GPII 1987 Insegnamenti - Le credenziali del nuovo Ambasciatore della Repubblica Dominicana - Città del Vaticano (Roma)

Le credenziali del nuovo Ambasciatore della Repubblica Dominicana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'ineludibile compito dell'evangelizzazione realtà effettiva della Repubblica Dominicana

Testo:

Signor Ambasciatore, Al ricevere le Lettere che la accreditano come Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Repubblica Dominicana Presso la Santa Sede, voglio porgere a Sua Eccellenza il mio cordiale benvenuto insieme ai miei migliori auguri per un felice svolgimento della missione che oggi inizia.

Desidero altresi ringraziarla per i nobili sentimenti manifestati, e per il deferente saluto che mi ha trasmesso da parte del Signor Presidente della Repubblica, che rappresenta la sincera adesione degli amatissimi figli della sua Nazione.

Sua Eccellenza vine come rappresentante di un Paese che questa Sede Apostolica ha sempre tenuto in grande stima e considerazione, in consonanza con i sentimenti di un popolo che, essendo nella sua ampia maggioranza cattolico, guarda con devozione filiale alla Cattedra di Pietro. Ad essa si sente unito da vincoli di particolare vicinanza che tocca le sue più intime convinzioni.

Sarà dunque una soddisfazione per il Popolo dominicano sapere che Lei, sensibile alle essenze ed aspirazioni dello stesso, vorrà dedicare i migliori sforzi per alimentare ulteriormente le buone ed armoniose relazioni che già esistono tra questa Nazione e la Santa Sede, a sicuro beneficio sia umano che spirituale dei suoi concittadini.

Sua Eccellenza ha fatto riferimento alla commemorazione, che si sta preparando, del V Centenario dell'Evangelizzazione del Continente Americano, la cui novena di anni ebbi la gioia di inaugurare proprio nella città di Santo Domingo.

L'Evangelizzazione è senza dubbio un compito costante ed un'esigenza fondamentale della dinamica ecclesiale, come è stato ampiamente proclamato dal Concilio Vaticano II. L'appello alla Evangelizzazione è stato raccolto dall'episcopato latinoamericano nel Documento di Puebla: "La Chiesa ha gradatamente acquisito la coscienza sempre più chiara e profonda del fatto che l'Evangelizzazione è la sua missione fondamentale e che non è possibile il suo compimento senza uno sforzo permanente di conoscenza della realtà e di accettazione dinamica, allettante e convincente del Messaggio agli uomini di oggi" (Puebla, 85).

La recente Giornata di preghiera per la Pace, tenutasi in Assisi, il cui ricordo ed insegnamento sono vivamente presenti in noi, ha ancora una volta confermato la Chiesa cattolica nello svolgimento del ministero che il Signore le ha affidato (cfr. Mt 28,19-20). Questo ministero essenziale viene da essa esercitato in diversi modi: "Tramite l'evangelizzazione, l'amministrazione dei Sacramenti e la guida pastorale da parte del successore di Pietro e dei diaconi, dei religiosi e delle religiose, tramite lo sforzo e la testimonianza dei missionari e dei catechisti, tramite la preghiera silenziosa dei contemplativi e la sofferenza degli ammalati, dei poveri e degli oppressi, e tramite tante forme di dialogo e di collaborazione dei cristiani per realizzare gli ideali delle Beatitudini e promuovere i valori del Regno di Dio (cfr. Giovanni Paolo PP. II, Allocutio ad Romanae Curiae sodales habita, 10,die 22 dec. 1986: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IX, 2 [1986] 2027).

Affinché l'inevitabile compito della Evangelizzazione continui ad essere una realtà ogni giorno più effettiva nel Suo Paese, posso assicurarle che i Pastori di quella Chiesa locale in intima comunione con questa Sede Apostolica, continueranno ad offrire la loro collaborazione, i loro servizi, altresi che le loro energie spirituali e morali.

Nel rinnovarle i miei auguri per lo svolgimento della sua missione, invoco su di lei e sulla sua famiglia, sulle Autorità che Le sono state designate e su tutti gli amatissimi figli della Repubblica Dominicana la costante protezione dell'Onnipotente.

[Traduzione dallo spagnolo]

1987-02-02 Data estesa: Lunedi 2 Febbraio 1987




Ai seminaristi dell'arcidiocesi di Vienna - Sala del Trono (Roma)

Titolo: Dio ama ogni uomo

Testo:

Cari giovani amici, saluto molto cordialmente voi tutti e le persone che vi accompagnano, in particolare S.E. reverendissima il card. Stickler.

Voi avete la grande fortuna di poter iniziare il vostro breve soggiorno a Roma con questa visita in Vaticano. E, se non mi ricordo male, questo non è il nostro primo incontro. Voi avete partecipato con il vostro coro all'organizzazione della celebrazione eucaristica durante la mia visita pastorale a Mariazell.

Il vostro amore è rivolto in modo particolare alla cultura musicale e al canto corale. Nello stesso tempo voi mettete al servizio della liturgia queste vostre capacità. Come allievi e studenti del seminario Sachsenbrunn capite la grande importanza che ha la celebrazione eucaristica nella vita della Chiesa, e in quella di ogni comunità. Questo deve essere il desiderio di tutti coloro che si preparano al sacerdozio attraverso molti anni di studio e di educazione musicale e spirituale. perciò incoraggio voi tutti a proseguire il vostro studio di musica e di canto che, nella vostra comunità può divenire unitaria lode a Dio.

Io vi invito inoltre a essere certi, costanti e risoluti nel vostro lavoro, in particolare coloro i quali vengono chiamati a una più profonda imitazione di Cristo nel sacerdozio o in un'altra vocazione religiosa. Dio ha bisogno degli uomini e oggi più che mai. Egli ha bisogno di uomini che si pongano interamente al suo servizio e siano pronti a servirlo nella Chiesa e nel mondo impegnandosi, con tutte lo loro forze, nella ricostruzione del regno di Dio tra gli uomini.

Questa vostra visita, cari giovani amici, possa sensibilizzarvi ancora di più alla chiamata di Cristo e rafforzarvi nella fedeltà a lui. Di cuore imparto a voi tutti e alla vostra comunità del seminario di Sachsenbrunn la mia particolare benedizione apostolica.

1987-02-02 Data estesa: Lunedi 2 Febbraio 1987




Omelia alla Messa per i religiosi e le religiose di Roma - Basilica di san Pietro (Roma)

Titolo: La vostra vocazione è nata dalla luce che è Cristo

Testo:

1. "Sollevate, porte, i vostri frontali" (Ps 23,9).

L'odierna liturgia proclama la lode del tempio. In primo luogo del tempio di Gerusalemme, e poi di ogni altro. Ma il tempio di Gerusalemme è qui il prototipo. Questa lode è provenuta dalla storia di Israele, del popolo eletto da Dio. Del popolo a cui Dio era particolarmente vicino mediante i suoi patriarchi, mediante Mosè e i profeti. Il tempio di Gerusalemme racchiude in sé l'intera tradizione di quest'intimità e insieme la storia del popolo eletto. "Sollevate, porte, i vostri frontali"! Dio, che abita in alto, scendeva in una nube. Il Signore degli eserciti, il re della gloria. La nube del Signore ricopri Mosè e l'arca dell'alleanza, quando egli dimorava ancora nella tenda. Poi discese nel tempio, nel luogo chiamato "Santo dei santi". Nessuno poteva entrarvi; soltanto il sommo sacerdote una volta all'anno, nel giorno dell'Espiazione.


2. Oggi, colui che è Signore del tempio, viene da umile condizione. Viene da mezzo il popolo. Anzi, da coloro che in questo popolo sono i più poveri. Viene come bambino il quarantesimo giorno dopo la nascita: nel giorno in cui la Legge prescriveva la purificazione della madre e la presentazione del figlio primogenito.

Viene inavvertito. Lo portano Maria e Giuseppe, così come venivano portati tanti altri bambini nel quarantesimo giorno dopo la nascita.

Il profeta Malachia aveva parlato forse di lui, quando si chiedeva: "Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire?" (Ml 3,2).

Il salmista aveva parlato di lui, mentre cantava: "Sollevate, porte, i vostri frontali... ed entri il re della gloria"? Intanto, tutto si svolge normalmente. Il tempio tace e prega, come al solito. E' pervaso, come sempre, come da tanti secoli, dal mistero della presenza del Dio dell'alleanza, di Dio che viene dall'alto. Il tempio sembra non aspettare un'altra venuta.


3. Eppure vi è un uomo che ha capito. Un paio di occhi che hanno visto. Una voce che ha esclamato. Ha rotto il silenzio del tempio e ha esclamato. Sono sconvolgenti le parole di quest'anziano che ha parlato, pieno di Spirito Santo.

Nelle parole di Simeone vi è un incontro del vecchio col nuovo. Della promessa col compimento. Per il tramite di questa voce, Dio scende nel cuore del suo popolo. Solleva le porte degli eterni destini, e apre il suo tabernacolo terreno ai definitivi compimenti nell'eternità. Nella città di Dio. Nella Gerusalemme celeste.

Vi è soltanto un unico, sommo sacerdote: il sacerdote dei beni futuri, che col suo corpo e col suo sangue entrerà nell'eterno santuario, nel Santo dei santi del cielo. Questo invece è l'inizio del suo entrare. Proprio oggi. Proprio in questa presentazione del Primogenito, la quale preannunzia il sacrificio ultimo ed eterno.

Viene nel tempio gerosolimitano colui che divenne "un sommo sacerdote misericordioso e fedele nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo" (He 2,17).


4. Proprio questo vedono gli occhi del vecchio Simeone. Questo esprimono le sue parole. Questo esprime, anche se con parole diverse, la stessa "Anna, figlia di Fanuele... molto avanzata in età". Essa infatti "sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme". Ed essa "non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere" (Lc 2,36-39).


5. La vostra vocazione, cari fratelli e sorelle, deriva dalla testimonianza di Simeone e Anna. Da essa deriva in modo particolare, e perciò voi vi riunite proprio oggi in questa molteplice comunità degli ordini e delle congregazioni che si trovano a Roma. E, in un certo senso, rappresentate qui tutti i religiosi e le religiose della Chiesa nel mondo intero. La vostra vocazione, infatti, presenta certamente analogie con quella di Simeone e di Anna: come loro, chiamati dallo Spirito Santo, voi avete riconosciuto il Signore a cui vi siete dati nella preghiera e nel sacrificio; come loro, dopo averlo conosciuto, ne parlate ai fratelli che attendono la salvezza.

Con Simeone voi potete ripetere: "I miei occhi hanno visto la salvezza, che tu hai preparato davanti a tutti i popoli; luce per illuminare le genti e gloria di Israele, tuo popolo" (Lc 2,30-32).


6. Come per lui, così anche per voi la vostra vocazione è nata dalla luce, che è Cristo. Il vostro impulso a seguire la via dei consigli evangelici è nato dall'incontro interiore con l'amore redentivo di Cristo: è mediante questo amore che voi siete stati chiamati.

Quando, dopo aver fissato lo sguardo su di voi, Cristo ha iniziato ad amarvi, il suo amore si è rivolto alle vostre singole persone, assumendo nel medesimo tempo un carattere "sponsale" è divenuto un amore di elezione che abbraccia interamente il vostro essere, anima e corpo, pensieri e affetti, nell'unità irripetibile dell'"io" personale (cfr. "Redemptionis Donum", 3).

Certamente tutti i cristiani sono stati gratuitamente redenti da Cristo e sono chiamati a confessarlo davanti agli uomini, ma voi, con la professione della povertà, della castità e dell'obbedienza, avete scelto di donarvi interamente al vostro grande e sovrano Signore, alla sua volontà e al suo amore. E tra poco, nel corso di questa assemblea liturgica, voi rinnoverete pubblicamente le promesse della vostra professione religiosa, per testimoniare l'amore assoluto col quale Cristo vi ha amati, e per riaffermare la vostra assoluta determinazione di servirlo nei fratelli.

I cristiani, impegnati nei vari compiti sociali del mondo attuale, hanno bisogno di avere davanti ai loro occhi la testimonianza dei religiosi e delle religiose, che ricordi loro, mediante l'impegno di totale consacrazione a Dio, che la figura di questo mondo passa! E' il carattere del totale distacco che avete scelto e accettato e che dovete mantenere in voi appoggiandovi solo al Signore. Voi lo sapete molto bene: per offrire questa testimonianza, che il mondo peraltro attende, la vita religiosa deve conservare la propria specificità, e ogni istituto deve in special modo custodire il proprio carisma, voluto dal Fondatore. In ciò sta "l'essere segno di contraddizione", secondo le parole di Simeone; non certamente contro l'uomo, ma contro gli atteggiamenti inumani della società contemporanea; e nemmeno contro i valori del mondo moderno, ma piuttosto per attuare la sua salvezza.

A questa animazione evangelica del mondo contribuisce anche quella forma peculiare di vita consacrata che è propria degli istituti secolari, ufficialmente riconosciuti da Papa Pio XII nella costituzione apostolica "Provida Mater Ecclesia", esattamente 40 anni fa, il 2 febbraio 1947.


7. Voi religiosi costituite una delle più grandi ricchezze della Chiesa, la quale ha bisogno della vostra presenza. Grazie a Dio, questa presenza non manca alla Chiesa di Roma, che è la diocesi del mondo più favorita in questo senso: siete infatti più di 25.000 nella diocesi, con 330 case generalizie e oltre 300 case di procura o provinciali.

Il vostro ruolo nella diocesi è di notevole importanza: il vostro stile specifico di vivere il cristianesimo è particolarmente utile per sostenere l'impegno della Chiesa. Mi auguro che tale vostro servizio voglia orientarsi in modo speciale alla preparazione del Sinodo romano, dal quale tutti ci attendiamo frutti di rinnovamento e di opere di carità.

Questo sostegno che offrite alla Chiesa è dovuto anzitutto alla consapevolezza de appartenere a Dio stesso in Cristo Gesù, Redentore del mondo e Sposo della chiesa, il quale imprime in certo modo il proprio sigillo nei vostri cuori, nei vostri pensieri, nelle vostre parole e nelle vostre azioni. Questa conoscenza amorosa di Cristo si realizza e si approfondisce ogni giorno di più grazie alla vita di preghiera personale, comunitaria e liturgica, propria di ciascuna famiglia religiosa.

I religiosi e le religiose che fra di voi sono totalmente consacrati alla contemplazione, offrono un aiuto sostanziale e un sostegno stimolante ai loro fratelli e sorelle votati alle opere di apostolato (cfr. "Redemptionis Donum", 8).

Rivolgendomi con fiducia a queste anime dedite alla contemplazione, le invito calorosamente ad essere indefettibilmente attaccate a questa vocazione privilegiata, ad accettarne le esigenze dell'immolazione quotidiana, nella certezza di un servizio insostituibile, che esse apportano alla Chiesa per l'evangelizzazione e per la salvezza delle anime. 8. Nel mondo contemporaneo, travagliato dall'indifferenza, dalle divisioni, dall'odio e dall'oppressione, la comunione fraterna, radicata e fondata sull'amore, è un esempio eloquente della riconciliazione universale in Cristo (cfr. Codice del diritto canonico, CIC 602).

Coltivate dunque con cura questo amore fraterno: che le vostre case siano sempre delle oasi di pace e di accoglienza, senza esclusivismi o emarginazioni, nell'accettazione generosa delle rinunce quotidiane che richiede l'atmosfera di una vera vita fraterna. Gli uomini oggi sono particolarmente sensibili a questa testimonianza di amore fraterno, autenticamente vissuto, che costituisce anche per i giovani un invito convincente a unirsi a voi nella via che avete scelto.

La città moderna, dove il senso del sacro è notevolmente affievolito, ha bisogno di trovare delle persone animate dalla fede e dall'amore; e non è indifferente alle proposte che possono essere chiaramente identificate. Non vi rincresca quindi di manifestare in modo visibile la vostra consacrazione indossando l'abito religioso, povero e semplice: è una testimonianza silenziosa, ma eloquente; è un segno che il mondo secolarizzato ha bisogno di trovare sul suo cammino.


9. Conosco molto bene la preoccupazione dei vostri istituti nel voler essere presenti presso i poveri, nei quali riconoscete la persona stessa di Cristo: di questo mi congratulo con voi e me ne rallegro. Tuttavia avranno la capacità di comprendere i poveri e di essere loro di aiuto soltanto coloro che realmente conoscono la povertà e la vivono. Con la professione religiosa voi avete rinunciato liberamente ai beni di questo mondo; è perciò di grande importanza che siate distaccati da questi beni e che evitiate, personalmente e comunitariamente, la ricerca esagerata delle comodità e dei mezzi costosi della vita quotidiana. Non si può vivere poveramente senza sentire concretamente il morso della povertà. Vi invito pertanto a rivedere periodicamente la vostra vita su questo punto.

Maria costituisca sempre il modello per eccellenza della vostra vita consacrata nella castità, nella povertà e nell'obbedienza. Ella vi guardi, vi protegga e vi aiuti a mostrare al mondo l'amore infinito di Dio per tutti gli uomini! 10. "Luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele... Segno di contraddizione, perché siano svelati i pensieri di molti cuori" (Lc 2,32 Lc 2,34-35).

Nelle nostre mani abbiamo le candele accese. Diano esse oggi una testimonianza a colui che è la luce del mondo. Parlino anche della luce, che con la sua venuta, si è accesa nei templi dei nostri cuori: la luce della fede, la luce della vocazione.

Si volgano anche a Maria, così come Simeone, nel giorno della presentazione di Gesù. Non occorre forse che lei, presente così profondamente nel mistero di Cristo e della Chiesa, conosca in modo particolare "i pensieri" dei nostri cuori?

1987-02-02 Data estesa: Lunedi 2 Febbraio 1987







Udienza generale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Iraq-Iran: una soluzione equa al micidiale confronto. Libano: evitare una temibile catena di azioni e reazioni

Testo:

Le gravi notizie che giungono da più parti del Medio Oriente sono anche per me motivo di vivissima preoccupazione e di grande dolore. La guerra tra Iraq e Iran ha assunto dimensioni ancor più drammatiche, quasi da ecatombe. Si parla di decine di migliaia di combattenti falciati ogni giorno sui fronti di battaglia e di altre migliaia di persone inermi - bambini, donne e anziani - vittime di bombardamenti particolarmente intensi sulle città.

Gli inviti a una ricomposizione dignitosa formulati da istanze internazionali e dai paesi amici dell'Iraq e dell'Iran, non sembrano finora trovare ascolto. Sento mio dovere di unirmi alla voce di tutti coloro che si adoperano per far cessare questa tremenda lotta, giustamente solleciti di scongiurare altri eccidi e di aiutare i due popoli vicini a trovare una soluzione equa del micidiale confronto.

Il mio pensiero va anche al Libano, avvolto in un intreccio di sofferenze e di dolori reso più complicato dalla nuova ondata dei sequestri di persone di varie nazionalità e di ogni rango. Penso con affetto e solidarietà alla continuata tragedia di quelle care popolazioni e alle sofferenze dei rapiti - qualcuno dei quali preso mentre svolgeva un'azione altamente umanitaria - e all'angoscia dei loro cari. Mi auguro che sia evitata una temibile catena di azioni e reazioni, che provocherebbe situazioni ancor più difficili e pericoli sempre maggiori per il paese e per la regione.

Preghiamo per questi popoli, per le vittime e per le loro famiglie e per il ritorno incolume dei sequestrati. Invochiamo dal Signore il dono della pace, sempre più necessaria e desiderata.

1987-02-04 Data estesa: Mercoledi 4 Febbraio 1987




Ai membri del Tribunale della Rota Romana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il giudice non si lasci suggestionare da perizie basate su premesse antropologiche inaccettabili

Testo:

1. Viva gioia mi reca questo annuale incontro con voi, cari fratelli che svolgete la vostra attività nel Tribunale della Rota Romana. Sono molto grato a Monsignor Decano, al Collegio dei Prelati Uditori, agli altri Officiali, nonché agli Avvocati Rotali per la costante e operosa collaborazione prestatami nell'assolvere il "munus" giudiziario, che spetta al Successore di Pietro nei confronti della Chiesa universale. E' un'opera preziosa, offertami da persone altamente qualificate in campo giuridico, nelle quali è rappresentata la varietà delle lingue e culture di tante parti della terra ove la Chiesa di Dio svolge la sua missione.

Vi sono grato anche della promessa di fedeltà al Vangelo e alla tradizione, unita allo sforzo di venire incontro alle nuove necessità della Chiesa, e di approfondire la conoscenza della autentica realtà umana alla luce della Verità rivelata.

In questa prospettiva, vorrei dedicare oggi una particolare attenzione alle incapacità psichiche che, specialmente in alcuni paesi, sono diventate motivo di un elevato numero di dichiarazioni di nullità di matrimonio.


2. Ben conosciamo i grandi progressi fatti dalla psichiatria e psicologia contemporanea. Va apprezzato quanto queste scienze moderne hanno fatto e fanno per chiarire i processi psichici della persona, sia consci che inconsci, nonché l'aiuto che danno, mediante farmacoterapia e psicoterapia, a molte persone in difficoltà. Le grandi ricerche compiute e la notevole dedizione di tanti psicologi e psichiatri sono certamente lodevoli. Non si può pero non riconoscere che le scoperte e le acquisizioni nel campo puramente psichico e psichiatrico non sono in grado di offrire una visione veramente integrale della persona, risolvendo da sole le questioni fondamentali concernenti il significato della vita e la vocazione umana. Certe correnti della psicologia contemporanea, tuttavia, oltrepassando la propria specifica competenza, si spingono in tale territorio e in esso si muovono sotto la spinta di presupposti antropologici non conciliabili con l'antropologia cristiana. Di qui le difficoltà e gli ostacoli nel dialogo fra le scienze psicologiche e quelle metafisiche nonché etiche.

Di conseguenza, la trattazione delle cause di nullità di matrimonio per limitazioni psichiche o psichiatriche esige, da una parte, l'aiuto di esperti in tali discipline, i quali valutino, secondo la propria competenza, la natura ed il grado dei processi psichici che riguardano il consenso matrimoniale e la capacità della persona ad assumere gli obblighi essenziali del matrimonio; dall'altra non dispensa il giudice ecclesiastico, nell'uso delle perizie, dal dovere di non lasciarsi suggestionare da concetti antropologici inaccettabili, finendo per essere coinvolto in fraintendimenti circa la verità dei fatti e dei significati.

E', in ogni caso, fuori dubbio che una approfondita conoscenza delle teorie elaborate e dei risultati raggiunti dalle scienze menzionate offre la possibilità di valutare la risposta umana alla vocazione al matrimonio in un modo più preciso e differenziato di quanto lo permetterebbero la sola filosofia e la sola teologia.


3. Da quanto detto sopra appare che il dialogo e una costruttiva comunicazione tra il giudice e lo psichiatra o psicologo sono più facili se per entrambi il punto di partenza si pone entro l'orizzonte di una comune antropologia, così che, pur nella diversità del metodo e degli interessi e finalità, una visione resti aperta all'altra.

Se invece l'orizzonte entro cui si muove il perito, psichiatra o psicologo, è opposto o chiuso a quello entro cui si muove il canonista, il dialogo e la comunicazione possono diventare fonte di confusione e di fraintendimento. A nessuno sfugge il pericolo gravissimo che deriva da questa seconda ipotesi per quanto riguarda le decisioni circa la nullità del matrimonio: il dialogo tra giudice e perito, costruito su un equivoco di partenza, può infatti facilmente portare a conclusioni false e dannose per il vero bene delle persone e della Chiesa.


4. Tale pericolo non è soltanto ipotetico se consideriamo che la visione antropologica, da cui muovono numerose correnti nel campo delle scienze psicologiche del tempo moderno, è decisamente, nel suo insieme, inconciliabile con gli elementi essenziali dell'antropologia cristiana, perché chiusa ai valori e significati che trascendono il dato immanente e che permettono all'uomo di orientarsi verso l'amore di Dio e del prossimo come sua ultima vocazione.

Tale chiusura è inconciliabile con quella visione cristiana che considera l'uomo un essere "creato ad immagine di Dio, capace di conoscere e di amare il proprio Creatore" (GS 12) e nello stesso tempo diviso in se stesso (GS 10). Le ricordate correnti psicologiche invece partono o dall'idea pessimistica, secondo cui l'uomo non potrebbe concepire altra aspirazione che quella imposta dai suoi impulsi o dai condizionamenti sociali o, per l'opposto, dall'idea esageratamente ottimistica secondo la quale l'uomo avrebbe in sé, e potrebbe raggiungere da solo, la sua realizzazione.


5. La visione del matrimonio secondo certe correnti psicologiche è tale da ridurre il significato dell'unione coniugale a semplice mezzo di gratificazione o di auto-realizzazione o di decompressione psicologica.

Di conseguenza, per i periti, che si ispirano a dette correnti, ogni ostacolo che richieda sforzo, impegno o rinuncia e, ancor più, ogni fallimento di fatto dell'unione coniugale diventa facilmente la conferma della impossibilità dei presunti coniugi ad intendere rettamente e a realizzare il loro matrimonio.

Le perizie, condotte secondo tali premesse antropologiche riduttive, in pratica non considerano il dovere di un cosciente impegno da parte degli sposi a superare, anche a costo di sacrifici e rinunce, gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione del matrimonio e quindi valutano ogni tensione come segno negativo ed indice di debolezza ed incapacità a vivere il matrimonio.

Tali perizie sono quindi portate ad allargare i casi di incapacità di consenso anche alle situazioni in cui, a motivo dell'influsso dell'inconscio nella vita psichica ordinaria, le persone sperimentano una riduzione, non pero la privazione, della loro effettiva libertà di tendere al bene scelto. Ed, infine, considerano facilmente anche le lievi psicopatologie o addirittura le deficienze di ordine morale come prova di incapacità ad assumere gli obblighi essenziali della vita coniugale.

E può succedere purtroppo che dette impostazioni vengano a volte acriticamente accettate dai giudici ecclesiastici.


6. Detta visione della persona e dell'istituto matrimoniale è inconciliabile col concetto cristiano del matrimonio come "intima comunità di vita e di amore coniugale", in cui i coniugi "mutuamente si danno e si ricevono" (GS 48 cfr. Codice di Diritto Canonico, CIC 1055 §1).

Nella concezione cristiana l'uomo è chiamato ad aderire a Dio come fine ultimo in cui trova la propria realizzazione benché sia ostacolato, nell'attuazione di questa sua vocazione, dalle resistenze proprie della sua concupiscenza. Gli squilibri di cui soffre il mondo contemporaneo "si collegano con tale più profondo squilibrio che è radicato nel cuore dell'uomo" (GS 10). Nel campo del matrimonio ciò comporta che la realizzazione del significato dell'unione coniugale, mediante il dono reciproco degli sposi, diventa possibile solo attraverso un continuo sforzo, che include anche rinuncia e sacrificio. L'amore tra i coniugi deve infatti modellarsi sull'amore stesso di Cristo che "ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore" (Ep 5,2 Ep 5,25).

Gli approfondimenti circa la complessità ed i condizionamenti della vita psichica non devono far perdere di vista tale intera e completa concezione dell'uomo, chiamato da Dio e salvato dalle sue debolezze mediante lo Spirito di Cristo (GS 10 GS 13); ciò soprattutto quando si vuole delineare una genuina visione del matrimonio, voluto da Dio come istituto fondamentale per la società ed elevato da Cristo a mezzo di grazia e di santificazione.

Quindi anche i risultati peritali, influenzati dalle suddette visioni, costituiscono una reale occasione di inganno per il giudice che non intravveda l'equivoco antropologico iniziale. Attraverso queste perizie si finisce per confondere una maturità psichica che sarebbe il punto d'arrivo dello sviluppo umano, con la maturità canonica, che è invece il punto minimo di partenza per la validità del matrimonio.


7. Per il canonista deve rimanere chiaro il principio che solo la incapacità, e non già la difficoltà a prestare il consenso e a realizzare una vera comunità di vita e di amore, rende nullo il matrimonio. Il fallimento dell'unione coniugale, peraltro, non è mai in sé una prova per dimostrare tale incapacità dei contraenti, i quali possono aver trascurato, o usato male, i mezzi sia naturali che soprannaturali a loro disposizione, oppure non aver accettato i limiti inevitabili ed i pesi della vita coniugale, sia per blocchi di natura inconscia, sia per lievi patologie che non intaccano la sostanziale libertà umana, sia, infine, per deficienze di ordine morale. Una vera incapacità è ipotizzabile solo in presenza di una seria forma di anomalia che, comunque si voglia definire, deve intaccare sostanzialmente le capacità di intendere e/o di volere del contraente.


8. Il giudice, quindi, non può e non deve pretendere dal perito un giudizio circa la nullità del matrimonio, e tanto meno deve sentirsi obbligato dal giudizio che in tal senso il perito avesse eventualmente espresso. La valutazione circa la nullità del matrimonio spetta unicamente al giudice. Il compito del perito è soltanto quello di prestare gli elementi riguardanti la sua specifica competenza, e cioè la natura ed il grado delle realtà psichiche o psichiatriche, a motivo delle quali è stata accusata la nullità del matrimonio. Infatti, il Codice, ai CIC 1578-1579, esige espressamente dal giudice che valuti criticamente le perizie. E' importante che in questa valutazione egli non si lasci ingannare né da giudizi superficiali né da espressioni apparentemente neutrali, ma che in realtà contengono delle premesse antropologiche inaccettabili.

Comunque, è da incoraggiare ogni sforzo nella preparazione sia di giudici ecclesiastici che sappiano scoprire e discernere le premesse antropologiche implicate nelle perizie, sia di esperti nelle varie scienze umane che promuovono una reale integrazione tra il messaggio cristiano ed il vero ed incessante progresso delle ricerche scientifiche, condotte secondo i criteri di una corretta autonomia (cfr. GS 62).


9. L'arduo compito del giudice - di trattare con serietà cause difficili, come quelle concernenti le incapacità psichiche al matrimonio, avendo sempre presente la natura umana, la vocazione dell'uomo, e, in connessione con ciò, la giusta concezione del matrimonio - è certamente un ministero di verità e di carità nella Chiesa e per la Chiesa. E' ministero di verità, in quanto viene salvata la genuinità del concetto cristiano del matrimonio, anche in mezzo a culture o a mode che tendono ad oscurarlo. E' ministero di carità verso la comunità ecclesiale, che viene preservata dallo scandalo di vedere in pratica distrutto il valore del matrimonio cristiano dal moltiplicarsi esagerato e quasi automatico delle dichiarazioni di nullità, in caso di fallimento del matrimonio, sotto il pretesto di una qualche immaturità o debolezza psichica dei contraenti. E' servizio di carità anche verso le parti, alle quali, per amore della verità, si deve negare la dichiarazione di nullità, in quanto in questo modo sono almeno aiutate a non ingannarsi circa le vere cause del fallimento del loro matrimonio e sono preservate dal rischio probabile di ritrovarsi nelle medesime difficoltà in una nuova unione, cercata come rimedio al primo fallimento, senza aver prima tentato tutti i mezzi per superare gli ostacoli sperimentati nel loro matrimonio valido.

Ed è infine ministero di carità verso le altre istituzioni o organismi pastorali della Chiesa in quanto, rifiutando il Tribunale ecclesiastico di trasformarsi in una facile via per la soluzione dei matrimoni falliti e delle situazioni irregolari tra gli sposi, impedisce di fatto un impigrimento nella formazione dei giovani al matrimonio, condizione importante per accostarsi al sacramento (FC 66), e stimola un aumento di impegno nell'uso dei mezzi per la pastorale post-matrimoniale (FC 69-72), e per quella specifica dei casi difficili (FC 77-85).

In tal modo, l'azione del giudice nel Tribunale ecclesiastico è realmente collegata, e deve sempre più collegarsi, come ha pure rilevato Monsignor Decano, col resto dell'intera attività pastorale della Chiesa, facendo si che la negazione della dichiarazione di nullità diventi occasione per aprire altre vie di soluzione ai problemi degli sposi in difficoltà che ricorrono al ministero della Chiesa, senza mai dimenticare che ogni soluzione passa attraverso il mistero pasquale di morte e di risurrezione, che esige tutto l'impegno degli stessi coniugi a convertirsi alla salvezza per riconciliarsi col Padre (cfr. Mt 4,17 Mc 1,15).


10. Esprimo infine l'augurio che il vostro impegno, alimentato dall'amore di Cristo e della sua Chiesa, nonché dallo zelo pastorale, porti anche mediante la diffusione dei volumi che raccolgono le vostre sentenze, un valido contributo di chiarezza per la discussione delle cause di cui ho parlato, ed abbia un benefico riflesso nelle attività dei tribunali inferiori. E mentre vi assicuro la mia continua benevolenza, imparto di cuore la mia Benedizione.

1987-02-05 Data estesa: Giovedi 5 Febbraio 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Le credenziali del nuovo Ambasciatore della Repubblica Dominicana - Città del Vaticano (Roma)