GPII 1987 Insegnamenti - Visita pastorale nella parrocchia di santa Maria della Consolazione - Roma

[Omelia:] 1. "Non sono venuto per abolire, ma per dare compimento" (Mt 5,17). Sono le parole del discorso della montagna. Gesù di Nazaret insegna. Proclama la legge che proviene da Dio ed è destinata all'uomo. All'uomo di tutti i tempi. "Finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà dalla legge neppure un iota o un segno, senza che tutto sia compiuto" (Mt 5,18).

Gesù è maestro del popolo di Dio. Egli è insieme il primo tra coloro che osservano e insegnano a osservare tutto ciò che proviene da Dio ed è destinato all'uomo (cfr. Mt 5,19): la ricca eredità dell'antica alleanza. La Legge e i profeti.

La sorgente di quest'eredità è il Dio dell'alleanza. Le parole che provengono da lui "sono spirito e vita" (Jn 6,63). Sono le "parole di vita eterna" (Jn 6,68). La vita eterna è il regno di Dio, il regno dei cieli. Le parole di Cristo nel discorso della montagna indicano all'uomo la via che porta a questo regno.


2. L'alleanza... il regno... sono le espressioni-chiave del Vangelo, di tutta la Bibbia, della Rivelazione. Dio che parla all'uomo, "e ha parlato molte volte... per mezzo dei profeti... ultimamente... per mezzo del Figlio" (He 1,1-2), rivela se stesso, svela il suo disegno salvifico nei riguardi dell'uomo.

Chi è l'uomo? L'uomo è, in tutto l'universo visibile, un essere singolare. Il Creatore gli ha donato la capacità di conoscere la verità, e in particolare la verità sul bene e sul male. E gli ha donato la libertà: la capacità di scegliere. Dovrebbe scegliere ciò che conosce come il vero bene. Ma può scegliere contro tale verità. può fare il male. Tale è l'uomo. E tale sta, fin dall'inizio, al cospetto del suo Creatore.

Oggi leggiamo nel libro del Siracide: "Egli ti ha posto davanti il fuoco e l'acqua: là dove vuoi stenderai la tua mano. Davanti agli uomini stanno la vita e la morte" (Si 15,16-17).

La verità e il bene aprono davanti all'uomo la via della vita. Il male e il peccato aprono la via della morte. Dio infatti "conosce ogni azione degli uomini. Egli non ha comandato a nessuno di essere empio e non ha dato a nessuno il permesso di peccare" (Si 15,19-20).


3. Sullo sfondo di questa verità sull'uomo, sulla libertà umana e sulla coscienza, il salmista spiega, nell'odierna liturgia, l'importanza della Legge divina: "Tu hai dato i tuoi precetti / perché siano osservati fedelmente". perciò: / "Beato l'uomo... che cammina nella legge del Signore. / Beato chi è fedele ai suoi insegnamenti / e lo cerca con tutto il cuore" (Ps 118,4 Ps 118,1-2).

La Legge divina esprime ciò che è il vero bene e perciò deve essere principio del comportamento umano. La grandezza della Legge, la sua forza obbligatoria s'uniscono alla verità sul bene. Dio ha rivelato questa verità all'uomo. L'ha anche scritta "nei cuori" umani che non conoscono la rivelazione, come ricorda san Paolo nella Lettera ai Romani (2,15).

Ogni legge umana trova qui la sorgente della sua forza morale. Essa è retta e giusta quando esprime una norma vera circa il bene che dovrebbe realizzarsi nel comportamento dell'uomo.


4. La liturgia dell'odierna domenica ci indirizza in modo particolare a Dio come Inizio e ultima Sorgente del vero bene. Dio è la prima Sorgente della Legge. Di qui la conferma della forza indistruttibile della Legge divina nelle parole di Gesù: "Non passerà dalla legge neppure un iota - o un segno - senza che tutto sia compiuto" (Mt 5,19).

E la fervente preghiera del salmista: "Siano diritte le mie vie / nel custodire i tuoi decreti... / Aprimi gli occhi perché io veda / le meraviglie della tua legge. / Indicami, Signore, la via dei tuoi precetti / e la seguiro fino alla fine. / Dammi intelligenza, perché io osservi la tua legge / e la custodisca con tutto il cuore" (Ps 118,5 Ps 118,18 Ps 118,33-34).


5. Gesù proclama il discorso della montagna. Lo proclama non soltanto ai suoi contemporanei, ma a tutte le generazioni e a tutta l'umanità. Insegna ad ammirare la Legge divina. Fa vedere come occorre rispettarla.

Rileggiamo spesso le parole che abbiamo ascoltato nell'odierna liturgia.

Rileggiamole e meditiamole. Esse sono veramente "spirito e vita". Sono "le parole di vita eterna".

Quando Gesù di Nazaret svela dinanzi ai suoi ascoltatori il profondo significato dei comandamenti: "non uccidere", "non commettere adulterio", "non spergiurare", ai nostri occhi si manifesta l'abbondanza della giustizia, che rende l'uomo maturo per il regno di Dio, per il regno dei cieli.


6. E nello stesso tempo - mediante la piena verità sul bene a cui l'uomo è chiamato dalla Legge divina - si svela più pienamente la verità sull'uomo stesso.

Vediamo chiaramente in che cosa consiste la sua maturità spirituale. La sua vera dignità. L'uomo rivelato da Cristo, mediante le parole del discorso della montagna, è un essere chiamato all'intimità, mediante la verità e il bene con Dio che è la pienezza stessa della verità e del bene. E' chiamato all'intimità con Dio durante il pellegrinaggio terrestre, e nell'eternità.


7. Questa mia visita pastorale vuole essere anch'essa un pellegrinaggio alla vostra comunità cristiana, a questa parrocchia di santa Maria della Consolazione a Tre Pini. Sono venuto infatti in mezzo a voi, cari fratelli e sorelle, non solo per venerare la Vergine santissima, ma anche per vedere e incoraggiare voi, che già avete iniziato la preparazione al prossimo Anno Mariano. Ne avete un titolo speciale, essendo questa vostra comunità sotto la protezione di Maria santissima della Consolazione.

Unitamente al card. vicario Ugo Poletti e al vescovo ausiliare mons.

Clemente Riva, porgo un affettuoso saluto al reverendissimo padre generale, al vostro parroco, il padre Angelo Legorburo, ai suoi vice-parroci, i quali in piena e fraterna collaborazione dedicano qui tutte le loro energie, fin da quando nel 1964 questa parrocchia fu fondata e affidata all'Ordine degli Agostiniani Recolletti, al quale essi appartengono. Un cordiale saluto giunga a tutti voi qui presenti e agli appartenenti ai movimenti operanti nell'ambito delle attività parrocchiali: il gruppo catechistico, che cura l'istruzione religiosa dei bambini e ragazzi; il gruppo liturgico; i "Cursillos" di cristianità; il gruppo "Buona Volontà"; quello dei donatori di sangue e del volontariato negli ospedali; il gruppo Caritas, che si avvicenda nel servizio della mensa di via delle Sette Sale; il gruppo missioni, il quale si propone di far conoscere la vita e i problemi dei territori di missione. A tutti questi gruppi esprimo la mia gratitudine e il mio incoraggiamento a ben continuare nell'attività loro assegnata, prestando il loro specifico contributo affinché la comunità parrocchiale sia sempre più viva e vitale, e sempre più cosciente della propria vocazione a seguire Gesù e a partecipare alla missione evangelizzatrice della Chiesa.


8. Ogni cristiano infatti deve sentire una sua corresponsabilità per il bene comune della comunità parrocchiale; deve sentirsi membro attivo e partecipe dei problemi del proprio quartiere. La vostra parrocchia ha avuto di recente la sua bella chiesa materiale, quale punto di riferimento e di incontro. Ma è necessario che essa diventi ora una chiesa di anime, un luogo di preghiera e di elevazione spirituale. A nulla gioverebbero le strutture materiali, se esse fossero destinate a restare vuote, fredde e senza vita. Non trascurate di frequentare la vostra chiesa: anzitutto per le celebrazioni eucaristiche, in cui si rinnova il sacrificio della morte e risurrezione del Cristo, ma anche per capire e approfondire meglio il proprio essere e agire da cristiani, il proprio essere Chiesa di Cristo, al servizio dei propri fratelli, così che tutti si sentano accolti come amici nella casa di Dio e come figli nella casa del Padre.

So che il gruppo catechistico è molto attivo: me ne compiaccio, perché la catechesi aiuta a diventare cristiani pienamente maturi. Occorre pero favorire incontri di catechesi non solo per ragazzi e per adolescenti, ma anche per giovani e per adulti. La cultura religiosa allarga la mente e il cuore per una migliore comprensione del valore della vita e delle proprie responsabilità davanti a Dio e davanti alla società. Non basta pero l'opera dei catechisti e delle catechiste, è necessario che i genitori e tutti i membri della famiglia si sentano educatori dei propri figli, anche in campo religioso.

Ai giovani, per la cui partecipazione alla liturgia e alla vita dei gruppi desidero esprimere il mio compiacimento, va la mia esortazione a sentirsi personalmente responsabili dei loro coetanei che non hanno ancora conosciuto la gioia che proviene dall'amicizia con Cristo.

O giovani carissimi, portate Cristo ai vostri amici, portate i vostri amici a Cristo! E' questo il dono, l'offerta più gradita che potete presentare a Gesù.


9. Tra poco ci accosteremo all'altare per portare le offerte per il sacrificio: è il dono eucaristico del pane e del vino in cui si manifestano i doni interiori del cuore umano. Mettete nel calice anche le vostre intenzioni e le vostre offerte con animo rinnovato e riconciliato.

Cristo dice: "Se... presenti la tua offerta sull'altare e li ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia li il tuo dono davanti all'altare e va prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono" (Mt 5,23-24).

Vogliamo adeguarci fedelmente a tali parole! Le tue parole, Signore, sono "spirito e vita".

[Ai rappresentanti delle associazioni dell'apostolato:] Vorrei congratularmi con voi per due cose visibili. Una è questa chiesa che è molto bella, molto moderna e penso che sia anche funzionale. Voglio poi congratularmi con voi anche per la celebrazione odierna, una celebrazione molto bella, molto sentita, molto partecipata e anche molto ben cantata. Menzionando all'omelia i diversi gruppi e ora incontrando le persone che li compongono ho pensato a ciò che è la "colonna" della Chiesa di Roma: san Pietro. Questo è naturale: come Vescovo di Roma vivo sempre in riferimento a lui. Lui era apostolo e apostolo vuol dire inviato di Cristo. Cristo ci ha portato tanti doni o meglio ci ha fatto scoprire i doni che sono nel creato, che sono nell'uomo, nella persona umana, dentro i nostri cuori. E di tutti questi doni ha fatto un insieme in sé: questo insieme si chiama corpo mistico. Questo corpo mistico è affidato agli apostoli, è affidato a san Pietro, ai suoi successori. così, vedendo i diversi doni che sono in voi, che voi rappresentate qui nella parrocchia, ho pensato a san Pietro. Avete scoperto nei vostri cuori, avete scoperto nella realtà del vostro battesimo, della vostra cresima tutti questi doni che provengono dal fatto di essere cristiani, di essere figli di Dio, di essere testimoni di Cristo, di essere Chiesa, corpo di Cristo.

Allora nel nome dell'apostolo Pietro vorrei ringraziarvi, perché con tutti questi doni, con tutti questi carismi, con tutti questi compiti e impegni si fa l'apostolato. Tutto ciò è inscritto nella missione di Pietro, nel suo apostolato.

Vi ringrazio, perché con la vostra attività, con tutte queste diverse forme dell'apostolato dei laici voi contribuite ad accrescere l'apostolato degli apostoli e soprattutto di Pietro, che era destinato ad essere il primo pastore di questa Chiesa di Roma.

L'anno in corso ci prepara al Sinodo sulla missione dei laici nella vita della Chiesa e io faccio ogni domenica un'esperienza di ciò su cui dovrà riflettere il Sinodo dei vescovi. Questa è una circostanza molto favorevole per me e per il card. vicario perché sarà il portavoce della Chiesa italiana e soprattutto della Chiesa di Roma. Allora vi invito a pregare per questo Sinodo, perché riesca bene nella dimensione della Chiesa universale, perché possa servire allo sviluppo ulteriore di questo grande apostolato dei laici che così si unisce alla missione degli apostoli, di Pietro, alla missione di Cristo. Perché egli è il primo inviato da Dio. Allora vi saluto nel nome di Cristo e vi auguro di continuare bene il vostro apostolato in questa parrocchia affidata alla Madre della Consolazione.

[Ai giovani:] Vi saluto con molta cordialità e vi ringrazio per la vostra presenza e partecipazione alla visita di oggi, come pure per la testimonianza della vostra generosità, espressami con il dono offertomi, e del vostro impegno cristiano espresso soprattutto dalle parole lette poco fa, dalla vostra amica, che rappresenta i giovani del post-cresima. Mi avete rivolto molte domande alle quali daro una risposta un po' sintetica. Ho detto ai bambini, che ho incontrato all'inizio di questa visita, che gioisco per il loro battesimo: a voi vorrei dire che gioisco per la vostra cresima.

Tramite essa siete stati segnati dallo Spirito Santo: naturalmente è invisibile perché Dio è spirito, ma siete stati segnati in un modo molto concreto, nella vostra personalità di giovani, nel vostro spirito umano che dalla sua stessa natura è aperto verso la verità, il bene, verso Dio. Allora con la disponibilità del nostro spirito umano dobbiamo essere confermati e irrobustiti dalla forza dello Spirito Santo. Questo ha fatto Cristo con gli apostoli nel giorno di Pentecoste e questo fa Cristo sempre con tutti i cristiani battezzati nella cresima che è il sacramento della confermazione. Tutto questo avviene per farvi cristiani maturi, consapevoli di essere tali.

Tanti sono cristiani in mezzo a voi, come ha detto la vostra amica, forse cresimati, anch'essi, e certamente battezzati, ma quasi non consapevoli di quello che sono: l'uomo invece si fa completo tramite la consapevolezza della sua dignità. Questo vale anche per i cristiani: se sono battezzati e cresimati ma non hanno consapevolezza di quello che sono diventati tramite questi sacramenti, è quasi come se non lo fossero. Dalla consapevolezza nasce infatti una maturità umana e cristiana che rende l'uomo pienamente persona.

Questa è la risposta sintetica alle vostre domande. Auguro a tutti voi di essere come battezzati e cresimati, nutriti dal corpo e sangue di Cristo, di essere consapevoli di questa dignità e di portarla davanti agli altri, chiunque siano. Questo vuol dire testimonianza. Cristo ha fatto dei suoi apostoli dei testimoni e così dovete essere anche voi: il cristiano è testimone con le sue opere prima ancora che con le parole. Questa testimonianza è l'esigenza principale di Cristo verso i suoi apostoli e verso tutti coloro che devono partecipare all'apostolato della Chiesa. Certamente incontrerete difficoltà e chiusure da parte di persone che non accettano: questo pero non importa. Si deve infatti essere sempre se stessi e vivere con la propria autenticità di cristiani senza scoraggiarsi.

Questa che vi ho dato è una risposta sintetica, ma per risposte più dettagliate e precise vorrei lasciarvi anche alle indicazioni di mons. Clemente Riva, vescovo ausiliare per questa zona di Roma, che ama molto, specialmente i giovani che vi risiedono. Con lui potrete analizzare insieme le difficoltà e trovare le soluzioni ai tanti problemi. Avete poi il vostro parroco e i suoi collaboratori: insieme dobbiamo lavorare tutti per il bene di questa parrocchia, della nostra carissima città di Roma e di tutta la Chiesa. Vi benedico in modo particolare.

1987-02-15 Data estesa: Domenica 15 Febbraio 1987




A un pellegrinaggio di Ucraini - Sala del Trono (Roma)

Titolo: Dall'America del Nord e dal Canada per esprimere fedeltà al Papa

Testo:

Saluto cordialmente mons. Michele Hrynchyshym, esarca apostolico degli ucraini in Francia e segretario generale per i festeggiamenti del millennio del Battesimo di san Vladimiro, gran principe di Kiev. Rivolgo il mio saluto anche ai qui presenti sacerdoti e a tutti i fratelli e le sorelle ucraini, che sono giunti dall'America del Nord e particolarmente dal Canada.

Sono stato lieto di apprendere che tutti voi siete di ritorno dal pellegrinaggio in Terra Santa, patria terrena di nostro Signore Gesù Cristo e della sua santissima Madre. Gioisco anche per la vostra visita a Roma, dove si trovano le tombe dei santi apostoli e martiri dei primi secoli. Siete venuti qui per esprimere la vostra fedeltà alla Santa Sede e al Papa. Invoco perciò dal Signore le copiose benedizioni per tutti voi e di tutto cuore imparto a voi, alle vostre famiglie e a tutti i vostri cari la mia benedizione apostolica.

1987-02-16 Data estesa: Lunedi 16 Febbraio 1987









Ai partecipanti a un congresso di chirurgia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: I principi etici e morali guidino la ricerca scientifica

Testo:

Egregi signori.


1. E' per me motivo di profonda gioia potermi incontrare con voi, illustri partecipanti al Congresso della Sezione Italiana dell'"International College of Surgeons", convenuti a Roma per trattare dell'evoluzione della chirurgia dai tempi di Pietro Valdoni ai giorni nostri. Con viva cordialità rivolgo a tutti il mio saluto, e in particolar modo al professor Gianfranco Fegiz, direttore della Prima Clinica Chirurgica Generale dell'Università "La Sapienza" di Roma e presidente del vostro congresso. Con lui desidero poi salutare i promotori dell'importante manifestazione scientifica, i relatori, i rispettivi familiari e tutte le persone che sono convenute a questa speciale udienza.

Voi avete voluto, con questo incontro romano, celebrare la memoria di un illustre caposcuola della vostra disciplina, che per molti di voi è stato sapiente e beneamato maestro, il professor Pietro Valdoni. E' giusto ricordare con doverosa e affettuosa riconoscenza la testimonianza offerta da tale insigne studioso e ricercatore, universalmente apprezzato per il contributo recato nell'arte chirurgica e nell'impulso e nello sviluppo dato nel campo dell'anestesia e della rianimazione. Giustamente voi avete voluto prendere la sua opera come punto di riferimento per considerare gli ulteriori sviluppi maturati nella vostra disciplina fino ai giorni nostri. Voi volete ricordare altresi la profonda umanità che lo ha distinto, portandolo a dedicarsi con uguale premura alla cura delle persone note come di quelle umili e sconosciute.


2. La vostra presenza mi induce a riflettere sui problemi della vostra professione, non certo per entrare nei loro aspetti tecnici, ma perché voi stessi - e la vostra presenza qui lo attesta - siete convinti che, accanto ai problemi di ordine tecnico e pratico, sussistono istanze di ordine umano, spirituale e morale, di non minore importanza, con le quali la vostra attività deve quotidianamente misurarsi. Nell'esercizio della vostra professione infatti voi avete sempre a che fare con la persona umana, che consegna nelle vostre mani il suo corpo fidando nella vostra competenza oltre che nella vostra sollecitudine e premura. E' la misteriosa e grande realtà della vita di un essere umano, con la sua sofferenza e con la sua speranza, quella che voi trattate. Voi ne siete consapevoli, e conoscete bene quale responsabilità grava su di voi in ogni momento.

Desidero manifestarvi, proprio per questo, tutta l'ammirazione che provo per una professione così difficile, delicata, eppure provvidenziale qual è la vostra, mentre mi compiaccio con voi per i progressi che la vostra arte va continuamente facendo a servizio di tutti. A questi grandi passi compiuti dalla vostra scienza, ampiamente attestati dal congresso che state celebrando, guardano con attesa e speranza tante persone insidiate dalle più diverse forme di malattia.

E' proprio questo servizio all'uomo che deve dare incitamento e significato a tutte le vostre ricerche e sperimentazioni: il bene dell'uomo, costantemente e assiduamente cercato, è la fondamentale motivazione che deve guidarvi nel vostro impegno. Nell'esaltante constatazione degli arditi progressi compiuti, sempre più chiara appare la finalità intrinseca della vostra missione: l'affermazione del diritto dell'uomo alla sua vita e alla sua dignità.


3. Alla luce di questa prospettiva, acquista maggiore chiarezza l'impegno morale insito nella vostra professione. Ad esso diede felice espressione il mio predecessore Paolo VI quando affermo che la vostra opera, poiché attinge ai valori dello spirito, può trasformarsi in un atto religioso (cfr. "Insegnamenti di Paolo VI", I [1963] 141). La crescente capacità di controllo sul corpo, sui suoi organi e, in definitiva, sulla vita degli uomini affidati alle vostre mani, vi consente di apprezzare sempre più il significato di quei fili essenziali che legano ogni creatura umana a Dio, autore della vita. E' in questa luce che dovete costantemente muovervi, preoccupandovi di far si che la vostra opera si esprima sempre entro i limiti del rispetto della vita creata da Dio, tutelando il diritto della persona a esprimersi in modo degno di un essere umano. La norma a cui deve ispirarsi ogni vostra decisione è il maggior interesse della persona, considerata nella sua globalità. C'è un'impronta particolare di Dio in ogni infermo che voi incontrate, e voi siete chiamati ad agire in modo che essa non sia mai mortificata, oscurata, oltraggiata. Il dominio sulla natura, sempre più chiaramente acquisito dalla vostra scienza, vi consente di intervenire con sicurezza ed efficacia sempre maggiori, evitando di mettere a repentaglio la vita e l'integrità di chi si affida a voi, e anzi operando perché meglio si affermi la trascendente dignità dell'uomo, creatura di Dio, figlio di Dio, amato da Dio.

Voi sarete sommamente attenti, perciò, alle norme etiche che emergono dalla considerazione religiosa dell'uomo. Sia questo il vostro impegno, questa la vostra testimonianza, soprattutto quando siete chiamati a intervenire in circostanze complesse, impreviste, rischiose. Le singole persone e l'intera comunità trarranno un vero vantaggio dalla vostra professione, se i vostri metodi di indagine e di prova vorranno sempre garantire i valori più alti, ai quali la scienza deve subordinare il suo servizio.

Desidero, a questo proposito, ribadire quanto ho già affermato, in analoga circostanza, circa il discusso argomento della sperimentazione: "La norma etica, fondata sul rispetto della dignità della persona, deve illuminare e disciplinare tanto la fase della ricerca quanto quella dell'applicazione dei risultati in essa raggiunti". Una ricerca scientifica preoccupata più di se stessa che dell'uomo a cui dovrebbe servire, non rispetta il criterio morale fondamentale che vi deve guidare. Voi sapete bene che ogni ricerca deve essere condotta e applicata tenendo conto di tutte le cautele necessarie a garantire, per quanto possibile, la salvaguardia della vita insieme con i beni fondamentali della persona. Vi chiedo di dare in questo campo valida testimonianza di equità e di carità.


4. Consentitemi, infine, ancora un pensiero sulla qualità del rapporto tra voi e i vostri pazienti. E' un aspetto importantissimo della vostra professione. E' infatti ben nota l'incidenza che in un trattamento clinico ha la volontà del paziente di migliorare e di guarire, e l'esperienza insegna in quale misura tale volontà trovi il suo sostegno nel dialogo che il medico riesce a instaurare con i suoi malati. Ora voi conoscete meglio di chiunque altro il rischio a cui è esposto ogni trattamento clinico, il rischio cioè che la tecnica si sostituisca al buon rapporto di dialogo tra malato e medico, con conseguenze a volte anche pesantemente negative sull'andamento della terapia. Il rischio, cioè, che si possa addivenire a una medicina disumanizzata. Ogni cura comporta, infatti, di per sé una reciprocità e richiede rapporti autenticamente umani. Da una parte l'atto con cui il malato si affida a voi contiene in se stesso più o meno esplicitamente il riconoscimento della vostra competenza e perizia, l'assenso alla vostra opera, la fiducia nella vostra discrezione e responsabilità. Dall'altra, voi stessi avete bisogno di capire il malato in tutto il suo vissuto per offrirgli un'assistenza personalizzata. Occorre, dunque, che s'instauri un legame tra la sfera psico-affettiva del sofferente e il vostro mondo interiore di uomini, prima ancora che di professionisti. Il rapporto malato-medico deve, perciò, diventare sempre di più "un autentico incontro tra due uomini liberi... tra una "fiducia" e una "coscienza"" (cfr. "", III 2 [1980] 1010). I traguardi da raggiungere in questo campo vi potranno essere suggeriti proprio dalla giustizia e carità cristiane, ispirate al modello di Cristo, medico dei corpi oltre che delle anime. E' la carità che conduce all'amicizia, alla condivisione, alla vicinanza interiore con le ansie, i timori, le speranze del sofferente. Essa, la carità, renderà sempre più sensibile il vostro cuore ai valori personali del degente. Cercate, a tale proposito, di togliere, per quanto dipende da voi, qualsiasi ostacolo a una premurosa umanizzazione dei rapporti tra pazienti e curanti, sviluppando, attorno a voi, quel vivo senso dell'uomo che nasce dal modello della carità evangelica. Vi invito cordialmente a nobilitare sempre più, anzi, a sublimare il vostro spirito di umanità, così da dare ai vostri incontri con ogni sofferente il valore grande di un atto che è anche sacro. E' Cristo che vi dice: "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 24,40).


5. Con queste riflessioni, confidando nelle nobili intenzioni che vi hanno condotto a questo incontro e soprattutto dando atto alle valide motivazioni umanitarie che quotidianamente ispirano il vostro lavoro, porgo a tutti voi il mio sincero augurio per un valido progresso delle vostre ricerche, a vantaggio di tutta l'umanità e di ogni singolo uomo.

Cristo, che soffre nella carne di ogni paziente, coroni i vostri sforzi e le vostre ricerche con il successo che desiderate e meritate. Con queste intenzioni di cuore imparto a tutti voi la mia benedizione apostolica.

1987-02-19 Data estesa: Giovedi 19 Febbraio 1987




Ai dirigenti e giocatori del "Futbol Club Barcelona" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Coltivare i valori dello spirito per essere messaggeri di fraternità

Testo:

Cari fratelli e sorelle.


1. Desidero esprimere il mio ringraziamento al signor presidente per le sue cortesi parole, a cui rispondo cordialmente con un affettuoso saluto, anche per i membri della sua famiglia, come per gli altri dirigenti, tecnici, giocatori, soci e amici di questo gran club sportivo che, con le sue undici sezioni, compongono la grande famiglia del Barça.

Sono molto contento di questo incontro. Mi offre una buona occasione per riconfermare la mia gratitudine alla direzione di questo club già quasi centenario, che rendendo onore alla sua tradizionale generosità, mise a disposizione il bel "Nou Camp" per la celebrazione eucaristica, in quella memorabile giornata della mia permanenza in terra catalana, durante la mia visita apostolica.


2. D'altra parte non voglio nascondervi la mia ammirazione per la carriera sportiva, tesoro del vostro club, che ha dato continue prove di alto livello in varie discipline dello sport attivo. A celebrare ed estendere nella stima comune la predilezione per i vostri colori, contribuisce senza dubbio questa convinzione intima per cui il Futbol Club Barcelona non è una istituzione ferma al passato, ma che vibra e si ringiovanisce continuamente in sintonia con l'entusiasmo delle nuove generazioni. Il Barça - lo dite con sano e legittimo orgoglio - è qualcosa "più di un Club". E in questa specie di motto che vuole riassumere le vostre migliori speranze, si scopre anche la volontà non solo di conseguire nuovi trionfi sportivi, ma anche di migliorare la qualità umana di quanti vi stanno intorno, di orientamento genuinamente cristiano, che vi incoraggia a rendere nobile in tutto la vostra esistenza, coltivando i valori dello spirito. Sapete bene che questi ultimi non sono in disaccordo con il mondo dello sport, ma al contrario esigono anche una continua ascesi e il dominio delle proprie inclinazioni. Magari la fama, il successo, o la sconfitta non fossero mai motivi di retrocessione nella crescita e formazione personale, nel campo della virtù, o nelle esigenze della propria fede. Riguardo a ciò è degna di encomio l'importanza che il club concede alla formazione integrale dei suoi membri, in particolare dei più giovani, procurando loro assistenza religiosa e attenzione spirituale, secondo un'attenta armonia con gli orientamenti della Chiesa e del pastore diocesano.


3. Che il vostro comportamento, soprattutto se corrisponde a uomini di fede cristiana, faccia sempre intravedere uno stile di vita che vi renda ambasciatori di Cristo, suoi messaggeri per la pace e la fraternità. A ciò vi spinga anche il fatto che rappresentate Barcellona, designata città olimpica per il 1992. Che la preparazione del grande avvenimento e la sua felice celebrazione siano, davvero, un forte momento di comunicazione e fratellanza fra i popoli, senza dimenticare che il supremo valore della persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio, è il motivo ispiratore di tutti le opere e le competizioni.

Che la Madre di Dio della Mercè, patrona di Barcellona e santa Maria di Montserrat, a cui tradizionalmente offrite i vostri trofei, vi incoraggi a non perdervi d'animo e a procedere nel cammino della nobiltà e della virtù.

Vi chiedo di essere tramite del mio cordiale ricordo alle vostre famiglie e amici, ai giocatori e al personale ausiliare che non ha potuto venire, a tutta la città di Barcellona e in special modo alla comunità cristiana tanto diligentemente retta dal nostro venerabile fratello nell'episcopato, l'Em.mo signor card. Narciso Jubany.

Vi sostenga la benedizione apostolica che di cuore imparto a voi, ai vostri cari e a tutti gli sportivi spagnoli.

1987-02-19 Data estesa: Giovedi 19 Febbraio 1987




A vescovi della Costa d'Avorio in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Proseguire l'evangelizzazione, approfondire la fede e rinnovare il tessuto sociale

Testo:

Cari fratelli nell'episcopato.


1. Il ministero che esercitate come pastori della Chiesa in Costa d'Avorio è in continua unione con il successore di Pietro. Lo testimonia spesso, e l'avete appena espresso attraverso il vostro presidente, il caro card. Bernard Yago. La vostra visita "ad limina" rappresenta un tempo forte di questa comunione nella fede apostolica, portata a Roma dagli apostoli Pietro e Paolo e vissuta di secolo in secolo dalla Chiesa che essi hanno fondato qui; essa concretizza i legami e gli scambi con la Santa Sede in ciò che concerne la vita della vostra Chiesa. Siete i benvenuti in questa casa! Volete incominciare con il rendere grazie a Dio per tutto ciò che ha realizzato nel vostro paese? Tra otto anni sarà il centenario dell'arrivo dei primi missionari della Società delle Missioni Africane. Ed ecco che, in meno di un secolo, la Chiesa si è solidamente impiantata con le sue strutture essenziali, con dei pastori della Costa d'Avorio. Essa si prepara, come la nuova Cattedrale di Abidjan, che ho avuto la gioia di consacrare, ad affrontare l'avvenire. Essa ha un ruolo importante nella nazione, a fianco degli altri gruppi di religione musulmana o tradizionale. Lo Spirito Santo ha segnato le anime e i costumi di molti dei vostri compatrioti, e il cristianesimo fa ormai parte del tessuto culturale degli Ivoriani.

E voi benedite anche il Signore per aver permesso al vostro paese di vivere il periodo di accesso all'indipendenza nazionale in condizioni di pace, di tolleranza, di prosperità, in armonia con la cultura ancestrale e nell'apertura alle necessità moderne di unità e di progresso economico.


2. Prego lo Spirito Santo di darvi costantemente la sua luce e la sua forza nell'esercizio della vostra responsabilità pastorale. Come vi è stato detto nel momento della vostra ordinazione episcopale, siete responsabili dell'annuncio della parola di Dio in tutta la regione che vi è stata affidata; responsabili della celebrazione della liturgia, della formazione alla preghiera e della preparazione ai sacramenti in modo che essi siano conferiti al popolo cristiano; responsabili ancora dell'unità organica della diocesi, delle sue istanze di sostegno, di formazione e di apostolato. Avete ricevuto per questo l'autorità di pastore; secondo il Vangelo tale autorità è legata, alla disponibilità del servitore che dona la sua vita, il suo tempo le sue forze e il suo cuore per le sue pecore; ed è rafforzata dell'esempio che offrite loro per trascinarli nella santità di vita, mostrandovi, come dice san Paolo "i modelli del gregge, forma gregis ex animo".

Questo compito esige evidentemente una presenza il più possibile frequente alle comunità disperse nelle vostre diocesi, e un'attenzione paterna alle loro condizioni di vita umane e religiose. I vostri preti hanno particolarmente bisogno di essere visitati o ricevuti, ascoltati, orientati, incoraggiati, loro che portano nella città o nella savana il peso della fatica quotidiana.


3. Con loro, avete un compito immenso da compiere, in cooperazione con lo Spirito Santo che opera nei vostri cuori. Se l'albero della vostra Chiesa deve piantare le sue radici più in profondità, deve anche estendere i suoi rami per portare frutti più abbondanti. Parlo qui dell'evangelizzazione da proseguire. In alcune diocesi essa sembra aver meno progredito. Più della metà degli Ivoriani non ha ancora conosciuto né ricevuto veramente la prima evangelizzazione. So che gli ostacoli sono complessi, che l'accoglienza e la germinazione sfuggono al nostro potere poiché ciò dipende dalla libertà delle persone e dalla grazia. Almeno l'annuncio missionario deve conservare la priorità, e quelli che hanno la grazia di essere cristiani sanno che devono preoccuparsi di parteciparvi.

Al tempo stesso è importante approfondire la fede dei catecumeni e dei battezzati per tutti i mezzi di cui potete disporre: catechesi dei giovani e degli adulti, liturgia; riunioni, movimenti, con l'inculturazione che si impone. Senza questa formazione in profondità, la fede e la pratica religiosa resterebbero superficiali e fragili, l'assorbimento cristiano dei costumi ancestrali non potrebbe realizzarsi, gli spiriti sarebbero sbattuti al vento di ogni dottrina, i gruppi settari attirerebbero i fedeli distogliendoli dalla Chiesa, il dialogo rispettoso con le altre religioni sarebbe seminato di insidie e di rischi.

Soprattutto i battezzati non saprebbero resistere all'indifferenza religiosa, al materialismo e al neopaganesimo che alcune mentalità moderne trascinano con loro, in particolare nelle società di consumo che nascono anche da voi.

Una fede profonda impegnata non cesserà di cercare di rinnovare il comportamento delle persone nella vita professionale e sociale, e anche il tessuto della società. I cristiani portano il loro contributo per combattere le ingiustizie, elevare il livello di vita delle persone o dei gruppi svantaggiati, educare all'onestà, al disinteresse, alla pace, alla tolleranza, alla carità, alla rettitudine dei costumi. Si tratta di un'opera etica di primaria importanza, che corrisponde al bene della patria. Come pastori dovete ispirarla e sostenerla, conservando sempre la vostra libertà che è quella della Chiesa nel suo ruolo profetico, mantenendo bene la distinzione tra questo ruolo pastorale e la mira dei programmi e dei poteri politici.

Tutta l'opera di cui abbiamo parlato dipende dal numero e dalla qualità degli operatori apostolici che collaborano con voi, preti, religiosi e religiose, catechisti e altri laici.


4. Per quanto riguarda il clero, numerose iniziative sono state l'occasione per stimolarvi a una revisione della vita che mirasse a una sua qualifica e a un rinnovamento spirituale: giubileo d'oro dell'ordinazione del primo sacerdote ivoriano, René Kouassi; venticinquesimo anniversario del grande seminario di Anyama; e tredicesimo congresso annuale del clero ivoriano, seguito dalla vostra lettera pastorale. Vi incoraggio vivamente a favorire la formazione permanente e l'aggiornamento teologico e pastorale dei vostri preti, e anche una ripresa spirituale regolare. Ne va del loro dinamismo apostolico nell'evangelizzazione da proseguire, della loro attitudine ad affrontare problemi complessi, e della santità del loro ministero. Soprattutto è fondamentale preparare bene i futuri sacerdoti. So che molti di voi hanno a cuore il miglioramento della formazione teologica e spirituale nei seminari. E' spesso il tema dei lavori della vostra conferenza episcopale e di quella dei superiori maggiori pronti a portarvi la loro collaborazione. Poiché la posta è molto alta, vi esorto a consacrare a questa formazione i migliori dei vostri preti, a vegliare che i direttori spirituali che animeranno i seminari siano dovutamente preparati.


5. Contemporaneamente, vedete la necessità di sviluppare la pastorale delle vocazioni sacerdotali e religiose, di dare ad essa un nuovo impulso e un nuovo coordinamento a livello diocesano e nazionale. Ciò presuppone una riflessione ecclesiale sul ruolo del sacerdozio che riguarda tutti i membri della Chiesa, ivi compresi i laici, i padri e le madri di famiglia, i giovani.

Una simile presa di coscienza meriterebbe d'essere approfondita ed estesa a ciò che concerne la vita consacrata nelle congregazioni religiose o negli istituti secolari. Forse il popolo cristiano e i candidati, hanno percepito negli istituti religiosi l'aiuto che essi portano all'apostolato e alla promozione umana, senza scoprire sufficientemente il valore intrinseco e la bellezza senza pari di una consacrazione totale a Dio, al seguito di Cristo, al quale la vita religiosa unisce come allo Sposo divino? E' superfluo ridire che questa testimonianza gioverebbe a tutta la Chiesa e la trascinerebbe specialmente verso la santità, nella messa in pratica delle beatitudini. Non si può fare economia di una formazione di base esigente per gli aspiranti alla vita religiosa, secondo una spiritualità specifica.

Non dubito che le istanze di accordo dei religiosi e delle religiose, così come sono state rinnovate, contribuiscano ad affrontare, con voi questa richiesta.


6. In quest'anno del Sinodo dei vescovi sul laicato, come non sottolineare l'apporto dei vostri laici all'evangelizzazione e nel sostegno delle comunità cristiane? Già da lungo tempo i diversi settori dell'Azione Cattolica si dedicano nelle vostre diocesi a una attività lodevole, i cui frutti dipendono anche dalla formazione dei suoi membri e del loro accompagnamento da parte di assistenti ecclesiastici ben preparati. Altre associazioni più recenti, meno legate alle strutture della parrocchia ma che offrono un dinamismo nuovo e un impatto ben adatto ad alcune sensibilità e a certi bisogni, potranno senza dubbio apportare un felice contributo al rinnovamento spirituale dei fedeli, a condizione che essi accettino il ruolo di discernimento e di coordinazione che spetta ai pastori.

Da voi, come in molti paesi africani, i catechisti hanno certamente un grande ruolo, per la formazione dei catecumeni come per l'animazione degli incontri di preghiera e l'accompagnamento della vita cristiana in molte delle piccole comunità dove il prete spesso non può essere presente. La loro devozione generosa e disinteressata di credenti è grande e meritoria; essi hanno sicuramente bisogno di una formazione profonda e di un sostegno particolare per affrontare la loro responsabilità di testimoni della fede davanti all'evoluzione culturale dei loro fratelli e sorelle, e per attirarli con l'esempio limpido della loro vita.

L'avvenire religioso dipende in gran parte dal modo con cui i giovani, che costituiscono da voi una massa impressionante, potranno acquisire delle convinzioni di fede, viverle in un ambiente che non offre più loro gli orientamenti etici e il sostegno dei quadri di un tempo, e di integrarsi con fiducia nelle comunità ecclesiali. E' un campo immenso quello dei bambini, degli adolescenti, e soprattutto degli studenti fronteggiato da ogni tipo di corrente e di questioni nuove. Non avete mancato di prendere delle iniziative generali, come la vostra lettera pastorale sull'educazione e, più recentemente, la vostra lettera ai giovani. Vi incoraggio anche negli sforzi che mirano a ottenere per tutti i giovani cristiani la possibilità di un insegnamento religioso solido e di un'azione cristiana a loro misura.


7. L'evangelizzazione e la vita cristiana, la diffusione delle vocazioni, sono tributarie della costituzione di famiglie autenticamente cristiane, che accettano il modello, le esigenze e la grazia del matrimonio cristiano. So che le difficoltà non mancano a causa dei limiti di alcuni costumi antichi, in seguito anche alla destabilizzazione delle famiglie messe a dura prova dalla società moderna, centrate sul piacere e l'individualismo. Si risolverà la crisi con una pastorale familiare dinamica, ben motivata, appoggiandosi su delle associazioni familiari coordinate dal piano diocesano e nazionale. Il "Direttivo di pastorale familiare" che avete pubblicato nel 1984 risponde in modo adeguato a questo bisogno. Mi auguro con voi che trovi ora un'applicazione concreta ed efficace.


8. Non ignoro gli altri settori nei quali siete chiamati a sviluppare un'azione pastorale, tra l'altro il sostegno dei poveri, dei sofferenti, degli emarginati, anche tra gli emigrati, i rapporti delicati con l'Islam, l'atteggiamento da adottare di fronte al pullulare di sette, lo sviluppo dei media.

I punti che abbiamo sottolineato rappresentano già una somma che impone sforzi difficili, e si vedono forze apostoliche limitate a vostra disposizione, anche facendo appello ai preti e ai religiosi di altri paesi che spero si mostrino generosi. Sono sicuro che queste sfide possono essere raccolte grazie alla fede e alla determinazione che vi animano, grazie alla solidarietà e allo spirito di unità che avrete a cuore di rafforzare, grazie allo Spirito Santo che non rifiuta mai il suo aiuto a quelli che pregano e cercano la volontà di Dio. Si, la Chiesa in Costa d'Avorio ha la possibilità e il dovere di essere fermento e luce per tutti i vostri compatrioti. Che la Vergine Maria alla quale avete appena dedicato una chiesa ad Abidjan, interceda per voi! Che Dio vi doni la sua pace e la sua forza. Sono vicino a voi che mi avete dato due volte l'occasione di visitare il vostro paese. A voi, cari fratelli nell'episcopato, a tutti quelli che collaborano con voi, preti, religiosi e religiose, battezzati, catecumeni, dono di cuore la mia benedizione apostolica.

1987-02-20 Data estesa: Venerdi 20 Febbraio 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Visita pastorale nella parrocchia di santa Maria della Consolazione - Roma