ricchezze del vostro battesimo e le esigenti conseguenze della vostra appartenenza a Cristo. Vi esorto a ben continuare nell'impegno che vi porta a vivere sempre più consapevolmente la vocazione cristiana e a testimoniare i perenni valori in tutti gli ambienti in cui venite a trovarvi. A questo scopo vi rinnovo il mio incoraggiamento e la mia benedizione.

Data: 1986-12-07 Domenica 7 Dicembre 1986




Alla parrocchia di Santa Maria Regina dei martiri - Roma

L'attesa del Messia liberatore dei poveri e degli oppressi



1. "Regem venturum Dominum venite adoremus!". La liturgia della II domenica d'Avvento ci permette di guardare al Messia, del quale Israele - popolo di Dio della Antica alleanza - ha atteso la venuta. Guardiamo prima con lo sguardo profetico di Isaia (nel secolo VIII a.C.): chi sarà il Messia atteso? Sarà un grande Maestro, colui che verrà nella potenza dello Spirito Santo, pieno dei suoi doni: "Si poserà su di lui lo Spirito del Signore..." (Is 11,2). In pari tempo egli deve "germogliare dalla radice di Jesse", cioè dalla stirpe di Davide, come "un germoglio dal suo tronco". Il Messia dunque, nella profezia di Isaia, appare come un uomo, un discendente di Davide, così animato dalla potenza dello Spirito di Dio, che la sua missione ci consente di approfondire in modo decisivo il mistero di questo stesso Spirito. Infatti, come dicevo nella mia enciclica "Dominum et Vivificantem" (DEV 15), questo testo scritturistico "è importante per l'intera pneumatologia dell'Antico Testamento, perché costituisce quasi un ponte tra l'antico concetto biblico dello "spirito", inteso prima di tutto come "soffio carismatico", e lo "Spirito" come persona e come dono, dono per la persona". Come emerge da altri passi del profeta, il Messia, il "consacrato e unto di Spirito", sarà così ripieno di questo Spirito, che egli stesso, insieme col Padre, avrà il potere di "mandare lo Spirito" (cfr Jn 15,26 Jn 16,7), di "concedere questo Spirito all'intero popolo" (DEV 15).


2. Alla luce delle parole del salmista (secolo VII circa, Salmo 71), il Messia, che deve venire, sarà re della pace basata sulla giustizia, portando la liberazione ai "poveri", e a coloro che sopportano una molteplice oppressione. Su questo punto il Salmo si incontra col brano di Isaia, anche se il profeta esprime questa verità sul Messia in altro modo: mentre Isaia vede qui il Messia come un uomo ripieno di Spirito Santo, un "saggio", forte e giusto, il salmista sottolinea la "regalità" del Messia, accentuando quindi la giustizia e l'efficacia del suo governo universale ed eterno. Comunque sia, noi vediamo in questi brani della Scrittura l'idea di un futuro Messia liberatore dei poveri e degli oppressi. E questo è effettivamente uno degli aspetti essenziali della missione di Cristo. Come è detto infatti nella recente "Istruzione su libertà cristiana e liberazione" (n. 51): "Con la forza del suo mistero pasquale Cristo ci ha liberati. Con la sua obbedienza perfetta sulla croce e con la gloria della risurrezione, l'Agnello di Dio ha tolto il peccato del mondo e ci ha aperto la via della definitiva liberazione".


3. Per Giovanni Battista "nel deserto della Giudea", il Messia, la cui venuta è immediatamente preceduta e preparata in Israele dal profeta, è colui che "battezzerà in Spirito Santo e fuoco" (Mt 3,11). Al centro della visione del Battista c'è l'esigenza della conversione morale a motivo della vicinanza del regno celeste: "Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco" (Mt 3,10). Giovanni ammonisce gli uomini del suo tempo e di ogni tempo che è impossibile ottenere la salvezza senza "fare frutti degni di conversione" (Mt 3,8). Egli stimola vigorosamente le coscienze al rinnovamento dei costumi ricordando la loro responsabilità davanti a Dio e ispirando loro un timore salutare. Anche se abbiamo per padre Abramo - ci ricorda il profeta - questo non è un motivo sufficiente per ritenerci sicuri: perché la misericordia di Dio abbia in noi la sua efficacia, dobbiamo corrispondere ad essa con le opere del pentimento, della giustizia e della carità. Solo a queste condizioni gli uomini possono ricevere veramente il "fuoco dello Spirito Santo" contenuto nel Battesimo cristiano.


4. Chi è il Messia? Cristo, per san Paolo, che fa riferimento a ciò che "è stato scritto prima" (Rm 15,4). Cristo è colui, che "accolse voi, per la gloria di Dio... Colui che si è fatto servitore dei circoncisi in favore della veracità di Dio, per compiere le promesse dei padri..." (Rm 15,7-8), mentre alle nazioni pagane, che non conoscevano le profezie dell'Antico Testamento, si è mostrato nella gratuità e nell'imprevedibilità della sua misericordia. Cristo si è mostrato in modi diversi agli uni e agli altri, sebbene egli sia l'unico e medesimo "servitore" di tutti. A Israele, che attendeva il Messia, si è mostrato come pienezza di quella verità che era adombrata dalle profezie: ha mostrato quindi la fedeltà in Dio. Ai popoli pagani, che non lo attendevano, né lo speravano, a quei pagani che - come dice Paolo - "non hanno la legge" (Rm 2,14-15), il Messia si è mostrato come compimento superiore e insperato di quella legge che "è scritta nei loro cuori": la legge morale della coscienza naturale.


5. Oggi guardiamo a Cristo-Messia, la cui venuta rinnova la Chiesa ogni anno nella liturgia d'Avvento; guardiamo con gli occhi del profeta, del salmista, del Battista e infine dell'Apostolo delle genti, che anche qui a Roma annunziava la buona novella su Cristo. Guardiamo insieme con gli occhi degli uomini del XX secolo, che si avvicinano alla fine del secondo millennio dopo Cristo. Guardiamo con gli occhi della fede accogliendo questa invocazione di Avvento: "Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri" (Mt 3,3). Questa invocazione non perde mai la sua attualità. Guardiamo insieme con la comunità, che costituisce questa parrocchia romana di Santa Maria Regina dei martiri. I martiri: coloro che in diversi tempi e luoghi hanno dato un'eminente testimonianza alla venuta di Cristo. La vostra parrocchia porta il loro nome. E porta il nome della Madre di Cristo come Regina dei martiri.


6. Desidero salutare con viva cordialità tutti i presenti: il card. vicario, il vescovo del settore mons. Clemente Riva, il parroco don Andrea Remondi, i suoi collaboratori, le religiose, i vari gruppi parrocchiali, i catechisti, tutti coloro che nella vostra comunità si dedicano alle opere della misericordia o che lavorano per la promozione della giustizia, soprattutto nelle situazioni più difficili o dolorose. Il mio saluto vuol essere per tutti una lode e anche un incoraggiamento a perseverare in questa testimonianza evangelica, nella certezza che nell'operare il bene ci sostiene lo Spirito del Signore, anche se a volte ci sentiamo soli, deboli o incapaci. Vi esorto ad accettare il vostro impegno a far si che la parrocchia sia veramente e sempre più la "famiglia di Dio", nella consapevolezza e nella cura di essere "comunione", di essere Chiesa. Occorre per questo favorire la corresponsabilità da parte di tutti, cosicché ciascuno si senta interpellato e coinvolto secondo i doni ricevuti da Dio e le proprie possibilità. Mi auguro che le Monache della visitazione, qui presenti in parrocchia, vogliano dedicare, nelle loro preghiere, una particolare attenzione a queste intenzioni e a queste speranze che ho espresso, atte a favorire un sempre maggiore sviluppo della vostra vita cristiana.


7. "Regem venturum Dominum venite adoremus!". Desidero che il mio servizio tra voi prepari la venuta del Signore, affinché entriate più pienamente nell'incontro con lui che è Re della pace e della giustizia e che - unto di Spirito Santo nella pienezza dei suoi doni - viene per "battezzarci in Spirito Santo e fuoco": per rinnovare in ciascuno la grazia ricevuta in questo primo sacramento mediante il quale diventiamo cristiani... Affinché - tutti e ciascuno - andiamo incontro a colui che "accolse voi per la gloria di Dio". Affinché, attingendo a lui, "ci accogliamo gli uni gli altri" (cfr Rm 15,7) nello spirito dell'evangelico comandamento dell'amore! Che la Madre di Cristo, Regina dei martiri, ancora una volta avvicini a voi Cristo nel mistero del Natale del Signore! [Ai bambini:] Vi saluto tutti, tutti voi che fate parte della comunità giovane di questa parrocchia. Voi cantate bene e dite belle parole. Vi ringrazio di tutto questo. Voglio sottolineare ciò che avete cantato poco fa: "Noi giovani siamo la festa". Io vorrei dirvi oggi che voi siete l'Avvento. Oggi è la seconda domenica di Avvento del 1986. Voi siete questo Avvento. L'Avvento è il tempo che ci dice del futuro. Sapete che durante queste settimane si prepara il giorno del Natale del Signore. L'Avvento ci ricorda il tempo in cui si aspettava la venuta del Messia. Ma il Messia è venuto, il Figlio di Dio si è fatto uomo, è nato in mezzo a noi, ha predicato il regno di Dio; è stato crocifisso; è risorto; è asceso al cielo. Noi ricordiamo e celebriamo sempre l'Avvento perché sempre ci prepariamo alla venuta del regno di Dio. Ma questo regno di Dio è già cominciato nell'attesa e ora deve compiersi nel futuro. Noi siamo in cammino verso questo regno di Dio.

Tutti siamo in cammino: anziani e giovani. Ma i giovani lo sono in modo speciale perché voi vi preparate al futuro. Nella composizione della comunità parrocchiale il significato della vostra presenza è proprio quello di rappresentare il futuro.

La società e la Chiesa vedono in voi il loro Avvento, Avvento di tempi migliori.

Dipende molto da ciascuno di voi: come vi preparate alla prima Comunione, come vi preparate alla Cresima, come vi preparate ad essere cristiani. Dipende molto da ciascuno di voi questo Avvento del regno di Dio, e anche di un mondo migliore. Vi saluto nel nome di questo Avvento di Cristo Gesù. Auguro a tutti voi di portare in voi stessi questo Avvento di tempi migliori, di un mondo migliore, del regno di Dio. Questo augurio io lo condivido con tutta la generazione adulta, con i vostri genitori, con i vostri insegnanti, con i vostri educatori, con il vostro parroco, con queste buone suore, con tutta la Chiesa che guarda a voi con grande amore e con grande speranza. Preparatevi bene alla festa del Natale. [Saluto alla comunità:] Ho sentito in questo momento - ha detto iniziando il suo discorso - un'acclamazione che una settimana fa, mentre mi trovavo ancora in Australia percorrendo le strade di questo grande continente, ho sentito tante volte in italiano "Viva il Papa". Ho visitato una grande fabbrica a Sydney e la maggior parte di quelli che lavorano in questa grande fabbrica sono italiani. Vi dico questo per sottolineare il fatto che il vostro popolo è molto diffuso nel mondo. Devo dire che gli italiani dappertutto costituiscono i buoni figli della Chiesa, almeno così si manifestano durante la visita del Papa. Vi porto i saluti e gli auguri dei vostri connazionali che vivono in Australia. E' una cosa molto bella che la prima domenica dell'Avvento ero in Australia e che la seconda domenica di Avvento di questo stesso 1986 mi trovo a Roma in questa vostra parrocchia, dedicata a Santa Maria Regina dei martiri. Vi porto i saluti e gli auguri dei vostri connazionali, ma vi porto anche la testimonianza dell'universalità della Chiesa. Sono italiani, ma sono cristiani, cattolici e così non solo per la lingua, per l'origine etnica, ma soprattutto per la fede sono uniti con noi, anche se sono sparsi in diverse parti del mondo. La Chiesa è diffusa in tutto il mondo e questa Chiesa ha il suo centro apostolico qui a Roma.

Questo certamente per voi romani deve costituire motivo di un sacro orgoglio, ma deve costituire anche il motivo di una responsabilità speciale. Voi siete questa Chiesa apostolica di Roma che dai tempi degli apostoli costituisce il centro della Chiesa universale, della cristianità. Voglio dirvi questo mentre ancora ho nel cuore la mia visita in terre lontane, ai confini del mondo quasi. E voglio dirvelo per suscitare in voi la profonda fede nella Chiesa che è una santa cattolica e apostolica e per richiamarvi a questa responsabilità che deve essere intesa qui a Roma come una responsabilità speciale. Avete in voi stessi questa apostolicità della Chiesa romana e dovrete sempre cercare di esserne degni.

[Ad Aspi, Acli, Mcl:] Noi vediamo dalla lettura degli Atti degli apostoli che nei primi tempi della Chiesa i discepoli di Cristo avevano in comune i loro beni. C'era insomma una specie di comunismo dei beni materiali. Fu pero una situazione transitoria anche se possedere dei beni in comune resta sempre una caratteristica delle comunità cristiane: ma non si tratta in genere di beni materiali (anche se a volte questo tipo di comunione di beni permane, per esempio nella vita monastica), e infatti ciò non avviene nella vita delle famiglie, per esempio. C'è pero una cosa che abbiamo sempre in comune e ciò anzi distingue una comunità cristiana: è la fede e la responsabilità che deriva da questa fede. E' questo che ci unisce ed è questo che dobbiamo avere in comune perché ci caratterizza come comunità cristiana. E qui, in questa stanza, ci sono appunto i rappresentanti di questa realtà, un gruppo di persone che possiedono in comune la fede e la responsabilità che deriva da questa fede. E' questo che caratterizza ciascuno di voi e i vostri diversi gruppi. E' una responsabilità per così dire differenziata: una responsabilità per i sacerdoti, una per i vescovi, e anche per il Papa, per i padri di famiglia, per gli intellettuali, per i professionisti, per la gente dei campi... Si, una responsabilità diversificata. Ho voluto fare una piccola esegesi di quanto leggiamo negli Atti degli apostoli per applicare quelle parole alla realtà d'oggi e in particolare a questa parrocchia di Santa Maria Regina dei martiri, che è la realtà in cui vivete. Vi auguro di poter costruire questo tipo di comunità e di riuscire a distinguervi per il vostro senso di responsabilità nella fede. Si tratta infatti di una responsabilità non solo individuale, ma, appunto, di una responsabilità comunitaria, necessaria per costruire la comunità della parrocchia e la comunità della Chiesa. E questo non è soltanto proprio della primitiva comunità cristiana di cui leggiamo negli Atti, ma e proprio della Chiesa di Cristo in ogni tempo. Infatti, se guardiamo al Concilio Vaticano II troviamo gli stessi orientamenti, e a questo proposito vi esorto ad approfondire i documenti del Concilio Vaticano II perché ciò è indispensabile per essere cristiani più consapevoli e responsabili. Vi benedico tutti. [Alla comunità parrocchiale:] Prima di visitare una parrocchia invito sempre da me il parroco con il card. vicario e il vescovo di settore. In questa occasione il vostro parroco mi ha detto di essere solo e di doversi occupare di una popolazione di 12.000, 15.000 abitanti. Certo, una situazione molto pesante anche se è vero che la domenica vengono alcuni sacerdoti ad aiutarlo. Pero non è del tutto solo perché ha altri collaboratori, e questi collaboratori siete voi, i catechisti. I catechisti sono ovunque, nella Chiesa, sono soprattutto nelle Chiese delle missioni; ma sono anche nella nostra Chiesa di Roma, che dopo duemila anni è sempre una Chiesa missionaria. E poiché i catechisti sono dappertutto, devono anche a Roma essere i collaboratori principali dei sacerdoti, dei pastori, dei vescovi, e anche del Vescovo di Roma. Vi ringrazio per questa collaborazione fondamentale, perché voi portate la parola di Dio, la cui predicazione è condizione previa della fede: catechesi, appunto, insegnamento religioso, ma non solo in senso prettamente scolastico (cioè nel senso di insegnamento religioso impartito in un aula scolastica), ma proprio nel senso di una preparazione alla vita di fede, alla vita sacramentale: e ciò vuol dire sentire Cristo in noi. E' questo il compito sostanziale di tutti i catechisti, i quali sono, proprio per questo, i collaboratori più preziosi dei sacerdoti. Vi ringrazio ancora per questa collaborazione e vi incoraggio a proseguire per quanto ve lo consentano i vostri impegni. Questa collaborazione nel comunicare la Parola è poi un grande dono anche per voi stessi. E' così infatti che si costruisce l'economia divina, arricchendo spiritualmente gli altri. Gesù ci ha fatto ricchi portando le sue ricchezze sotto la veste di povertà, facendosi povero per farci ricchi. Per questa opera di catechesi, per fare ricchi gli altri, non dovete risparmiare le vostre forze e il vostro zelo. Per questo vi incoraggio e vi auguro tutto il bene in vista del prossimo Natale. Vi benedico. [Ai Gam:] Vi ringrazio per questo incontro e per i programmi (parole e musica) che avete preparato. Siete diversi gruppi, ma tutti uniti nella comunità della vostra parrocchia. In un certo senso ci conosciamo già, nessuno di voi può pensare che il Papa non sappia cosa vuol dire Gam, o cosa vuol dire Comunità di Sant'Egidio. Ci conosciamo e ci incontriamo spesso a Roma e nelle parrocchie romane. Noto sempre lo stesso entusiasmo. Ciò che vi unisce sono soprattutto i canti, e io dai canti capisco a nome di quali gruppi parlate. Ecco allora che non c'è bisogno che io vi dica molte cose. Le avete già dette voi stessi e questo tipo di incontro è una cosa buona, nel senso che si svolge attraverso le vostre testimonianze: è molto più efficace che non quando si ascolta la parola di un solo oratore, fosse anche il Papa. Vorrei solo ricordare, non posso non ricordarlo a una settimana dal mio ritorno, i tanti e diversi gruppi di giovani che ho incontrato e con cui ho preso contatto nell'ultimo viaggio nello Estremo Oriente.

Ricordo i giovani delle Figi, della Nuova Zelanda (in particolare quelli di Auckland), e poi i giovani delle diverse città australiane: di Sydney, di Melbourne e di altri luoghi. Ebbene vorrei salutarvi anzitutto a nome di questi giovani che vivono tanti chilometri lontano. Non vi conoscono, questi giovani, ma si sentono uniti a voi nella stessa fede, uniti dalla stessa giovinezza. I giovani sono una componente un po' speciale della popolazione del mondo, e anche della Chiesa. Penso che questo legame che io avverto tanto profondamente tra i giovani dei Paesi che ho visitato e tra voi, giovani romani, è un legame molto forte. E poi tra quei giovani ne ho incontrati tanti di origine italiana. Forse, ormai, australiani o neo-zelandesi, ma essi portano ancora nel cuore la fedeltà spirituale nei confronti del Paese, della popolazione, della Chiesa originaria. così si sentono ancora legati ai giovani italiani e specialmente ai giovani romani. E voi, per tutto quello di cui avete offerto testimonianza, dimostrate che state facendo un cammino comunitario, come Cristo vi ha insegnato. Infatti, Cristo non ci ha insegnato solo una religiosità individualistica, intimistica, ma ci ha insegnato a vivere una religiosità comunitaria. Ha creato una comunità tra i suoi discepoli, i suoi apostoli e ha offerto così il modello permanente per tutta la Chiesa, in ogni epoca. Voi giovani avete bisogno di questa comunione, e direi che avete bisogno di comunioni diverse, in un certo senso specializzate, come per esempio i gruppi della Gam e della Sant'Egidio. Infatti questi gruppi giovanili si completano tra loro attraverso i diversi carismi e sono tutti necessari nella comunità della Chiesa, per il bene comune, per il bene del popolo di Dio che vive a Roma. Per concludere vorrei dirvi che durante il tempo d'Avvento avvertiamo soprattutto la presenza della Vergine, venerata con l'appellativo di "Stella maris". Nella nostra vita infatti ci troviamo come nel mezzo del mare. Certo, viviamo sulla terra, ma le onde del mare ci richiamano, per analogia, il mare della vita, attraversato da diverse onde. Su queste onde camminiamo e abbiamo bisogno di una stella che ci guidi. Maria è questa stella e illumina profondamente la vita dell'uomo. Maria Vergine ha questo suo carisma, anzi, si può dire, un supercarisma, quello di essere Madre di Cristo, Madre della Chiesa e di tutti gli uomini. Sa scrutare e illuminare i cuori, sa lenire le sofferenze e sa aiutare.

Sono contento di avere incontrato una gioventù molto devota alla Vergine Madre di Cristo, una gioventù mariana che vive continuamente una spiritualità mariana. Vi auguro di camminare avendo sempre nel cuore e negli occhi la Stella Maris di tutta l'umanità. Dio ha dato a tutta l'umanità, prima della nascita di Cristo, questa stella che brilla nelle tenebre del mondo. Che brilli sempre nei vostri occhi e nei vostri cuori la "Stella maris", Madre di Cristo, Madre nostra. Vi benedico.

Data: 1986-12-07 Domenica 7 Dicembre 1986





GPII 1986 Insegnamenti - A friulani e due gruppi di studiosi - Città del Vaticano (Roma)