GPII 1986 Insegnamenti - Alla fondazione "Latinitas" - Città del Vaticano (Roma)

Alla fondazione "Latinitas" - Città del Vaticano (Roma)

Arricchire la lingua latina con nuovi metodi didattici


Diletti fratelli e sorelle, studiosi di lingua latina, mi è gradito incontrare voi che in questo nostro tempo, con slancio coltivate e vi sforzate di promuovere la lingua latina. Avete deciso di celebrare quest'anno la festa del latino e il "Certamen Vaticanum" con maggior solennità per questi due motivi: infatti sono trascorsi dieci anni da quando Paolo VI, mio predecessore di venerata memoria, provvidenzialmente fondo l'"Opus Fundatum", che ha nome "Latinitas", il manoscritto del quale inizia con le parole "Romani sermonis". I fini di esso sono stati così indicati: "Favorire e proteggere tutte le iniziative pubbliche e gli sforzi privati diretti alla promozione dell'uso della lingua latina tra gli uomini che parlano diverse lingue, nel redigere scritti di più alta dottrina, soprattutto pertinenti la cura della Chiesa, nelle università cattoliche e nei seminari diocesani; favorire lo studio della lingua e della letteratura latina classica e medievale". Non v'è dubbio che durante questi dieci anni avete cercato di realizzare le intenzioni pubblicamente dichiarate dal mio predecessore, di portarle a effetto con sforzi e certo in mezzo a difficoltà non piccole né di poco conto. Alcuni pongono la questione se si possa conservare la lingua latina in questo nostro tempo in cui uomini e cose sono soggetti a mutamenti tanto veloci, tante nuove invenzioni vengono introdotte, che dovrebbero essere chiamate con termini latini nuovi ad esse adatti, e inoltre soprattutto il latino stesso non è più insegnato in molte scuole; ci si chiede poi se esso, quasi tesoro prezioso, ma ormai non più adeguato ai tempi, debba essere tralasciato oppure possa ancora trovare qualche spazio, almeno tra i cultori di lettere. Che ciò possa avvenire è prova il vostro "Opus Fundatum" e il "Certamen Vaticanum", nonché l'amore e la cura di questa veneranda lingua da parte di esperti e anche di giovani. Perché ciò si verifichi sono necessari, oltre a nuovi metodi didattici, moltissimi termini con cui si indichino in latino le nuove conquiste dell'oggi. So che voi con grande lavoro vi accingete a preparare il "Lexicon recentis Latinitatis" godendo per tale opera dell'aiuto della Sede apostolica. Inoltre voi in questa festa del latino avete ricordato anche il 16° centenario della conversione di sant'Agostino, e ciò con uno spettacolo in latino, di cui sono stati interpreti studenti dell'università e delle scuole superiori di questa bella città. Le parole di tale spettacolo sono state tratte, con gioia, dalla famosa opera di sant'Agostino "Le Confessioni". A voi, diletti giovani, di cuore plaudo.

sant'Agostino nella sua giovinezza provo le difficoltà, nelle quali forse anche voi vi dibattete, ma fu instancabile ricercatore della verità ed egli, aiutato dalla grazia di Dio, trovo la via della salvezza e in essa con tenacia persevero, divenuto così luce della Chiesa e della civiltà occidentale. Inoltre sant'Agostino fu anche artefice della Latinità cristiana, e tale fatto si può quasi considerare frutto della sua conversione. Essendo egli dottore eloquentissimo di retorica, conosceva in modo superlativo le eleganze della lingua latina; così, quando si rivolge ai letterati, come nella pregevole opera "De doctrina christiana", il suo eloquio si innalza a stili più raffinati; quando poi si rivolge, in qualità di pastore, al suo popolo, si adegua alla sua possibilità di comprensione, dicendo: "E' meglio essere ripresi dai grammatici che non essere capiti dai popoli" ("Enarr. in Ps 138": PL 37, 1796). Sembra dunque che egli vi esorti a usare un latino piano e intelligibile, non troppo ricercato e oscuro. Esorto dunque amorevolmente voi che siete presenti e i vostri colleghi assenti a perseverare nella vostra nobile fatica. Il magistero della Chiesa non smette di esortare i discepoli a dedicarsi allo studio della lingua latina. Sono note le parole del Concilio Vaticano II: "Acquistino una conoscenza del latino che li metta in grado di comprendere tante fonti della dottrina e i documenti della Chiesa" (OT 13). Inoltre il nuovo Codice di diritto canonico così ricorda: "Nell'istituzione sacerdotale si curi che i discepoli non solo conoscano accuratamente la loro lingua materna, ma anche siano pratici della lingua latina" (CIC 249). Infine, mi fa piacere attribuire i premi a coloro che sono risultati vincitori in questo "Certamen Vaticanum" per la poesia o per la prosa.

Data: 1986-12-15 Lunedi 15 Dicembre 1986









Alle "Edizioni Paoline" - Città del Vaticano (Roma)

Vigilanza pastorale e "senso" ecclesiale


Rivolgo un particolare saluto ai cari religiosi della Società san Paolo, dirigenti e responsabili delle "Edizioni Paoline". Estendo volentieri il mio saluto ai collaboratori laici - redattori, grafici, agenti - qui convenuti in rappresentanza dei numerosi operatori, che sono spiritualmente partecipi della nobile missione della Società san Paolo. Accolgo volentieri questa vostra visita, nella quale amo vedere una rinnovata professione di fedeltà al carisma che vi è stato trasmesso dal vostro fondatore e che voi considerate come l'eredità più preziosa.

Ricorderete con quanta insistenza egli, invitandovi ad "invadere il mondo" con "il cuore di Paolo", sottolineasse l'aspetto apostolico della vostra attività, ammonendo che essa doveva essere svolta con spirito pastorale e in sintonia con la Chiesa. La vigilanza pastorale, componente essenziale del vostro patrimonio spirituale-apostolico, suggerendovi di evitare quelle pubblicazioni che potrebbero ingenerare dubbi o confusione nei lettori, vi ricorda che primo obiettivo e legge suprema è il contribuire alla salvezza degli uomini, orientando a tal fine le scelte editoriali. Coscienti che siete "nati dalla Parola, per la Parola e nella Parola" - come amava dire il vostro fondatore -, procurerete che le vostre pubblicazioni, pur non trascurando i valori della promozione umana, siano innanzitutto un'irradiazione del Vangelo e, raggiungendo le grandi masse, portino loro in primo luogo il messaggio della salvezza. Il vivo "senso" ecclesiale, nel ricordarvi che la missione che vi è stata affidata dalla Chiesa e che la esercitate in suo nome, non mancherà di impegnarvi a "far sentire la presenza della Chiesa in ogni problema", come ancora si esprimeva efficacemente don Alberione. La quotidiana esperienza vi insegna che non mancano i rischi e che siete chiamati a far fronte a sfide gigantesche: per questo occorrono coraggio, lungimiranza e soprattutto una fede incrollabile. A tal fine voi non mancherete di attingere la forza necessaria dal quotidiano contatto con Gesù, che vi ha scelti e vi ha inviati: Gesù, il vostro divino Maestro.

Come segno del mio costante affetto, imparto a voi e a tutti i vostri collaboratori la mia benedizione apostolica.

Data: 1986-12-17 Mercoledi 17 Dicembre 1986




Ai vescovi della Lombardia in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Parrocchia, famiglia e giovani fra le priorità pastorali


Signor cardinale, venerati confratelli vescovi delle Chiese locali di Lombardia!


1. Sono lieto di accogliervi in questo incontro, che, coronando i nostri colloqui individuali, suggella la vostra visita "ad limina Apostolorum" e rinfranca felicemente i vincoli collegiali tra voi e con il successore di Pietro. A tutti il mio deferente, cordiale saluto! Parimenti di gran cuore rivolgo il pensiero alle compagini del popolo di Dio, affidate alle vostre sollecitudini di pastori. Mi è caro dirvi quanto le sento vicine, in una affettuosa condivisione delle loro situazioni: dei problemi che devono affrontare, dei traguardi ai quali tendono nella ricerca del bene comune, delle speranze da cui sono animate, dell'intensa operosità che le qualifica nel cammino ecclesiale come nei vari campi del vivere umano.


2. Dei loro profondi sentimenti di fede, del loro solido attaccamento alla Sede di Pietro ho avuto fervide dimostrazioni durante le visite che, secondando volentieri i vostri inviti, ho potuto compiere in Lombardia. Dopo essere stato a Sotto il Monte e a Bergamo nel centenario della nascita di Giovanni XXIII, nel periodo che ci separa dalla precedente visita "ad limina", ho avuto il privilegio di farmi più volte pellegrino in luoghi significativi della geografia religiosa - e non solo religiosa - della vostra terra. A Concesio e a Brescia ho reso omaggio al mio grande predecessore Paolo VI, nell'85° anniversario della sua nascita. A Milano ho avuto la gioia di concludere il Congresso eucaristico della dilettissima Chiesa italiana, e, contemporaneamente, di ricordare nella sua terra d'origine - Desio - un altro grande Papa lombardo: Pio XI; e la gioia altresi di incontrare a Monza le nuove generazioni, e a Sesto San Giovanni il mondo del lavoro. In un viaggio successivo ho ricalcato con intima commozione le orme di san Carlo Borromeo a quattrocento anni dalla sua scomparsa terrena, toccando, oltre alla insigne metropoli, il Sacro Monte di Varese e la città di Pavia. Il ricordo, che custodisco vivo nel cuore di ognuno di questi itinerari, si riaccende alla vostra presenza, carissimi confratelli, nei quali vedo riflessi la robusta fede e il temperamento intrepido delle genti lombarde. Intanto, quasi a mettere in luce il dinamismo progrediente della nostra missione, altri avvenimenti si compiono, carichi di significato storico e religioso. Mi riferisco al XVI Centenario della conversione di sant'Agostino, la quale proprio sotto il cielo lombardo trovo la sua culla, e che ho voluto commemorare con la recente lettera apostolica "Augustinum Hipponensem". Né potrei tacere dello straordinario Giubileo, tuttora in corso nell'archidiocesi mediolanense nel sesto centenario della fondazione del Duomo, provvidamente restituito al suo primitivo splendore: giubileo per il quale sono stato felice di accordare l'indulgenza plenaria. I due avvenimenti, pur riguardando direttamente la sede ambrosiana, proiettano certamente una luce sulle Chiese sorelle di Lombardia e costituiscono un ulteriore titolo al rafforzamento dei legami di carità tra loro e con questa Sede Romana.


3. Gli impulsi sgorganti da antica e ricca storia cristiana, costellata di "segni" imperituri, stimolano a guardare avanti, nell'intento di assicurare condizioni sempre più confacenti alla maturazione della fede e alla sua irradiazione nel contesto umano. E' ciò che sta al vertice delle vostre premure e che vi sforzate di tradurre in programmi operativi, organicamente elaborati e attuati con l'aiuto - nei rispettivi ruoli - delle componenti del popolo di Dio, in particolare dei vostri presbiteri. Sono essi infatti, i sacerdoti, i primi e principali vostri collaboratori. Ad essi perciò è giusto che vada la vostra più assidua premura pastorale. Dal loro impegno dipende in gran parte l'efficacia stessa del vostro ministero. Tornano alla mente le parole di san Carlo Borromeo, il quale, nell'aprile del 1584, a pochi mesi dalla morte, parlando ai suoi sacerdoti riconosceva in loro i veri animatori del popolo cristiano: "Hi sunt condimentum omnium horum populorum, patres huius plebis, duces et magistri harum animarum, spirituales medici, in militia hac Christi Domini imperatores, soles, sales tantarum gentium" ("Sancti Caroli Borromaei Orationes XII", Romae 1963, p. 98).

Delle molte cose che in un incontro come questo si vorrebbero dire, questa è certo la prima e la più urgente: abbiate cura dei vostri sacerdoti; aprite il cuore ai loro problemi; adoperatevi in ogni modo per venire incontro alle loro necessità: soprattutto preoccupatevi della loro formazione spirituale, del loro costante aggiornamento culturale, del loro opportuno inserimento pastorale nei diversi settori dell'attività diocesana. Non dimenticatelo: la qualità di una diocesi dipende dalla qualità del suo clero e nella qualità del clero si rispecchia la ricchezza spirituale del suo vescovo.


4. Ho appreso con compiacimento, venerati fratelli, che, in preparazione alla visita "ad limina", avete esaminato gli aspetti caratteristici della situazione regionale e ne avete dedotto l'importanza rilevante che assumono oggigiorno, nell'ambito della struttura e della programmazione pastorale delle diocesi, la parrocchia e la sua azione educativa, in special modo quella che viene attuata mediante gli Oratori giovanili. Avete così constatato che l'importanza della parrocchia anziché tendere a diminuire va notevolmente crescendo e perciò la considerate una "linea" che richiede particolare cura. Il vostro impegno si sintonizza pienamente con gli orientamenti che emergono dal magistero universale della Chiesa. E' noto infatti il rilievo che il nuovo Codice di diritto canonico, traendo la sua ispirazione dal Concilio Vaticano II (cfr CD 32; "Ecclesiae Sanctae", I, 21), attribuisce alla parrocchia, vedendo in essa una "determinata comunità di fedeli che viene costituita stabilmente nell'ambito di una Chiesa particolare e la cui cura pastorale è affidata, sotto l'autorità del vescovo diocesano, a un parroco quale suo proprio pastore" (CIC 515 § 1). La nuova formulazione mette chiaramente in evidenza la qualità di "soggetto" che è propria della parrocchia, di soggetto attivo nell'azione pastorale. Ciò corrisponde alla realtà e molto opportunamente la nuova legislazione della Chiesa ne prende atto, dando con ciò stesso una precisa indicazione per l'impegno futuro.

E' la parrocchia, infatti, che, pur nelle variazioni comportate dalla sua storia ultramillenaria, rende vivo e operante il mistero della Chiesa e della sua missione di annuncio di Cristo e di formazione del cristiano nel vissuto quotidiano, sotto la guida del proprio pastore "mandato" dal vescovo e in costante comunione con lui. La Chiesa, che nello Spirito genera continuamente figli di Dio (sant'Ambrogio) e ha la missione di renderli "adulti" nella fede operante nella carità, si fa particolarmente visibile nella parrocchia, quale vera madre di tutti, qualunque sia il sesso, l'età, la condizione sociale economica culturale, non escludendo nessuno, anzi cercando con ogni sforzo di raggiungere anche chi da essa è lontano. Nella parrocchia la Chiesa mostra veramente la maternità a tutti rivolta, senza criteri esclusivi di elitarietà, e impegnandosi ad essere educatrice convinta e fiduciosa di cristiani sempre più aperti allo Spirito: avviene così che la parrocchia nella sua missione esercita un influsso primario nel suscitare nella Chiesa forme di quella "santità popolare" che è uno dei tesori più pregevoli delle nostre popolazioni cristiane. Questa funzione educatrice della parrocchia si manifesta in sommo grado quando essa riunisce i fedeli, specialmente nel giorno del Signore, per l'ascolto della parola di Dio e per la celebrazione dell'Eucaristia, impegnando poi gli stessi fedeli a portare nella vita il frutto dell'Eucaristia soprattutto nell'adempimento del comandamento dell'amore fraterno, con particolare attenzione per i piccoli e per gli umili.


5. Se varie sono le componenti che numericamente costituiscono la parrocchia, molteplici sono pure i doni che lo Spirito Santo incessantemente vi distribuisce e le iniziative che vi suscita, secondo la grazia che è data a ciascuno. così si può dire che, oltre a essere porzione del gregge, la parrocchia è pure "humus" primordiale, dove lo Spirito agisce per far crescere la "messe", per edificare in continuità l'"edificio", per condurre il "corpo" alla pienezza dell'età adulta.

L'unità degli spiriti nella fede e la concordia degli animi nella carità, chiedono di farsi quotidianamente visibili nella parrocchia come risposta alle quotidiane "provocazioni" emergenti dall'ambiente. Evasioni o alibi, a un tale livello di concretezza, non si potrebbero mascherare. La parrocchia è luogo di verità. I vari problemi che assillano oggi la Chiesa - come la famiglia e la vita, il consumismo e la secolarizzazione, le associazioni e i movimenti, l'impegno nella cultura e nella vita pubblica - passano fondamentalmente per questo crocevia. Di qui la sua importanza. In particolare, data la natura capillare propria della parrocchia e l'efficacia concreta nel tessuto umano che essa ancora possiede, è soprattutto su di essa che occorre poggiare per far fronte all'azione demolitrice con cui da diverse parti si insidia quella cellula essenziale di ogni civile convivenza che è la famiglia. Al riguardo, desidero dire una parola di apprezzamento per lo zelo di tanti pastori i quali stanno compiendo uno sforzo ammirevole in questo settore per preparare i giovani a formarsi una famiglia nella luce dei valori cristiani e a difenderla, una volta formata, dalle influenze negative dell'ambiente.


6. La riflessione pero non può arrestarsi qui. Le nuove situazioni sociologiche e gli stimoli stessi derivanti dal Concilio Vaticano II, se da una parte continuano a indicare l'insostituibilità della parrocchia nella sua missione ed efficacia formativa, dall'altra mostrano pure la sua non totale autosufficienza in tale impegno. Le nuove situazioni esigono forme nuove di collaborazione e di integrazione a livello interparrocchiale o super-parrocchiale. Tali forme - nei decanati, o vicariati, secondo la diversa denominazione - sono, del resto, previste dallo stesso Codice di diritto canonico. Importante è pero che esse non si riducano a pure strutture, ma giungano ad essere articolazioni vive ed efficaci, senza peraltro nulla detrarre al valore insostituibile della parrocchia.


7. Non si deve, inoltre, misconoscere il diritto di esistenza e di azione nella Chiesa che compete ad associazioni, gruppi, movimenti, vera ricchezza suscitata dallo Spirito, il quale soffia dove e come vuole. Questi, nella fedeltà al proprio carisma e nella semplicità del vero spirito evangelico, possono dare alla parrocchia un utile contributo di vitalità in quella unità di spirito che è frutto della carità, secondo le linee pastorali dettate dal vescovo, che è nella sua Chiesa il fondamento e principio visibile di unità. Consegue da ciò l'esigenza di promuovere, sostenere, incrementare le varie aggregazioni, in primo luogo quelle che partecipano direttamente alla missione ecclesiale, e le varie associazioni o movimenti di apostolato, la cui fioritura arricchisce il tessuto pastorale. "Tutte le associazioni di apostolato - dichiara il Concilio - devono essere giustamente stimate; quelle poi, che la gerarchia secondo le necessità dei tempi e dei luoghi ha lodato o raccomandato o ha deciso di istituire come più urgenti, devono essere prese in somma considerazione dai sacerdoti, dai religiosi e dai laici e promosse secondo la maniera a ciascuno propria" (AA 21). In questo settore, che presenta risvolti delicati, le chiare direttive dei vescovi devono aiutare a discernere e a valorizzare la specificità di ogni singola aggregazione e ad armonizzare l'attività di tutte con le finalità comuni agli operai del Vangelo. Come bisogna non estinguere lo Spirito, così è necessario favorire l'unione dei cuori e delle energie. In particolare, sembra oggi urgente orientare e stimolare il dialogo reciproco: un dialogo sereno e costruttivo, solidamente radicato in quella carità, che, come avverte san Paolo, è il più alto e, in un certo senso, l'unico carisma.


8. A sostegno della missione formativa propria della parrocchia, le diocesi lombarde posseggono un'istituzione peculiare, caratteristica e comune a tutte, per la formazione delle giovani generazioni: sono gli Oratori: L'Oratorio, si può dire, in numerosi casi è ancora il punto dove la quasi totalità dei ragazzi di una parrocchia passa, non senza riportarne almeno qualche valore cristiano, anche se poi non pochi prendono altre strade. Come altre istituzioni, anche l'Oratorio ha attraversato un periodo critico agli inizi degli anni '70. Ma la forza di una lunga tradizione, i fatti convalidati da tante testimonianze, e un più equanime giudizio nel valutare ciò che il passato ha consegnato al presente, hanno aiutato a superare la crisi.

Occorre potenziare questo movimento di ripresa, pur con lo sforzo di adattare alle esigenze dei tempi nuovi ciò che di autentico e valido c'è nella realtà "oratoriana". La formula oratoriana è frutto del genio di grandi anime, come san Carlo Borromeo, san Filippo Neri, san Giovanni Bosco e altri santi amici della gioventù, i quali si sono ispirati alla predilezione del divin Maestro per i fanciulli e i giovani. Sul loro tracciato si sono inseriti da un'epoca all'altra, con opportuni adattamenti di metodo, nuovi apostoli, sacerdoti e laici. In uno dei numerosi interventi in tema oratoriano, Papa Paolo VI delineo una specie di paradigma, che conserva la sua indole programmatica. "L'Oratorio è l'espressione dell'amore della Chiesa, organizzata in comunità parrocchiali o in istituzioni educative, per i suoi figli più giovani e più degni e più bisognosi d'affetto e di pedagogico interessamento, opera indispensabile; l'Oratorio è l'istituzione complementare della famiglia e della scuola; l'Oratorio è una palestra di vita, dove la preghiera, l'istruzione religiosa e parascolastica, il gioco, la ricreazione, l'amicizia, il senso della disciplina e del bene comune, la letizia e il vigore morale si fondono insieme per fare del giovane un cristiano forte e cosciente, un cittadino solido e leale, un uomo buono e moderno". L'intera azione educativa della parrocchia passa attraverso la pastorale giovanile. E' qui che si lavora per la vitalità dell'oggi e la continuità nel domani. Immerso nelle schiere giovanili, il sacerdote rivive a ogni età la freschezza delle sue primizie presbiterali, mentre personifica più visibilmente agli occhi della comunità l'ideale del sacerdozio cattolico. L'apostolato giovanile è lo strumento idoneo a una seminagione capace di espandersi in fecondità, che favorisce la purezza del cuore e l'onestà del costume; che alimenta le vocazioni al sacerdozio ministeriale e alla vita di speciale consacrazione; che sostiene le vocazioni alla santità dell'amore coniugale, del matrimonio e della famiglia, per le vocazioni alle varie forme di apostolato. Auspico pertanto che la formula oratoriana continui a svilupparsi, grazie alla simpatia, all'amore, al sostegno con cui il clero e il popolo lombardo custodiscono questo patrimonio vivo e prezioso,


9. Venerati confratelli! Nell'esprimere il mio cordiale apprezzamento ai vostri carissimi sacerdoti diocesani e religiosi, in special modo ai parroci, vostri insostituibili e zelanti collaboratori, imploro per voi e per tutti i vostri fedeli l'intercessione di "Maria nascente" a cui è dedicato il Duomo di Milano.

L'effigie della "Madonnina", svettante nel cielo come lucente stella della costellazione dei santuari mariani sparsi nella regione, sia il simbolo della vigile assistenza della Vergine santa alle genti dell'amata terra di Lombardia.

E riservi le primizie delle sue grazie a voi, carissimi confratelli, nella vostra missione di maestri della fede, di santificatori e guide del popolo di Dio. Con la mia affettuosa benedizione.

Data: 1986-12-18 Giovedi 18 Dicembre 1986




A vescovi spagnoli in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Siate ancora oggi per l'Europa una "Chiesa evangelizzatrice"


Cari fratelli nell'episcopato


1. Vi do il mio più cordiale benvenuto in questo incontro con cui culmina la vostra visita "ad limina Apostolorum" che rinnova la gioia e l'impegno di unità ecclesiale. Rendo grazie a Dio per averci permesso di condividere in uno spirito di vera fraternità, la sollecitudine pastorale, per la vita, le speranze e le difficoltà delle vostre rispettive diocesi di Toledo, Madrid, Ciudad Real, Coria-Caceres, Cuenca, Plasencia e Siguenza-Guadalajara. In questo modo voi esprimete e arricchite l'unità con la Chiesa che è basata sulla carità, e io stesso trovo l'opportunità di esercitare il mandato del Signore di confermare i miei fratelli nella fede (cfr Lc 22,32). Ringrazio di cuore il signor cardinale arcivescovo di Toledo per le parole che, a nome di tutti, mi ha indirizzato, e che sono una fedele testimonianza della profonda comunione con il successore di Pietro che anima il vostro ministero episcopale. Le udienze personali con ognuno di voi, insieme alle relazioni quinquennali, mi sono servite per avvicinarmi con maggior cognizione di causa, alla realtà delle vostre diocesi, con le loro luci e le loro ombre, ma sempre animate dallo stimolo della vostra cura pastorale, volta a conseguire nelle vostre comunità quel rinnovamento autentico di tutta la vita cristiana, secondo le direttive del Concilio Vaticano II. Effettivamente, come si riaffermo nell'ultimo Sinodo straordinario dei vescovi, le ricchezze dottrinali e spirituali di questo avvenimento ecclesiale del nostro secolo, hanno bisogno di una accoglienza integrale e fedele che non tergiversi il suo insegnamento.


2. Oggi ha termine anche la serie di udienze collettive con i diversi gruppi di vescovi spagnoli. Mosso dallo stesso desiderio di confermare i vostri sforzi e alleggerire i vostri incarichi, permettetemi che anche in questa occasione tratti alcuni temi che voi stessi, come pastori della Chiesa, avete condiviso con me e che fanno parte degli obiettivi prioritari del ministero episcopale.

Una realtà di primo piano che interessa profondamente la vita delle vostre diocesi è l'ampio e profondo cambiamento sociale, culturale e politico che la Spagna ha sperimentato negli ultimi anni. Insieme a innegabili progressi raggiunti all'insegna della democrazia e alla completa partecipazione alla comunità europea, non si possono ignorare altri aspetti meno positivi e persino negativi che si ripercuotono soprattutto sui valori morali. Voi stessi avete manifestato la vostra preoccupazione di fronte agli atteggiamenti secolaristi che mettono in dubbio valori irrinunciabili nell'ambito della fede del vostro popolo e che vorrebbero mettere da parte il messaggio evangelico o sminuire il suo influsso, di modo che non eserciti la sua funzione illuminante nella società.

In concomitanza con questi atteggiamenti si percepisce, forse anche come suo effetto, un certo eclissarsi del senso religioso. Questo fenomeno della non credenza si fa sentire, in modo particolare, nei settori più giovani della società spagnola. Per voi costituisce una sfida che dovete fare vostra, per dare nuova vita alle comunità e rafforzare fra tutti la comunione ecclesiale, garanzia di una testimonianza efficace e compatta. Proclamate poi con rinnovato entusiasmo il messaggio del Vangelo: l'annuncio dell'amore e della paternità di Dio, la forza salvifica di Cristo morto e risorto, la missione dello Spirito Santo, la conversione del cuore a Dio, la legge dell'amore fraterno, la necessità della comunione con i fratelli nella Chiesa, la speranza della vita eterna. So che per alcuni non è facile nella nostra epoca sentir parlare di Dio; ci sono anche cristiani a cui risulta difficile parlare di lui e conversare con lui. Ma Dio che si trova al centro della vita e della storia, continua a chiamare tutti. L'uomo può dimenticarsi di Dio; ma sicuramente Dio non si dimentica dell'uomo, creato a sua immagine e somiglianza.


3. Sapete bene che una Chiesa che confessa e annuncia apertamente la sua fede in Gesù Cristo come Dio e Signore della famiglia umana e della storia, è la condizione indispensabile per un'evangelizzazione della non credenza. Continuate pertanto a dare impulso all'educazione nella fede come principale incarico ed esigenza prioritaria; continuate a intensificare la catechesi a tutte le età, soprattutto fra i giovani e gli adulti; fomentate nelle vostre comunità la vita di preghiera, questo dialogo personale in cui ogni cristiano sostiene la sua coscienza di essere figlio di Dio, salvato da Gesù Cristo; promuovete il dinamismo ecclesiale e comunitario della fede annunciata, celebrata, condivisa, testimoniata nell'ambito delle parrocchie e delle associazioni e movimenti ecclesiali. Oggi più che mai il mondo ha bisogno di Dio. Tanto più si va secolarizzando la visione della vita, tanto più si disumanizza la società, perché si perde la giusta messa a fuoco delle relazioni fra gli uomini; quando si perde il senso della trascendenza, la visione stessa della vita e della storia si rimpicciolisce e viene messa in pericolo la libertà e la dignità della persona umana che ha come fonte e meta Dio, suo Creatore.


4. Già prossimi al terzo millennio del cristianesimo e di fronte alla realtà di una società in trasformazione accelerata, la fedeltà al Vangelo deve spingerci al compito di intraprendere una nuova evangelizzazione. La Spagna che fa parte della comunità dei popoli europei, partecipa allo stesso modo alla problematica che riguarda i paesi di quest'area culturale. Come ho già rilevato in altre occasioni, "l'Europa a cui siamo stati inviati (nella nostra missione pastorale), ha subito tante trasformazioni culturali, politiche, sociali ed economiche, che presentano il tema dell'evangelizzazione in termini totalmente nuovi. Possiamo persino dire che l'Europa, così come è andata configurandosi a conseguenza dei complessi avvenimenti dell'ultimo secolo, ha mostrato al cristianesimo e alla Chiesa la sfida più radicale che la storia abbia conosciuto, ma allo stesso tempo apre oggi nuove e creative possibilità all'annuncio e all'incarnazione del Vangelo" (Messaggio al VI Simposio del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa, 1 ottobre 1985). Durante la mia permanenza tra voi, quattro anni fa, e concretamente in un luogo tanto significativo come Santiago di Compostela, ebbi anche l'occasione di trattare i problemi della fede in Europa, richiamando a una nuova evangelizzazione del nostro continente. Si tratta di un problema comune che esige un nuovo sforzo missionario da parte di tutti. La Spagna fu evangelizzatrice di nuovi popoli. Anche oggi deve sforzarsi di essere una Chiesa evangelizzata ed evangelizzatrice, poiché se è vero che nella sua storia e nella sua tradizione emerge un'autentica ricchezza di spiritualità non è meno vero che, ai giorni nostri, ha bisogno di ravvivare le sue radici cristiane per affrontare con speranza e decisione le sfide del futuro. La commemorazione del V centenario dell'evangelizzazione dell'America non può risolversi per la vostra patria in uno sguardo nostalgico rivolto a un passato glorioso; deve essere prima di tutto un impegno di attualizzazione di quel gesto missionario, dentro e fuori dalle vostre frontiere.


5. La Chiesa deve fare, dell'annuncio del Dio vivo, il centro del suo servizio agli uomini. Ci dobbiamo sentire spinti, di conseguenza, verso un'azione pastorale orientata a suscitare la conversione e a proclamare la fede nel Dio che salva; a dare un indirizzo missionario al ministero sacramentale; a rinnovare e potenziare l'iniziazione cristiana attraverso un'adeguata catechesi; a dare vigore alle parrocchie nella prospettiva missionaria, e a dare vita a comunità ecclesiali corresponsabili ed evangelizzatrici. Questa ora storica, nuova per tanti aspetti, reclama da voi un'attenzione speciale nell'edificazione della Chiesa, in modo tale che brilli come segno dell'unione intima degli uomini con Dio e dell'unità di tutto il genere umano. E' necessario pertanto servire la Chiesa come esige la sua natura di mistero della fede, opera di tutta la Trinità, fondazione di Gesù Cristo, "per annunciare il regno di Cristo e di Dio e instaurarlo presso tutte le genti" (LG 5). Solo così presterete il servizio eminente - un servizio di salvezza e di liberazione integrali - al vostro popolo. L'ultimo Sinodo dei vescovi e la mia ultima enciclica "Dominum et Vivificantem" (DEV 61), sollecitavano tutta la Chiesa affinché "trattasse di penetrare nell'essenza stessa della sua costituzione divino-umana e di quella missione che la rende partecipe alla missione messianica di Cristo, secondo l'insegnamento e il piano sempre valido del Concilio Vaticano II".


6. So che state preparando, soprattutto a Toledo, la celebrazione di un avvenimento ecclesiale di particolare importanza; il XVI centenario del III Concilio di Toledo (a. 589), che segno il momento decisivo dell'unità religiosa della Spagna nella fede cattolica. A distanza di secoli nessuno può dubitare del valore di questo fatto, e dei frutti che ne sono derivati nella professione e trasmissione della fede cattolica, nell'attività missionaria, nella testimonianza dei santi, dei fondatori di ordini religiosi, dei teologi che onorano con la propria memoria il nome della Spagna. La fede cattolica ha sviluppato una idiosincrasia propria, ha lasciato un'impronta incancellabile nella cultura, ha incentivato i migliori sforzi della vostra storia. Nella nuova fase della società spagnola è anche necessario che i cattolici mantengano un'unità di orientamento e di attuazione, per illuminare la cultura con la fede e testimoniare il Vangelo con la vita. Mi è noto, cari fratelli, che - insieme a tutto l'episcopato spagnolo - avete preso coscienza della necessità di ravvivare l'apostolato secolare nelle vostre comunità. Avete bisogno di cattolici disposti a vivere la loro vocazione di secolari nella società e nel mondo, senza sottrarsi alle esigenze della vita pubblica. Che partecipino anche loro, in maniera responsabile e attiva, alle opere apostoliche e assistenziali per mezzo delle quali la Chiesa si fa presente nel seno della società, e che dimostrino la propria capacità di impegno e di incarnazione fra gli uomini. Stimolate la loro responsabilità di cristiani impegnati, dato che sono specialmente i secolari che devono essere il fermento del Vangelo nell'animazione e nella trasformazione delle realtà temporali, con il dinamismo della speranza e la forza dell'amore cristiano. Sono tempi duri questi che viviamo, ma la fede in Gesù Cristo risorto infonde speranza, entusiasmo e il senso della vita che è il grande dono che riceviamo da Dio ricco di misericordia. Si richiede una nuova pedagogia per incoraggiare la speranza cristiana nel popolo dei fedeli, e la Chiesa che è comunità di speranza, non può rinunciare ad illuminare e a dirigere il cammino nella storia dell'uomo.


7. E' necessario di conseguenza, che il vostro progetto pastorale per il mondo secolare, sia compreso e appoggiato positivamente dai sacerdoti e dai religiosi partendo dal loro ministero: formando bene questi cristiani, seguendoli spiritualmente, promuovendo le loro associazioni e istituzioni, evitando di cadere nella tentazione di occupare loro i posti e i ruoli dei secolari, rischiando di lasciare da parte le loro funzioni specifiche. Per dare impulso allo spirito comunitario e di collaborazione nella pastorale, esortate i vostri sacerdoti, le comunità religiose e i gruppi di secolari, affinché fomentino le azioni congiunte, che possano permettere di arricchirsi scambievolmente, di conoscere meglio e condividere l'entusiasmo e la gioia di un'azione evangelizzatrice comune. L'isolamento e l'individualismo non sono buona cosa. Le comunità parrocchiali, soprattutto per quanto riguarda la gioventù, hanno bisogno soprattutto oggi di nutrire la propria vita interiore con la grazia che santifica, dare una testimonianza coerente della propria fede nella vita sociale, per promuovere le esigenze di giustizia e fraternità fra gli uomini, e proclamare uniti la gioia delle proprie convinzioni cristiane nel mondo in cui vivono, come reclama il sacramento della Cresima. Prima di concludere questo incontro non voglio tralasciare di menzionare con gioia il progresso raggiunto nella promozione delle vocazioni sacerdotali e religiose nelle vostre diocesi. L'aumento del numero dei vostri seminari maggiori e minori infonde grande speranza. A questo proposito il documento "La formazione per il ministero presbiteriale. Piano di formazione sacerdotale per i seminari maggiori", approvato dalla Santa Sede con la proposta della Conferenza episcopale spagnola, vi offre una traccia splendida per saper armonizzare debitamente la loro dimensione spirituale, umana, dottrinale e pastorale secondo il modello di Cristo pastore, vissuto nell'accettazione gioiosa della comunione gerarchica della Chiesa.


8. In questa occasione, e mosso dalla mia sollecitudine pastorale che raggiunge tutti i figli della Chiesa, mi dirigo anche al signor arcivescovo castrense, che in unione con i sacerdoti che collaborano con lui si occupa della pastorale di un settore specifico della società: quello delle forze armate. A questi servitori della patria e del bene comune dovete dedicare, insieme alle loro famiglie, il meglio dei vostri sforzi pastorali. Inoltre, con il vostro ministero siete chiamati ad evangelizzare anche gran parte della gioventù spagnola in un momento cruciale della loro vita, delicato e insieme provvidenziale per l'incontro con Cristo e la sua Chiesa, occasione propizia per indirizzare il futuro cristiano di questi giovani. Aiutateli, in un dialogo rispettoso e sincero, a dissipare pregiudizi e a incontrarsi con il Vangelo, ad allargare gli orizzonti della vita grazie alla partecipazione alla liturgia della Chiesa, ai sacramenti, specialmente all'Eucaristia. Questa Chiesa in cui tutti noi ci sentiamo fratelli, deve essere per i membri della grande famiglia castrense, e in particolare per i giovani raccomandati alle vostre cure pastorali, la comunità cristiana dove si offre loro la possibilità di vivere l'amicizia dei discepoli di Gesù, e il servizio ai fratelli più bisognosi.


9. Al termine di questo incontro desidero rinnovarvi, cari fratelli, il mio ringraziamento e il mio affetto. Raccomando al Signore le vostre persone, le vostre intenzioni e propositi. Che la Vergine, Madre della Chiesa, Madonna della speranza e dell'Avvento, ci dia la grazia di portare a termine il compito di una nuova evangelizzazione che prepari i cuori alla venuta del Signore. A tutti voi impartisco di cuore la mia benedizione apostolica, che desidero giunga ai vostri sacerdoti e seminaristi, alle comunità religiose e a tutti i fedeli affidati alla vostra sollecitudine pastorale.

Data: 1986-12-19 Venerdi 19 Dicembre 1986





GPII 1986 Insegnamenti - Alla fondazione "Latinitas" - Città del Vaticano (Roma)