GPII 1987 Insegnamenti - Ai partecipanti a un seminario di studio - Città del Vaticano (Roma)

Ai partecipanti a un seminario di studio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La carità elemento ispiratore della concreta vita cristiana

Testo:

1. Un caro saluto a voi, partecipanti al Convegno teologico pastorale promosso dal Pontificio Istituto Pastorale dell'Università Lateranense, in collaborazione con la Caritas italiana e dedicato a riflettere sulla carità come elemento ispiratore sia della teologia, sia della concreta vita cristiana. Parlare della carità significa toccare le radici profonde dell'uomo, e al tempo stesso attingere al cuore della fede e della vita cristiana. Un testo di san Basilio che ci viene proposto dall'Ufficio divino lo illustra stupendamente: "Quando Dio - si legge - ha costruito l'uomo, pose dentro di noi una certa forza razionale a guisa di seme contenente in sé la capacità e la necessità di amare, e quando la scuola dei divini precetti è venuta a contatto con essa, ha cominciato a coltivarla diligentemente, a nutrirla sapientemente e portarla a perfezione con l'aiuto di Dio" (S. Basilio, "Regulae Fusius Tractae", Resp. 2, 1: PG 31, 908-909).

Questa capacità di amare, insita nell'uomo, che lo Spirito di Dio eleva e perfeziona, ed è per il cristiano un debito che non si estingue mai (Rm 13,8), viene espressa da san Paolo in modo penetrante con le parole: "veritatem facientes in caritate" (Ep 4,15). Sta qui la felice idea del vostro convegno: scrutare la verità della carità per innervarla sempre più nel tessuto del pensiero e della prassi cristiana, individuale e comunitaria. In tal modo la teologia - "fides quaerens intellectum" - viene a mettere in luce l'intero dinamismo della vita cristiana, del quale "la carità" è la forza animatrice fondamentale.


2. La fede vissuta, operante nella carità, diventa così un vero e proprio luogo teologico, a cui bisogna fare riferimento, superando quella separazione che talvolta si è fatta notare tra una riflessione speculativa preoccupata solo di lucidità dottrinale e una teologia della situazione pratica, carente di fondamento teoretico. In realtà, tale divaricazione appare perniciosa sia per la teologia morale che per la teologia speculativa. La carità che anima, infatti, l'opera della fede (cfr. 1Th 1), non è solamente conseguenza pratica di un principio speculativo. La carità entra nel contenuto stesso della rivelazione di Dio, che è Amore (1Jn 4,8). La Rivelazione, pertanto, non è solo un insieme di parole-concetti, ma è anche un evento-realtà e dono, per cui il credere, nella sua perfezione, è un accogliere con amore la parola-amore di Dio; al che consegue "l'operosità della carità" (1Th 1,3), che non è altro che la manifestazione concreta dello stesso contenuto della fede.

Alla teologia spetta perciò il compito di aumentare l'intelligenza della fede aprendo la via a una più penetrante e ricca comprensione della rivelazione del Dio Amore. In tal modo, essa non stabilisce soltanto l'unità tra la speculazione e la prassi, ma elabora anche metodicamente un discorso di fede che rispetta il suo orientamento essenziale alla vita per mezzo della carità: "fides quae per caritatem operatur" (Ga 5,6).

Nella misura in cui la teologia prende atto del suo riferimento alla vita della Chiesa vissuta nella carità, il suo compito critico ed ermeneutico viene vivificato e allargato: non resta confinato alla preoccupazione dell'obiettività scientifica e della precisione dottrinale, che sono requisiti pur sempre necessari, ma, mantenendosi in stretto contatto col dinamismo vivente nella carità e nella comunione ecclesiale, contribuisce ad aprire le vie del futuro della Chiesa, nella quale essa perennemente si rinnova, pur sempre mantenendo la sua identità essenziale voluta da Cristo.

In tal modo, una teologia attenta all'"operosità della carità" si libera dal rischio di restare prigioniera di un immobilismo conservatore, e diventa sempre più una "teologia dinamica" e aperta, preoccupata di preparare il futuro da costruire per il domani dei credenti, e venendo ad assolvere a un ruolo profetico nella stessa Chiesa e nel mondo, in comunione con la Chiesa stessa e con i suoi pastori.


3. In questo contesto, emerge l'importanza di un continuo rinnovamento della teologia sistematica, in funzione della vita della Chiesa, affinché la teologia possa avere quel dinamismo operativo della carità, che la rende elemento propulsore della testimonianza ecclesiale, e la pone in stretto rapporto con i valori della storia della salvezza, della liturgia, della contemplazione, della santità.

Ciò pero potrà avvenire soltanto nella misura in cui il lavoro teologico verrà maggiormente pensato in funzione della grande verità biblica del Dio Amore, Padre della misericordia, che conduce l'uomo all'amore verso Dio e verso gli uomini.

In questo, la cristologia ha un compito centrale, in quanto è in Cristo che si manifesta e si attua originariamente la Parola-Amore di Dio: il trattato trinitario, da parte sua, esplicita le dimensioni tripersonali di questo amore che si manifesta nella vita di Gesù e particolarmente nella sua croce: il trattato dell'antropologia teologica mostra il volto dell'uomo nuovo, liberato e promosso alla dignità di Figlio di Dio e guidato dalla legge interiore della carità: il trattato ecclesiologico studia le dimensioni comunitarie dell'amore divino che fonda il nuovo popolo di Dio quale "istituzione operante dell'agape", quel popolo in cui l'uomo è generato ed educato dalla Chiesa come da una madre, a vivere la propria condizione di libertà filiale; la teologia sacramentaria dal canto suo, prendendo le mosse da Cristo "sacramento" dell'agape, e della Chiesa "sacramento" della carità di Cristo illustra l'incarnazione di questo amore nella storia, fino al compimento del nostro cammino cristiano, individuale e collettivo, che sarà il trionfo dell'amore di Dio, quando saremo con lui e lo vedremo come egli è (cfr. 1Th 4,17 1Jn 3,2).


4. Una riflessione conseguente e analoga può essere fatta per tutte le iniziative che scaturiscono dalla comunità ecclesiale: tutto deve essere pensato e attivato nel segno della carità, per recare con le parole e con i fatti agli uomini - a tutti gli uomini, soprattutto ai più bisognosi, ai poveri, ai sofferenti, agli oppressi - la buona notizia dell'amore di Dio in Gesù Cristo per mezzo della Chiesa.

Questo vi dice il mio interesse e la mia compiacenza per la vostra iniziativa così qualificata, che attesta il vostro impegno rispettivamente nello studio e nell'azione. Auguro abbondanti frutti al vostro lavoro e mentre invoco su di esso l'intercessione della Madre della misericordia vi imparto volentieri una larga benedizione.

1987-01-23 Data estesa: Venerdi 23 Gennaio 1987




Ai vescovi del Triveneto in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Lo spirito del popolo veneto ha una forte radice cristiana

Testo:

Signor cardinale, venerati fratelli nell'episcopato! 1. Sono lieto di accogliervi, cari fratelli della Conferenza episcopale triveneta, convenuti a Roma per la visita, "ad limina". Nel rivolgervi il mio affettuoso saluto guardo a voi come a guide spirituali, valide ed assidue, di una porzione eletta della Chiesa italiana e ringrazio Dio con tutti voi nel riconoscere il vostro impegno nella fede, la vostra operosità nella carità, la vostra costante speranza nel Signore nostro Gesù Cristo (cfr. 1Th 1,3).

Il Triveneto è ben noto per le profonde tradizioni religiose che da secoli lo caratterizzano, e io stesso ho potuto constatare la vitalità ecclesiale delle vostre popolazioni nelle visite compiute, recandomi nella diocesi di origine del mio predecessore Giovanni Paolo I, a Vittorio Veneto, a Padova, alla terra natale di san Pio X, e a Venezia.

Lo Spirito Santo, che guida la Chiesa di Cristo con infinito amore, ha voluto che in questo secolo ben tre sommi pontefici fossero scelti tra i pastori di una delle vostre diocesi; essi hanno lasciato nella Chiesa universale una traccia profonda per le loro singolari caratteristiche di santità, di magistero e di zelo apostolico.


2. Cristo vi ha scelti per annunciare il suo Vangelo tra le popolazioni del Triveneto, confermandole nella fede affinché affrontino, rimanendo fedeli alle loro vigorose tradizioni cristiane, le tensioni di una regione che cambia e che vive profondamente i problemi spirituali suscitati dalla vita moderna. Noi abbiano potuto valutare insieme il quadro della evoluzione economica e sociale delle vostre terre.

Negli ultimi vent'anni la regione ha avuto un suo singolare sviluppo mediante il moltiplicarsi delle piccole e medie imprese e del commercio.

L'intraprendenza della popolazione ha trasformato l'ambiente così da ridurre sensibilmente il disagio della disoccupazione. Da zona di emigrazione il Triveneto è diventato ambiente di immigrazione e di accoglienza di manodopera. Il nuovo benessere ha trovato il suo incremento nel moltiplicarsi delle imprese di lavoro e nella costruzione di nuove abitazioni, mentre l'insediamento in forma decentrata delle industrie sembra aver favorito una dimensione più umana nei rapporti del lavoro dipendente. In tal modo lo sviluppo economico non ha troppo compromesso la qualità della vita e la cultura tipica della popolazione. perciò gli indici caratteristici di degradazione sociale, tipici delle zone di sviluppo, sono più contenuti che in altre regioni. Un pensiero speciale ritengo di dover esprimere verso le popolazioni del Friuli per la prodigiosa "rinascita" compiuta dopo il terribile terremoto, senza dubbio stimolata dalla profonda cultura umana e cristiana di quella nobile gente.


3. Questa realtà induce anzitutto a una riflessione circa la forza delle tradizioni religiose delle genti venete. Sono riconosciuti i tratti caratteristici degli abitanti di codeste regioni, quali la laboriosità, lo spirito di concretezza e l'intraprendenza, l'accentuato solidarismo, la centralità della famiglia e dei valori che essa esprime. Questo spirito del popolo veneto ha una radice profondamente cristiana, le cui origini possono essere ricondotte soprattutto al ruolo assunto per secoli dalle parrocchie, centri di aggregazione per il popolo in tutti gli eventi della vita. Un vivace rapporto di condivisione tra sacerdoti e fedeli ha svolto un ruolo di illuminazione delle coscienze, nelle trasformazioni sociali che si sono susseguite nel tempo, e ha proposto costantemente ai problemi quotidiani della gente soluzioni razionali e ispirate all'equità cristiana in forza della capillare e metodica istruzione religiosa. Il coinvolgimento nella vita parrocchiale a sua volta ha educato e formato persone attive, capaci di intraprendere iniziative peculiari in campo politico, sociale, cooperativistico, senza rifiuto, anzi, piuttosto col sostegno dell'ispirazione religiosa e dell'appartenenza alla Chiesa. Tale cultura popolare costituisce ancor oggi un patrimonio di grande valore.


4. Questi tratti positivi non possono tuttavia nascondere alcuni motivi di inquietudine. Voi, giustamente, vi chiedete quali conseguenze si annuncino, proprio in ordine ai valori cristiani testé accennati, nelle singolari mutazioni che stanno avvenendo nella condizione sociale della popolazione. E' indubbio che il rapido sviluppo delle Venezie ha avuto non lievi ripercussioni sul comportamento e sui valori accolti dalla popolazione credente. Le nuove condizioni di vita hanno attenuato la centralità di certe tradizioni, con dirette ripercussioni specialmente sulla pratica religiosa, che ha avuto in alcuni luoghi una sensibile flessione. Alcuni di questi valori si stanno affievolendo e il loro rapporto con i principi della fede cattolica non è più sentito con l'antica chiarezza. Coscienza personale, famiglia, lavoro, preoccupazione per il vivere quotidiano, sono ambiti nei quali il senso comune pare talora distaccarsi dall'ispirazione della fede. Si presenta a volte cospicua la tendenza a chiudersi nella sfera del presente e, pur nel persistere di una ben radicata fede in Dio, alcune realtà fondamentali tendono a perdere il loro riferimento trascendente, in favore di una certa concezione, meramente terrena e laica. Ciò appare soprattutto nella vita della famiglia, dove viene meno il sentimento della sacramentalità e dell'unità; appare anche sul piano morale, dove si notano mutazioni sensibili in favore del soggettivismo, del permissivismo, di un'etica disgiunta dalle indicazioni della Chiesa. Il Triveneto, quindi, denota una profonda trasformazione in corso per quanto riguarda il quadro dei valori e delle espressioni religiose e civili, individuali e collettive. E' vero che i modelli culturali cristiani certamente permangono e il rifiuto della religione, in genere, non trova terreno, tuttavia sembra intaccato il mondo dei significati e dei riferimenti che fanno capo a una fede vissuta.

D'altra parte, la stessa volontà di servizio all'uomo che nasce da una genuina motivazione religiosa e morale ha bisogno di essere costantemente illuminata secondo l'autentico insegnamento della Chiesa, per potersi applicare in maniera costruttiva alle complesse problematiche dell'ora presente. Il Triveneto è una società che ha bisogno di rinsaldare la sua radice etica e spirituale, nel contesto di una identità culturale non attinta al di fuori delle sue tradizioni genuine.


5. E' motivo di speranza e di conforto constatare che nel Triveneto sono ben operanti alcuni strumenti pastorali particolarmente validi per promuovere una rinnovata animazione cristiana. E' su questi che bisogna puntare con coraggio e con fiducia, aggiornandoli alle nuove necessità e alle situazioni che si prevedono maggiormente stimolanti nei temi futuri.

Le Chiese della vostra Regione pastorale sono in grado di rispondere al cambiamento e ai sintomi di una crisi religiosa, soprattutto a partire dalla struttura di base, la parrocchia. Lo spopolamento di alcune zone a favore di altre, insieme con la diminuzione del numero dei sacerdoti impone ovviamente degli adattamenti; ma la parrocchia rimane il centro fondamentale di ogni iniziativa necessaria per una rinnovata evangelizzazione, soprattutto là dove si sono formati i nuovi grandi agglomerati umani.


6. Va poi segnalata la presenza nelle vostre regioni di numerose e fiorenti scuole cattoliche di ogni genere. In tutte le vostre diocesi esse sono frequentate da migliaia di alunni e sostenute dalla fiducia delle famiglie. A questi istituti si deve la formazione di un laicato consapevole della propria fede, formato ai principi del Vangelo. Desidero raccomandare in particolare che le scuole cattoliche elaborino un loro preciso e coerente progetto educativo, con l'impegno di tutta la comunità educante. E' tale progetto che qualifica l'identità della scuola, ne esplicita l'ispirazione cristiana, ne precisa gli obiettivi. Tale progetto dovrà essere continuamente adattato alla concreta situazione delle vostre regioni e aperto ai nuovi problemi culturali che impegnano la cristianità.


7. Si nota oggi nelle vostre comunità il sorgere di varie e significative forme di aggregazione laicale. Si tratta di un fenomeno vivace e tuttora in trasformazione, sia per quanto riguarda il rapporto con le forze vive e operanti nelle parrocchie, sia per il modo di porsi di tali movimenti all'interno della Chiesa. Oltre all'Azione Cattolica sono sorti e sorgono numerosi gruppi familiari e giovanili che, pur non essendo istituzionalizzati, suscitano una singolare vitalità pastorale. In molti casi questi gruppi sono la forza che maggiormente stimola a un continuo rinnovamento la Chiesa locale.


8. Nella maggioranza della popolazione veneta si nota in misura sempre più evidente il bisogno di una profonda cultura religiosa. Ciò è dovuto sia all'accresciuta istruzione media per l'aumentata scolarità e per il diffondersi capillare dell'informazione, sia al fatto che è venuto meno il tessuto omogeneo che faceva da supporto alla fede cattolica e all'etica individuale. E' naturale che la catechesi ai fanciulli non basti più per assicurare l'alimento consapevole, necessario a sostenere la fede. Sono perciò da trovare e moltiplicare forme adeguate di catechesi ai giovani e agli adulti, per ridare ai fedeli familiarità con la Bibbia, aumentare i luoghi di riflessione, di meditazione, di spiritualità, di insegnamento.

Al riguardo è significativa nelle vostre diocesi la fioritura di scuole di formazione teologica e di scuole di base per catechisti e operatori pastorali, con una frequenza assidua e numerosa. Esse sono un segno di come le vostre diocesi intendono corrispondere con precisi impegni alla accennata esigenza. Me ne compiaccio con voi, ben conoscendo il sostegno che date a queste scuole. Tale via consente la formazione di personalità religiosamente salde e motivate, capaci di autentica testimonianza cristiana e missionaria, anche nel dialogo con altre esperienze spirituali e umane, tipiche dell'odierna situazione pluralistica. Se un forte soggettivismo ha oggi messo in crisi l'omogeneità culturale tradizionale del Triveneto, sarà la formazione culturale religiosa dei giovani e degli adulti a offrire un sostegno fondamentale per l'ampio sviluppo della fede nei nuovi tempi.


9. Ecco, cari fratelli, alcuni pensieri a conclusione di questa visita "ad limina", tanto significativa per le notizie consolanti, ma anche tanto piena di trepidazione per il volto che in futuro potrà acquistare la vostra terra rispetto alla fede.

Operate con intelligenza e con zelo; non risparmiate fatiche nella preparazione di comunità operose e consapevoli della loro fede. Da queste nascerà, col tempo, il volto nuovo della popolazione veneta. Vi protegga la Vergine, tanto venerata e invocata nei numerosi santuari a lei dedicati nelle vostre regioni.

Sono lieto di avvalorare questi miei sentimenti con la benedizione apostolica, che imparto a voi e che desidero estendere al vostro clero, ai religiosi e alle religiose, come a tutti i fedeli delle vostre dilette diocesi.

1987-01-24 Data estesa: Sabato 24 Gennaio 1987




All'istituto "Carlo Tincani" di Bologna - Sala Clementina (Roma)

Titolo: La cultura è speranza e il cristiano se ne fa interprete

Testo:

Carissimi.


1. Sono ben lieto di ricevere oggi l'Istituto "Carlo Tincani" di Bologna, che da poco ha festeggiato il decimo anniversario della sua fondazione, avvenuta per opera dell'Unione santa Caterina da Siena delle Missionarie della Scuola.

Il mio saluto cordiale a tutti voi, e in particolare alla direttrice, signorina Maria Teresa Pascucci, qui presente con la superiora generale delle Missionarie della Scuola professoressa Anna Maria Balducci. Saluto i membri fondatori, il Consiglio direttivo, i docenti, i soci e i corsisti, e mi compiaccio per l'originale e intenso lavoro che da dieci anni tale istituzione svolge nella città di Bologna.

Il vostro intento, all'origine della fondazione, era quello di favorire incontri tra gli insegnanti delle scuole di Stato e gli studenti, al fine di proporre iniziative culturali d'ispirazione cristiana e fornire letture sane e formative. Partendo dall'umile e familiare esperienza degli inizi l'opera ha trovato possibilità notevoli di sviluppo e si è dimostrata uno strumento assai valido per la diffusione della cultura cattolica. Il vostro dialogo culturale ha interessato una sfera di persone sempre più vasta e ha portato alla necessità di ulteriori intraprese. L'istituto ha perfezionato i suoi passi nei seminari di ricerca e nelle pubblicazioni, ha aggiunto alle sue iniziative la Libera Università per Anziani, la "Lectura Dantis", i corsi di formazione teologica; ma soprattutto ha dato vita a due singolari iniziative a vantaggio dei giovani studenti: il corso interdisciplinare per gli studenti maturandi, e il "progetto giovani". Agli studenti prossimi all'esame di maturità offrite corsi particolari su temi di letteratura, storia e filosofia con lo scopo di fornire loro un'occasione per l'approfondimento critico dei contenuti relativi ai programmi d'esame e per chiarire o rettificare eventuali questioni emergenti nel contesto di un insegnamento laico e talvolta non favorevole al pensiero cristiano. Nel "progetto giovani" vi proponete di offrire agli studenti delle medie superiori e dei primi anni dell'università un orientamento culturale cattolico, tenendo conto degli elementi che emergono dalla ricerca scientifica e stimolano la coscienza delle giovani generazioni a un approfondimento e a una riflessione in ordine alla loro coscienza cattolica.

Vi siete dunque preso a cuore il problema della diffusione del pensiero cristiano nel mondo degli studenti con senso di responsabilità e con accurata metodicità, riconoscendo che il mondo dei giovani, spesso sottoposto a tensioni, ma troppo poco aiutato da proposte positive, ha bisogno di essere confortato da valide argomentazioni per essere liberato dalla tentazione di lasciarsi andare a ideologie distorte. Vi siete prodigati, così, perché l'ambiente giovanile fosse rifornito di verità, di sano senso critico, di notizie costruttive. Il vostro è quindi un servizio prezioso, perché sappiamo bene come la crisi circa i valori e il senso trascendente della vita possa far dimenticare ai giovani il gusto e l'impegno per la progettazione e il servizio sociale.


2. Il vostro istituto prende lo spunto dalla fondamentale constatazione che, nella vita dell'uomo, il rapporto tra natura e cultura è particolarmente stretto. Noi ci accorgiamo che, al di là di qualsiasi connotazione sociale o economica, ogni uomo tende ad operare un progresso e uno sviluppo senza sosta. Qualsiasi persona o società aspira a una perfezione sempre più avanzata, modifica continuamente il suo modo di essere sia individuale che collettivo, cerca di raggiungere una più perfetta rappresentazione di sé e si interroga, perciò, anche sul significato dei valori religiosi. E' su questo campo che il cristiano è stimolato a dare una risposta circa il valore permanente della sua fede, messa a confronto con le trasformazioni che incidono maggiormente sulla coscienza collettiva. In questo modo il confronto tra la fede personale e la cultura dominante è un fatto inevitabile e necessario. Il Concilio Vaticano II, consapevole di questo problema, ha espresso in termini chiari l'esigenza di tale confronto, considerando bene le note direttive che caratterizzano la cultura odierna (cfr. GS 54).

Di qui si avverte l'urgenza di trovare mezzi adatti per suscitare tra i cristiani forme concrete e valide di ricerca affinché il dialogo tra Vangelo e cultura risulti fattivo e ben visibile. E' a questa istanza che il vostro istituto si sforza di rispondere.


3. I giovani hanno bisogno di certezze, di sostegni sicuri, di forti motivazioni per il loro progetto di vita. Voi cercate di trovare per loro il linguaggio, gli argomenti, le prove che ridonino fiducia nel messaggio liberatore di Cristo. In questo senso il vostro servizio corrisponde a un'esigenza ben chiara che voi avete scoperto nell'ambiente in cui operate. Seguendo gli interrogativi e le proposte avanzate dal Concilio vi siete chiesti se vi fossero state delle cause peculiari che avevano prodotto nel vostro ambiente una profonda modificazione circa i modi di pensare, di agire, di concepire la vita e, di conseguenza, di affrontare le istanze della fede. Avete notato che esisteva il rischio di un grave turbamento che, colpendo soprattutto la coscienza dei giovani studenti, tendeva a sovvertire la sapienza e l'equilibrio di un incontro positivo tra fede e scienza. La cultura che nasceva dall'approccio alle materie scientifiche, dall'incontro con le filosofie contemporanee, dalla lettura degli eventi storici metteva in difficoltà il bisogno di una sintesi capace di maturare nell'uomo l'equilibrio tra coscienza di fede e umanesimo in un mondo continuamente tentato di cadere in una concezione della vita puramente terrestre e spesso avversa alla religione. Di fronte al pericolo di concepire l'uomo come un'unità chiusa in se stessa, autosufficiente e restia a cercare cose più alte, vi siete prodigati per entrare nel campo specifico della ricerca e incoraggiare una cultura cattolica capace di confrontarsi serenamente con queste posizioni. Avete voluto soprattutto impegnare i laici nel difficile e sempre nuovo cammino del rapporto tra la Chiesa e il mondo della cultura. Sono proprio i laici, voi lo vedete, che si trovano al centro del dinamismo dei problemi culturali e della loro diffusione in seno alla società contemporanea. Da loro dipende in gran parte la possibilità che il Vangelo di Cristo sia recepito come fondamento, fermento e anima delle scelte che arricchiscono la famiglia umana. E' così, dunque, che intendete di preparare le persone che sapranno servire la società, adempiendo con competenza le professioni necessarie alla vita comune; ed è in questo modo che vi sforzate di avviare le giovani menti verso il conseguimento di una cultura approfondita, insegnando loro ad affrontare con metodo le questioni peculiari che interesseranno la futura professione.


4. Proseguite nel vostro impegno di sviluppare negli spiriti il desiderio di un efficace incontro tra la buona novella di Cristo e l'esperienza culturale.

Insistete sulla necessità di reagire alla tentazione delle pressioni ideologiche, alle imposizioni operate dai mezzi di comunicazione sociale, al contagio dei valori distorti. Esortate a reagire al fatalismo, agli atteggiamenti passivi, alla chiusura per inerzia o per incertezza e timidezza. La cultura è speranza, e il cristiano se ne fa interprete, promuovendo un dialogo schietto, veritiero, positivo, fiducioso.

Con questi sentimenti volentieri imparto a tutti voi, all'Istituto "Carlo Tincani" e a tutti i soci e corsisti la mia benedizione, estensibile alle vostre famiglie e alle persone che vi sono care.

1987-01-24 Data estesa: Sabato 24 Gennaio 1987




Per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali

Titolo: Strategia della fiducia per la giustizia e per la pace

Testo:

Cari responsabili delle comunicazioni sociali e cari utenti.

Le comunicazioni sociali costituiscono una piattaforma di scambi e di dialogo atta a rispondere a una viva preoccupazione del mio pontificato, come pure di quello del mio predecessore Paolo VI (cfr. "Messaggio alla Sessione Speciale delle Nazioni Unite sul Disarmo", 24 maggio 1978, n. 5): contribuire a passare, nella promozione della pace attraverso la giustizia, da un equilibrio del terrore a una strategia della fiducia. Per questo mi è sembrato urgente proporvi come tema della Giornata mondiale per le comunicazioni sociali 1987: "Le comunicazioni sociali al servizio della giustizia e della pace". L'ho ripetuto spesso, ma lo sottolineo oggi aggiungendovi questo corollario: la fiducia non può essere soltanto opera dei responsabili politici, essa deve nascere nella coscienza dei popoli. Dopo aver già trattato il problema della pace ("Giornata Mondiale 1983") vorrei, quest'anno, continuare con voi questa breve riflessione sull'opera di giustizia che realizza la pace, o sulla strategia della fiducia come compimento della giustizia in vista della pace.

So che per voi, operatori delle comunicazioni sociali, le masse non sono moltitudini anonime. Esse rappresentano una continua sfida a ricongiungere e raggiungere ciascuno nel proprio contesto di vita, al suo personale livello di comprensione e di sensibilità, grazie a tecnologie sempre più avanzate e a strategie di comunicazione sempre più efficaci. Quale invito potrebbe risuonare nelle vostre coscienze: trasmettere la strategia della fiducia attraverso la strategia della comunicazione, al servizio della giustizia e della pace! La vostra strategia della comunicazione è, in gran parte, una strategia dell'informazione allo scopo di contribuire all'edificazione di questa società del sapere nella quale siamo impegnati qualsiasi cosa avvenga. Consentitemi di ricordare quanto ho già affermato a questo proposito: la pace del mondo dipende da una migliore conoscenza degli uomini e delle comunità; l'informazione qualificata dell'opinione pubblica ha un'influenza diretta sulla promozione della giustizia e della pace (cfr. "Messaggio per la Giornata della Pace 1982", nn. 6, 8). Il vostro compito sembra andare al di là delle possibilità umane: informare per formare, mentre la valanga delle notizie vi porta, in modo talvolta pericoloso, ai quattro angoli della terra, senza darvi il tempo di ponderare ciascun caso o ciascun avvenimento. E pertanto, gli utenti dipendono da voi per comprendere i danni del terrore e le speranze della fiducia.

La pace non è possibile senza il dialogo (cfr. "Messaggio per la Giornata della pace 1986", nn. 4-5), ma non si può instaurare un vero dialogo senza essere ben informati, a est e a ovest, a sud e a nord. Il vostro dialogo vuole essere, inoltre, un "dialogo totale", cioè un dialogo che si instaura nell'ambito di una strategia globale della comunicazione: di informazione, certo, ma anche di svago, di pubblicità, di creazione artistica, di educazione, di sensibilizzazione ai valori culturali. E' attraverso questa strategia della comunicazione che si dovrebbe realizzare la strategia della fiducia. Dall'equilibrio del timore a quello della paura, fino a quello del terrore, scaturisce una "pace fredda" - come diceva Pio XII -, che non è la vera pace. Solo la comunicazione potrà far nascere - attraverso il dialogo totale - un desiderio e un'attesa di pace calorosa, come esigenza, nel cuore delle popolazioni. E, si potrebbe aggiungere, una "giustizia fredda" non è una vera giustizia. La giustizia non può vivere se non nella fiducia, altrimenti essa non è che una "giustizia contro" e non una "giustizia per" e una "giustizia con" ogni persona umana.

Come legare tra loro la strategia della fiducia e la strategia della comunicazione? Vorrei sviluppare questo tema di riflessione. So che la comunicazione di massa è una comunicazione programmata e accuratamente organizzata. Per questo è importante evocare ciò che potrebbe essere una strategia della fiducia trasmessa dai media. Mi sembra che essa potrebbe comprendere sette momenti fondamentali: far prendere coscienza, denunciare, rinunciare, superare, contribuire, divulgare, affermare.

In primo luogo, è necessario far prendere coscienza o, in altri termini, fare opera di intelligenza. Paolo VI non ha forse detto che la pace è un'opera di intelligenza? Occorrerà dunque, attraverso i vari programmi, far prendere coscienza che ogni guerra può far perdere tutto e che nulla può andare perduto con la pace. Per questo la strategia della comunicazione potrà, meglio di ogni altro mezzo, far comprendere le cause della guerra: le innumerevoli ingiustizie che spingono alla violenza. Ogni ingiustizia può portare alla guerra. La violenza è in noi, dobbiamo liberarcene, per inventare la pace. Tale è l'opera di giustizia che si compie come frutto dell'intelligenza. L'intelligenza, secondo l'insegnamento del Concilio Vaticano II (cfr. GS 82-91) si esprime soprattutto attraverso le scelte positive suggerite sulle questioni della giustizia e della pace, di fronte all'ingiustizia e alla guerra. Ed è proprio qui che il vostro ruolo diventa appassionante, per lo spirito di iniziativa che esso comporta.

Comunicare le scelte costruttive di giustizia e di pace va di pari passo con il vostro dovere di denunciare tutte le cause di violenza e di conflitto, armamento generalizzato, commercio di armi, oppressioni e torture, terrorismo di ogni tipo, militarizzazione a oltranza e preoccupazione esagerata della sicurezza nazionale, tensione nord-sud, tutte le forme di dominazione, occupazione, repressione, sfruttamento e discriminazione.

Se si vuole denunciare in modo coerente, bisogna anche che ognuno rinunci alle radici della violenza e dell'ingiustizia. Una delle immagini più solidamente integrate nella produzione dei mezzi di comunicazione sembra essere quella dell'"ideale del più forte", di questa volontà di supremazia che non fa peraltro che aumentare Ia paura reciproca. Sulla linea di quanto affermava Giovanni XXIII, occorre arrivare, nella vostra produzione, a un "disarmo degli spiriti" (cfr. "Discorso ai giornalisti del Concilio", 13 ottobre 1962). Quale potrebbe essere il progresso degli scambi di comunicazione, se il mercato fosse abbondantemente fornito di programmi che presentano cose ben diverse da questa volontà di dominio che ispira tante opere attualmente in circolazione! E quale miglioramento qualitativo si potrebbe ottenere se gli utenti "imponessero", con le loro richieste e le loro reazioni, che si rinunci all'ideale del più forte! Per agire in uno spirito di giustizia, non basta "agire contro" in nome di una forza rigida. Bisogna piuttosto "agire per e con" gli altri o, nel mondo dei media, comunicare per ciascuno e con ciascuno.

La strategia della fiducia significa anche superare tutti gli ostacoli alle "opere di giustizia" in vista della pace. Occorre in primo luogo superare le barriere della sfiducia. Che cosa meglio delle comunicazioni sociali può superare tutte le barriere di razze, di ceti, di culture, che si confrontano? La sfiducia può nascere da tutte le forme di parzialità e di intolleranza sociale, politica o religiosa. La sfiducia si nutre dello scoraggiamento che si fa disfattismo. La fiducia, per contro, è il frutto di un più rigoroso atteggiamento etico a tutti i livelli della vita quotidiana. Papa Giovanni XXIII ricordava che occorre a ogni costo superare lo squilibrio tra le possibilità tecniche e l'impegno etico della comunità umana. E, voi lo sapete bene, sia che siate operatori che utenti delle comunicazioni, il mondo della comunicazione è un mondo di esplosione del progresso tecnologico. Anche in questo settore avanzato dell'esperienza umana, l'esigenza etica è la più urgente a tutti i livelli.

Il vostro ruolo, inoltre, è quello di contribuire a rendere la pace possibile attraverso la giustizia. L'informazione è la via della sensibilizzazione, della verifica del controllo della realtà dei fatti sui cammini della pace. Questo contributo può essere approfondito dai dibattiti e dai media.

E' forse a questo livello che la vostra immaginazione sarà messa a più dura prova.

Ed è proprio qui che la risposta degli utenti è più necessaria.

Non bisogna trascurare inoltre di divulgare con insistenza tutto ciò che può aiutare a far comprendere e a far vivere la pace e la giustizia, dalle più umili iniziative al servizio della pace e della giustizia, fino agli sforzi delle assise internazionali. Tra queste iniziative, il ruolo di un nuovo ordine mondiale dell'informazione e della comunicazione, al servizio della pace e della giustizia, con la garanzia della diffusione multipla dell'informazione a favore di tutti, occupa, certo, un posto importante, come ho già ricordato in occasione di uno dei congressi dell'Unione internazionale della stampa cattolica (cfr. "Discorso all'UCIP", 25 settembre 1980). Il vostro ruolo di responsabili delle comunicazioni è quello di un'educazione permanente. Il vostro dovere di utenti è quello di una continua ricerca di accesso a tutti i dati che potranno formare la vostra opinione e rendervi sempre più consapevoli delle vostre responsabilità. Siamo tutti responsabili del destino della giustizia e della pace.

Fra tutte le iniziative da divulgare, consentitemi di chiedervi con insistenza di non trascurare la presentazione dell'idea cristiana della pace e della giustizia, del messaggio cristiano sulla pace e la giustizia, senza dimenticare le esortazioni all'impegno, ma anche alla preghiera per la pace: dimensione insostituibile del contributo ecclesiale alle iniziative di pace e in favore degli sforzi per vivere nella giustizia.

Tutto questo voi lo sapete, suppone la presentazione, attraverso i mezzi di comunicazione sociale, dell'immagine vera e completa della persona umana, fondamento di ogni riferimento alla giustizia e alla pace. Tutto ciò che ferisce la persona è già un "atto di guerra" che comincia. Quali incalcolabili conseguenze avranno dunque ciascuna delle iniziative di comunicazione di cui siete gli animatori! Nel divulgare, occorre infine affermare tutte le condizioni preliminari in vista della giustizia e della pace: i diritti inalienabili della persona umana, le libertà fondamentali nell'uguaglianza e in vista di una partecipazione di tutti al bene comune, il rispetto delle legittime sovranità, i doveri di indennizzo e di assistenza... Ma soprattutto, bisogna mettere in luce i valori della vita: non più l'esistenza affermata come inesorabilmente integrata in una "lotta per la vita", ma la vita vissuta con l'intelligenza della saggezza nella bontà, o ancora, l'amore come fonte e come ideale di vita. Solo l'amore, reinventando ogni giorno la fraternità, potrà sconfiggere definitivamente il terrore. Possa l'amore, ispirato dal dono di Dio, agire su queste "meraviglie tecniche" della comunicazione, che sono anche "doni di Dio" (cfr. "Miranda prorsus")! Nella speranza che queste parole vi aiutino a non perdere mai di vista la giustizia e la pace, sia al momento della ideazione dei vostri programmi, per voi, cari operatori delle comunicazioni sociali, o al momento dell'ascolto e della risposta, per voi, cari utenti, io dico a tutti la mia fiducia e vi invito tutti a operare per la fiducia al servizio dell'umanità intera. E' in questo spirito che vi imparto con gioia la mia benedizione apostolica.

1987-01-24 Data estesa: Sabato 24 Gennaio 1987




Recita dell'Angelus - Piazza san Pietro (Roma)

Titolo: Maria, la Madre del Signore conosce la strada per l'unità dei cristiani

Testo:

1. Oggi ha termine l'annuale "Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani".

Questa manifestazione di culto e di amore a Dio, comune a cattolici, ortodossi, anglicani e protestanti è, per tutti, un vero dono di Dio, una vera conquista sul cammino dell'unità, e un segno di speranza perché tale unità possa diventare veramente piena e conforme alla volontà di Cristo Signore.

Il ripetersi annuale di questo grande incontro di preghiera deve rifuggire dal pericolo di divenire come una pratica abitudinaria, mentre di fatto esso scandisce le tappe di un movimento che, pur tra varie difficoltà, è guidato dallo Spirito Santo, e ha portato e porta frutti di riavvicinamento reciproco e di approfondimento dei comuni valori della fede e della vita cristiana.


GPII 1987 Insegnamenti - Ai partecipanti a un seminario di studio - Città del Vaticano (Roma)