GPII 1987 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Piazza san Pietro (Roma)


2. "Bussate e vi sarà aperto" (Mt 7,7), ha detto il Signore. Anche se a volte i risultati tardano a venire o non sono quali ce li aspetteremmo, non dobbiamo stancarci - cattolici e non-cattolici - nell'implorare dal Signore questo inestimabile dono dell'unità, nella certezza di chiedere una cosa assolutamente buona, corrispondente ad uno degli scopi del Concilio Vaticano II e anzi a uno dei fini essenziali della venuta del Verbo divino tra noi.


3. Naturalmente non dobbiamo mai dimenticare i requisiti indispensabili perché questa difficile opera dell'ecumenismo sia attuata in modo autentico e, quindi, efficace: e uno di questi requisiti, insieme con le comuni preghiere, dev'essere, come dice il Concilio, lo sforzo costante per un rinnovamento e un miglioramento continuo della nostra vita cristiana, la conversione del cuore e la ricerca del pio esercizio della carità. Qui abbiamo veramente "l'anima di tutto il movimento ecumenico" (cfr. UR 6-8).

Scoprire insieme la novità del Vangelo - "Uniti in Cristo, una nuova creazione" -: questo è stato il motto della Settimana per l'unità del presente anno. Cristo ci rende nuove creature. Cristo è il rinnovatore della creazione: "nuovi cieli e nuova terra". Il suo Spirito rinnova tutte le cose. Questo è stato il tema della comune meditazione. Nella parola di Dio, ancora una volta, ci siamo incontrati. Rendiamo a lui grazie.


4. Il presente momento di preghiera è sotto il segno di Maria, la Madre del Signore. Quanto ella è premurosa per l'unità di tutti i discepoli del suo Figlio! Ella conosce la strada per questa unità. Imploriamola ancora una volta, perché ella voglia far sentire a tutti il suo materno richiamo a conoscere e ad attuare fino in fondo la volontà di Gesù.

Il volo di pace delle colombe dell'Azione Cattolica Ragazzi Rivolgo un cordiale saluto ai ragazzi di Azione Cattolica qui convenuti per la loro annuale manifestazione sul tema della pace. Essi mi hanno donato due colombe, con l'intenzione che io le faccia volare da questa finestra quale auspicio e simbolo per il mondo intero della tanto desiderata e invocata pace.

Compio volentieri questo gesto, con l'augurio che tutti comprendano di essere veramente fratelli e sorelle in una comune umanità.

La lebbra: un problema che può e deve essere superato Si celebra oggi la Giornata mondiale in favore dei malati di lebbra, una ricorrenza annuale che ci ricorda la gravità di un problema che con l'impegno di tutti noi può e deve essere superato. Tra le varie forze che lavorano in tal senso, desidero ricordare l'Associazione "Amici di Raoul Follereau" di Bologna, che da lunghi anni si dedica in modo sistematico e coordinato a quest'opera di solidarietà umana e di carità cristiana. A quanti si prodigano a favore dei fratelli sofferenti di lebbra va il mio incoraggiamento.

1987-01-25 Data estesa: Domenica 25 Gennaio 1987




Omelia alla conclusione della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani - Basilica di san Paolo fuori le Mura (Roma)

Titolo: L'incontro di Assisi: un passo avanti nel cammino ecumenico

Testo:

1. "Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse! Rallegriamoci ed esultiamo" (Is 25,9).

Amati confratelli, carissimi fedeli! Facciamo nostre le parole che il profeta Isaia pronunciava tanti secoli or sono, elevando il pensiero al Dio unico e vero, e spingendo lo sguardo nel misterioso corso della storia futura. Anche noi, come lui, abbiamo sperato e speriamo in Dio, che ci ha salvati in Cristo: i nostri animi sono perciò colmi, come il suo, di letizia e di riconoscenza.

Ogni anno ci riuniamo in questa insigne Basilica di san Paolo fuori le Mura per commemorare la conversione dell'apostolo delle genti e per concludere la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, che quest'anno ha avuto come tema: "Uniti in Cristo, una nuova creazione". E' una settimana provvidenziale di più intensa preghiera e di più profonda meditazione, che ci richiama fortemente al fondamentale dovere di promuovere l'unità di tutti i cristiani e ci stimola a continuare ogni giorno nel proposito di fervorosa orazione e di autentico impegno per il raggiungimento di quella nobilissima meta.

In Cristo la salvezza è venuta per l'umanità intera: in lui, per lui e con lui possiamo offrire al Padre il sacrificio eucaristico, che la rende sempre attuale in ogni tempo e in ogni luogo, perpetuando il sacrificio cruento della croce. In Cristo san Paolo trovo la luce, quando intese quella voce misteriosa e imperiosa che lo sconvolse e cambio la sua vita: "Io sono Gesù il Nazareno, che tu perseguiti... Alzati e prosegui verso Damasco; là sarai informato di tutto ciò che è stabilito che tu faccia" (Ac 22,8-10). E là, a Damasco, per il tramite di Anania, egli ebbe la manifestazione del programma di Dio circa la sua esistenza: "Il Dio dei nostri padri ti ha predestinato a conoscere la sua volontà, a vedere il Giusto e ad ascoltare una parola dalla sua stessa bocca, perché gli sarai testimone davanti a tutti gli uomini delle cose che hai visto e udito" (Ac 22,14-15).


2. "Ti ha predestinato a conoscere la sua volontà". La volontà di Dio era che Paolo percorresse il mondo annunciando a tutti la parola della salvezza. Paolo accetto questo impegno e ne fece, da quel momento, la ragione della sua vita. La sua "conversione" sta precisamente in questo: nell'aver accettato che il Cristo, incontrato sulla via di Damasco, entrasse nella sua esistenza e la orientasse ad un unico scopo: l'annuncio del Vangelo. "Sono debitore verso i Greci come verso i barbari, verso i dotti come verso gli ignoranti... Non mi vergogno del Vangelo, poiché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede" (Rm 1,14-16).

Il Vangelo, tuttavia, è sorgente di salvezza, perché è il Vangelo di Cristo. Consapevole di ciò, Paolo volle confrontare il proprio annuncio con quello degli altri apostoli, per accertarsi dell'autenticità della propria predicazione (cfr. Ga 2,1-10) e durante tutta la sua vita non si stanco mai di raccomandare la fedeltà agli insegnamenti ricevuti, perché "nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo" (1Co 3,11).

E' da questa consapevolezza che deriva la sollecitudine dell'Apostolo "per l'unità nella fede": "Un solo Signore - egli ricorda con insistenza - una sola fede, un solo battesimo; un solo Dio, Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti" (Ep 4,5-6).

Ogni attentato all'unità della fede è un attentato contro Cristo stesso.

Paolo ne era così profondamente convinto che, di fronte alle fazioni emergenti nella comunità primitiva nel nome dell'uno o dell'altro apostolo, reagiva con quell'interrogativo sofferto, la cui eco non cessa di risuonare anche nella Chiesa di oggi: "Cristo è stato forse diviso?" (1Co 1,13). La domanda di Paolo interpella anche noi. Essa si rivolge alla coscienza ecclesiale di ogni tempo e di ogni luogo, invitandola a dare espressione visibile al mistero supremo di unità, a cui sono chiamati irrevocabilmente gli uomini e le donne provenienti da un solo Dio e redenti da un solo Signore, in un solo Spirito.

Il Concilio Vaticano II, definendo la Chiesa come "un sacramento o segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" (LG 1), ha raccolto e fatta sua l'intuizione dell'Apostolo, testimoniando dinanzi al mondo il proprio ardente desiderio di poter indicare a ogni creatura, in Cristo, la via dell'unità.


3. Il movimento ecumenico, in questo scorcio di secolo che ci separa dal grande giubileo del secondo millennio della redenzione, avverte acutamente questo richiamo. La preghiera corale di tutti i cristiani, nel corso di questa settimana, è in qualche modo, prefigurazione di tale realtà.

La preghiera per l'unità deve accompagnare senza sosta i molteplici passi concreti di quanti, per incarico delle rispettive Chiese e comunità ecclesiali, mirano a ritessere, nel pensiero e nella prassi, i doni copiosamente profusi dallo Spirito nell'unica trama dell'unica Chiesa, sacramento dell'unico Signore, redentore dell'uomo.


4. In questa Basilica, esattamente un anno fa, fu dato l'annuncio di un avvenimento che ha ben espresso un'importante dimensione della missione della Chiesa. Mi riferisco alla Giornata di preghiera per la Pace in Assisi.

La terra che ci ospita, la quale vista dallo spazio, appare come un globo stupendo, quasi una azzurra oasi di pace, per il peccato dell'uomo è purtroppo una terra d'angoscia. Gli uomini che vi abitano, lo sappiamo bene, hanno paura. Hanno paura le nazioni, l'una dell'altra. Hanno paura, vicendevolmente, i diversi gruppi nei quali gi uomini si organizzano. L'uomo, possiamo dire, ha paura dell'uomo.

Ma proprio questa angoscia, che fa da contrappunto nella nostra epoca alla grandezza della civiltà raggiunta dall'uomo, sembra pressantemente invitarlo a percepire se stesso come mistero. Eppure, come sappiamo, la tentazione che caratterizza questo secolo al termine di una complessa e secolare evoluzione culturale - specialmente nei paesi di più elevato sviluppo scientifico e tecnologico - è proprio l'oblio del mistero.

Dall'alba della storia umana le varie religioni hanno sempre cercato di ricondurre l'uomo alla coscienza del proprio mistero e lo hanno, al tempo stesso, invitato ad aprirsi al riconoscimento del mistero assoluto e a cercare in esso una risposta ai propri interrogativi.

A noi cristiani il mistero è stato rivelato nella croce e nella risurrezione di Cristo, come testimonianza di un amore infinito, in cui ogni angoscia è dissolta per sempre. Una "nuova creazione" si annuncia nell'orizzonte di tale amore. Di essa noi cristiani dobbiamo essere, con le parole e con la vita, i banditori davanti al mondo. Lo saremo nella misura in cui vivremo l'unità che scaturisce dall'amore. Davanti al mondo, diviso dall'egoismo e perciò assillato dalla paura, noi dobbiamo far brillare la prospettiva di quella "nuova creazione", a cui aspira, anche se inconsciamente, ogni cuore umano: una creazione allietata da un'intesa fraterna e operosa, perché affrancata dal peccato, grazie al sangue redentore di Cristo. "Uniti in Cristo, una nuova creazione": davanti ai gravi problemi del mondo contemporaneo, l'impegno ecumenico si rivela necessario e urgente come non mai.


5. L'incontro di Assisi e lo spirito che da esso è nato si situano così nella loro vera luce: un passo avanti verso tale prospettiva. La giornata di Assisi è stata infatti l'occasione di una comune e riverente testimonianza resa a quel mistero di Dio, dal quale soltanto scaturiscono le sorgenti della pace.

Nel gesto che ha riunito, per un giorno, i rappresentanti delle religioni maggiori alle quali appartiene l'intera famiglia umana, non poteva mancare la preghiera comune di noi cristiani, che invochiamo Dio come il Padre di Gesù, morto in croce per i nostri peccati e risorto nella gloria. Tale gesto, teso a far emergere l'unità creaturale della famiglia umana attorno alla sua origine nascosta e santa, fu anzi reso più facile dalla consapevolezza che dobbiamo avere della ben più profonda unità a noi donata ed espressa nel comune battesimo.

Sulle orme del Concilio la Chiesa, oggi come non mai, è consapevole della sua natura di sacramento dell'unità; essa vede la sua ragione d'esistenza, specialmente in questa nostra epoca critica, nella compiuta realizzazione di quella sua realtà sacramentale. Nel nostro tempo, la ricerca della piena unità tra i cristiani, di conseguenza, si colloca nel cuore della vocazione e della missione della Chiesa cattolica.


6. Carissimi fratelli e sorelle, queste riflessioni devono spingerci a una preghiera insistente, instancabile, fervorosa per impetrare l'unione completa. La preghiera per l'unità si leva oggi dal nostro cuore più ardente e più grata per il fatto che abbiamo già potuto rendere testimonianza comune, davanti allo sguardo degli uomini religiosi del mondo intero, al nome supremo di Cristo.

Questa preghiera affido all'intercessione di Maria, Regina della pace, nella prospettiva dell'approssimarsi dell'anno a lei dedicato. Vergine Santa, Madre dell'unica Chiesa di Cristo, prega per noi!

1987-01-25 Data estesa: Domenica 25 Gennaio 1987









Alla giunta capitolina - Sala del Concistoro (Roma)

Titolo: Essere artefici della continuità della missione storica di Roma

Testo:

Signor sindaco, signori componenti della Giunta e del Consiglio comunale di Roma, signori presidenti del Consiglio delle circoscrizioni romane.


1. Si rinnova sempre con piacere questo incontro per lo scambio degli auguri in occasione del nuovo anno. E' questa una tradizione che periodicamente ci offre l'opportunità di rivolgere lo sguardo ai problemi e alle aspirazioni, che si moltiplicano e dilatano, di una capitale come Roma, in continuo progresso sociale e culturale.

Vi sono grato per la vostra presenza tanto significativa ed esprimo un particolare ringraziamento al signor sindaco, onorevole Nicola Signorello, per le parole che ha voluto ora rivolgermi, anche a nome di tutti i membri della Giunta e del Consiglio comunale di Roma. Lo ringrazio pure per il quadro che ha voluto presentare della realtà e delle attese dell'Urbe.


2. L'occasione mi è propizia per rinnovare il mio incoraggiamento per quanto i responsabili della cosa pubblica fanno quotidianamente in vista della giusta soluzione da dare ai molteplici e urgenti problemi che la convivenza di quasi quattro milioni di abitanti pone alla loro attenzione.

E' un compito certamente complesso quello di assicurare alla popolazione romana ciò che è necessario per il suo sviluppo e il suo benessere, così che la città sia all'altezza del suo ruolo storico di capitale di uno Stato, qual è l'Italia, ricco di vitalità e di progresso civile, e, a un tempo, di centro spirituale del cristianesimo. Centro, dico, di una religione a raggio mondiale, fondata dal Cristo, Figlio di Dio, al fine di irradiare il messaggio evangelico a tutte le genti, secondo il mandato divino: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura" (Mc 16,15).

Questa constatazione induce a considerare il dovere che tutti abbiamo di non dimenticare la missione propria di Roma e le sue caratteristiche spirituali, che fanno di essa la città posta sul monte, a cui sono rivolti gli sguardi del mondo intero. In questo contesto mi rivolgo a voi, amministratori capitolini, perché non cessiate di assecondare il senso dell'ospitalità e dell'accoglienza che distingue la popolazione cittadina, in modo che non siano deluse le aspettative dei pellegrini e turisti che vengono a Roma attratti dal fascino della sua storia e dei suoi monumenti e soprattutto dal desiderio di venerare le memorie degli apostoli e dei martiri.

A questo fine auspico che la pluralità di istanze sociali presenti in codesta amministrazione, lungi dall'essere motivo di diminuita efficienza operativa, sappia esprimere una solidale attitudine a promuovere il vero bene della città, con equilibrio ed efficiente operosità, sia a livello più propriamente comunale sia a livello circoscrizionale.


3. Da parte sua la Chiesa con quotidiano impegno offre un non piccolo contributo al bene della comunità romana e confido che la sua presenza e azione prenderanno nuovo slancio dal Sinodo pastorale diocesano, evento di Chiesa, aperto pero ad ogni apporto orientato dal progresso religioso, morale e civile della città.

Mi piace al riguardo esprimere il mio incoraggiamento per i vasti impegni di attività amministrativa e organizzativa da cui s'attende la soluzione di bisogni fondamentali della popolazione, quali sono quelli dell'abitazione, della scuola, dell'urbanistica, della circolazione stradale, del non-inquinamento, ecc. In primo luogo va certo sostenuto lo sforzo per dare un dignitoso alloggio a tante famiglie, che abitano in condizioni disagiate o precarie, o sono angustiate dalla minaccia di imminenti sfratti. So che la crescita della popolazione e il fenomeno dell'elevata urbanizzazione rendono estremamente complessa l'azione delle autorità responsabili. Ma si tratta di un'esigenza così primaria e urgente che nessuna fatica può essere giudicata troppo gravosa. Infatti la carenza del minimo necessario per garantire un sicuro e degno focolare è spesso la causa di gravi fenomeni di degradazione familiare. Per questo il Concilio Vaticano II non ha tralasciato di raccomandare che "nel governo della società si tenga conto delle esigenze familiari per quanto riguarda l'alloggio e l'educazione dei fanciulli" (AA 11).

Confido che i programmi della vostra amministrazione, che contemplano queste esigenze, possano passare al più presto alla fase delle realizzazioni, come ha assicurato il signor sindaco.

Mi auguro che la vostra attenzione si rivolga anche a quella realtà che va sotto il nome di "nuovo quartiere". Non lasciate nulla di intentato perché sorga e si sviluppi secondo lungimiranti criteri di una moderna urbanistica: con spazi ben ordinati, a misura d'uomo, con i suoi istituti culturali, sanitari e assistenziali, con i suoi giardini, il suo mercato, le sue officine, e in particolare la sua chiesa e le strutture parrocchiali. Sono istanze prioritarie nel piano generale di una città moderna che deve testimoniare accanto alle sue vetuste rovine e agli incomparabili monumenti antichi il carattere sempre vivo e fiorente della sua civiltà, la quale, proprio perché profondamente cristiana, non può non essere anche autenticamente umana, socialmente adeguata ai tempi. così sarete artefici della continuità della missione storica di Roma e della sua fedeltà al singolare destino di "città eterna".


4. Illustri signori! Ecco le aspirazioni e i voti che ho voluto confidare a voi in questo inizio d'anno 1987. Il Signore vi confermi nel proposito di leale e fattiva concordia; vi renda sempre integerrimi promotori del bene della comunità e vi assista sempre nel vostro non facile lavoro.

La Vergine santissima, "Salus Populi Romani" vi ottenga di compierlo nel migliore dei modi.

Con la mia speciale benedizione.

1987-01-29 Data estesa: Giovedi 29 Gennaio 1987




Al Circolo san Pietro - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Testimoni di carità in spirito di servizio

Carissimi fratelli del Circolo san Pietro! 1. Sono lieto di accogliervi e di esprimere ancora una volta i sentimenti di apprezzamento e di benevolenza nei confronti del vostro circolo, che da oltre un secolo svolge attività assistenziale nello spirito evangelico del buon samaritano e nella fedeltà alla Chiesa e al Papa. Porgo il mio cordiale saluto a tutti voi qui presenti e a tutti i soci da voi rappresentati; saluto in modo particolare mons. assistente, l'arcivescovo Ettore Cunial, e il presidente, Marchese Giulio Sacchetti, che ringrazio per le parole con le quali ha introdotto questo incontro familiare.

Vi ringrazio non solo per la raccolta dell'Obolo di san Pietro, che oggi siete venuti a presentare con gesto sempre gentile e premuroso, ma anche per la fitta rete di iniziative che svolgete nell'ambito della diocesi di Roma per promuovere quella testimonianza di carità fattiva, che è legge suprema per il cristianesimo.


2. Nell'adempimento del vostro specifico esercizio caritativo, che si esprime in varie opere e in molteplici iniziative, voi date un significativo esempio di solidarietà cristiana, dimostrando così, con l'eloquenza dei fatti, che l'unica vostra ambizione è quella di servire il Signore nella persona dei poveri, dei deboli ed emarginati. Sono certo che nel fare ciò voi continuerete a far vostre le parole programmatiche, con le quali si apre la costituzione conciliare "Gaudium et Spes", quando dice che: "Le gioie e le sofferenze degli uomini di oggi, dei poveri soprattutto e di quanti sono nell'afflizione, sono anche le gioie e le speranze, le tristezze e le sofferenze dei seguaci di Cristo".

Come veri seguaci di Cristo, anche voi siete chiamati a dare al mondo testimonianza di quella carità, che è propria della Chiesa e che si manifesta in una sincera solidarietà fatta di condivisione, di servizio e di amore.


3. Mi auguro che questo incontro vi serva di stimolo e di incoraggiamento, all'inizio del nuovo anno, a ben continuare con sempre maggiore generosità il vostro impegno sociale, e ad avvalorarlo con la pubblica testimonianza di fede, di vita interiore e di coraggiosa professione di appartenenza alla Chiesa, fondata sulla salda roccia di Pietro. Portate tale spirito anche nel servizio che svolgete durante le solenni celebrazioni liturgiche nella Basilica di san Pietro. Siate cattolici intrepidi, di animo nobile e generoso.

Mentre auspico che possiate conseguire pieno successo nelle vostre attività, di cuore imparto a voi e a tutti i vostri soci, come pure alle vostre famiglie, la mia benedizione.

1987-01-29 Data estesa: Giovedi 29 Gennaio 1987




Ai vescovi francesi dell'Est in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Di fronte alle trasformazioni della società la parrocchia, segno visibile della Chiesa

Testo:

Cari fratelli nell'episcopato.


1. Sono felice di accogliervi nel momento in cui fate il bilancio del vostro impegno pastorale e nel quale confidate le vostre preoccupazioni e le vostre speranze agli apostoli fondatori, certi di trovare nella loro testimonianza un'ispirazione e nella loro intercessione un appoggio. Siate i benvenuti.

La vostra regione beneficia di notevoli ricchezze storiche e religiose, in una diversità sottolineata dalla vostra situazione frontaliera nel cuore dell'Europa, e anche lo statuto concordatario che consiste in due delle vostre diocesi. In mezzo alle difficoltà di oggi, la Chiesa è provocata a ravvivare i dinamismi ancora ben presenti nelle comunità che hanno molto donato al mondo; penso in particolare ai numerosi missionari, ai religiosi e religiose partiti lontano, con i quali rimanete legati e che sostenete generosamente.

I vostri rapporti, come ha appena detto il presidente della vostra regione apostolica, sottolineano bene le forze vive del corpo ecclesiale così come i cedimenti che si accusano. Le prove economiche colpiscono talvolta vasti settori; comportano certi scoraggiamenti, dei ripiegamenti sulla vita privata; nello stesso tempo compaiono delle degradazioni di vita morale, un aumento dell'indifferenza religiosa, accentuati da un insieme d'influenze che non analizzerei qui. Ciò rende ancor più urgente il rinnovamento di tutto il tessuto ecclesiale, come voi rilevate. Auguro vivamente che il bilancio fatto oggi con lucidità vi conduca non al pessimismo, ma al proseguimento della vostra azione con la forza della speranza "che non delude, perché l'amore di Dio è stato diffuso nei nostri cuori attraverso lo Spirito Santo che ci è stato donato" (Rm 5,5).


2. Tra gli argomenti che attirano la nostra attenzione, vorrei riflettere con voi oggi sulla comunità ecclesiale locale, sulla parrocchia. Ci sono altri poli di assembramento legittimamente specializzati, ma la parrocchia conserva un ruolo primordiale nella strutturazione della Chiesa particolare. Tutti i battezzati vi sono legati, anche se altri gruppi o movimenti assicurano delle missioni indispensabili. Molti di voi reagiscono a una certa disistima della parrocchia, attitudine fortunatamente meno diffusa oggi.

E' vero che sono intervenuti cambiamenti considerevoli. Le parrocchie sono molto numerose nelle vostre regioni, molte tra di esse hanno visto la loro popolazione ridotta e invecchiata; alla diminuzione della pratica religiosa si aggiunge la rarefazione dei sacerdoti, da alcuni anni molte parrocchie sono prive di un sacerdote residente. Voi siete stati spinti, non senza difficoltà, e grazie alla partecipazione generosa e fattiva di tutta la diocesi, a fondare delle parrocchie nelle città o nei quartieri nuovi che altrimenti sarebbero rimasti dei deserti spirituali. Noto anche che la maggiore mobilità delle persone, molto spesso sradicate nel corso della loro vita, obbliga gli uni e gli altri a sviluppare le loro facoltà di adattamento e le loro qualità di accoglienza fraterna.

In mezzo a tante difficoltà, e spesso in una povertà profonda, i curati e i vicari hanno saputo mantenere una reale vitalità delle loro parrocchie, anche quando non erano sempre sostenuti dall'effettiva collaborazione da parte dei fedeli.

Vorrei, come ho fatto ad Ars, rendere omaggio a tutti i sacerdoti che assicurano un ministero parrocchiale faticoso, spesso in più località, a costo di una rude solitudine per gli uni, nell'esigenza di una vita di gruppo per gli altri. Nonostante l'avanzare dell'età, di fronte a una sostituzione incerta, essi rimangono gli intendenti zelanti dei misteri di Dio, predicatori instancabili della parola di Dio, consiglieri saggi e prudenti, fratelli che praticano la misericordia. Direte loro quanto il Papa è loro vicino e li incoraggi.


3. La parrocchia resta un luogo naturale dove la Chiesa è visibile, intorno al santuario. C'è chi presenta la parrocchia come una sorta di "servizio pubblico", concepito per rispondere alla domanda religiosa di un popolo. Noi sappiamo che non possiamo riconoscere in questa presentazione la natura profonda di una comunità ecclesiale locale, centrata sulla realtà fondamentale dell'Eucaristia, la parrocchia ha per prima ragion d'essere la comunione nella fede e nella vita di Cristo di tutti: battezzati destinati a formare il suo corpo vivente. Questa comunità parrocchiale, radunata attorno a un membro del presbiterio, vive in modo concreto localmente, la realtà della Chiesa diocesana costituita attorno a ciascun vescovo.


4. E' nella propria parrocchia che ogni cristiano vede segnate dai sacramenti le tappe della vita. Riceve il catechismo. Nel corso dei giorni, il tempo è ritmato dalla celebrazione comunitaria del ciclo liturgico. In un insieme di taglio umano e familiare, il dono della riconciliazione assume tutto il suo senso.

Fraternamente la sofferenza degli uni è accompagnata dall'amicizia e dall'aiuto degli altri. Al momento della morte, è ancora nella chiesa parrocchiale che possono essere pronunciate parole di speranza e portare conforto nella pena. E' vero che l'evoluzione della società tende a sovrapporre ai ritmi cristiani delle costrizioni differenti; l'organizzazione del lavoro e del tempo libero provoca degli spostamenti che rendono meno coerente la vita parrocchiale. Bisogna che ciò non diminuisca l'impegno dei pastori e dei fedeli, che ciascuno possa trovare naturalmente il suo posto nella comunità d'accoglienza e proseguire in ciò che ha incominciato a vivere in un altro luogo. Le parrocchie non sono degli insiemi chiusi, ma dei luoghi di comunione aperta.


5. Uno dei caratteri più preziosi della parrocchia come voi stessi sottolineate, è la diversità di coloro che vi si ritrovano. Di ambienti e cultura diversi gli uomini e le donne contribuiscono seguendo i loro doni, all'unità. La diversità delle generazioni, l'attività di molteplici gruppi, di gruppi e di comunità particolari, non ostacola il dinamismo della parrocchia nel suo insieme, ma piuttosto l'arricchisce, se c'è una reale convergenza è nell'Eucaristia domenicale. Costituire un vero segno di unità nel mondo frantumato di oggi è una condizione per una testimonianza credibile e perché la fede possa essere trasmessa.


6. Una comunità può adempiere alla sua missione di Chiesa solo a condizione che i suoi membri collaborino in tutta chiarezza. Uno dei vostri rapporti diocesani constata che "sacerdoti, religiosi e laici fanno esperienza di una vera appartenenza alla Chiesa". Riprendendo questa formula, penso in particolare ai consigli pastorali che si sviluppano e che sono già numerosi in alcune delle vostre diocesi. Il loro ruolo è di esprimere e di prolungare ciò che è vissuto sacramentalmente nell'assemblea eucaristica. Sacerdoti e laici si riconoscono reciprocamente nelle loro vocazioni specifiche. In molti casi la rarefazione dei preti ha portato i laici ad assumere maggiori responsabilità, ma la ragion d'essere essenziale della loro collaborazione non è una supplenza, è una presa d'impegno comune. E so che spesso questa esperienza porta i laici non solo ad attuare pienamente ciò per il quale il loro battesimo li abilita, ma anche a comprendere meglio il carattere del ministero sacerdotale, reciprocamente nel dialogo con i laici responsabili il prete stesso vive più pienamente il suo sacerdozio e lo esercita in modo più dinamico e più felice del suo impegno pastorale. Gli uni e gli altri non sono a confronto ma in comunione. Non c'è edificazione ecclesiale non c'è riconoscenza di impegni ecclesiali senza un'articolazione necessaria al ministero ordinato, grazie al quale le risorse del popolo di Dio possono essere attuate in modo efficace e armonioso.


7. In molte delle vostre diocesi il numero dei preti resta relativamente elevato.

Tuttavia non sono più sufficienti ad assicurare una presenza sacerdotale in tutte le parrocchie. In altre regioni del vostro paese questo fenomeno è ancor più evidente. I vescovi sono stati costretti a raggruppare o a unire delle parrocchie con modalità varie, e i settori pastorali devono rispettare per quanto possibile la permanenza delle comunità locali anche relativamente piccole. E' necessario trovare l'organizzazione che permetta alle comunità senza sacerdote di vivere, di assicurare con il ritmo che sarà possibile, la celebrazione dell'Eucaristia.

Quando la comunità è abbastanza consistente, se il vescovo lo ritiene opportuno, una celebrazione domenicale in assenza, o meglio "in attesa" di un sacerdote, riserva alcune ricchezze: permette di mantenere, a livello della preghiera, la solidarietà cristiana fondamentale fondata sul battesimo. So che avete cura di non lasciare alcuna comunità nell'isolamento. Una simile pastorale presuppone che si eviti qualsiasi confusione: l'obiettivo è sempre l'Eucaristia, condizione necessaria alla diffusione della vita evangelica. Il vero digiuno al quale sono costretti numerosi cristiani in rapporto alla Messa, sarà, speriamolo, un motivo supplementare per favorire la pastorale delle vocazioni.


8. Dicevo che la parrocchia non è l'unico polo di ritrovo dei cristiani, conviene aggiungere che essa non può rispondere pienamente alla sua vocazione se non rimane aperta agli apporti di altre istanze, attraverso i suoi membri impegnati personalmente nei movimenti, attaccati ad alcune correnti spirituali o dediti a servizi precisi. So che è anche vostra sollecitudine sviluppare nel quadro diocesano, istituzioni complementari per rispondere ai bisogni che non possono essere soddisfatti localmente, per la formazione degli animatori liturgici o quella dei catechisti per il raggruppamento dei giovani, per fare qualche esempio.

Da un altro punto di vista ho notato anche nei vostri rapporti che favorite sempre più il legame delle comunità di taglia ridotta con l'insieme della Chiesa diocesana.

I raduni festivi hanno la loro importanza, permettono a ciascuno di provare più concretamente i suoi legami profondi con il corpo ecclesiale, la formazione di un consiglio pastorale diocesano contribuisce notevolmente a far maturare le iniziative in una collaborazione costruttiva col vescovo (cfr. CIC 811, del Codice di diritto canonico). In molti casi l'orientamento verso un Sinodo diocesano ha favorito la mobilitazione di molte energie in una prospettiva forse più coordinata che in passato. Anche gli scambi con altre Chiese hanno la loro importanza. La situazione della nostra regione alle frontiere del vostro paese, porto ad avere, voi lo sottolineate, delle relazioni arricchenti con le diocesi dei paesi vicini e a sviluppare una vocazione europea il cui aspetto spirituale non è minimo.


9. Prima di concludere vorrei ricordare un altro aspetto significativo: le vostre relazioni quotidiane con i cristiani appartenenti alle comunità ecclesiali uscite dalla Riforma, particolarmente numerose in Alsazia-Lorena e nei paesi del Montbéliard. L'ultimo Sinodo dava questo orientamento: "La comunione tra i cattolici e gli altri cristiani, anche se ancora incompleta, ci chiama a collaborare in molteplici campi e rende anche possibile una certa testimonianza comune dell'amore salvifico di Dio verso il mondo che ha bisogno di salvezza" ("Rapporto finale", C.M.).

Questa testimonianza come anche il dialogo teologico o pastorale nei gruppi locali o di altri livelli non possono portare frutti se non sono vivificati continuamente dall'ecumenismo della preghiera e della conversione del cuore (cfr. "Discorso all'Anfiteatro delle Tre Gallie", Lione 4 ottobre 1986).

Vorrei ricordare in particolare le coppie nelle quali i due coniugi non abbiano la stessa appartenenza ecclesiale. E' un dramma per queste famiglie fondate sul sacramento del matrimonio, di non potere nutrire la loro vita coniugale partecipando insieme all'Eucaristia. Portando in essi la sofferenza della separazione tra i cristiani, questi sposi possono, nonostante tutto, essere dei testimoni della speranza dell'unità. Essi hanno bisogno di un vero sostegno spirituale e pastorale.


10. Senza entrare in tutti gli aspetti della vita ecclesiale delle vostre diocesi, ho voluto sottolineare alcuni obiettivi essenziali perché la Chiesa costituisca un segno visibile in un mondo nel quale molti uomini e donne restano indifferenti o estranei alla fede.

Allo stato attuale della parrocchia, come nelle istanze diocesane, bisogna incoraggiare la vocazione di tutti coloro che portano testimonianza insieme. Il vostro ministero episcopale è consacrato a dare gli impulsi necessari a coordinare le iniziative, a illuminare coloro che cercano di rispondere alle esigenze del Vangelo, a celebrare la presenza di Cristo Salvatore nel suo corpo che è la Chiesa.

Nell'esercizio delle vostre responsabilità, pesanti ed esaltanti a un tempo, potete contare sulla mia sollecitudine e sulla mia preghiera. Che Dio vi benedica insieme a tutti i vostri collaboratori e tutti i vostri diocesani.

1987-01-30 Data estesa: Venerdi 30 Gennaio 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Piazza san Pietro (Roma)