GPII 1987 Insegnamenti - Alla Federazione Mondiale dei Sordi - Città del Vaticano (Roma)

Alla Federazione Mondiale dei Sordi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Aprirsi all'accoglienza dei non-udenti per favorire la loro piena integrazione

Testo:

Illustri signori e signore, cari fratelli e sorelle! 1. Nel rivolgervi il mio cordiale saluto, ringrazio innanzitutto il segretario generale, prof. Cesare Magarotto, per il nobile indirizzo con cui ha interpretato i comuni sentimenti. Desidero esprimere il mio vivo compiacimento per questo incontro con voi, che con generosità e competenza vi prendete cura di un grave problema che è di ostacolo alla piena integrazione di tanti nostri fratelli nella comunità degli uomini: il problema della sordità, nelle sue varie forme, più o meno gravi. A ciascuno di voi il mio plauso per l'attività che svolge e per gli alti ideali che la guidano, ideali così strettamente legati agli imperativi più profondi e più urgenti della coscienza morale non solo umana, ma anche e soprattutto cristiana.

Il Vangelo annovera la guarigione della sordità tra le opere miracolose tra, i "segni" operati da nostro Signore a testimonianza della sua missione messianica e dell'avvicinarsi del regno di Dio (cfr. Mt 1,5 Mc 7,37 Lc 7,22). Il messaggio evangelico, mentre costituisce uno stimolo sempre vivo per i sani a occuparsi di coloro che sono colpiti dalla sordità, è per questi un costante annuncio di speranza nella prospettiva della salvezza escatologica, proclamata da Isaia con le note parole: "Si schiuderanno gli orecchi dei sordi" (Is 35,5).


2. Intanto è motivo di gioia poter rilevare i continui progressi compiuti dalla medicina in questo settore tanto importante. Questo stesso vostro convegno apre nuovi orizzonti in materia; in esso infatti sono state presentate nuove prospettive tecnico-scientifiche per quanto concerne l'educazione, la comunicazione, il lavoro e l'inserimento sociale dei sordi prelinguali.

E del resto, in questi ultimi tempi, sono stati raggiunti traguardi particolarmente importanti nella profilassi dell'organo dell'udito, nella diagnosi precoce e nelle tecniche chirurgiche.

Resta certamente ancora da fare, soprattutto nel settore della prevenzione e degli specifici metodi scolastici che consentano ai bambini sordi di arrivare a vivere, per quanto possibile, su di un piede di parità con gli altri nella ricerca del lavoro e dell'integrazione sociale, evitando l'isolamento e l'emarginazione.


3. Il vostro convegno si propone di colmare le lacune e di migliorare il vostro impegno. In questo campo certamente non si fa mai abbastanza. E in esso i cristiani si sentono particolarmente interpellati. L'interesse premuroso e fattivo per i fratelli non-udenti va considerato infatti come uno degli aspetti non ultimi di quella "scelta preferenziale per i poveri" che è così caratteristica della missione evangelica e che nel nostro tempo i credenti più sensibili alla loro responsabilità nei confronti del mondo avvertono con particolare urgenza.

E' per me inoltre motivo di speciale compiacimento constatare che la carità fraterna nei confronti dei non-udenti ha dato origine a un'interessante forma di collaborazione, in nome di Cristo, tra cristiani di diverse confessioni.

Questa è indubbiamente un'attività ecumenica di grande valore.

Nel mondo cristiano occorre tuttavia fare di più in questo campo della carità. I credenti, in forza della loro fede, devono sentirsi particolarmente impegnati in questo servizio nobilissimo alla dignità della persona umana. Essi devono comprendere ancor meglio che questo interesse, come del resto le cure prodigate a simili menomazioni dell'uomo, sono indissolubilmente legate a quella testimonianza a favore della salvezza e della redenzione dell'uomo, nella quale ogni discepolo di Cristo deve sentirsi coinvolto.

A tal proposito, dobbiamo augurarci che nella Chiesa aumentino le persone che si dedicano in modo speciale a questo servizio di carità, siano essi laici, religiosi o sacerdoti. Possano essere sempre più numerosi coloro che sentono questo interesse come una vera e propria vocazione divina, un appello urgente della volontà di Dio! In tal modo si rafforzerebbe quella rete umana di mediazione tra il mondo dei non-udenti e la più vasta compagine della società, per cui quest'ultima, così spesso indifferente o emarginante, potrebbe invece, nelle sue strutture e nelle sue leggi, aprirsi maggiormente ad accogliere la presenza e il contributo di tali persone, consentendo loro la piena realizzazione delle loro specifiche qualità umane, sociali, culturali e spirituali.


4. Con tali auspici e sentimenti, formulo pure voti che la vostra conferenza possa essere ricca di risultati e stimolante per l'intera società, mentre, esprimendo tutta la mia stima e solidarietà, vi benedico di cuore tutti, insieme con i vostri collaboratori, familiari e quanti prestano alla vostra associazione il contributo della loro competenza e della loro generosità.


1987-02-21 Data estesa: Sabato 21 Febbraio 1987




Ai rappresentanti della FOCSIV - Sala del Concistoro (Roma)

Titolo: Volontariato senza frontiere al servizio della missione

Testo:

Signor presidente, cari fratelli e sorelle.


1. Sono lieto di ricevervi, nell'occasione di questo vostro incontro nazionale, quali rappresentanti della Federazione Organismi Cristiani di Servizio Volontario Internazionale. Voi siete convenuti a Roma per fare il punto sulla situazione dei vostri movimenti, individuare le cause da cui discendono i risultati positivi o meno della vostra azione individuale e associata, rilanciare nel prossimo futuro programmi concreti di collaborazione all'interno degli stessi organismi e dell'insieme di questi con i paesi emergenti, dove così generosamente e volenterosamente operate, senza mancare di approfondire sempre meglio la natura del vostro servizio.

In questo incontro odierno desidero richiamare la vostra attenzione su alcuni aspetti particolarmente rilevanti nell'attuale momento della Chiesa e del mondo.


2. Innanzitutto sulla qualifica cristiana da voi esplicitamente accolta nella sigla della federazione, e che deve essere considerata da voi come linea costante di orientamento e fonte luminosa d'ispirazione.

Le vostre iniziative di collaborazione a favore delle popolazioni del Terzo Mondo intendono perseguire uno sviluppo che non si fermi all'aspetto di natura economica o sociale. Attraverso la concretezza delle vostre prestazioni, voi intendete far comprendere che Dio e l'uomo non sono termini antitetici, che l'uomo non può raggiungere la pienezza del suo sviluppo umano senza aprirsi alla verità di Dio, e che l'impulso che vi muove è la profonda convinzione che Cristo è la vita dell'uomo.

Nel trasmettere tale messaggio voi ricordate agli uomini le verità intorno alla loro condizione e alla loro vocazione. E così la vostra attività di cristiani laici, inserita nel tessuto della più grande attività della Chiesa, diventa missionaria, così come eminentemente missionaria è ormai ogni azione della Chiesa. E così voi, pur trattando le cose dell'ordine temporale, le ordinate a Dio, illuminandole con la chiarezza della sua luce. In maniera che il vostro servizio risulti a lode del Creatore e Redentore e nello stesso tempo a beneficio dell'uomo.


3. Cari fratelli e sorelle, col vostro si generoso, voi avete dato adesione a un tipo di vocazione che v'impegna a offrire alcuni anni della vostra vita allo sviluppo delle popolazioni dell'Africa, dell'Asia, dell'America Latina, nel nome del Padre celeste che ha reso fratelli gli uomini di tutti i continenti.

La Chiesa, impegnata dal suo divin fondatore a fare delle varie società umane una sola famiglia in Dio, conta molto, soprattutto oggi, sulla collaborazione del volontariato laico, senza di cui il cammino dell'evangelizzazione diventerebbe troppo lungo, e più difficoltoso l'obiettivo della promozione umana. La vostra attività di servizio internazionale rappresenta una formula valida a portare notevoli contributi alla missione della Chiesa, che, per la sua universalità, non è legata ad alcun tipo di civiltà umana, ma tutte le eleva e porta alla loro pienezza.

Con l'auspicio che il vostro servizio diventi sempre più fecondo e vasto, imparto di cuore una speciale benedizione a voi qui presenti, a tutti i volontari cristiani che stanno operando nel Terzo Mondo e a quanti si dispongono a raggiungerli.

1987-02-21 Data estesa: Sabato 21 Febbraio 1987




Recita dell'Angelus - Piazza san Pietro (Roma)

Titolo: Chi sono i laici? La risposta del Concilio

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle.

Oggi, la giornata del 22 febbraio, festa della Cattedra di san Pietro, continuiamo le nostre riflessioni nella prospettiva del Sinodo dei vescovi dedicato alla missione dei laici nella Chiesa e nel mondo.


1. Nell'itinerario che stiamo compiendo in questa preparazione, è naturale, oltre che necessario, ritornare alle pagine del Concilio. In quei preziosi documenti sono disseminati molti elementi che, accostati l'uno all'altro, compongono una realtà pluriforme, dalla quale l'immagine tipica del laicato cattolico appare nella ricchezza dei suoi contorni.

Ma non si tratta, per così dire, di un'esposizione statica. E' qualcosa di vivo; ha in sé la limpida vitalità delle fonti d'acqua zampillante. Fonti singolari, che rimandano a Cristo, il divino artefice della Chiesa, e, attraverso Cristo, alla sorgente primordiale, che è Dio.


2. Chi sono i laici? Nel rispondere il Concilio non intende alludere semplicemente a chi non è sacerdote o religioso e religiosa, quasi per ribadire, in forma negativa, che i laici sono coloro che non appartengono a queste categorie. No. Il Concilio apre una visione nettamente positiva. Si colloca dal punto di vista del "disegno" di Dio contenuto nella rivelazione. E risponde che i laici, insieme con la gerarchia, il clero e i religiosi sono il "popolo di Dio".

La costituzione dogmatica "Lumen Gentium", testo fondamentale, dopo aver scandagliato il "mistero della Chiesa" dalla sua origine trinitaria alla sua realtà di "corpo di Cristo" nelle sue dimensioni spirituale e visibile, tratta ampiamente del "popolo di Dio". E' la Chiesa, questo popolo. Un popolo unito e ordinato. Non una massa informe, un agglomerato di individui incamminati verso diversi destini. Un vero popolo. Cioè una accolta di cristiani e di cristiane, che riconoscono una comune origine della medesima paternità divina, un comune cammino sull'unica strada che è Cristo redentore, una comune meta nell'incontro definitivo e beatificante con Dio.


3. I laici sono a tutti gli effetti membri di questo popolo privilegiato, che "costituisce per tutta l'umanità un germe validissimo di unità... è da Cristo assunto per essere strumento della redenzione di tutti e, quale luce del mondo e sale della terra, è inviato a tutto il mondo" (LG 9). In esso "nessuna ineguaglianza... per riguardo alla stirpe o nazione, alla condizione sociale o al sesso...; comune è la dignità dei membri, comune la grazia dei figli, comune la vocazione alla perfezione". Come in ogni organismo vivo, nel "popolo di Dio" c'è - non potrebbe non esservi - diversità di compiti. Tuttavia "vige una vera uguaglianza riguardo alla dignità e all'azione comune a tutti" (LG 32).


4. "Egli è il nostro Dio / e noi il popolo del suo pascolo" (Ps 94,7).

La Vergine Maria, aiuto dei cristiani, faccia si che tutti, e, in questo periodo di preparazione al Sinodo dei vescovi, specialmente i laici, approfondiscano la consapevolezza della loro vocazione, per essere partecipi a pieno titolo della missione del popolo di Dio.

[Omissis. Seguono i saluti ai professori e agli alunni del Liceo Classico Turriziani di Frosinone.]

1987-02-22 Data estesa: Domenica 22 Febbraio 1987




Visita pastorale alla parrocchia di santa Chiara a Vigna Clara-Due Pini - Roma

Titolo: Le ricchezze e la cultura per servire l'uomo, non per asservirlo

Testo:

[Ai bambini:] Voglio salutare questa parrocchia di santa Chiara nella sua fascia più giovane e più promettente. Vi ringrazio di tutto e dei vostri palloncini che dicono a tutti noi che dobbiamo innalzare i nostri cuori verso Dio, perché questi palloncini vanno verso il cielo. Dalle vostre relazioni si comprende quello che fa la parrocchia per i più giovani e la mia gioia è grande perché voi siete molto vicini a Gesù. Fin dall'inizio è stato così: i bambini sono sempre stati vicini a Gesù Cristo. Lui ha sempre domandato agli apostoli di non ostacolare i bambini che venivano presso di lui e li abbracciava, li accarezzava: erano vicini alla sua persona e al suo cuore. E questo rimane nella Chiesa, questo rimane nella parrocchia. così voi avete una vostra giovanile esperienza di Gesù: questa viene tramite i sacramenti, soprattutto nella preparazione alla santissima Eucaristia, alla prima comunione, dopo verrà anche tramite la preparazione alla cresima. Ci vuole una reciprocità: Gesù vuole ricevere i bambini, vuole averli vicini; così i bambini devono desiderare lo stesso, da parte loro; devono ricevere Gesù, averlo vicino, averlo nei loro cuori: questo è il significato profondo, sacramentale e nello stesso tempo reale, della comunione, e specialmente della prima comunione, perché la prima è specialmente significativa.

Poi la mia gioia deriva anche dal fatto che voi avete già una esperienza della Chiesa. Insieme a questa esperienza di Gesù che si costituisce tramite la catechesi, la comunione, la preghiera personale e comunitaria, voi avete un'esperienza della Chiesa in questa parrocchia. Voi imparate che cosa è la Chiesa in questa parrocchia; questo è molto importante per voi e per la parrocchia.

Queste sono le constatazioni principali che volevo esprimere subito prima di andare nella chiesa parrocchiale. Ma vi domando: perché santa Chiara ci ha ordinato, questo pomeriggio, un po' di pioggia? Sappiamo che santa Chiara è stata una santa italiana, molto vicina, anzi sorella spirituale di san Francesco d'Assisi. Voi tutti sapete chi è san Francesco e naturalmente sapete chi è santa Chiara. Io dunque vi faccio questa domanda: perché questa pioggia, anche se, grazie a Dio, non è troppo forte? Il cardinale mi suggerisce delicatamente che questa pioggia significa che tutto deve crescere, deve crescere nella natura, devono crescere i fiori - c'è ancora l'inverno in Italia, e io l'ho constatato, ma si prepara la primavera - devono crescere i fiori e per questo è necessaria la pioggia primaverile, ma devono crescere anche i bambini, diventare più grandi, non solamente esteriormente, nel corpo, nella loro figura esterna, ma anche interiormente, nel loro cuore, nel loro spirito. E lo spirito cresce con la grazia. Ecco, santa Chiara ci ha ordinato questa pioggia per dimostrare la crescita spirituale dei bambini e poi di tutti i parrocchiani, ma specialmente dei bambini. Vi auguro che questo significato spirituale della pioggia si verifichi in ciascuno di voi, nei più piccoli e nei più grandi.

A tutti voi, ai genitori, insegnanti, catechisti, sacerdoti e parroco offro la mia benedizione, così ha fatto Gesù e così noi dobbiamo fare imitandolo.

[Ai fedeli assiepati in piazza:] Nel nome di santa Chiara, patrona della vostra parrocchia, saluto cordialmente tutta la comunità parrocchiale, tutti quelli qui presenti e tutti gli abitanti del quartiere. Auguro tutto il bene alle famiglie, alle persone, agli ambienti: che Cristo sia sempre con voi. Questo è il senso profondo di essere parrocchia. La parrocchia è per la presenza di Cristo: lui è presente tramite questo segno, questa comunità, in noi, e operante tramite il suo Spirito Santo. Vi auguro che questa presenza di Cristo sia sempre efficace, sia sempre attuale, sia sempre benefica per le vostre persone, per le vostre famiglie, per tutta la vostra comunità. Nel nome di santa Chiara, patrona della vostra parrocchia, vi benedico tutti.

[Omelia:] "Siate santi, perché io, il Signore Dio vostro, sono santo".


1. così Dio disse a Mosè, dando i comandamenti al suo popolo. Qui si tratta in modo particolare del comandamento dell'amore verso il prossimo, e l'amore è la contrapposizione dell'odio. Occorre ponderare bene tutte le parole della prima lettura che è stata proclamata (Lv 19,1-2 Lv 19,17-18), perché vi troviamo come una preparazione al discorso della montagna, che leggiamo nell'odierno Vangelo di Matteo (5,38-48).

Nell'insegnamento di Gesù di Nazaret è contenuta un'analoga motivazione del comandamento dell'amore. Infatti il Maestro dice: "Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste" (Mt 5,48). In base a una tale motivazione Cristo proclama l'amore del prossimo, che comprende anche l'amore dei nemici.


2. Questo brano evangelico contiene uno degli insegnamenti più importanti e più caratteristici della morale cristiana: la prevalenza dell'amore sulla giustizia.

"Prevalenza" non vuol dire che le esigenze della giustizia vengano ignorate o tanto meno contraddette; al contrario - come ho spiegato nell'enciclica "Dives in Misericordia" (DM 12 DM 14) - l'amore cristiano, che si manifesta in modo speciale nella misericordia, rappresenta una realizzazione superiore della giustizia; mentre dal canto suo "l'autentica misericordia è, per così dire, la fonte più profonda della giustizia" (n. 15).

"Ma io vi dico - afferma Gesù - di non opporvi al malvagio" (Mt 5,39).

Non si tratta qui certamente di acconsentire al male. E neppure ci viene proibita una legittima difesa nei confronti dell'ingiustizia, del sopruso o della violenza.

Anzi è a volte soltanto con un'energica difesa che certe violenze possono e debbono essere respinte.

Quello che Gesù ci vuole insegnare innanzitutto con quelle parole, come con le altre che abbiamo letto nel Vangelo, è la netta distinzione che dobbiamo fare tra la giustizia e la vendetta. Ci è consentito di chiedere giustizia; è nostro dovere praticare la giustizia. Ci è invece proibito vendicarci o fomentare in qualunque modo la vendetta, in quanto espressione dell'odio e della violenza.


3. Ma Gesù ci vuole anche e soprattutto insegnare questa preminenza, che ho detto, dell'amore e della misericordia sulla giustizia. L'amore cristiano, infatti, promuove tra gli uomini un rapporto più profondo di quello che non possa essere garantito dalla semplice giustizia; e di fatto l'amore, in quanto animato dalla grazia divina, corregge i difetti della giustizia umana e la conduce a una perfezione che da sola non potrebbe raggiungere.

L'amore cristiano, con la sua disponibilità al perdono, con la sua attitudine alla generosità, alla pazienza e alla benevolenza assicura una superiore giustizia nei rapporti umani, garantisce, nelle comunità, una pace e uno spirito di fratellanza, che la giustizia da sola non saprebbe assicurare.

Certamente la disponibilità al perdono, così propria dell'etica cristiana, non cancella l'ordine fondamentale della giustizia: "in ogni caso, la riparazione del male e dello scandalo, il risarcimento del torto, la soddisfazione dell'oltraggio sono condizioni del perdono" (DM 14). così pure il basilare principio cristiano: "Amate i vostri nemici" (Mt 5,44) evidentemente non va inteso nel senso di un'approvazione del male compiuto dal nemico. Gesù invece ci invita a una veduta superiore, magnanima, simile a quella del Padre celeste, per la quale, anche nel nemico e nonostante sia nemico, il cristiano sa scoprire e apprezzare aspetti positivi, meritevoli di stima e degni d'essere amati: primo fra tutti, la persona stessa del nemico, creata, come tale, a immagine di Dio, anche se, al presente, è offuscata da un'indegna condotta.


4. Il fondamento ultimo di questa concezione morale del Vangelo ha le radici nell'Antico Testamento, come possiamo vedere dalla prima lettura, e consiste nel riferimento a Dio che è "buono e pietoso, lento all'ira e grande nell'amore". Egli esige si soddisfazione, e tuttavia è anche clemente, e non ci punisce tanto quanto meriteremmo; è un Dio "pietoso", perché "sa di che siamo plasmati, ricorda che noi siamo polvere". così il "Signore ha pietà di quanti lo temono" (Ps 102,8 Ps 102,14 Ps 102,13), cioè di coloro che si pentono e fanno ritorno a lui. Egli è insomma un Dio di misericordia, la quale è amore che perdona, l'amore che si piega su ogni male come su di una ferita dolente che dev'essere curata. L'amore che è sempre più grande di qualsiasi male: che è sempre capace di andare "oltre" la misura della giustizia e dell'uguaglianza. L'amore che si sente in dovere di dare all'altro non soltanto il "suo", ma anche molto più del "suo". Quell'amore per il quale non doniamo solo qualcosa, ma noi stessi.


5. Quindi, anche a uno che si comporta nello spirito di un tale amore è dato di dimostrarsi superiore a qualunque umiliazione possa aver ricevuto. Questa superiorità, questa larghezza d'animo, è la forza specifica dell'amore. Essa suppone una sorgente di bontà in certo qual modo inesauribile, che non si lascia spaventare dai torti ricevuti, che non viene intaccata dalle offese subite. Una specie di sorgente d'acqua pura che sempre rinasce limpida, nonostante il fango che le si possa gettar sopra. Tale è la bontà divina. E noi siamo chiamati a partecipare, sia pure in modo evidentemente limitato, di questa infinita generosità.

Gesù è per noi modello assoluto, a nostra misura, di questa per dir così incoercibile generosità, che nulla è capace di scoraggiare: anzi essa sembra farsi sempre più nobile e delicata, quanto più penosi e pesanti sono gli attacchi che riceve, fino a giungere al vertice dell'estremo sacrificio proprio per coloro che maggiormente ci hanno fatto del male, come dice Gesù sulla croce: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno" (Lc 23,33). Mentre poco prima, "nella notte in cui fu tradito", il divino Salvatore aveva istituito il sacramento dell'amore più sublime e generoso: il sacramento dell'Eucaristia.


6. Desidero ora rivolgere a tutti voi qui presenti un cordiale saluto: al card.

vicario, al parroco mons. Giovanni Todescato e ai suoi collaboratori, al consiglio parrocchiale, ai religiosi e alle religiose, ai catechisti e alle catechiste, ai gruppi parrocchiali, in particolare a quello dell'Azione Cattolica e della "san Vincenzo", agli altri gruppi giovanili e scoutistici.

Saluto di cuore le famiglie, i lavoratori stranieri, numerosi in questa zona, e tutti gli uomini e le donne del lavoro, della produzione e delle varie attività sociali e civili. Saluto con affetto gli anziani, i malati, le persone in difficoltà o che soffrono per qualunque motivo. Saluto anche chi fosse presente pur non riconoscendosi in questa comunità di fede. A tutti l'espressione della mia gioia di essere oggi con voi, di portarvi la parola del pastore della diocesi! 7. La vostra è una parrocchia grande, ricca di attività tese anche ad aiutare altre parrocchie. La vita sacramentale è viva e sentita, soprattutto la Santa Messa e la santa comunione. Numerose sono le opere che si svolgono, grazie a vari istituti, a beneficio dei sofferenti, degli anziani e dei bisognosi. In esse è impiegato un folto numero di persone consacrate, soprattutto di religiose. Ma grande è anche l'impegno dei laici, in modo particolare in attività di carattere sociale, artistico e culturale, che attirano l'attenzione e la collaborazione anche dei non credenti, con la conseguenza di un dialogo rispettoso e costruttivo.

Di tutto ciò mi rallegro vivamente, e vi esorto a proseguire con fiducia e tenacia in questo senso, mentre vi auguro maggiore abbondanza di risultati.

Vi sono certamente, come in tutte le cose di quaggiù, anche dei problemi e dei limiti: la presenza, in special modo, di un certo elevato benessere economico tende purtroppo a mettere in difficoltà, se non in pericolo, l'apertura ai bisogni degli altri. Un certo modo di concepire la cultura - non certo corretto - spinge altri ad escludere dai propri interessi vitali qualunque forma di valore religioso. Esiste anche una certa tendenza all'individualismo e a un offuscamento dell'identità cristiana. Le ricchezze e la cultura - lo sappiamo bene, cari fratelli - sono fatte di per sé per servire l'uomo e non per asservirlo. Esse sono dono di Dio e a lui devono condurre.

La vostra parrocchia è dedicata a santa Chiara: essa, insieme col suo fratello Francesco, insegni a tutti questa superiore saggezza. Da questi due grandi e immortali maestri dello spirito proviene una particolare "scuola" di seguaci dell'"amore-sino-in-fondo", ossia di quell'amore evangelico che non si limita a dare a ciascuno ciò che gli spetta, ma gli dona in sovrabbondanza per un bisogno di puro amore. Impariamo da questa scuola! 8. "Chi osserva l'insegnamento di Cristo, in lui l'amore di Dio è veramente perfetto". Queste parole della prima Lettera di san Giovanni (cfr. 2,5) in un certo senso riassumono tutto il ricco contenuto dell'odierna liturgia della parola.

Dinanzi a tutto ciò che abbiamo ascoltato, particolarmente nel Vangelo, sull'amore dei nemici possiamo chiederci: come è possibile? Come gli uomini possono essere perfetti come è perfetto il Padre celeste? Questo può sembrare impossibile all'uomo. Del resto l'esperienza quotidiana non riconferma forse un tale dubbio? Non siamo forse sommersi, da diverse parti, dalle notizie che testimoniano contro il Vangelo? Contro il discorso della montagna? Eppure, l'uomo è da Dio. E in definitiva Dio rimane la "misura suprema" per l'uomo.

San Paolo dice: "Tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio" (1Co 3,21 1Co 3,23).

Così ciò che umanamente è impossibile, diventa possibile in Cristo. In lui la "divina misura" della vita dell'uomo si è rivelata come "umana".

Ritorniamo sempre a questa misura! Non cancelliamola! Non permettiamo che si offuschi né si ottenebri! E' la misura della dignità dell'uomo. La misura del vero bene. La misura della salvezza del mondo.

[Al consiglio pastorale:] Ringrazio ciascuna delle persone qui presenti, le vostre famiglie e le persone che vi sono care. Vi ringrazio per la presenza di oggi e anche per la vostra presenza continua. Perché la parrocchia si fa con la presenza, anzi con una doppia presenza: quella principale di Gesù, che è presenza tra i suoi; e appunto, i suoi, vuol dire noi che siamo presenti intorno a lui, insieme a lui. Tutta la Chiesa e la parrocchia è sempre una parte autentica della Chiesa locale e universale autentica attraverso questa realtà. Presenza di Gesù tra noi e di noi intorno a lui... Questa presenza si fa vita, vita nello spirito perché Gesù ci dà il suo Spirito e questo Spirito opera dentro di noi uomini.

Perché l'uomo è un essere corporale e spirituale insieme e lo spirito umano è formato e santificato dallo Spirito di Dio, dallo Spirito Santo.

Così questa presenza di Gesù è la vita e deve sempre più diventare vita.

E se questa vita comincia a mancare, si deve ritrovarla. Ed è un'opera comune, perché la parrocchia è una comunità che si costruisce attraverso diverse opere. E dietro a ogni opera c'è una persona, un carisma, un dono che deve servire agli altri, a costruire la comunità. Approfitto di questa circostanza per ringraziarvi appunto per i diversi contributi che offrite, e voglio anzi ringraziare il Signore per i diversi carismi che sono propri di ciascuno di voi, e poi per i contributi che seguono i carismi, che così fruttificano, e sono i doni nascosti nel nostro spirito, grazie a Cristo redentore, doni nascosti per opera dello Spirito Santo.

Ecco, vi ringrazio per questa presenza intorno a Cristo e per questa vostra opera che si fa anche collaborazione con il vostro pastore, con il parroco e i suoi collaboratori. così viene completata la dimensione del sacerdozio che Cristo ci ha lasciato, a ciascuno di noi attraverso il battesimo e il sacerdozio dei fedeli, sacerdozio battesimale; e, per i sacerdoti, lo speciale sacerdozio ministeriale viene completato con questa collaborazione, e così la parrocchia diventa anche un corpo visibile, un corpo sacramentale, che vuol dire appunto visibile. La prima visibilità è infatti quella sacramentale perché i sacramenti sono i segni.

Ecco, ho fatto queste poche riflessioni per sottolineare l'importanza di questo incontro e di questa presenza vostra nella parrocchia. Insieme a Cristo, al parroco e ai vostri sacerdoti. E aggiungo ancora un augurio, secondo i diversi compiti, impegni e talenti, a ciascuno di voi, alle vostre famiglie, agli ambienti dove operate, e a questa parrocchia di cui siete parte. Che il Signore vi benedica, soprattutto i vostri bambini, e le nuove generazioni, e le persone che servite nella catechesi e con le opere caritative e di apostolato. Grazie per averci accolto a santa Chiara e nel nome di questa sorella spirituale di san Francesco vi benedico.

[Alle comunità religiose femminili:] Sono contento che in questa parrocchia voi ritroviate la vostra missione, il vostro apostolato, soprattutto quello della vostra esistenza consacrata. Siete persone consacrate a Dio. E questo è l'apostolato principale, una testimonianza molto importante per la Chiesa, per i fedeli e anche per i non credenti, per i "lontani". La testimonianza della vostra consacrazione a Dio... la consacrazione che emanano le opere vostre, i vostri diversi apostolati. Io conosco abbastanza bene l'apostolato delle Suore di Maria Bambina per esperienza personale, e conosco anche gli altri. La vostra opera nelle scuole, negli orfanotrofi, negli asili, a favore degli anziani... Tutte, con la vostra consacrazione, siete profondamente legate a Gesù. Libere, perché i voti vi fanno libere da quegli impegni, obblighi, pesi che appartengono alla vita umana.

Libere per servire gli altri più disinteressatamente, con più puro amore. E' la forza del regno dei cieli. E così la vostra consacrazione, la vostra scelta è per il regno dei cieli. così ha detto Gesù, questa è la sua definizione della vostra chiamata, della vostra vocazione. Vi auguro di continuare, e di vivere sempre così in armonia con il vostro parroco. Vi ringrazio anche per le preghiere che non risparmiate per il Papa e per la Chiesa. Voi siete infatti legate in modo speciale alla Chiesa universale. Vi benedico con le vostre comunità, benedico le vostre vocazioni, le vostre novizie, le persone cui siete più vicine col vostro apostolato e le vostre famiglie.

Alle immigrate straniere del Movimento "Tra noi":] Sono contento che vi riuniate ogni settimana qui la domenica (e oggi è appunto domenica) e giovedi pomeriggio. Siete lontane dalle vostre famiglie ma col vostro servizio, nelle case dove siete occupate, fate un po' la funzione della Marta nel Vangelo. E trovate una famiglia spirituale nella parrocchia: quando la vostra comunità si riunisce, quando prega insieme, quando vi trovate tra voi (e "tra noi" è il nome del vostro movimento, e una parola bella). Ed ecco, io vi auguro di trovare nella vostra vita Gesù, e di stare al suo fianco, di camminare sempre con lui. Egli è il vostro Maestro, il Maestro di tutti noi. Ed egli si è sempre interessato della vita della donna. Nel Vangelo infatti vediamo che egli ha incontrato diverse donne e vediamo che anche se i costumi del suo tempo erano diversi dai nostri, egli spesso ha parlato con loro e in loro ha trovato delle interlocutrici e anche delle cooperatrici. Maria, Marta e tante altre hanno assistito anche gli apostoli e la Chiesa nascente. E io vi auguro di essere sempre vicino a Gesù. Egli ha una grande stima per ogni tipo di servizio e infatti ha detto egli stesso che il figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire. Egli ha fatto proprio questo servizio e anzi ogni servizio che l'uomo compie nella società. Ha qualificato tutte le opere e le attività umane valide spiritualmente ed evangelicamente, le ha chiamate ministeri. Ecco, cercate di essere sempre vicine a lui perché egli possa riconoscere la vostra dignità di donne, di persone umane, la dignità di coloro che compiono un servizio per gli altri. E' importante che lo facciate per gli altri, perché è la vocazione di ciascuno di noi quella di essere al servizio degli altri, di essere utili agli altri. E con questa visione evangelica potrete rendere la vostra vita bella, degna e fruttuosa non solo temporalmente, ma anche eternamente. Perché tutti viviamo nella prospettiva della vita eterna. Vi benedico insieme con il card. vicario qui presente, insieme ai vostri cari, ai vostri bambini e benedico anche la vostra patria.

[Ai gruppi e associazioni giovanili:] I vostri colleghi attori ci hanno offerto una meditazione biblica su Giobbe, una rilettura profonda, accorata, in cui Giobbe ci si presenta a immagine di Gesù. Giobbe sofferente come immagine di Gesù sommo sofferente, il Redentore. "Scio", io so, che il mio Redentore vive. Ecco, avete trovato veramente, voi ascoltatori e soprattutto voi attori, il tema, l'argomento centrale di cui l'uomo di tutti i tempi si è sempre preoccupato e in cui è stato coinvolto: il tema della sofferenza, che è sempre un dialogo con Dio creatore. Con Dio quasi responsabile, in quanto creatore, delle sofferenze e dei mali del mondo.

Tante volte viene accusato, come lo accusava Giobbe, dei suoi mali e delle sue sofferenze. Accusato dagli uomini che soffrono. E questo è quasi il tessuto della storia umana sulla terra, questo è il dialogo di Giobbe. Ma questo dialogo di Giobbe con Dio pone un problema, una domanda fondamentale non solo per l'Antico Testamento ma per l'uomo di ogni tempo e d'ogni epoca, per ciascuno di noi. E questo problema, questa domanda, trova la risposta in Gesù Cristo, e la risposta è che Dio ha tanto amato il mondo - è la risposta di Gesù, data non solo con la sua vita ma con la sua morte e la sua risurrezione - Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo unico Figlio. Con questa risposta dobbiamo dire che la sofferenza rimane sempre un mistero, un mistero in ogni caso. Ma questo mistero, grazie a Cristo, non è più senza luce. Si, all'epoca di Giobbe, nell'Antico Testamento, questo mistero era quasi senza luce, ma in Gesù e grazie a Gesù, non è più senza luce. E noi dobbiamo, possiamo seguire questa luce. Specie i sofferenti lo possono, quando cercano questa luce in Gesù sofferente, in Gesù crocifisso, in Gesù risorto: allora trovano questa luce, che è sufficiente a far sopportare tutti i mali del mondo, tutti i dolori personali. Ecco, avete scelto veramente il problema centrale. E mi congratulo con voi, con la comunità giovanile di questa parrocchia di santa Chiara, per aver trovato questo tema e per averlo trattato così bene dal punto di vista religioso e artistico allo stesso tempo.

Concludo suggerendovi di cercare sempre nelle parole di Dio, e cioè nella preghiera, la risposta ai problemi della vostra vita, specie nei momenti difficili. Cercare la risposta nelle parole di Dio vuol dire cercarla nella preghiera perché la parola di Dio non si comunica a noi altrimenti che nella preghiera. E io vi lascio una consegna che è forse la più importante per la vostra vita. Vi auguro che questa parrocchia sia un ambiente dove Dio, che è Padre del nostro Signore Gesù Cristo, sia vicino a voi, sia sempre vostro Padre come ci ha insegnato Gesù nella sua preghiera, Padre Nostro, e vi auguro che questa parrocchia sia sempre per voi un ambiente creativo, anche in senso artistico (e mi congratulo di nuovo con gli attori), ma soprattutto creativo per la vostra personalità umana e cristiana, per tutto il vostro essere. Questo è lo scopo della vostra educazione cristiana. Per questo esiste la Chiesa, per questa educazione dei figli di Dio, che vengono educati in Gesù Cristo. E questo si vede nella rilettura odierna di Giobbe. Il suo problema è quello della sua salvezza. Perché questo è il vero problema dell'uomo, il problema soteriologico, il problema della salvezza di ciascuno di noi. E il problema di Giobbe si risolve in Cristo, così come la salvezza di ciascuno di noi. Vi auguro di trovare questa salvezza in Cristo, per voi e per i vostri cari, per l'oggi e per il domani. Vi ringrazio e vi benedico.

1987-02-22 Data estesa: Domenica 22 Febbraio 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Alla Federazione Mondiale dei Sordi - Città del Vaticano (Roma)