GPII 1986 Insegnamenti - Ai vescovi della Puglia in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Ai vescovi della Puglia in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

La diocesi pugliesi, ponte lanciato verso l'Oriente cristiano


Venerati fratelli nell'episcopato!


1. E' un giorno di gioia spirituale, questo, per me e per voi, in quanto il presente incontro, che si svolge a conclusione dei nostri colloqui personali, è un'efficace testimonianza di fede e di comunione nella carità. Voi, carissimi vescovi della Puglia, avete voluto rendervi interpreti e garanti della fede delle vostre Chiese particolari e anche di quella comunione nella carità, che le unisce fra di loro e con la Chiesa di Roma e il suo vescovo. In questi giorni ognuno di voi mi ha riferito quali siano le speranze e le attese del buon popolo di Puglia, dei sacerdoti, dei religiosi, delle religiose, dei diaconi, dei seminaristi, dei laici impegnati nell'apostolato, di tutti gli abitanti della vostra Regione, che - come notavo nel nostro incontro del novembre del 1981 - ha "profonde radici non solo religiose ma cristiane": a tutti desidero rinnovare, in questo momento, la mia stima, il mio affetto, il mio augurio!


2. In quella medesima udienza notavo come tali profonde radici andavano "approfondite e difese, di fronte all'assedio di una immoralità invadente, diffusa talvolta come cultura dai mass-media, e di una mentalità laica e secolarizzata".

Voi, nel Natale dell'anno 1984, avete inviato a tutti i fedeli della Regione una lettera collettiva, dal titolo significativo: "Le Chiese di Puglia, oggi e domani". In tale importante documento collegiale, indubbiamente fatto oggetto di approfondita riflessione personale e comunitaria, avete voluto presentare una lucida analisi della situazione, una oggettiva indicazione dei bisogni più diffusi, una puntuale focalizzazione delle attese emergenti. Insieme con voi raccomando che, alla base e a fondamento di ogni analisi e di ogni iniziativa pastorale, sia data la priorità alla parola di Dio, conosciuta, meditata, proclamata nella continua evangelizzazione, nella predicazione, nella catechesi, nella liturgia e nell'impegno della testimonianza di fede e di vita cristiana, anche per far fronte alla disgregazione etica che minaccia la convivenza.


3. Pur nel trapasso culturale in atto, la gente di Puglia vive alcuni valori fondamentali: il diffuso sentimento religioso, il forte senso della famiglia, un vivace senso di cordialità, una grande capacità di sacrificio, specie nelle zone rurali. E' vero che si fa strada un'accentuata tendenza all'individualismo, sia nell'ambito sociale che in quello ecclesiale. E' pertanto opportuno che si renda più intensa una formazione al "sensus Ecclesiae" universale, diocesano, parrocchiale; una incentivazione della corresponsabilità e della capacità di dialogo fra tutte le componenti: associazioni, gruppi, movimenti; una valorizzazione di tutti gli organismi di partecipazione: i vari "Consigli", voluti dal Concilio Vaticano II e dal nuovo Codice di diritto canonico; l'incremento e la promozione dei vari ministeri, specialmente quello del sacerdote, mediante un crescente impegno, diocesano e regionale, per una dinamica pastorale vocazionale. A livello sociale occorrerà elaborare nuovi modelli di relazioni interpersonali, che si ispirino al grande valore cristiano della "gratuità" della carità: in tale modo potrà fiorire il "volontariato", aperto alla dedizione e al servizio nei confronti dei "nuovi poveri", dei "nuovi malati": le vittime della disoccupazione, della droga, i portatori di handicap, gli anziani abbandonati alla loro solitudine.


4. In questo contesto una particolare attenzione, da parte delle Chiese di Puglia, merita anzitutto la famiglia ancora in grande stima, ma purtroppo oggi intaccata nei suoi valori sociali, umani, cristiani e sempre più esposta a fenomeni di instabilità e di disgregazione morale. Speciale cura meritano anche i giovani, spesso privi di fiducia per i problemi che vivono. Ogni diocesi dovrebbe impegnarsi in un accurato progetto di pastorale giovanile: è urgente aiutare i giovani a riscoprire il valore e il gusto della vita, ad aprirsi a un attivo impegno comunitario. Attenzione pastorale più intensa occorre rivolgere anche agli adulti, ai quali bisogna offrire un'adeguata catechesi permanente, che faccia sempre più approfondire il messaggio e il mistero della salvezza, per viverne e realizzarne le esigenze, senza rispetto umano e con grande franchezza, nell'ambito della professione e del lavoro quotidiano. Cura e attenzione devono essere dirette, in particolare da parte vostra, carissimi pastori della Puglia, con affetto e impegno, alla formazione permanente - spirituale e culturale - dei sacerdoti, vostri collaboratori, mediante appropriate iniziative sia a carattere diocesano sia regionale, come pure all'adeguata preparazione dei giovani al sacerdozio, soprattutto i seminaristi del Pontificio Seminario Regionale "Pio XI" di Molfetta, nel quale frequentano il corso filosofico-teologico. Tutti i seminari delle vostre diocesi siano centri vivi di profonda formazione ascetica e di seria formazione culturale, perché coloro, che hanno generosamente risposto alla chiamata di Gesù, possano realizzare la loro vocazione preparandosi a essere degni ministri di Dio e della Chiesa.


5. Parlando ai vescovi della Puglia, il pensiero si rivolge spontaneamente al suo capoluogo, la illustre e antica città di Bari che, per la sua posizione geografica e per la presenza delle venerate reliquie di san Nicola, ci ricorda i nostri carissimi fratelli dell'Oriente e ripropone alla nostra considerazione il problema della unità dei cristiani. La vocazione ecumenica è dono dello Spirito del Signore. Essa appartiene al popolo santo di Dio, in quanto "la cura di ristabilire l'unione riguarda tutta la Chiesa, sia i fedeli che i pastori, e ognuno secondo la propria capacità".

Pertanto, riflettere insieme sulla dimensione ecumenica della Chiesa locale, e in specie delle diocesi pugliesi che sono un ponte lanciato verso l'Oriente - come ebbi modo di sottolineare nella mia visita a Otranto e a Bari - è essenzialmente un "implorare dallo Spirito divino la grazia di una sincera abnegazione, dell'umiltà e mansuetudine nel servire e della fraterna generosità di animo verso gli altri (UR 5 UR 7)". Infatti le tradizioni storico-religiose della vostra terra, così ricche di santità di vita e di testimonianza cristiana, molto devono alla presenza e all'influsso del vicino Oriente cristiano. Lo dimostrano infatti alcune devozioni popolari come la venerazione della vergine sotto il titolo di "Odegitria), il culto dei santi Cosma e Damiano, di san Nicola e di altri santi. Si tratta di sentire e vivere sempre più la chiamata alla comunione cristiana attraverso la sacra liturgia specialmente quella eucaristica con cui le comunità cristiane, sia cattoliche che ortodosse, unite "col vescovo hanno acceso a Dio Padre per mezzo del Figlio, Verbo incarnato, morto e glorificato, nell'effusione dello Spirito Santo" (UR 15). E così le assemblee eucaristiche non solo entrano in comunione con la santissima Trinità, ma anche intensificano la carità le une verso le altre.


6. Del ruolo ecumenico della celebrazione eucaristica alla luce della santissima Trinità, molto saggiamente si è occupata la Commissione Mista per il dialogo ufficiale tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, in occasione dei lavori della II Sessione plenaria a Monaco di Baviera dal 30 giugno al 7 luglio 1982.

Celebrando l'Eucaristia, la Chiesa è nello stesso tempo locale e universale; è locale perché essa annunzia la morte e la risurrezione di Cristo in un determinato luogo e in un determinato tempo; è universale perché la comunione con il corpo di Cristo trascende ogni confine di spazio e di tempo: tutti sono uno in Cristo Gesù per la gloria del Padre nella comunione dell'unico Spirito. Per questo il Concilio Ecumenico Vaticano II ricorda l'importanza del rinnovamento liturgico il quale diventa una garanzia e un auspicio, che felicemente preannuncia i futuri progressi dell'ecumenismo. Auguro a tutti voi e ai vostri fedeli di attingere le ricchezze della vocazione battesimale dalla teologia dei santi Padri, le cui tradizioni sono state venerate in Oriente e nella vostra Regione; grazie al lavoro della Sezione di Facoltà di teologia ecumenica, storico-patristica, greco-bizantina "S. Nicola", che opera in Bari in favore di tutta la Regione, e anche grazie alla pastorale ecumenica, curata dal Centro Regionale di pastorale ecumenica.


7. E' necessario che le riflessioni teologiche e pastorali, elaborate dai due organismi, passino e alimentino la vita liturgico-pastorale delle comunità cristiane. A tale scopo grande rilievo sia dato alla formazione dei delegati diocesani per l'ecumenismo, a cui spetti la collaborazione con il vescovo, il quale è il primo responsabile della promozione dell'opera ecumenica della diocesi.

La formazione ecumenica dei pastori e dei fedeli mirerà innanzitutto alla conoscenza dell'animo dei fratelli separati, specie ortodossi.

Parecchie, anche se piccole, sono le comunità dei greci ortodossi e degli italo-albanesi che vivono nelle vostre città. Parecchi sono anche gli studenti che dal vicino Oriente vengono a frequentare gli Istituti Universitari pugliesi. Si faccia in modo di favorire ogni forma di accoglienza, spirituale e materiale, affinché nulla loro manchi per la custodia fedele delle tradizioni storico-religiose delle Chiese da cui provengono. Vengano convenientemente custodite e opportunamente restaurate tutte quelle opere architettoniche, iconografiche (chiese rupestri, icone, ecc.) che caratterizzano il patrimonio artistico-religioso delle vostre diocesi. Le varie scuole di Teologia per laici, presenti in quasi tutte le vostre diocesi, potranno aiutare a scoprire e a valorizzare, nei limiti delle possibilità, i tesori della tradizione orientale presenti in Puglia e, nello stesso tempo, a promuovere quelle iniziative culturali-ecumeniche atte a far conoscere la storia delle vicine Chiese di Oriente, mediante i viaggi ecumenici. così, sacerdoti e laici preparati potranno realizzare un ecumenismo di base, che coinvolga tutti e si inscriva capillarmente nelle singole comunità.


8. Con queste brevi indicazioni di pastorale ecumenica, scaturite dal Concilio Ecumenico Vaticano II, esprimo la mia fiducia nella vocazione ecumenica delle vostre diocesi. Benedetto sia il Signore che ci ha rigenerato a una speranza viva mediante la risurrezione. Egli guarisca le Chiese ferite nel passato dalla polemica e dall'indifferenza di fronte alle divisioni dottrinali e storiche e dia al dialogo ecumenico, intrapreso da anni nella vostra Regione, incremento e successo perché nei fedeli, cattolici e ortodossi, si diffonda sempre più la causa dell'unità. Con tali voti, mentre invoco larga effusione di favori e conforti celesti su di voi e sulla gente di Puglia, imparto di cuore la benedizione apostolica.

Data: 1986-12-20 Sabato 20 Dicembre 1986




Ai calciatori del Milan - Città del Vaticano (Roma)

Restituire allo sport le sue vere finalità


Carissimi amici dell'Associazione Calcio "Milan"! Vi sono grato per la visita che avete voluto rendermi in occasione della vostra trasferta a Roma per una gara di campionato. Saluto tutti e ciascuno di voi: i dirigenti, gli atleti, i tecnici e gli accompagnatori, i vostri familiari.

Siate tutti i benvenuti. La vostra presenza qui mi riporta col pensiero ai viaggi pastorali che ho compiuto nella grande metropoli lombarda, alla figura della Vergine che sovrasta dal duomo la città, e nello stesso tempo alle intense tradizioni di lavoro, di cultura e di fede della popolazione milanese. Vi esprimo la mia stima per le doti professionali che vi distinguono, insieme con l'apprezzamento per le belle tradizioni del vostro sodalizio. Penso, infatti, alle migliaia di appassionati che attorno a voi seguono con legami di simpatia le vostre vicende. Voi siete al centro dell'attenzione di queste persone, che vi ammirano; comportatevi in modo che esse possano sempre apprezzare in voi le doti morali di un gruppo impegnato di atleti. Una squadra non è solo frutto di qualità e prestanza fisiche; ma è altresi il risultato di una ricca serie di virtù umane, dalle quali specialmente dipende il suo successo: l'intesa, la collaborazione, la capacità di amicizia e di dialogo; in una parola, i valori dello spirito, senza i quali la squadra non esiste e non ha efficacia. Vi esorto a essere vigilanti affinché tali virtù, che vi caratterizzano e vi avvalorano presso gli sportivi, non vengano mai trascurate.

Contribuite con queste qualità morali a restituire al mondo dello sport, oggi non di rado turbato da fenomeni di bruta violenza o di speculazione disonesta, la sua vera finalità. Si tratterà di dimostrare alle masse enormi che seguono le vostre prestazioni che ogni atleta, prima di essere un individuo dotato di muscoli saldi e di pronti riflessi, è una vera persona umana, in grado di trascendere qualsiasi riduttivo condizionamento in forza della sua intelligenza, della sua libertà, e quindi anche capace di affermare nelle sue azioni ciò che è conforme obiettivamente al giusto, al vero, al buono. Non vengano mai meno, quindi, tra di voi il gusto della fraternità, il rispetto reciproco, la magnanimità e, se occorre, il perdono, nella leale comprensione reciproca. Fate in modo che l'uomo non sia mai sacrificato all'atleta! Esaltate sempre quanto è veramente buono, mediante una schietta testimonianza dei valori desiderati nell'autentico sport; e non temete di far conoscere con serenità ed equilibrio al mondo dei vostri ammiratori i principi morali e religiosi ai quali desiderate di ispirare tutta la vostra vita. Con questi pensieri io porgo a tutti voi, in prossimità delle vicine feste natalizie, il mio cordiale augurio. Sia Gesù Cristo, Verbo di Dio fattosi carne per essere il punto d'incontro di ogni uomo con Dio, colui che ispira ogni vostro programma di vita. Con questi sentimenti imparto a voi, alle vostre famiglie e alle persone che vi sono care la mia benedizione.

Data: 1986-12-20 Sabato 20 Dicembre 1986




Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Preghiamo per un mondo in cui non ci siano bambini che soffrono



1. "A quanti sono in Roma amati da Dio e santi per vocazione, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo" (Rm 1,7). Queste parole dell'apostolo Paolo, tratte dall'odierna liturgia, ripeto in quest'ora della comune preghiera dell'Angelus per salutare tutti "quanti sono in Roma".

"Grazia a voi e pace per il giorno ormai vicino della nascita del nostro Redentore"! Rivolgo questi auguri a tutte le parrocchie e a tutte le famiglie della città di Roma attraverso i bambini che oggi sono venuti qui, secondo la tradizione romana dell'Avvento, recando con sé le statuine del Bambino Gesù per farle benedire, prima di deporle nel presepio di famiglia.


2. Il Natale ci insegna quella che è la dignità dell'infanzia dell'uomo. La persona umana possiede sempre la sua nobilissima dignità di persona in tutti i momenti della vita, dall'inizio alla fine! Questo ce lo insegna il Figlio di Dio che, col Natale, è diventato figlio umano, figlio di Maria, nella famiglia di Giuseppe. Cari bambini, vi ringrazio per i begli inni natalizi che avete or ora cantato. Voi piccoli avete l'animo semplice e aperto, e potete comprendere meglio di tutti il significato profondo del Natale. Voi sapete che la venuta del Figlio di Dio nella nostra carne è l'espressione più alta dell'amore di Dio Padre verso tutti gli uomini. Vorrei anche invitarvi a pensare oggi a tutti i bambini del mondo, soprattutto a quelli che soffrono in varie maniere, ai bambini abbandonati, a quelli che patiscono la fame, a quelli privi delle cure necessarie. Tra poco pregheremo anche per loro. Chiederemo a Gesù Bambino che sia loro accanto, che sia loro protettore. Vogliamo chiedergli di concederci un mondo, nel quale non ci siano più bambini che soffrono. Interceda per noi la Vergine Maria.


3. Benedetta sei Tu, Sposa dello Spirito Santo! Tra breve ci uniremo nella preghiera con la quale la Chiesa ricorda le parole che si riferiscono al Salvatore: "Lo Spirito Santo scenderà su di te...

Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio" (Lc 1,35). Sposa dello Spirito Santo - Madre di Cristo - insegna incessantemente alle nostre famiglie questo amore, che l'uomo non potrà mai imparare altrove, ma soltanto nella famiglia: l'amore dei genitori per i figli, l'amore dei figli per i genitori, l'amore coniugale, l'amore fedele, umile, paziente e servizievole. Dio è amore! Sposa dello Spirito Santo! Guidaci sempre, guida tutte le famiglie a questa inesauribile sorgente di amore! Anniversario della conversione di Paul Claudel Oggi si celebra a Parigi il centenario della conversione di Paul Claudel, avvenuta il giorno di Natale nella Cattedrale di Notre-Dame. Ringrazio Dio per questa grazia insigne, che ha avviato in questo scrittore un notevole itinerario spirituale, il quale rimane per il nostro tempo una straordinaria testimonianza del passaggio dall'incredulità alla fede. Nel medesimo anno avvenne anche la conversione di Charles de Foucauld, anniversario importante per tutti i suoi eredi spirituali. [Dopo la preghiera mariana, il Papa ha benedetto le statuine:] Dio, nostro Padre, tu hai tanto amato gli uomini da mandare a noi il tuo unico Figlio Gesù, nato dalla Vergine Maria, per salvarci e ricondurci a te.

Ti preghiamo perché con la tua benedizione queste immagini di Gesù che sta per venire tra noi, siano, nelle nostre case, segno della tua presenza e del tuo amore. Padre buono dona la tua benedizione anche a noi, al nostri genitori, alle nostre famiglie e ai nostri amici. Apri il nostro cuore, affinché sappiamo ricevere Gesù nella gioia, fare sempre ciò che egli ci chiede e vederlo in tutti quelli che hanno bisogno del nostro aiuto. Te lo chiediamo nel nome di Gesù, tuo amato Figlio, che viene per dare al mondo la pace. Egli vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

Data: 1986-12-21 Domenica 21 Dicembre 1986




Al Collegio Belga - Roma

Maria porta in sé la salvezza del mondo e dell'uomo



1. "Il figlio che si è generato in essa viene dallo Spirito Santo" In questa quarta domenica di Avvento, che ci prepara al Natale, contempliamo Maria che porta in sé il Salvatore del mondo. La guardiamo con lo sguardo silenzioso e ammirato di Giuseppe. Dall'annunciazione, la Vergine Maria conservava in sé un segreto... che la riempiva al tempo stesso di gioia e di timor di Dio, di gratitudine e di responsabilità nei confronti del Figlio dell'Altissimo che ella aveva concepito, di disponibilità verso lo Spirito Santo che l'aveva presa sotto la sua ombra in un'alleanza intima. Ella non poteva prendere l'iniziativa di condividere questo segreto divino. E' l'angelo del Signore che lo svela a Giuseppe, l'uomo giusto promesso in matrimonio alla Vergine di Nazaret. Con Giuseppe, veneriamo Maria, benedetta tra tutte le donne. Adoriamo il frutto benedetto del suo ventre che ella si appresta a mettere al mondo e a donarlo per la salvezza degli uomini, cooperando all'opera di Dio che ha donato al mondo il suo Figlio unigenito. Rileggiamo nella luce della fede, come Maria, come gli evangelisti, come la prima comunità cristiana, la profezia di Isaia: "Ecco che la Vergine concepirà... un figlio al quale si darà il nome di Emanuele, Dio con noi". Questo tempo felice che ha preceduto la natività è stato per Maria e Giuseppe quello dell'attesa e della speranza, quello della maturazione e lo sbocciare della vita del Bambino-Gesù, quello della meditazione silenziosa di sua Madre davanti al misterioso disegno di Dio, davanti alla meraviglia del suo amore.

Cari fratelli e sorelle, anche noi accogliamo il Salvatore che viene, trasaliamo di gioia e di fiducia, presentiamogli tutte le intenzioni di questo mondo del quale siamo solidali e che ha tanto bisogno della luce e della salvezza di Dio!


2. Da parte mia, sono venuto a celebrare questo mistero con il Collegio Belga di Roma che mi ha accolto quarant'anni fa. Conservo un ricordo commosso e riconoscente dell'ospitalità di cui ho beneficiato durante i due anni di studi teologici a Roma, subito dopo essere stato ordinato sacerdote. Avevo come compagno di studi il mio compatriota Stanislaw Starowieyski, di Cracovia, che era seminarista. La sede era posta al numero 26 in via del Quirinale. Il cardinale Massimiliano di Furstemberg era allora rettore e lo ringrazio per la benevolenza con la quale diresse la nostra piccola famiglia sacerdotale. Ho stretto relazioni cordiali con gli amici belgi e americani dei quali almeno una decina esercitano ancora il loro ministero in Belgio e tre negli Stati Uniti. Ho la gioia di ritrovarne alcuni oggi. Con loro, tengo a ricordare i nomi di coloro che hanno raggiunto la casa del Padre e al quale restiamo fedelmente uniti nel ricordo affettuoso e nella preghiera: sua eccellenza mons. Albert Descamps, professore a Lovanio, vescovo ausiliario di Tournai e segretario della Commissione biblica pontificia; mons.

Marcel Uylenbroeck, segretario del Consiglio pontificio per i laici; il reverendo padre Stanislaw Starowieyski, diventato padre del Santo Sacramento, e che non potendo esercitare il suo ministero in Polonia, consacro le sue forze apostoliche in Brasile dove è morto quest'anno; l'abate Alfred Delmee, di Malines-Bruxelles cappellano di San Giacomo, in Terra Santa; l'abate Marcel Denis, di Namur; il canonico Poul De Hoes, di Malines-Bruxelles, vicario generale, responsabile della formazione dei diaconi permanenti; l'abate Michel Reygoerts, di Tournai; il canonico Korel Van Kerckove, di Gand, curato-prefetto; l'abate William Conrad, della Florida e l'abate William Weinheimer della Florida.


3. Fin d'allora il Signore mi ha guidato lungo le strade che non ho potuto prevedere e lungo le quali ho potuto continuamente ricevere la sua grazia e anche la vocazione di prendermi più grandi responsabilità nella Chiesa. Ma il mio soggiorno come giovane prete e studente nel Collegio Belga a Roma rimarrà nella mia memoria una tappa felice e fruttuosa. Era come se fosse l'Avvento, un periodo di maturazione, un periodo di preparazione per il servizio nella Chiesa, un periodo di scoperte e di scambi che mi hanno arricchito. Si, devo molto a questo collegio per la formazione scientifica che ha promosso in me, accanto all'insegnamento teologico che ho ricevuto all'Angelicum, e per l'educazione che mi ha dato verso un'apertura alla realtà pastorale. Attraverso il collegio avevo contatto con il cattolicesimo del popolo belga, con la profondità della sua tradizione di fede, con la ricchezza delle sue istituzioni, con il carattere serio della sua riflessione teologica, con il dinamismo del suo spirito apostolico. In modo particolare penso all'università di Lovanio, della quale ho potuto conoscere i professori e della quale ho potuto apprezzare il lavoro; penso a movimenti come la Gioventù cattolica operaia, movimento che in quell'epoca veniva animato dal suo fondatore, Joseph Cardijn; penso anche allo sforzo missionario che i belgi sostengono in tanti paesi. Non posso evocare tutti i valori o aspetti dei quali sono stato testimone e nei quali sono stato introdotto, ma sono convinto che abbiano avuto la loro influenza su di me, come delle onde che si propagano sempre di più. Insieme a voi rendo grazie per tutto ciò. Non è nel mistero del corpo di Cristo che i membri della Chiesa si arricchiscono?


4. Sono felice che in cambio ho potuto svolgere il mio lavoro come successore di Pietro al servizio dei vostri connazionali durante il mio viaggio pastorale in Belgio nel maggio 1985. Conservo nel cuore il ricordo dei miei incontri con i reali belgi, con i vescovi, con i laici ad Anversa e Liegi, con i giovani in Ieper e Namur, con il movimento operaio cristiano a Bruxelles, con il mondo universitario a Lovanio e Lovanio-Nuovo, con gli artisti, con i malati a Banneux, con tutto il popolo cristiano durante le celebrazioni a Bruxelles-Kockelberg, Gand e Beauraing. Li ho riscoperto quei valori che quarant'anni prima avevo acquisito solo in pectore. L'evoluzione della mentalità rende difficile il comportarsi da cristiano e richiede una forte volontà personale. Ma credo che la mia visita ha reso possibile la scoperta della profondità dell'anima del popolo belga, il quale in larghi strati rimane attaccato alla fede cattolica, alla chiesa e alla Santa Sede.

Al cardinale Danneels, arcivescovo di Malines-Bruxelles e presidente della Conferenza episcopale vorrei ripetere l'augurio che ho espresso al momento della mia partenza dal vostro paese: "Mi auguro che i cattolici belgi possano contare sulla ricca eredità della loro fede, che nel corso dei secoli gli ha dato la necessaria forza interiore; che ritornino continuamente alla fonte del Vangelo; che infine insieme a tutta la Chiesa cerchino di realizzare una nuova evangelizzazione dell'attuale mentalità attraverso una testimonianza che rispetta la libertà di ognuno. Un'evangelizzazione che unisca la vita dell'uomo con Dio e che accolga tutti gli sforzi umani e li nobiliti. L'autenticità di questa evoluzione verrà garantita da un legame di fiducia tra la Chiesa locale e la Santa Sede a Roma, e da un'apertura verso la Chiesa universale". E poiché pensiamo particolarmente ai nostri fratelli sacerdoti di questo collegio, prego il Signore di rendere fruttuoso il loro servizio. Ma aggiungo: la Chiesa universale e la Santa Sede continueranno a contare sull'apporto dei sacerdoti, dei religiosi e dei laici del Belgio, i quali benedico con tutto il mio cuore. In particolare benedico tutti quelli che hanno partecipato alla nostra celebrazione, e specialmente gli studenti del collegio con il loro rettore e i Fratelli della Carità che hanno offerto la loro generosa ospitalità.

Che la santa Vergine Maria ci protegga, nella gioia di ricevere incessantemente la grazia del Redentore e soprattutto il dono di Dio stesso, Emanuele, che rimane in noi attraverso la sua Parola, il suo Spirito e la sua Eucaristia.

Data: 1986-12-21 Domenica 21 Dicembre 1986




Ai ragazzi dell'Azione Cattolica - Città del Vaticano (Roma)

Conoscere, amare e annunciare Gesù


Carissimi ragazzi di Azione Cattolica. Sono lieto di questo incontro oramai tradizionale e tanto caro a me e a voi. Vi vedo volentieri in questo giorno così vicino alla festa della nascita di Cristo, in rappresentanza dei ragazzi dell'Azione Cattolica delle varie regioni d'Italia, e vi ringrazio per gli auguri che mi portate a nome anche dei vostri amici lontani. Ricambio per tutti questo augurio invitandovi a riflettere insieme sul mistero che celebriamo, tenendo la mente bene fissa alla capanna di Betlemme.

Se il Natale è una festa e un momento di gioia per tutta la Chiesa e per tutte le generazioni, esso è soprattutto una solennità in cui i piccoli si ritrovano. Proprio i bambini riescono a indovinare il significato e il messaggio del Natale; con fede semplice essi colgono la verità che sta al centro dell'opera divina: Gesù Cristo, il Figlio di Dio, si è fatto uomo, è diventato un bambino, un essere umano, fragile, umile, piccolo, come tutti i bambini del mondo. Nel Natale Dio si è fatto vicino all'uomo. Io auguro a tutti i ragazzi della Azione Cattolica Ragazzi di sperimentare questa gioia del Natale: gioia soprattutto interna, soprannaturale, che si infonde nei cuori. Voi dovete anche ritrovare, nella meditazione di questo mistero, il significato della vostra vocazione di ragazzi di Azione Cattolica. Nel Natale infatti c'è un messaggio per tutti voi; e io voglio ricordarvelo affinché ne prendiate coscienza con rinnovato impegno quando, la notte santa, deporrete anche voi nel presepe l'effigie del bambino Gesù e sosterete un momento in preghiera, come fecero i pastori un tempo. Voi dovrete chiedervi per un istante: Chi è Gesù? Cosa faccio io per Gesù? Riesco io ad annunciare Gesù ai miei fratelli? Il Natale, infatti, ci rivolge tutte queste domande ed esige una risposta generosa. Vi propongo, pertanto, una triplice consegna che voi certamente, da ragazzi in gamba e ferventi come siete, non mancherete di eseguire. Si tratta, anzitutto, di conoscere Gesù, accostandovi al messaggio del vangelo che lo rivela come vero Dio e vero uomo, colui nel quale si è manifestato il supremo amore di Dio Padre.

Conoscere Gesù nella sua parola, nei suoi gesti, negli episodi della sua vita, così come il vangelo ce li narra e la Chiesa ce li predica. Si tratterà poi di amare Gesù. Come a Pietro, anche a voi Gesù chiede: "Mi ami tu?"; e a tutti voi egli dice, come agli apostoli: "Voi siete miei amici" (Jn 15,14). Siate amici di Gesù; abbiate verso di lui un affetto schietto e profondo, voi che credete all'amicizia di Cristo perché sapete stargli vicino con cuore attento e generoso.

Da ultimo occorrerà annunciare Gesù, parlare di lui affinché egli sia più conosciuto, affinché non sia dimenticato dagli uomini. Voi saprete, cari ragazzi, con il vostro entusiasmo e con il vostro affetto, parlare di Gesù da veri giovani apostoli, capaci di rinnovare nell'anima dei vostri coetanei lo stupore che un tempo suscitarono i pastori quando riferirono la loro esperienza del Natale di Cristo. A tutti, buon Natale!

Data: 1986-12-22 Lunedi 22 Dicembre 1986




Alla Curia romana - Città del Vaticano (Roma)

La situazione del mondo è una chiamata allo spirito di Assisi



1. E' con particolare gioia che vi saluto in questo tradizionale incontro che ci vede riuniti per scambiarci vicendevolmente gli auguri natalizi e per il nuovo anno. Ringrazio il nuovo cardinale decano del sacro collegio per le nobili parole con le quali ha interpretato i sentimenti che suggerisce questo momento di intimità familiare. In questi giorni immediatamente precedenti la grande festività del Natale, nella quale celebriamo e commemoriamo insieme il Verbo di Dio, vita e luce degli uomini che per noi "si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Jn 1,14), il mio animo spontaneamente rivive insieme con voi, venerabili e cari fratelli della curia romana, quel che sembra essere stato l'avvenimento religioso più seguito nel mondo in quest'anno che sta per concludersi: la giornata mondiale di preghiera per la pace ad Assisi, il 27 ottobre scorso. Infatti in quella giornata, e nella preghiera che ne era il motivo e l'unico contenuto, sembrava per un attivo esprimersi anche visibilmente l'unità nascosta ma radicale che il Verbo divino, "nel quale tutto fu creato e nel quale tutto sussiste" (Col 1,16 Jn 1,3), ha stabilito tra gli uomini e le donne di questo mondo, coloro che adesso condividono insieme le ansie e le gioie di questo scorcio del secolo XX, ma anche coloro che ci hanno preceduto nella storia e coloro che prenderanno il nostro posto "finché venga il Signore" (cfr 1Co 11,26). Il fatto di essere convenuti ad Assisi per pregare, digiunare e camminare in silenzio - e ciò per la pace sempre fragile e sempre minacciata, forse oggi più che mai - è stato come un limpido segno dell'unità profonda di coloro che cercano nella religione valori spirituali e trascendenti in risposta ai grandi interrogativi del cuore umano, nonostante le divisioni concrete (cfr NAE 1).


2. Questo avvenimento mi pare sia di una così grande portata, da invitarci di per se stesso a una approfondita riflessione per chiarirne sempre meglio il significato alla luce della commemorazione ormai imminente della venuta dell'eterno Figlio di Dio nella carne. Perché è ovvio che non possiamo accontentarci del fatto stesso e della sua riuscita realizzazione. Certamente la giornata di Assisi sprona tutti coloro, la cui vita personale e comunitaria è guidata da una convinzione di fede, a trarne le conseguenze sul piano di una approfondita concezione della pace e di un nuovo modo di impegnarsi per essa. Ma inoltre, e forse principalmente, quella giornata ci invita a una "lettura" di ciò che è successo ad Assisi e del suo intimo significato, alla luce della nostra fede cristiana e cattolica. Infatti la chiave appropriata di lettura per un avvenimento così grande scaturisce dall'insegnamento del concilio Vaticano II, il quale associa in maniera stupenda la rigorosa fedeltà alla rivelazione biblica e alla tradizione della chiesa, con la consapevolezza dei bisogni e delle inquietudini del nostro tempo, espressi in tanti "segni" eloquenti (cfr GS 4).


3. Il concilio ha messo più d'una volta in rapporto l'identità stessa e la missione della chiesa con l'unità del genere umano, in specie quando ha voluto definire la chiesa "come sacramento, cioè segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" (LG 1 LG 9 GS 42). Questa unità radicale che appartiene all'identità stessa dell'essere umano, si fonda sul mistero della creazione divina. Il Dio uno in cui crediamo, Padre, Figlio e Spirito Santo, Trinità santissima, ha creato con un'attenzione particolare l'uomo e la donna, secondo il racconto della Genesi; questa affermazione contiene e comunica una profonda verità: l'unità dell'origine divina di tutta la famiglia umana, di ogni uomo e donna, che si riflette nell'unità della immagine divina che ciascuno porta in sé (cfr Gn 1,26), e orienta di per se stessa a un fine comune (cfr NAE 1). "Tu ci hai fatto, o Signore per te", esclama sant'Agostino, nel pieno della sua maturità di pensatore, "ed inquieto è il nostro cuore finché non riposi in te" ("Confessioni", 1). La costituzione dogmatica "Dei Verbum" (DV 3) dichiara che "Dio, il quale crea e conserva tutto per mezzo del suo Verbo, offre agli uomini una perenne testimonianza di sé... ed ebbe assidua cura del genere umano per dare la vita eterna a tutti quelli che cercano la salvezza con la perseveranza nella pratica del bene". perciò non c'è che un solo disegno divino per ogni essere umano che viene a questo mondo (cfr Jn 1,9), un unico principio e fine, qualunque sia il colore della sua pelle, l'orizzonte storico e geografico in cui gli avviene di vivere e agire, la cultura in cui è cresciuto e si esprime. Le differenze sono un elemento meno importante rispetto all'unità che invece è radicale, basilare e determinante.


4. Il disegno divino, unico e definitivo, ha il suo centro in Gesù Cristo, Dio e uomo "nel quale gli uomini trovano la pienezza della vita religiosa e in cui Dio ha riconciliato a sé tutte le cose" (NAE 2). Come non c'è né uomo né donna che non porti con sé il disegno della sua origine divina, così non c'è nessuno che possa rimanere al di fuori o ai margini dell'opera di Gesù Cristo, "morto per tutti", e quindi "Salvatore del mondo" (cfr Jn 4,42). "perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio solo conosce, con il mistero pasquale" (GS 22).

Come si legge nella prima lettera a Timoteo, Dio "vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità. Uno solo, infatti, è Dio e uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini" (1Tm 2,4-6). Questo mistero radioso dell'unità creaturale del genere umano, e dell'unità dell'opera salvifica di Cristo, che porta con sé il sorgere della chiesa, come ministra e strumento, si è manifestato chiaramente ad Assisi nonostante le differenze delle professioni religiosi, per nulla nascoste o attenuate.


5. Alla luce di questo ministero infatti le differenze di ogni tipo, e in primo luogo quelle religiose, nella misura in cui sono riduttive del disegno di Dio, si rivelano come appartenenti a un altro ordine. Se l'ordine dell'unità è quello che risale alla creazione e alla redenzione ed è quindi, in questo senso, "divino", tali differenze e divergenze anche religiose risalgono piuttosto a un "fatto umano", e devono essere superate nel progresso verso l'attuazione del grandioso disegno di unità che presiede alla creazione. Vi sono, certo, differenze in cui si riflettono il genio e le "ricchezze" spirituali date da Dio ai popoli (cfr AGD 11). Non è a queste che mi riferisco. Intendo qui alludere alle differenze nelle quali si manifestano il limite, le evoluzioni e le cadute dello spirito umano insidiato dallo spirito del male nella storia (LG 16).

Gli uomini potranno spesso non essere consapevoli di questa loro radicale unità di origine, di destinazione e d'inserimento nello stesso piano divino; e quando professano religioni diverse e incompatibili tra loro, potranno anche sentire come insuperabili le loro divisioni. Ma nonostante queste, essi sono inclusi nel grande e unico disegno di Dio, in Gesù Cristo, il quale "si è unito in certo modo ad ogni uomo" (GS 22), anche se questi non ne è consapevole.


6. In questo grande disegno di Dio sull'umanità la chiesa trova la sua identità e il suo compito di "sacramento universale di salvezza" appunto nell'essere "segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" (LG 1); ciò significa che la chiesa è chiamata a operare con tutte le forze (l'evangelizzazione, la preghiera, il dialogo) perché si ricompongano le fratture e le divisioni degli uomini, che li allontanano dal loro principio e fine e li rendono ostili tra di loro; significa anche che l'intero genere umano, nell'infinita complessità della sua storia, con le sue differenti culture, è "chiamato a formare il nuovo popolo di Dio" nel quale si risana, si consolida e si eleva la benedetta unione di Dio con l'uomo e l'unità della famiglia umana: "Tutti gli uomini sono quindi chiamati a questa cattolica unità del popolo di Dio, che prefigura e promuove la pace universale e alla quale in vario modo appartengono o sono ordinati sia i fedeli cattolici, sia gli altri credenti in Cristo, sia, infine, tutti gli uomini, che dalla grazia di Dio sono chiamati alla salvezza" (LG 13).


7. L'universale unità fondata sull'evento della creazione e della redenzione non può non lasciare una traccia nella realtà viva degli uomini, anche appartenenti a religioni diverse. Per questo il concilio ha invitato la chiesa a scoprire e rispettare i germi del Verbo presenti in tali religioni (AGD 11) e ha affermato che tutti coloro che non hanno ancora ricevuto il Vangelo sono "ordinati" alla suprema unità dell'unico popolo di Dio, alla quale per sua grazia e per il dono della fede e del battesimo appartengono già tutti i cristiani, con cui i cattolici "che conservano l'unità della comunione sotto il successore di Pietro", sanno di "essere per più ragioni uniti" (cfr LG 15).

E' precisamente il valore reale e oggettivo di questa "ordinazione" all'unità dell'unico popolo di Dio, spesso nascosta ai nostri occhi, che può essere ravvisato nella giornata di Assisi; e nella preghiera con i rappresentanti cristiani presenti è la profonda comunione che già esiste tra di noi in Cristo e nello Spirito, viva e operante, anche se ancora incompleta, che ha avuto una sua peculiare manifestazione. L'evento di Assisi può così essere considerato come un'illustrazione visibile, una lezione dei fatti, una catechesi a tutti intelligibile, di ciò che presuppone e significa l'impegno ecumenico e l'impegno per il dialogo interreligioso raccomandato e promosso dal concilio Vaticano II.


8. Come fonte ispiratrice e come orientamento fondamentale per tale impegno c'è sempre il mistero dell'unità, sia quella già raggiunta in Cristo per la fede e il battesimo, sia quella che si esprime nell'"ordinazione" al popolo di Dio, e quindi ancora da raggiungere pienamente. E così come la prima trova la sua espressione adatta e sempre valida nel decreto "Unitati Redintegratio" sull'ecumenismo, la seconda viene formulata, sul piano del rapporto e del dialogo interreligioso, nella dichiarazione "Nostra Aetate", ambedue da leggersi nel contesto della costituzione "Lumen Gentium". Ed è in questa seconda dimensione, ancora assai nuova nei confronti della prima, che la giornata di Assisi ci fornisce preziosi elementi di riflessione, che vengono illuminati da un'attenta lettura della menzionata dichiarazione sulle religioni non cristiane. Anche qui si parla della "unica comunità" che formano gli uomini in questo mondo e la si spiega come frutto dell'"unica origine" comune, "poiché Dio ha fatto abitare l'intero genere umano su tutta la faccia della terra, affinché si incammini verso "un solo fine ultimo, Dio, la cui provvidenza, testimonianza di bontà e disegno di salvezza si estendono a tutti, finché gli eletti si riuniscano nella Città Santa che la gloria di Dio illuminerà e dove le genti cammineranno nella sua luce (NAE 1). Nei paragrafi seguenti, la dichiarazione ci insegna ad apprezzare le varie religioni non cristiane, entro questa generale cornice della nostra radicale unità, ma anche sottolineando gli autentici valori che le distinguono nel loro sforzo per rispondere "agli oscuri enigmi della condizione umana", nel quale sforzo vuole vedere "un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini". E così "la chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni", e anzi "esorta i suoi figli affinché con prudenza e carità... sempre dando testimonianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscano, conservino e facciano progredire i valori spirituali, morali e sociali che si trovano in esse" (NAE 1-2). Ciò facendo, la chiesa si propone anzitutto di riconoscere e rispettare quell'"ordinazione" al popolo di Dio di cui parla la costituzione "Lumen Gentium" (LG 16) e a cui ho fatto prima riferimento. Quando agisce in questo modo, essa è quindi consapevole di seguire un'indicazione divina, perché è il Creatore e Redentore che, nel suo disegno di amore, ha disposto questo misterioso rapporto tra uomini e donne religiosi e l'unità del popolo di Dio. C'è anzitutto un rapporto col popolo ebraico: "quel popolo al quale furono dati i testamenti e le promesse e dal quale è nato Cristo secondo la carne", a noi unito con uno spirituale legame. Ma c'è altresi un rapporto con "coloro che riconoscono il Creatore, e tra questi in primo luogo i musulmani, i quali, professando di tenere la fede di Abramo, adorano con noi un Dio unico, misericordioso, che giudicherà gli uomini nel giorno finale". E c'è, ancora, un rapporto con coloro che "cercano un Dio ignoto nelle ombre e nelle immagini" e dai quali "Dio stesso non è lontano" (LG 16 LG 19).


9. Presentando la chiesa cattolica che tiene per mano i fratelli cristiani e questi tutti insieme che congiungono la mano con i fratelli delle altre religioni, la giornata di Assisi è stata come un'espressione visibile di queste affermazioni del concilio Vaticano II. Con essa e mediante essa siamo riusciti, per la grazia di Dio, a mettere in pratica, senza nessuna ombra di confusione e sincretismo, questa nostra convinzione, inculcata dal concilio, sull'unità di principio e di fine della famiglia umana e sul senso e sul valore delle religioni non cristiane.

E la giornata non ci ha insegnato a rileggere, a nostra volta, con occhi più aperti e penetranti il ricco insegnamento conciliare sul disegno salvifico di Dio, la centralità di esso in Gesù Cristo, e la profonda unità da cui parte e verso cui tende attraverso la diaconia della chiesa? E la chiesa cattolica si è manifestata ai suoi figli e al mondo nell'esercizio della sua funzione di "promuovere l'unità e la carità tra gli uomini, anzi tra i popoli" (NAE 1). In questo senso, si deve anche dire che la stessa identità della chiesa cattolica e la coscienza che essa ha di se stessa sono state rafforzate ad Assisi.

La chiesa infatti, cioè noi stessi, abbiamo meglio capito, alla luce dell'avvenimento, qual è il vero senso del mistero di unità e di riconciliazione che il Signore ci ha affidato, e che egli ha esercitato per primo, quando ha offerto la sua vita "non soltanto per il popolo, ma anche per unire i figli di Dio che erano dispersi" (Jn 11,52). 10. La chiesa esercita questo suo essenziale ministero in vari modi: mediante l'evangelizzazione dei sacramenti e la guida pastorale da parte del successore di Pietro e dei vescovi, mediante il quotidiano servizio dei sacerdoti, dei diaconi, dei religiosi e delle religiose, mediante lo sforzo e la testimonianza dei missionari e dei catechisti, mediante la silenziosa preghiera dei contemplativi e la sofferenza degli ammalati, dei poveri e degli oppressi, e mediante tante forme di dialogo e di collaborazione dei cristiani per realizzare gli ideali delle beatitudini e promuovere i valori del regno di Dio. La chiesa ha esercitato tale ministero anche ad Assisi, in modo se si vuole inedito, ma non per ciò meno efficace e impegnativo, come è stato riconosciuto dai nostri ospiti, i quali esprimevano la loro gioia e esortavano a continuare per la strada intrapresa. D'altronde, la situazione del mondo, come vediamo in questa vigilia di Natale, è in se stessa una chiamata pressante a ritrovare e mantenere sempre vivo lo spirito di Assisi come motivo di speranza per il futuro. 11. Là si è scoperto, in modo straordinario, il valore unico che la preghiera ha per la pace; e anzi che non si può avere la pace senza la preghiera, e la preghiera di tutti, ciascuno nella sua propria identità e nella ricerca della verità. E in questo bisogna vedere, alla stregua di ciò che abbiamo detto prima, un'altra manifestazione mirabile di quella unità che ci collega al di là delle differenze e divisioni a tutti note. Ogni preghiera autentica si trova sotto l'influsso dello Spirito "che intercede con insistenza per noi", "perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare", ma egli prega in noi "con gemiti inesprimibili" e "colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito" (cfr Rm 8,26-27). Possiamo ritenere infatti che ogni autentica preghiera è suscitata dallo Spirito Santo, il quale è misteriosamente presente nel cuore di ogni uomo. Anche questo si è visto ad Assisi: l'unità che proviene dal fatto che ogni uomo e donna sono capaci di pregare: cioè di sottomettersi totalmente a Dio e di riconoscersi poveri davanti a lui. La preghiera è uno dei mezzi per realizzare il disegno di Dio tra gli uomini (cfr AGD 3). In questo modo si è reso manifesto che il mondo non può dare la pace (cfr Jn 14,27), ma che essa è un dono di Dio e che bisogna impetrarla da lui mediante le preghiere di tutti.


12. Nel proporre a voi, signori cardinali, arcivescovi, vescovi e membri della curia romana, queste riflessioni sullo straordinario avvenimento che si è svolto ad Assisi, il 27 ottobre scorso, vorrei anzitutto che ciò fosse di aiuto per meglio prepararci a ricevere ancora una volta quel Verbo, in cui "tutte le cose sono state create" (cfr Jn 1,3) e per cui tutti gli uomini sono chiamati ad "avere la vita e averla in abbondanza" (Jn 10,10), quel Verbo divino che ha voluto "abitare in mezzo a noi" (cfr Jn 1,14) e che, con la sua venuta, la sua morte, la sua risurrezione ha voluto "ricapitolare in sé tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra" (cfr Ep 1,10). A lui che "con l'incarnazione si è unito in certo modo ad ogni uomo" (GS 22) vorrei ancora affidare il seguito da dare alla giornata di Assisi e agli impegni che, a questo scopo, tutti nella chiesa dovremmo assumere o stiamo già assumendo per rispondere alla vocazione fondamentale della chiesa tra gli uomini di essere "sacramento di redenzione universale" e "germe validissimo di unità e di speranza per tutta l'umanità" (LG 9).

Sono certo che tutti voi, collaboratori della Curia romana, siete profondamente consapevoli di questa missione; e di tanto vi ringrazio, come pure per l'insostituibile aiuto che mi offrite, giorno dopo giorno, nel servizio della Chiesa universale, insieme con i rappresentanti pontifici nei vari paesi del mondo. 13. E mentre presento a tutti voi i miei più fervidi auguri natalizi, vorrei rinnovare l'espressione della mia riconoscenza a tutti coloro che, accettando il mio invito, non senza difficoltà e disagi, ci hanno con il loro esempio animati non soltanto a rendere testimonianza davanti al mondo del comune impegno per la pace, ma anche a riflettere sul mistero dell'opera di Dio nel mondo, a cui tutti vogliamo servire e il cui culmine nella pienezza dei tempi ci accingiamo a celebrare nella notte di Natale, sotto lo sguardo materno di Maria.

Data: 1986-12-22 Lunedi 22 Dicembre 1986





GPII 1986 Insegnamenti - Ai vescovi della Puglia in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)